Mazinga Z
Quando i robottoni ideati da Nagai giunsero in Italia, tra loro Mazinger Z fu forse quello che ebbe meno visibilità, rispetto a Goldrake, Jeeg e Grande Mazinger, anche perché, differentemente da tutti questi, molti dei suoi episodi non furono mai trasmessi, e in genere la serie fu replicata di rado. Ne avevo quindi un ricordo più vago, anche se come gli altri nagaiani mi piaceva. Sono riuscito ora a vederlo per intero, e mi è molto piaciuto.
Certamente, con le sue ben novantadue puntate, tutte in lotta contro mostri meccanici, è un po’ ripetitivo nella sua struttura (ma comunque più “fresco” rispetto a robot epigoni che ne hanno cavalcato l’onda, in cui il modello delle battaglie diventa spesso “già visto”). Certamente, l’animazione è più rudimentale e non mancano le ingenuità, ma credo sia difficile non apprezzarlo per tanti motivi sostanziali.
Innanzitutto, essendo stato realizzato nel 1972, oltre mezzo secolo fa, nella sua dinamica e nel suo stile è molto avanti; inoltre, le puntate, tutte incentrate sui combattimenti, sono subito incalzanti e coinvolgenti, e comunque c’è la curiosità di vedere il nuovo avversario di volta in volta, tanto più che i mostri sono caratteristici, anche in certi loro look più kitsch. Mazinger Z evolve le sue abilità e le sue armi progressivamente, e mi piace lo stile degli eroi senza fronzoli o sbruffonate eccessive.
Le musiche di accompagnamento sono notevoli, come da tradizione degli anime nagaiani, e in genere degli anni Settanta, e restano iconici i passaggi con l’agganciamento del Pilder a Mazinger Z, la sua uscita dalla piscina, l’unione con lo Scrander e le sue armi celebri. Memorabili anche i nemici e tutta l’evoluzione della storia (con tanti momenti epici e drammatici), che poi avrà il suo seguito immediato ne “Il Grande Mazinger“.
“Mazinger Z“ è un grande classico che ha una sua solennità e ha dettato gli stilemi del genere robotico: bello da rivedere come i vecchi film anni Quaranta o Cinquanta che hanno segnato un’epoca. Voto 10.
Certamente, con le sue ben novantadue puntate, tutte in lotta contro mostri meccanici, è un po’ ripetitivo nella sua struttura (ma comunque più “fresco” rispetto a robot epigoni che ne hanno cavalcato l’onda, in cui il modello delle battaglie diventa spesso “già visto”). Certamente, l’animazione è più rudimentale e non mancano le ingenuità, ma credo sia difficile non apprezzarlo per tanti motivi sostanziali.
Innanzitutto, essendo stato realizzato nel 1972, oltre mezzo secolo fa, nella sua dinamica e nel suo stile è molto avanti; inoltre, le puntate, tutte incentrate sui combattimenti, sono subito incalzanti e coinvolgenti, e comunque c’è la curiosità di vedere il nuovo avversario di volta in volta, tanto più che i mostri sono caratteristici, anche in certi loro look più kitsch. Mazinger Z evolve le sue abilità e le sue armi progressivamente, e mi piace lo stile degli eroi senza fronzoli o sbruffonate eccessive.
Le musiche di accompagnamento sono notevoli, come da tradizione degli anime nagaiani, e in genere degli anni Settanta, e restano iconici i passaggi con l’agganciamento del Pilder a Mazinger Z, la sua uscita dalla piscina, l’unione con lo Scrander e le sue armi celebri. Memorabili anche i nemici e tutta l’evoluzione della storia (con tanti momenti epici e drammatici), che poi avrà il suo seguito immediato ne “Il Grande Mazinger“.
“Mazinger Z“ è un grande classico che ha una sua solennità e ha dettato gli stilemi del genere robotico: bello da rivedere come i vecchi film anni Quaranta o Cinquanta che hanno segnato un’epoca. Voto 10.
"Mazinga Z" è il sistema solare del mecha design, tutto gira attorno a questa invenzione di Go Nagai. Persino "Gundam", "Neon Genesis Evangelion", "Transformers" e "Pacific Rim" hanno il DNA di "Mazinga Z"!
Per quanto riguarda lo sdoganamento degli anime nel mondo, "Mazinga Z" è importante almeno quanto l'anime cyberpunk "Akira". Coloro che non riescono a contestualizzare l'anime intitolato "Mazinga Z" farebbero meglio a recensire l' "Isola dei famosi" e a lasciar perdere i cartoni animati giapponesi. Stiamo parlando di un anime, "Mazinga Z", che nel 1972 fa un salto quantico e si proietta in quel futuro che per voi tutti oggi è il presente.
Tutti gli autori di anime robotici sono indebitati con l'inventore di questo genere: Go Nagai.
A un certo punto il lavoro di Go Nagai è stato compreso/elaborato e a volte superato da quell'altro grande genio della letteratura animata, Leiji Matsumoto: se, infatti, Go Nagai è Michelangelo Buonarroti, Matsumoto con il suo cupo "Danguard Ace" è Caravaggio.
Tutti i super robot discendono da "Mazinga Z". Tutti i real robot discendono da "Danguard".
Anche "Gundam" è palesemente indebitato sia con Go Nagai che con Matsumoto, e, a voler essere sinceri, anche con "Guerre Stellari". Tomino, creatore di "Gundam", infatti, in questa Trimurti giapponese Nagai/Matsumoto/Tomino, si pone come il Canova, neoclassico ma palesemente ispirato da un passato che è onnipresente, è l'infinito presente nagaiano, la codificazione di un modo di intendere gli anime robotici.
Go Nagai è più granguignolesco e cruento nei manga che negli anime, le sue figure sono pregne di una occulta poesia adulta fatta per gli adulti, ma viene venduta, insolentemente, ironicamente, sotto la forma di racconti per ragazzini in un linguaggio accessibile.
La poesia resta altissima e viene da personaggi che non sono buoni o cattivi ma solo benedetti o maledetti dalla sorte.
Il barone Ashura è la fusione di due mummie, rendetevi conto di quanto sia potenziale questo personaggio, basta lui da solo a reggere l'atmosfera di un mondo in cui l'unica coerenza è quella dell'orrore e di una scienza salvifica ma anche devastante, indifferente e fuori controllo.
Il conte Blocken è un ex militare nazista bionico con la testa separata dal corpo: anche in questo caso, si potrebbe dedicare una serie solo a lui.
Il Duca Gorgon è un centauro metà umano metà tigre.
Pur essendo "affetto" dalla tipica struttura formale delle puntate anni settanta, "Mazinga Z" va inquadrato oltre la forma, nella sostanza è una meravigliosa storia che potrebbe essere attualizzata secondo un corporate design più attuale. Ma, attenzione, ho parlato di corporate design e non di corporate identity!
L'identità dei lavori di Go Nagai è perfetta anche per il pubblico contemporaneo, ci sono tutti gli elementi: toni molto scuri, poesia, antiche civiltà, mostri, alieni, profughi di guerra, vittime e carnefici, sviluppo tecnologico, orrore, salvatori spaziali (Actarus di "Goldrake") piloti samurai (Tetsuya e Musashi), piloti viziati, piloti studenti e spacconi (Koji), svogliati, ribelli e tormentati (Hiroshi Shiba di "Jeeg"), persino terroristi (Hayato di "Getta Robot"). Tutti i piloti che conoscete, compreso il cervellotico complessato Shinji Ikari ("Neon Genesis Evangelion"), sono figli dei piloti caratterizzati da Go Nagai.
Nell'immaginario mondo di Go Nagai c'è Shakespeare, Dante Alighieri, Mary Shelley, Jack London!
Il migliore "Mazinga Z" resta quello del 2009: "Mazinger Edition Z: The Impact!" (Questo anime, nonostante la regia impastata del bravo ma logorroico pasticcione Yasuhiro Imagawa, resta un inno a Go Nagai e una perfetta celebrazione di tutti i suoi lavori).
Gli episodi del 1972 sono ancora godibili, ma bisogna essere consapevoli che si tratta di episodi disegnati più di mezzo secolo fa!
In ogni caso il "Gundam" di Tomino a confronto è solo una guerra tra homo sapiens sapiens, è un'opera che poteva essere ambientata in qualsiasi epoca: il cosmo e la robotica, in "Gundam" sono solo contorni.
Bravo anche Tomino, per carità, ma i rivoluzionari sono Go Nagai e Leiji Matsumoto.
Tomino è un "evoluzionario".
Per quanto riguarda lo sdoganamento degli anime nel mondo, "Mazinga Z" è importante almeno quanto l'anime cyberpunk "Akira". Coloro che non riescono a contestualizzare l'anime intitolato "Mazinga Z" farebbero meglio a recensire l' "Isola dei famosi" e a lasciar perdere i cartoni animati giapponesi. Stiamo parlando di un anime, "Mazinga Z", che nel 1972 fa un salto quantico e si proietta in quel futuro che per voi tutti oggi è il presente.
Tutti gli autori di anime robotici sono indebitati con l'inventore di questo genere: Go Nagai.
A un certo punto il lavoro di Go Nagai è stato compreso/elaborato e a volte superato da quell'altro grande genio della letteratura animata, Leiji Matsumoto: se, infatti, Go Nagai è Michelangelo Buonarroti, Matsumoto con il suo cupo "Danguard Ace" è Caravaggio.
Tutti i super robot discendono da "Mazinga Z". Tutti i real robot discendono da "Danguard".
Anche "Gundam" è palesemente indebitato sia con Go Nagai che con Matsumoto, e, a voler essere sinceri, anche con "Guerre Stellari". Tomino, creatore di "Gundam", infatti, in questa Trimurti giapponese Nagai/Matsumoto/Tomino, si pone come il Canova, neoclassico ma palesemente ispirato da un passato che è onnipresente, è l'infinito presente nagaiano, la codificazione di un modo di intendere gli anime robotici.
Go Nagai è più granguignolesco e cruento nei manga che negli anime, le sue figure sono pregne di una occulta poesia adulta fatta per gli adulti, ma viene venduta, insolentemente, ironicamente, sotto la forma di racconti per ragazzini in un linguaggio accessibile.
La poesia resta altissima e viene da personaggi che non sono buoni o cattivi ma solo benedetti o maledetti dalla sorte.
Il barone Ashura è la fusione di due mummie, rendetevi conto di quanto sia potenziale questo personaggio, basta lui da solo a reggere l'atmosfera di un mondo in cui l'unica coerenza è quella dell'orrore e di una scienza salvifica ma anche devastante, indifferente e fuori controllo.
Il conte Blocken è un ex militare nazista bionico con la testa separata dal corpo: anche in questo caso, si potrebbe dedicare una serie solo a lui.
Il Duca Gorgon è un centauro metà umano metà tigre.
Pur essendo "affetto" dalla tipica struttura formale delle puntate anni settanta, "Mazinga Z" va inquadrato oltre la forma, nella sostanza è una meravigliosa storia che potrebbe essere attualizzata secondo un corporate design più attuale. Ma, attenzione, ho parlato di corporate design e non di corporate identity!
L'identità dei lavori di Go Nagai è perfetta anche per il pubblico contemporaneo, ci sono tutti gli elementi: toni molto scuri, poesia, antiche civiltà, mostri, alieni, profughi di guerra, vittime e carnefici, sviluppo tecnologico, orrore, salvatori spaziali (Actarus di "Goldrake") piloti samurai (Tetsuya e Musashi), piloti viziati, piloti studenti e spacconi (Koji), svogliati, ribelli e tormentati (Hiroshi Shiba di "Jeeg"), persino terroristi (Hayato di "Getta Robot"). Tutti i piloti che conoscete, compreso il cervellotico complessato Shinji Ikari ("Neon Genesis Evangelion"), sono figli dei piloti caratterizzati da Go Nagai.
Nell'immaginario mondo di Go Nagai c'è Shakespeare, Dante Alighieri, Mary Shelley, Jack London!
Il migliore "Mazinga Z" resta quello del 2009: "Mazinger Edition Z: The Impact!" (Questo anime, nonostante la regia impastata del bravo ma logorroico pasticcione Yasuhiro Imagawa, resta un inno a Go Nagai e una perfetta celebrazione di tutti i suoi lavori).
Gli episodi del 1972 sono ancora godibili, ma bisogna essere consapevoli che si tratta di episodi disegnati più di mezzo secolo fa!
In ogni caso il "Gundam" di Tomino a confronto è solo una guerra tra homo sapiens sapiens, è un'opera che poteva essere ambientata in qualsiasi epoca: il cosmo e la robotica, in "Gundam" sono solo contorni.
Bravo anche Tomino, per carità, ma i rivoluzionari sono Go Nagai e Leiji Matsumoto.
Tomino è un "evoluzionario".
Vedere "Mazinga Z" nell'autunno del 1979, dopo aver gustato in TV gli anime TV di "Godrake", de "Il Grande Mazinga" e di "Jeeg Robot", è come tornare all'Età della pietra.
Insomma, nelle prime puntate, il robot di Koji/Ryo/Alcor Kabuto (mamma mia, il pilota/nipote del dottor Kabuto, in Italia, ha più nomi lui che il principe Emanuele Filiberto di Savoia) si presenta come un automa "pesante" (nel senso più gundamiano del termine), che cammina e corre anche in modo goffo (e non solo per via del giovane pilota inesperto), tanto che, prima che spicchi il volo con il Jet Scrander, ce ne vuole. Il grande robot di Go Nagai più amato dai Giapponesi arriva anche da noi in pompa magna come "Goldrake", visto che, all'epoca, iniziano a proliferare i libri illustrati e i fumetti all'italiana del robottone (settimanali, mensili e comparsate in albi a fumetti variegati tipo "Cartoni in TV"); peccato che in TV gli episodi passino tagliati di tre minuti a episodio e che si sia chiesto ai doppiatori di "Happy Days", quelli della "DE.FIS", di occuparsi dell'adattamento italiano, senza consultare i doppiatori de "Il Grande Mazinga" e di "Atlas Ufo Robot". Perché sì, i fratelli Claudio e Liliana Sorrentino come Koji e Sayaka potrebbero anche andare bene, solo che, per me, rifanno Richie e Joanie Cunningham di "Happy Days", e, quindi, si sente un che di deja vu. Insomma, del doppiaggio storico, seppur discreto, ne avrei fatto volentieri a meno, per un adattamento della "Cooperativa Doppiatori" de "Il Grande Mazinga", che già nei film di montaggio "Mazinga contro gli Ufo Robot" e "Gli Ufo Robot contro gli invasori spaziali", specie nel secondo, aveva testato molto bene l'attore Roberto Chevalier come Koji.
Insomma, forse è un bene che la serie a un certo punto si si sia interrotta in Italia, così ho potuto visionare gli episodi rimanenti (e non solo quelli) in lingua originale e con i sottotitoli, apprezzandone un po' di più le tematiche e i tormentoni. Fra le tre serie robotiche principali di Go Nagai, "Mazinga Z" è decisamente la più leggera, dove i buoni si scontrano con il classico scienziato pazzo, il dottor Hell, i suoi coloriti assistenti (grandiosi il barone Ashura, mezzo uomo e mezza donna, e il conte Blocken con la testa volante), e soprattutto con l'armata di mostri meccanici pronta a demolire Tokyo per ottenere il prezioso minerale Japanium. Fortuna che, accanto a Mazinga Z, ci sono Afrodite A, il robot di Sayaka, e il mitico Boss Robot; cosa chiedere di più? Le canzoni? Da quel che ne so, ce ne sono fin troppe, da quella iniziale riadattata in italiano dal "Galaxy Group", a quella drammatica, fino all'inno per il Jet Scrander. Peccato che, col passare delle puntate, i mostri meccanici si facciano più brutti e quasi alla "Yattaman", perché l'anime del 1972/74 vale più d'un'occhiata.
Insomma, nelle prime puntate, il robot di Koji/Ryo/Alcor Kabuto (mamma mia, il pilota/nipote del dottor Kabuto, in Italia, ha più nomi lui che il principe Emanuele Filiberto di Savoia) si presenta come un automa "pesante" (nel senso più gundamiano del termine), che cammina e corre anche in modo goffo (e non solo per via del giovane pilota inesperto), tanto che, prima che spicchi il volo con il Jet Scrander, ce ne vuole. Il grande robot di Go Nagai più amato dai Giapponesi arriva anche da noi in pompa magna come "Goldrake", visto che, all'epoca, iniziano a proliferare i libri illustrati e i fumetti all'italiana del robottone (settimanali, mensili e comparsate in albi a fumetti variegati tipo "Cartoni in TV"); peccato che in TV gli episodi passino tagliati di tre minuti a episodio e che si sia chiesto ai doppiatori di "Happy Days", quelli della "DE.FIS", di occuparsi dell'adattamento italiano, senza consultare i doppiatori de "Il Grande Mazinga" e di "Atlas Ufo Robot". Perché sì, i fratelli Claudio e Liliana Sorrentino come Koji e Sayaka potrebbero anche andare bene, solo che, per me, rifanno Richie e Joanie Cunningham di "Happy Days", e, quindi, si sente un che di deja vu. Insomma, del doppiaggio storico, seppur discreto, ne avrei fatto volentieri a meno, per un adattamento della "Cooperativa Doppiatori" de "Il Grande Mazinga", che già nei film di montaggio "Mazinga contro gli Ufo Robot" e "Gli Ufo Robot contro gli invasori spaziali", specie nel secondo, aveva testato molto bene l'attore Roberto Chevalier come Koji.
Insomma, forse è un bene che la serie a un certo punto si si sia interrotta in Italia, così ho potuto visionare gli episodi rimanenti (e non solo quelli) in lingua originale e con i sottotitoli, apprezzandone un po' di più le tematiche e i tormentoni. Fra le tre serie robotiche principali di Go Nagai, "Mazinga Z" è decisamente la più leggera, dove i buoni si scontrano con il classico scienziato pazzo, il dottor Hell, i suoi coloriti assistenti (grandiosi il barone Ashura, mezzo uomo e mezza donna, e il conte Blocken con la testa volante), e soprattutto con l'armata di mostri meccanici pronta a demolire Tokyo per ottenere il prezioso minerale Japanium. Fortuna che, accanto a Mazinga Z, ci sono Afrodite A, il robot di Sayaka, e il mitico Boss Robot; cosa chiedere di più? Le canzoni? Da quel che ne so, ce ne sono fin troppe, da quella iniziale riadattata in italiano dal "Galaxy Group", a quella drammatica, fino all'inno per il Jet Scrander. Peccato che, col passare delle puntate, i mostri meccanici si facciano più brutti e quasi alla "Yattaman", perché l'anime del 1972/74 vale più d'un'occhiata.
Siete capaci di immaginare la morte di mille persone? Di migliaia? Di milioni? Secondo una certa forma di pensiero, no. Nemmeno a livello teorico. Questo perché la nostra capacità di immaginare non riesce a tenere il passo del nostro potenziale. Possiamo fare più di quanto possiamo immaginare. E questo non è un bene. È male. Molto male.
"E se un giorno... tu ottenessi all'improvviso un potere sovrumano... come useresti quella forza? Diventeresti un demonio pronto a distruggere il mondo con quel potere? Oppure... l'eroe che lo salverà?" In spregio al concetto di soglia sovraliminale, questa è la premessa di una delle opere più importanti e seminali di Go Nagai e del mondo manga/anime in generale. Ciò che creiamo è sempre sotto il nostro controllo. Nostra quindi la scelta di usarlo per il bene.
Mazinger Z è il simbolo stesso della capacità distruttrice dell'Uomo. De facto è il primo esemplare di una lunga serie di interfacce robotiche, che diede il via al genere dei "mecha". Antesignani di questo genere furono in realtà i meno noti Tetsujin-28 e Giant Robo. Ma il primo vero mecha governabile da un pilota fu la creatura di Nagai. Ispirato in parte alle armature dei cavalieri medievali occidentali e in parte all'estetica e allo spirito dei samurai, Mazinger è un prodotto dell'era atomica. Costruito con la super lega metallica "Z", è alimentato da una nuova forma di energia, detta fotoatomica, più potente anche di quella che innesca le reazioni nucleari. Colossale "arma finale", dotata delle armi fantascientifiche più devastanti, è figlia dell'ingegno di Juzo Kabuto, ex amico e collaboratore del dottor Hell, iconico scienziato pazzo intenzionato a dominare il mondo. Mazinger è stato concepito per contrastare Hell e le sue creazioni, altri colossali robot dalle fattezze mostruose e frutto dell'antica sapienza e tecnologia della civiltà micenea che il dottor Hell ha rinvenuto sull'isola greca di Bardos. Juzo Kabuto non sopravvive a un attacco del suo maligno rivale e lascia quindi la sua creatura nelle mani di suo nipote Koji. Il ragazzo è il classico "selvaggio" alla Marlon Brando, baby boomer sempre a bordo della sua moto, ma su cui ora ricade l'onere di portare avanti le battaglie della generazione passata e sconfitta. Grazie all'appoggio di un assistente di suo nonno, il professor Yumi, e della figlia Sayaka (anche lei pilota di un robot), Koji diviene suo malgrado l'erede dello scontro col dottor Hell e i suoi accoliti Ashura, Blocken e Pigman. La lotta entrerà poi in una nuova fase quando farà la sua comparsa la risorta civiltà micenea. Un epilogo che ha il sapore di una mezza sconfitta aprirà una nuova trama, con nuovi protagonisti, e che ricollega l'opera ad altre del variegato universo nagaiano.
"Mazinger Z" è il vero prototipo di tutti i mecha e dei loro canoni narrativi. Secondo il modello della serialità televisiva che si autoalimenta con uno schema ripetuto per decine di puntate, l'anime propone un gioco quotidiano fatto di duelli e schermaglie a colpi di armi di distruzione di massa. La serie in realtà si discosta in molti punti dal manga originale. Non solo per tagli o modifiche alla trama (portata poi avanti per oltre novanta episodi) ma soprattutto per i disegni e le animazioni, più semplificati rispetto al tratto di Nagai. Accentuata inoltre è la componente comica, affidata alle spalle di Koji: suo fratello minore Shiro, ma soprattutto il gruppetto di teppistelli composto da Boss, Nuke e Mucha (tre maschere da teatro farsesco), che realizzano perfino una loro versione "amatoriale" di Mazinger, il Boss Robot.
Tuttavia l'anime preserva quelli che sono gli elementi forse più interessanti dello stile di Go Nagai.
Sottotraccia, si riescono a cogliere dettagli che permettono di superare la classica lettura manichea di uno scontro fra un Bene e un Male assoluti.
Per esempio, il bieco potere della tecnologia e le sue potenzialità vengono espresse tramite un costante ricorso a immani devastazioni. Il Giappone e le sue città (storicamente "abituati" a catastrofi naturali e non) sono così il teatro di scontri di Titani, dove la popolazione, massa indistinta, è falciata come grano, in fede alle apocalittiche visioni della fantascienza già proposte dalla narrativa pulp o dalle opere in cui la fanno da padroni i kaijū (i mostri giganti) come Godzilla.
L'ambiguo volto della scienza era magistralmente espresso nel manga tramite quello di Juzo Kabuto, inquietante e mostruoso quanto i suoi nemici. Nell'anime invece la deformità è tutta degli antagonisti. Forse sono loro l'elemento più interessante dell'opera. Incarnano tutte le peggiori aberrazioni partorite da un passato (prossimo o remoto) che getta le sue ombre ancora oggi sul presente. Sono i figli di quelle storture ideologiche e sociali che hanno deformato il XX secolo: il dottor Hell rimanda più che altro ai classici cosmoclasti da fumetto, creatori di realtà paramilitari che richiamano i totalitarismi (il Terzo Reich in primis). Ma i suoi sottoposti sono anche più carismatici dei protagonisti.
Il barone Ashura è un essere composto a metà da un corpo maschile e uno femminile. Meschino e crudele, è altresì dotato di una fedeltà quasi morbosa per il suo padrone, esemplificando così in modo fisico (perfino nella voce) i concetti di dicotomia e dualismo, fra fede e pazzia, fra amore e violenza.
Il conte Blocken è il perfetto subordinato, ormai solo una testa, che deve essere tenuta in mano da un corpo surrogato. Forse un ex nazista salvato dal dottor Hell, è la parte acritica del Male, ancor più gretto di Ashura. Senza dubbi, pietà o scrupoli. Letteralmente "acefalo".
Il visconte Pigman è la paura dell'ancestrale, di quel lato primitivo e selvaggio che giace sotto i conformismi dell'uomo civile. Un imponente guerriero, un corpo possente e statuario, governato da una sorta di folletto maligno. Un incubus, che turba i sonni della convenzionalità.
Sono fatte salve anche alcune delle tematiche che Nagai ripropone in altre sue opere, come le ambizioni, i dubbi e la rabbia della blank generation. I loro problemi, le loro angosce, vengono accennate nel loro senso di ribellione, nelle loro pulsioni. La loro ribellione viene però messa a tacere dalla necessità progressista e dalla seduzione offerta da una nuova ridefinizione del superuomo, ora compagno (più che padrone) delle macchine nel suo quotidiano.
Anche se solo accennato, in "Mazinger Z" è presente quell'afflato tutto nipponico verso la robotica (figlio dell'animismo shintoista), che vede i suoi costrutti non come semplici oggetti, ma come anch'essi depositari di una sorta di "anima". Koji, Sayaka, Boss e spesso perfino il dottor Hell, "sentono" i loro robot, soffrono con o per essi, e a volte vi si rivolgono come fossero interlocutori. Le stesse macchine a volte sono umanizzate al punto da sembrare avere una loro volontà, nonché le stesse pulsioni degli esseri umani, oltre alle stesse caratteristiche fisiche. Emblematico in tal senso il dettaglio che vuole Afrodite A, il robot di Sayaka, avere i seni che sono all'occorrenza anche due missili (o viceversa). Dando così voce a un senso paraerotico che vede la possibile fusione tra uomo e macchina a tutti i livelli, anche quello sessuale.
"Mazinger Z" è un'icona del Secondo Dopoguerra, l'era che vede l'Uomo fare un girotondo, prendendo per mano l'atomo, un robot, una pace belligerante e un senso di riscatto represso. Koji e tutti i suoi coetanei "reali" sono i "figli della bomba", destinati ancor prima della nascita a fare i conti con le ceneri di Hiroshima e sobbarcarsi il peso di una sconfitta che impone una rivalsa. Una nuova guerra per risorgere. Una guerra che si combatte con gli spettri del passato, per un futuro che si crogiola nella confortante e radioattiva luce dei raggi fotonici.
"E se un giorno... tu ottenessi all'improvviso un potere sovrumano... come useresti quella forza? Diventeresti un demonio pronto a distruggere il mondo con quel potere? Oppure... l'eroe che lo salverà?" In spregio al concetto di soglia sovraliminale, questa è la premessa di una delle opere più importanti e seminali di Go Nagai e del mondo manga/anime in generale. Ciò che creiamo è sempre sotto il nostro controllo. Nostra quindi la scelta di usarlo per il bene.
Mazinger Z è il simbolo stesso della capacità distruttrice dell'Uomo. De facto è il primo esemplare di una lunga serie di interfacce robotiche, che diede il via al genere dei "mecha". Antesignani di questo genere furono in realtà i meno noti Tetsujin-28 e Giant Robo. Ma il primo vero mecha governabile da un pilota fu la creatura di Nagai. Ispirato in parte alle armature dei cavalieri medievali occidentali e in parte all'estetica e allo spirito dei samurai, Mazinger è un prodotto dell'era atomica. Costruito con la super lega metallica "Z", è alimentato da una nuova forma di energia, detta fotoatomica, più potente anche di quella che innesca le reazioni nucleari. Colossale "arma finale", dotata delle armi fantascientifiche più devastanti, è figlia dell'ingegno di Juzo Kabuto, ex amico e collaboratore del dottor Hell, iconico scienziato pazzo intenzionato a dominare il mondo. Mazinger è stato concepito per contrastare Hell e le sue creazioni, altri colossali robot dalle fattezze mostruose e frutto dell'antica sapienza e tecnologia della civiltà micenea che il dottor Hell ha rinvenuto sull'isola greca di Bardos. Juzo Kabuto non sopravvive a un attacco del suo maligno rivale e lascia quindi la sua creatura nelle mani di suo nipote Koji. Il ragazzo è il classico "selvaggio" alla Marlon Brando, baby boomer sempre a bordo della sua moto, ma su cui ora ricade l'onere di portare avanti le battaglie della generazione passata e sconfitta. Grazie all'appoggio di un assistente di suo nonno, il professor Yumi, e della figlia Sayaka (anche lei pilota di un robot), Koji diviene suo malgrado l'erede dello scontro col dottor Hell e i suoi accoliti Ashura, Blocken e Pigman. La lotta entrerà poi in una nuova fase quando farà la sua comparsa la risorta civiltà micenea. Un epilogo che ha il sapore di una mezza sconfitta aprirà una nuova trama, con nuovi protagonisti, e che ricollega l'opera ad altre del variegato universo nagaiano.
"Mazinger Z" è il vero prototipo di tutti i mecha e dei loro canoni narrativi. Secondo il modello della serialità televisiva che si autoalimenta con uno schema ripetuto per decine di puntate, l'anime propone un gioco quotidiano fatto di duelli e schermaglie a colpi di armi di distruzione di massa. La serie in realtà si discosta in molti punti dal manga originale. Non solo per tagli o modifiche alla trama (portata poi avanti per oltre novanta episodi) ma soprattutto per i disegni e le animazioni, più semplificati rispetto al tratto di Nagai. Accentuata inoltre è la componente comica, affidata alle spalle di Koji: suo fratello minore Shiro, ma soprattutto il gruppetto di teppistelli composto da Boss, Nuke e Mucha (tre maschere da teatro farsesco), che realizzano perfino una loro versione "amatoriale" di Mazinger, il Boss Robot.
Tuttavia l'anime preserva quelli che sono gli elementi forse più interessanti dello stile di Go Nagai.
Sottotraccia, si riescono a cogliere dettagli che permettono di superare la classica lettura manichea di uno scontro fra un Bene e un Male assoluti.
Per esempio, il bieco potere della tecnologia e le sue potenzialità vengono espresse tramite un costante ricorso a immani devastazioni. Il Giappone e le sue città (storicamente "abituati" a catastrofi naturali e non) sono così il teatro di scontri di Titani, dove la popolazione, massa indistinta, è falciata come grano, in fede alle apocalittiche visioni della fantascienza già proposte dalla narrativa pulp o dalle opere in cui la fanno da padroni i kaijū (i mostri giganti) come Godzilla.
L'ambiguo volto della scienza era magistralmente espresso nel manga tramite quello di Juzo Kabuto, inquietante e mostruoso quanto i suoi nemici. Nell'anime invece la deformità è tutta degli antagonisti. Forse sono loro l'elemento più interessante dell'opera. Incarnano tutte le peggiori aberrazioni partorite da un passato (prossimo o remoto) che getta le sue ombre ancora oggi sul presente. Sono i figli di quelle storture ideologiche e sociali che hanno deformato il XX secolo: il dottor Hell rimanda più che altro ai classici cosmoclasti da fumetto, creatori di realtà paramilitari che richiamano i totalitarismi (il Terzo Reich in primis). Ma i suoi sottoposti sono anche più carismatici dei protagonisti.
Il barone Ashura è un essere composto a metà da un corpo maschile e uno femminile. Meschino e crudele, è altresì dotato di una fedeltà quasi morbosa per il suo padrone, esemplificando così in modo fisico (perfino nella voce) i concetti di dicotomia e dualismo, fra fede e pazzia, fra amore e violenza.
Il conte Blocken è il perfetto subordinato, ormai solo una testa, che deve essere tenuta in mano da un corpo surrogato. Forse un ex nazista salvato dal dottor Hell, è la parte acritica del Male, ancor più gretto di Ashura. Senza dubbi, pietà o scrupoli. Letteralmente "acefalo".
Il visconte Pigman è la paura dell'ancestrale, di quel lato primitivo e selvaggio che giace sotto i conformismi dell'uomo civile. Un imponente guerriero, un corpo possente e statuario, governato da una sorta di folletto maligno. Un incubus, che turba i sonni della convenzionalità.
Sono fatte salve anche alcune delle tematiche che Nagai ripropone in altre sue opere, come le ambizioni, i dubbi e la rabbia della blank generation. I loro problemi, le loro angosce, vengono accennate nel loro senso di ribellione, nelle loro pulsioni. La loro ribellione viene però messa a tacere dalla necessità progressista e dalla seduzione offerta da una nuova ridefinizione del superuomo, ora compagno (più che padrone) delle macchine nel suo quotidiano.
Anche se solo accennato, in "Mazinger Z" è presente quell'afflato tutto nipponico verso la robotica (figlio dell'animismo shintoista), che vede i suoi costrutti non come semplici oggetti, ma come anch'essi depositari di una sorta di "anima". Koji, Sayaka, Boss e spesso perfino il dottor Hell, "sentono" i loro robot, soffrono con o per essi, e a volte vi si rivolgono come fossero interlocutori. Le stesse macchine a volte sono umanizzate al punto da sembrare avere una loro volontà, nonché le stesse pulsioni degli esseri umani, oltre alle stesse caratteristiche fisiche. Emblematico in tal senso il dettaglio che vuole Afrodite A, il robot di Sayaka, avere i seni che sono all'occorrenza anche due missili (o viceversa). Dando così voce a un senso paraerotico che vede la possibile fusione tra uomo e macchina a tutti i livelli, anche quello sessuale.
"Mazinger Z" è un'icona del Secondo Dopoguerra, l'era che vede l'Uomo fare un girotondo, prendendo per mano l'atomo, un robot, una pace belligerante e un senso di riscatto represso. Koji e tutti i suoi coetanei "reali" sono i "figli della bomba", destinati ancor prima della nascita a fare i conti con le ceneri di Hiroshima e sobbarcarsi il peso di una sconfitta che impone una rivalsa. Una nuova guerra per risorgere. Una guerra che si combatte con gli spettri del passato, per un futuro che si crogiola nella confortante e radioattiva luce dei raggi fotonici.
Nella storia dell'animazione giapponese, pochi anime possono dire di essere stati importanti e influenti almeno quanto “Mazinga Z”. Stiamo parlando di una serie che non solo ha introdotto il genere mecha al pubblico così come lo conosciamo oggi, ma ne ha anche creato dei cliché che han tenuto banco per un decennio, alimentando le casse giapponesi e aiutando gli anime a diventare popolari fuori dalla madrepatria.
Ma andiamo per ordine, partendo dalla trama.
In una spedizione tenutasi nel 1962 sull'Isola di Rodi (Bardos nella versione in lingua originale), un gruppo di scienziati alla scoperta dei resti della civiltà micenea (Mikenes in originale), rinviene dei mostri meccanici e la formula che la popolazione scomparsa usava per costruirne degli altri. Una volta restaurati, il Dr. Inferno (Dr. Hell in originale) palesa la sua brama di conquista del mondo, innescando i robot tramite uno scettro ritrovato in quel luogo, e ordina loro di uccidere tutti i presenti. Il Dr. Juzo Kabuto è l'unico a riuscire a mettersi in salvo e, tornato in patria, istituisce il Centro di Ricerche per l'Energia Fotoatomica nei pressi del Monte Fuji. Qui comincia a costruire la Superlega Z (Chogokin Z in originale), inizialmente chiamata Ultralega Z, un materiale ultraresistente ricavato dal Japanium, il quale viene rinvenuto in uno strato roccioso risalente all'era glaciale e situato nella zona vulcanica del Monte Fuji.
Anni sono passati da quella spedizione e il Dr. Inferno, temendo che il Dr. Kabuto, andato in pensione dopo aver presentato al mondo la sua invenzione, potesse ordire un piano in segreto per contrastarlo, ordina alle Maschere di Ferro, i suoi seguaci, di assassinarlo. Costoro sono capeggiati dal suo braccio destro, il Barone Ashura (Ashura Danshaku in originale), un cyborg mezzo uomo e mezzo donna a cui il Dr. Inferno ha dato vita unendo due mezze mummie ritrovate nelle rovine dell'Impero di Micene. Riusciti nell'impresa, il Dr. Kabuto, in punto di morte, rivela a suo nipote Ryo Kabuto (Kōji Kabuto in originale) il Mazinga Z, un robot gigante realizzato interamente in Superlega Z per difendere il pianeta dagli assalti del suo collega. Secondo lo scienziato, la potenza del Mazinga Z è così grande, da poter essere sia portatore di giustizia che di caos. Infatti, il nome del robot nella versione originale è Majinga Z, che sta proprio a indicare che è sia un demone (ma) che una divinità (jin) (il ga serve a rafforzare il soggetto majin. La Z è invece un riferimento alla Superlega Z con cui la macchina è prodotta).
Ad affiancare Ryo per la difesa del pianeta vi saranno il Professor Yumi (a capo del laboratorio in seguito al pensionamento del Dr. Kabuto) con la sua equipe e sua figlia Sayaka (che è pilota del robot dalle fattezze femminili Afrodite A (Afurodai A nella versione originale). Più in avanti si aggiungerà anche Boss (che piloterà uno sgangherato robot fatto in casa denominato Boss Robot).
Ciò che balza subito all'occhio nei primi episodi è il narrare la storia in modo piuttosto dettagliato e il più realistico possibile (per i tempi ovviamente). Basti pensare al fatto che quasi una decina di puntate viene dedicata all'incapacità di Ryo nel pilotare il Mazinga Z e al fatto che spesso ciò lo porta a causare disastri o addirittura a non potersi muovere.
Questa scelta (non affatto scontata e che pochissimi anime fanno) è avvalorata anche dal fatto che “Mazinga Z” rappresenta un vero e proprio percorso di vita, legando la crescita dell'individuo con quella del robot e creando una sorta di immedesimazione con il pubblico. Puntata dopo puntata, infatti, a causa dei continui attacchi che provocano morte e distruzione in Giappone, all'occorrenza anche a persone vicine ai giovani protagonisti, questi ultimi sono spinti a crescere più in fretta del dovuto. Facendo ciò, scoprono l'umiltà e il valore dell'amicizia e della vita, cancellando le loro futili rivalità e cominciando a fare un vero e proprio lavoro di squadra, diventando sempre più prudenti e meno avventati.
Parallelamente, anche Mazinga Z viene potenziato. Dapprima molto limitato, vengono aggiunti nuovi colpi al suo arsenale e lo si mette in condizione di poter volare.
Si parte proprio da zero e con una crescita collettiva graduale che dura novantadue episodi.
Tutto ciò avviene in modo molto genuino e senza forzature, che invece sono molto presenti negli anime dello stesso genere che lo hanno succeduto. Altra particolarità che lo contraddistingue da buona parte dei suoi successori è il fatto che la colonna sonora ben si amalgama con la serie ed è perfetta in ogni situazione. Se questa richiede carica, c'è il pezzo per caricare il telespettatore, se bisogna comunicargli tristezza, c'è un pezzo che può comunicare quella sensazione, e così via. Molti successori invece presentano colonne sonore abbastanza piatte che male accompagnano ciò che sta avvenendo in puntata, provocando reazioni neutrali o soporifere.
Proprio per la forte immedesimazione, il finale ha un impatto maggiore sul telespettatore e viene ricordato come uno dei più struggenti tra i mecha.
Sul punto di vista dell'immedesimazione, gioca un ruolo fondamentale l'azzeccatissima rappresentazione dei personaggi, Ryo su tutti, che incarna alla perfezione il tipico adolescente impulsivo che i bambini vorrebbero diventare, in cui l'adolescente rivede sé stesso, mentre l'adulto rivede il sé stesso dei tempi che furono.
Grande nota di merito va anche data ai doppiatori Italiani (non avendo visto la versione in lingua originale, non posso dire nulla su di essa), che hanno saputo caratterizzare eccellentemente ogni singolo aspetto dei personaggi e ogni singola situazione in cui loro sono coinvolti. L'adattamento non è fedelissimo, ma non c'è alcuna modifica che pregiudica la comprensione e lo svolgimento degli eventi. Le modifiche alla fine riguardano principalmente alcuni nomi, soprattutto le mosse dei robot. Ciò per rendere il prodotto più fruibile da un pubblico Italiano ai tempi (1980) poco avvezzo alle parole straniere. Sebbene qui in Italia la serie sia arrivata su Rai 1 nel 1980, a causa di alcuni fatti di cronaca, è stata sospesa dopo cinquantuno episodi. I restanti quarantuno sono arrivati nel 2015 grazie a Yamato Video, che li ha trasmessi su Man-ga assieme ai vecchi (per la prima volta in versione integrale, visto che la Rai ai tempi censurava alcune scene) e li ha raccolti tutti e novantadue in cofanetti home video. A causa di questo grande lasso di tempo, i due blocchi di episodi presentano due doppiaggi diversi, ma comunque di grande livello. L'adattamento del secondo blocco è fedele al primo per una questione di continuità.
Nella serie ci sono comunque anche aspetti negativi, e forse sono quelli che più di ogni altro fanno desistere le nuove generazioni dal cominciare a vederla. Mi riferisco alla pessima rappresentazione dei mostri meccanici (il più delle volte davvero ridicoli) e al ritrovarsi di fronte a molti episodi uguali tra loro, soprattutto nella prima metà della serie.
Per il primo punto, bisogna tenere a mente che ai tempi si dava molta più importanza all'eroe. Mentre oggi abbiamo cattivi che hanno un certo appeal (vedi “Dragon Ball”), oppure abbiamo situazioni grigie in cui bene e male, giusto o sbagliato, diventano solamente dei punti di vista (vedi “Death Note”), negli anni '70 non era così. E una rappresentazione di un mostro meccanico (che era una sorta di “scagnozzo semplice” del cattivo) passava di gran lunga in secondo piano. Soprattutto considerando l'alta mole di episodi in programma che rendeva praticamente impossibile creare più di cento mostri meccanici tutti diversi tra loro e con una certa originalità.
Per quanto riguarda la ripetitività delle puntate, era molto in voga negli anni '70. Il primo ad aver portato questo schema chiamato in gergo “mostro della settimana”, è stato il tokusatsu “Kamen Raidā” (inedito in Italia), che ha avviato le trasmissioni nel 1971, un anno prima di “Mazinga Z”, ed è terminato nel 1973. Tale schema prevede che i cattivi lancino il loro scagnozzo di turno (nel caso di “Mazinga Z”, un mostro meccanico) contro i loro nemici nel tentativo di raggiungere un determinato obiettivo, che, puntata dopo puntata, non si riesce mai a finalizzare, salvo alcune occasioni. Il primo anime ad aver fatto uso di questa tecnica è stato “Devilman” (“Debiruman” in originale), trasmesso tra il 1972 e il 1973. Sia “Devilman” che “Mazinga Z” sono opere manga di Go Nagai, ai tempi già famoso per essere l'autore del primo manga ecchi ed hentai della storia, “La scuola senza pudore” (“Harenchi Gakuen” in originale, 1968-72). Sia “Devilman” che “Mazinga Z” sono poi stati trasposti in anime televisivi senza alcuna fedeltà all'opera cartacea da uno staff di registi della Toei, con cui Nagai aveva comunque voce in capitolo.
Assistere a puntate ripetitive è indubbiamente una cosa fastidiosa oggi, soprattutto quando c'è un ampio numero di episodi, ma nel caso di “Mazinga Z”, proprio per l'effetto immedesimazione di cui parlavo prima, una volta terminata la corsa, si ha un'altra percezione.
Come tutti gli anime datati, prima di prenderne visione, bisogna sforzarsi di fare un passo indietro. Cercare di immedesimarsi nella realtà dell'epoca e capire cosa c'era in giro a quei tempi, in modo da poterlo contestualizzare e valutarlo al meglio delle sue potenzialità. Se si compie questo sforzo, “Mazinga Z” vi risulterà essere un anime davvero geniale per i tempi. Innanzitutto, è stato il primo Super Robot, ossia una macchina di grandi dimensioni unica nel suo genere, dotata di abilità molto spesso irreali e pilotata internamente da un essere umano. Prima di lui i robot erano telecomandati o umanizzati. Ha inventato il 90% degli stereotipi dei Super Robot (mancano solo i robot che si agganciano tra di loro e la mossa finale). Dallo scienziato che dà direttive ai piloti verso la vittoria con varie strategie all'invasore di turno che vuole dominare il pianeta, per poi passare alla composizione del robot (sia interna che estetica) e al modo in cui vengono eseguite le mosse, la presenza di un robot goffo che cerca di aiutare i protagonisti in modo comico, ecc. Tutti stereotipi che sono stati ripresi da tutte le serie Super Robot e che sono comparsi tutti per la prima volta in “Mazinga Z”. Questa formula nutrirà enormemente le casse giapponesi per ben dieci anni ininterrotti, rendendo i Super Robot il fenomeno più prolifico e duraturo nella storia dell'animazione nipponica.
Seppur in maniera minore, anche i Real Robot hanno attinto qualcosa da lui, a partire da come è concepito il robot (estetica e cabina di pilotaggio) e a come sfrutta le sue armi per combattere. Per intenderci, il Real Robot differisce dalla sua controparte per non essere una macchina unica. E' infatti prodotta in serie per scopi bellici e ha abilità più realistiche.
L'influenza di “Mazinga Z” è andata anche oltre l'animazione, dai tokusatsu (vedi “Sūpā Robotto Mahha Baron”) ai film di fantascienza americani (vedi “Pacific Rim”). E questo senza contare le citazioni.
Oltre ad essere un'opera influente dal punto di vista creativo, “Mazinga Z” ha registrato dei risultati commerciali da record e ha gettato le basi del merchandising moderno. Le riproduzioni in modellini del robot con il nome di Chogokin Z (il nome originale della Superlega Z), ad opera della Popy, registrarono vendite così elevate, da cambiare la concezione stessa di produzione di un anime. Mentre prima il cartone animato era al centro di tutto e il merchandising era un qualcosa di secondario, in seguito al '72 le parti si sono invertite. Gli sponsor cominciano a supportare i prodotti animati, con i produttori di giocattoli in prima linea. E, mentre prima era solo il manga il prodotto da cui partire per poter realizzare un anime, adesso cominciano a nascere anche anime che vengono pensati prima come giocattoli. Il primo ad essere concepito in questo modo è stato “Il prode Raideen” (“Yūsha Raidīn” in originale), che ha cominciato le sue trasmissioni nel 1975, terminandole l'anno successivo.
Il grande successo di “Mazinga Z” ha portato al rilascio dei mediometraggi cinematografici “Mazinga Z contro Devilman” (“Majingā Z tai Debiruman” nella versione originale, del 1973) e “Mazinga Z contro Il Generale Nero” (“Majingā Z tai Ankoku Daishōgun” in originale, del 1974) e alla creazione di una trilogia avente “Mazinga Z” come prima serie (1972-74), “Il Grande Mazinga” (“Gurēto Majingā” in originale, 1974-75) come seconda e “UFO Robot Goldrake” (“UFO Robo Gurendaizā”, 1975-77) come terza. Anche questi ultimi hanno avuto dei mediometraggi cinematografici e il brand ha saputo continuare a vivere nel tempo tra videogiochi, manga e anime che hanno fatto da remake e reboot della saga.
Nei doppiaggi Italiani, il personaggio di Ryo ha assunto svariati nomi e ciò ha creato confusione nel pubblico nostrano. In “Il Grande Mazinga”, nel primo episodio viene chiamato Kaisen, nei successivi o Koi o Kōji (che è il suo nome originale). In “UFO Robot Goldrake” viene invece chiamato Alcor nel primo doppiaggio, del 1978, e riprende l'originale Kōji nei due ridoppiaggi del 2005 (uno fedele a quello del '78, ad eccezione del suo nome, e uno fedele all'originale). Anche l'ordine di arrivo e di trasmissione della prima visione televisiva, avvenuta in ordine inverso, ha creato confusione.
Un'altra grande importanza che va attribuita a “Mazinga Z” è quella di aver dato un enorme contributo nel popolarizzare l'animazione Giapponese nel mondo. Infatti, il grandissimo successo internazionale ottenuto dai Super Robot nel corso degli anni '70 e degli anni '80, così alto da aver generato dei fenomeni di culto che ancora oggi durano, ha spinto i Paesi esteri a continuare a importare anime per il proprio pubblico, creando dei nuovi miti.
In conclusione, “Mazinga Z” è una delle opere più importanti e meglio riuscite dell'animazione giapponese. Uno di quei must che per storia e influenza va assolutamente visto almeno una volta nella vita. Se si è abituati troppo a un'animazione che non contempla lo schema “mostro della settimana”, consiglio di visionare una puntata al giorno e di fare di tanto in tanto qualche piccola pausa, per non rendere la cosa pesante. Alla fine ne sarà valsa la pena.
Fa un po' sorridere pensare che un'opera così importante sia stata partorita in seguito a un ingorgo stradale, in cui l'autore Go Nagai pensava a cosa sarebbe successo se dalla sua auto fossero usciti degli arti, che gli avrebbero permesso di scavalcare le altre auto.
Ma andiamo per ordine, partendo dalla trama.
In una spedizione tenutasi nel 1962 sull'Isola di Rodi (Bardos nella versione in lingua originale), un gruppo di scienziati alla scoperta dei resti della civiltà micenea (Mikenes in originale), rinviene dei mostri meccanici e la formula che la popolazione scomparsa usava per costruirne degli altri. Una volta restaurati, il Dr. Inferno (Dr. Hell in originale) palesa la sua brama di conquista del mondo, innescando i robot tramite uno scettro ritrovato in quel luogo, e ordina loro di uccidere tutti i presenti. Il Dr. Juzo Kabuto è l'unico a riuscire a mettersi in salvo e, tornato in patria, istituisce il Centro di Ricerche per l'Energia Fotoatomica nei pressi del Monte Fuji. Qui comincia a costruire la Superlega Z (Chogokin Z in originale), inizialmente chiamata Ultralega Z, un materiale ultraresistente ricavato dal Japanium, il quale viene rinvenuto in uno strato roccioso risalente all'era glaciale e situato nella zona vulcanica del Monte Fuji.
Anni sono passati da quella spedizione e il Dr. Inferno, temendo che il Dr. Kabuto, andato in pensione dopo aver presentato al mondo la sua invenzione, potesse ordire un piano in segreto per contrastarlo, ordina alle Maschere di Ferro, i suoi seguaci, di assassinarlo. Costoro sono capeggiati dal suo braccio destro, il Barone Ashura (Ashura Danshaku in originale), un cyborg mezzo uomo e mezzo donna a cui il Dr. Inferno ha dato vita unendo due mezze mummie ritrovate nelle rovine dell'Impero di Micene. Riusciti nell'impresa, il Dr. Kabuto, in punto di morte, rivela a suo nipote Ryo Kabuto (Kōji Kabuto in originale) il Mazinga Z, un robot gigante realizzato interamente in Superlega Z per difendere il pianeta dagli assalti del suo collega. Secondo lo scienziato, la potenza del Mazinga Z è così grande, da poter essere sia portatore di giustizia che di caos. Infatti, il nome del robot nella versione originale è Majinga Z, che sta proprio a indicare che è sia un demone (ma) che una divinità (jin) (il ga serve a rafforzare il soggetto majin. La Z è invece un riferimento alla Superlega Z con cui la macchina è prodotta).
Ad affiancare Ryo per la difesa del pianeta vi saranno il Professor Yumi (a capo del laboratorio in seguito al pensionamento del Dr. Kabuto) con la sua equipe e sua figlia Sayaka (che è pilota del robot dalle fattezze femminili Afrodite A (Afurodai A nella versione originale). Più in avanti si aggiungerà anche Boss (che piloterà uno sgangherato robot fatto in casa denominato Boss Robot).
Ciò che balza subito all'occhio nei primi episodi è il narrare la storia in modo piuttosto dettagliato e il più realistico possibile (per i tempi ovviamente). Basti pensare al fatto che quasi una decina di puntate viene dedicata all'incapacità di Ryo nel pilotare il Mazinga Z e al fatto che spesso ciò lo porta a causare disastri o addirittura a non potersi muovere.
Questa scelta (non affatto scontata e che pochissimi anime fanno) è avvalorata anche dal fatto che “Mazinga Z” rappresenta un vero e proprio percorso di vita, legando la crescita dell'individuo con quella del robot e creando una sorta di immedesimazione con il pubblico. Puntata dopo puntata, infatti, a causa dei continui attacchi che provocano morte e distruzione in Giappone, all'occorrenza anche a persone vicine ai giovani protagonisti, questi ultimi sono spinti a crescere più in fretta del dovuto. Facendo ciò, scoprono l'umiltà e il valore dell'amicizia e della vita, cancellando le loro futili rivalità e cominciando a fare un vero e proprio lavoro di squadra, diventando sempre più prudenti e meno avventati.
Parallelamente, anche Mazinga Z viene potenziato. Dapprima molto limitato, vengono aggiunti nuovi colpi al suo arsenale e lo si mette in condizione di poter volare.
Si parte proprio da zero e con una crescita collettiva graduale che dura novantadue episodi.
Tutto ciò avviene in modo molto genuino e senza forzature, che invece sono molto presenti negli anime dello stesso genere che lo hanno succeduto. Altra particolarità che lo contraddistingue da buona parte dei suoi successori è il fatto che la colonna sonora ben si amalgama con la serie ed è perfetta in ogni situazione. Se questa richiede carica, c'è il pezzo per caricare il telespettatore, se bisogna comunicargli tristezza, c'è un pezzo che può comunicare quella sensazione, e così via. Molti successori invece presentano colonne sonore abbastanza piatte che male accompagnano ciò che sta avvenendo in puntata, provocando reazioni neutrali o soporifere.
Proprio per la forte immedesimazione, il finale ha un impatto maggiore sul telespettatore e viene ricordato come uno dei più struggenti tra i mecha.
Sul punto di vista dell'immedesimazione, gioca un ruolo fondamentale l'azzeccatissima rappresentazione dei personaggi, Ryo su tutti, che incarna alla perfezione il tipico adolescente impulsivo che i bambini vorrebbero diventare, in cui l'adolescente rivede sé stesso, mentre l'adulto rivede il sé stesso dei tempi che furono.
Grande nota di merito va anche data ai doppiatori Italiani (non avendo visto la versione in lingua originale, non posso dire nulla su di essa), che hanno saputo caratterizzare eccellentemente ogni singolo aspetto dei personaggi e ogni singola situazione in cui loro sono coinvolti. L'adattamento non è fedelissimo, ma non c'è alcuna modifica che pregiudica la comprensione e lo svolgimento degli eventi. Le modifiche alla fine riguardano principalmente alcuni nomi, soprattutto le mosse dei robot. Ciò per rendere il prodotto più fruibile da un pubblico Italiano ai tempi (1980) poco avvezzo alle parole straniere. Sebbene qui in Italia la serie sia arrivata su Rai 1 nel 1980, a causa di alcuni fatti di cronaca, è stata sospesa dopo cinquantuno episodi. I restanti quarantuno sono arrivati nel 2015 grazie a Yamato Video, che li ha trasmessi su Man-ga assieme ai vecchi (per la prima volta in versione integrale, visto che la Rai ai tempi censurava alcune scene) e li ha raccolti tutti e novantadue in cofanetti home video. A causa di questo grande lasso di tempo, i due blocchi di episodi presentano due doppiaggi diversi, ma comunque di grande livello. L'adattamento del secondo blocco è fedele al primo per una questione di continuità.
Nella serie ci sono comunque anche aspetti negativi, e forse sono quelli che più di ogni altro fanno desistere le nuove generazioni dal cominciare a vederla. Mi riferisco alla pessima rappresentazione dei mostri meccanici (il più delle volte davvero ridicoli) e al ritrovarsi di fronte a molti episodi uguali tra loro, soprattutto nella prima metà della serie.
Per il primo punto, bisogna tenere a mente che ai tempi si dava molta più importanza all'eroe. Mentre oggi abbiamo cattivi che hanno un certo appeal (vedi “Dragon Ball”), oppure abbiamo situazioni grigie in cui bene e male, giusto o sbagliato, diventano solamente dei punti di vista (vedi “Death Note”), negli anni '70 non era così. E una rappresentazione di un mostro meccanico (che era una sorta di “scagnozzo semplice” del cattivo) passava di gran lunga in secondo piano. Soprattutto considerando l'alta mole di episodi in programma che rendeva praticamente impossibile creare più di cento mostri meccanici tutti diversi tra loro e con una certa originalità.
Per quanto riguarda la ripetitività delle puntate, era molto in voga negli anni '70. Il primo ad aver portato questo schema chiamato in gergo “mostro della settimana”, è stato il tokusatsu “Kamen Raidā” (inedito in Italia), che ha avviato le trasmissioni nel 1971, un anno prima di “Mazinga Z”, ed è terminato nel 1973. Tale schema prevede che i cattivi lancino il loro scagnozzo di turno (nel caso di “Mazinga Z”, un mostro meccanico) contro i loro nemici nel tentativo di raggiungere un determinato obiettivo, che, puntata dopo puntata, non si riesce mai a finalizzare, salvo alcune occasioni. Il primo anime ad aver fatto uso di questa tecnica è stato “Devilman” (“Debiruman” in originale), trasmesso tra il 1972 e il 1973. Sia “Devilman” che “Mazinga Z” sono opere manga di Go Nagai, ai tempi già famoso per essere l'autore del primo manga ecchi ed hentai della storia, “La scuola senza pudore” (“Harenchi Gakuen” in originale, 1968-72). Sia “Devilman” che “Mazinga Z” sono poi stati trasposti in anime televisivi senza alcuna fedeltà all'opera cartacea da uno staff di registi della Toei, con cui Nagai aveva comunque voce in capitolo.
Assistere a puntate ripetitive è indubbiamente una cosa fastidiosa oggi, soprattutto quando c'è un ampio numero di episodi, ma nel caso di “Mazinga Z”, proprio per l'effetto immedesimazione di cui parlavo prima, una volta terminata la corsa, si ha un'altra percezione.
Come tutti gli anime datati, prima di prenderne visione, bisogna sforzarsi di fare un passo indietro. Cercare di immedesimarsi nella realtà dell'epoca e capire cosa c'era in giro a quei tempi, in modo da poterlo contestualizzare e valutarlo al meglio delle sue potenzialità. Se si compie questo sforzo, “Mazinga Z” vi risulterà essere un anime davvero geniale per i tempi. Innanzitutto, è stato il primo Super Robot, ossia una macchina di grandi dimensioni unica nel suo genere, dotata di abilità molto spesso irreali e pilotata internamente da un essere umano. Prima di lui i robot erano telecomandati o umanizzati. Ha inventato il 90% degli stereotipi dei Super Robot (mancano solo i robot che si agganciano tra di loro e la mossa finale). Dallo scienziato che dà direttive ai piloti verso la vittoria con varie strategie all'invasore di turno che vuole dominare il pianeta, per poi passare alla composizione del robot (sia interna che estetica) e al modo in cui vengono eseguite le mosse, la presenza di un robot goffo che cerca di aiutare i protagonisti in modo comico, ecc. Tutti stereotipi che sono stati ripresi da tutte le serie Super Robot e che sono comparsi tutti per la prima volta in “Mazinga Z”. Questa formula nutrirà enormemente le casse giapponesi per ben dieci anni ininterrotti, rendendo i Super Robot il fenomeno più prolifico e duraturo nella storia dell'animazione nipponica.
Seppur in maniera minore, anche i Real Robot hanno attinto qualcosa da lui, a partire da come è concepito il robot (estetica e cabina di pilotaggio) e a come sfrutta le sue armi per combattere. Per intenderci, il Real Robot differisce dalla sua controparte per non essere una macchina unica. E' infatti prodotta in serie per scopi bellici e ha abilità più realistiche.
L'influenza di “Mazinga Z” è andata anche oltre l'animazione, dai tokusatsu (vedi “Sūpā Robotto Mahha Baron”) ai film di fantascienza americani (vedi “Pacific Rim”). E questo senza contare le citazioni.
Oltre ad essere un'opera influente dal punto di vista creativo, “Mazinga Z” ha registrato dei risultati commerciali da record e ha gettato le basi del merchandising moderno. Le riproduzioni in modellini del robot con il nome di Chogokin Z (il nome originale della Superlega Z), ad opera della Popy, registrarono vendite così elevate, da cambiare la concezione stessa di produzione di un anime. Mentre prima il cartone animato era al centro di tutto e il merchandising era un qualcosa di secondario, in seguito al '72 le parti si sono invertite. Gli sponsor cominciano a supportare i prodotti animati, con i produttori di giocattoli in prima linea. E, mentre prima era solo il manga il prodotto da cui partire per poter realizzare un anime, adesso cominciano a nascere anche anime che vengono pensati prima come giocattoli. Il primo ad essere concepito in questo modo è stato “Il prode Raideen” (“Yūsha Raidīn” in originale), che ha cominciato le sue trasmissioni nel 1975, terminandole l'anno successivo.
Il grande successo di “Mazinga Z” ha portato al rilascio dei mediometraggi cinematografici “Mazinga Z contro Devilman” (“Majingā Z tai Debiruman” nella versione originale, del 1973) e “Mazinga Z contro Il Generale Nero” (“Majingā Z tai Ankoku Daishōgun” in originale, del 1974) e alla creazione di una trilogia avente “Mazinga Z” come prima serie (1972-74), “Il Grande Mazinga” (“Gurēto Majingā” in originale, 1974-75) come seconda e “UFO Robot Goldrake” (“UFO Robo Gurendaizā”, 1975-77) come terza. Anche questi ultimi hanno avuto dei mediometraggi cinematografici e il brand ha saputo continuare a vivere nel tempo tra videogiochi, manga e anime che hanno fatto da remake e reboot della saga.
Nei doppiaggi Italiani, il personaggio di Ryo ha assunto svariati nomi e ciò ha creato confusione nel pubblico nostrano. In “Il Grande Mazinga”, nel primo episodio viene chiamato Kaisen, nei successivi o Koi o Kōji (che è il suo nome originale). In “UFO Robot Goldrake” viene invece chiamato Alcor nel primo doppiaggio, del 1978, e riprende l'originale Kōji nei due ridoppiaggi del 2005 (uno fedele a quello del '78, ad eccezione del suo nome, e uno fedele all'originale). Anche l'ordine di arrivo e di trasmissione della prima visione televisiva, avvenuta in ordine inverso, ha creato confusione.
Un'altra grande importanza che va attribuita a “Mazinga Z” è quella di aver dato un enorme contributo nel popolarizzare l'animazione Giapponese nel mondo. Infatti, il grandissimo successo internazionale ottenuto dai Super Robot nel corso degli anni '70 e degli anni '80, così alto da aver generato dei fenomeni di culto che ancora oggi durano, ha spinto i Paesi esteri a continuare a importare anime per il proprio pubblico, creando dei nuovi miti.
In conclusione, “Mazinga Z” è una delle opere più importanti e meglio riuscite dell'animazione giapponese. Uno di quei must che per storia e influenza va assolutamente visto almeno una volta nella vita. Se si è abituati troppo a un'animazione che non contempla lo schema “mostro della settimana”, consiglio di visionare una puntata al giorno e di fare di tanto in tanto qualche piccola pausa, per non rendere la cosa pesante. Alla fine ne sarà valsa la pena.
Fa un po' sorridere pensare che un'opera così importante sia stata partorita in seguito a un ingorgo stradale, in cui l'autore Go Nagai pensava a cosa sarebbe successo se dalla sua auto fossero usciti degli arti, che gli avrebbero permesso di scavalcare le altre auto.
Quando ero bambino (sono classe 1980), era raro che trasmettessero “Mazinga Z” in TV. Lo vidi solo una volta su Italia 7 a fine anni ‘80 e ricordo che mi prese così tanto che realizzai un Mazinga z, incluso il centro ricerche e lo Scrander, con i mattoncini Lego. Purtroppo, proprio quando stava diventando più avvincente, la serie venne interrotta di punto in bianco con l’episodio in cui Mazinga combatte con il mostro che assomiglia a Babbo Natale (Satan Claus), peraltro trasmessa senza sigla finale! Rimasi molto deluso e con il sospetto che la TV che lo stava trasmettendo avesse interrotto “Mazinga Z” per propria negligenza. Guardando la serie de “Il grande Mazinga”, mi resi conto dei legami che queste due serie avevano, nonostante i piloti avessero nomi diversi, Rio in “Mazinga Z” e Koji ne “Il grande Mazinga”, ma per motivi di adattamento. E infine, con la visione del famigerato Mazinga contro Goldrake”, raffazzonato collage di alcuni mediometraggi Toei, mi sembrò di capire che Goldrake e i due Mazinga fossero personaggi collegati. Ovvio... Rio, Koji e Alcor erano lo stesso personaggio! Ma i bambini degli anni ‘80 come potevano saperlo?
E’ così che un mese fa ho deciso di farmi una full immersion delle tre serie in sequenza, per rendere omaggio al bambino che c’è in me e al mio sogno di vedere come si concludeva “Mazinga Z”.
Finita questa premessa nostalgica, non parlerò della trama di “Mazinga Z”, già sviscerata in altre recensioni, ma farò alcune considerazioni che probabilmente saranno utili a chi vorrà guardarsi questa serie.
“Mazinga Z” è una serie televisiva del 1972 e rappresenta un caposaldo dell’animazione giapponese. Il soggetto di Go Nagai era alquanto innovativo per l’epoca e ad esso si sono ispirate praticamente tutte le serie robotiche a venire. Purtroppo bisogna ammettere che nonostante la premessa avvincente la trama non si sviluppa più di tanto, e la serie si fonda principalmente su episodi autoconclusivi.
Nella prima parte della serie il tono della narrazione è puerile e i personaggi vivono delle giocose avventure sui loro robot, quasi che l’orrore e la distruzione seminata dai cattivi non li toccassero affatto. Per fortuna col passare degli episodi la trama inizia ad avere un certo intreccio, pur se infarcita di innumerevoli episodi filler, e il finale della serie risulta avvincente con alcuni momenti, storie e personaggi memorabili.
Dal punto di vista tecnico si nota un importante evoluzione in questa serie di ben novantadue episodi (quasi tre anni di trasmissione in Giappone). I primi episodi sono pessimi, con disegni orrendi e animazioni ridicole, segnate da un uso eccessivo del riciclo delle scene. Intorno al trentesimo episodio si nota un miglioramento progressivo, fino a raggiungere via via un livello più che accettabile.
Il target della serie è quello dei bambini di otto anni, l’età del piccolo Shiro, che guarderà al protagonista della serie come a un esempio da imitare. Rio/Koji è un bravo ragazzo in cui spiccano il senso del dovere, l’amicizia e la forza d’animo. Molto interessante il personaggio dal forte istinto di responsabilità del professor Yumi, che verrà delineato meglio nel prosieguo della serie. Anche la bella Sayaka avrà qualche episodio a lei dedicato. Devo poi dire che sono molto divertenti i siparietti comici che vedono protagonista il ciccione Boss. I cattivi sono suggestivi e ben caratterizzati.
La colonna sonora è ottima, ben improntata su riff solenni di ottoni che ben simboleggiano il grido di battaglia di Mazinga, come le memorabili sigle che continueranno a riecheggiare nella testa dello spettatore anche dopo la fine della battaglia tra gli eroi e i mostri meccanici.
Purtroppo l’adattamento italiano è molto sgangherato, supportato però da un buon doppiaggio, soprattutto quello dei personaggi principali.
In definitiva, il “Mazinga Z”, creato dalla mente fervida di Go Nagai e prodotto dalla Toei Animation, è una pietra miliare dell’animazione, anche se non esente da pecche su tutti gli aspetti.
La visione della serie completa può risultare ostica per la sua lunghezza, per l’ampio uso di filler e per il tono puerile della narrazione, e può appassionare solo i nostalgici del genere come me. Tuttavia, agli occhi di un bambino di otto anni risulterà sicuramente affascinante, poiché è a questo target che è indirizzata la serie; quindi la visione di questo cartone animato può essere un modo interessante di svegliare il bambino che c’è in ciascuno di noi.
E’ così che un mese fa ho deciso di farmi una full immersion delle tre serie in sequenza, per rendere omaggio al bambino che c’è in me e al mio sogno di vedere come si concludeva “Mazinga Z”.
Finita questa premessa nostalgica, non parlerò della trama di “Mazinga Z”, già sviscerata in altre recensioni, ma farò alcune considerazioni che probabilmente saranno utili a chi vorrà guardarsi questa serie.
“Mazinga Z” è una serie televisiva del 1972 e rappresenta un caposaldo dell’animazione giapponese. Il soggetto di Go Nagai era alquanto innovativo per l’epoca e ad esso si sono ispirate praticamente tutte le serie robotiche a venire. Purtroppo bisogna ammettere che nonostante la premessa avvincente la trama non si sviluppa più di tanto, e la serie si fonda principalmente su episodi autoconclusivi.
Nella prima parte della serie il tono della narrazione è puerile e i personaggi vivono delle giocose avventure sui loro robot, quasi che l’orrore e la distruzione seminata dai cattivi non li toccassero affatto. Per fortuna col passare degli episodi la trama inizia ad avere un certo intreccio, pur se infarcita di innumerevoli episodi filler, e il finale della serie risulta avvincente con alcuni momenti, storie e personaggi memorabili.
Dal punto di vista tecnico si nota un importante evoluzione in questa serie di ben novantadue episodi (quasi tre anni di trasmissione in Giappone). I primi episodi sono pessimi, con disegni orrendi e animazioni ridicole, segnate da un uso eccessivo del riciclo delle scene. Intorno al trentesimo episodio si nota un miglioramento progressivo, fino a raggiungere via via un livello più che accettabile.
Il target della serie è quello dei bambini di otto anni, l’età del piccolo Shiro, che guarderà al protagonista della serie come a un esempio da imitare. Rio/Koji è un bravo ragazzo in cui spiccano il senso del dovere, l’amicizia e la forza d’animo. Molto interessante il personaggio dal forte istinto di responsabilità del professor Yumi, che verrà delineato meglio nel prosieguo della serie. Anche la bella Sayaka avrà qualche episodio a lei dedicato. Devo poi dire che sono molto divertenti i siparietti comici che vedono protagonista il ciccione Boss. I cattivi sono suggestivi e ben caratterizzati.
La colonna sonora è ottima, ben improntata su riff solenni di ottoni che ben simboleggiano il grido di battaglia di Mazinga, come le memorabili sigle che continueranno a riecheggiare nella testa dello spettatore anche dopo la fine della battaglia tra gli eroi e i mostri meccanici.
Purtroppo l’adattamento italiano è molto sgangherato, supportato però da un buon doppiaggio, soprattutto quello dei personaggi principali.
In definitiva, il “Mazinga Z”, creato dalla mente fervida di Go Nagai e prodotto dalla Toei Animation, è una pietra miliare dell’animazione, anche se non esente da pecche su tutti gli aspetti.
La visione della serie completa può risultare ostica per la sua lunghezza, per l’ampio uso di filler e per il tono puerile della narrazione, e può appassionare solo i nostalgici del genere come me. Tuttavia, agli occhi di un bambino di otto anni risulterà sicuramente affascinante, poiché è a questo target che è indirizzata la serie; quindi la visione di questo cartone animato può essere un modo interessante di svegliare il bambino che c’è in ciascuno di noi.
Al giorno d'oggi, esattamente nel momento in cui il genere robotico è stato sviscerato in tutti i modi possibili, e si è evoluto o involuto a seconda del contesto, del target di riferimento e del periodo storico di maggiore o minore fertilità artistica degli autori, affrontare la visione di "Mazinger Z" significa tornare indietro nel tempo a osservare, con interesse storico e culturale, com'era il robotico ai suoi primordi; "Mazinger Z" è infatti il grande capostipite del genere, uno degli anime più influenti della storia e il primo paradigma che detterà legge fino all'avvento degli altrettanto epocali "Gundam" e "Macross".
Il predecessore di "Mazinger Z" è il "Tetsujin 28" di Yokoyama, la prima serie televisiva della storia ad essere incentrata sulla figura del robot pilotato da un essere umano; tuttavia, l'opera era molto diversa da "Mazinger Z", giacché quest'ultimo poteva essere pilotato dall'interno, mentre invece "Tetsujin 28" solo dall'esterno, per mezzo di un telecomando; in "Tetsujin 28" mancavano scene di agganciamento tra le componenti del robot; robot ben lungi dall'essere un colosso meccanico in grado di rappresentare concettualmente la fusione uomo/macchina simboleggiante la modernizzazione e l'industrializzazione del Giappone postbellico. Tutti i robotici antecedenti a "Mazinger Z" erano sulla falsariga di "Tetsujin 28" ("Giant Robo", il contemporaneo "Astroganga"), e non avevano quegli elementi innovativi - anche a livello di marketing - dell'opera di Go Nagai.
"Mazinger Z", nonostante la sua carica estremamente innovatrice, è palesemente ispirato al tokusatsu televisivo tout court. Intorno al 1971, show come "Spectreman", "Ultraman Returns" e "Kamen Rider" andavano regolarmente in onda riscuotendo un grande successo, sopratutto "Kamen Rider", l'opera che consacrava il suo creatore Shotaro Ishinomori (tra l'altro maestro di Go Nagai) a vero e proprio "Dio del tokusatsu". In questo show era presente un'organizzazione malvagia detta "Shocker", la quale mandava ogni settimana un suo lacchè ad essere matematicamente sconfitto dall'eroico protagonista. Questa formula vincente del "mostro della settimana" veniva utilizzata per la prima volta in animazione dal nagaiano "Devilman", andato in onda cinque mesi prima di "Mazinger Z", e dal seminale "Gatchaman", show nel quale cinque ragazzi si trasformavano in supereroi al fine di combattere contro i mostri robotici inviati dalla banda criminale Galactor. E' proprio in questo clima di grande attrazione del pubblico verso il tokusatsu in tutte le sue forme e manifestazioni che nasceva "Mazinger Z", il quale era anch'esso caratterizzato dall'idea di base presente nel contemporaneo "Kamen Rider": un'organizzazione malvagia intenta a conquistare il mondo (in questo caso formata dagli scagnozzi del Dottor Hell e dalle loro truppe) invia ogni settimana un mostro ad attaccare il Giappone, il quale verrà puntualmente sconfitto dagli eroici protagonisti. E' inoltre da notare che la scena dell'agganciamento tra il veicolo volante del pilota (il cosiddetto Pilder) e il robot gigante Mazinger segue chiaramente lo stile introdotto dallo show fantascientifico "Thunderbirds" del lontano 1966, opera la quale introdusse per la prima volta nella storia le famose scene di agganciamento tra veicoli. La presenza delle scene di agganciamento in "Mazinger Z" (si pensi anche a qualla del Jet Scrandler) sarà fondamentale nel rendere più appetibili i robot giocattolo ai bambini, il target primario dell'opera. Ergo "Mazinger Z" è stato un'innovatore anche nelle strategie di marketing, allo stesso modo di "Gundam", "Macross" ed "Evangelion", i quali introdurranno a loro volta nuove modalità di consumo legate indissolubilmente al contesto storico e al loro rispettivo target di riferimento.
E' molto interessante studiare ed analizzare "Mazinger Z" nella sua totalità, giacché la serie è in continua evoluzione e presenta in molte puntate determinati elementi che verranno riutilizzati ed omaggiati nei robotici successivi. La prima particolarità, chiave di volta dell'intera opera, è l'ambivalenza nei confronti della scienza: il nome stesso del robot, Mazinga (Ma-Jin-Ga), significa sia Dio (Jin) che Demonio (Ma); all'Istituto di Ricerca per l'energia Fotoatomica, nel quale sono presenti gli scienziati e gli eroi che difendono la terra, si contrappone l'organizzazione del malvagio Dottor Hell, anch'egli uno scienziato costruttore di robot giganti. L'energia fotoatomica, inoltre, non è altro che un nome fantasioso per indicare l'energia nucleare: "Mazinger Z" nasce nel dopoguerra giapponese, ed è caratterizzato, allo stesso modo delle produzioni fantascientifiche ad esso contemporanee, da un timore reverenziale nei confronti della scienza occidentale misto ad un desiderio viscerale di superarla. A tal proposito, si pensi alla costruzione del robot Mazinger da parte degli scienziati giapponesi, un colosso meccanico tecnologicamente all'avanguardia e in grado di affrontare mostruosità create da una scienza estranea le quali puntualmente attaccano esclusivamente il Giappone, provenendo da una località oscura e remota la quale, inconsciamente, simboleggia l'occidente. L'impero di Mikene nascosto nel sottosuolo è un evidente rimando fantasioso all'Antica Grecia, la culla primigenia in cui ebbe origine la scienza occidentale. Non mancano inoltre riferimenti diretti al secondo conflitto mondiale, come ad esempio una puntata in cui il tirapiedi ermafrodita del Dottor Hell, tale Barone Ashura, trova dentro ad una montagna un potentissimo cannone utilizzato dai giapponesi durante la guerra e lo impiega per cercare di distruggere l'Istituto di Ricerca per l'energia Fotoatomica.
L'addestramento del pilota, il quale deve faticare e sudare sangue per imparare a pilotare il robot; la storia d'amore tragica (si pensi alla splendida puntata in cui compare Minerva X, robot omaggiato moltissimo dai posteri, oppure alla triste e malinconica vicenda nella quale Koji s'innamora di una spia nemica); la presenza di un personaggio che alleggerisce la serie con le sue gag (l'esilarante teppistello Boss ed il suo ridicolo robot costruito con dei rottami); la bambina, simbolo della bellezza e dell'innocenza, immolata in modo crudo e atroce (la triste ed indelebile vicenda di Lorelei); la bambina/ragazza in carrozzella che impara a camminare; la morte tragica di uno degli antagonisti principali con tanto di funerale in grande stile, lacrime dei cattivi e discorso commemorativo grondante sete di vendetta; la compagna femminile del pilota che deve a tutti i costi dimostrare di essere superiore all'uomo, e che quando perde un combattimento somatizza (Sayaka, il prototipo di Asuka e di tutte le "tsundere" del robotico successive); l'antagonista militare sadico, cattivo, calcolatore, che utilizza le sue forze armate per assalire la base dei buoni attraverso innumerevoli scontri all'arma bianca (il luciferino Conte Blocken); gli attacchi strampalati e devestanti dei mostri nemici - attacchi anche psichici, si pensi all'episodio in cui i protagonisti vengono ipnotizzati mediante uno strano gioco di specchi illusori -; la colonna sonora specifica per l'agganciamento; il nome dell'attacco gridato ad alta voce; le torture, i rapimenti e i sotterfugi operati dagli antagonisti (la tragica puntata in cui il fratello del protagonista, piccolo e quantomai bisognoso di una figura materna, viene ingannato dai cattivi mediante una finta mamma robot); la massa ruspante che si ribella ai suoi protettori venendo istigata dai cattivi; la solitudine dei piloti dei robot, ragazzi che si ritrovano ad essere isolati dal resto del mondo ed indissolubilmente legati al loro veicolo (Sayaka che piange in riva al lago dopo la distruzione di Afrodite A)... questi sono alcuni degli innumerevoli elementi introdotti da "Mazinger Z" che verranno successivamente riutilizzati e/o aggiornati nelle opere robotiche successive. L'opera è una vera e propria enciclopedia del robotico anni '70, che verrà ulteriormente aggiornata da "Raideen", il quale introdusse il colpo finale; da "Getter Robot", che introdusse le trasformazioni (in "Mazinger Z" sono presenti soltanto agganciamenti); e da "Combattler V", che inaugurerà il "robotico alla Nagahama" o "robotico di transizione" di fine anni '70, nel quale i personaggi avranno più spazio rispetto agli standard nagaiani.
Suparata la prima metà della serie (tra l'altro mai uscita in Italia), il primo vero robotico della storia diventa molto più cupo e drammatico rispetto alla parte iniziale. Se in precedenza erano presenti molte gag comiche ed una certa tendenza all'autoparodia (si pensi a Mazinger che si aggancia ai missili usciti dal seno di Afrodite A per volare), la seconda parte incomincia a manifestare le atmosfere tragiche e cupe tipiche del celebre sequel della serie, il formidabile "Great Mazinger". In parecchie puntate l'Istituto di Ricerca per l'energia Fotoatomica viene quasi distrutto; i piloti sanguinano, piangono e compiono sforzi sovrumani per difendere la terra; il tutto è estremamente coinvolgente nella sua sincera genuinità. I simpaticissimi litigi tra la collerica ed irascibile Sayaka e Koji, che da teppistello delle strade diventerà un ragazzo dotato di un grande senso del sacrificio e del dovere, saranno comunque esilaranti, nonostante la tensione e la drammaticità dei continui, spesso disperati, attacchi nemici. Il finale della serie, che verrà altresì trasposto cinematograficamente nel celebre film "Mazinga Z contro il Generale Nero", è molto drammatico, e chiude la vicenda introducendo in modo epico il Grande Mazinga, Tetsuya, la Fortezza delle Scienze ed il demoniaco Generale Nero. I nuovi personaggi di "Great Mazinger" nella loro prima comparsa bucano immediatamente lo schermo, e fanno intendere che gli sviluppi della vicenda contenuti nel sequel di "Mazinger Z", il sommo "Great Mazinger", saranno quantomai epici e memorabili.
A livello registico, "Mazinger Z" è molto più vicino al fumetto che alla cinematografia (il termine "anime" è stato coniato dagli otaku: non a caso i cartoni giapponesi all'epoca venivano chiamati "Manga TV"); nell'opera abbondano primi piani intensi, scene ripetute, immagini statiche rese mobili grazie allo spostamento della telecamera. Essendo un prodotto destinato prevalentemente ai bambini, "Mazinger Z" non aveva grandi pretese tecniche e registiche: i registi di serie A come Osamu Dezaki all'epoca lavoravano in opere decisamente più mature, ossia i Meisaku e gli Spokon. Il design dei personaggi e dei mostri è comunque molto fantasioso e creativo, così come i vari combattimenti, i quali sono il fulcro di ciascuna puntata e devono essere risolti con varie strategie, versando lacrime e sangue; il robot, inoltre, viene spesso gravemente danneggiato, contrariamente ai robotici di fine anni '70, nei quali esso era praticamente invincibile e vinceva subito, senza alcun problema, negli ultimi minuti di ciascun episodio.
In conclusione, "Mazinger Z" è una visione irrinunciabile per tutti i veri appassionati del robotico, che sicuramente lo apprezzeranno e lo sapranno contestualizzare nella sua epoca, analizzandolo e comprendendo la sua fondamentale importanza nella definizione di uno dei generi più fecondi ed autorevoli dell'animazione giapponese di tutti i tempi.
Il predecessore di "Mazinger Z" è il "Tetsujin 28" di Yokoyama, la prima serie televisiva della storia ad essere incentrata sulla figura del robot pilotato da un essere umano; tuttavia, l'opera era molto diversa da "Mazinger Z", giacché quest'ultimo poteva essere pilotato dall'interno, mentre invece "Tetsujin 28" solo dall'esterno, per mezzo di un telecomando; in "Tetsujin 28" mancavano scene di agganciamento tra le componenti del robot; robot ben lungi dall'essere un colosso meccanico in grado di rappresentare concettualmente la fusione uomo/macchina simboleggiante la modernizzazione e l'industrializzazione del Giappone postbellico. Tutti i robotici antecedenti a "Mazinger Z" erano sulla falsariga di "Tetsujin 28" ("Giant Robo", il contemporaneo "Astroganga"), e non avevano quegli elementi innovativi - anche a livello di marketing - dell'opera di Go Nagai.
"Mazinger Z", nonostante la sua carica estremamente innovatrice, è palesemente ispirato al tokusatsu televisivo tout court. Intorno al 1971, show come "Spectreman", "Ultraman Returns" e "Kamen Rider" andavano regolarmente in onda riscuotendo un grande successo, sopratutto "Kamen Rider", l'opera che consacrava il suo creatore Shotaro Ishinomori (tra l'altro maestro di Go Nagai) a vero e proprio "Dio del tokusatsu". In questo show era presente un'organizzazione malvagia detta "Shocker", la quale mandava ogni settimana un suo lacchè ad essere matematicamente sconfitto dall'eroico protagonista. Questa formula vincente del "mostro della settimana" veniva utilizzata per la prima volta in animazione dal nagaiano "Devilman", andato in onda cinque mesi prima di "Mazinger Z", e dal seminale "Gatchaman", show nel quale cinque ragazzi si trasformavano in supereroi al fine di combattere contro i mostri robotici inviati dalla banda criminale Galactor. E' proprio in questo clima di grande attrazione del pubblico verso il tokusatsu in tutte le sue forme e manifestazioni che nasceva "Mazinger Z", il quale era anch'esso caratterizzato dall'idea di base presente nel contemporaneo "Kamen Rider": un'organizzazione malvagia intenta a conquistare il mondo (in questo caso formata dagli scagnozzi del Dottor Hell e dalle loro truppe) invia ogni settimana un mostro ad attaccare il Giappone, il quale verrà puntualmente sconfitto dagli eroici protagonisti. E' inoltre da notare che la scena dell'agganciamento tra il veicolo volante del pilota (il cosiddetto Pilder) e il robot gigante Mazinger segue chiaramente lo stile introdotto dallo show fantascientifico "Thunderbirds" del lontano 1966, opera la quale introdusse per la prima volta nella storia le famose scene di agganciamento tra veicoli. La presenza delle scene di agganciamento in "Mazinger Z" (si pensi anche a qualla del Jet Scrandler) sarà fondamentale nel rendere più appetibili i robot giocattolo ai bambini, il target primario dell'opera. Ergo "Mazinger Z" è stato un'innovatore anche nelle strategie di marketing, allo stesso modo di "Gundam", "Macross" ed "Evangelion", i quali introdurranno a loro volta nuove modalità di consumo legate indissolubilmente al contesto storico e al loro rispettivo target di riferimento.
E' molto interessante studiare ed analizzare "Mazinger Z" nella sua totalità, giacché la serie è in continua evoluzione e presenta in molte puntate determinati elementi che verranno riutilizzati ed omaggiati nei robotici successivi. La prima particolarità, chiave di volta dell'intera opera, è l'ambivalenza nei confronti della scienza: il nome stesso del robot, Mazinga (Ma-Jin-Ga), significa sia Dio (Jin) che Demonio (Ma); all'Istituto di Ricerca per l'energia Fotoatomica, nel quale sono presenti gli scienziati e gli eroi che difendono la terra, si contrappone l'organizzazione del malvagio Dottor Hell, anch'egli uno scienziato costruttore di robot giganti. L'energia fotoatomica, inoltre, non è altro che un nome fantasioso per indicare l'energia nucleare: "Mazinger Z" nasce nel dopoguerra giapponese, ed è caratterizzato, allo stesso modo delle produzioni fantascientifiche ad esso contemporanee, da un timore reverenziale nei confronti della scienza occidentale misto ad un desiderio viscerale di superarla. A tal proposito, si pensi alla costruzione del robot Mazinger da parte degli scienziati giapponesi, un colosso meccanico tecnologicamente all'avanguardia e in grado di affrontare mostruosità create da una scienza estranea le quali puntualmente attaccano esclusivamente il Giappone, provenendo da una località oscura e remota la quale, inconsciamente, simboleggia l'occidente. L'impero di Mikene nascosto nel sottosuolo è un evidente rimando fantasioso all'Antica Grecia, la culla primigenia in cui ebbe origine la scienza occidentale. Non mancano inoltre riferimenti diretti al secondo conflitto mondiale, come ad esempio una puntata in cui il tirapiedi ermafrodita del Dottor Hell, tale Barone Ashura, trova dentro ad una montagna un potentissimo cannone utilizzato dai giapponesi durante la guerra e lo impiega per cercare di distruggere l'Istituto di Ricerca per l'energia Fotoatomica.
L'addestramento del pilota, il quale deve faticare e sudare sangue per imparare a pilotare il robot; la storia d'amore tragica (si pensi alla splendida puntata in cui compare Minerva X, robot omaggiato moltissimo dai posteri, oppure alla triste e malinconica vicenda nella quale Koji s'innamora di una spia nemica); la presenza di un personaggio che alleggerisce la serie con le sue gag (l'esilarante teppistello Boss ed il suo ridicolo robot costruito con dei rottami); la bambina, simbolo della bellezza e dell'innocenza, immolata in modo crudo e atroce (la triste ed indelebile vicenda di Lorelei); la bambina/ragazza in carrozzella che impara a camminare; la morte tragica di uno degli antagonisti principali con tanto di funerale in grande stile, lacrime dei cattivi e discorso commemorativo grondante sete di vendetta; la compagna femminile del pilota che deve a tutti i costi dimostrare di essere superiore all'uomo, e che quando perde un combattimento somatizza (Sayaka, il prototipo di Asuka e di tutte le "tsundere" del robotico successive); l'antagonista militare sadico, cattivo, calcolatore, che utilizza le sue forze armate per assalire la base dei buoni attraverso innumerevoli scontri all'arma bianca (il luciferino Conte Blocken); gli attacchi strampalati e devestanti dei mostri nemici - attacchi anche psichici, si pensi all'episodio in cui i protagonisti vengono ipnotizzati mediante uno strano gioco di specchi illusori -; la colonna sonora specifica per l'agganciamento; il nome dell'attacco gridato ad alta voce; le torture, i rapimenti e i sotterfugi operati dagli antagonisti (la tragica puntata in cui il fratello del protagonista, piccolo e quantomai bisognoso di una figura materna, viene ingannato dai cattivi mediante una finta mamma robot); la massa ruspante che si ribella ai suoi protettori venendo istigata dai cattivi; la solitudine dei piloti dei robot, ragazzi che si ritrovano ad essere isolati dal resto del mondo ed indissolubilmente legati al loro veicolo (Sayaka che piange in riva al lago dopo la distruzione di Afrodite A)... questi sono alcuni degli innumerevoli elementi introdotti da "Mazinger Z" che verranno successivamente riutilizzati e/o aggiornati nelle opere robotiche successive. L'opera è una vera e propria enciclopedia del robotico anni '70, che verrà ulteriormente aggiornata da "Raideen", il quale introdusse il colpo finale; da "Getter Robot", che introdusse le trasformazioni (in "Mazinger Z" sono presenti soltanto agganciamenti); e da "Combattler V", che inaugurerà il "robotico alla Nagahama" o "robotico di transizione" di fine anni '70, nel quale i personaggi avranno più spazio rispetto agli standard nagaiani.
Suparata la prima metà della serie (tra l'altro mai uscita in Italia), il primo vero robotico della storia diventa molto più cupo e drammatico rispetto alla parte iniziale. Se in precedenza erano presenti molte gag comiche ed una certa tendenza all'autoparodia (si pensi a Mazinger che si aggancia ai missili usciti dal seno di Afrodite A per volare), la seconda parte incomincia a manifestare le atmosfere tragiche e cupe tipiche del celebre sequel della serie, il formidabile "Great Mazinger". In parecchie puntate l'Istituto di Ricerca per l'energia Fotoatomica viene quasi distrutto; i piloti sanguinano, piangono e compiono sforzi sovrumani per difendere la terra; il tutto è estremamente coinvolgente nella sua sincera genuinità. I simpaticissimi litigi tra la collerica ed irascibile Sayaka e Koji, che da teppistello delle strade diventerà un ragazzo dotato di un grande senso del sacrificio e del dovere, saranno comunque esilaranti, nonostante la tensione e la drammaticità dei continui, spesso disperati, attacchi nemici. Il finale della serie, che verrà altresì trasposto cinematograficamente nel celebre film "Mazinga Z contro il Generale Nero", è molto drammatico, e chiude la vicenda introducendo in modo epico il Grande Mazinga, Tetsuya, la Fortezza delle Scienze ed il demoniaco Generale Nero. I nuovi personaggi di "Great Mazinger" nella loro prima comparsa bucano immediatamente lo schermo, e fanno intendere che gli sviluppi della vicenda contenuti nel sequel di "Mazinger Z", il sommo "Great Mazinger", saranno quantomai epici e memorabili.
A livello registico, "Mazinger Z" è molto più vicino al fumetto che alla cinematografia (il termine "anime" è stato coniato dagli otaku: non a caso i cartoni giapponesi all'epoca venivano chiamati "Manga TV"); nell'opera abbondano primi piani intensi, scene ripetute, immagini statiche rese mobili grazie allo spostamento della telecamera. Essendo un prodotto destinato prevalentemente ai bambini, "Mazinger Z" non aveva grandi pretese tecniche e registiche: i registi di serie A come Osamu Dezaki all'epoca lavoravano in opere decisamente più mature, ossia i Meisaku e gli Spokon. Il design dei personaggi e dei mostri è comunque molto fantasioso e creativo, così come i vari combattimenti, i quali sono il fulcro di ciascuna puntata e devono essere risolti con varie strategie, versando lacrime e sangue; il robot, inoltre, viene spesso gravemente danneggiato, contrariamente ai robotici di fine anni '70, nei quali esso era praticamente invincibile e vinceva subito, senza alcun problema, negli ultimi minuti di ciascun episodio.
In conclusione, "Mazinger Z" è una visione irrinunciabile per tutti i veri appassionati del robotico, che sicuramente lo apprezzeranno e lo sapranno contestualizzare nella sua epoca, analizzandolo e comprendendo la sua fondamentale importanza nella definizione di uno dei generi più fecondi ed autorevoli dell'animazione giapponese di tutti i tempi.
Il Giappone è in grande pericolo da quando il malvagio dott. Hell rinviene, nell'isola di Bardos, numerosi, giganteschi automi da guerra appartenuti alla scomparsa civiltà di Mikene, e decide di potenziarli e utilizzarli per conquistare il mondo. Lui e il suo braccio destro, l'inquietante barone Ashura, non immaginano però che un altro illustre scienziato, il professore Kabuto, ha ideato una potente contromisura: il devastante robottone Mazinger Z, realizzato con la straordinaria, indistruttibile Lega Z. Mortalmente ferito dagli uomini di Ashura, con le sue ultime forze Kabuto riesce tuttavia ad affidare la sua invenzione al nipote Koji, che, assistito dal suo collega, prof. Yumi, e dallo staff di quest'ultimo risiedente nell'Istituto per la ricerca dell'energia fotoatomica, diventa il pilota di Mazinger Z e, conseguentemente, l'ultimo baluardo della Terra.
L'occasione di visionare un classico del livello di "Mazinger Z" permette non solo di riscoprire, con meraviglia, i motivi che hanno portato questa lunga serie animata a raggiungere indici di ascolto tra i più alti della storia nella televisione nipponica (uno share medio del 30%), ma anche di constatare, con grande amarezza, come grandissimi meriti e importanza storica di oggettive pietre miliari non necessariamente si coniugano con una qualità tale da resistere allo scorrere del tempo.
A "Mazinger Z", è giusto dirlo chiaramente, l'animazione robotica deve tutto: anche se esistono dei predecessori (il preistorico manga/anime "Tetsujin 28" di Mitsuteru Yokoyama del '56, il fumetto "Giant Robot" sempre dello stesso autore e la serie animata "Astroganga", che debutta giusto due mesi prima, nell'ottobre 1972), è lui, solo lui, a creare dal nulla uno dei generi narrativi più famosi, rappresentativi e influenti del Paese del Sol Levante, ipotizzando gli scontri di un robottone gigante che, rispetto ai precedenti, è dotato di armi portentose, azionabili da un pilota che lo guida dall'interno. L'idea viene in mente, come si sa, all'autore di fumetti Go Nagai, che un giorno, assistendo a un imbottigliamento stradale, immagina quanto sarebbe bello se un guidatore potesse far spuntare delle gambe alla propria vettura per farle scavalcare tutte le altre. Il controverso ideatore di "Scuola senza pudore", "Mao Dante" e del "Devilman" televisivo e cartaceo trova quindi nuova complicità con lo studio Toei Animation, ben interessato all'idea di una serie d'azione avente come protagonista un colosso di metallo pilotabile e dotato di micidiali armi da battaglia che vengono, di volta in volta, scelte, urlate e usate dal protagonista per distruggere i suoi avversari. Questi ultimi non possono che essere altri robottoni, carne da macello puntualmente inviata, episodio dopo episodio, da un essere abietto che intende, sfruttando i loro poteri, conquistare il mondo. L'eroe risiederà stabilmente, quindi, in un'avanzata fortezza scientifica, ultimo baluardo dell'umanità, dove è anche custodito il robottone: suo compito sarà quello di scacciare il nemico ogni volta che tenterà un nuovo attacco. Queste caratteristiche principali, oltre alla concezione nippocentrica che condisce il tutto (conquistare il Giappone è come essersi impossessati del mondo!) e all'idea di infondere nell'automa di metallo protagonista l'epica dei samurai, renderanno la serie uno straordinario successo commerciale: trasmesso ogni domenica alle 19 su Fuji TV, "Mazinger Z" diventa una delle produzioni più seguite in assoluto della televisione in quegli anni, entusiasmando sia bambini (target principale) che adulti, tutti galvanizzati dall'idea di un nuovo, enorme idolo guerriero che in ogni puntata, con, di sottofondo, la scoppiettante sigla iniziale (cantata in inglese nelle versioni internazionali), annienta eroicamente mostri meccanici che intendono distruggere Tokyo.
In quegli anni, purtroppo per le nuove generazioni, lo schema narrativo tipico è ereditato dai telefilm tokusatsu: ogni episodio è uguale all'altro, autoconclusivo e inizia e finisce allo stesso modo seguendo canovacci collaudati, che mostrano Koji e compagni vivere una piccola mini-avventura (un semplice pretesto) e poi affrontare, nel finale, l'immancabile nemico della settimana ("monster of the week") inviato dal dott. Hell, distruggendolo; l'epilogo è dato dall'inquadratura conclusiva che guarda al tramonto, con le risate liberatorie di sottofondo degli eroi dopo una gag finale. La quasi totale assenza di continuity a legare le puntate per l'epoca è la norma: nessun giapponese stava a lamentarsi della cosa, ci era abituato, e questo proprio perché gli anime godevano di pochissima considerazione, rivolti com'erano unicamente ai bambini, nessuno si sognava di renderli o richiederli più avvincenti o articolati. "Mazinger Z" è proprio questo: un'opera estremamente infantile, ripetitiva al massimo, dalla trama basicissima che non evolve pressoché mai, basata interamente su interminabili combattimenti tra robot che occupano il 70% del tempo, che alla sua epoca creava un sense of wonder indimenticabile con i suoi pugni a razzo, i raggi termici e l'idea di pilotare colossi di metallo altissimi (idee che apriranno la strada a un'enormità di seguiti e cloni che imperverseranno per tutti i Settanta, arrivando quasi tutti, tra l'altro, in Italia), ma che oggi, onestamente, è inguardabile, pur con tutti i buoni propositi di contestualizzazione.
In contemporanea con l'anime, Go Nagai disegnava, come nel caso di "DevilMan", anche una controparte cartacea, immancabilmente più tenebrosa, violenta e sensuale. Da quel fumetto (pubblicato in Italia da d/visual e J-Pop), "Mazinger Z" verrà conosciuto dalle masse per la sua tematica di ambiguità bene/male, data dalla possibilità che l'automa possa diventare, a seconda degli usi che se ne fanno, il salvatore dell'umanità o il suo peggior nemico (Mazinger in giapponese si pronuncia "Majinga", "Ma" per demone e "Jin" per divinità). È una dicotomia che verrà esplorata da Nagai sia in quel caso che in successive riletture, sempre a fumetti; peccato questo tema proprio non esista nella serie animata di Toei Animation, che si limita ad appiattire il tutto riducendolo alla stregua di un robottone eroico e buono che combatte all'infinito contro avversari e strategie nemiche. Tolto questo, e tolto pure il minimo approfondimento a qualsiasi personaggio (legati a una nettissima dicotomia Bene/Male, senza sfumature), tutti addirittura privi del minimo background e ingabbiati in atmosfere quasi sempre leggere, scanzonate e supereroistiche, l'anime si risolve in una serie-fiume che ripete a tempo indeterminato le stesse cose, senza nessuna diversificazione (mini-avventura e lunghissimo combattimento, mini-avventura e lunghissimo combattimento, acrobazie di Koji contro gli uomini di Hell, gli scagnozzi di quest'ultimo eternamente sconfitti e rimproverati dal loro padrone, etc), per novantadue episodi stressanti, che simboleggiano, per il pubblico odierno, l'ovvietà che per conoscere nell'interezza l'intera "storia" basta guardare presumibilmente il primo e ultimo episodio. Non basta qualche timida variazione (un power up, un nuovo elemento che entra nel cast di buoni o cattivi, un nuovo robot alleato ad affiancare quello protagonista) ogni venticinque/trenta episodi per salvare la serie da una noia che è pressoché implacabile, fin dall'inizio. Chara e mecha design sono senz'altro iconici, ben rappresentativi della mano di Go Nagai (il luciferino e demoniaco Hell, il sessualmente ambiguo Ashura, il rozzo teppista Boss, i robottoni dal design camaleontico, a volte buffo o stravagante, a volte figo, a volte a metà tra l'uno e l'altro), così come sigla e le musiche di Michiaki Watanabe... Ma c'è ben poco oltre a questo: si può capire all'epoca perché la serie fu un trionfo (mai si era visto un concept simile), ma anche perché oggi, con i mille successori che hanno perfezionato le sue caratteristiche narrative, ormai è terribilmente vetusto, inguardabile, al punto che solo chi vuole farsi una cultura personale potrebbe stare a visionarlo.
Neppure tecnicamente l'opera è in grado di farsi ricordare o recuperare dignità, non reggendo minimamente la competizione con anime contemporanei ben più stellari dal punto di vista di budget, animazioni e fotografia ("Gatchaman" e "Heidi" gli esempi più illustri). Questo anche dal punto di vista del comparto visivo, martoriato da un budget mai davvero importante che, seppur globalmente sufficiente, si esprime in disegni spesso rozzi e mal curati, che talvolta fanno assumere ai giovani personaggi (Koji Kabuto in particolare) delle fattezze involontariamente grottesche (talvolta sembrano vecchi, talvolta sotto effetto di stupefacenti). A tale proposito, "Mazinger Z" sfigura nettamente addirittura a confronto con il "Devilman" televisivo trasmesso quasi in contemporanea (l'Uomo Diavolo appare in TV cinque mesi prima) e sempre a opera di Nagai, che seppur più breve e di minor successo almeno era disegnato e curato con tutti i crismi.
Questo, in sintesi, è "Mazinger Z", il capostipite di tutti i giganti d'acciaio: visione irrinunciabile nel 1972 e titolo fondamentale nella codificazione del genere, ma superato già nel suo decennio da molti dei suoi "figli". Molto, molto meglio recuperare, a questo punto, i due manga serializzati in contemporanea in quegli anni: quello, già accennato, di Go Nagai, o specialmente l'adattamento del suo collaboratore Gosaku Ota (sempre disponibile in Italia per d/visual e J-Pop), considerato dallo stesso Nagai la versione "definitiva" della storia. Pur al prezzo di ignobili disegni infantilissimi e del seguire inizialmente le atmosfere animate, l'opera di Ota ha quantomeno il merito di discostarsene successivamente, approfondendo notevolmente i personaggi e rendendo più matura e meno ripetitiva la trama.
Nota: in Italia "Mazinger Z" viene trasmesso sulle reti Rai dopo il successo di "Ufo Robot Grendizer", il suo secondo seguito (ma trasmesso per primo). Visti i disegni, i colori e le animazioni superati rispetto al successore, è probabilmente per questo che è stato doppiato per poco più di metà, giusto 52 episodi su 92, prima di venire interrotto per (probabile) flop di trasmissione. L'adattamento è tutt'altro che ben fatto, distinguendosi per i numerosissimi tagli interni per ridurre la durata delle puntate, il cambio del nome dell'eroe da Koji Kabuto a Ryo Kabuto, e dialoghi infedeli che spesso non ci azzeccano proprio nulla con quanto si vede su schermo. L'unico modo di "godersi" "Mazinger Z" consiste nell'attendere l'annunciata edizione in DVD a cura di Yamato Video, che sottotitolerà tutto in modo fedele, comprese le quasi quaranta puntate mai doppiate (che il recensore, con onestà, ha guardato in lingua originale).
L'occasione di visionare un classico del livello di "Mazinger Z" permette non solo di riscoprire, con meraviglia, i motivi che hanno portato questa lunga serie animata a raggiungere indici di ascolto tra i più alti della storia nella televisione nipponica (uno share medio del 30%), ma anche di constatare, con grande amarezza, come grandissimi meriti e importanza storica di oggettive pietre miliari non necessariamente si coniugano con una qualità tale da resistere allo scorrere del tempo.
A "Mazinger Z", è giusto dirlo chiaramente, l'animazione robotica deve tutto: anche se esistono dei predecessori (il preistorico manga/anime "Tetsujin 28" di Mitsuteru Yokoyama del '56, il fumetto "Giant Robot" sempre dello stesso autore e la serie animata "Astroganga", che debutta giusto due mesi prima, nell'ottobre 1972), è lui, solo lui, a creare dal nulla uno dei generi narrativi più famosi, rappresentativi e influenti del Paese del Sol Levante, ipotizzando gli scontri di un robottone gigante che, rispetto ai precedenti, è dotato di armi portentose, azionabili da un pilota che lo guida dall'interno. L'idea viene in mente, come si sa, all'autore di fumetti Go Nagai, che un giorno, assistendo a un imbottigliamento stradale, immagina quanto sarebbe bello se un guidatore potesse far spuntare delle gambe alla propria vettura per farle scavalcare tutte le altre. Il controverso ideatore di "Scuola senza pudore", "Mao Dante" e del "Devilman" televisivo e cartaceo trova quindi nuova complicità con lo studio Toei Animation, ben interessato all'idea di una serie d'azione avente come protagonista un colosso di metallo pilotabile e dotato di micidiali armi da battaglia che vengono, di volta in volta, scelte, urlate e usate dal protagonista per distruggere i suoi avversari. Questi ultimi non possono che essere altri robottoni, carne da macello puntualmente inviata, episodio dopo episodio, da un essere abietto che intende, sfruttando i loro poteri, conquistare il mondo. L'eroe risiederà stabilmente, quindi, in un'avanzata fortezza scientifica, ultimo baluardo dell'umanità, dove è anche custodito il robottone: suo compito sarà quello di scacciare il nemico ogni volta che tenterà un nuovo attacco. Queste caratteristiche principali, oltre alla concezione nippocentrica che condisce il tutto (conquistare il Giappone è come essersi impossessati del mondo!) e all'idea di infondere nell'automa di metallo protagonista l'epica dei samurai, renderanno la serie uno straordinario successo commerciale: trasmesso ogni domenica alle 19 su Fuji TV, "Mazinger Z" diventa una delle produzioni più seguite in assoluto della televisione in quegli anni, entusiasmando sia bambini (target principale) che adulti, tutti galvanizzati dall'idea di un nuovo, enorme idolo guerriero che in ogni puntata, con, di sottofondo, la scoppiettante sigla iniziale (cantata in inglese nelle versioni internazionali), annienta eroicamente mostri meccanici che intendono distruggere Tokyo.
In quegli anni, purtroppo per le nuove generazioni, lo schema narrativo tipico è ereditato dai telefilm tokusatsu: ogni episodio è uguale all'altro, autoconclusivo e inizia e finisce allo stesso modo seguendo canovacci collaudati, che mostrano Koji e compagni vivere una piccola mini-avventura (un semplice pretesto) e poi affrontare, nel finale, l'immancabile nemico della settimana ("monster of the week") inviato dal dott. Hell, distruggendolo; l'epilogo è dato dall'inquadratura conclusiva che guarda al tramonto, con le risate liberatorie di sottofondo degli eroi dopo una gag finale. La quasi totale assenza di continuity a legare le puntate per l'epoca è la norma: nessun giapponese stava a lamentarsi della cosa, ci era abituato, e questo proprio perché gli anime godevano di pochissima considerazione, rivolti com'erano unicamente ai bambini, nessuno si sognava di renderli o richiederli più avvincenti o articolati. "Mazinger Z" è proprio questo: un'opera estremamente infantile, ripetitiva al massimo, dalla trama basicissima che non evolve pressoché mai, basata interamente su interminabili combattimenti tra robot che occupano il 70% del tempo, che alla sua epoca creava un sense of wonder indimenticabile con i suoi pugni a razzo, i raggi termici e l'idea di pilotare colossi di metallo altissimi (idee che apriranno la strada a un'enormità di seguiti e cloni che imperverseranno per tutti i Settanta, arrivando quasi tutti, tra l'altro, in Italia), ma che oggi, onestamente, è inguardabile, pur con tutti i buoni propositi di contestualizzazione.
In contemporanea con l'anime, Go Nagai disegnava, come nel caso di "DevilMan", anche una controparte cartacea, immancabilmente più tenebrosa, violenta e sensuale. Da quel fumetto (pubblicato in Italia da d/visual e J-Pop), "Mazinger Z" verrà conosciuto dalle masse per la sua tematica di ambiguità bene/male, data dalla possibilità che l'automa possa diventare, a seconda degli usi che se ne fanno, il salvatore dell'umanità o il suo peggior nemico (Mazinger in giapponese si pronuncia "Majinga", "Ma" per demone e "Jin" per divinità). È una dicotomia che verrà esplorata da Nagai sia in quel caso che in successive riletture, sempre a fumetti; peccato questo tema proprio non esista nella serie animata di Toei Animation, che si limita ad appiattire il tutto riducendolo alla stregua di un robottone eroico e buono che combatte all'infinito contro avversari e strategie nemiche. Tolto questo, e tolto pure il minimo approfondimento a qualsiasi personaggio (legati a una nettissima dicotomia Bene/Male, senza sfumature), tutti addirittura privi del minimo background e ingabbiati in atmosfere quasi sempre leggere, scanzonate e supereroistiche, l'anime si risolve in una serie-fiume che ripete a tempo indeterminato le stesse cose, senza nessuna diversificazione (mini-avventura e lunghissimo combattimento, mini-avventura e lunghissimo combattimento, acrobazie di Koji contro gli uomini di Hell, gli scagnozzi di quest'ultimo eternamente sconfitti e rimproverati dal loro padrone, etc), per novantadue episodi stressanti, che simboleggiano, per il pubblico odierno, l'ovvietà che per conoscere nell'interezza l'intera "storia" basta guardare presumibilmente il primo e ultimo episodio. Non basta qualche timida variazione (un power up, un nuovo elemento che entra nel cast di buoni o cattivi, un nuovo robot alleato ad affiancare quello protagonista) ogni venticinque/trenta episodi per salvare la serie da una noia che è pressoché implacabile, fin dall'inizio. Chara e mecha design sono senz'altro iconici, ben rappresentativi della mano di Go Nagai (il luciferino e demoniaco Hell, il sessualmente ambiguo Ashura, il rozzo teppista Boss, i robottoni dal design camaleontico, a volte buffo o stravagante, a volte figo, a volte a metà tra l'uno e l'altro), così come sigla e le musiche di Michiaki Watanabe... Ma c'è ben poco oltre a questo: si può capire all'epoca perché la serie fu un trionfo (mai si era visto un concept simile), ma anche perché oggi, con i mille successori che hanno perfezionato le sue caratteristiche narrative, ormai è terribilmente vetusto, inguardabile, al punto che solo chi vuole farsi una cultura personale potrebbe stare a visionarlo.
Neppure tecnicamente l'opera è in grado di farsi ricordare o recuperare dignità, non reggendo minimamente la competizione con anime contemporanei ben più stellari dal punto di vista di budget, animazioni e fotografia ("Gatchaman" e "Heidi" gli esempi più illustri). Questo anche dal punto di vista del comparto visivo, martoriato da un budget mai davvero importante che, seppur globalmente sufficiente, si esprime in disegni spesso rozzi e mal curati, che talvolta fanno assumere ai giovani personaggi (Koji Kabuto in particolare) delle fattezze involontariamente grottesche (talvolta sembrano vecchi, talvolta sotto effetto di stupefacenti). A tale proposito, "Mazinger Z" sfigura nettamente addirittura a confronto con il "Devilman" televisivo trasmesso quasi in contemporanea (l'Uomo Diavolo appare in TV cinque mesi prima) e sempre a opera di Nagai, che seppur più breve e di minor successo almeno era disegnato e curato con tutti i crismi.
Questo, in sintesi, è "Mazinger Z", il capostipite di tutti i giganti d'acciaio: visione irrinunciabile nel 1972 e titolo fondamentale nella codificazione del genere, ma superato già nel suo decennio da molti dei suoi "figli". Molto, molto meglio recuperare, a questo punto, i due manga serializzati in contemporanea in quegli anni: quello, già accennato, di Go Nagai, o specialmente l'adattamento del suo collaboratore Gosaku Ota (sempre disponibile in Italia per d/visual e J-Pop), considerato dallo stesso Nagai la versione "definitiva" della storia. Pur al prezzo di ignobili disegni infantilissimi e del seguire inizialmente le atmosfere animate, l'opera di Ota ha quantomeno il merito di discostarsene successivamente, approfondendo notevolmente i personaggi e rendendo più matura e meno ripetitiva la trama.
Nota: in Italia "Mazinger Z" viene trasmesso sulle reti Rai dopo il successo di "Ufo Robot Grendizer", il suo secondo seguito (ma trasmesso per primo). Visti i disegni, i colori e le animazioni superati rispetto al successore, è probabilmente per questo che è stato doppiato per poco più di metà, giusto 52 episodi su 92, prima di venire interrotto per (probabile) flop di trasmissione. L'adattamento è tutt'altro che ben fatto, distinguendosi per i numerosissimi tagli interni per ridurre la durata delle puntate, il cambio del nome dell'eroe da Koji Kabuto a Ryo Kabuto, e dialoghi infedeli che spesso non ci azzeccano proprio nulla con quanto si vede su schermo. L'unico modo di "godersi" "Mazinger Z" consiste nell'attendere l'annunciata edizione in DVD a cura di Yamato Video, che sottotitolerà tutto in modo fedele, comprese le quasi quaranta puntate mai doppiate (che il recensore, con onestà, ha guardato in lingua originale).
La pecca più grande di questo anime è la traduzione: nella prima metà della serie ci sono per ogni puntata un paio di minuti tagliati, che nelle versioni integrali sono sottotitolate, mentre per la seconda parte il doppiaggio in italiano è del tutto assente e bisogna accontentarsi di guardarlo in lingua originale con i sottotitoli. A questo si aggiunge il fatto che nel doppiaggio il nome di Koji (il protagonista) è sostituito in italiano con il nome Ryo. Sembra una piccola cosa, però considerando che lo stesso personaggio è presente nel Grande Mazinga (col nome di Koji) e in Goldrake (col nome di Alcor), non si comprende subito che le tre serie fanno parte di una trilogia.
Il tratto grafico risente dell'età, anche se migliora man mano che la serie avanza.
La storia è semplice: c'è il cattivo (il Doctor Hell o Dottor Inferno, nella versione italiana) che vuole conquistare la Terra e c'è il buono (Mazinga Z) che la difende, ma in tutta questa semplicità si sviluppa una trama che porta a delle evoluzioni dei personaggi che non fanno mai cadere la storia nella banalità o ripetività: ci sono personaggi che scompaiono, altri che subentrano, la tecnologia avanza dando la possibilità di creare situazioni nuove e, ciliegina sulla torta, c'è un finale del tutto inatteso.
Il tratto grafico risente dell'età, anche se migliora man mano che la serie avanza.
La storia è semplice: c'è il cattivo (il Doctor Hell o Dottor Inferno, nella versione italiana) che vuole conquistare la Terra e c'è il buono (Mazinga Z) che la difende, ma in tutta questa semplicità si sviluppa una trama che porta a delle evoluzioni dei personaggi che non fanno mai cadere la storia nella banalità o ripetività: ci sono personaggi che scompaiono, altri che subentrano, la tecnologia avanza dando la possibilità di creare situazioni nuove e, ciliegina sulla torta, c'è un finale del tutto inatteso.
Un anime va giudicato in base al genere di appartenenza e in base all'anno di produzione, confrontandolo con gli anime che lo hanno preceduto e con gli anime che lo hanno accompagnato. Ma come si giudica il capostipite di un genere? Come si giudica "Mazinga Z", quando prima di lui non esisteva nessun anime robotico? Certo, sono esistiti anime con robot giganti come "Tetsujin 28" o "Astroganga", ma questi non soddisfano il canone robotico secondo i dettami del genere, che sono stati quasi completamente fissati proprio da "Mazinga Z", un anime che ha influenzato la storia dell'animazione giapponese per almeno un decennio, riempiendo i palinsesti televisivi di robot giganti suoi epigoni e ponendosi come padre di un genere che è vivo ancora adesso, anche se molto cambiato ed evoluto rispetto ai primordi.
Per risalire agli antecedenti di "Mazinga Z" è necessario guardare al di fuori del genere animazione: bisogna risalire al tokusatsu televisivo ("Ultraman", "Spectreman" e compagnia) e prima di loro al kaiju movie ("Godzilla" e "Gamera" in primis). Il genere tokusatsu, caratterizzato da mostri giganti e combattimenti spettacolari, era stato portato in animazione solo pochi mesi primi con "Devilman", sempre dalla Toei, e "Mazinga Z" cavalcava l'onda di quel successo, portando però con sé una carica di idee innovative tali da superare di gran lunga il successo dei suoi predecessori. Non solo, "Mazinga Z" arrivò addirittura a influenzare il cinema: il successo degli anime robotici porterà in pochissimo tempo alla creazione di film cinematografici come "Godzilla contro Mechagodzilla" (1975), in cui il debito agli anime è evidente. Negli stessi anni i robot giganti pilotati cominciano ad apparire anche nei tokusatsu televisivi, diventando quasi obbligatori anche in quel format e rimanendo presenti per decenni, fino ai Power Rangers e oltre.
Non potendo confrontare "Mazinga Z" con i suoi predecessori, non resta che confrontarlo con i suoi successori o meglio discendenti: il Grande Mazinga, Getter Robot, Jeeg Robot, Goldrake, tutti nati dalla stessa mente creativa, quella di Go Nagai, vero e proprio imperatore del robotico della prima metà degli anni Settanta. Il confronto è scorretto e antistorico, ma inevitabile, specialmente per noi italiani, visto che nel nostro paese "Mazinga Z" è andato in onda dopo Goldrake, Mazinga, Jeeg Robot e altri robot posteriori. A causa di questa circostanza da noi "Mazinga Z" è stato terribilmente sottovalutato, a tal punto che quando si dice Mazinga la grande maggioranza degli italiani pensa al "Grande Mazinga", non a "Mazinga Z". Rispetto ai suoi discendenti diretti "Mazinga Z" era molto inferiore come chara design, colori, animazioni e sceneggiatura, specialmente nella sua prima parte, l'unica che sia stata trasmessa da noi, motivi per cui venne snobbato dai bambini dell'epoca. Ero anch'io uno di quei bambini: anch'io vedevo "Mazinga Z" come una brutta copia del Grande Mazinga, tanto che è rimasto nel mio ricordo come uno dei peggiori robotici.
I pregiudizi sono duri a morire e mi ci è voluto molto tempo per rivalutare "Mazinga Z". Ho recuperato l'anime integralmente, comprese anche le puntate mai trasmesse in Italia, un paio d'anni fa; tuttavia, l'ho lasciato in lista d'attesa, pensando che non avrei mai avuto la forza di vedermi 92 puntate di un anime che sopportavo a fatica anche da bambino. Circa sei mesi fa, motivato dalla visione di "Shin Mazinger" che non mi aveva per nulla soddisfatto, decisi di vedermi le ultime puntate dell'originale, giusto per vedere la differenza rispetto al remake. Vedere il finale, che si è rivelato essere quello che già conoscevo dal film "Mazinga Z contro il Generale Nero", si è rivelato un duro colpo ai pregiudizi. Mi sono reso conto che il Mazinga Z del finale non aveva nulla a che fare con il Mazinga Z dell'inizio, quello che ricordavo: non c'era il barone Ashura, ma c'era invece il Duca Gorgon, c'erano Boss Robot e Diana A, le atmosfere erano assai più drammatiche, sembrava quasi di vedere il Grande Mazinga. Decisi così di tornare indietro per vedere almeno le ultime 12 puntate, non solo le ultime 3: ho assistito quindi all'apparizione del visconte Pigman (che ho scoperto non essere un'invenzione di Shin Mazinger) e agli intrighi del Duca Gorgon: a questo punto sono rimasto agganciato, volevo vedere la prima apparizione di Gorgon, di Diana A, di Boss Robot, volevo capire come fosse avvenuta la trasformazione da Mazinga Z al Grande Mazinga. Così ho cominciato a vedere integralmente la serie a partire dalla trentaduesima puntata, da prima dell'introduzione del Jet Scrandler.
E così, con mia sorpresa, ho potuto constatare il vero valore di questa serie, che si può capire soltanto sulla lunga distanza, seguendo lo scorrere della storia nell'arco di decine e decine di puntate, in ordine cronologico. Facendo così ci si rende conto che è una serie in continuo crescendo, che migliora progressivamente, che invece di stancare e risultare ripetitiva, come succede in altri robotici, diventa invece sempre più appassionante. Sono riuscito a vedere quello che non ero riuscito a vedere da bambino, accecato da Goldrake e dal Grande Mazinga, riconoscendo la qualità di questa serie rispetto a quella di molti robotici non nagaiani anche di molto posteriori (penso a Raideen, Combattler, Vultus, Daimos, Zambot...). Non è un caso che il robotico nagaiano abbia avuto il successo che ha avuto, e non è solo perché è stato il primo robotico: è semplicemente perché è quello dotato di maggiore fascino. Fascino che non è nato dal nulla, ma che è andato costruendosi man mano nel corso delle 92 puntate di "Mazinga Z", per poi arrivare ai massimi livelli nelle 56 puntate del "Grande Mazinga", continuando a evolvere nelle 74 puntate di "Goldrake". È interessantissimo guardare "Mazinga Z" con il senno di poi, vedendo nel corso delle puntate apparire tematiche, storie, personaggi e caratteristiche che diventeranno poi il fulcro delle serie del Grande Mazinga e Goldrake. Seguire le 92 puntate di "Mazinga Z" è un viaggio alle origini del mito, una riscoperta che consiglio a tutti i fan del robotico, vecchi e giovani. Potreste rimanere sorpresi in positivo, come è successo a me, che pure pensavo di sapere tutto quello che c'era da sapere su "Mazinga Z".
Arrivato a questo punto avevo deciso di assegnare 9 alla serie. Ma prima volevo rivedere anche le 30 puntate iniziali che avevo saltato. Adesso finalmente le ho viste e sono pesantissime, esattamente come ricordavo da bambino, non le raccomanderei se non ai fan più accaniti. La serie si divide nettamente in quattro tranches: le prime 33 puntate, fino all'arrivo del Jet Scrandler (episodi 1-33) sono molto fastidiose, tranne qualche puntata indovinata, e le valuterei mediamente con un 6 molto scarso; le 24 puntate fino all'arrivo del Boss Robot (episodi 34-47) sono discrete e le valuterei con un voto 7, anche per merito della colonna sonora; le 20 puntate fino all'arrivo del Duca Gorgon (episodi 48-67) e le valuterei con un 7,5/8, in crescendo; le 24 puntate fino alla sconfitta del Dottor Inferno (episodi 68-91) sono ottime, con voto tra l'8 e il 9. L'ultima puntata di "Mazinga Z", che è il realtà la prima puntata del "Grande Mazinga", è assolutamente eccezionale nel suo genere, e il mio voto è 10. Da qui la storia continuerà con altri protagonisti, rimanendo ad altissimi livelli per altre 31 puntate fino alla morte del Generale Nero, calando un po' subito dopo e riprendendosi nel gran finale, in cui Mazinga Z e Diana A torneranno a dar man forte al Grande Mazinga e a Venus Alpha contro il redivivo Dottor Inferno, concludendo definitivamente la saga.
Koji Kabuto (e anche Boss in una famosa puntata) tornerà in "Goldrake" e dare una mano a Duke Fleed, ma senza Mazinga e in ruolo del tutto secondario, cosa che irritò moltissimo i fan giapponesi, tanto che a tutt'oggi Grendizer è uno dei robot nagaiani meno amati in patria e non gli è mai stato dedicato nessun remake. I remake/rebuild di Mazinga Z invece si sprecano, sia a livello di manga sia di anime. Citerò soltanto gli anime più famosi, "Mazinkaiser" e "Shin Mazinger", ma aggiungerò che nessuno di questi è al livello dell'originale, che rimane una visione imprescindibile per qualunque appassionato del genere robotico.
Per risalire agli antecedenti di "Mazinga Z" è necessario guardare al di fuori del genere animazione: bisogna risalire al tokusatsu televisivo ("Ultraman", "Spectreman" e compagnia) e prima di loro al kaiju movie ("Godzilla" e "Gamera" in primis). Il genere tokusatsu, caratterizzato da mostri giganti e combattimenti spettacolari, era stato portato in animazione solo pochi mesi primi con "Devilman", sempre dalla Toei, e "Mazinga Z" cavalcava l'onda di quel successo, portando però con sé una carica di idee innovative tali da superare di gran lunga il successo dei suoi predecessori. Non solo, "Mazinga Z" arrivò addirittura a influenzare il cinema: il successo degli anime robotici porterà in pochissimo tempo alla creazione di film cinematografici come "Godzilla contro Mechagodzilla" (1975), in cui il debito agli anime è evidente. Negli stessi anni i robot giganti pilotati cominciano ad apparire anche nei tokusatsu televisivi, diventando quasi obbligatori anche in quel format e rimanendo presenti per decenni, fino ai Power Rangers e oltre.
Non potendo confrontare "Mazinga Z" con i suoi predecessori, non resta che confrontarlo con i suoi successori o meglio discendenti: il Grande Mazinga, Getter Robot, Jeeg Robot, Goldrake, tutti nati dalla stessa mente creativa, quella di Go Nagai, vero e proprio imperatore del robotico della prima metà degli anni Settanta. Il confronto è scorretto e antistorico, ma inevitabile, specialmente per noi italiani, visto che nel nostro paese "Mazinga Z" è andato in onda dopo Goldrake, Mazinga, Jeeg Robot e altri robot posteriori. A causa di questa circostanza da noi "Mazinga Z" è stato terribilmente sottovalutato, a tal punto che quando si dice Mazinga la grande maggioranza degli italiani pensa al "Grande Mazinga", non a "Mazinga Z". Rispetto ai suoi discendenti diretti "Mazinga Z" era molto inferiore come chara design, colori, animazioni e sceneggiatura, specialmente nella sua prima parte, l'unica che sia stata trasmessa da noi, motivi per cui venne snobbato dai bambini dell'epoca. Ero anch'io uno di quei bambini: anch'io vedevo "Mazinga Z" come una brutta copia del Grande Mazinga, tanto che è rimasto nel mio ricordo come uno dei peggiori robotici.
I pregiudizi sono duri a morire e mi ci è voluto molto tempo per rivalutare "Mazinga Z". Ho recuperato l'anime integralmente, comprese anche le puntate mai trasmesse in Italia, un paio d'anni fa; tuttavia, l'ho lasciato in lista d'attesa, pensando che non avrei mai avuto la forza di vedermi 92 puntate di un anime che sopportavo a fatica anche da bambino. Circa sei mesi fa, motivato dalla visione di "Shin Mazinger" che non mi aveva per nulla soddisfatto, decisi di vedermi le ultime puntate dell'originale, giusto per vedere la differenza rispetto al remake. Vedere il finale, che si è rivelato essere quello che già conoscevo dal film "Mazinga Z contro il Generale Nero", si è rivelato un duro colpo ai pregiudizi. Mi sono reso conto che il Mazinga Z del finale non aveva nulla a che fare con il Mazinga Z dell'inizio, quello che ricordavo: non c'era il barone Ashura, ma c'era invece il Duca Gorgon, c'erano Boss Robot e Diana A, le atmosfere erano assai più drammatiche, sembrava quasi di vedere il Grande Mazinga. Decisi così di tornare indietro per vedere almeno le ultime 12 puntate, non solo le ultime 3: ho assistito quindi all'apparizione del visconte Pigman (che ho scoperto non essere un'invenzione di Shin Mazinger) e agli intrighi del Duca Gorgon: a questo punto sono rimasto agganciato, volevo vedere la prima apparizione di Gorgon, di Diana A, di Boss Robot, volevo capire come fosse avvenuta la trasformazione da Mazinga Z al Grande Mazinga. Così ho cominciato a vedere integralmente la serie a partire dalla trentaduesima puntata, da prima dell'introduzione del Jet Scrandler.
E così, con mia sorpresa, ho potuto constatare il vero valore di questa serie, che si può capire soltanto sulla lunga distanza, seguendo lo scorrere della storia nell'arco di decine e decine di puntate, in ordine cronologico. Facendo così ci si rende conto che è una serie in continuo crescendo, che migliora progressivamente, che invece di stancare e risultare ripetitiva, come succede in altri robotici, diventa invece sempre più appassionante. Sono riuscito a vedere quello che non ero riuscito a vedere da bambino, accecato da Goldrake e dal Grande Mazinga, riconoscendo la qualità di questa serie rispetto a quella di molti robotici non nagaiani anche di molto posteriori (penso a Raideen, Combattler, Vultus, Daimos, Zambot...). Non è un caso che il robotico nagaiano abbia avuto il successo che ha avuto, e non è solo perché è stato il primo robotico: è semplicemente perché è quello dotato di maggiore fascino. Fascino che non è nato dal nulla, ma che è andato costruendosi man mano nel corso delle 92 puntate di "Mazinga Z", per poi arrivare ai massimi livelli nelle 56 puntate del "Grande Mazinga", continuando a evolvere nelle 74 puntate di "Goldrake". È interessantissimo guardare "Mazinga Z" con il senno di poi, vedendo nel corso delle puntate apparire tematiche, storie, personaggi e caratteristiche che diventeranno poi il fulcro delle serie del Grande Mazinga e Goldrake. Seguire le 92 puntate di "Mazinga Z" è un viaggio alle origini del mito, una riscoperta che consiglio a tutti i fan del robotico, vecchi e giovani. Potreste rimanere sorpresi in positivo, come è successo a me, che pure pensavo di sapere tutto quello che c'era da sapere su "Mazinga Z".
Arrivato a questo punto avevo deciso di assegnare 9 alla serie. Ma prima volevo rivedere anche le 30 puntate iniziali che avevo saltato. Adesso finalmente le ho viste e sono pesantissime, esattamente come ricordavo da bambino, non le raccomanderei se non ai fan più accaniti. La serie si divide nettamente in quattro tranches: le prime 33 puntate, fino all'arrivo del Jet Scrandler (episodi 1-33) sono molto fastidiose, tranne qualche puntata indovinata, e le valuterei mediamente con un 6 molto scarso; le 24 puntate fino all'arrivo del Boss Robot (episodi 34-47) sono discrete e le valuterei con un voto 7, anche per merito della colonna sonora; le 20 puntate fino all'arrivo del Duca Gorgon (episodi 48-67) e le valuterei con un 7,5/8, in crescendo; le 24 puntate fino alla sconfitta del Dottor Inferno (episodi 68-91) sono ottime, con voto tra l'8 e il 9. L'ultima puntata di "Mazinga Z", che è il realtà la prima puntata del "Grande Mazinga", è assolutamente eccezionale nel suo genere, e il mio voto è 10. Da qui la storia continuerà con altri protagonisti, rimanendo ad altissimi livelli per altre 31 puntate fino alla morte del Generale Nero, calando un po' subito dopo e riprendendosi nel gran finale, in cui Mazinga Z e Diana A torneranno a dar man forte al Grande Mazinga e a Venus Alpha contro il redivivo Dottor Inferno, concludendo definitivamente la saga.
Koji Kabuto (e anche Boss in una famosa puntata) tornerà in "Goldrake" e dare una mano a Duke Fleed, ma senza Mazinga e in ruolo del tutto secondario, cosa che irritò moltissimo i fan giapponesi, tanto che a tutt'oggi Grendizer è uno dei robot nagaiani meno amati in patria e non gli è mai stato dedicato nessun remake. I remake/rebuild di Mazinga Z invece si sprecano, sia a livello di manga sia di anime. Citerò soltanto gli anime più famosi, "Mazinkaiser" e "Shin Mazinger", ma aggiungerò che nessuno di questi è al livello dell'originale, che rimane una visione imprescindibile per qualunque appassionato del genere robotico.
Al fine di scrivere questa recensione ho rivisto l'intera lunghissima serie di Mazinga Z; i miei ricordi risalgono a quando ero bambino e vedevo questa serie sulla Rai. Sono passati tantissimi anni da allora eppure Mazinga Z mi è sempre rimasto nel cuore. Ho fatto molta fatica a vedere i primi dieci episodi in quanto hanno una pessima animazione, si vede chiaramente che sono state fatte in economia. Poi la qualità migliora nettamente proseguendo con le puntate.
Mazinga Z non è la prima serie robotica nel panorama dell'animazione giapponese perché questo titolo spetta a Super Robot 28 (Tetsujin 28 Go). La sua importanza è legata al fatto di essere la prima serie adattata dal mangaka Go Nagai e che va a costituire il primo tassello della mitica trilogia Mazinga Z, Il Grande Mazinga, Goldrake. Qualsiasi amante dell'animazione deve avere visto queste serie che sono alla base di qualsiasi altra venuta in seguito. In sostanza non esisterebbero Gundam 0079, Macross, Zambot 3, Patlabor, Daltanius, Daitarn 3... giusto per nominare le opere che devono molto a Go Nagai. Qui parliamo di Mazinga Z che ha dato inizio al genere robotico in stile nagaiano che è durato fino alla fine degli anni settanta.
La storia è abbastanza semplice e lineare: lo scienziato pazzo di turno, impersonificato dal Dottor Inferno, decide di conquistare il mondo grazie all'utilizzo di robot meccanici, aiutato nella sua impresa dai suoi luogotenenti Barone Ashura e Conto Blocken; in seguito anche dal Duca Gorgon e dal marchese Pigman. A ostacolare i suoi piani c'è fondamentalmente solo Mazinga Z, robot guidato da Koji Kabuto e ideato da suo nonno prima di morire all'inizio della serie. Anche il nostro eroe viene aiutato dal robot di Afrodite A pilotato dalla bella Sayaka Yumi e dal coraggioso Boss Robot dell'omonimo Boss.
In sostanza è la vecchia contrapposizione fra le forze del bene e quelle del male, fra la voglio di dominio e sopraffazione da un lato e quella di pace e giustizia dall'altro.
Come vedete è tutto abbastanza semplice e lineare.
La serie è abbastanza ripetitiva e gli episodi sono quasi tutti indipendenti fra di loro anche se c'è un filo conduttore per tutta la serie. Ogni puntata ha una durata di venti minuti sigle escluse e ha il pregio di sembrare di durare di più in quanto ha sempre al suo interno una fase di prologo dove si costruiscono le premesse e poi un'altra fase di scontro decisivo. Benché molti episodi siano sempliciotti a me è piaciuta la loro sceneggiatura. C'è l'idea del progresso scientifico che vede Mazinga Z prima imparare a nuotare, poi a volare, persino a sciare e vede il potenziamento o l'aggiunta delle armi a suo disposizione. Questo perché cambiano gli scenari di scontro e anche le forze del male mandano robot sempre di evoluti, sempre più potenti e originali frutto della mente diabolica del Doctor Hell. Questo scontro tecnologico è il filo conduttore della serie.
In Italia la serie è arrivata incompleta fino all'episodio 56, i rimanenti possono essere visti solo fansubbati almeno fino a quando un editore italiano si deciderà a doppiarli e pubblicarli. Tra l'altro non sono stati doppiati tutti i primi 56 episodi, ne manca qualcuno all'appello e moltissimo sono tagliati per esigenze televisive o di censure dell'epoca. Il doppiaggio di quelli esistenti è ottimo, specialmente per il ruolo del Doctor Hell, che rende proprio l'idea di un essere crudele e spietato. Anche il Barone Ashura, che è metà maschile e metà femminile, è doppiato splendidamente, rendendo anche lo spirito di adorazione e sudditanza verso il suo capo. Meritano la lode anche i doppiatori di Boss, e di Koji Kabuto.
Le musiche che accompagno la serie sono fatte da Michiaki Watanabe e si adattano bene ai vari episodi e alle varie situazioni. Consiglio a riguardo queste due compilation che potete facilmente reperire nei negozi: Bokura no Mazinger Z, codice di catalogo COCX-33165, e Tv Original BGM Collection: Mazinger Z, codice di catalogo COCC-72021. Il primo contiene le tracce cantate e il secondo le bgm.
Le sigle italiane sono belle e indimenticabili, chi le ha sentite da bambino non può certo averle dimenticate.
Piccole note di curiosità:
- il nome Mazinga Z deriva da Majin che significa Dio/demone
- Koji Kabuto in italiano è stato tradotto Ryo Kabuto.
- Non credo esista altra serie dove vengono affondate così tante navi per testare i nuovi robot meccanici.
- La serie ha avuto uno straordinario successo in Giappone, il che giustifica il numero elevato di episodi
- È stata ideata per essere una serie per bambini.
- la versione internazionale di Mazinga Z ha le sigle cantate in inglese
- il manga di Mazinga Z viene dopo la relativa serie animata
- l'unico tratto di umanità del Doctor Hell si vede alla morte del Barone Ashura
- In Giappone la serie andava in onda alle 19,00 di domenica
Come detto non esiste nessuna edizione italiana di questa serie né in VHS né in DVD.
Mazinga Z non è la prima serie robotica nel panorama dell'animazione giapponese perché questo titolo spetta a Super Robot 28 (Tetsujin 28 Go). La sua importanza è legata al fatto di essere la prima serie adattata dal mangaka Go Nagai e che va a costituire il primo tassello della mitica trilogia Mazinga Z, Il Grande Mazinga, Goldrake. Qualsiasi amante dell'animazione deve avere visto queste serie che sono alla base di qualsiasi altra venuta in seguito. In sostanza non esisterebbero Gundam 0079, Macross, Zambot 3, Patlabor, Daltanius, Daitarn 3... giusto per nominare le opere che devono molto a Go Nagai. Qui parliamo di Mazinga Z che ha dato inizio al genere robotico in stile nagaiano che è durato fino alla fine degli anni settanta.
La storia è abbastanza semplice e lineare: lo scienziato pazzo di turno, impersonificato dal Dottor Inferno, decide di conquistare il mondo grazie all'utilizzo di robot meccanici, aiutato nella sua impresa dai suoi luogotenenti Barone Ashura e Conto Blocken; in seguito anche dal Duca Gorgon e dal marchese Pigman. A ostacolare i suoi piani c'è fondamentalmente solo Mazinga Z, robot guidato da Koji Kabuto e ideato da suo nonno prima di morire all'inizio della serie. Anche il nostro eroe viene aiutato dal robot di Afrodite A pilotato dalla bella Sayaka Yumi e dal coraggioso Boss Robot dell'omonimo Boss.
In sostanza è la vecchia contrapposizione fra le forze del bene e quelle del male, fra la voglio di dominio e sopraffazione da un lato e quella di pace e giustizia dall'altro.
Come vedete è tutto abbastanza semplice e lineare.
La serie è abbastanza ripetitiva e gli episodi sono quasi tutti indipendenti fra di loro anche se c'è un filo conduttore per tutta la serie. Ogni puntata ha una durata di venti minuti sigle escluse e ha il pregio di sembrare di durare di più in quanto ha sempre al suo interno una fase di prologo dove si costruiscono le premesse e poi un'altra fase di scontro decisivo. Benché molti episodi siano sempliciotti a me è piaciuta la loro sceneggiatura. C'è l'idea del progresso scientifico che vede Mazinga Z prima imparare a nuotare, poi a volare, persino a sciare e vede il potenziamento o l'aggiunta delle armi a suo disposizione. Questo perché cambiano gli scenari di scontro e anche le forze del male mandano robot sempre di evoluti, sempre più potenti e originali frutto della mente diabolica del Doctor Hell. Questo scontro tecnologico è il filo conduttore della serie.
In Italia la serie è arrivata incompleta fino all'episodio 56, i rimanenti possono essere visti solo fansubbati almeno fino a quando un editore italiano si deciderà a doppiarli e pubblicarli. Tra l'altro non sono stati doppiati tutti i primi 56 episodi, ne manca qualcuno all'appello e moltissimo sono tagliati per esigenze televisive o di censure dell'epoca. Il doppiaggio di quelli esistenti è ottimo, specialmente per il ruolo del Doctor Hell, che rende proprio l'idea di un essere crudele e spietato. Anche il Barone Ashura, che è metà maschile e metà femminile, è doppiato splendidamente, rendendo anche lo spirito di adorazione e sudditanza verso il suo capo. Meritano la lode anche i doppiatori di Boss, e di Koji Kabuto.
Le musiche che accompagno la serie sono fatte da Michiaki Watanabe e si adattano bene ai vari episodi e alle varie situazioni. Consiglio a riguardo queste due compilation che potete facilmente reperire nei negozi: Bokura no Mazinger Z, codice di catalogo COCX-33165, e Tv Original BGM Collection: Mazinger Z, codice di catalogo COCC-72021. Il primo contiene le tracce cantate e il secondo le bgm.
Le sigle italiane sono belle e indimenticabili, chi le ha sentite da bambino non può certo averle dimenticate.
Piccole note di curiosità:
- il nome Mazinga Z deriva da Majin che significa Dio/demone
- Koji Kabuto in italiano è stato tradotto Ryo Kabuto.
- Non credo esista altra serie dove vengono affondate così tante navi per testare i nuovi robot meccanici.
- La serie ha avuto uno straordinario successo in Giappone, il che giustifica il numero elevato di episodi
- È stata ideata per essere una serie per bambini.
- la versione internazionale di Mazinga Z ha le sigle cantate in inglese
- il manga di Mazinga Z viene dopo la relativa serie animata
- l'unico tratto di umanità del Doctor Hell si vede alla morte del Barone Ashura
- In Giappone la serie andava in onda alle 19,00 di domenica
Come detto non esiste nessuna edizione italiana di questa serie né in VHS né in DVD.
Il genio di Go Nagai ha qui le sue fondamenta, e non è un caso che sia così. Un anime che, per i tempi in cui fu concepito, nessuno avrebbe mai pensato che potesse essere il "fondatore di una dinastia" che negli anime nipponici avrebbe marcatamente segnato un'epoca, ovvero quella dei robot, o meglio col gergo "mecha".
Il problema semmai nasce da animazioni non sempre "felici" nel loro concepimento per anime, dovuto anche a problemi legati in Giappone per malumori tra lo staff nei primi episodi e a metà serie.
La storia, però è costruita su solide basi, su una trama che non smette mai di stupire, e prepara a quello che poi sarà la sua giusta evoluzione col Grande Mazinga.
Tornando a quest'opera è necessario fermarsi su punti importanti, dove Nagai traccia una visione allegorica della guerra, visto che erano passati meno di 30 anni dall'atomica in Giappone si può dire che le reminiscenze di quell'evento hanno segnato il passo nel tessere la trama di questo cartone. L'allegoria della guerra in un ambito futuristico, dove i robot dovrebbero rappresentare i nuovi padroni del mondo e dove le tecnologie aliene si suddividono in più parti perché la Terra viene vista sempre come feudo di riferimento per sottolineare la propria grandezza interplanetaria.
Qui però, rispetto ad altri mecha che verranno, il discorso alieno non è ancora in divenire, qui ci si limita agli scienziati pazzi, ad ex gerarchi nazisti ancora desiderosi di un potere assoluto che non c'è più da anni, laddove la loro massima ambizione alla fine è solo quella di sopravvivere più degli altri, e devo dire che sono concetti abbastanza vicini alle ideologie presenti nel Secondo Conflitto Mondiale.
Viene ora da chiedersi il perché Nagai ha puntato in questa prima parte della trilogia su tutto questo.
Il motivo è molto semplice, l'allegoria della guerra attraverso un'opera come l'anime spiega meglio di tante parole dette dai tromboni politici di quel periodo come sono andate le cose in Giappone dopo le atomiche, e ciò che è peggio è che lo spiegherà anche alle generazioni future, compresa la nostra. Il robot rappresenta in questo caso l'evoluzione negativa dell'uomo, ovvero il fine per il potere assoluto ancor più di averlo pensato col proprio cervello, il tramite per la vendetta, lo scudo inscalfibile su cui contrattaccare e sottomettere nuovamente i deboli, già provati dal passato.
La difficoltà della pesante eredità lasciata con questo "magnifico congegno" da chi l'ha concepito all'interno della trama ci fa toccare con mano la ricostruzione del Sol Levante, ovvero che i giapponesi si sono dati da fare con l'elettronica e il cervello per rifarsi un nome davanti agli occhi del mondo,e gli ostacoli che hanno incontrato prima di riottenere la libertà e la dignità sono stati davvero tanti.
Quindi si capisce subito lo "stampo nazionalista e patriottista" che quest'opera possiede, e a mio avviso Go Nagai è stato geniale proprio per questo, ha diffuso contemporaneamente un pensiero di politica, di libertà, di voglia di far conoscere la verità di un Paese sotto spoglie diverse dalle conosciute, di diventare quindi con questa a mio parere poliedrica opera, uno dei suoi principali capolavori, ed in seguito diventerà uno dei pilastri su cui si formerà negli anni successivi tutta la produzione degli anime.
L'opera comunque ci vuole insegnare la difficile eredità che lascia sempre una tecnologia, ovvero migliorare le sorti de il fabbisogno dell'uomo nel futuro, ma se buone mani e coscienzioso cervello avranno un'intesa su tutto questo, tutto ciò che successivamente verrà prodotto da quella tecnologia servirà davvero a migliorarci, ma nell'eventualità si intendono portare avanti insani tornaconti, la storia dell'uomo tornerà nuovamente per insegnarci che stiamo nuovamente commettendo un grosso errore, e le guerre di alcuni fondamentalisti ancor oggi esistenti rientrano nel medesimo errore.
Il problema semmai nasce da animazioni non sempre "felici" nel loro concepimento per anime, dovuto anche a problemi legati in Giappone per malumori tra lo staff nei primi episodi e a metà serie.
La storia, però è costruita su solide basi, su una trama che non smette mai di stupire, e prepara a quello che poi sarà la sua giusta evoluzione col Grande Mazinga.
Tornando a quest'opera è necessario fermarsi su punti importanti, dove Nagai traccia una visione allegorica della guerra, visto che erano passati meno di 30 anni dall'atomica in Giappone si può dire che le reminiscenze di quell'evento hanno segnato il passo nel tessere la trama di questo cartone. L'allegoria della guerra in un ambito futuristico, dove i robot dovrebbero rappresentare i nuovi padroni del mondo e dove le tecnologie aliene si suddividono in più parti perché la Terra viene vista sempre come feudo di riferimento per sottolineare la propria grandezza interplanetaria.
Qui però, rispetto ad altri mecha che verranno, il discorso alieno non è ancora in divenire, qui ci si limita agli scienziati pazzi, ad ex gerarchi nazisti ancora desiderosi di un potere assoluto che non c'è più da anni, laddove la loro massima ambizione alla fine è solo quella di sopravvivere più degli altri, e devo dire che sono concetti abbastanza vicini alle ideologie presenti nel Secondo Conflitto Mondiale.
Viene ora da chiedersi il perché Nagai ha puntato in questa prima parte della trilogia su tutto questo.
Il motivo è molto semplice, l'allegoria della guerra attraverso un'opera come l'anime spiega meglio di tante parole dette dai tromboni politici di quel periodo come sono andate le cose in Giappone dopo le atomiche, e ciò che è peggio è che lo spiegherà anche alle generazioni future, compresa la nostra. Il robot rappresenta in questo caso l'evoluzione negativa dell'uomo, ovvero il fine per il potere assoluto ancor più di averlo pensato col proprio cervello, il tramite per la vendetta, lo scudo inscalfibile su cui contrattaccare e sottomettere nuovamente i deboli, già provati dal passato.
La difficoltà della pesante eredità lasciata con questo "magnifico congegno" da chi l'ha concepito all'interno della trama ci fa toccare con mano la ricostruzione del Sol Levante, ovvero che i giapponesi si sono dati da fare con l'elettronica e il cervello per rifarsi un nome davanti agli occhi del mondo,e gli ostacoli che hanno incontrato prima di riottenere la libertà e la dignità sono stati davvero tanti.
Quindi si capisce subito lo "stampo nazionalista e patriottista" che quest'opera possiede, e a mio avviso Go Nagai è stato geniale proprio per questo, ha diffuso contemporaneamente un pensiero di politica, di libertà, di voglia di far conoscere la verità di un Paese sotto spoglie diverse dalle conosciute, di diventare quindi con questa a mio parere poliedrica opera, uno dei suoi principali capolavori, ed in seguito diventerà uno dei pilastri su cui si formerà negli anni successivi tutta la produzione degli anime.
L'opera comunque ci vuole insegnare la difficile eredità che lascia sempre una tecnologia, ovvero migliorare le sorti de il fabbisogno dell'uomo nel futuro, ma se buone mani e coscienzioso cervello avranno un'intesa su tutto questo, tutto ciò che successivamente verrà prodotto da quella tecnologia servirà davvero a migliorarci, ma nell'eventualità si intendono portare avanti insani tornaconti, la storia dell'uomo tornerà nuovamente per insegnarci che stiamo nuovamente commettendo un grosso errore, e le guerre di alcuni fondamentalisti ancor oggi esistenti rientrano nel medesimo errore.
Mazinga Z è il più bel cartone animato di tutti i tempi. Quando ero piccolo mi sembrava il giocattolo ideale: enorme e pesantissimo! A chi mi domandava che cosa avrei voluto fare da grande rispondevo: "Lo scienziato, per costruire Mazinga Z". Tutte le serie di robot si fanno beffe delle leggi della fisica ma Mazinga Z lo fa con meno arroganza. Far muovere un bestione di metallo alto quasi venti metri comporta una serie di problemi. Innanzi tutto, Mazinga Z (almeno all'inizio) non può volare: ci vorranno molte puntate prima che i tecnici mettano a punto un sistema di volo affidabile. Nella versione giapponese del cartone il momento del volo è sottolineato da una memorabile canzone che però non è presente nelle altre versioni, in cui la colonna sonora è largamente incompleta. Altro problema è il funzionamento sott'acqua, che richiederà una lunga revisione e messa a punto del robot. E infine gli ovvi problemi del surriscaldamento e dell'esaurimento delle scorte di energia. Insomma, una macchina (sia essa un'automobile, una lavatrice o un ipotetico robot gigante) non può fare come le pare. Tutto questo rende Mazinga Z molto più concreto agli occhi di chi lo guarda, rispetto ad altri suoi simili come "Vultus V", "Daltanious" o "Daitarn III", quindi è molto più facile immedesimarsi nel pilota.
E poi la trama: il dottor Inferno, nemico di Mazinga Z, è un criminale ex gerarca nazista che si serve della tecnologia avanzatissima degli antichi Micenei. Veniamo a sapere che il colosso di Rodi non era una statua, bensì un robot gigante, uno dei tanti costruiti da quel popolo oggi scomparso. Terzo Reich, antica Grecia e un robot gigante, che cosa si può volere di più? Ed inoltre è un ottimo esempio di fusione tra realtà e fantasia.
Il difetto di questa serie? Una trama un po' troppo soft, pensata per un pubblico molto giovane. Vista la vera e propria guerra messa in atto dal dottor Inferno contro il Giappone, mi sarei aspettato qualche forma d’interazione dei protagonisti con politici o esponenti militari (come accade in "General Daimos", ad esempio), oppure la maggiore presenza di momenti drammatici, come quello, molto ben riuscito, presente nel film "Mazinga Z contro il Generale Nero". Qui il pilota del robot, Ryo Kabuto, si strugge alla vigilia di uno scontro impari che potrà costargli la vita e preparare la strada all'invasione del Giappone, decidendo infine di andare a combattere.
E come esce Mazinga Z dal confronto col suo seguito (con cui - ahimé - viene spesso confuso), "Il Grande Mazinga"? Molto bene. La nuova serie, dopo un inizio molto convincente, si perde in sciocchezzuole (tipo Shiro, il fratellino di Ryo, con un mitra in mano o addirittura dotato di un robot tutto suo). Un gradino sotto Mazinga Z, ma comunque memorabile, per il bellissimo personaggio di Tetsuya e i generali nemici molto suggestivi.
L'impatto di Mazinga Z nel mondo dell'animazione giapponese è stato enorme e i suoi effetti continuano ancora oggi, tanto che lo si potrebbe definire "il cartone animato per antonomasia". L'autore stesso, Go Nagai, non ha mai smesso di riprendere e rielaborare in mille modi, tra fumetti, OAV e serie animate, i concetti introdotti in questo cartone. L'ultimo seguito, Shin Mazinger Z, risale appena all'anno scorso, non male per un signore di quasi quarant'anni!
E poi la trama: il dottor Inferno, nemico di Mazinga Z, è un criminale ex gerarca nazista che si serve della tecnologia avanzatissima degli antichi Micenei. Veniamo a sapere che il colosso di Rodi non era una statua, bensì un robot gigante, uno dei tanti costruiti da quel popolo oggi scomparso. Terzo Reich, antica Grecia e un robot gigante, che cosa si può volere di più? Ed inoltre è un ottimo esempio di fusione tra realtà e fantasia.
Il difetto di questa serie? Una trama un po' troppo soft, pensata per un pubblico molto giovane. Vista la vera e propria guerra messa in atto dal dottor Inferno contro il Giappone, mi sarei aspettato qualche forma d’interazione dei protagonisti con politici o esponenti militari (come accade in "General Daimos", ad esempio), oppure la maggiore presenza di momenti drammatici, come quello, molto ben riuscito, presente nel film "Mazinga Z contro il Generale Nero". Qui il pilota del robot, Ryo Kabuto, si strugge alla vigilia di uno scontro impari che potrà costargli la vita e preparare la strada all'invasione del Giappone, decidendo infine di andare a combattere.
E come esce Mazinga Z dal confronto col suo seguito (con cui - ahimé - viene spesso confuso), "Il Grande Mazinga"? Molto bene. La nuova serie, dopo un inizio molto convincente, si perde in sciocchezzuole (tipo Shiro, il fratellino di Ryo, con un mitra in mano o addirittura dotato di un robot tutto suo). Un gradino sotto Mazinga Z, ma comunque memorabile, per il bellissimo personaggio di Tetsuya e i generali nemici molto suggestivi.
L'impatto di Mazinga Z nel mondo dell'animazione giapponese è stato enorme e i suoi effetti continuano ancora oggi, tanto che lo si potrebbe definire "il cartone animato per antonomasia". L'autore stesso, Go Nagai, non ha mai smesso di riprendere e rielaborare in mille modi, tra fumetti, OAV e serie animate, i concetti introdotti in questo cartone. L'ultimo seguito, Shin Mazinger Z, risale appena all'anno scorso, non male per un signore di quasi quarant'anni!
La sua unica sfortuna sta' nel fatto che e' arrivato dopo Goldrake( e altri), pur essendo in effetti il primo, ed e' per questo motivo che non mi ha mai coinvolto perche' rispetto agli altri aveva ormai una grafica retro'; in piu' la non completezza dell'opera, in Italia, ne ha sminuito il valore (per vederlo tutto ho dovuto guardarlo in spagnolo da dvd che ho recuperato in Messico!).
Rivederlo adesso e' sicuramente meglio di allora ma non eguaglia, secondo me, ne' Goldrake, ne' Jeeg e neanche Il Grande Mazinga.
A livello storico e' sicuramente il piu' importante, perche' ha segnato la svolta: il primo robot... in Giappone!
La cosa che mi piaceva di piu' era la sigla di buona fattura anche se cantata con un vibrato vocale un po' forzato!
Rivederlo adesso e' sicuramente meglio di allora ma non eguaglia, secondo me, ne' Goldrake, ne' Jeeg e neanche Il Grande Mazinga.
A livello storico e' sicuramente il piu' importante, perche' ha segnato la svolta: il primo robot... in Giappone!
La cosa che mi piaceva di piu' era la sigla di buona fattura anche se cantata con un vibrato vocale un po' forzato!
L’anime della mia gioventù. Non mi ha affatto annoiato di vedere tutta la serie anche se le puntate sono tutte autoconclusive. Le animazioni adesso fanno ridere ma nonostante questo, sono rimasto soddisfatto. Splendide le musiche di sottofondo “quasi” ai livelli di quelle del mitico Goldrake. Alcuni personaggi proprio non me li ricordavo come il conte Bloken, o come il duca Gordon che pensavo che fosse stato inserito solo nella serie del Grande Mazinga e invece con mio sommo stupore già compare verso la 68° puntata. Non mi ricordavo nemmeno di Diana A il secondo robot di Sayaka (Afrodite A verrà distrutta da un mostro meccanico). Infatti molte puntate non sono giunte in Italia, però ho avuto l’opportunità di conoscere nuovi personaggi e nonostante questo handicap, il cartone animato ha riscosso un notevole successo, che ha fatto poi da apripista agli altri robot di Go Nagai.
Bellissima l’ultima puntata dove raccoglierà il testimone il Grande Mazinga (Mazinga Z contro le nuove armate di Mikene cede il passo) e dove verrà svelato un segreto importante.
Spero che la nuova serie uscita da poco riesca nel difficilissimo compito di essere appetibile sia alle vecchie che alle nuove generazioni. MAZING-ON!
Bellissima l’ultima puntata dove raccoglierà il testimone il Grande Mazinga (Mazinga Z contro le nuove armate di Mikene cede il passo) e dove verrà svelato un segreto importante.
Spero che la nuova serie uscita da poco riesca nel difficilissimo compito di essere appetibile sia alle vecchie che alle nuove generazioni. MAZING-ON!
“L'idea di un grande robot pilotabile mi venne mentre guidavo nel traffico, immaginando cosa sarebbe potuto accadere se alla vettura fossero usciti dei grandi arti, in modo da poter scavalcare gli altri mezzi.”
Queste sono le parole che Go Nagai utilizzò per spiegare come gli era venuto in mente di creare un robot gigante comandato all'interno da un pilota. Questo robot prese il nome di Majingā Z (Mazinga Z, 1972). Go Nagai, considerato da tutti uno dei più grandi mangaka di sempre, ebbe la geniale idea nel 1972 di incentrare una serie su un robot comandato da un ragazzo.L'intero anime utilizza un impianto narrativo abbastanza basilare dove in ogni puntata(auto conclusiva) il nemico di turno, mandato dal dottor Hell, viene distrutto da Mazinga Z dopo numerose peripezie. Con questa serie Nagai innova definitivamente lo stereotipo di robot da combattimento. Il pilota, grazie ad una cabina apposita, comanda il robot dal suo interno creando quella protesi/simbiosi che sarà fondamentale per tutti i suoi successori. Questo rapporto simbiotico è espresso in diversi modi: il pilota puo muovere ogni parte del robot con un innaturale facilità e ogni colpo percepito dal robot viene accusato anche dal suo pilota che molte volte urla di dolore durante gli scontri. Non c'è una spiegazione scientifica, le armi escono dal nulla e non ci sono limiti di munizioni oppure di energia. Il robot nagaiano incarna, anche, lo spirito del samurai e per questo i combattimenti non sono vere manovre di guerra, sono solo balletti dove il super colpo finale dell'eroe per uccidere i nemici è utilizzato come atto conclusivo di una danza rituale. Importante è guardare l'aspetto grafico di Mazinga Z , creato con una tecnologia abbastanza rozza è composto da forme geometriche cilindriche e levigati, possiede occhi vitrei e grandi corna; anche questo aspetto parzialmente malefico è una caratteristica fondamentale della tradizione classica del genere mecha come ad indicare che il robot è solo una macchina ed è il pilota a scegliere se farlo diventare uno strumento di pace o di morte. Rivista con i canoni contemporanea la serie risulta pesantemente datata e certi combattimenti possono sembrare noiosi e ridicoli. Insomma ci troviamo davanti al genitore di tutta l'animazione robotica, il Capostipite di una certa concezione di animazione...grazie Go Nagai
Queste sono le parole che Go Nagai utilizzò per spiegare come gli era venuto in mente di creare un robot gigante comandato all'interno da un pilota. Questo robot prese il nome di Majingā Z (Mazinga Z, 1972). Go Nagai, considerato da tutti uno dei più grandi mangaka di sempre, ebbe la geniale idea nel 1972 di incentrare una serie su un robot comandato da un ragazzo.L'intero anime utilizza un impianto narrativo abbastanza basilare dove in ogni puntata(auto conclusiva) il nemico di turno, mandato dal dottor Hell, viene distrutto da Mazinga Z dopo numerose peripezie. Con questa serie Nagai innova definitivamente lo stereotipo di robot da combattimento. Il pilota, grazie ad una cabina apposita, comanda il robot dal suo interno creando quella protesi/simbiosi che sarà fondamentale per tutti i suoi successori. Questo rapporto simbiotico è espresso in diversi modi: il pilota puo muovere ogni parte del robot con un innaturale facilità e ogni colpo percepito dal robot viene accusato anche dal suo pilota che molte volte urla di dolore durante gli scontri. Non c'è una spiegazione scientifica, le armi escono dal nulla e non ci sono limiti di munizioni oppure di energia. Il robot nagaiano incarna, anche, lo spirito del samurai e per questo i combattimenti non sono vere manovre di guerra, sono solo balletti dove il super colpo finale dell'eroe per uccidere i nemici è utilizzato come atto conclusivo di una danza rituale. Importante è guardare l'aspetto grafico di Mazinga Z , creato con una tecnologia abbastanza rozza è composto da forme geometriche cilindriche e levigati, possiede occhi vitrei e grandi corna; anche questo aspetto parzialmente malefico è una caratteristica fondamentale della tradizione classica del genere mecha come ad indicare che il robot è solo una macchina ed è il pilota a scegliere se farlo diventare uno strumento di pace o di morte. Rivista con i canoni contemporanea la serie risulta pesantemente datata e certi combattimenti possono sembrare noiosi e ridicoli. Insomma ci troviamo davanti al genitore di tutta l'animazione robotica, il Capostipite di una certa concezione di animazione...grazie Go Nagai
Mazinga Z è il 1° segmento di una trilogia che comprende anche "Grande Mazinga" e "Goldrake"; in verità mi sento di non considerare Goldrake come facente parte della trilogia, in quanto l'unico elemento di collegamento con le altre 2 è dato dalla presenza di Koji Kabuto, il quale però inspiegabilmente decide di non tirare fuori Mazinga Z contro i Vegani, ma di volare sul TFO (più simile a un Bacio di Dama che ad un disco volante).
Comunque, per tornare allo Z, è vero che i primi episodi sono disegnati in maniera sperimentale, ma questa è esattamente la situazione in cui si sono trovati sceneggiatori e disegnatori all'inizio degli anni '70: prima di Mazinga Z non c'era mai stato nulla di simile, e perciò non si sapeva bene in che direzione muoversi!
La qualità del disegno e della storia aumenta esponenzialmente man mano che si procede nella narrazione, e il climax che si raggiunge nella puntata finale (con l'entrata in scena di Grande Mazinga) resta un apice per me inarrivabile di pathos e suspence.
Comunque, per tornare allo Z, è vero che i primi episodi sono disegnati in maniera sperimentale, ma questa è esattamente la situazione in cui si sono trovati sceneggiatori e disegnatori all'inizio degli anni '70: prima di Mazinga Z non c'era mai stato nulla di simile, e perciò non si sapeva bene in che direzione muoversi!
La qualità del disegno e della storia aumenta esponenzialmente man mano che si procede nella narrazione, e il climax che si raggiunge nella puntata finale (con l'entrata in scena di Grande Mazinga) resta un apice per me inarrivabile di pathos e suspence.
<b>attenzione - contiene alcuni spoiler </b>
Anche per me la saga dei Mazinga è stata meravigliosa e Go Nagai è stato veramente un genio. Però se devo dire la verità Mazinga Z lo apprezzo molto di più nelle ultime puntate del Grande mazinga che negli episodi della propria serie. Infatti nella serie di Mazinga Z, quest'ultimo è un robottone che si muove "tipo Frankenstein", assolutamente privo di dinamismo e scioltezza. Infatti la differenza tra i 2 Mazinga è notevole, la serie de Il Grande Mazinga è molto più dinamica, il nuovo robot è molto più veloce agile e scattante. Ma poi finalmente arriva la riscossa di Mazinga Z proprio negli ultimi episodi del Grande Mazinga, quando la Fortezza delle Scienze è praticamente ridotta allo stremo delle forze, totalmente priva di difese in quanto Venus ha subito parecchi danni in battaglia (tanto per cambiare) ed è quindi fuori uso, il Grande Mazinga è impegnato in una dura lotta contro ben 2 mostri guerrieri che non gli danno di sicuro la possibilità di andare a soccorrere nessuno e l'unica apparente risorsa sembra essere Borot insieme a Robot Junior (capirai...!!), ma... ad un certo punto, il professor Jumi, accorso alla Fortezza delle Scienze per sincerarsi della salute del dottor Kabuto, ha la brillante idea di chiamare Koji che si trova in America e di farlo tornare in fretta e furia noleggiando un jet supersonico (non ho mai comunque capito come abbia fatto a tornare così in fretta dall'America) e di salvare il Centro con Mazinga Z, cosa che lui prontamente fa e così le sorti della battaglia si capovolgono in favore dei nostri eroi. E qui troviamo un Mazinga Z ricostruito con la stessa lega NZ del Grande Mazinga, anche se di questa cosa nella serie non se ne fa parola ma l'abbiamo appurato leggendo le sintesi degli episodi. Questo Mazinga Z è diventato più forte, più scattante e veloce, sembra quasi più forte del Grande Mazinga, il quale nell'ultimo episodio non fa certamente una gran bella figura dato che finisce perennemente KO! Anche le armi del Mazinga Z cambiano nome e si uniformano al Grande Mazinga, infatti il raggio ciclonico diventa grande tifone, i mitici pugni a razzo diventano pugni atomici, il raggio termico diventa raggio gamma e per Koji cambia anche il doppiatore che, secondo me, ha una voce ben più carica di personalità rispetto alla voce di Koji nella serie Mazinga Z. Comunque ci voleva una bella riscossa, dato che nella serie precedente Mazinga Z finisce praticamente a pezzi, con il Jet Philder sbalzato fuori dalla testa del povero robot (nella serie originale succede così). Comunque per quello che mi riguarda sono cartoni animati che resteranno per sempre nella storia, hanno segnato un' epoca. Recentemente ho rivisto tutta la serie de Il Grande Mazinga e anche di Mazinga Z, anche se di quest'ultimo per i motivi che già conosciamo più della metà degli episodi sono sottotitolati in qualche modo ma... va bene lo stesso! W MAZINGA... W MAZINGA Z!
Anche per me la saga dei Mazinga è stata meravigliosa e Go Nagai è stato veramente un genio. Però se devo dire la verità Mazinga Z lo apprezzo molto di più nelle ultime puntate del Grande mazinga che negli episodi della propria serie. Infatti nella serie di Mazinga Z, quest'ultimo è un robottone che si muove "tipo Frankenstein", assolutamente privo di dinamismo e scioltezza. Infatti la differenza tra i 2 Mazinga è notevole, la serie de Il Grande Mazinga è molto più dinamica, il nuovo robot è molto più veloce agile e scattante. Ma poi finalmente arriva la riscossa di Mazinga Z proprio negli ultimi episodi del Grande Mazinga, quando la Fortezza delle Scienze è praticamente ridotta allo stremo delle forze, totalmente priva di difese in quanto Venus ha subito parecchi danni in battaglia (tanto per cambiare) ed è quindi fuori uso, il Grande Mazinga è impegnato in una dura lotta contro ben 2 mostri guerrieri che non gli danno di sicuro la possibilità di andare a soccorrere nessuno e l'unica apparente risorsa sembra essere Borot insieme a Robot Junior (capirai...!!), ma... ad un certo punto, il professor Jumi, accorso alla Fortezza delle Scienze per sincerarsi della salute del dottor Kabuto, ha la brillante idea di chiamare Koji che si trova in America e di farlo tornare in fretta e furia noleggiando un jet supersonico (non ho mai comunque capito come abbia fatto a tornare così in fretta dall'America) e di salvare il Centro con Mazinga Z, cosa che lui prontamente fa e così le sorti della battaglia si capovolgono in favore dei nostri eroi. E qui troviamo un Mazinga Z ricostruito con la stessa lega NZ del Grande Mazinga, anche se di questa cosa nella serie non se ne fa parola ma l'abbiamo appurato leggendo le sintesi degli episodi. Questo Mazinga Z è diventato più forte, più scattante e veloce, sembra quasi più forte del Grande Mazinga, il quale nell'ultimo episodio non fa certamente una gran bella figura dato che finisce perennemente KO! Anche le armi del Mazinga Z cambiano nome e si uniformano al Grande Mazinga, infatti il raggio ciclonico diventa grande tifone, i mitici pugni a razzo diventano pugni atomici, il raggio termico diventa raggio gamma e per Koji cambia anche il doppiatore che, secondo me, ha una voce ben più carica di personalità rispetto alla voce di Koji nella serie Mazinga Z. Comunque ci voleva una bella riscossa, dato che nella serie precedente Mazinga Z finisce praticamente a pezzi, con il Jet Philder sbalzato fuori dalla testa del povero robot (nella serie originale succede così). Comunque per quello che mi riguarda sono cartoni animati che resteranno per sempre nella storia, hanno segnato un' epoca. Recentemente ho rivisto tutta la serie de Il Grande Mazinga e anche di Mazinga Z, anche se di quest'ultimo per i motivi che già conosciamo più della metà degli episodi sono sottotitolati in qualche modo ma... va bene lo stesso! W MAZINGA... W MAZINGA Z!
Ovvero: tutto cominciò così. Mazinga Z é stato il primo robot gigante in assoluto pilotato da un essere umano al suo interno, il capostipite di un’intera generazione di anime che dura ancora oggi e di un modo di fare animazione che ha lanciato nell’immaginario collettivo il mito del “robottone” che ancora non accenna a tramontare. Prima di lui, infatti, i pochi robot-titani visti come Super Robot 28 (Tetsujin 28 Go) erano telecomandati dall’esterno, differenza sostanziale poi ben presto accantonata in favore del pilota in cabina di guida. Tutte le serie robotiche successive fino ai giorni nostri non sono state in pratica che infinite varianti su questo stesso tema, fino a distaccarsi anche di parecchio dal modello originale e ad avere ben poco in comune con esso. Mazinga Z ha tracciato le coordinate e codificato tutti i “topòi”, i veri e propri luoghi comuni del cosiddetto genere robotico, ponendo di fatto le basi per la proliferazione dei giganti d’acciaio che sarebbero nati di lì a pochi anni.
Come é nato Mazinga Z lo sappiamo tutti: fu una geniale intuizione, o meglio, un vero e proprio desiderio, del Maestro Kiyoshi Nagai, in arte Go Nagai, uno dei padri fondatori indiscussi dell’animazione giapponese contemporanea. Un giorno, mentre si trovava in macchina imbottigliato nel traffico, pensò a come sarebbe stato bello se la sua auto avesse avuto gambe e braccia fino ad assumere forma umanoide come un robot, per poter scavalcare la coda e passare avanti. In seguito pensò di sviluppare questa sua idea in un manga che ebbe un grandissimo successo, trasposto poi in una serie televisiva dagli indici di gradimento anch’essi stratosferici. Era il 1972. Si apriva così una nuova era nella storia dell’animazione giapponese e mondiale, e iniziava l’epoca d’oro del già noto Go Nagai (autore fra gli altri di "Mao Dante" e di "Cutie Honey") che tanti sogni ed emozioni avrebbe regalato a generazioni di giovani e giovanissimi spettatori in tutto il mondo negli anni e nei decenni successivi. Si può dire che Mazinga Z è stato in Giappone quello che Goldrake è stato in Italia.
Mazinga Z è una delle serie animate più lunghe (92 episodi), tanto che fu trasmesso dalla tv giapponese in due anni, talvolta in contemporanea con altri personaggi nati nel frattempo, fra cui il “cugino” Getter Robot. Il Dottor Inferno decide di conquistare il mondo con la sua armata di mostri meccanici scoperta due anni prima sull’isola greca di Bardos durante una spedizione archeologica, frutto dell’avanzata tecnologia dello scomparso regno di Micene. Ma uno dei partecipanti alla spedizione, il dottor Juzo Kabuto, costruisce un gigantesco robot, Mazinga Z, in superlega Z, una lega speciale derivata dal japanium, un nuovo tipo di metallo da lui scoperto sul monte Fuji, per contrastare il suo piano malefico e difendere la Terra, e, prima di morire per mano del Dottor Inferno, ne affida i comandi al nipote Koji, il protagonista della serie, e uno dei personaggi più famosi di Nagai. Inizia così una lunga guerra che vede contrapposte, in sostanza, le Forze del Bene contro quelle del Male, schema narrativo manicheo classico e architrave portante di tutte le serie animate di robot spaziali, poi riveduto e corretto più volte nel tempo con l’introduzione di varianti sempre più complesse e sofisticate. Lo svolgimento di questo soggetto avviene secondo quel canovaccio che poi diverrà comune a tutti i successori di Mazinga Z, sempre, naturalmente, con l’apporto ogni volta di variazioni, ritocchi e spunti nuovi per vivacizzare una materia che altrimenti diverrebbe ben presto logora: il robot protagonista affronta e distrugge rigorosamente un solo mostro per puntata, a volte due, raramente di più. Il plot, insomma, è sostanzialmente incentrato sul combattimento fra i due titani che diviene il momento clou della narrazione e dell’episodio.
Intorno a Koji e al Dott. Inferno, sui rispettivi fronti, una schiera di altri personaggi ben conosciuti e caratterizzati, rimasti chi più chi meno nella memoria di tutti gli appassionati, tutti individuati secondo uno schema fisso poi ripetuto sempre (il pilota bello, la ragazza, il professore, il bambino, il grasso…), con i robot di (scarso) supporto a Mazinga, Afrodite A, primo robot femminile pilotato dall’amica e poi fidanzata Sayaka, e lo sgangherato e demenziale Boss Robot, guidato dall’amico-rivale Boss e dai suoi imbranati assistenti, che costituisce il lato comico della vicenda, padre di tutti i robot comici, anch’esso poi replicato in molti anime successivi; tutti e due pronti ad aiutare l’eroe in battaglia e a mettersi in mostra, quasi sempre con esiti disastrosi.
Rivisto oggi l’anime, se da un lato, com’è ovvio, appare decisamente pionieristico al confronto con i robot odierni e mostra palesemente tutti i suoi anni, nel disegno innanzitutto e nei mecha-design alquanto “poveri” ed essenziali, dall’altro, nonostante ciò, si è conservato benissimo ed è ancora perfettamente in grado di far divertire oggi come allora. La fattura “primitiva” è evidente e i disegni fanno oggi tenerezza se confrontati con le moderne tecniche digitali, fornendoci fra l’altro un interessante ed eloquente documento sull’evoluzione delle tecniche di animazione; già nelle serie immediatamente successive di Nagai si nota un certo affinamento nella grafica, tanto da far pensare che Mazinga Z fosse stato in qualche modo un esperimento, una prova generale. Ma nello stesso tempo si percepisce spesso, specie col proseguire della serie, come in realtà il tempo non sia mai passato e questi cartoni siano attuali e validi ancora oggi.
Nel corso della serie assistiamo ad una evoluzione dei personaggi, sia da parte dei “buoni” che dei “cattivi”, con nuovi arrivi e qualche…partenza, parallelamente ad una progressiva modifica dei rispettivi mecha, col potenziamento del robot protagonista con nuove armi (altra costante del genere: la più importante è il Jet Scrander che gli permette di volare) e i mostri meccanici sempre più potenti e agguerriti. Su una serie così lunga, data anche la struttura inevitabilmente ripetitiva, molte delle numerose puntate fungono fatalmente da riempitivo, ma parecchie altre sono interessanti ed avvincenti, e man mano che si va avanti, con l’entrata in campo di nuovi nemici i combattimenti diventano sempre più aspri e il cartone sempre più spettacolare e coinvolgente, fino al passaggio di consegne finale al nuovo eroe. Mazinga Z infatti è fondamentale anche perché forma il primo capitolo di una delle saghe robotiche più famose ed amate in Giappone e nel mondo: quella “dei Mazinga”, che prosegue con la serie de "Il Grande Mazinga", robot più potente nato da un’evoluzione del precedente, per compiere poi una decisa virata “innovativa” concludendosi con "Ufo Robot Goldrake", che riparte praticamente da zero cambiando quasi tutti i personaggi. Il tutto mantenendo sempre però il personaggio di Koji Kabuto, l’unico a comparire in tutte e tre le serie, come elemento di continuità della trilogia (più un paio di apparizioni di Boss e assistenti in Goldrake), quello che permette di dire che da Mazinga Z a Goldrake è tutta un’unica grande storia di 222 episodi, saldamente radicata nell’immaginario di milioni di fans dell’animazione nipponica, con la sua trama ben solida – pur con qualche “buco” ancora non chiarito, come la sorte dell’Imperatore delle Tenebre - e i suoi personaggi indimenticabili, ognuno con una sua psicologia ben delineata ed una sua storia alle spalle, e con i rapporti intriganti fra loro anche da una serie all’altra, specie fra le prime due.
Ma non è tutto: il personaggio di Mazinga, come accade a tutti quelli di successo planetario, nel dare vita ad una saga ha conosciuto una moltiplicazione e numerose versioni differenti su altri mezzi narrativi, soprattutto il manga, dove sono stati realizzati dei Mazinga molto diversi da quello originario, con trame che si discostano anche di molto da quelle che abbiamo visto in televisione. Fra gli altri, c’è stato pure un "God Mazinger", anime inedito in Italia che col nostro ha in comune solo il nome. Ma i “Mazinga fuori serie” più conosciuti sono senza dubbio i primi due oav dei sei cross-over realizzati da Go Nagai negli anni ’70 che vedono combattere insieme i suoi robot più famosi, quali Mazinga Z stesso, Goldrake, il Grande Mazinga e Getta Robot, e che narrano vicende fuori dalla continuità narrativa delle serie televisive: "Mazinga Z contro Devilman" (1973), in cui si incontra con un altro personaggio storico di Nagai nato nello stesso periodo, e soprattutto "Mazinga Z contro il Generale Nero" (1974), il migliore dei sei a pari merito con il “Dragosauro”, sorta di finale alternativo della serie, con ancora più pathos e drammaticità, in cui assistiamo ad un aggiornamento degli eventi che hanno portato alla discesa in campo del Grande Mazinga.
In Italia purtroppo Mazinga Z è stato la serie più “massacrata” di tutte: dei 92 episodi ne sono stati trasmessi solo 51 dei primi 56, all’inizio del 1980 sulla Rete 1. Gli altri, ancora inediti, sono disponibili oggi sul mercato collezionistico sottotitolati in italiano, peraltro in maniera alquanto rozza, approssimativa e dilettantistica, sufficiente tuttavia a godersi tutta la serie fino in fondo. Il motivo sembra dovuto al fallimento della casa di produzione francese che ne deteneva i diritti e da cui il cartone era stato importato. Fatto sta che a tutt’oggi quegli episodi non trasmessi gridano vendetta. Per non parlare poi della qualità dell’adattamento dell’epoca nelle puntate andate in onda, dove i due Mazinga sono stati fra gli anime più penalizzati in questo senso, ciò che non ha impedito comunque il loro successo e la loro meritata fama. Da rilevare infine come nel nostro paese, tanto per distinguersi, le tre serie che compongono la saga sono state trasmesse in ordine inverso, ossia prima Goldrake, poi il Grande Mazinga e infine Mazinga Z, rendendo pressochè impossibile cogliere il legame tra di loro e seguire lo svolgersi dell’intera storia, e cambiando pure ogni volta il nome al personaggio chiave Koji Kabuto, che si chiama Rio in Mazinga Z e Alcor in Goldrake, confondendo ancora di più le idee agli spettatori.
Come é nato Mazinga Z lo sappiamo tutti: fu una geniale intuizione, o meglio, un vero e proprio desiderio, del Maestro Kiyoshi Nagai, in arte Go Nagai, uno dei padri fondatori indiscussi dell’animazione giapponese contemporanea. Un giorno, mentre si trovava in macchina imbottigliato nel traffico, pensò a come sarebbe stato bello se la sua auto avesse avuto gambe e braccia fino ad assumere forma umanoide come un robot, per poter scavalcare la coda e passare avanti. In seguito pensò di sviluppare questa sua idea in un manga che ebbe un grandissimo successo, trasposto poi in una serie televisiva dagli indici di gradimento anch’essi stratosferici. Era il 1972. Si apriva così una nuova era nella storia dell’animazione giapponese e mondiale, e iniziava l’epoca d’oro del già noto Go Nagai (autore fra gli altri di "Mao Dante" e di "Cutie Honey") che tanti sogni ed emozioni avrebbe regalato a generazioni di giovani e giovanissimi spettatori in tutto il mondo negli anni e nei decenni successivi. Si può dire che Mazinga Z è stato in Giappone quello che Goldrake è stato in Italia.
Mazinga Z è una delle serie animate più lunghe (92 episodi), tanto che fu trasmesso dalla tv giapponese in due anni, talvolta in contemporanea con altri personaggi nati nel frattempo, fra cui il “cugino” Getter Robot. Il Dottor Inferno decide di conquistare il mondo con la sua armata di mostri meccanici scoperta due anni prima sull’isola greca di Bardos durante una spedizione archeologica, frutto dell’avanzata tecnologia dello scomparso regno di Micene. Ma uno dei partecipanti alla spedizione, il dottor Juzo Kabuto, costruisce un gigantesco robot, Mazinga Z, in superlega Z, una lega speciale derivata dal japanium, un nuovo tipo di metallo da lui scoperto sul monte Fuji, per contrastare il suo piano malefico e difendere la Terra, e, prima di morire per mano del Dottor Inferno, ne affida i comandi al nipote Koji, il protagonista della serie, e uno dei personaggi più famosi di Nagai. Inizia così una lunga guerra che vede contrapposte, in sostanza, le Forze del Bene contro quelle del Male, schema narrativo manicheo classico e architrave portante di tutte le serie animate di robot spaziali, poi riveduto e corretto più volte nel tempo con l’introduzione di varianti sempre più complesse e sofisticate. Lo svolgimento di questo soggetto avviene secondo quel canovaccio che poi diverrà comune a tutti i successori di Mazinga Z, sempre, naturalmente, con l’apporto ogni volta di variazioni, ritocchi e spunti nuovi per vivacizzare una materia che altrimenti diverrebbe ben presto logora: il robot protagonista affronta e distrugge rigorosamente un solo mostro per puntata, a volte due, raramente di più. Il plot, insomma, è sostanzialmente incentrato sul combattimento fra i due titani che diviene il momento clou della narrazione e dell’episodio.
Intorno a Koji e al Dott. Inferno, sui rispettivi fronti, una schiera di altri personaggi ben conosciuti e caratterizzati, rimasti chi più chi meno nella memoria di tutti gli appassionati, tutti individuati secondo uno schema fisso poi ripetuto sempre (il pilota bello, la ragazza, il professore, il bambino, il grasso…), con i robot di (scarso) supporto a Mazinga, Afrodite A, primo robot femminile pilotato dall’amica e poi fidanzata Sayaka, e lo sgangherato e demenziale Boss Robot, guidato dall’amico-rivale Boss e dai suoi imbranati assistenti, che costituisce il lato comico della vicenda, padre di tutti i robot comici, anch’esso poi replicato in molti anime successivi; tutti e due pronti ad aiutare l’eroe in battaglia e a mettersi in mostra, quasi sempre con esiti disastrosi.
Rivisto oggi l’anime, se da un lato, com’è ovvio, appare decisamente pionieristico al confronto con i robot odierni e mostra palesemente tutti i suoi anni, nel disegno innanzitutto e nei mecha-design alquanto “poveri” ed essenziali, dall’altro, nonostante ciò, si è conservato benissimo ed è ancora perfettamente in grado di far divertire oggi come allora. La fattura “primitiva” è evidente e i disegni fanno oggi tenerezza se confrontati con le moderne tecniche digitali, fornendoci fra l’altro un interessante ed eloquente documento sull’evoluzione delle tecniche di animazione; già nelle serie immediatamente successive di Nagai si nota un certo affinamento nella grafica, tanto da far pensare che Mazinga Z fosse stato in qualche modo un esperimento, una prova generale. Ma nello stesso tempo si percepisce spesso, specie col proseguire della serie, come in realtà il tempo non sia mai passato e questi cartoni siano attuali e validi ancora oggi.
Nel corso della serie assistiamo ad una evoluzione dei personaggi, sia da parte dei “buoni” che dei “cattivi”, con nuovi arrivi e qualche…partenza, parallelamente ad una progressiva modifica dei rispettivi mecha, col potenziamento del robot protagonista con nuove armi (altra costante del genere: la più importante è il Jet Scrander che gli permette di volare) e i mostri meccanici sempre più potenti e agguerriti. Su una serie così lunga, data anche la struttura inevitabilmente ripetitiva, molte delle numerose puntate fungono fatalmente da riempitivo, ma parecchie altre sono interessanti ed avvincenti, e man mano che si va avanti, con l’entrata in campo di nuovi nemici i combattimenti diventano sempre più aspri e il cartone sempre più spettacolare e coinvolgente, fino al passaggio di consegne finale al nuovo eroe. Mazinga Z infatti è fondamentale anche perché forma il primo capitolo di una delle saghe robotiche più famose ed amate in Giappone e nel mondo: quella “dei Mazinga”, che prosegue con la serie de "Il Grande Mazinga", robot più potente nato da un’evoluzione del precedente, per compiere poi una decisa virata “innovativa” concludendosi con "Ufo Robot Goldrake", che riparte praticamente da zero cambiando quasi tutti i personaggi. Il tutto mantenendo sempre però il personaggio di Koji Kabuto, l’unico a comparire in tutte e tre le serie, come elemento di continuità della trilogia (più un paio di apparizioni di Boss e assistenti in Goldrake), quello che permette di dire che da Mazinga Z a Goldrake è tutta un’unica grande storia di 222 episodi, saldamente radicata nell’immaginario di milioni di fans dell’animazione nipponica, con la sua trama ben solida – pur con qualche “buco” ancora non chiarito, come la sorte dell’Imperatore delle Tenebre - e i suoi personaggi indimenticabili, ognuno con una sua psicologia ben delineata ed una sua storia alle spalle, e con i rapporti intriganti fra loro anche da una serie all’altra, specie fra le prime due.
Ma non è tutto: il personaggio di Mazinga, come accade a tutti quelli di successo planetario, nel dare vita ad una saga ha conosciuto una moltiplicazione e numerose versioni differenti su altri mezzi narrativi, soprattutto il manga, dove sono stati realizzati dei Mazinga molto diversi da quello originario, con trame che si discostano anche di molto da quelle che abbiamo visto in televisione. Fra gli altri, c’è stato pure un "God Mazinger", anime inedito in Italia che col nostro ha in comune solo il nome. Ma i “Mazinga fuori serie” più conosciuti sono senza dubbio i primi due oav dei sei cross-over realizzati da Go Nagai negli anni ’70 che vedono combattere insieme i suoi robot più famosi, quali Mazinga Z stesso, Goldrake, il Grande Mazinga e Getta Robot, e che narrano vicende fuori dalla continuità narrativa delle serie televisive: "Mazinga Z contro Devilman" (1973), in cui si incontra con un altro personaggio storico di Nagai nato nello stesso periodo, e soprattutto "Mazinga Z contro il Generale Nero" (1974), il migliore dei sei a pari merito con il “Dragosauro”, sorta di finale alternativo della serie, con ancora più pathos e drammaticità, in cui assistiamo ad un aggiornamento degli eventi che hanno portato alla discesa in campo del Grande Mazinga.
In Italia purtroppo Mazinga Z è stato la serie più “massacrata” di tutte: dei 92 episodi ne sono stati trasmessi solo 51 dei primi 56, all’inizio del 1980 sulla Rete 1. Gli altri, ancora inediti, sono disponibili oggi sul mercato collezionistico sottotitolati in italiano, peraltro in maniera alquanto rozza, approssimativa e dilettantistica, sufficiente tuttavia a godersi tutta la serie fino in fondo. Il motivo sembra dovuto al fallimento della casa di produzione francese che ne deteneva i diritti e da cui il cartone era stato importato. Fatto sta che a tutt’oggi quegli episodi non trasmessi gridano vendetta. Per non parlare poi della qualità dell’adattamento dell’epoca nelle puntate andate in onda, dove i due Mazinga sono stati fra gli anime più penalizzati in questo senso, ciò che non ha impedito comunque il loro successo e la loro meritata fama. Da rilevare infine come nel nostro paese, tanto per distinguersi, le tre serie che compongono la saga sono state trasmesse in ordine inverso, ossia prima Goldrake, poi il Grande Mazinga e infine Mazinga Z, rendendo pressochè impossibile cogliere il legame tra di loro e seguire lo svolgersi dell’intera storia, e cambiando pure ogni volta il nome al personaggio chiave Koji Kabuto, che si chiama Rio in Mazinga Z e Alcor in Goldrake, confondendo ancora di più le idee agli spettatori.
Mazinger Z primo e vero super robot, capostipide della serie dei robottoni, nasce agli inizi degli anni 70, ma arriva in italia soltanto negli anni 90 dopo goldrake (grendizer in giappone) e presequel del Great Mazinger, un cult insomma.
In italia sono stati trasmessi circa 32 episodi (cioè un terzo dell'anime) il resto lo possiamo trovare in lingua originale con i sottotitoli in italiano e quì spenderò due parole.
I dvd purtroppo e, non solo i miei, quindi non è un difetto del dvd, ma dell'attività si "subtitling" è una schifezza. Ci sono pezzi che saltano o che non vengono tradotti, pezzi che si sovrappongono (la riga superiore traduce ciò che dice un personaggio e la riga sotto ciò che dice l'altro personaggio) senza dividersi nei momenti in cui i personaggi parlano.
Non ha nulla a che vedere con la cura che ci mette un fansubber neanche alla lontata, ma neanche con i sub commerciali, che non sono comunque un granchè ma questi, ripeto, sono i peggiori che si trovano in commercio da me visti.
Il video non è malaccio anche se l'eta del master chiramente si vede.
Per il resto un 9 non gli e lo toglie nessuno.
L'arrivo del grande mazinga è molto più bello e meglio strutturato nel film Gmazinga VS mazonga Z, però il collegamento tra i due mazinga è finalmente chiarito.
In italia sono stati trasmessi circa 32 episodi (cioè un terzo dell'anime) il resto lo possiamo trovare in lingua originale con i sottotitoli in italiano e quì spenderò due parole.
I dvd purtroppo e, non solo i miei, quindi non è un difetto del dvd, ma dell'attività si "subtitling" è una schifezza. Ci sono pezzi che saltano o che non vengono tradotti, pezzi che si sovrappongono (la riga superiore traduce ciò che dice un personaggio e la riga sotto ciò che dice l'altro personaggio) senza dividersi nei momenti in cui i personaggi parlano.
Non ha nulla a che vedere con la cura che ci mette un fansubber neanche alla lontata, ma neanche con i sub commerciali, che non sono comunque un granchè ma questi, ripeto, sono i peggiori che si trovano in commercio da me visti.
Il video non è malaccio anche se l'eta del master chiramente si vede.
Per il resto un 9 non gli e lo toglie nessuno.
L'arrivo del grande mazinga è molto più bello e meglio strutturato nel film Gmazinga VS mazonga Z, però il collegamento tra i due mazinga è finalmente chiarito.
Prima serie della trilogia Mazinga Z, Great Mazinger, Goldrake (escludendo Mazinkaiser).
Di sicuro la mia preferita delle 3, forse perchè è stata la prima ad affascinarmi (Goldrake non mi ha mai fatto impazzire).
Il voto così alto probabilmente deriva soltanto da uno smisurato affetto per le emozioni che provavo da bambino davanti al televisore: analizzata a 30 anni di distanza la serie potrebbe uscirne soltanto con le ossa rotte, e non voglio farlo. Un 9 di stima, a Nagai ed al suo fantastico Koji Kabuto. P.S. La sigla italiana è tra le mie preferite in assoluto: Quando udrai un fragor a mille decibel.... giù dal ciel piomberà Mazinger.....
Di sicuro la mia preferita delle 3, forse perchè è stata la prima ad affascinarmi (Goldrake non mi ha mai fatto impazzire).
Il voto così alto probabilmente deriva soltanto da uno smisurato affetto per le emozioni che provavo da bambino davanti al televisore: analizzata a 30 anni di distanza la serie potrebbe uscirne soltanto con le ossa rotte, e non voglio farlo. Un 9 di stima, a Nagai ed al suo fantastico Koji Kabuto. P.S. La sigla italiana è tra le mie preferite in assoluto: Quando udrai un fragor a mille decibel.... giù dal ciel piomberà Mazinger.....
Il primo mitico robottone di Go Nagai!!
E'arrivato in Italia nei primi anni '80, in ritardo rispetto al suo fratello più giovane "Great Mazinger" o Goldrake/Grendizer. Venne mandato in onda sulla Rai ma la trasmissione non venne mai conclusa. Con Mazinga Z ha inizio la saga di Koji Kabuto che comparirà poi occasionalmente in "Great Mazinger", come vice protagonista in Goldrake (in Italia si chiamava Alcor) e poi in tempi recenti di nuovo protagonista con Mazinkaiser. Visto con gli occhi di oggi ispirano tenerezza le animazioni primitive e i disegni grezzi. I mecha sono addirittura ridicoli ed infantili ma è innegabile il fascino che una serie del genere emana. Imperdibile per i nostalgici.
E'arrivato in Italia nei primi anni '80, in ritardo rispetto al suo fratello più giovane "Great Mazinger" o Goldrake/Grendizer. Venne mandato in onda sulla Rai ma la trasmissione non venne mai conclusa. Con Mazinga Z ha inizio la saga di Koji Kabuto che comparirà poi occasionalmente in "Great Mazinger", come vice protagonista in Goldrake (in Italia si chiamava Alcor) e poi in tempi recenti di nuovo protagonista con Mazinkaiser. Visto con gli occhi di oggi ispirano tenerezza le animazioni primitive e i disegni grezzi. I mecha sono addirittura ridicoli ed infantili ma è innegabile il fascino che una serie del genere emana. Imperdibile per i nostalgici.