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esseci

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9,5
Attenzione: la recensione contiene spoiler

"Le favole esistono, è il lieto fine che manca" (M. Badiale)

Nella mia esperienza di serie e film animati sto iniziando a maturare l'idea che Mamoru Oshii sia il mio autore e regista preferito. Da "Beautiful Dreamer" a "Tenshi no Tamago", passando per "Ghost in the Shell", a mio avviso ha sfornato o partecipato alla realizzazione di veri e propri capolavori dell'animazione e, probabilmente, con "Jin-Roh" è riuscito a sublimarsi in un affascinante film distopico che sembra strizzare l'occhio sia ai classici spy-action movie occidentali sia alle favole d'amore dalle tinte cupe e fosche, che conducono a un'amarissima riflessione sull'esistenza e sulla natura dell'uomo.

"L’inferno si trova qui, dentro la testa" (dal film "L'organo genocida" - 2017, tratto dall'opera di Project Itoh)

Spero di non far inorridire chi ha apprezzato il film in recensione, ma come struttura e impostazione ho trovato alcune somiglianze tra "Jin-Roh" e il successivo (e meno pregiato) "L'organo genocida". Entrambi si contestualizzano in un determinato periodo storico, rivisitato per creare una trama action con risvolti filosofico-introspettivi di gran rilievo.
Se il film più recente prende spunto dal terrorismo internazionale e dalle contromisure messe in atto dal controspionaggio degli Stati "occidentali", "Jin-Roh" fa scoprire allo spettatore un Giappone sconosciuto e distopico degli anni '60, che cerca di rinascere dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale attraverso un boom economico che crea un benessere non distribuito socialmente e ottenuto attraverso corpose riforme impopolari, che creano malcontento e ribellioni sempre più massicce.
In una Tokyo teatro di violenti scontri tra ribelli e forze di polizia, tra cui il corpo scelto speciale (denominato DIME), che gode di un'autonomia militare maggiore rispetto alla polizia e all'esercito, si consuma il dramma di una lotta cruda, brutale e senza esclusione di colpi con i ribelli che agiscono con azioni paramilitari e organizzate, avvalendosi anche di donne e bambini, chiamati "cappuccetti rossi", per il trasporto di armi ed esplosivi alle varie cellule dei ribelli.
Durante un'operazione dei reparti speciali volta a bloccare un'operazione organizzata dei ribelli, l'agente speciale Kazui Fuze esita a sparare a una ragazzina che trasporta esplosivo, e quest'ultima si lascia esplodere davanti ai suoi occhi, restando leggermente ferito fisicamente, ma psicologicamente molto segnato dalla brutalità di una vera e propria battaglia "fratricida", trattandosi di scontri da guerra civile.
L'episodio segna l'incipit di una trama ricca di colpi di scena, in cui "eros" e "thanatos" vengono bilanciati in modo sapiente, anche e soprattutto attraverso l'allegoria della celeberrima fiaba di "Cappuccetto Rosso", che viene utilizzata per dare un significato cupo e disilluso sulla natura umana e sulle interazioni tra gli individui.

"Homo homini lupus (est)" (T. Hobbes)

All'interno del corpo scelto della DIME è presente un nucleo "non ufficiale" e parallelo di agenti definiti in gergo "Jin-Roh" ("uomini-lupo"), come una sorta di gruppo autonomo di controspionaggio che cerca di avversare gli intrighi più o meno evidenti e finalizzati allo scioglimento della DIME in favore dei corpi di polizia scelta, essendo ritenuta ormai obsoleta per lo scopo per il quale era stata fondata. E l'incidente accaduto all'agente Fuze diventa l'alibi per generare un vero e proprio complotto contro la DIME, strumentalizzando l'agente incappato in una sorta di apparente "obiezione di coscienza".

Dopo Chales Perrault, i fratelli Grimm e Italo Calvino (tra i tanti), Mamoru Oshii prova a utilizzare con il suo originalissimo stile la favola di Cappuccetto Rosso per proiettare sulla trama di "Jin-Roh" la sua cupa weltanschaaung sull'esistenza umana, tormentata da un pessimismo senza rimedio, in cui l'uomo, seppur mosso dalle più nobili intenzioni, non si può sottrarre all'ineluttabile visione "istintuale" e "cattiva" della natura umana, disseminando i dialoghi tra i personaggi di frasi molto emblematiche della sua visione, che sembra riassumibile nell'aforisma citato di Hobbes.
C'è poco da commentare: la natura umana è egoista e le azioni dell'uomo sono determinate dall'istinto di sopravvivenza e, soprattutto, da quello di sopraffazione. Non c'è amore nelle relazioni umane e l'uomo interagisce coi suoi simili solo in virtù di reciproche concessioni di interesse e timore reciproco.
Una visione molto pessimistica che trova riscontro in una pletora di indizi disseminati nei dialoghi tra i personaggi:
"Tutti conosciamo la versione di Cappuccetto Rosso e nessuno conosce quella del lupo. Forse ci parlerebbe di solitudine e di orgoglio, di lune favolose e di boschi cancellati dagli uomini".
"Noi non siamo uomini travestiti da cani. Siamo lupi travestiti da esseri umani".
"Provare incubi per le proprie nefandezze è sbirciare attraverso l'uscio della coscienza".

Ma il capolavoro è il finale, in cui M. Oshii e il regista (suo assistente) Okiura creano, in un crescendo di tensione, un momento di una intensità ed emotività in cui lo stesso protagonista, l'imperturbabile agente speciale K. Fuze, nonché uno degli "uomini lupo", dimostra nella sua espressione trasfigurata dal dolore tutta la drammaticità e l'umanità del momento e del profondo dissidio interiore tra l'adempimento del "dovere" e i sentimenti che nutre nei confronti di Kai, la persona la cui sorte dipende proprio dalla sua azione, ahimè letale.
"Non volevo nient'altro che un posto nel tuo cuore. Volevo qualcuno che si ricordasse di me!", afferma la vittima in un momento di composta disperazione tra le braccia del suo carnefice.
"E il lupo divorò Cappuccetto Rosso"... il lieto fine della possibile fiaba non si avvera, e resta solo la cupa disperazione e la consapevolezza delle tenebre dell'animo umano, con l'immagine finale del libro delle favole regalato da Kai, la ragazza "cappuccetto rosso", all'agente Fuze, gettato in una pozzanghera nel luogo dell'esecuzione sommaria.

Pura e brutale poesia, per una regia che nonostante il tempo trascorso dalla produzione (1999) resta comunque molto apprezzabile, tecnicamente semplice ma adeguata e di effetto per il tipo di storia narrata, con inquadrature fisse sui visi dei protagonisti. Pregevoli anche le riprese in soggettiva nelle scene di azione, con animazioni fluide. Il chara design non mi ha fatto impazzire per il suo stile piuttosto piatto e non dettagliato ma comunque molto realistico, quasi disegnato con uno stile che sembra frutto della tecnica del rotoscopio piuttosto che con il classico e irrealistico stile degli anime cui lo spettatore è abituato.
Degni di nota i fondali e i colori cupi e spenti che tendono a trasmettere l'atmosfera "pesante" della trama.

"Jin-Roh" è a mio avviso un capolavoro che si avvicina alla perfezione e che merita una visione anche e soprattutto per come è stata congegnata la trama, una storia di fantasia per gli adulti disillusi; in fondo, "sempre, in ogni fiaba, c'è una voce che piange in una torre" (F. Caramagna)


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Nicola Scarfaldi Cancello

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9,5
Attenzione: la recensione contiene spoiler

Oggi farò un intro da generazione Z.

Guardo "Jin-Roh". Non c'ha un difetto. Fattuale.

Prima di iniziare per davvero, ci tengo a dire che ho avuto modo di parlare abbastanza distensivamente di quest'opera con due amici fidati, e probabilmente mi ritroverò a riutilizzare anche le loro parole per il testo di questa recensione, pur non potendoli citare esplicitamente.
Amici sotto l'egida di Lain Iwakura, grazie mille - farò onore del dono fattomi.

Bene, chiudiamo con la 'frociaggine'.

Film scritto da Mamoru Oshii, basato su un'opera scritta da Mamoru Oshii, tecnicamente collegato ad altri due film diretti da Mamoru Oshii, è un'opera con la regia... non di Mamoru Oshii - c'è qualcosa di molto divertente in tutto ciò, ma non importa.

L'opera è ambientata in un ucronico Dopoguerra giapponese della Seconda Guerra Mondiale, dove si è deciso di istituire una polizia speciale soprannominata Kerberos, caratterizzata da armature antisommossa dai tratti inquietanti e disumanizzanti, e da un clima di tensioni e violente proteste popolari, altrettanto violentemente represse da questa neonata forza di polizia.
La storia si concentrerà su Kazuki Fuse, membro di questa unità che, al seguito del suo non aver sparato a una giovane ribelle che trasportava una bomba, permettendole di suicidarsi con un'esplosione, inizierà a far sollevare dubbi al governo centrale sulla vera efficacia di questa milizia. E così, seguiremo l'evolversi delle vicende dal suo punto di vista, e il suo relazionarsi con Kai, un altro Cappuccetto Rosso (ovvero, una ragazza dedita a trasportare esplosivi per i rivoluzionari), apparentemente sorella di quella incontrata precedentemente da Fuse.
L'evolversi delle vicende da lì in poi sarà molto meno scontato di quanto potremmo pensare.

Di solito, per abitudine, parlo del comparto tecnico alla fine, ma mi sento di voler iniziare proprio con questo, poiché sin da subito ha avuto modo di colpirmi e di riempirmi lo sguardo con la sua bellezza.
Ben lontano dalla patinatura, dai colori sgargianti e dai mille riflessi che molti, nelle opere contemporanee, considerano animazione di alta qualità (anche perché, anche potendo e volendo, l'opera racconta un contesto e descrive un'atmosfera che non può riempirsi di queste cose), "Jin-Roh" è un'eccellenza dell'animazione.
Non solo per la qualità e la fluidità ai limiti della perfezione dell'animazione in senso stretto, ma anche per la bellezza e la quantità di dettagli utili che la arricchiscono. Sfondi e ambientazioni si amalgamano alla perfezione con gli agenti in movimento su pellicola, contribuendo a potenziare quel senso di realistica cupezza e di concreta umanità di tali agenti, ma anche di concreta disumanità (più in senso di "non-umano" che "crudele") di altri.
Il tutto accompagnato da una colonna sonora che, specie nei momenti clou, riesce a comunicare un senso di marcia verso tale disumanità, di progressiva dissoluzione dei valori umani in favore delle bestie, dei lupi che desiderano solo divorare gli uomini e proteggere la solidità del proprio branco.

Proprio il parallelismo con i lupi, e soprattutto con la fiaba di Cappuccetto Rosso, impernierà il film dall'inizio alla fine.
Una serie di similitudini e metafore che, a onor del vero, non sono né sottili né particolarmente silenziose, per come si è deciso di raccontarle, eppure riescono ad essere gestite con una maestria tale da non risultare pedanti (alla faccia di chi tratta lo "show don't tell" come un dogma religioso). Questo grazie all'uso delle voci malinconiche, affrante, di Fuse e Kai nel raccontare la fiaba durante il film, e anche la potenza simbolica, nella sua semplicità, che le frasi del lupo vengano dette sempre e solo da Fuse.

In un primo momento, possiamo notare come l'opera abbia una delle descrizioni più potenti ed efficaci del disturbo post-traumatico da stress, non solo per l'apatia con cui Fuse reagisce ad alcune cose, ma anche per la potenza simbolica, pur nella sua immediatezza, della scena in cui Fuse si ritrova a sognare di inseguire Kai nelle fogne, che scappa da lui; mentre lo fa, sempre più lupi lo circondano, lupi famelici che si ritroveranno a divorare la ragazza.
Come farà intendere lei nel sogno, e come aveva già detto il suo istruttore prima, "le storie di uomini e bestie che si incontrano non finiscono mai bene".

Eppure, il film ha modo di sorprenderci ancora, sempre usando questo parallelismo.
Perché concentrandosi così tanto sulla lettura che sembra la più evidente, ovvero quella dell'uomo ferito dalla crudeltà delle sue azioni e dalla sua natura bestiale, ci distoglie volutamente dal suo mettere gli elementi per un'altra lettura, presente sin da subito anche nella fiaba di Cappuccetto Rosso, ovvero quella del lupo mascherato da uomo.
Così, quando, nella parte finale del film, braccato dagli agenti del governo che vogliono catturarlo e usarlo come elemento chiave per lo scioglimento della DIME (il nome vero e proprio dei Kerberos), Fuse si rifiuterà perché "ha ancora qualcosa da fare", in seguito, portata la ragazza in un altro complesso fognario, si ritroveranno ad apparire altri membri dei Kerberos.
Sarà in quel momento che si rivelerà come Kazuki Fuse non sia solo un Kerberos, ma un Jin-Roh, una cellula fantasma della DIME che si occupa di controspionaggio, con il solo e unico scopo di garantire la sopravvivenza dell'unità, anche al costo di doversi scontrare con altre forze istituite dal governo.
Alla mente dello spettatore tornerà il ricordo dei tanti indizi trascurati, come quando Fuse aveva confessato a inizio film che alla prima Cappuccetto Rosso "in realtà lui voleva spararle", o come quando aveva rivelato di essere entrato nella DIME perché "sentiva di aver trovato un posto a cui apparteneva davvero".
Fuse era sempre stato consapevole della sua natura di lupo, e vi era rimasto fedele sino a quel momento.

Così, mentre vari uomini lo rivestono con l'armatura dei Kerberos, al contempo lo svestono del guscio umano che lo ricopriva, dandogli il là per rivelare la sua vera natura.
Uno ad uno, Fuse terminerà la vita di tutti gli agenti del governo che lo inseguono, non battendo ciglio quando il loro capo, Hanmi, in un disperato tentativo di reagire, gli sparerà gridando: "Non sei anche tu un essere umano? Fuse!".
Tutto ciò, prima di venire brutalmente crivellato di colpi.

Eppure, non dobbiamo fare l'errore di credere che la sofferenza di Fuse fosse artefatta.
Sarà evidente nella chiusura del film quando, rivelatogli che ormai Kai ha svolto il suo compito e che serve più da morta che da viva, Fuse si ritroverà con il compito di ucciderla, di scegliere se essere una bestia che vive tra gli uomini, o continuare nel suo ruolo di lupo.
Mentre si prepara a sparare, il volto di Fuse, che mai era stato così espressivo, si contorce per il turbine di emozioni che lo divorano, arrivando a gridare per soverchiare i pianti della ragazza.

Poi il colpo parte.

"E il lupo divorò Cappuccetto Rosso", commenta il suo capo, mentre il film si chiude sul libro di favole regalato a Fuse da Kai, abbandonato in una pozzanghera, a marcire.
Fuse sarà un lupo per sempre.

Potrei chiudere qua, ma è bene dire che questo film non racconta solo una vicenda umana.
Esso è anche una descrizione del dispotismo di determinate organizzazioni parastatali.
La DIME rifiuta di essere solo uno strumento nelle mani dello Stato, e inizia a difendere con aggressività la propria esistenza, proprio come un gruppo identitario, come un branco di lupi che cerca di mantenere la propria integrità contro altri lupi.
Un fenomeno che abbiamo visto accadere tante volte nella storia, e che chissà quante altre volta sarà destinato ad accadere.

Bene, direi che dopo tutte queste parole di elogio, lo si possa considerare quantomeno un bel film.
Quindi, guardatelo, no?

Auf wiedersehen!


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Pan Daemonium

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
Preludio di una saga complessa di fanta-politica, il film animato di "Jin-Roh" può però benissimo essere anche punto di partenza e punto finale della semplice narrazione di come l'essere umano si de-umanizzi con una velocità imbarazzante. Che siano motivazioni partigiane o di difesa dell'ordine prestabilito, le parti in gioco in un gioco umano pensano sempre con una logica propria che all'altro è incomprensibile. In una coppia di amanti la volontà di ciascuno è incomprensibile. Tra due amici c'è incomprensibilità, tanto che spesso qualcuno si allontana e tradisce. Chi muore verrà dimenticato, come capita a un rudere alle soglie della strada, la cui forma non salta più alla memoria - non è tutto ciò incomprensibile? E perché far saltare in aria la propria giovane vita per un'idea di cui magari non si sono neanche comprese le portate, i dettagli, i cui lembi sono ancora sfilacciati? Incomprensibile. Tutto è incomprensibile in "Jin-Roh", ma logico. La logica ferrea taglia l'acciaio e le tante vite che in due ore si affacciano ai nostri occhi. In modo realistico (con una tecnica di animazione tra le più realistiche mai viste) corpi saltano in aria e vengono sminuzzati da proiettili di grosso calibro.
Uno dei pochi film in cui i protagonisti muoiono - tutti, dal primo all'ultimo. Chi muore per un'esplosione, chi muore per un colpo di pistola e chi muore solo dentro e dentro, da solo, ormai lupo solitario parte di un branco di fantasmi.

ALUCARD80

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
“Le fiabe dove gli animali si mescolano agli esseri umani, di solito finiscono molto male.
È meglio che le bestie si limitino alle loro storie.”


Tutto comincia con una scala di grigi tinta da attimi color seppia, come vecchie foto sbiadite tratte da quaderni del secolo scorso, immagini che introducono ad un universo alternativo a quello a noi noto, ove il corso degli eventi storici si è susseguito in modo differente: una sorta di “Sliding Doors” a partire dal sofferto epilogo della Seconda Guerra Mondiale, capace di prendere una tangente che andrà a sviluppare eventi surreali e a tratti angoscianti - niente di nuovo ahinoi, né troppo differente dalla nostra realtà.

“Tutti conosciamo la versione di Cappuccetto Rosso e nessuno conosce quella del lupo. Forse ci parlerebbe di solitudine e di orgoglio, di lune favolose e di boschi cancellati dagli uomini.”

Sin dalle prime battute di questo imponente e silenzioso lungometraggio respiriamo un’aria tragica ed epocale, mentre grevi, sofferte note introducono un incipit ispirato ai tumultuosi e disperati Anni Cinquanta nipponici, a cavallo fra una mirabolante, pachidermia crescita economica e gravi crisi sia sociali che di crescita urbana, alla mercé di una delinquenza organizzata e intrisa di rapporti altalenanti verso un Occidente più proiettato verso il futuro.
Si intuisce che non stiamo per assistere a un racconto di sviluppo e libertà come potremmo immaginare, bensì un cupo prolungamento di alcuni regimi totalitari a stampo militare che nella nostra realtà avrebbero dovuto essere dissipati (o quantomeno frammentati e reimpostati): in un Giappone allo sbando, per riportare equilibrio e sedare il caos dilagante, lo Stato istituisce un ordine squadrista di soldati ultra-equipaggiati di nome “Dine”, inquietanti truppe speciali dal tenore nazista, gente dai volti celati da maschere a gas, lenti oculari rosso fuoco e armi da fuoco terribili per l’epoca, una sorta di crudele e spietata impostazione che rievoca corsi e ricorsi storici appena conclusi (ma in chiave cyber-futuristica).
Addentrandoci nella vicenda, veniamo a conoscenza del protagonista di cui seguiremo le gesta, e della sua complessa e sofferta realtà... Anno Domini 1960, una timeline differente dalla nostra: conclusasi la Seconda Guerra Mondiale, le cose sono andate diversamente da come le conosciamo; Kazuki, membro di una delle suddette squadre d’elite anti terrorismo, milita in una branca della Dine di nome Kerberos, istituita con la finalità di combattere ciò che tutti hanno imparato a conoscere come Setta, ovvero quei superstiti che, dopo aver partecipato, fomentato e indotto disordini e sommosse antigovernative, si sono riuniti in gran segreto - e come i carbonari d’un tempo, hanno creato un gruppo popolare sovversivo con il fervente desiderio di rovesciare la dittatura attuale.
Comprendiamo sin da subito che non esistono parti in ragione: è tutto troppo torbido, troppo vero e troppo amaro per filtrarci qualcosa di puro e positivo. Quando il popolo, disperato, insorge con i suoi più irrefrenabili giustizieri e si contrappone a giovani forze militari cresciute con ideali diametralmente opposti, è storicamente appurato che finirà in un lago di sangue.

“Jin-Roh” viene prodotto nel 1999, e il suo impatto visivo risulta meraviglioso e immediatamente coinvolgente, tanto oggi quanto all’epoca.
Presenta sin da subito scorci artistici eccezionali, prospettive studiate e “cinematografiche”, quasi un film disegnato, recitato da attori reali trasformati in cartoni animati. Altrettanto attinenti e verosimili sono i fondali, ambienti meravigliosamente dettagliati e credibili: è come una pellicola d’autore ricca d’emozione e intensità.
Ciò che colpisce dalle prime battute è una colonna sonora di fondo perpetua e sofferente, tanto da ricordarci, - solo a tratti, e diamine se calza a pennello - le dilanianti melodie di “Platoon”, capolavoro cinematografico di Oliver Stone sulle strazianti e orrende vicissitudini dei soldati americani in Vietnam. In comune, oltre alle note, qui troviamo elmetti lucidi che custodiscono fragili menti di giovanissimi e innocenti assassini, ignari di cosa stanno subendo, convintissimi di fare la cosa giusta, facce e smorfie celate, armi spianate, sangue versato senza coscienza e adolescenti strappati alla vita troppo presto. Crudeltà talmente disumane da essere inequivocabilmente umane, ricalcanti l’amaro realismo del nostro infausto mondo pregno di democrazia esportata e ipocrisia patriottica.

Come in tantissimi altri momenti storici e racconti più o meno reali, in “Jin-Roh” i ribelli passano per i “cattivi” agli occhi di parte dell’opinione pubblica e di chi sostiene l’ordine - gente senza scrupoli pronta a usare qualsiasi mezzo e immolare chiunque per la propria causa.
Ma è veramente follia, la guerra - e il conseguente stato di disordine di un Paese sottosopra? Quando lo stato si scontra col popolo, gli innocenti non sono più tali e ne scaturiscono cascate di sangue, chi ha davvero torto?
Esiste qualcuno che ha mai avuto ragione, quando quel confine viene valicato?
Forse oggi potremmo rispondere di sì, che la rivoluzione e la resistenza sono sacre e i giochi di potere sono sempre più spietati, quando mirano a fare “grandi” soltanto poche persone, invece che le istituzioni e i Paesi che esse rappresentano.
Ecco quindi l’analogia riguardo i famosi cani intesi come bestie feroci, segugi da guerra, branco furioso e violento, spietato e pronto a sbranare: un soldato della Kerberos deve essere capace di mettere da parte le emozioni e dimostrarsi una macchina da guerra, senza esitazioni. La disumanità dell’ordine estremista militare è alla base del mestiere e, in quanto lupi spietati, i Kerberos danno la caccia a chiunque nel proprio “territorio”.
È nelle prime battute del film che Kazuki, assieme al suo plotone, cerca di fermare un gruppo di riottosi pronti a utilizzare pericolosi ordigni esplosivi, passando inosservati attraverso la rete fognaria sotto la città, utilizzando come corrieri innocenti ragazzine che mai potremmo immaginare complici (provate a pensare alle coraggiose fanciulle che aiutavano i Partigiani recapitando messaggi e oggetti di sorta); è proprio Nanami, una di queste giovanissime, vestita d’uno scialle scarlatto e una borsetta a tracolla, ad essere scoperta e inseguita dai terribili segugi. La giovanissima che tanto ricorda l’ignara Cappuccetto Rosso, fugge spaventata nella sotterranea foresta fognaria, inseguita dal branco di Lupi Cattivi, e proprio quando Kazuki si ritrova faccia a faccia con lei sperando di farla desistere (invece di abbatterla come avrebbe dovuto), Nanami decide di farsi esplodere piuttosto che farsi catturare.
La borsetta a tracolla contiene un’immane quantità di esplosivo, tanti sogni infranti e traumi irrisolti.
Di lei non rimane quasi più niente, ma nella testa del giovane soldato, che si credeva convinto e nel giusto, cominciano a sorgere numerosi dubbi e insicurezze, tanto da finire di fronte a un tribunale militare che cercherà di comprendere il suo stato psicologico, sospendendolo momentaneamente.

Da qui il lungometraggio assume ancor più una piega matura e profonda, alzando l’asticella della qualità: radicati sensi di colpa cominciano a far capolino da sotto il tappeto come sporco lurido nascosto per troppo tempo e accumulato in modo a dir poco preoccupante. Elaborate introspezioni autocritiche accompagnano silenziosi e lancinanti momenti di lotta interiore per venire a patti coi propri ideali, in contrasto a sensazioni istintive che il giovane e coraggioso soldato non può reprimere.
Kazuki, sospeso poiché ritenuto in un momento di eccessiva fragilità e insicurezza, comincia così a navigare nel proprio io esistenziale, in pericoloso bilico fra presunto pragmatismo e sofferenza inaudita. Inevitabilmente, vagando con l’anima in fiamme, finisce di fronte alla tomba della suicida, interrogandosi sul perché non sia riuscito ad adempiere al proprio dovere, e proprio lì incontra la sorella maggiore della defunta, che non poco le assomiglia - bella, delicata, evanescente e malinconica nei tratti.
Dall’incontro, e dalla lunga, riflessiva chiacchierata che ne segue, Kazuki rimane sorpreso che la ragazza - Kei il suo nome -, sebbene col cuore in frantumi, non ce l’abbia a morte con lui; anzi, inaspettatamente la fanciulla gli dona un libro che fu caro alla sorellina scomparsa... il volumetto parla di una fiaba in particolare, una sorta di rivisitazione, appunto, di “Cappuccetto Rosso”.
Quando il soldato in congedo comincia a leggere il racconto, proprio in quell’esatto momento, l’intero film animato da semplice lungometraggio diviene un meta-racconto, un racconto simbolico e multifunzionale trasversalmente stratificato sulla moralità umana, così che si possa valutare e sfogliare a più livelli come una novella che per ogni frase pronunciata fornisce un significato biunivoco, due sensi di lettura paralleli e coincidenti al tempo stesso.
Nei cunicoli di quelle fogne, una foresta di buio e pietra, (il) Cappuccetto Rosso vaga con la borsa del suicidio/strage, stretta a tracolla mentre si dirige verso la casa della nonna, porto sicuro di gente che ancora resiste. Ma nella cupa foresta il lupo dagli occhi rossi vaga affamato e spietato, e al seguito ha tutto il branco, addestrato a pensare di essere nel giusto, pronto ad azzannare per la sicurezza di tutti. Tutti chi?
La fiaba raccontata in quel tremendo libretto risulta ben più atroce e ben più acuminata di come potremmo immaginarla. È una versione più spaventosa, più sanguinosa, tristemente realistica, metafora dell’interminabile condizione umana, prigioniera dei propri crimini sin dall’alba dei tempi.
La spirale di dolore è solo all’inizio.
Kei e Kazuki cominciano a conoscersi, a frequentarsi.
Ad avvicinarsi. A cercare di Essere Umani.

“Noi non siamo uomini travestiti da cani.
Siamo lupi travestiti da esseri umani.”


Più il film procede, più s’inabissa in fondali di dolore che via via diventa quasi impossibile elaborare. Il parallelismo coi traumi del Vietnam è tanto agghiacciante quanto pertinente; a tratti possiamo tangere tutto lo stress post-traumatico che molti soldati subiscono dopo aver assistito - o ancor peggio causato - in guerra. Così come nei crudi testi dei Pink Floyd, l’essere “Dogs of War” non lascia mai davvero il soldato, nemmeno e soprattutto quando torna a una vita apparentemente normale, poiché è il primo ad essere sia carnefice che vittima dei giochi di potere di chi non si sporca le mani; eccoli lì, in fila, con le loro bellissime medaglie lucidate, giovani disgraziati illusi di trovare il proprio posto nel mondo servendo file di un’interminabile menzogna armata, immaginando di elargire giustizia, esportare legge e correggere un mondo ormai corrotto fino al midollo, così intossicati da tale chimera tanto da lasciarsi il vero mondo alle spalle, per principiare un’infinita traversata nell’oceano di un dolore che non potranno mai guadare del tutto.

“Provare incubi per le proprie nefandezze è sbirciare attraverso l’uscio della coscienza.”

La seconda metà dell’opera è una caduta libera verso sensi di colpa e riflessioni universali, un’allegoria dove immagini, suoni, sequenze animate e parole suggeriscono significati reconditi ben più profondi di ciò che mostrano; lo svolgimento raggiunge così il vero climax con un doppio colpo di scena nelle fasi finali, dove ciò che lo spettatore ha assimilato fino a quel momento viene quasi totalmente ribaltato e riscritto, mentre la sottile, vacua e straziante falsariga su cui è stata ricamata la storia d’amore fra Kei e Kazuki - che fa da contraltare a tutto questo orrore - assume toni viscerali e inevitabilmente disperati.

“Non volevo nient’altro che un posto nel tuo cuore. Volevo qualcuno che si ricordasse di me!”

È un’esegesi di sentimenti, complessa da decifrare; uno sfogo, un liberarsi dei fardelli e uno spezzare silenzi a lungo atteso.
Tuttavia, il “drama” terminale s’avverte con doloroso anticipo e chiude la vicenda di controspionaggio con un epilogo altrettanto disumano proprio perché realistico, un riverbero dell’umanità che da sempre si perpetua: se l’amore è la forza che permette agli uomini di cambiare il proprio modo di vedere le cose e andare oltre ogni difficoltà, è chiaro che a questo mondo non ce n’è mai abbastanza per sopperire a tutta questa sconfinata, dilagante crudeltà che ha intriso ogni epoca.
L’orrore è reale, e ha il nostro volto.
Su tali direttive, “Cappuccetto Rosso” viene rivisto e riscritto secondo le regole “dell’adulta disillusione”, con un finale completamente differente, eppur pertinente.
I titoli di coda non hanno alcuna colonna sonora, esattamente come dopo la morte non esiste alcun suono.

“Jin-Roh” è una perla dell’animazione nipponica, da vedere assolutamente una volta, anche perché solo i più duri e solo chi apprezza questo genere di drammi distopici e strazianti lo vorrà subire una seconda volta.
Un’opera di grande impatto e più veritiera, ahinoi, di quanto si possa immaginare.


 1
menelito

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8,5
Che storia brutale! Ideali, sentimenti, sangue, metafore sulla natura umana e un'atmosfera cupa quasi steampunk che solo un decennio come gli anni '90 poteva sfornare.
Davvero una storia appassionante e ricca di intrighi e colpi di scena, che arricchiscono una trama già di base molto interessante; penso sia meglio non scendere nei dettagli dei personaggi, per evitare spoiler, ma posso di certo dire che ho adorato il doppiaggio originale, specie nei momenti di maggior disperazione, che mi hanno praticamente fatto venire la pelle d'oca, anche se pure in italiano non hanno sfigurato.
Disegni non 'accattivanti' come la maggior parte degli anime moderni, ma dannatamente azzeccati per l'atmosfera della storia.

Fra i film animati più tristi e al contempo belli che abbia mai visto. Spettacolare.


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Scarlett7

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
“Jin-Roh” è un film d’animazione del 1999 diretto da Hiroyuki Okiura e basato sulla “Kerberos Saga” di Mamoru Oshii.

La storia è ambientata in un Giappone alternativo degli anni ’60. Durante una violenta protesta in strada, nelle fogne di Tokyo, una giovane terrorista si lascia esplodere con una bomba davanti agli occhi di Kazuki Fuse, agente della polizia speciale DIME. Fuse è sottoposto a provvedimento disciplinare, ma il ricordo dell’accaduto continua a tormentarlo. Questo tormento lo porterà a incontrare Kai, la sorella della giovane terrorista con cui stringerà un forte rapporto. Intanto, mentre alcuni vorrebbero lo smantellamento della DIME, ai piani alti si vocifera dell’esistenza di una preoccupante organizzazione parallela al suo interno definita Jin-Roh, Uomini-Lupo.

“Jin-Roh” è un film molto realistico, in quanto fa parecchi riferimenti ai temi politici degli anni Sessanta e Settanta a cui si ispira. Basti pensare alle proteste studentesche che si tennero in quegli stessi anni e a cui parteciparono, oltre allo stesso Mamoru Oshii, anche Hayao Miyazaki e Isao Takahata.
Nell’universo alternativo qui descritto, la Seconda Guerra Mondiale si conclude con la vittoria della Germania, pertanto l’influenza nazista fa riferimento ai timori del ritorno al potere dei fascisti in Giappone.
Il film inoltre vuole fungere da critica al Paese che viene visto come anticonformista e riluttante al cambiamento. Un critica velata, se non si dà peso ai particolari di quel determinato periodo storico e ci si sofferma solo ed esclusivamente sulla storia che vuole narrare.
Ah, vorrei esprimere un mio personale parere su una cosa: ad eccezione di quelli effettivamente citati, io tutti quei riferimenti a “Cappuccetto Rosso” non li ho visti!
Ma mettiamo da parte i riferimenti storici.
Sebbene sia interessante, il film rende la storia complicata e non riesce a realizzarla completamente. La quantità di informazioni che riceviamo in un’ora e quaranta di film è troppo vasta e la cosa che non aiuta minimamente è che le fazioni alleate e quelle nemiche abbiano dei nomi molto simili tra loro. Si crea solo confusione!
Il finale è molto bello e profondo, l’ho apprezzato particolarmente, ma a conti fatti è ciò che ti rimane più impresso del film.

Devo ammettere che, a livello di personaggi, sono molto combattuta.
Kai è un personaggio molto interessante, ti mostra le sue debolezze, la sua fragilità e la confusione tipica dei giovani di quell’epoca. Insomma, il suo buon lavoro lo fa, ma il vero problema è il protagonista. È lui a mostrare la vera criticità in questo film. In alcuni punti riesci a comprendere il personaggio e ciò che si cela nel suo animo, ma non è abbastanza per stabilire una perfetta connessione tra spettatore e protagonista.
La cosa triste è che i personaggi di supporto riescono ad arrivare lì dove lui non riesce. Un vero peccato.

A livello grafico non mi è dispiaciuto, ciò che mi ha molto colpita sono i lineamenti del viso molto realistici. Il comparto sonoro invece è passato piuttosto in sordina.

Dal mio punto di vista, c’è qualcosa in “Jin-Roh”. C’è qualcosa che gli impedisce di essere un film eccellente, ma lo fa divenire comunque un film al di sopra della media, qualcosa che deve essere visto.
Vale la pena guardarlo? Beh, dipende. In alcuni punti è lento e piuttosto confusionario, quindi bisogna avere un po’ di pazienza, comprensione, molta curiosità e simpatia per il genere, ma guardarlo non sarà sicuramente una perdita di tempo.


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BaphometBelphagor

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Un film complesso, contorto e dalle molte sfumature e quindi dalle molte prospettive, possibilità di interpretazione, contestualizzazione e comprensione.
La grafica è realistica, quasi a voler aderire al contesto storico reale nella quale la storia è narrata. La musica è un sottofondo di melodie melanconiche, tristi, dure, crude in fusione con la tensione, l'angoscia, la disperazione, la paura, il terrore ivi rappresentati e provati dai personaggi, i quali sembrano in un certo senso vacui, scavati e provati profondamente nell'animo dagli eventi di cui si sono resi partecipi, testimoni e artefici. A ciò si aggiunge anche l'approfondimento del subconscio di alcuni personaggi, in particolare quello del protagonista, evento amplificato dalla lettura delle fiabe, specialmente di "Cappuccetto Rosso", che lo porta a capire/comprendere il suo errore e a cercare di rimediare. La trama è spietata, dura, cruda e violenta proprio perché ambientata nel periodo del Secondo Dopoguerra, durante il quale il Giappone attraversava una profonda crisi economica, sociale, politica e ipoteticamente anche culturale.
Necessita di essere visto più volte, proprio come "Akira".


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HakMaxSalv92

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
È un film molto profondo quanto crudo, duro e spietato.
Un uomo (o per meglio dire bestia e/o macchina da guerra), membro di un'unità speciale garante dell'ordine pubblico, assiste al suicidio di una ragazza nelle fogne di Tokyo, durante una manifestazione di malcontento generale, in seguito a cui viene sottoposto a un provvedimento disciplinare; comincia a interrogarsi su quale sia il ruolo nella sua vita e comincia ad avere delle visioni, sogni ad occhi aperti, oltre a qualche probabile rimorso di coscienza.
La grafica è più realistica che mai, i personaggi sono infatti ritratti con i tipici tratti dei Giapponesi, e anche l'ambientazione è più realistica. La colonna sonora è una catena di melodie dure e cupe, melanconiche e tristi, che riflettono il degrado, la disperazione, la tristezza, il dolore, l'angoscia e l'ansia, oltre alla rabbia, il senso di impotenza della società giapponese del Secondo Dopoguerra, nel periodo di transizione dalla recessione alla crescita e al boom economico del Paese a cavallo tra gli Anni Cinquanta e Sessanta, il tutto coronato da manifestazioni di violenza esasperata come non mai.
La trama è lenta, ma inesorabile, sottile. Una pellicola intensa, profonda, senza peli sulla lingua né giri di parole. L'amore è rigorosamente bandito da questo film, insieme a tutto ciò che lo riguarda, se non per emergere solo alla fine della vicenda. Importante e interessante anche la presenza di allusioni/riferimenti alla favola di "Cappuccetto Rosso".

Utente61949

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Utente61949

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
"Jin-Roh" è un film d'animazione del 1999 che vede l'esordio alla regia di Hiroyuki Okiura e la sceneggiatura scritta da Mamoru Oshii. La trama è ambienta in un Giappone con alcuni elementi alternativi degli anni '60, e inizia mostrandoci un gruppo di rivoluzionari che, effettuando una protesta, vengono poi fermati brutalmente dal corpo di polizia. Tra questi rivoluzionari però ci sono anche dei terroristi, appartenenti a un gruppo denominato La Setta, i quali vengono inseguiti da una sorta di unità speciale della sicurezza pubblica, denominata Kerberos Panzer Cops, di cui fa parte il protagonista.
Ciò che ci viene mostrato è un'estrapolazione in chiave moderna della fiaba originale e più cruda di "Cappuccetto Rosso" (scritta da Charles Perrault nel 1697), con l'aggiunta di critiche per il reale conformismo tipico giapponese. Il protagonista specialmente mostrerà come preferirà rinunciare alle sue emozioni umane, cioè alla sua individualità e libertà, preferendo la condizione di "lupo" che appartiene e segue il branco ed è al servizio di organizzazioni semi-sconosciute che gestiscono un potere più grande di lui. Una nota di merito va fatta sia in chiave visiva, visto che il film ha ottime e dettagliate animazioni, sia per la colonna sonora, la quale si adatta perfettamente a un film così cupo, realista e drammatico, creando un'atmosfera perfetta.

Un film d'animazione veramente ben realizzato, che sa far commuovere e riflettere, Hiroyuki Okiura non sembra affatto al suo debutto come regista. Un'opera a mio avviso da vedere assolutamente.


 2
Hatake Rufy

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
"Jin-Roh - Uomini e Lupi", film prodotto nel '98 e presentato in Giappone nel 2000, portato in Italia dalla Yamato Video nel 2004, è un film che lascia il segno, sia come ambientazione che come storia.
E' ambientato in Giappone nel Dopoguerra, in un momento critico in cui la popolazione cerca di uscirne al meglio, ma in quei momenti anche il peggio di una nazione esce allo scoperto: rivolte tra civili e agenti, morti e feriti in aumento, il tutto comandato dalle fazioni, la DIME e i terroristi. Durante un inseguimento nelle fogne una giovanissima terrorista si fa esplodere davanti a Kazuki Fuse, un agente della DIME, il quale subisce un trauma psicologico, punito poi dai piani superiori con provvedimenti disciplinari. All'interno di questa organizzazione si presume esistere un'altra organizzazione che agisce nell'ombra, chiamata Uomini Lupo; il ruolo del protagonista sarà decisivo, in quanto la trama si sviluppa principalmente attorno a lui.

Lo sviluppo della trama incide molto sul protagonista che caratterialmente si fa condizionare da chi gli sta intorno, provocando non buone situazioni; sembra non essere adatto alla vita del soldato, ma cerca sempre di fare del suo meglio salvaguardando non solo la propria vita, ma anche quella di chi gli sta attorno. Vi sono alcuni momenti che potrebbero appesantire il film, come una lunga manciata di minuti in cui seguiremo dei dialoghi, importanti per la trama, ma che potrebbe portare noia.

Il comparto visivo non è male, con disegni e animazioni nella norma, mentre il doppiaggio in italiano lascia a desiderare in alcune scene. L'ambientazione è la parte che più preferisco: il Dopoguerra, il disordine nelle strade, le rivolte ecc. Il tutto è ben realizzato, tenendo un certo grado di realismo che lascia una buona impressione sul giudizio finale; la storia termina bene, ovvero in maniera coerente, ciò che è giusto è giusto e ciò che deve essere fatto viene fatto, senza esitazione.
"Un lupo nelle vesti d'agnello rimane sempre un lupo".

Termino qui la recensione consigliando questo film agli amanti del giallo, dell'azione e della guerra, seguite da una trama e un comparto tecnico costruiti più che bene.


 3
ryo79

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Mi risulta piuttosto difficile definire un film come "Jin-Roh". Senza dubbio è una pellicola di una freddezza senza precedenti nel campo dell'animazione. Mamoru Oshii riprende la versione originale tedesca di "Rotkäppchen" ("Cappuccetto Rosso"), utilizzandola come metafora per narrare una storia cruda, violenta e pessimistica sulla natura umana. Il film è ambientato in un passato alternativo caratterizzato da degrado e violenza, in una società fatta di vittime e di predatori, dove però la linea che li separa è talmente labile, che questi ruoli possono però invertirsi con estrema facilità. E' un mondo in cui la natura degli uomini li porta a un destino ineluttabile dal quale è impossibile fuggire. E' sicuramente il film più pessimista di Oshii, che sembra volerci dire che noi tutti siamo soli, che l'amicizia non esiste e l'amore è solo un sogno. Ed è in questo contesto che incontriamo il taciturno Fuse, un uomo che sembra aver perso la sua identità ed è alla ricerca del proprio posto in questa società disillusa. Ma questo suo smarrimento nasconde la sua vera natura.

E' lui il lupo della storia, un predatore che entra in scena infrangendo l'oscurità della notte con i suoi occhi rosso-sangue, carichi di una promessa di morte per i malcapitati che gli capitano davanti. E quando quella povera ragazza, che sembra una terrorizzata Cappuccetto Rosso, finisce sotto il suo sguardo, Fuse si blocca e non riesce a sparare. "Perchè?" E' questa la domanda che aleggia nell'aria per un lungo istante. Poi più nulla. Dopo che la giovane ragazza si fa saltare in aria davanti ai suoi occhi, Fuse sembra non essere più certo della sua natura di lupo. I suoi occhi rossi si spengono e riaffiora parte della sua umanità. E' proprio su quel colpo di pistola mai sparato che ruota l'intera vicenda, vista attraverso i sensi di colpa del protagonista. E mentre sta cercando di venire a patti con la sua coscienza, incontra la dolce e malinconica Kei, che riesce a farsi strada nel suo cuore, ma solo fino a un certo punto. Perchè Kei ricalca il ruolo di Cappuccetto Rosso, e quando questa realtà emerge, torna in superficie anche il lupo che è in Fuse, un lupo che non può impedire al suo istinto di avere il sopravvento.

Questo è un lungometraggio con una straordinaria realizzazione tecnica, che ha tenuto impegnato la staff della I.G Production per oltre tre anni. Infatti l'intera pellicola è interamente stata realizzata senza effetti digitali di alcun tipo, cosa che può meravigliare dato il livello di alcune sequenze del film. Le animazioni sono state realizzate con l'utilizzo massiccio del rotoscope, dando una notevole resa grafica dei personaggi e un'alta fluidità dei loro movimenti. Non si può non rimanere colpiti dal bellissimo character design, che riesce a trasporre l'espressività del volto umano in una maniera sorprendente. E' proprio questa caratteristica che rende possibile utilizzare una recitazione fatta di sguardi e lunghi silenzi. I due protagonisti principali sono proprio quelli che hanno meno battute, ma sono anche i personaggi più espressivi. Anche l'ambientazione è piuttosto atipica, vengono abbandonate le scenografie multicolore, tipiche degli anime anni novanta, per realizzare una Tokyo post-bellica grigia e spenta, una città che si trova in un perenne stato di degrado, con tetri edifici in rovina, avvolti nel silenzio e privi anche solo di una parvenza di calore umano.

Il tutto è esaltato da una splendida regia. La camera sembra muoversi attorno ai protagonisti fino quasi a sfiorarli, resta ferma ad osservarli, si muove con loro. Okiura, così come farebbe Oshii, dà la precedenza alle scene di dialogo e a quelle introspettive, piuttosto che a quelle d'azione. La narrazione segue il filo conduttore dell'intrigo politico per sviluppare una storia avvincente che ruota attorno alle emozioni dei protagonisti, fino all'inatteso e toccante finale. Magistrale una delle parti centrali, dove le allucinazioni di Fuse si mischiano ai suoi ricordi diventando un sogno dove, assieme a un vero branco di lupi, insegue quella giovane terrorista che d'un tratto diventa Kei, fino a immedesimarsi lui stesso nei lupi che cerca disperatamente di fermare. L'atmosfera è caratterizzata dalle stupende musiche scritte da Mizoguchi ed eseguite dalla Czech Philharmonic Orchestra. Si tratta di brani dolci, malinconici, epici ed emozionanti, tra cui spicca il tema principale della pellicola, cantato dalla bravissima Gabriela Robin. "Jin-Roh" è senza dubbio un capolavoro. Un'opera che avrebbe meritato di essere proiettata nelle sale cinematografiche.


 6
Kabutomaru

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Avendo impresso un solco profondo nella storia del cinema, grazie a svariati capolavori, il regista Mamoru Oshii in accordo con lo studio della "Production I.G." decide che è ora di iniziare a cercare delle nuove leve in modo da garantire la sopravvivenza dell'azienda. Nonostante il progetto della "Kerberos Saga" sia totalmente legato alla figura di Oshii, che l'ha sviluppata nel corso degli anni nei media più svariati (manga, romanzi, trasmissioni radiofoniche e film), decide di realizzare un film animato appartenente a tale universo che funga da prequel, scrivendo sia il soggetto che la sceneggiatura, ma affidando la regia al suo allievo Hiroyuki Okiura, il quale a soli trentatré anni aveva già lavorato in molti film che hanno fatto la storia dell'animazione (per esempio: "Akira", "Patlabor 2" e "Ghost in the Shell"). Il film uscirà prima nei cinema francesi nel 1999 e poi l'anno successivo in Giappone. In Italia "Jin-Roh: Uomini e Lupi", è stato riproposto di recentemente da Yamato Video, in un'edizione limitata a due dischi (di cui uno contenente oltre cinquanta minuti di contenuti speciali molto interessanti per comprendere meglio l'opera ed i suoi sottotesti), sia in DVD che in Blu-Ray.

Nell'universo alternativo creato da Mamoru Oshii, la Germania ha vinto la Seconda Guerra Mondiale, ma tutto sembra procedere come la storia normale, e infatti, nel giro di dieci anni dalla sconfitta, il Giappone si riprende grazie a uno sviluppo economico senza precedenti. Tutto questo ha creato benessere, ma al contempo anche numerose disuguaglianze sociali, e ciò finisce con il provocare pesanti agitazioni e proteste. Per ovviare a ciò, il governo decide di creare l'organizzazione della DIME, la quale, avvalendosi di membri duramente addestrati, riesce a contrapporsi sempre più efficacemente all'organizzazione terroristica chiamata la "Setta", nella quale sono confluiti i vari gruppi di rivoltosi. Nel 1962, in uno di questi innumerevoli scontri, Kazuki Fuse, membro della DIME, si ritrova innanzi a una giovane terrorista che si lascia esplodere con una bomba invece di farsi catturare, e, a seguito di tale evento, Fuse viene rispedito nuovamente all'addestramento reclute, perché non le ha sparato. L'uomo in piena crisi di coscienza per via dell'accaduto, si ritrova coinvolto negli intricati e labirintici giochi di potere che vorrebbero smantellare la DIME.

Chiunque leggerà questa breve sinossi, capirà immediatamente che non si ritrova innanzi a un'opera qualsiasi, ma invece ha a che fare con un universo molto vasto, complesso e ricco di sfaccettature. Nonostante con un ottimo uso della voce fuori campo all'inizio del film si riesca benissimo a sintetizzare gli avvenimenti salienti caratterizzanti il contesto in cui la pellicola è immersa, si percepisce chiaramente come durante il corso dell'opera si abbia la sensazione di avere assaggiato solo un mero antipasto, facente invece parte di una portata molto più sostanziosa. Sensazione di incompletezza a parte, tutto ciò che c'è da sapere per quanto concerne la pellicola in questione è espresso all'interno di essa e, quindi, i timori di non capire determinati passaggi del film, o peggio la storia, sono infondati. La trama del film si dipana in lunghi, quanto complessi e labirintici giochi di potere dove le varie organizzazioni che si occupano della sicurezza interna si fronteggiano segretamente nel tentativo di prevalere l'una sull'altra, facendo anche uso di metodi illegali pur di riuscirvi.
Tutte le fila dell'intricata vicenda sono mossi abilmente dalle sapienti mani di Mamoru Oshii, la cui sceneggiatura si dimostra ben solida e inattaccabile, visto che tutti i pezzi del puzzle risultano incastrati alla perfezione, riuscendo così a creare un'immagine perfetta di tutti i machiavellici meccanismi presenti. Le fila dell'intera storia non sono facili da seguire e l'attenzione richiesta da parte di chi segue deve essere molto alta, pena perdersi all'interno dell'intricata tela di vicende, finendo così con il non apprezzare l'opera, che a dire il vero fa di tutto per mettere in difficoltà lo spettatore, poiché Oshii, come di consueto, sbatte letteralmente in faccia al povero spettatore un'enorme quantità di informazioni, nozioni, nomi di organizzazioni e personaggi senza un'adeguata presentazione pregressa (che molte volte manca del tutto), così che risulti molto facile perdersi, ma questo è il prezzo per ottenere un effetto più realistico possibile della vicenda.
Dopo che tutte le tessere di questo contorto mosaico avranno avuto la loro collocazione, ci si ritroverà innanzi all'immagine che l'autore voleva comunicarci, cioè una spietata critica all'immobilismo della società giapponese, all'interno della quale è impossibile modificare la propria posizione, cambiando il proprio status attuale. Kazuki Fuse esiste come individuo solo in quanto appartenente all'organizzazione della DIME, poiché al di fuori di essa finirà con l'essere un lupo solitario che cercherà invano di convivere con le altre persone. Con arditi simbolismi e l'uso metaforico della storia di Cappuccetto Rosso nell'originaria versione di Perrault, Fuse verrà squadrato sino nelle profondità della sua psiche in piena crisi, poiché è alla ricerca di una risposta che gli consenta di capire se potrà mai esistere come individuo solitario, oppure dovrà continuare ad essere un lupo in un branco di simili, al cui solo interno potrà collocare la propria esistenza, potendo aspirare al massimo nel potersi travestire da essere umano per poter celare le proprie vere sembianze.

Parlando di "Jin-Roh", si finisce inevitabilmente con il lodare solo quel genio di Mamoru Oshii, il quale ha avuto il merito di scrivere l'intricata vicenda in questione, però in tal modo si oscurano sempre i meriti di colui che dall'alto dirige abilmente tutti i fili della storia, il regista Hiroyuki Okiura. L'allievo di Oshii sfoggia una regia fortemente debitrice verso quella del suo maestro, a cui sicuramente avrà chiesto numerosi consigli per la realizzazione delle scene chiave del film, ma che dimostra avere comunque una forte personalità, riuscendo a conferire un ritmo molto lento e sostenuto alla storia, dando così un forte taglio da cinema live all'intera vicenda, narrata con uno stile molto freddo e documentaristico.
Tutto ciò si riflette nella messa in scena tendente al realismo più assoluto sin nei più piccoli particolari e sia nelle stranianti quanto eclettiche inquadrature degli sguardi spenti dei suoi personaggi, rivolti chissà dove alla ricerca di una risposta ai propri dilemma. Okiura nasce come emulo di Oshii, ma a differenza di molti altri registi che tentano di scimmiottarne lo stile senza comprenderne la vera essenza (vedere i film di "Cowboy Bebop" o "Patlabor WXIII" per fare due esempi), egli nel giro di poco tempo se ne distaccherà, creando un proprio stile personale.

In sostanza ci si ritrova innanzi a un'opera complessa e che sicuramente risulterà indigesta a uno spettatore poco avvezzo, ma dal risultato finale assolutamente riuscito, visto che Hiroyuki Okiura riesce a entrare nell'esclusivo quanto limitato club di registi che sono riusciti a debuttare con il capolavoro. Ad aggiungere ulteriore valore alla pellicola è il fatto che ci si ritrovi innanzi all'ultimo kolossal animato in modo analogico, dove la CGI risulta del tutto assente (unica eccezione è la copertina del libro di Cappuccetto Rosso) a favore delle animazioni a mano, le quali sole riescono a conferire un tocco realistico alla rappresentazione della storia.
Insomma, un film molto avanti per l'epoca, poiché contenente sottotesti che ancora a distanza di anni risultano tuttora attuali, e per questo motivo merita una visione da parte di qualunque persona ami il cinema.


 2
Limbox

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Finalmente ho trovato l'umore giusto per vederlo, Jin-Roh è un'opera davvero ben confezionata sotto ogni aspetto, ed è pure difficile trovare qualcosa da aggiungere alle recensioni già realizzate che descrivono appieno l'efficacia di questo racconto.
Effettivamente c'è poco da dire o meglio da criticare, trama ben architettata, belli i colpi di scena, bella l'idea di intrecciare il racconto con la favola, favolosa la tecnica, il disegno, la fluidità dell'animazione e soprattutto la bellezza delle emozioni che traspaiono dai volti dei personaggi. I colori scelti rendono l'idea di un racconto retrò, con tinte forti solo dove è strettamente necessario. Tutta questa architettura è sostenuta da una colonna sonora che lascia senza parole, azzeccata in ogni momento, in grado andare ben oltre le immagini e le parole del film, tanto che solo riascoltandola è possibile rivivere per intero il racconto.
Lasciando il comparto tecnico voglio parlare non tanto della trama come tale, ma per quello che lascia, per come si trascina sino al finale che arriva inevitabile come una mannaia. Il racconto ha un buon ritmo, i personaggi sono ben descritti, con la loro forza e la loro fragilità, costretti a recitare la loro parte sino alle conseguenze ultime, senza enfatizzare nulla, senza scenate, senza urli esasperati o pianti interminabili, un racconto duro e crudo come solo la realtà può essere.


 9
AkiraSakura

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
L'esponente più illustre della fantapolitica animata è senz'altro "Jin Roh", lungometraggio diretto da Hiroyuki Okiura con la sceneggiatura di Mamoru Oshii. Ambientato in un universo alternativo in cui la Germania nazista ha vinto la seconda guerra mondiale, questo film presenta molteplici sfaccettature e rimandi alla storia del '900 giapponese. Sostanzialmente "Jin Roh" è la favola di "Cappuccetto Rosso" in un contesto moderno, ma possiamo anche notare nel plot dei riferimenti alle contestazioni studentesche degli anni sessanta, dovute principalmente al rifiuto di cooperazione con gli USA da parte dei giovani di sinistra. Queste rivolte generarono in Giappone un clima simile a quello degli anni di piombo, in cui non mancarono attentati terroristici e squadre della morte.

Kazuki Fuse è un membro dell'unità di polizia anti-terrorismo "Kerberos Panzer", corpo speciale dotato di equipaggiamento pesante, maschera antigas e interfaccia a visione notturna. Egli è addestrato a comportarsi come facesse parte di un branco di cani, da qui il nome "Kerberos". Durante una missione il protagonista si imbatte in una giovanissima terrorista che sta trasportando una bomba. Rimasto impressionato da questo fatto, egli esita a sparare e la ragazza si fa esplodere, ferendolo sia fisicamente che psicologicamente. Dopo un breve periodo di recupero, Fuse non è più lo stesso, e questo suo cambiamento sarà anche influenzato da una relazione con Kai, ragazza incontrata sulla tomba della giovane terrorista. I due si ritroveranno coinvolti in una spirale di eventi più grandi di loro, che ostacoleranno il loro rapporto e avranno dei risvolti imprevedibili.

A livello tecnico questo anime è messo molto bene, le animazioni sono fluide e il character design molto realistico. La sceneggiatura tuttavia è molto macchinosa, ed è facile confondersi tra i mille intrighi e sottointrighi fantapolitici in cui i due protagonisti saranno invischiati. Il ritmo del film è molto incalzante all'inizio e successivamente diventa molto più riflessivo, quindi non assisteremo a molte scene d'azione in questo frangente. Il realismo delle vicende trattate colpisce per la sua attualità, e il finale non farà alcuno sconto allo spettatore.
Siamo quindi di fronte ad un film vero e proprio, che sarebbe potuto essere benissimo un live-action di qualità. Tuttavia la sua durezza e, a tratti, la sua prolissità, fanno sì che "Jin Roh" non sia proprio un lungometraggio adatto a tutti. E' comunque un'opera molto pregevole, un "quasi capolavoro" la cui visione è altamente consigliata alle persone che hanno già apprezzato i lavori di Mamoru Oshii.


 3
Evangelion0189

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
"Noi non siamo uomini travestiti da cani. Noi siamo lupi travestiti da esseri umani."

Credo che la massima appena menzionata introduca perfettamente la profondità e la propensione alla riflessione filosofica insite in una delle opere del cinema d'animazione più importanti e meglio riuscite degli ultimi anni Novanta. Ispirato alla "Kerberos Saga" in formato cartaceo di Mamoru Oshii, inizialmente Jin-Roh (che si potrebbe tradurre in maniera letterale come "uomo-lupo") avrebbe dovuto essere girato in live action come i precedenti film della trilogia cinematografica progettata dallo stesso Oshii; tuttavia, sia per problemi di tempo (Oshii era al lavoro sullo splendido Ghost in the Shell) che di fondi si pensò di realizzare un film animato la cui regia venne affidata al giovane e talentuoso Hiroyuki Okiura: in quegli anni, costui si era fatto un nome in veste di animatore, ma di recente è tornato sulla scena con il bel film Una lettera per Momo. Il risultato dell'unione Oshii-Okiura è un prodotto dalle curate animazioni foto-realistiche e dalla colonna sonora davvero suggestiva.

Ci troviamo di fronte a una trama molto intricata e complessa e, per evitare di rivelare troppi dettagli, mi limiterò a descriverne le premesse. In un secondo dopoguerra distopico che ricorda tanto La svastica sul sole del grande autore di fantascienza Philip K. Dick, i regimi totalitari fascisti hanno vinto e anche il Giappone ne subisce le conseguenze. Alla mercé di una crisi economica e lavorativa sempre crescente, la popolazione comincia a ribellarsi al governo troppo intransigente e da qui prende le mosse la Setta, il gruppo anti-governativo maggiormente armato e bellicoso. Dal canto suo, il governo non se ne sta con le mani in mano e, tramite l'organo anti-terroristico di polizia chiamato DIME, schiera i tremendi Kerberos Panzer Korps, super soldati sottoposti a uno speciale addestramento che li rende capaci di sostenere un equipaggiamento pesante che definire "corazzato" è decisamente riduttivo. La storia ha inizio proprio dal tragico incontro tra Kazuki Fuse, membro dei Kerberos Korps, e una terrorista, al soldo della Setta, abbigliata di rosso e armata di borsa esplosiva. Fuse esce scosso dal gesto estremo della ragazza e la DIME nota in lui uno strano cambiamento. Sarà l'inizio di una serie di atti di spionaggio e controspionaggio colmi di colpi di scena sorprendenti, con sequenze piuttosto crude che si alternano ad altre particolarmente dense di spunti di riflessione. L'intreccio prende inoltre spunto dalla celebre favola di Cappuccetto Rosso, qui naturalmente ripresa nelle tinte più fosche e cruente del racconto originale di Charles Perrault.

Non si tratta di un film semplice da digerire, ed è stata necessaria più di una visione perché io cominciassi ad apprezzarlo come merita. A una prima occhiata, tutte le sceneggiature di Oshii sono tendenzialmente ostiche ed ermetiche, ma a un esame più attento ci si rende conto di trovarsi alle prese con opere intellettualmente molto impegnate che meritano senza dubbio un doveroso approfondimento. In Italia, il film è stato distribuito dalla Yamato Video agli inizi del Duemila in formato DVD, e più di recente in DVD e blu-ray in una nuova edizione rimasterizzata la cui qualità audio-visiva raggiunge elevati livelli di eccellenza. Per concludere, le tematiche mature e la notevole violenza grafica presente nelle sparatorie e in alcune sequenze oniriche fanno sì che Jin-Roh sia un lungometraggio rivolto soprattutto a un pubblico provvisto di uno stomaco forte, ma ciò non toglie che si tratti di un must assoluto per gli amanti dell'animazione nipponica e internazionale.


 2
daich

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Nel 1999 Hiroyuki Okiura, character designer di "Ghost in the Shell" e di "Innocence", dirige un film esemplare per realismo e contenuto. "Jin-Roh" è tratto dalla Kerberos Saga di Mamoru Oshii: un'opera multimediale che comprende anche una serie di manga.

Il film, scritto dallo stesso Oshii, è ambientato in un universo storico alternativo e distopico. Nello specifico "Jin-Roh" fà riferimento alla fine degli anni '60, contesto nel quale il Giappone viveva fortissime contestazioni sociali, con atti di terrorismo contro l'ingerenza delle politiche statunitensi.
Oshii consegna a Okyura una sceneggiatura straordinaria, strutturata su almeno tre livelli narrativi: il comportamento umano in "branco", la scissione dalla realtà di una mente malata e, in chiave metaforica, la fiaba originale di Cappuccetto Rosso. Ma l'idea di fondo di Okiura e Oshii è che le corporazioni governative tendano ad assumere i comportamenti degli individui e viceversa.

La regia di Okiura è eccellente, in particolare nel descrivere le atmosfere cupe e lo sfascio di una società.
Un capolavoro assoluto, capace di raccontare una realtà in chiave psicologica e sociologica.


 2
Sarren

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Capolavoro: dopo la sua visione, o meglio ri-visione, non posso che definirlo così.
Ambientato in un Giappone post-bellico alternativo (il film si inserisce all'interno della Kerberos Saga) "Jin-Roh" è un racconto dalle tinte fosche, drammatico e spietato. La storia segue le vicende di Fuse Kazuki, appartenente al gruppo antiterroristico Kerberos, ma ha come sfondo (e, in ultima analisi, come forza motrice di tutte gli avvenimenti) lo scontro e gli intrighi tra i diversi gruppi di potere che, in un mondo cinico e feroce, non esitano a usare qualsiasi mezzo per prevalere l'uno sull'altro, senza preoccuparsi minimamente dei desideri e del volere delle persone.
Il film può quindi essere visto come una sorta di spy-story, decisamente intrigante e ben realizzata, anche se a tratti confusionaria per la presenza di numerosi gruppi e la mancanza di un quadro di riferimento generale. Tuttavia la vera essenza del film non è qua, ma nel dramma esistenziale vissuto dal protagonista: egli, intrappolato all'interno del ruolo che gli è stato dato, pur soffrendo intimamente e non essendo convinto di ciò che fa, non riesce a ribadire la sua interiorità, ma si uniforma a quanto gli viene ordinato, fino a perdere la sua umanità, diventando nient'altro che un lupo in mezzo al branco, un'altra pedina da muovere nel gioco del potere. E' il dramma del singolo schiacciato da poteri troppo forti a cui non riesce a opporsi e a cui è costretto a uniformarsi, ma è anche una feroce critica al conformismo sociale.
La storia stessa è cinica e brutale, in essa non compare nessuna salvezza all'ultimo momento, né un qualche miracolo che risolve felicemente la situazione; non c'è posto per il cacciatore buono in questa storia e nessun incanto d'amore è capace di trasformare la bestia in uomo.

Passando al lato tecnico, le musiche sono ciò che maggiormente mi ha colpito: a volte struggenti e toccanti, a volte cupe e drammatiche, comunque sempre emozionanti (va menzionata almeno l'ending "Grace Omega"). Molto buona la grafica, anche tenendo conto dell'anno di realizzazione e della quasi assenza della computer grafica. Da notare, a livello di character design, la scelta, forse per cercare un maggiore realismo, di mantenere tratti asiatici ai personaggi, fatto insolito per un anime. Molto interessante e altamente simbolico il design delle armature che de-umanizzano il loro portatore, privandolo della sua individualità e riducendolo a poco più di una macchina.

Normalmente non amo usare certe espressioni, ma "Jin-Roh" per me è uno di quei anime che un appassionato dovrebbe assolutamente vedere, un must imperdibile.


 1
SoniKK

Episodi visti: 1/1 --- Voto 4
Ad essere sincero, dopo aver letto diverse recensioni, tra l'altro al 95% positive (e non solo italiane), mi aspettavo di più. A visione ultimata, invece, mi è sembrato solo di aver assistito a uno dei film d'animazione più sopravvalutati della storia. Definire capolavoro un anime, solo perchè tratta temi realistici e fantapolitici, a differenza della maggior parte che hanno trame più fantasiose, mi sembra davvero eccessivo.

"Jin-Roh" non va considerato soltanto come un prodotto d'animazione, ma come un film vero e proprio, con l'unica differenza che il cast non è composto da attori in carne ed ossa. Ma ciò non basta per osannarlo in maniera così esagerata, se poi la trama non supera le aspettative. L'inizio è ottimo, e poteva benissimo gettare le fondamenta per una storia eccezionale, ma dopo i primi 15 minuti cala subito il sipario, e il film prende una piega statica e snervante che dura sino alla fine, motivo per cui la visione risulta di una noia mortale. Quello che fino a un momento prima sembrava un thriller d'azione, si traforma in un minestrone di monologhi, conversazioni e ripensamenti, ripetuti fino allo sfinimento, e non si fa altro che restare fermi sempre sulla stessa tematica. L'inserimento della sorella della vittima suicida cerca di creare una complessa storia d'amore con il protagonista, mischiata alle varie vicende giudiziare e tante altre difficoltà, e in effetti la ragazza sarà proprio l'elemento chiave di tutto.

La trama lascia sottintendere una sorta di ispirazione a "Cappuccetto rosso" in versione Political Fiction, un'idea geniale dal punto di vista dell'originalità, che viene però penalizzata dall'enorme monotonia che si crea all'interno del contesto, difetto che aumenta sempre di più proseguendo la visione, fino all'insulso finale. E non è una novità trovare tale difetto in film giapponesi che trattano questi argomenti, anzi, sono in tanti a soffrire di un'eccessiva staticità degli eventi.

Il disegno appare molto realistico e completamente diverso dal classico stile degli anime: i personaggi vengono raffigurati con lineamenti puramente asiatici, mentre i colori sono piuttosto cupi, in certi casi giallastri, per rendere ancora meglio l'idea dell'epoca in cui è ambientato il film. Una tecnica simile, ma leggermente diversa, possiamo trovarla in "Una tomba per le lucciole", anche se per tutto il resto c'è parecchia differenza qualitativa, soprattutto nella trama. La sigla iniziale dà un buon impatto, ancora meglio è l'ending, mentre le musiche di sottofondo delle scene non sono nulla di speciale. Rimane comunque un prodotto che non meritava di essere portato alle stelle in questo modo, ci sono film d'animazione (giapponese) nettamente superiori che non vengono neanche considerati. Forse sarà proprio che Oshii non mi è mai piaciuto...


 6
Prao

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
Per contrastare la crescente criminalità in un Giappone reduce dalla sconfitta della Seconda Guerra Mondiale, viene istituito un corpo di sicurezza speciale militarizzato, i Kerberos Panzer Cops. Col passare degli anni, la situazione è però mutata e la squadra è considerata oramai un'istituzione anacronistica. Per questa ragione, la polizia regolare desidererebbe una fusione tra i due reparti, ponendosi in questo modo a capo di entrambi; i Kerberos auspicherebbero la medesima soluzione, ma con loro stessi al vertice; una terza parte è costituita invece dai famigerati Jin-Roh ("uomini lupo"), una sezione interna e segreta che vorrebbe mantenere l'indipendenza dei Kerberos. La situazione di stallo tra le sezioni viene spezzata da un evento all'apparenza marginale: il soldato speciale Kazuki Fuse indugia nell'uccidere a sangue freddo una giovanissima terrorista che minacciava con un esplosivo un intero plotone di Kerberos; la ragazza (una "cappuccetto rosso", come sono definite in gergo le bambine portatrici di bombe) si fa esplodere comunque e Fuse viene costretto a un processo di rieducazione presso il centro di addestramento. È durante la licenza che incontrerà però la sorella della criminale, con cui stringerà un rapporto sempre più profondo che lo porterà a rivalutare il proprio ruolo all'interno dell'inestricabile disegno del potere.

Che "Jin-Roh" sia un film complicato viene subito chiarito dal lunghissimo prologo parlato che, in diversi minuti, espone con dovizia di dettagli l'ambientazione in cui la storia andrà a svolgersi; si tratta di una dichiarazione di intenti, ma soprattutto di un accordo, un impegno alla concentrazione che lo spettatore deve siglare prima di proseguire con la visione. Il film si dipana poi facendo seguire una scena di guerriglia urbana molto cruda e serrata, la cui violenza è edulcorata soltanto dalla meraviglia della messa e scena e dallo splendore delle animazioni (tutte disegnate a mano). Il secondo atto è un lungo e lento thriller di spionaggio (ricorda "La Conversazione" di Coppola), movimentato dall'incedere forsennato di continui colpi di scena, tanto sostanziali che lo spettatore ha bisogno di qualche minuto per adattarsi al cambiamento delle parti in gioco. Il terzo atto inizia invece quando anche l'ultimo ribaltamento è stato compiuto: si costituisce in una scena frenetica di una brutalità quasi catartica e termina all'improvviso, con una sequenza di chiusura forte come un pugno nei denti.

Il merito è perlopiù di Mamoru Oshii, qui in veste di sceneggiatore, uno dei pochissimi di cui si può affermare senza indugio che sa fare il proprio mestiere. La storia è una ricca e quasi inestricabile stratificazione di piani di lettura, dalla vicenda umana di Fuse a quella morale della sua amata, il rapporto e scontro tra le istituzioni, il limite tra giusta protesta e terrorismo, tra sicurezza e oppressione, la contrapposizione tra ruolo sociale e arbitrio individuale, che si esauriscono infine nel tema immortale di eros e thanatos. Alla prima visione è quasi impossibile cogliere ogni singolo passaggio, ogni ruolo di ogni parte, il doppi giochi e i complotti estremamente contorti. Per "Jin-Roh" più che per altri film, una seconda visione è consigliata e rivelatrice degli aspetti più segreti di una sceneggiatura non molto genuina. La forza intellettuale della prima visione è infatti quella di vedersi dipanare lentamente l'intricatissimo schema, in cui ogni scoperta genera sorpresa e ogni sorpresa genera interesse. Quando tutto viene rivelato, si capisce però come non si tratti altro che di un'abile partita a scacchi: conoscendo già le mosse, l'interesse cala rapidamente nel doversi concentrare su forze in gioco e personaggi che non sono altro che pedine senza arbitrio.

Gli espedienti atti a compensare tale artificiosità si rivelano in realtà come le trovate più brillanti di tutto il film. Oshii decide infatti di condire la trama con un fortissimo fattore umano. In questo senso, i personaggi agiranno sì come previsto, ma noteremo nei loro occhi un forte rimorso che li renderà reali, costretti ad agire secondo l'Ordine, ma contro se stessi. Ecco che tutto il film è accompagnato da un potente sotto testo emotivo, dove la storia d'amore non è solo un addobbo, ma un dettaglio struggente; dove le sequenze oniriche non sono una ostentazione di "visionarietà", ma rivelano l'intimità del protagonista in un modo così profondo che diventa del tutto comprensibile solo al termine della visione. Parallelamente alla trama, viene poi ricordata più volte la favola di Cappuccetto Rosso e del lupo cattivo (che i Jin-Roh siano detti "uomini lupo" non è un caso), a cui non solo viene restituita l'originale carica di violenza e di ambiguità sessuale, ma che Oshii, servendosene come metafora, imbastisce di nuovi significati rendendola una vera e propria cassa di risonanza del significato dell'opera. I parallelismi mostrati tra le due vicende vanno oltre il vezzo della citazione letteraria, ma arricchiscono il film portandolo ad un livello superiore, elevando ad aforismi poetici le battute finali.

Nonostante sia condito di una forte componente emotiva, la struttura a scatole cinesi del film resta comunque prevaricante e, con essa, la netta sensazione di assistere allo svolgimento di un piano ben architettato. La prova più lampante si ha proprio nel finale, quando si poteva scegliere di rimanere ambigui, ma viene mostrata a tutti costi la realtà dei fatti: questa è l'arroganza di Oshii, che ha tracciato un lungo il cammino perfettamente calcolato per lo spettatore e non può certo permettergli, proprio alla fine, di prendere iniziativa su quale interpretazione dare alla sua opera. Prigioniero dalla sua stessa ingegnosa struttura, "Jin-Roh" rimane comunque un prodotto diverso, qualcosa di superiore al panorama tradizionale, migliore di pellicole simili ma più celebri. È un film che forse non cerca empatia, ma solo e semplice ammirazione. Quella, però, è davvero difficile negargliela.


 4
hallymay

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Per quanto questo film sia della Production I.G , Jin Roh non vanta la regia di Mamoru Oshii, ma del suo allievo Hiroyuki Okiura. Tuttavia la qualità del prodotto regge senza alcun problema il confronto, anzi, si configura per qualità e bellezza al pari di mostri sacri come Patlabor 2 e Ghost in the Shell, rendendo giustizia alla sceneggiatura scritta dal loro regista.
La storia è parte della Kerberos Saga, una serie di storie scritte da Oshii che immaginano il Giappone occupato dai Nazisti invece che dagli Americani. In questo film, ambientato negli anni Sessanta, viene dunque narrata la storia di Fuse, un membro di un'unità antiterrorismo chiamata Kerberos Panzer Corps che ha il compito di sventare le attività dei gruppi terroristici, coagulo dei resti dei gruppi di protesta operaia e studentesca.

Abituato dalla rigida disciplina militare solo a obbedire a tutti gli ordini dei suoi superiori, entra in una profonda crisi di coscienza e d'identità quando davanti ai suoi occhi vede morire una ragazza dilaniata da un'esplosione. Da quel momento in poi inizierà la sua vicenda alla ricerca della sua umanità e della sua individualità perdute, storia che si intreccerà con un complesso intrigo politico e di spionaggio che finirà per travolgerlo definitivamente.
Per quanto la regia non sia di Oshii, i marchi di fabbrica del regista giapponese ci sono tutti: lunghi silenzi, personaggi tormentati e malinconici, una raffinata quanto detonante denuncia politica e sociale. Il film infatti può essere visto secondo varie chiavi narrative. Da una parte, infatti, Jin Roh è il ritratto allegorico della situazione politica del Giappone negli anni Sessanta, caratterizzati dalle manifestazioni studentesche e operaie per migliori condizioni sindacali e sociali, dalla nascita di forze di polizia simili in tutto e per tutto a brigate militari, in modo da aggirare il divieto costituzionale di formare un esercito, e infine dall'omicidio del capo del Partito Socialista Giapponese.

Guardandolo però da un altro punto di vista, più universale, Jin Roh è una feroce e drammatica critica contro il conformismo e l'immobilismo della società giapponese. Fuse infatti, dopo avere visto morire la terrorista davanti ai suoi occhi, comincia a coltivare il dubbio dentro di sé e diventa sempre più sordo agli ordini dei suoi capi, finendo per trovare come via di fuga da un'identità che non sente più sua l'amicizia e poi l'amore con Kei. Tuttavia, come sottolinea sempre il suo superiore Tohbe, Fuse non è più un uomo, ma un lupo che fuori dal branco non può vivere, che gli piaccia oppure no. Fuse non può ambire ad avere la sua individualità rispetto al suo gruppo e difatti pagherà carissima questa sua ambizione.

Trattandosi di un anime della Production I.G , la qualità travalica come sempre la perfezione. Per quanto secondo le cronache questo sia l'ultimo film fatto interamente "a mano", cioè senza ausilio di CG (tranne che per poche scene), il risultato è eccellente. Essendo un film molto introspettivo e in più ambientato nel passato, non ci sono scene di azione degne di nota. La cosa però più bella di questo film è come sia stato reso alla perfezione l'aspetto del Giappone degli anni Sessanta: dalle macchine, alle acconciature, ai vestiti dei personaggi, fino ai particolari più minimali - in una scena c'è persino la riproduzione di uno spot televisivo dell'epoca - tutto è votato all'iperrealismo. Persino il character design dei personaggi rinuncia all'iconografia tipica degli anime e mostra i personaggi con gli occhi a mandorla.
Menzione d'onore a parte per il comparto musicale, che in un film d'atmosfera come questo, gioca un ruolo fondamentale nella resa della sceneggiatura. Per quanto alle tastiere non ci sia Kenji Kawaii ma Hajime Mizugochi, la colonna sonora è splendida.
Da vedere a scatola chiusa.

bob71

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
"Jin-Roh" è un film diretto da Hiroyuki Okiura, basato sulla Kerberos saga di Mamoru Oshii.
La storia è ambientata negli anni '60 di una realtà parallela in una grigia Tokyo oppressa dalla crisi economica post-bellica e da violente agitazioni sociali. In questo scenario di turbolenza politica agiscono i Kerberos, un corpo speciale paramilitare della polizia metropolitana, autentiche macchine da guerra nate per fronteggiare cellule di gruppi dissidenti. Uno di questi agenti scelti, Kizuki Fuse, durante un'azione di guerriglia urbana, subisce il trauma di assistere impotente al suicidio di una giovane 'cappuccetto rosso' (corriere dei sovversivi). Allontanato dalla sua squadra e in piena crisi di coscienza, fa amicizia con Kei, che si finge sorella della kamikaze, ma il legame sentimentale non servirà a redimerlo e a cancellare la sua affiliazione al branco di 'lupi'. Il ritmo del racconto è scandito dagli episodi della favola di "Cappuccetto rosso" nella sua versione più sinistra e truculenta che fa da fil-rouge agli eventi narrati e ne diventa ben presto metafora.

Il regista mette in scena una spy-story tra fantapolitica e dramma psicologico in cui i personaggi si muovono come pedine di uno spietato gioco di potere, in un crudele e gelido mondo dove non c'è spazio per l'amicizia o l'amore e dove il doppio gioco e il tradimento diventano una regola di sopravvivenza. La trama ricorda per alcuni versi "La moglie del soldato" di N. Jordan.
Già dalle prime sequenze ci si dimentica di avere davanti un anime, sia per le tematiche sia per il confezionamento complessivo dell'opera. Il film è tratto da una saga che è stata sviluppata sotto forma di diversi media, dal dramma radiofonico alla graphic novel, dall'animazione al film live action, e sancisce la natura ibrida e crossover del progetto "Kerberos".

I personaggi hanno contorni ben delineati nella caratterizzazione e sono trattati come attori in carne e ossa. Colpisce l'inflessibile durezza di Fuse, nella sua apparente imperturbabilità lascia a malapena trasparire lo smarrimento interiore che mette a nudo tutta la sua disarmante umanità. Gli fa da contrappunto l'affascinante ambiguità di Kei, divisa tra la sognante innocenza dell'innamoramento e la disincantata dedizione alla causa rivoluzionaria. Il chara-design ha uno stile realistico e le movenze sembrano il risultato di un convincente studio di motion-capturing.
I bellissimi scenari di una Tokyo alternativa meritano una menzione per la loro accuratezza e per le ricercate tonalità dei colori che imprimono al film un'atmosfera cupa e straniante.
La colonna sonora di Hajime Mizoguchi è ispirata e coinvolgente, spicca il trascinante tema principale 'Jinroh', percorso da dilanianti assolo di chitarra che graffiano l'etere come rasoi rugginosi, e lo stupendo tema conclusivo 'Grace', cantato dall'eterea voce di Gabriela Robin.

Il film, soprattutto nelle prime scene che descrivono la rivolta sociale, vuole ricordare il clima di tensione in Giappone alla fine degli anni '60 durante le rivolte studentesche.
Gli autori, con sguardo freddo e distaccato, si rivolgono al passato del loro paese e attraverso una lucida e impeccabile sceneggiatura riescono a non assumere atteggiamenti compiaciuti né verso i ribelli né verso gli agenti filo-governativi.
Dopo i titoli di coda negli occhi dello spettatore non resta che un finale di tragica e struggente bellezza.


 4
tazebao

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Apparentemente, Jin-Roh sembra trattare della storia di un amore impossibile, quello tra una rivoluzionaria, o presunta tale, e un tutore dell'ordine, in (apparente) crisi di coscienza. In realtà, come potete vedere anche dalle altre recensioni, la trama dice molto altro. Questo è un film politico, impegnato come potevano essere impegnati i lavori anni '70 di un Montaldo, un Pontecorvo, o di un attore come Volontè o Cucciolla. E non è casuale che faccia venire in mente un certo clima, presente in quasi tutte le storie di Oshii, alla Anni di Piombo, molto comprensibile per ogni italiano. Gruppi rivoluzionari, polizia "cane da guardia del potere" (il nome del protagonista, Kazuki Fuse, è già un simbolo, se il suo significato può essere, come è, "a cuccia cane fedele"), complotti nelle alte sfere del potere per instaurare regimi oppressivi sfruttando la paura della gente, quella brava gente che non si sporca le mani, che se ne frega di quello che le accade intorno purché possa continuare a vivere la sua infima ed insignificante - ma tutto sommato benestante - vita.

La storia si sviluppa attorno all'incontro tra Fuse, il poliziotto dei reparti speciali, quello che da noi in Italia sarebbe chiamato celerino (quella Dime che vuole rappresentare quel riarmo mascherato dalle Forze di Autodifesa che nel reale Giappone sconfitto, in teoria pacifista e antimilitarista, hanno sostituito l'esercito), e Kai, la sorella, o almeno così si presenta, di una ragazzina morta durante un'azione della Dime a cui anche Fuse ha partecipato. Ragazzina "cappuccetto rosso", o, per dirla all'italiana, staffetta, portaordini, portastrumenti, e porta-esplosivi, la quale, pur di non essere catturata - per non tradire i compagni, o, più semplicemente, per paura di essere torturata: cosa che non è esplicita nel film, ma che si capisce benissimo nella sequenza introduttiva, dove si spiega come la Dime altro non è che una polizia politica con potere di vita e di morte su chiunque non sia allineato -, si fa esplodere proprio davanti a Fuse. Un gesto insano, e non paragonabile al kamikaze giapponese a cui siamo abituati a pensare: dietro il gesto di quella che potrebbe essere una quindicenne c'è una precisa convinzione politica, un alto grado morale.

E qui la trama, probabilmente, poteva anche offrire qualche elemento di critica in più al comportamento settario dei rivoluzionari, chiamati, appunto, la Setta: e chi ha un minimo di cultura politica di "sinistra" sa comunque quanto sia offensivo definire qualcuno come settario. Il gesto vuole mostrare come, a certi livelli di scontro politico, l'umanità va in secondo piano, necessariamente, doverosamente, rispetto al bene della Causa e all'interesse del Partito. Cosa criticata, nel film, ma non così radicalmente come potremmo pensare noi nati negli anni '80, o più in là. Questo è un film scritto da chi la vita di Partito l'ha fatta, da chi ha partecipato a manifestazioni e ha preso manganellate (la scena iniziale dello scontro di piazza non è realistica, è vera: guardate i lacrimogeni come vengono sparati ad altezza d'uomo), e che si chiede come sia stato possibile da un'idea di pace, libertà, uguaglianza, democrazia e solidarietà arrivare all'attentato come unico strumento di lotta politica. Sembrano impotenti i protagonisti del film di fronte a questa macchina divoratrice che essi stessi hanno messo in funzione e di cui hanno perso il controllo.

Jin-Roh, uomo-lupo, uomo che diventa cacciatore e mangiatore di altri uomini - la polizia -, ma, anche, potere che divora se stesso pur di conservare la propria posizione di privilegio: polizia, dime e fantomatica organizzazione Jin-Roh, cercano a vicenda di farsi le scarpe, triturando nel frattempo qualunque principio morale. Non è un caso se viene usato come metro di riferimento la fiaba di Cappuccetto Rosso, quella originale, non quella edulcorata che a tutti noi è stata letta da bambini, in cui a Cappuccetto Rosso, nella casa della nonna già mangiata dal lupo, affamata, viene servita dal lupo cattivo una porzione di carne della nonna appena uccisa.
Intendiamoci, non è un film violento. E' però un film che mostra la violenza insita in un certo modo di fare lotta politica: come non parteggiare per i rivoluzionari, ma come non chiedersi il perché abbiano perso qualunque contatto con la massa, con il popolo, che ormai ha paura tanto della polizia quanto degli attentati. Mostra la violenza connaturata nel potere esercitato solo per autoconservazione, e la violenza, non apparente, ma vera causa di ogni problema, della gente comune, della brava gente che guarda indifferente, convinta che la ricerca della felicità vada indirizzata solo verso il benessere materiale, refrattaria a ogni cambiamento e a ogni autocritica.

Fuse anche questo rappresenta: l'umanità che, pur di non cambiare, anche quando si rende conto che non sta percorrendo la strada giusta - emblematiche le ultime scene del film -, preferisce restare nascosta nel branco, preferisce restare bestia, lupo, piuttosto che diventare, o ritornare a essere, umano. Critica alla borghesia, si sarebbe detto. Critica però anche all'ideologia cieca e non consapevole, fatta di accettazione meccanica del pensiero unico, che rende le persone automi. E ditemi se la divisa di Fuse e dei reparti speciali non trasformi l'essere umano in robot obbediente e servizievole.
Ultima considerazione: perché l'equipaggiamento delle forze di polizia rimanda direttamente all'esercito nazista? Perché il film si svolge in una realtà alternativa, in cui il Giappone è stato vinto e invaso dai tedeschi invece che dagli americani. Evidentemente. Ma, in un film in cui niente è ciò che sembra a prima vista, la risposta non può che essere un'altra. E l'equazione Stati Uniti-nazismo è, nel mondo di Oshii, e nel mondo da cui proviene, fin troppo facile.

In conclusione, Jin-Roh è un film che deve essere visto, nonostante la lentezza, la complessità, la pesantezza, la difficoltà dei temi trattati, ormai lontani per chi è nato e cresciuto nel post '89; questi non sono difetti, anzi, sono pregi voluti e ricercati, uno stile ben preciso che rimanda a una filmografia ben definita, in cui non c'è spazio né per alieni, né per robottoni, né per buoni sentimenti. Più semplicemente, è un film più che reale, è vero, è vita vera e vissuta quella che viene rappresentata. E la vita reale è ben più ostica da affrontare di un'intera flotta aliena. Guardatelo, riguardatelo, se non altro per la splendida realizzazione, al 99% ottenuta con il vecchio lavoro pre-computer grafica, che non lo fa assolutamente sfigurare nell'impatto visivo, volutamente, oscuro, sporco, simbolo di una società materialmente e moralmente povera. Guardatelo, non pensando di trovarvi di fronte a un film pessimista, rassegnato, disilluso, come spesso viene definito Oshii, perché in ogni suo lavoro c'è sempre una speranza, c'è sempre la possibilità, per quanto difficile sia il compito e forte il nemico da affrontare, di impegnarsi per cambiare le cose. E' in questo che consiste la vera speranza: non in un mondo migliore, ma nella possibilità di lottare per cambiarlo. Ed è questo il grande insegnamento, sottovalutato, di questo film.


 3
Franzelion

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Dopo una certa esperienza in fatto di anime, non eccezionale ma comunque sufficiente a conoscere più o meno tutte le diverse tematiche che possono essere affrontate, non mi sarei certo aspettato di rimanere sorpreso difronte a un film. Ma con quel maledetto genio di Mamoru Oshii di mezzo ormai sono pronto a tutto.
<i>Jin-Roh: Uomini e lupi</i> è uno di quei pochi film da atmosfere e messaggi cinici, che sanno fare riflettere e mostrare il mondo sotto un diverso punto di vista, come solo pochi geni riescono a fare.

Con un ritmo lento ma giusto e inquietante, <i>Jin-roh</i> è un film che parla di terrorismo, scontri tra fazioni politiche, associazioni segrete, spionaggio ecc. Attraverso i panni del protagonista vedremo una realtà piuttosto caotica e lugubre, quasi apocalittica, in cui si sta ancora cercando di creare ordine, essendo ambientata (ma attraverso una storia alternativa) nel dopoguerra giapponese.
Il film ruota intorno alla storia di <i>Cappuccetto rosso</i>, ovviamente metaforicamente parlando, poiché rimanda più e più volte alla filosofia del lupo e degli esseri umani, sul modo di fare degli uni e degli altri, su quanto siano diversi e su quanto siano effettivamente simili, fino a concludersi con un finale che lascia davvero senza fiato, emotivamente devastante, in antitesi con molti finali cui siamo abituati di vedere.

Tecnicamente parlando il film è più che buono, con animazioni molto fluide e disegni accattivanti - elogio particolare al mecha design, davvero azzeccato e inquietante -, e con una colonna sonora sempre d'impatto, assolutamente profonda e drammatica.
Unico pelo nell'uovo, se si vuol proprio essere pignoli, è che spesso gli intrighi e i complotti si fanno troppo complicati da seguire, per via delle troppe associazioni presenti (nazionale, di difesa, contro-spionaggio, contro-contro spionaggio ecc.) che vengono solo accennate, per cui si fa fatica a seguire il filo, ma questo non è un problema, la ragion d'essere del film è sicuramente altrove.
Da guardare assolutamente, Jin-Roh è un film che non dimenticherete molto facilmente.
Impeccabile.


 1
Sentenced

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Quello descritto in seguito è solo l’inizio del film e non contiene rivelazioni o finali che possano rovinare la visione.

Lungometraggio diretto da Hiroyuki Okiura e sceneggiato da Mamoru Oshii, Jin-Roh è liberamente ispirato a un periodo della vita dello stesso Oshii, che da studente visse i tumulti nel Giappone degli anni '60, dove scontento e insurrezioni popolari causate dalle precarie condizioni di vita erano all'ordine del giorno.

Nel tentativo di porre fine a queste proteste sempre più violente, il governo, già in difficoltà e accusato di varie inadempienze, affida alla divisione di polizia antiterrorismo chiamata DIME il compito di eliminare i gruppi armati infiltrati tra i manifestanti, ritenuti responsabili dei numerosi attentati che sconvolgono il già vacillante equilibrio del paese. Questo corpo speciale, formato esclusivamente da soldati d’élite conosciuti come Kerberos, affronta i terroristi affidandosi a un equipaggiamento da guerra: armatura, mitragliatrici pesanti, visore notturno e maschera antigas.

Kazuki Fuse, uno dei Kerberos, con il suo plotone sta inseguendo un gruppo di terroristi che utilizza la rete fognaria per spostarsi da un punto all’altro della città. Nel groviglio di corridoi e tunnel, Fuse si trova faccia a faccia con una ragazzina, usata dai terroristi come corriere per consegnare le bombe per gli attentati. Istintivamente le punta contro l’arma, ma non preme il grilletto, nel flebile tentativo di evitare di sparare e uccidere quella che gli sembra poco più che una bambina. Ma all’arrivo di altri soldati, presa dalla disperazione, la ragazzina terrorizzata e in lacrime innesca l’ordigno e si fa esplodere a pochi metri da Fuse, che riesce a salvarsi grazie alla pesante corazza con la quale è equipaggiato. Quello che sembra solo essere un incidente però diventa un’ottima occasione per un gruppo politico per tentare nuovamente di mettere in cattiva luce la DIME e i suoi responsabili di fronte al popolo, desideroso dopo molti anni di lotte e violenza di pace e tranquillità. Ci riusciranno?

Jin-Roh è un film per un pubblico maturo ed è la riprova di come solo dal Giappone possano uscire lungometraggi animati che Hollywood concepirebbe solo con attori in carne e ossa, dove politica, sete di potere e cospirazioni fanno da sfondo al dramma di chi si trova in prima linea e non sembra accettare che il proprio destino sia già stato deciso da qualcun altro.

Tecnicamente è un lavoro che eccelle sotto ogni aspetto, considerato il fatto che l’uso della computer grafica è stato volutamente ridotto al minimo. Jin-Roh in questo senso si può definire quasi un omaggio all’animazione tradizionale e un esempio di come anche senza il computer si possa realizzare un prodotto visivamente pressoché perfetto. Anche la colonna sonora fa egregiamente il suo dovere, alternando melodie struggenti e poetiche a fasi cupe e drammatiche.
Jin-Roh non dovrebbe mancare in nessuna videoteca che si rispetti.


 2
ryujimihira

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
"Jin-Roh: Uomini e Lupi" è un film di animazione drammatico e crudele. La sua trama non avrebbe sfigurato in una trasposizione per il grande schermo, visti gli spunti di riflessione su cui è basato.

In una realtà alternativa degli anni sessanta, Kazuki Fuse è un membro dell'unità di polizia antiterrorismo, i Kerberos Panzer Cops, i cui componenti sono dotati di un armamento protettivo pesante, detto "protect gear" (alla Fallout 3 insomma). Fuse è stato addestrato come facesse parte di un branco di lupi, solitario ma inseparabile dal gruppo seppur in grado di provvedere a se stesso. Fa tutto ciò gli venga ordinato, ma la sua umanità, tuttavia, spunta improvvisamente fuori quando non riesce a sparare a una giovane terrorista.
Questa portava in giro l'esplosivo da piazzare sfruttando la sua inosservabilità, ma quando è stata scoperta e messa alle strette si è fatta saltare in aria dinanzi a Fuse. Ripresosi e ancora convalescente, egli incontra Kai sulla tomba di quella che lei dice essere la sua sorella minore, la terrorista fatta saltare in aria. In realtà anche Kai è una terrorista, ma Fuse inizia comunque con lei una relazione che purtroppo sfocerà in tragedia.

Jin-Roh è un dramma che comincia male per finire anche peggio, mette nel calderone di un'epoca, seppur alternativa, l'incubo del periodo nazista. Inoltre porta un velato messaggio di critica nei confronti della "immobile" società giapponese, il "branco" di cui fa parte Fuse, incapace di staccarsi dal conformismo anche quando la coscienza consiglia di farlo. E' un'opera drammatica, ma non per tutti. Pesante.


 2
XPIN

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
«Noi non siamo Uomini travestiti da Cani. Siamo Lupi travestiti da Esseri Umani.»

"Jin-Roh" è un film d'animazione Giapponese del 1999 diretto da Hiroyuki Okiura e basato sulla "Kerberos Saga" scritta dal grande Mamoru Oshii.
La "Kerberos Saga" è un'insieme di opere sviluppate su vari mezzi di comunicazione: drammatizzazioni radiofoniche, romanzi, manga e film sia dal vivo che d'animazione.
In effetti "Jin-Roh" è l'unico film d'animazione di questa Saga e, sebbene sia stato realizzato dopo i due film dal vivo, dal punto di vista temporale rappresenta il primo episodio della trilogia di lungometraggi, in quanto racconta gli eventi precedenti alle vicende narrate negli altri due film.
Il titolo esteso di quest'Opera è "Jin-Roh: Uomini e lupi", il film è conosciuto in America come "Jin-Roh: The Wolf Brigade" ("Jin-Roh: la brigata dei lupi").

Il film è ambientato in un Giappone degli anni '50 di un universo storico alternativo.
In una grigia realtà parallela, nel Giappone stretto dalla crisi economica del dopoguerra e da agitazioni politiche, gli agenti del corpo speciale della Divisione di Pubblica Sicurezza Metropolitana (DIME), soprannominati Kerberos per le lugubri armature che indossano, sono al termine della loro missione storica: nati per reprimere il terrorismo urbano, si trovano ora al centro di una lotta politica per la loro stessa sopravvivenza.
L'intera vicenda è centrata attorno a Kazuki Fuse, un membro dell'unità di polizia antiterrorismo d'élite dei Kerberos Panzer Cops, dotata di armamento protettivo pesante, di elmetto equipaggiato con una maschera per l'ossigeno e la visione notturna e di mitragliatrici tedesche MG-42.
Addestrato a comportarsi come facesse parte di un branco di cani, da cui il nome Kerberos, l'agente Fuse dovrà decidere quale posizione prendere: sottostare agli ordini del potere o cercare di rimanere un essere umano.

"Jin-Roh" è sicuramente un film che non può essere visionato una sola volta, è infatti uno di quei titoli che vanno visti e rivisti per essere compresi fino in fondo ed essere assimilati correttamente.
La Production I.G lo ha definito "L'ultimo grande anime del millennio".
La storia è ricca d'intrighi e colpi di scena, l'azione non manca ma viene dato maggior risalto ai dialoghi e all'introspezione dei personaggi... in questo film saremo disarmati dai silenzi densi di significato e da alcune espressioni che valgono più di mille parole.
E' un film adulto, maturo, forte, che tratta tematiche importanti in modo intelligente e mai scontato e va ad analizzare la natura stessa dell'uomo.
La versione originale Tedesca di "Cappuccetto Rosso", ovvero "Rotkäppchen", viene mostrata durante tutto l'arco del racconto, scorre parallelamente alla trama del film e viene utilizzata come metafora per narrare una storia cruda, violenta e pessimistica sulla natura umana.
Le vite dei personaggi di questa storia sembrano scorrere su binari preordinati, dai quali anche volendo non possono allontanarsi... anche se i protagonisti di questa vicenda provano a imboccare un sentiero diverso, a intraprendere un percorso alternativo, alla fine la loro natura prevale sempre e volenti o nolenti si ritrovano ad interpretare il ruolo che un destino inevitabile aveva già prestabilito per loro.
In quest'opera Oshii ha una visione assolutamente pessimistica della natura umana e sembra voler rimarcare l'impotenza del singolo individuo nella società; il conflitto interno che lacera l'animo del protagonista durante tutto il film mostra la contrapposizione tra quello che gli indica la sua coscienza e quello che gli suggerisce la società che lo circonda.
Fuse cercherà di trovare la forza per riuscire a seguire la sua coscienza, per riuscire a contrapporsi a quello che il Mondo vuole imporgli; ma ci riuscirà o più semplicemente smetterà di lottare e tornerà a far parte della corrente, di coloro che non hanno bisogno di pensare con la propria testa ma, adeguandosi a tutti gli altri, si limitano ad eseguire gli ordini senza nemmeno pensare se quello che fanno sia giusto o sbagliato?

Splendida prova di Okiura Hiroyuki, che con questo brillante esordio alla regia ha dimostrato di poter essere un degno successore del suo maestro Oshii.
La realizzazione tecnica è veramente ottima e visto il livello di alcune sequenze colpisce molto che questo film sia stato realizzato quasi interamente con tecniche "tradizionali", con un contributo veramente molto limitato di effetti digitali.
Il character design, curato da Tetsuya Nishio, è a dir poco spettacolare e riesce a trasporre l'espressività del volto umano in una maniera davvero incredibile; la mimica facciale molto spesso riesce ad esprimere perfettamente le sensazioni, i sentimenti e gli stati d'animo dei personaggi senza che questi spiccichino una sola parola... in particolare alcune espressioni di Fuse sono eccezionali e davvero toccanti.
Gli scenari sono splendidi, le animazioni molto fluide e c'è una grande cura per i dettagli sia visivi che sonori.
Molto bella anche la colonna sonora; tra tutti i brani che la compongono spicca l'ultimo, "Grace Omega", che è veramente bellissimo, dolce e malinconico.

In definitiva "Jin-Roh" è un film intenso, maturo e toccante... insomma un vero capolavoro.


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deathmetalsoul

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Jin-Roh, Uomini e Lupi...ci sarebbe da dire tantissimo già su questo titolo: che cos'hanno in comune gli uomini con i lupi? E perchè li abbiamo sentiti tante volte accostati gli uni agli altri? Se vogliamo avere risposte a queste domande semplici all'apparenza non dobbiamo fare altro che guardare questo capolavoro e ricavare la risposta nascosta nel nostro animo.
L'anime si presenta a noi con un scenario post-seconda guerra mondiale,dove il Giappone in fase di ricostruzione deve guardarsi dalle continue e violente proteste da parte del popolo contro la politica del paese. Per fermare queste proteste c'è la consueta polizia, ma quando essa fallisce o non è in grado di fare qualcosa, ecco che a sorpresa intervengono i membri dei Kerberos, squadre anti-terrorismo che davanti ad una cruda realtà si comportano alla pari uccidendo e uccidendo ancora, e fanno bene onde evitare di essere ripagati con la stessa moneta. Il protagonista di questo film è uno di loro, un uomo addestrato nelle arti di combattimento e di spionaggio, un membro perfetto per la sua squadra, se non fosse per la sua "debolezza mentale": infatti dopo un avvenimento faticherà non poco per ritrovare il proprio IO.
Il film d'azione e drammatico apre ad un certo punto uno spiraglio di pensieri, delle analogie tra gli uomini e i lupi, concetti filosofici per cui i protagonisti che ripercorrono la favola di Cappuccetto Rosso, cominciano a riflettere sulla loro esistenza e sul loro ruolo all'interno del mondo in cui vivono, proprio associandosi ai personaggi della fiaba e riflettendo sul ruolo che hanno realmente essi all'interno della stessa. Chi è realmente il lupo, e perchè ha quel ruolo? OK, dopo tutto questo bla bla bla, parliamo un po' della grandezza del film come prodotto: l'anime è del 1999, presenta una grande grafica, disegni e animazioni realmente GREAT, le musiche sono bellissime e ti entrano veramente nel cuore. Devo dire che non si riesce quasi a capire se si sta guardando un film con attori in carne ed ossa o un semplice anime. Io mi sento di consigliare questo capolavoro a chi ha intenzione di riflettere e non fermarsi sulla superficialità delle cose: dalla visione dello stesso si potranno capire tante cose. Comunque CAPOLAVORO IMPERDIBILE!


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HTxTH

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Il genio di Mamorou Oshi è agli esordi in questa pellicola, difficilmente digeribile. Il regista ci porta in un mondo dove nessuno è ciò che appare, le azioni divengono una pura e semplice esecuzione di atti predestinati ad avverarsi. I protagonisti non possono scappare al loro futuro, e il passato che a mala pena raccontano neanche gli appartiene più.
La similitudine tra uomini e lupi seppur soffusamente citata scorre lungo tutto l'anime attraversando, come immagine, visione o persecuzione onirica le azioni e i pensieri del protagonista.
Uno schema di cui il protagonista ha deciso di far parte, fino a che non si rende conto realmente del meccanismo innescato e della differenza tra l'uomo che vorrebbe essere e il lupo che è diventato.
Una parabola magnifica e splendidamente raccontata attraverso un tratto maturo e impegnato che non dà scampo al telespettatore, inchiodandolo per l'intera visione allo schermo, fino al momento finale, un attimo di realtà che bruscamente vi rispedisce dal cartonato mondo degli anime, nella realtà di tutti i giorni.
Alla fine di questo viaggio la realtà vi sembrerà ancora peggio di quello che è stata finora.


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M3talD3v!lG3ar

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Mamoru Oshii è in grado, con le sue storie, di toccare vette di realismo talmente elevate da rendere infinitamente sottile, quasi nulla, la differenza che c'è tra animazione e cinematografia con attori in carne ed ossa.
Un titolo che incarna perfettamente la suddetta capacità di questo autore è proprio "Jin-Roh".
Diretto dal bravissimo Hiroyuki Okiura, il lungometraggio viene rilasciato in Giappone nel 1999.
In Italia, purtroppo, viene pubblicato direttamente in dvd, nel 2004, senza mai approdare al cinema, un vero e proprio peccato.
Jin-Roh non è un filmetto per bambini, basterebbe anche un'istantanea delle immagini per capirlo, ma vale la pena sottolineare che chi non è abituato a questo genere di animazione, farebbe meglio a voltare strada: guerra, politica, sentimento, sono le parole chiave di un'opera che non lascia scampo all'emotività dello spettatore: la sceneggiatura lascia col fiato sospeso a lungo, mentre l'immedesimazione nei personaggi si rende sempre più intensa, e le speranze di un lieto fine non sono mai una certezza, la trama si contorce mostrando diverse facce di un cubo costituito di complotti politici e di ribellione sociale, di dramma e di amore, di tragici risvolti.
La vicenda è ambientata a Tokyo, nell'anno 1962 di un mondo alternativo.
Durante la Seconda guerra mondiale, Il Giappone è alleato del Regno Unito e nemico della Germania, che utilizza la bomba atomica per sconfiggerlo. L'impero nipponico viene occupato dalla Germania e ne subisce un forte influsso culturale. Nascono però diversi gruppi armati antigovernativi, che confluiscono in quella che viene definita La Setta. D'altro canto, per combattere tale organizzazione, viene istituita la DIME, una polizia speciale, all'interno della quale sembra esistere un gruppo segreto di epurazione detto Jin-Roh, composto da temibili "uomini lupo". Con il tempo la DIME entra in conflitto con le tradizionali forze di polizia, dando il via ad una serie di intrighi mozzafiato...
Curato nei minimi dettagli è il comparto tecnico, meno spaventoso di quanto si fosse già visto in "Ghost In the Shell", eppure sensazionale.
La colonna sonora è un'altra meraviglia di questo gioiello, in particolare il brano di coda, a dir poco toccante, strappalacrime, degna conclusione a seguito di un epilogo unico, indimenticabile e spiazzante.
Giudizio finale: un "must", tra i più grandi in assoluto, dell'animazione e non solo.


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Erdemol

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Lavoro maturo, tosto, poetico. La trama è già stata in parte svelata nei commenti, quindi mi limiterò ad un giudizio qualitativo. Intrappolati, per certi versi, nelle oscure e intricate visioni di Oshii, si in breve passa da un'ambientazione iperrealista ad un mondo onirico e psicologico, ma senza manierismi o forzature facili in questo tipo di situazione. La caratterizzazione dei personaggi, una volta tanto, esce da schemi troppo giovanilistici o caricaturali, mettendoci di fronte a figure estremamente umane. Da vedere senza pensarci un secondo, e possibilmente poi da ri-vedere. Un prodotto eccellente.


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Gackt

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
<b>[CONTIENE LEGGERI SPOILER]</b>

"Non siamo uomini vestiti da cani, siamo lupi vestiti da uomini". Questo è il motto di questo film d'animazione, presente anche nel trailer della Yamato, e da tenere presente durante tutta la visione di questo drammatico lungometraggio.

Fuse Kazuki è un membro della DIME, una sorta di polizia in una città dittatoriale, impegnata a fronteggiare i vari gruppi ribelli. La vita del protagonista subisce un colpo nel momento in cui una rivoltosa minorenne si fa saltare in aria davanti ai suoi occhi. Di questa situazione approfitteranno i politici, con lo scopo di far sciogliere questa squadra di guardia, ma dovranno fare i conti con Jin-Roh, una squadra di controspionaggio.

La realizzazione tecnica del film è indubbiamente buona (anche se a volte le colorazioni danno un'insensata idea di "luminosità" dei personaggi, ma è un particolare insignificante). Al soggetto troviamo Mamoru Oshii, il che garantisce una certa qualità del prodotto. I disegni non sono certo in stile manga, e personalmente non mi piacciono, ma sono volutamente realistici in modo da aumentare la drammaticità del tutto. Le musiche sono quasi assenti, ma quel poco che si può ascoltare è molto piacevole.

Ma con Jin-Roh bisogna sorvolare sulla qualità tecnica (anche se, come ho detto, è veramente ottima) per immergersi nella profondità della trama. Il tema principale è di carattere politico-sociale: la società rappresentata è immagine di qualsiasi governo dittatoriale, e negli intrighi politici penso che possa ritrovarsi qualsiasi nazione. Nei dubbi del protagonista invece possono ritrovarsi coloro che hanno vissuto esperienze simili, tra la vita e la morte, a dover prendere decisioni in pochi secondi, nel dubbio di far la cosa giusta. Un altro messaggio che il film lancia è che gli amici si rivelano i veri nemici, e che si può fare affidamento solo sugli "alleati", senza nessuno spazio per gli affetti.

Una nota interessante, che fa crescere l'interesse verso la visione di questo film, è che per la prima parte il protagonista ci appaia come una povera vittima, e assistiamo inermi al modo in cui viene usato e tradito. Nel finale, però, Kazuki Fuse si rivela cosciente di ogni cospirazione e aveva già calcolato tutto: sembra quasi che abbia preso in giro lo spettatore per tutta la durata del film.

Poetici anche i dubbi interiori del protagonista, così come la favola di Cappuccetto Rosso, raccontata a spezzoni durante la visione per poi terminare nel drammatico finale.

Jin-Roh è veramente un buon anime, nonostante sia poco conosciuto. Si rivela un prodotto maturo, che dà molti spunti su cui riflettere. Un film freddo, senza pietà, crudele, come la realtà: senza nessun lieto fine.


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Zooropa

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Grandissimo thriller che si inserisce secondo me nel filone di capolavori cinematografici come "Se7en" o "I soliti sospetti". Fino all'ultimo lo spettatore non è in grado di stabilire chi o cosa sta per rivoltarsi contro il protagonista né come interpretare l'inquietante narrazione della favola di cappuccetto rosso che segue lungo tutta la durata del film. Appassionati di Thriller, non fatevi sfuggire quest'opera di Oshii (ok, non lo ha diretto lui ma lo ha scritto e sceneggiato) perché è davvero memorabile!


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SuperFra

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
Realtà, pura ... dura ... cruda; una giungla spietata; uccidi o vieni ucciso.
Questo sono i temi principali di un film avvincente e crudele come Jin-Roh: Uomini e lupi.
La trama narra di un Giappone post seconda guerra mondiale, dove i sommovimenti popolari causati dall'instabilità politica scuotono incessantemente il paese e la sua economia già traballante.
Nonostante un piano di ricostruzione economico-strutturale lampo lanciata dai piani alti del paese, il popolo non si sente appagato, e desideroso di migliorie.
Nascono così dei movimenti anti-governativi più o meno importanti.
Tale scenario è una ricostruzione della situazione reale che il Giappone visse negli anno '60 quando gruppi studenteschi di sinistra inscenarono proteste contro il governo.
Altre citazioni molto interessanti sono date dalle divise e dai modi di fare delle milizie, che riprendono molto l'influenza nazista sul paese dell'epoca.
Proseguendo con la trama ...
Il protagonista, Fuse, è un membro di un elite anti-sommossa non ufficiale, che serve da supporto alla vera polizia.
Lui si trova a dover fermare una terrorista giovane che trasportava le bombe e le armi da un quartiere all'altro; quest'ultima però vistasi alle strette decide di uccidersi innescando la bomba che stava trasportando.
Fuse resta sconvolto da questo avvenimento, e inizia così il suo calvario psicologico contro i suoi sensi di colpa.
La storia prosegue irta di colpi di scena e citazioni, che non esplicheremo per non "spoilerare".
Il regista, il grande Oshii, che nel post-guerra partecipò attivamente alle manifestazioni anti governative, effettua inoltre una dura critica alla politica attuale del Giappone.
Infatti egli si scaglia contro la mancanza di una forte opposizione politica nel suo paese, dove i partiti che dovrebbero opporsi non son altro che miseri specchi per le allodole senza alcun potere effettivo di contrasto con il partito principale (LDP).
Tale denuncia è fatta tramite il protagonista mai in grado di sviscerare una propria opinione o agendo secondo proprie volontà, ma dipendendo sempre da un gruppo a cui fa parte; egli non è in grado di separarsi dal resto dei commilitoni nonostante le idee differenti che porta con se.
Tecnicamente l'anime è ben realizzato, sia gli scenari che i dettagli grafici sono ben curati; meno accurato è il comparto audio dove solo il doppiaggio sembra ben escogitato.
Infatti oltre all'assenza di una colonna sonora significativa (scelta probabilmente voluta),gli effetti sonori non sempre fanno calare lo spettatore nei pani del protagonista.
In definitiva Jin-Roh è un ottimo film, pieno di spunti psico – socio - politici, con una bella trama piena di colpi di scena e a tratti davvero avvincente.
Interessante, ma non per coloro che odiano le vicende a sfondo politico o sociale.

Achille

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Un capolavoro struggente, che tutti dovrebbero vedere – soprattutto i buonisti e i fanatici dell’happy-end. Oshii si svincola dalla regia e ci dona una delle sceneggiature più dure, intense e strazianti che si possano concepire. Al di là dell’aspetto tecnico realizzativi inappuntabile, delle musiche splendide e dolorosissime, delle tematiche socio-politiche riscontrabili, del suo valore riflessivo e filosofico globale, – oltre tutto questo (che già da solo renderebbe il film eccelso), quello che annichilisce chi guarda è il trovarsi davanti ad un’opera umana; così terribilmente umana e lancinante, da avvertire un tonfo interiore. Dilania il cuore e ti sbatte in faccia la realtà, così com’è; nuda in tutta la sua crudezza. Due destini senza appigli e senza certezze, che contengono solo dolore, rimorso e sogni infranti; sole, abbandonate in un mondo di sentimenti glaciali, in una vicinanza estranea la cui distanza non si può compensare. Aggrappate fino alla fine – loro e noi – ad una speranza che non è di questo mondo, né di nessun altro. Non c’è nessuna speranza, non c’è salvezza, non c’è redenzione, non ci sono buoni, né cattivi. Solo lupi e vittime. Solo uomini.

Ivan180378

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Ivan180378

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Altro film dove Mamoru Oshii ha messo lo zampino. E' quindi un altro bellissimo film, profondo e riflessivo, che tratta temi politici attuali. Bello il finale inaspettato. Ben animato, ben realizzato. Forse rallenta un po' troppo nella parte centrale, ed è per questo che non mi sbilancio a 10. Ma siamo pur sempre ai livelli altissimi cui ci ha abituato Oshii. Da vedere senza meno. ricordatevi però: siamo sempre su generi riflessivi e filosofici. Se amate film d'azione non impegnativi, guardatevi i Ji-Joe...info: [email protected]


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HaL9000

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Oshii ci dipinge un mondo crudo e senza speranza, in cui le vittime ed i carnefici sembrano in qualche modo essere predestinati.Il protagonista, Fuse, rimane coinvolto in una trama, anzi, in più trame tra loro intrecciate, che vedono come burattinai pezzi delle istituzioni, che finiscono con l'agire come i nemici che dovrebbero combattere. Alla fine, come il regista vuole rimarcare, il lupo rimane lupo, e la vittima rimane vittima, ciascuno calato nel proprio ruolo, che sembra impossibile cambiare; alla fine, cappuccetto rosso non viene salvata. Un paio di curiosità. Il chara design sembra più "realistico" rispetto alle produzioni nipponiche che siamo abituati a vedere: infatti, e questo vale soprattutto per i personaggi maschili, i tratti somatici sono marcatamente asiatici. Sia le divise, che le armi (si vedono mauser, Mg 42, MP 38) sono chiaramente ispirate a quelle utilizzate dalla Wehrmacht nella II° guerra mondiale.


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Caio

Episodi visti: 2/1 --- Voto 10
In questo caso è corretto parlare di pellicola indirizzata ad un pubblico maturo, poco adolescenziale ma ben inserito negli anni di produzione della pellicola quando il muro di Berlino era una realtà carica di significati. Il protagonista incarna perfettamente la durezza dell'epoca in un Giappone europeizzato e militarizzato, fotografia di un'Europa minata dallo spettro di una guerra fredda e dalla sfiducia nei rapporti sociali. Quindi ottima la realise del protagonista e dei personaggi inferiori, buono il confronto "io appartengo ad un gruppo, il branco" "tu giovane fanciulla rivoluzionaria diventi un momento di crisi del mio branco-mondo", ma è solo un momento. Pellicola poco conosciuta in Italia: da rivalutare.

Daniel

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Daniel

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Volendo riassumere questo film in poche parole, le prime che mi vengono in mente sono: bellissimo, crudele, la morte dei sentimenti, dell'amicizia e dell'umanità.
E tra le poche opere che ho visto che ha la caratteristica di avere una storia che INIZIA MALE E FINISCE MALISSIMO!
Sara che sono cattivo io, sarà che fino ad ora tutto quello che il Maestro Oshii sforna o in cui mette le mani mi è sempre piaciuto (fino ad ora), sarà che adoro le storie di questo genere, ma questo sceneggiatore/regista, benchè diverso da Miyazaki; ha secondo me le carte in regola per essere un giorno nominato all'Oscar.
Ha ancora un po' di strada da percorrere, ma se continua a crescere professionalmente in questo modo, lascerà il segno.
Tornando all'aspetto tecnico, direi che i disegni sono all'altezza dello studio I.G. Non impeccabilissimi ma fanno la loro porca figura.
Molto bella anche la colonna sonora. (fa il suo bell'effetto il brano di apertura con l'elicottero che sorvola la città in mezzo ai tafferugli, per non parlare dei dimostranti, mi porto tristemente a ricordare i fatti del G8 DI GENOVA), anche la sceneggiatura non è male, anche se ogni tanto mi è sembrata un pochino tirata, soprattutto nelle fasi che precedono lo scontro finale (praticamente lo stesso dove avvengono i fatti iniziali, ma mi fermerei qui, non voglio rovinarvi la sorpresa!).
Concluderei consigliando la visione a chi ha dei gusti maturi e soprattutto ai tifosi della TOKIKAI (vedere il film per capire..).
Con questo è tutto e vi auguro buona visione!

torakiki

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torakiki

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Crudo, freddo, la storia è lenta ma incalzante, perfettamente diretta e supportata da animazioni eccellenti. Come in altre opere di Oshii nulla è lasciato al caso, dalle citazioni a cappuccetto rosso (non conoscevo questa versione "Ghotica", alienante) alla "vestizione modello antico cavaliere/samurai" prima della battaglia (o meglio del massacro) finale!

"Siamo lupi travestiti da uomini"

Solo a chi cerca qualcosa di impegnato, ma non troppo cervellotico e deprimente!

Grahf

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Grahf

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
TRAMA: In un Giappone degli anni '60 alternativo, sconvolto da rivolte cittadine, un'agente della DIME, corpo speciale contro la guerriglia urbana molto criticato come ente in patria, viene traumatizzato quando una ragazzina minorenne, miltante nel gruppo fanatico terrorista ''Cappuccetto Rosso'', si fa saltare in aria davanti a lui. Da quel momento parte una lunga digressione psicologica, con il protagonista che vedrà la ragazza in molti suoi incubi e proiezioni mentali, non riuscendo a compiere il suo dovere come prima. Viene anche messo sotto inchiesta a mo' di capro espiatorio dalla polizia, ostile alla DIME.
Andando alla tomba della ragazza morta incontrerà la sorella della stessa. E poi?

E poi basta ho pensato io, cosa succede in Jin-Roh, un film che per i primi 45 minuti non mi ha colpito particolarmente, tant'è che ho pensato:"ma come faranno a farlo andare avanti per un'ora e mezza?"dato che per lo più vediamo il protagonista alle prese con i suoi sensi di colpa e con quasi nessuna trama, il che lo rendeva molto pesante; il mio voto stava oscillando tra il 7 e l'8, ma poi arriva il colpo di scena che ha fatto salire in me l'interesse per questo film, rendendolo più vivo e più spesso. Il fatto di dare 45 minuti all'introspezione psicologica dei personaggi acquista un senso, e ancora di più lo acquista alla fine, per nulla scontata.

DISEGNI: I disegni sono molto belli, hanno un non so che di sporco che li rende più classici rispetto ad altri film con massiccia CG, da notare che i personaggi sono tutti Jappa, e non modello europeo impiantato in Giappone. La fluidità di certe scene e soprattutto la fisicità dei personaggi e i loro movimenti, sempre reali, seguendo le legggi fisiche e comportandosi come in effetti si comporta un uomo lo rendono più adulto e affascinante come stile. L'uso della CG è limitato a certe esplosioni. Molto figa l'armatura del corpo speciale della DIME.
Non sono presenti scene comiche perchè questo è un titolo drammatico.

Alla fine della visione si è meritato un bel 9. Non 10 perchè al di la della storia che si scopre davvero interessante e poco scontata, nella prima parte ha faticato un pò a coinvolgermi non capendo dove voleva andare a parare, e i disegni, anche se probabilmente è voluto, sembrano un pò datati rispetto ad altri titoli attuali. Tutto sommato lo consiglio caldamente a che non teme storie non facili da digerire.

Karothekia

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Karothekia

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Jin Roh è un anime veramente maturo. Mostra infatti gli intrighi ed i complotti di una società che vede i suoi componenti come automi da sfruttare e null'altro. L'individuo è un nulla, egli deve solo ubbidire, anche agli ordini più crudeli ed insensati. E' il caso del protagonista, Fuse, e del cammino che intraprende per riavvicinarsi all'umanità e allontanarsi dalla sua natura di lupo...

joseph1111

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joseph1111

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Nessuna speranza. Questo sembra dire Oshii tirando le somme di quest'opera struggente e profonda al tempo stesso. L'idea di figure ambigue non è di certo nuova ma il regista reinventando la vecchia favola di cappuccetto rosso vi infonde un senso a tutta la trama. I personaggi risultano centrati appieno, e la tristezza che traspare dai protagonosti in tutto il film sembra presagire il finale ma allo stesso tempo dipinge con esattezza la lotta impari verso destini contrapposti e ineluttabili.

kayyam

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kayyam

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Do il massimo perché mi pare la migliore opera di Oshii, insieme al secondo film di Patlabor. Oltre alla eccellente sceneggiatura di cui si è già detto, la regia è sensazionale, in particolare nelle sequenze in cui presente, ricordo e allucinazione si fondono con un realismo mozzafiato. Ho apprezzato che Oshii abbia preferito mediare la speculazione implicitandola nel narrato, invece cha affidarla a dialoghi cerebrali. Molto forte la conclusione: esistono azioni che ci estromettono dalla comunità umana senza possibilità d'idilliache reintegrazioni. Leggendo le testimonianze dei protagonisti - pentiti - degli anni di piombo ho avuto la medesima sensazione.

Dren

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Dren

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
... pochissima pietà, nessun illusione, meno che mai speranze: homo homini lupus, punto e basta.
La favola di Cappuccetto Rosso, riscoperta in tutta la sua originaria e ferina complessità, corrobora e scandisce una storia che in sè non ha davvero nulla di ingenuo e fiabesco: tutto ciò che in questo film poteva potenzialmente costituire contenuti positivi (la lotta per una giusta causa, un amore appena accennato, il dubbio del cuore di fronte a scelte inumane) rimane come inespresso, bloccato in una visione raggelante di darwiniana necessità. Probabilmente uno dei film più duri (e belli) di Oshii (sceneggiatura e soggetto).

Zelgadis

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Zelgadis

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
Nell'animazione giapponese ci sono pochissimi autori che non sbagliano un colpo. Tra questi c'è di sicuro Mamoru Oshii che si dimostra con questo film ben degno dell'olimpo dell'animazione.
Il film è ambientato a Tokyo nel 1962 in un dopoguerra alternativo.
In un Giappone devastato dall'occupazione e in ricostruzione sono altissime le tensioni sociali e le manifestazioni violente. Per questo motivo alle normali forze di polizia viene affiancato un corpo speciale con autonomia decisionale, la DIME. Gli agenti della DIME indossano una specie di armatura a prova di bomba, sono dotati di maschera antigas e imbracciano una mitragliatrice. Non esitano a sparare su folle di dimostranti e a dare la caccia ai terroristi più pericolosi per giustiziarli.
Dall'altra parte agiscono gruppi di terroristi che si servono di ragazzine (chiamate in codice "Cappuccetto Rosso") come corrieri per il trasporto di esplosivi.
E' in questo contesto che si inseriscono le vicende dei due protagonisti: l'agente della DIME Fuse, e Kei sorella di un "cappuccetto rosso" morto durante un blitz.
Non voglio spoilerare oltre la trama, ma la trama procede tra i dubbi, sensi di colpa, tradimenti e colpi di scena fino ad un finale intenso e bellissimo. Il tutto in parallelo con la favola di "Cappuccetto Rosso". Ma non la favola edulcorata dei fratelli Grimm, ma la versione originale, ben più dura e cruda, di Perrault (verrà narrata lungo il corso del film parallelamente alle vicende dei protagonisti).
Un film bellissimo e struggente, una perla nel panorama dell'animazione. Ottime anche le musiche e le animazioni (Production I.G.).
Un film da vedere assolutamente.
Ora però un capitolo a parte va fatto per l'edizione italiana. Il doppiaggio (eseguito a Milano) è discreto (anche se a me Debora Magnaghi, doppiatrice di Kei, proprio non piace).
L'edizione è ricca di extra sia grazie ad un dvd aggiuntivo, sia grazie a tutta una serie di informazioni sul retro della copertina, ma i veri problemi sono causati da una forte presenza di rumore video (e questo è evidente soprattutto nelle scene più buie). Non so in che condizioni fossero i master arrivati alla Yamato, ma questo è inaccettabile per una serie del 1999. Un vero peccato. Un difetto che comunque non intacca la qualità del film che rimane un capolavoro consigliato a tutti.