Il mio vicino Totoro
“Tonari no Totoro”, “Il mio vicino Totoro”, è una specie di slice of life corretto da elementi fantastici.
La storia è semplice: un papà, Tatsuo, e le due figlie Setsuko, di undici anni, e Mei, di quattro anni, si trasferiscono in una casa di campagna infestata da fantasmi; qui si adatteranno ad avventure sia quotidiane sia fantastiche, influenzate dalle creature del luogo, prima fra tutte Totoro (un troll? Un procione gigantesco?), il quale abita in un gigantesco albero di canfora vicino alla casa stregata.
Ci sono messaggi particolari? Forse quello tratto dalle basi dello shintoismo, per cui, se tratti bene la natura, essa ti ricambierà trattandoti bene, che è un po’ il concetto che abbiamo trovato nell’avventura di “Nausicaa” o al contrario (comportati male con la natura ed essa si vendicherà) in “La principessa Mononoke”.
Poi c’è sempre il messaggio relativo al fatto di essere una famiglia unita, che troveremo più avanti in “La città incantata” o nell’ultima fatica di Miyazaki, che è “Il ragazzo e l’airone”.
Insomma, nel corso degli anni Miyazaki ha spesso fatto variazioni sullo stesso tema, riuscendo più o meno ad affascinarci.
Io devo ammettere che mi trovo meravigliato che una storia così semplice, pensata per un pubblico infantile di bambinetti molto piccoli, possa essermi piaciuta così tanto. Non griderò al capolavoro e faccio notare che (sebbene erano altri tempi) questo lungometraggio ha impiegato più di vent’anni dal Giappone all’Italia, quindi era considerato un prodotto difficile da vendere in Occidente. Ci ha creduto la Lucky Red, che pur non avendo la potenza della Buena Vista, la branca della Disney che ha portato Miyazaki al successo mondiale con l’accordo del 1996, porta “Tonari no Totoro” nel 2009, un anno magico per la casa di distribuzione.
Certo, oggi è molto più facile e veloce per un lungometraggio animato giapponese arrivare in Italia, e ciò è grazie anche a Miyazaki, che ha mostrato che un film può essere magico, pur narrando cose non eccezionali, come “Tonari no Totoro”.
La storia è semplice: un papà, Tatsuo, e le due figlie Setsuko, di undici anni, e Mei, di quattro anni, si trasferiscono in una casa di campagna infestata da fantasmi; qui si adatteranno ad avventure sia quotidiane sia fantastiche, influenzate dalle creature del luogo, prima fra tutte Totoro (un troll? Un procione gigantesco?), il quale abita in un gigantesco albero di canfora vicino alla casa stregata.
Ci sono messaggi particolari? Forse quello tratto dalle basi dello shintoismo, per cui, se tratti bene la natura, essa ti ricambierà trattandoti bene, che è un po’ il concetto che abbiamo trovato nell’avventura di “Nausicaa” o al contrario (comportati male con la natura ed essa si vendicherà) in “La principessa Mononoke”.
Poi c’è sempre il messaggio relativo al fatto di essere una famiglia unita, che troveremo più avanti in “La città incantata” o nell’ultima fatica di Miyazaki, che è “Il ragazzo e l’airone”.
Insomma, nel corso degli anni Miyazaki ha spesso fatto variazioni sullo stesso tema, riuscendo più o meno ad affascinarci.
Io devo ammettere che mi trovo meravigliato che una storia così semplice, pensata per un pubblico infantile di bambinetti molto piccoli, possa essermi piaciuta così tanto. Non griderò al capolavoro e faccio notare che (sebbene erano altri tempi) questo lungometraggio ha impiegato più di vent’anni dal Giappone all’Italia, quindi era considerato un prodotto difficile da vendere in Occidente. Ci ha creduto la Lucky Red, che pur non avendo la potenza della Buena Vista, la branca della Disney che ha portato Miyazaki al successo mondiale con l’accordo del 1996, porta “Tonari no Totoro” nel 2009, un anno magico per la casa di distribuzione.
Certo, oggi è molto più facile e veloce per un lungometraggio animato giapponese arrivare in Italia, e ciò è grazie anche a Miyazaki, che ha mostrato che un film può essere magico, pur narrando cose non eccezionali, come “Tonari no Totoro”.
Trama: Anni '50, due sorelle si trasferiscono in campagna vicino Tokyo con il padre, in attesa della madre ricoverata in ospedale.
Capolavoro coloratissimo del maestro anime Miyazaki, anche questo suo film è una meraviglia. Delicato e a tratti quasi rarefatto, coloratissimo e ricco di insegnamenti per adulti e bambini sulla natura, la vita, e il crescere in armonia con sé stessi. Si tratta di una storia (in apparenza) molto semplice, legata a gesti e vicende quasi insignificanti: le corse nei campi delle bambine, i pianti, i loro piccoli e grandi problemi. La paura e il coraggio di vivere che si hanno a quell'età.
Significativo in questo senso come Miyazaki durante l'infanzia ebbe a vivere con suo fratello un periodo simile, a causa della malattia della madre. Come al solito, quindi, si tratta di un film per certi versi iper-realistico (nel suo intimismo), eppure a tratti surreale. Giocato su invenzioni geniali e mai eccessive. E i "personaggi" al termine dell'opera entrano dentro lo spettatore come attori reali, come persone reali: questo è il frutto della geniale mente creativa del maestro Miyazaki.
La realtà e il sogno (o la suggestione) si intrecciano indissolubilmente sin dall'inizio, finché anche lo spirito Totoro si trasforma in un'entità viva e reale.
Nella pellicola inoltre ritroviamo uno dei temi prediletti dell'autore, ovvero un'elegia toccante e quasi sacrale della natura e dell'esigenza di vivere in armonia con essa. Ecco allora il personaggio (fondamentale) della nonnina, con il cibo del suo giardino che fa "star bene", ma anche le coccinelle (che aiutano le piante a crescere), e la miriade di piccole notazioni visive di cui è disseminata l'opera: dall'inizio del temporale, ai dettagli sulle piante e le foglie, al silenzio che regna sovrano nel bosco.
Gli sfondi di qualità eccelsa di Kazuo Oga, che diventerà fondamentale collaboratore dello studio Ghibli, e la stupenda colonna sonora di Hisaishi completano una sinfonia di colori e di emozioni ancor più universali e riconoscibili, proprio perché semplici, e quindi in grado di raggiungere tutti.
Che classe, ragazzi!
Curiosità: la canzone "Tonari no Totoro", composta da Miyazaki in persona, è talmente celebre in Giappone, da essere insegnata nelle scuole.
Capolavoro coloratissimo del maestro anime Miyazaki, anche questo suo film è una meraviglia. Delicato e a tratti quasi rarefatto, coloratissimo e ricco di insegnamenti per adulti e bambini sulla natura, la vita, e il crescere in armonia con sé stessi. Si tratta di una storia (in apparenza) molto semplice, legata a gesti e vicende quasi insignificanti: le corse nei campi delle bambine, i pianti, i loro piccoli e grandi problemi. La paura e il coraggio di vivere che si hanno a quell'età.
Significativo in questo senso come Miyazaki durante l'infanzia ebbe a vivere con suo fratello un periodo simile, a causa della malattia della madre. Come al solito, quindi, si tratta di un film per certi versi iper-realistico (nel suo intimismo), eppure a tratti surreale. Giocato su invenzioni geniali e mai eccessive. E i "personaggi" al termine dell'opera entrano dentro lo spettatore come attori reali, come persone reali: questo è il frutto della geniale mente creativa del maestro Miyazaki.
La realtà e il sogno (o la suggestione) si intrecciano indissolubilmente sin dall'inizio, finché anche lo spirito Totoro si trasforma in un'entità viva e reale.
Nella pellicola inoltre ritroviamo uno dei temi prediletti dell'autore, ovvero un'elegia toccante e quasi sacrale della natura e dell'esigenza di vivere in armonia con essa. Ecco allora il personaggio (fondamentale) della nonnina, con il cibo del suo giardino che fa "star bene", ma anche le coccinelle (che aiutano le piante a crescere), e la miriade di piccole notazioni visive di cui è disseminata l'opera: dall'inizio del temporale, ai dettagli sulle piante e le foglie, al silenzio che regna sovrano nel bosco.
Gli sfondi di qualità eccelsa di Kazuo Oga, che diventerà fondamentale collaboratore dello studio Ghibli, e la stupenda colonna sonora di Hisaishi completano una sinfonia di colori e di emozioni ancor più universali e riconoscibili, proprio perché semplici, e quindi in grado di raggiungere tutti.
Che classe, ragazzi!
Curiosità: la canzone "Tonari no Totoro", composta da Miyazaki in persona, è talmente celebre in Giappone, da essere insegnata nelle scuole.
"Il mio vicino Totoro" non è altro che un altro dei 'masterpiece' di Hayao Miyazaki. Va bene tutto, ma non ci sono altre parole per descrivere i lavori di questo regista. Anzi, capolavori.
Questo film ci porta tra le campagne giapponesi, con la storia di due bambine tra le magie della foresta, accanto alla nuova casa in cui si trasferiscono all'inizio del film. Non voglio dire troppo, è giusto lasciarvi alla magia dell'ora in cui lo guarderete.
Solamente, è assolutamente adatto a ogni età. Come del resto tutti i film di Miyazaki. Potete guardarlo a qualsiasi ora, la bellezza non varierà, anche se io personalmente ho preferito la visione di sera. È sempre buono per un rewatch, quando non sapete che guardare o fare, tenetelo a mente, non vi annoierete mai.
Il design degli animaletti è inoltre davvero bello, a mio parere! Dal grande Totoro, passando per quelli più piccoli e bianchi, fino a quelle palline di fuliggine di cui purtroppo non ricordo il nome! Ah, non scordiamo il gatto-bus.
Davvero lo consiglio tantissimo, perché può far vivere momenti magici d'infanzia, ma anche far sognare i più piccoli. Il giorno dopo potrebbero andare a scuola a dire: "Ragazzi, sapete chi è Totoro?".
Il mio 8,5, sia chiaro, è un ottimo voto, solo che apprezzo più le serie tratte da manga shonen, ma a Miyazaki bisogna sempre dare minimo un 8,5.
Non devo aggiungere altro, buona visione!
Questo film ci porta tra le campagne giapponesi, con la storia di due bambine tra le magie della foresta, accanto alla nuova casa in cui si trasferiscono all'inizio del film. Non voglio dire troppo, è giusto lasciarvi alla magia dell'ora in cui lo guarderete.
Solamente, è assolutamente adatto a ogni età. Come del resto tutti i film di Miyazaki. Potete guardarlo a qualsiasi ora, la bellezza non varierà, anche se io personalmente ho preferito la visione di sera. È sempre buono per un rewatch, quando non sapete che guardare o fare, tenetelo a mente, non vi annoierete mai.
Il design degli animaletti è inoltre davvero bello, a mio parere! Dal grande Totoro, passando per quelli più piccoli e bianchi, fino a quelle palline di fuliggine di cui purtroppo non ricordo il nome! Ah, non scordiamo il gatto-bus.
Davvero lo consiglio tantissimo, perché può far vivere momenti magici d'infanzia, ma anche far sognare i più piccoli. Il giorno dopo potrebbero andare a scuola a dire: "Ragazzi, sapete chi è Totoro?".
Il mio 8,5, sia chiaro, è un ottimo voto, solo che apprezzo più le serie tratte da manga shonen, ma a Miyazaki bisogna sempre dare minimo un 8,5.
Non devo aggiungere altro, buona visione!
Trama
Anche qui, come per “Ponyo sulla scogliera” e “La ricompensa del gatto”, la trama è molto semplice, essendo un film per i più piccoli: negli anni ’50, due bambine traslocano insieme al papà in una villetta di campagna, mentre la madre è in cura all’ospedale. Nulla di straordinario, ma con la semplicità e la simpatia dei vari personaggi il film riesce a conquistare il pubblico di qualunque età. A parer mio, poi, molte cose sono state riprese da “Pippi Calzelunghe” (una su tutte, la casa in cui trasloca la famiglia assomiglia a Villa Villacolle), ma per la maggior parte delle trovate dobbiamo tutto all’incredibile immaginazione di Hayao Miyazaki. Dal gattobus allo stesso Totoro, ma di cui parleremo tra poco. Si parte molto bene.
Personaggi e stile
I personaggi non sono chissà che profondi: non hanno nulla di speciale o una particolare caratterizzazione. Tutti sono, semplicemente, realistici. O perlomeno, sono esattamente come ce li aspetteremmo, vedendoli apparire la prima volta. La bambina piccola è ingenua, vivace e sempre pronta all’avventura, il padre è un uomo buono che deve cercare di contenere due uragani da solo e preoccuparsi di sua moglie, etc.
Nulla di incredibile, ma che nell’insieme hanno una potenza indescrivibile. Senza addentrarsi negli angoli più remoti della psiche umana, cadendo nel ridicolo perché non si è capaci di arrivarci né di rappresentarli (sì, Goro, mi riferisco a te), Hayao Miyazaki crea personaggi mostruosamente belli.
L’esempio lampante è Totoro: ha una caratterizzazione? No.
Parla? No.
È un bel personaggio? Per l’amor del cielo, sì.
Comparto tecnico
Tutto ciò che concerne l’entrata in scena di Totoro o di altri esseri sovrannaturali è ancora oggi un cult e presa come riferimento per opere odierne. La qualità delle animazioni è assolutamente fuori di testa per essere il 1988 e per quegli anni, basta vedere quanto in alto sia stato alzato il tiro rispetto a “Nausicaä” e a “Laputa” (che comunque, per quegli anni, erano tanta roba), per capire di che cosa stiamo parlando.
Poi le musiche: ti rimangono in mente che è un piacere e, appena il cervello le processa, parte un sorriso a trentadue denti.
E i paesaggi, mamma mia i paesaggi.
Mi è piaciuto?
È strano da dire, ma, nonostante ne abbia parlato così bene, ho notato alcuni punti morti in cui, a mio parere, si potevano sfruttare meglio le situazioni, nell’arco dell’ora e trentaquattro minuti di durata. Ma comunque, non mi azzarderei a cambiare una virgola. Nell’imperfezione e nella simpatia di questo film, Miyazaki ha trovato la formula vincente.
Guardandolo, mi son detto a metà film: “Bello, ma mi aspettavo di più”.
Inutile dire che, arrivato alla fine, stavo saltando in giro per casa dall’emozione. Sì, mi è decisamente piaciuto.
Lo consiglierei?
Sì, sì, sì e ancora sì.
Non so tu, lettore, che età abbia, ma sono certo di una cosa: “Il mio vicino Totoro” ti piacerà. Perché è una pellicola pensata per i più piccoli, ma che è finita ad essere un’icona dell’animazione giapponese.
Anche qui, come per “Ponyo sulla scogliera” e “La ricompensa del gatto”, la trama è molto semplice, essendo un film per i più piccoli: negli anni ’50, due bambine traslocano insieme al papà in una villetta di campagna, mentre la madre è in cura all’ospedale. Nulla di straordinario, ma con la semplicità e la simpatia dei vari personaggi il film riesce a conquistare il pubblico di qualunque età. A parer mio, poi, molte cose sono state riprese da “Pippi Calzelunghe” (una su tutte, la casa in cui trasloca la famiglia assomiglia a Villa Villacolle), ma per la maggior parte delle trovate dobbiamo tutto all’incredibile immaginazione di Hayao Miyazaki. Dal gattobus allo stesso Totoro, ma di cui parleremo tra poco. Si parte molto bene.
Personaggi e stile
I personaggi non sono chissà che profondi: non hanno nulla di speciale o una particolare caratterizzazione. Tutti sono, semplicemente, realistici. O perlomeno, sono esattamente come ce li aspetteremmo, vedendoli apparire la prima volta. La bambina piccola è ingenua, vivace e sempre pronta all’avventura, il padre è un uomo buono che deve cercare di contenere due uragani da solo e preoccuparsi di sua moglie, etc.
Nulla di incredibile, ma che nell’insieme hanno una potenza indescrivibile. Senza addentrarsi negli angoli più remoti della psiche umana, cadendo nel ridicolo perché non si è capaci di arrivarci né di rappresentarli (sì, Goro, mi riferisco a te), Hayao Miyazaki crea personaggi mostruosamente belli.
L’esempio lampante è Totoro: ha una caratterizzazione? No.
Parla? No.
È un bel personaggio? Per l’amor del cielo, sì.
Comparto tecnico
Tutto ciò che concerne l’entrata in scena di Totoro o di altri esseri sovrannaturali è ancora oggi un cult e presa come riferimento per opere odierne. La qualità delle animazioni è assolutamente fuori di testa per essere il 1988 e per quegli anni, basta vedere quanto in alto sia stato alzato il tiro rispetto a “Nausicaä” e a “Laputa” (che comunque, per quegli anni, erano tanta roba), per capire di che cosa stiamo parlando.
Poi le musiche: ti rimangono in mente che è un piacere e, appena il cervello le processa, parte un sorriso a trentadue denti.
E i paesaggi, mamma mia i paesaggi.
Mi è piaciuto?
È strano da dire, ma, nonostante ne abbia parlato così bene, ho notato alcuni punti morti in cui, a mio parere, si potevano sfruttare meglio le situazioni, nell’arco dell’ora e trentaquattro minuti di durata. Ma comunque, non mi azzarderei a cambiare una virgola. Nell’imperfezione e nella simpatia di questo film, Miyazaki ha trovato la formula vincente.
Guardandolo, mi son detto a metà film: “Bello, ma mi aspettavo di più”.
Inutile dire che, arrivato alla fine, stavo saltando in giro per casa dall’emozione. Sì, mi è decisamente piaciuto.
Lo consiglierei?
Sì, sì, sì e ancora sì.
Non so tu, lettore, che età abbia, ma sono certo di una cosa: “Il mio vicino Totoro” ti piacerà. Perché è una pellicola pensata per i più piccoli, ma che è finita ad essere un’icona dell’animazione giapponese.
Arrivato ai vent’anni, ho compreso quanto il luogo in cui sono nato e, ancor di più, le persone che mi sono state accanto mi abbiano influenzato nel mio percorso di crescita. Ogni giorno, da vent’anni a questa parte, è stato un continuo apprendimento, e devo ammettere che alcune lezioni sono state molto dure. Nonostante ciò, non posso negare che l’ambiente familiare in cui sono cresciuto non sia stato l’ideale per me, che col tempo ho imparato ad apprezzare una qualità come la tranquillità, la stessa che, per mia fortuna, ha quasi sempre regnato nella mia casa, e un valore come la semplicità, lì dove, invece, ho sempre rifuggito le persone raffinate o dai gusti ricercati fino all’estremo. Per queste ragioni, voi lettori lo comprenderete sicuramente, i miei occhi hanno brillato alla visione de “Il mio vicino Totoro”, altro capolavoro cinematografico del maestro Hayao Miyazaki, pubblicato nell’ormai lontano 1988 dallo Studio Ghibli.
La storia, per chi non la conoscesse, si incentra sulle vicende di due sorelle, rispettivamente di undici e quattro anni, di nome Satsuki e Mei. Le due bambine, per potere stare più vicine alla madre ricoverata in ospedale, si sono trasferite con il padre Tatsuo in una nuova dimora, stile casa abbandonata infestata dai fantasmi, situata in mezzo al verde, in un piccolo villaggio di campagna. Satsuki, la più grande delle due sorelle, inizia a frequentare la scuola locale, mentre la piccola Mei impiega le giornate a passeggiare nel giardino di casa, sotto lo sguardo, neanche tanto vigile, del padre. E proprio durante una delle sue “passeggiate”, Mei intoppa nel ben nascosto passaggio segreto che sembra condurre all’interno del maestoso albero di canfora, situato nei pressi della casa. Senza paura e spinta dalla curiosità, Mei-chan si addentra nei meandri del canforo, dove si imbatte in un enorme creatura soffice e pelosa, Totoro, uno spirito ‘kami’ della foresta. L’incontro con l’amichevole Totoro sarà il preludio di una serie di avventure fantastiche e fuori dal comune, degne dei migliori racconti del sensei Miyazaki.
La pellicola si presenta come un mix genuino di allegria, spensieratezza e semplicità. Un connubio semplicemente perfetto, che il sensei riproporrà, seppur con modalità diverse, in altre sue pellicole successive, come “I sospiri del mio cuore”. Non c’è nulla di complicato o artificioso nella trama intessuta da Miyazaki, che non si sforza neanche di dare una vera morale all’opera, che si pone, come unico obiettivo, quello di mostrare, in modo limpido e cristallino, le peculiarità del familismo giapponese, guarda caso permeato dalla religione shintoista, che ha permesso al Paese di raggiungere lo splendore di cui, ancora oggi, i suoi abitanti si possono vantare in tutto il mondo. Cordialità, aiuto e sostegno reciproco sono soltanto alcuni dei valori che vengono proposti nella pellicola e che assumono un significato ancora più profondo se li si inquadrano nel luogo della campagna e nel modo di vivere dei suoi contadini, esaltati nel loro stare a stretto contatto con la natura. Come nelle più incredibili delle trame targate Miyazaki, però, la realtà non è l’unica padrona del gioco e deve fare i conti con l’immancabile componente soprannaturale, che dà al film un’aria quasi fiabesca. E come per le fiabe più iconiche, anche “Il mio vicino Totoro” si chiude con il più bello dei lieto fini, portando all’apice quell’allegria mai venuta meno o messa in discussione, neanche dalla malattia della madre, utilizzata come semplice espediente narrativo. La gioia è totale, tanto da riempire lo spettatore, fino a portarlo alla commozione nella scena finale, accompagnata dalle note di “My Neighbor Totoro”, il brano di Azumi Inoue che, insieme al grandissimo Joe Hisaishi, ha completato la pellicola con delle musiche stupende, tra cui spicca “Moonlight Flight”. Come dicevo prima, nulla di artificioso, solo tanta gioia e semplicità, che da sole bastano a saturare il cuore dello spettatore e fare de “Il mio vicino Totoro” un film di emozioni e sentimenti puri.
Storia, animazioni e musiche sono tutte componenti necessarie di un film che, soprattutto se si è fan di Miyazaki, va visto almeno una volta nella propria vita. Un film leggero, della durata di neanche novanta minuti, ma che riuscirà a catturarvi e ad abbagliarvi completamente.
La storia, per chi non la conoscesse, si incentra sulle vicende di due sorelle, rispettivamente di undici e quattro anni, di nome Satsuki e Mei. Le due bambine, per potere stare più vicine alla madre ricoverata in ospedale, si sono trasferite con il padre Tatsuo in una nuova dimora, stile casa abbandonata infestata dai fantasmi, situata in mezzo al verde, in un piccolo villaggio di campagna. Satsuki, la più grande delle due sorelle, inizia a frequentare la scuola locale, mentre la piccola Mei impiega le giornate a passeggiare nel giardino di casa, sotto lo sguardo, neanche tanto vigile, del padre. E proprio durante una delle sue “passeggiate”, Mei intoppa nel ben nascosto passaggio segreto che sembra condurre all’interno del maestoso albero di canfora, situato nei pressi della casa. Senza paura e spinta dalla curiosità, Mei-chan si addentra nei meandri del canforo, dove si imbatte in un enorme creatura soffice e pelosa, Totoro, uno spirito ‘kami’ della foresta. L’incontro con l’amichevole Totoro sarà il preludio di una serie di avventure fantastiche e fuori dal comune, degne dei migliori racconti del sensei Miyazaki.
La pellicola si presenta come un mix genuino di allegria, spensieratezza e semplicità. Un connubio semplicemente perfetto, che il sensei riproporrà, seppur con modalità diverse, in altre sue pellicole successive, come “I sospiri del mio cuore”. Non c’è nulla di complicato o artificioso nella trama intessuta da Miyazaki, che non si sforza neanche di dare una vera morale all’opera, che si pone, come unico obiettivo, quello di mostrare, in modo limpido e cristallino, le peculiarità del familismo giapponese, guarda caso permeato dalla religione shintoista, che ha permesso al Paese di raggiungere lo splendore di cui, ancora oggi, i suoi abitanti si possono vantare in tutto il mondo. Cordialità, aiuto e sostegno reciproco sono soltanto alcuni dei valori che vengono proposti nella pellicola e che assumono un significato ancora più profondo se li si inquadrano nel luogo della campagna e nel modo di vivere dei suoi contadini, esaltati nel loro stare a stretto contatto con la natura. Come nelle più incredibili delle trame targate Miyazaki, però, la realtà non è l’unica padrona del gioco e deve fare i conti con l’immancabile componente soprannaturale, che dà al film un’aria quasi fiabesca. E come per le fiabe più iconiche, anche “Il mio vicino Totoro” si chiude con il più bello dei lieto fini, portando all’apice quell’allegria mai venuta meno o messa in discussione, neanche dalla malattia della madre, utilizzata come semplice espediente narrativo. La gioia è totale, tanto da riempire lo spettatore, fino a portarlo alla commozione nella scena finale, accompagnata dalle note di “My Neighbor Totoro”, il brano di Azumi Inoue che, insieme al grandissimo Joe Hisaishi, ha completato la pellicola con delle musiche stupende, tra cui spicca “Moonlight Flight”. Come dicevo prima, nulla di artificioso, solo tanta gioia e semplicità, che da sole bastano a saturare il cuore dello spettatore e fare de “Il mio vicino Totoro” un film di emozioni e sentimenti puri.
Storia, animazioni e musiche sono tutte componenti necessarie di un film che, soprattutto se si è fan di Miyazaki, va visto almeno una volta nella propria vita. Un film leggero, della durata di neanche novanta minuti, ma che riuscirà a catturarvi e ad abbagliarvi completamente.
Un altro film firmato dal Maestro Miyazaki.
La trama all'inizio si rivela sin dall'inizio ordinaria e lineare. Si tratta di una famiglia che conduce un'esistenza pacifica e tranquilla: i personaggi, soprattutto le due sorelle protagoniste della vicenda, sono persone spontanee e pacifiche, così come gli altri personaggi del film. La colonna sonora è in sintonia con la trama, specialmente la scena della crescita delle piante offre una suggestione molto marcata, la quale, come in tutti i film di Miyazaki, simboleggia la vita della Natura e quindi la volontà stessa della Natura. La storia è vagamente ispirata ad "Alice nel Paese delle Meraviglie" di Carroll, si pensi alla scena della sorellina minore che entra nel buco della tana di Totoro e fa la sua conoscenza, oltre alla presenza del Gatto-Bus, che rimanda molto allo Stregatto di Carroll, il quale alla fine si rivela decisivo per il buon epilogo della vicenda.
La trama è molto leggera, magari vi sono alcune leggere lacune in essa: ad esempio, non si riesce a spiegare la presenza degli spiritelli, a meno che non si tratti di un presagio semi-nefasto?! Ciononostante, il film è abbastanza gradevole anche per la presenza di una grafica molto più spontanea e realistica, la quale dà un senso di quiete e di pace.
La trama all'inizio si rivela sin dall'inizio ordinaria e lineare. Si tratta di una famiglia che conduce un'esistenza pacifica e tranquilla: i personaggi, soprattutto le due sorelle protagoniste della vicenda, sono persone spontanee e pacifiche, così come gli altri personaggi del film. La colonna sonora è in sintonia con la trama, specialmente la scena della crescita delle piante offre una suggestione molto marcata, la quale, come in tutti i film di Miyazaki, simboleggia la vita della Natura e quindi la volontà stessa della Natura. La storia è vagamente ispirata ad "Alice nel Paese delle Meraviglie" di Carroll, si pensi alla scena della sorellina minore che entra nel buco della tana di Totoro e fa la sua conoscenza, oltre alla presenza del Gatto-Bus, che rimanda molto allo Stregatto di Carroll, il quale alla fine si rivela decisivo per il buon epilogo della vicenda.
La trama è molto leggera, magari vi sono alcune leggere lacune in essa: ad esempio, non si riesce a spiegare la presenza degli spiritelli, a meno che non si tratti di un presagio semi-nefasto?! Ciononostante, il film è abbastanza gradevole anche per la presenza di una grafica molto più spontanea e realistica, la quale dà un senso di quiete e di pace.
"Tonari no Totoro" è un film diretto da Hayao Miyazaki nel 1998. Che dire? Personalmente l'ho trovato gradevole. Ma andiamo con ordine.
La trama è tutt'altro che elaborata, non c'è da aspettarsi chissà cosa, essa è davvero semplice: due sorelline, un giorno, si trasferiscono con il padre in campagna, ahimè la madre era malata e quindi era l'unico modo per farvi una visita, per starle vicino. Un giorno, le due bambine si imbattono in un modo incantato, e fanno amicizia... con Totoro!
I personaggi non sono caratterizzati in profondità, ma Miyazaki mette in evidenza la vivacità, la tenerezza e dolcezza, la spensieratezza, la curiosità delle bambine, facendo in modo che sia subito possibile affezionarsi a loro.
L'autore mette in risalto, inoltre, il Giappone degli anni cinquanta, le ambientazioni sono curate per bene, e grazie a queste caratterizzazioni è possibile fare un salto nel passato.
Se consideriamo l'epoca in cui è stato diretto questo film, possiamo dire che sia un capolavoro, a livello tecnico è davvero eccezionale, impeccabile.
Se ci fate caso, è possibile trovare riferimenti al capolavoro Disney di "Alice il paese delle meraviglie", riferimenti che ho trovato gradevoli!
Ho messo sette e mezzo per un semplicissimo motivo: in questo film è come se mancasse qualcosa... Una morale. A fine film, non ho sentito quel senso di completezza, e questo mi ha spinto a dare questo voto.
Nel complesso è bello, fatto bene, curato. C'è anche un lato un po' autobiografico dell'autore stesso, infatti Miyazaki da piccolo trascorreva molto tempo con la madre che era malata. E credo che questo renda ancora più speciale l'opera.
Infine, in quanto a doppiaggio italiano, nulla da dire. È apprezzabile.
La sigla italiana, quella ho fatto un po' fatica ad apprezzarla, ma comunque non è da bocciare del tutto.
Film consigliato.
La trama è tutt'altro che elaborata, non c'è da aspettarsi chissà cosa, essa è davvero semplice: due sorelline, un giorno, si trasferiscono con il padre in campagna, ahimè la madre era malata e quindi era l'unico modo per farvi una visita, per starle vicino. Un giorno, le due bambine si imbattono in un modo incantato, e fanno amicizia... con Totoro!
I personaggi non sono caratterizzati in profondità, ma Miyazaki mette in evidenza la vivacità, la tenerezza e dolcezza, la spensieratezza, la curiosità delle bambine, facendo in modo che sia subito possibile affezionarsi a loro.
L'autore mette in risalto, inoltre, il Giappone degli anni cinquanta, le ambientazioni sono curate per bene, e grazie a queste caratterizzazioni è possibile fare un salto nel passato.
Se consideriamo l'epoca in cui è stato diretto questo film, possiamo dire che sia un capolavoro, a livello tecnico è davvero eccezionale, impeccabile.
Se ci fate caso, è possibile trovare riferimenti al capolavoro Disney di "Alice il paese delle meraviglie", riferimenti che ho trovato gradevoli!
Ho messo sette e mezzo per un semplicissimo motivo: in questo film è come se mancasse qualcosa... Una morale. A fine film, non ho sentito quel senso di completezza, e questo mi ha spinto a dare questo voto.
Nel complesso è bello, fatto bene, curato. C'è anche un lato un po' autobiografico dell'autore stesso, infatti Miyazaki da piccolo trascorreva molto tempo con la madre che era malata. E credo che questo renda ancora più speciale l'opera.
Infine, in quanto a doppiaggio italiano, nulla da dire. È apprezzabile.
La sigla italiana, quella ho fatto un po' fatica ad apprezzarla, ma comunque non è da bocciare del tutto.
Film consigliato.
Ho sempre avuto una certa curiosità verso questo film, perché gode di ottima popolarità.
Forse complici le elevate aspettative create da questo continuo parlare di Totoro, ma non ho trovato nulla di particolarmente interessante in questo lungometraggio. Non che sia un film sgradevole, sia chiaro: l'ambientazione rurale è raffigurata magistralmente, le musiche di sottofondo sono azzeccate e la grafica in generale è un vero piacere per gli occhi, nonostante sia un lavoro degli anni '80. Perfino alcune produzioni low budget di vent'anni dopo hanno una grafica inferiore a questa. La genuinità e semplicità dell'infanzia è illustrata e raccontata alla perfezione, oserei dire, ed è ben chiaro che l'essenza del lungometraggio si trova lì. D'altra parte, credo che "Il mio vicino Totoro" possa essere apprezzato appieno solo dai più piccoli, proprio per questa sua estrema semplicità e intuitività nei contenuti.
È uno slice of life in piena regola, ed è più un'esperienza sensoriale che altro, e nemmeno particolarmente intensa. Se in altri film di Miyazaki direi che due ore non sono sufficienti a tirar fuori il meglio dalla storia e dai personaggi, qui invece direi che ottantacinque minuti sono anche troppi.
Quando è partita la canzone di apertura, mi volevo uccidere: il testo italiano della sigla manca talmente tanto di creatività, che non si può sentire. Però il film in sé non può essere totalmente bocciato, ha indubbiamente un suo fascino. Il mondo di Totoro ricorda vagamente "Alice nel Paese delle Meraviglie": il tunnel che Mei percorre assomiglia al cunicolo che Alice attraversa inseguendo il Bianconiglio, e il Nekobus ricorda non poco lo Stregatto. Il senso di sana follia e di meraviglia che si prova da bambini è il messaggio più valido che questo bel film possa mai dare, tutto il resto passa in secondo piano, ed è proprio qui il punto. Nel suo insieme l'ho trovato bello ma sterile: un film contemplativo che dice ben poco.
Forse complici le elevate aspettative create da questo continuo parlare di Totoro, ma non ho trovato nulla di particolarmente interessante in questo lungometraggio. Non che sia un film sgradevole, sia chiaro: l'ambientazione rurale è raffigurata magistralmente, le musiche di sottofondo sono azzeccate e la grafica in generale è un vero piacere per gli occhi, nonostante sia un lavoro degli anni '80. Perfino alcune produzioni low budget di vent'anni dopo hanno una grafica inferiore a questa. La genuinità e semplicità dell'infanzia è illustrata e raccontata alla perfezione, oserei dire, ed è ben chiaro che l'essenza del lungometraggio si trova lì. D'altra parte, credo che "Il mio vicino Totoro" possa essere apprezzato appieno solo dai più piccoli, proprio per questa sua estrema semplicità e intuitività nei contenuti.
È uno slice of life in piena regola, ed è più un'esperienza sensoriale che altro, e nemmeno particolarmente intensa. Se in altri film di Miyazaki direi che due ore non sono sufficienti a tirar fuori il meglio dalla storia e dai personaggi, qui invece direi che ottantacinque minuti sono anche troppi.
Quando è partita la canzone di apertura, mi volevo uccidere: il testo italiano della sigla manca talmente tanto di creatività, che non si può sentire. Però il film in sé non può essere totalmente bocciato, ha indubbiamente un suo fascino. Il mondo di Totoro ricorda vagamente "Alice nel Paese delle Meraviglie": il tunnel che Mei percorre assomiglia al cunicolo che Alice attraversa inseguendo il Bianconiglio, e il Nekobus ricorda non poco lo Stregatto. Il senso di sana follia e di meraviglia che si prova da bambini è il messaggio più valido che questo bel film possa mai dare, tutto il resto passa in secondo piano, ed è proprio qui il punto. Nel suo insieme l'ho trovato bello ma sterile: un film contemplativo che dice ben poco.
Il film d'animazione dal titolo originale "Tonari no Totoro" è un prodotto dello Studio Ghibli del 1988 diretto da Hayao Miyazaki. Nonostante la sua divulgazione, in Italia il film è approdato solo il 18 settembre 2009 ovvero dopo ventun anni dalla prima proiezione giapponese. Hayao Miyazaki e Tsugiko Kibo nel maggio del 1988 hanno realizzato una serie di quattro volumi anime comic con immagini e dialoghi tratti dal film. In Giappone sono stati pubblicati in edizioni successive da Tokuma, mentre in Italia l'opera è stata pubblicata nel 2002 in volume unico dalla Planet Manga. In aggiunta, nel 2002, lo stesso Miyazaki ha realizzato anche un cortometraggio derivato dal film dal titolo "Mei to Konekobasu", letteralmente "Mei e il Gattino-bus". La storia approfondisce la figura della piccola Mei e racconta delle sue avventure in compagnia di un cucciolo di Gatto-bus. Il cortometraggio non è stato pubblicato in edizione home video, ma è proiettato esclusivamente all'interno del Museo Ghibli.
La storia è incentrata sulla vita delle due sorelline Satsuki e Mei, che si trasferiscono con il padre Tokorozawa in una vecchia casa "dei fantasmi" nell'hinterland della Tokyo degli anni cinquanta, per stare più vicino alla madre ricoverata in ospedale. Appena arrivano nella nuova casa, le bambine sembrano essere emozionatissime, aiutano il padre a sistemare e pulire, ma ben presto incontrano i primi esserini magici che abitano la foresta: i "nerini del buio" o "corrifuliggine". Questi piccoli esserini somigliano a ragnetti, ma sono spiritelli della fuliggine che occupano le vecchie case abbandonate e che solo i bambini possono vedere - così racconta "nonnina", la loro anziana vicina di casa che prima del loro arrivo si occupava del terreno della proprietà. La piccola Mei, molto attenta ai piccoli esserini che popolano le zone limitrofe della sua nuova casa, scopre una pista di ghiande, la segue emozionata e s'imbatte in due spiritelli dalle lunghe orecchie - uno piccolissimo dal pelo bianco e uno più grande di colore azzurro. Seguendoli, finisce dentro il grande albero di canfora che domina sulla zona e incontra Totoro, uno spirito buono dall'aspetto curioso che ricorda un incrocio tra una talpa, un orso e un procione.
Dopo aver fatto amicizia con Totoro, Mei si addormenta sopra alla sua pancia, ma, quando il padre e la sorella si accorgono della sua sparizione, iniziano a cercarla ovunque. Trovano la piccola Mei in un piccolo sentiero dentro alla foresta, addormentata; al suo risveglio lei prova a raccontare alla famiglia del suo incontro con Totoro, ma nessuno sembra volerle credere, e il padre dice a Mei di aver incontrato il custode della foresta, e vederlo è stato un privilegio che non può essere concesso sempre e a tutti. Mei così si mette il cuore in pace, ma ben presto lei e la sorella avranno modo d'incontrare Totoro insieme un'altra volta, mentre attendono il ritorno del padre alla fermata dell'autobus nel pieno di un temporale. Le due bambine capiscono di essere privilegiate, e impareranno con la mistica creatura a rispettare la natura che le circonda, viaggiando con la fantasia tra le magiche creature che Totoro conosce.
Personalmente parlando, forse sarò strana io, ma non sono riuscita ad apprezzare la storia narrata, manca di profondità e, per quanto abbia trovato incantevoli altri prodotti dello Studio Ghibli con la firma di Miyazaki, "Il mio vicino Totoro" mi ha lasciata abbastanza sconcertata. Non saprei dire con esattezza di cosa mi sia sentita privata, ma per tutta la visione ho aspettato una morale, un sentimento, una qualsiasi fiammella capace di far breccia nel mio cuore che non è mai arrivata. Per quanto dolce possa apparire quella specie di gattone di Totoro nella sua gigantesca quanto tenera forma pelosa, e per quanto Mei e Satsuki siano state estremamente coinvolgenti nelle loro avventure, non sono riuscita a entrare nella pellicola con il cuore e non mi sono, di conseguenza, legata a nessun frammento di storia. Forse la colpa è solo mia che non ho saputo apprezzare il cartone animato nella sua essenza più intima, ma devo ammettere che mi sarei aspettata di più, per questo non posso sbilanciarmi oltre un 6.
La storia è incentrata sulla vita delle due sorelline Satsuki e Mei, che si trasferiscono con il padre Tokorozawa in una vecchia casa "dei fantasmi" nell'hinterland della Tokyo degli anni cinquanta, per stare più vicino alla madre ricoverata in ospedale. Appena arrivano nella nuova casa, le bambine sembrano essere emozionatissime, aiutano il padre a sistemare e pulire, ma ben presto incontrano i primi esserini magici che abitano la foresta: i "nerini del buio" o "corrifuliggine". Questi piccoli esserini somigliano a ragnetti, ma sono spiritelli della fuliggine che occupano le vecchie case abbandonate e che solo i bambini possono vedere - così racconta "nonnina", la loro anziana vicina di casa che prima del loro arrivo si occupava del terreno della proprietà. La piccola Mei, molto attenta ai piccoli esserini che popolano le zone limitrofe della sua nuova casa, scopre una pista di ghiande, la segue emozionata e s'imbatte in due spiritelli dalle lunghe orecchie - uno piccolissimo dal pelo bianco e uno più grande di colore azzurro. Seguendoli, finisce dentro il grande albero di canfora che domina sulla zona e incontra Totoro, uno spirito buono dall'aspetto curioso che ricorda un incrocio tra una talpa, un orso e un procione.
Dopo aver fatto amicizia con Totoro, Mei si addormenta sopra alla sua pancia, ma, quando il padre e la sorella si accorgono della sua sparizione, iniziano a cercarla ovunque. Trovano la piccola Mei in un piccolo sentiero dentro alla foresta, addormentata; al suo risveglio lei prova a raccontare alla famiglia del suo incontro con Totoro, ma nessuno sembra volerle credere, e il padre dice a Mei di aver incontrato il custode della foresta, e vederlo è stato un privilegio che non può essere concesso sempre e a tutti. Mei così si mette il cuore in pace, ma ben presto lei e la sorella avranno modo d'incontrare Totoro insieme un'altra volta, mentre attendono il ritorno del padre alla fermata dell'autobus nel pieno di un temporale. Le due bambine capiscono di essere privilegiate, e impareranno con la mistica creatura a rispettare la natura che le circonda, viaggiando con la fantasia tra le magiche creature che Totoro conosce.
Personalmente parlando, forse sarò strana io, ma non sono riuscita ad apprezzare la storia narrata, manca di profondità e, per quanto abbia trovato incantevoli altri prodotti dello Studio Ghibli con la firma di Miyazaki, "Il mio vicino Totoro" mi ha lasciata abbastanza sconcertata. Non saprei dire con esattezza di cosa mi sia sentita privata, ma per tutta la visione ho aspettato una morale, un sentimento, una qualsiasi fiammella capace di far breccia nel mio cuore che non è mai arrivata. Per quanto dolce possa apparire quella specie di gattone di Totoro nella sua gigantesca quanto tenera forma pelosa, e per quanto Mei e Satsuki siano state estremamente coinvolgenti nelle loro avventure, non sono riuscita a entrare nella pellicola con il cuore e non mi sono, di conseguenza, legata a nessun frammento di storia. Forse la colpa è solo mia che non ho saputo apprezzare il cartone animato nella sua essenza più intima, ma devo ammettere che mi sarei aspettata di più, per questo non posso sbilanciarmi oltre un 6.
“Il mio vicino Totoro” è tra i film più amati di Miyazaki: in Giappone il personaggio di Totoro è cosi celebre, da essere equiparabile alla figura di Topolino per importanza e popolarità, e i bambini giapponesi accolsero Totoro con un entusiasmo tale, da far guadagnare al procione in men che non si di dica l’agognato ruolo di mascotte dello Studio Ghibli.
Due sorelle, Satsuki di undici anni e Mei di quattro, si trasferiscono col padre in un paesino di campagna per avvicinarsi alla madre ricoverata in ospedale. La nuova casa sembra infestata da fantasmi e, quando la sorellina più piccola, seguendo le tracce di alcune ghiande si intrufola in una tana ai piedi di un albero di canfora, viene a conoscenza dello spirito della foresta: Totoro, un buffo e pigro essere a metà tra un orso e un procione. Da qui per Mei e Satsuki inizia la scoperta di un mondo magico, popolato da creature bizzarre e stravaganti.
La storia è molto semplice, “Il mio vicino Totoro” è uno slice of life atipico per la fetta di utenza che cattura, l’opera infatti vuole rivolgersi perlopiù a un pubblico di bambini. Ma come tutti i lavori targati Studio Ghibli ha il suo importante substrato interpretativo. Infatti la pellicola è una metafora sulla fantasia radicata nella fanciullezza, sulla puerile e ingenua spensieratezza infantile; il disincanto dell’età adulta è evidenziato dal fatto che gli spiriti della foresta siano visibili soltanto alle bambine. Indimenticabile la scena in cui Totoro attende il Nekobus (un eccentrico gatto-autobus gigante) sotto la pioggia, scoprendo una piacevole sensazione nel sentire l’acqua cadere sull’ombrello datogli da Satsuki, a tal punto da spingerlo a saltare e sbattere i piedi a terra per far scendere tutte le gocce depositate sulle chiome degli alberi. Ad evidenziarci che la bellezza risiede nelle piccole cose.
I personaggi sono pochi e dalla caratterizzazione psicologica non troppo profonda, riuscendo però tutti nella loro funzionalità: Mei e Satsuki sono due bambine iperattive dotate di una spiccata fantasia; loro padre insegna archeologia, è un uomo buono affascinato dai misteri e dal paranormale; abbiamo poi Nonnina, l’anziana vicina di casa, e suo nipote Kanta, un bambino coetaneo di Satsuki molto timido e curioso; se a loro aggiungiamo gli spiriti della foresta, otteniamo un cast ben assortito in grado di coesistere in modo genuinamente armonioso. Anche se complessivamente la mancanza di un antagonista alla Miyazaki si fa sentire, l’opera procede in modo dolce e melodioso proprio come desiderava l’autore, dall’inizio alla fine.
Tecnicamente il lavoro svolto dallo Studio Ghibli è encomiabile, l’affresco di un Giappone rurale fatto di risaie, foreste e immense distese verdi, con un velo di mistero e un pizzico di misticismo a creare un’atmosfera fantastica e affascinante. Memorabile il chara degli spiriti della foresta, che nella sua semplicità ammalia e cattura lo spettatore. Quanto è amabile il pancione di Totoro?
Meraviglioso anche il comparto sonoro, composto sia da temi nostalgici e toccanti che da motivi frizzanti e allegri. Su tutti spicca la sigla d’apertura, tradotta e cantata persino in italiano, riutilizzata anche nell’ending.
La madre di Miyazaki trascorse diverso tempo in ospedale quando era bambino, per il sensei “Il mio vicino Totoro” è un prodotto estremamente personale. Un passo fondamentale per la sua crescita artistica, senza il quale non sarebbero poi nati capolavori come “Princess Mononoke” o “La città incantata”. Una pellicola che insegna quanto il mondo possa essere meraviglioso, se lo si guarda dalla giusta prospettiva.
Voto: 8
Due sorelle, Satsuki di undici anni e Mei di quattro, si trasferiscono col padre in un paesino di campagna per avvicinarsi alla madre ricoverata in ospedale. La nuova casa sembra infestata da fantasmi e, quando la sorellina più piccola, seguendo le tracce di alcune ghiande si intrufola in una tana ai piedi di un albero di canfora, viene a conoscenza dello spirito della foresta: Totoro, un buffo e pigro essere a metà tra un orso e un procione. Da qui per Mei e Satsuki inizia la scoperta di un mondo magico, popolato da creature bizzarre e stravaganti.
La storia è molto semplice, “Il mio vicino Totoro” è uno slice of life atipico per la fetta di utenza che cattura, l’opera infatti vuole rivolgersi perlopiù a un pubblico di bambini. Ma come tutti i lavori targati Studio Ghibli ha il suo importante substrato interpretativo. Infatti la pellicola è una metafora sulla fantasia radicata nella fanciullezza, sulla puerile e ingenua spensieratezza infantile; il disincanto dell’età adulta è evidenziato dal fatto che gli spiriti della foresta siano visibili soltanto alle bambine. Indimenticabile la scena in cui Totoro attende il Nekobus (un eccentrico gatto-autobus gigante) sotto la pioggia, scoprendo una piacevole sensazione nel sentire l’acqua cadere sull’ombrello datogli da Satsuki, a tal punto da spingerlo a saltare e sbattere i piedi a terra per far scendere tutte le gocce depositate sulle chiome degli alberi. Ad evidenziarci che la bellezza risiede nelle piccole cose.
I personaggi sono pochi e dalla caratterizzazione psicologica non troppo profonda, riuscendo però tutti nella loro funzionalità: Mei e Satsuki sono due bambine iperattive dotate di una spiccata fantasia; loro padre insegna archeologia, è un uomo buono affascinato dai misteri e dal paranormale; abbiamo poi Nonnina, l’anziana vicina di casa, e suo nipote Kanta, un bambino coetaneo di Satsuki molto timido e curioso; se a loro aggiungiamo gli spiriti della foresta, otteniamo un cast ben assortito in grado di coesistere in modo genuinamente armonioso. Anche se complessivamente la mancanza di un antagonista alla Miyazaki si fa sentire, l’opera procede in modo dolce e melodioso proprio come desiderava l’autore, dall’inizio alla fine.
Tecnicamente il lavoro svolto dallo Studio Ghibli è encomiabile, l’affresco di un Giappone rurale fatto di risaie, foreste e immense distese verdi, con un velo di mistero e un pizzico di misticismo a creare un’atmosfera fantastica e affascinante. Memorabile il chara degli spiriti della foresta, che nella sua semplicità ammalia e cattura lo spettatore. Quanto è amabile il pancione di Totoro?
Meraviglioso anche il comparto sonoro, composto sia da temi nostalgici e toccanti che da motivi frizzanti e allegri. Su tutti spicca la sigla d’apertura, tradotta e cantata persino in italiano, riutilizzata anche nell’ending.
La madre di Miyazaki trascorse diverso tempo in ospedale quando era bambino, per il sensei “Il mio vicino Totoro” è un prodotto estremamente personale. Un passo fondamentale per la sua crescita artistica, senza il quale non sarebbero poi nati capolavori come “Princess Mononoke” o “La città incantata”. Una pellicola che insegna quanto il mondo possa essere meraviglioso, se lo si guarda dalla giusta prospettiva.
Voto: 8
"Il mio vicino Totoro" è sicuramente una delle opere più famose del maestro Hayao Miyazaki, e si presenta come uno slice of life dai toni rustici e familiari, con un tocco di magia fiabesca.
La storia racconta le vicissitudini delle due giovani sorelle Satsuki e Mei, che si stanno trasferendo col padre a Tokorozawa, un piccolo villaggio di campagna, per avvicinarsi alla madre, ricoverata in ospedale. In questo scenario rupestre le due ragazze si troveranno a contatto con un mondo magico, e incontreranno Totoro, custode della foresta, dall'aspetto imponente ma al contempo bonario e tenero, con il quale stringeranno una speciale amicizia che le aiuterà ad affrontare questo difficile momento della loro vita.
Miyazaki in quest'opera ci propone un Giappone d'altri tempi, e il clima che si respira è indubbiamente rilassante; lo spettatore sarà indotto a perdersi in un meraviglioso viaggio, complice anche una colonna sonora che si adatta perfettamente all'atmosfera magica dell'anime. Nonostante si tratti di un'opera datata 1988, le animazioni sono semplicemente splendide, e non hanno niente da invidiare a molte produzioni attuali.
Il film è apprezzabile sia in lingua originale sia con l'ottimo doppiaggio italiano.
"Il mio vicino Totoro" è sicuramente una pietra miliare che nessun appassionato dovrebbe mai lasciarsi sfuggire.
La storia racconta le vicissitudini delle due giovani sorelle Satsuki e Mei, che si stanno trasferendo col padre a Tokorozawa, un piccolo villaggio di campagna, per avvicinarsi alla madre, ricoverata in ospedale. In questo scenario rupestre le due ragazze si troveranno a contatto con un mondo magico, e incontreranno Totoro, custode della foresta, dall'aspetto imponente ma al contempo bonario e tenero, con il quale stringeranno una speciale amicizia che le aiuterà ad affrontare questo difficile momento della loro vita.
Miyazaki in quest'opera ci propone un Giappone d'altri tempi, e il clima che si respira è indubbiamente rilassante; lo spettatore sarà indotto a perdersi in un meraviglioso viaggio, complice anche una colonna sonora che si adatta perfettamente all'atmosfera magica dell'anime. Nonostante si tratti di un'opera datata 1988, le animazioni sono semplicemente splendide, e non hanno niente da invidiare a molte produzioni attuali.
Il film è apprezzabile sia in lingua originale sia con l'ottimo doppiaggio italiano.
"Il mio vicino Totoro" è sicuramente una pietra miliare che nessun appassionato dovrebbe mai lasciarsi sfuggire.
“Il mio vicino Totoro” (titolo originale “Tonari no Totoro”) è un film d’animazione giapponese del 1988, diretto da Hayao Miyazaki e prodotto dallo Studio Ghibli. In Italia è giunto solo nel 2009, distribuito dalla Lucky Red.
Trama: Satsuki e Mei sono due iperattive bambine, rispettivamente di undici e quattro anni, trasferitesi con il padre in una villa nel Giappone rurale, mentre la madre è ricoverata in ospedale. Le piccole si accorgono molto in fretta che la loro nuova casa, che in zona si vocifera sia infestata dai fantasmi, ospita dei misteriosi esserini, che porteranno la minore delle due a incontrare quello che lei chiamerà Totoro (come il troll di un libro illustrato), un enorme animale peloso, amichevole e sonnacchioso.
Il lungometraggio non presenta qualcosa identificabile come una vera e propria trama e si configura come uno slice of life fantastico in cui vengono espressi tutta la nostalgia e l’amore non solo per il mondo ameno e accogliente delle rigogliose campagne nipponiche del passato, ma anche per quel periodo della vita pieno di gioia, spensieratezza e magia che, una volta superato, potrebbe non tornare mai più.
Gli episodi della quotidianità a cui si assiste sono raccontati dal punto di vista delle giovanissime Satuski e Mei, le quali, sebbene siano psicologicamente poco approfondite, risultano credibili nei loro atteggiamenti espansivi, nella genuinità con cui accettano eventi che per un adulto sarebbero assurdi e forse terrificanti, nei loro piccoli gesti di egoismo, nella loro disarmante innocenza. Delle loro personalità si sa poco e niente, ma questo non impedisce al film di renderle protagoniste di momenti dal forte impatto emotivo, che siano brevi attimi in cui emerge tutta la commovente impotenza dell’adolescenza di fronte a situazioni troppo più grandi di noi, o sequenze che mostrano il profondo attaccamento tra le due sorelle e la disperazione per la solitudine e la paura di un’eventuale perdita di una delle due.
Totoro, il Gattobus e le altre creature che popolano il lungometraggio, nonostante compaiano su schermo relativamente poco, rivestono un ruolo piuttosto importante all'interno della storia: in principio sembravano rappresentazioni metaforiche, ma poi si riconfermano come entità perfettamente reali e concrete, altruiste protettrici della foresta e della natura, invisibili allo sguardo disincantato del mondo moderno e dei grandi, ma ancora distintamente percepibili agli occhi pieni di meraviglia dell’infanzia. Non per niente sono divenute i simboli più riconoscibili e popolari dello Studio Ghibli.
Le figure di contorno sono anch'esse piuttosto stereotipate e piatte, ma non per questo mancano di una buona dose di umanità e gentilezza toccanti e affettuose.
Il comparto tecnico è dominato indubbiamente dalla componente grafica e da quella sonora: le animazioni sono semplici, limitate a gesti della vita di tutti i giorni, ma restano molto fluide e dinamiche; il character design è molto delicato e pulito e sicuramente si è fatto il possibile per rendere Totoro e i suoi piccoli compagni il più adorabili e teneri possibile, ottenendo un ottimo risultato; i fondali sono estremamente dettagliati e dipingono alla perfezione il paesaggio verde e pacifico del Giappone rurale, tra boschi, risaie e vegetazione lussureggiante e casolari tradizionali, creando scenografie di una bellezza stupefacente; la colonna sonora è per lo più vispa e leggera, catturando con maestria lo spirito dell’opera. Memorabili la sigla di apertura (anche tradotta in italiano), per quanto infantile, e il tema principale del film. Molto espressivo e curato il doppiaggio nostrano.
Se si dovesse definire “Il mio vicino Totoro” con un’unica parola, questa non potrebbe che essere “grazioso”: la tenerezza e la simpatia dei personaggi e la dolcezza e la forza dei loro sentimenti suscitano un perenne sorriso durante la visione del lungometraggio, sorriso sostituito quasi da lacrime di commozione nei rari e fugaci momenti di tristezza e sconforto presenti. Si tratta di un inno all'attaccamento ai valori del passato e al rispetto della natura più vicina a noi, nonché all'inconfondibile fascino dell’infanzia. Chiaramente un'opera rivolta a un pubblico giovanissimo, ma non manca di intrattenere adeguatamente anche gli adulti. Una visione gradevole e distensiva.
Trama: Satsuki e Mei sono due iperattive bambine, rispettivamente di undici e quattro anni, trasferitesi con il padre in una villa nel Giappone rurale, mentre la madre è ricoverata in ospedale. Le piccole si accorgono molto in fretta che la loro nuova casa, che in zona si vocifera sia infestata dai fantasmi, ospita dei misteriosi esserini, che porteranno la minore delle due a incontrare quello che lei chiamerà Totoro (come il troll di un libro illustrato), un enorme animale peloso, amichevole e sonnacchioso.
Il lungometraggio non presenta qualcosa identificabile come una vera e propria trama e si configura come uno slice of life fantastico in cui vengono espressi tutta la nostalgia e l’amore non solo per il mondo ameno e accogliente delle rigogliose campagne nipponiche del passato, ma anche per quel periodo della vita pieno di gioia, spensieratezza e magia che, una volta superato, potrebbe non tornare mai più.
Gli episodi della quotidianità a cui si assiste sono raccontati dal punto di vista delle giovanissime Satuski e Mei, le quali, sebbene siano psicologicamente poco approfondite, risultano credibili nei loro atteggiamenti espansivi, nella genuinità con cui accettano eventi che per un adulto sarebbero assurdi e forse terrificanti, nei loro piccoli gesti di egoismo, nella loro disarmante innocenza. Delle loro personalità si sa poco e niente, ma questo non impedisce al film di renderle protagoniste di momenti dal forte impatto emotivo, che siano brevi attimi in cui emerge tutta la commovente impotenza dell’adolescenza di fronte a situazioni troppo più grandi di noi, o sequenze che mostrano il profondo attaccamento tra le due sorelle e la disperazione per la solitudine e la paura di un’eventuale perdita di una delle due.
Totoro, il Gattobus e le altre creature che popolano il lungometraggio, nonostante compaiano su schermo relativamente poco, rivestono un ruolo piuttosto importante all'interno della storia: in principio sembravano rappresentazioni metaforiche, ma poi si riconfermano come entità perfettamente reali e concrete, altruiste protettrici della foresta e della natura, invisibili allo sguardo disincantato del mondo moderno e dei grandi, ma ancora distintamente percepibili agli occhi pieni di meraviglia dell’infanzia. Non per niente sono divenute i simboli più riconoscibili e popolari dello Studio Ghibli.
Le figure di contorno sono anch'esse piuttosto stereotipate e piatte, ma non per questo mancano di una buona dose di umanità e gentilezza toccanti e affettuose.
Il comparto tecnico è dominato indubbiamente dalla componente grafica e da quella sonora: le animazioni sono semplici, limitate a gesti della vita di tutti i giorni, ma restano molto fluide e dinamiche; il character design è molto delicato e pulito e sicuramente si è fatto il possibile per rendere Totoro e i suoi piccoli compagni il più adorabili e teneri possibile, ottenendo un ottimo risultato; i fondali sono estremamente dettagliati e dipingono alla perfezione il paesaggio verde e pacifico del Giappone rurale, tra boschi, risaie e vegetazione lussureggiante e casolari tradizionali, creando scenografie di una bellezza stupefacente; la colonna sonora è per lo più vispa e leggera, catturando con maestria lo spirito dell’opera. Memorabili la sigla di apertura (anche tradotta in italiano), per quanto infantile, e il tema principale del film. Molto espressivo e curato il doppiaggio nostrano.
Se si dovesse definire “Il mio vicino Totoro” con un’unica parola, questa non potrebbe che essere “grazioso”: la tenerezza e la simpatia dei personaggi e la dolcezza e la forza dei loro sentimenti suscitano un perenne sorriso durante la visione del lungometraggio, sorriso sostituito quasi da lacrime di commozione nei rari e fugaci momenti di tristezza e sconforto presenti. Si tratta di un inno all'attaccamento ai valori del passato e al rispetto della natura più vicina a noi, nonché all'inconfondibile fascino dell’infanzia. Chiaramente un'opera rivolta a un pubblico giovanissimo, ma non manca di intrattenere adeguatamente anche gli adulti. Una visione gradevole e distensiva.
Due sorelle, la piccola e tenera Mei e la responsabile e coraggiosa Satsuki, si trasferiscono in compagnia del padre in un paese di montagna, al fine di star più vicini alla madre malata che è ricoverata in un ospedale del luogo. Dotate di una naturale vivacità, le ragazze sembrano entusiaste della loro nuova vita: immerse completamente nella natura, Mei e Satsuki sembrano apprezzare moltissimo le mille sorprese che la loro nuova collocazione ha da offrirgli. Una di queste sorprese, però, si rivelerà decisamente più "grossa" delle altre: le due ragazze incontreranno e faranno amicizia con Totoro, una creatura fantastica che può essere considerata come una specie di divinità del posto.
Su questo film del 1988 di Hayao Miyazaki si è detto ormai di tutto. In particolare la critica sembra dividersi su due posizioni: la prima, che raccoglie la stragrande maggioranza dell'utenza, considera "Il mio vicino Totoro" come un autentico capolavoro, basato sull'esaltazione della fantasia e della semplicità dell'infanzia e sulla promozione dell'ideale ambientalista; la seconda, in cui si raccoglie una sparuta minoranza, non considera questo film degno della fama di Miyazaki, in quanto povero di contenuti e basato su una sceneggiatura piuttosto scarna. Quale dei due gruppi ha ragione?
Ovviamente io posso esprimere solo il mio punto di vista in materia e non ho nessuna pretesa di essere portatore di una sorta di verità indiscutibile; detto questo, devo ammettere che tutte e due le fazioni hanno la loro parte di ragione.
La trama, ovviamente, è quella di una favola e per questo il film è destinato, prevalentemente, ad un pubblico giovanissimo; ma quella capacità dei bambini di trascendere l'ordinario e di credere ai sogni ed alle favole è un qualcosa che anche gli adulti non hanno dimenticato, che a volte rimpiangono, che di sicuro ancora li affascina. Per questo motivo, "Il mio vicino Totoro" diventerà un titolo molto amato anche da generazioni meno giovani, al pari di molti film disneyani: in fondo, stiamo pur sempre parlando di un film di Miyazaki e non di un cartone con maiali parlanti che amano insozzarsi nel fango.
Il film è piacevolissimo, i personaggi e l'ambientazione ti catturano immediatamente: l'immagine di Totoro che attende l'autobus con un ombrello in mano non può non indurre al sorriso e l'improvviso arrivo di un nekobus è un qualcosa che, francamente, lascia a bocca aperta per lo stupore. La semplicità con cui vengono raccontate le emozioni e gli entusiasmi dell'infanzia, la bellezza di un ipotetico ritorno alla natura sono cose che conquistano lo spettatore senza fare alcuno sforzo.
Se tutto questo è vero, però, non si può negare l'esistenza di un altro lato della medaglia. La sceneggiatura, in effetti, è davvero troppo scarna: nel corso del film accadono effettivamente troppe poche cose e secondo me il film è anche abbastanza corto. Il suo personaggio principale, questa enorme divinità animale chiamata Totoro si lascia un po' troppo desiderare: appare solo poche volte ed in genere non compie azioni veramente importanti. Per il resto è solo un susseguirsi di quadretti familiari neanche troppo articolati che piacciono, ma non entusiasmano.
Non sono, invece, d'accordo con chi accusa il maestro Miyazaki di non aver curato abbastanza la psicologia di Maya e Satsuki; sono solo delle bambine, non è il caso di scomodare Freud per dargli una caratterizzazione più complessa. La loro semplicità caratteriale è proprio il frutto dell'essere ancora molto giovani e dell'essere ancora dominate da quella dolce ingenuità che contraddistingue la loro età. Ed è una cosa che va apprezzata nel suo realismo e non criticata.
Detto questo, non credo sia utile aggiungere altro se non il mio giudizio finale che, ovviamente è molto positivo: il film mi è piaciuto molto, questo non si discute. Si poteva, però, fare di meglio e trasformare una bella storia in una storia davvero indimenticabile; cosa che "Il mio vicino Totoro", obiettivamente, proprio non è.
Su questo film del 1988 di Hayao Miyazaki si è detto ormai di tutto. In particolare la critica sembra dividersi su due posizioni: la prima, che raccoglie la stragrande maggioranza dell'utenza, considera "Il mio vicino Totoro" come un autentico capolavoro, basato sull'esaltazione della fantasia e della semplicità dell'infanzia e sulla promozione dell'ideale ambientalista; la seconda, in cui si raccoglie una sparuta minoranza, non considera questo film degno della fama di Miyazaki, in quanto povero di contenuti e basato su una sceneggiatura piuttosto scarna. Quale dei due gruppi ha ragione?
Ovviamente io posso esprimere solo il mio punto di vista in materia e non ho nessuna pretesa di essere portatore di una sorta di verità indiscutibile; detto questo, devo ammettere che tutte e due le fazioni hanno la loro parte di ragione.
La trama, ovviamente, è quella di una favola e per questo il film è destinato, prevalentemente, ad un pubblico giovanissimo; ma quella capacità dei bambini di trascendere l'ordinario e di credere ai sogni ed alle favole è un qualcosa che anche gli adulti non hanno dimenticato, che a volte rimpiangono, che di sicuro ancora li affascina. Per questo motivo, "Il mio vicino Totoro" diventerà un titolo molto amato anche da generazioni meno giovani, al pari di molti film disneyani: in fondo, stiamo pur sempre parlando di un film di Miyazaki e non di un cartone con maiali parlanti che amano insozzarsi nel fango.
Il film è piacevolissimo, i personaggi e l'ambientazione ti catturano immediatamente: l'immagine di Totoro che attende l'autobus con un ombrello in mano non può non indurre al sorriso e l'improvviso arrivo di un nekobus è un qualcosa che, francamente, lascia a bocca aperta per lo stupore. La semplicità con cui vengono raccontate le emozioni e gli entusiasmi dell'infanzia, la bellezza di un ipotetico ritorno alla natura sono cose che conquistano lo spettatore senza fare alcuno sforzo.
Se tutto questo è vero, però, non si può negare l'esistenza di un altro lato della medaglia. La sceneggiatura, in effetti, è davvero troppo scarna: nel corso del film accadono effettivamente troppe poche cose e secondo me il film è anche abbastanza corto. Il suo personaggio principale, questa enorme divinità animale chiamata Totoro si lascia un po' troppo desiderare: appare solo poche volte ed in genere non compie azioni veramente importanti. Per il resto è solo un susseguirsi di quadretti familiari neanche troppo articolati che piacciono, ma non entusiasmano.
Non sono, invece, d'accordo con chi accusa il maestro Miyazaki di non aver curato abbastanza la psicologia di Maya e Satsuki; sono solo delle bambine, non è il caso di scomodare Freud per dargli una caratterizzazione più complessa. La loro semplicità caratteriale è proprio il frutto dell'essere ancora molto giovani e dell'essere ancora dominate da quella dolce ingenuità che contraddistingue la loro età. Ed è una cosa che va apprezzata nel suo realismo e non criticata.
Detto questo, non credo sia utile aggiungere altro se non il mio giudizio finale che, ovviamente è molto positivo: il film mi è piaciuto molto, questo non si discute. Si poteva, però, fare di meglio e trasformare una bella storia in una storia davvero indimenticabile; cosa che "Il mio vicino Totoro", obiettivamente, proprio non è.
Film d'animazione del 1988 dello Studio Ghibli e diretto da Hayao Miyazaki, "Il mio vicino Totoro" è uno dei film simbolo, anzi è il film più rappresentativo dell'omonimo studio; a riprova di questo il fatto che la figura di Totoro appare nel logo dello studio.
La trama è semplice. Due bambine si trasferiscono in campagna a causa delle condizioni di salute della madre e si integrano nel posto stringendo nuove amicizie. Poi un bel giorno la più piccola incontra due piccoli esserini e, seguendoli nel fitto nel bosco, si imbatte in Totoro...
"Il mio vicino Totoro" è un fantasy che a primo acchito è diretto ad un pubblico infantile. Guardarlo è come immergersi in una favola dalle atmosfere oniriche. L'incontro con questi esseri dall'aspetto morbidoso, il tunnel di arbusti che conduce alla tana di Totoro, l'attesa alla fermata dell'autobus sotto la pioggia incessante, la danza come inno alla vita, il gatto-bus... Lo spettatore assiste al tutto con occhi da bambino ma non per questo meno consapevole del messaggio trasmesso dal film.
Chi ha un minimo di conoscenza del pensiero di Miyazaki si sarà reso conto del concetto ambientalista del famoso regista e produttore. Innanzitutto la vicenda è ambientata in campagna, dove il lavoro contadino accompagna l'incedere della giornata. Vicino a questo villaggio sorge un bosco al cui centro si erge un enorme albero, simbolo di vita e prosperità, e Totoro ne è il guardiano e il custode. E l'uomo non è il padrone di tutto, ma è visto come parte integrante e non dominante di questo ecosistema. Quando le bambine saranno in difficoltà, sarà Totoro ad aiutarle con la sua saggezza e la responsabilità derivante dal ruolo che ricopre nel bosco stesso.
Sotto l'aspetto tecnico, "Il mio vicino Totoro" ha un buon chara, sebbene le produzioni miyazane soffrano tutte dello stesso chara che alla lunga risulta anonimo, una buona grafica e animazioni fluide. La colonna sonora non risalta ma si amalgama bene con il tutto. L'ending è bambinesca ma anche questa è in linea con il film.
Sebbene ho l'impressione che questo film sia poco apprezzato dal pubblico occidentale, ritengo "Il mio vicino Totoro" il film più rappresentativo dello Studio Ghibli nonché uno dei migliori. Il messaggio ambientalista sarà pure superato e retorico, ma merita perché incanta e commuove. Altamente consigliato.
La trama è semplice. Due bambine si trasferiscono in campagna a causa delle condizioni di salute della madre e si integrano nel posto stringendo nuove amicizie. Poi un bel giorno la più piccola incontra due piccoli esserini e, seguendoli nel fitto nel bosco, si imbatte in Totoro...
"Il mio vicino Totoro" è un fantasy che a primo acchito è diretto ad un pubblico infantile. Guardarlo è come immergersi in una favola dalle atmosfere oniriche. L'incontro con questi esseri dall'aspetto morbidoso, il tunnel di arbusti che conduce alla tana di Totoro, l'attesa alla fermata dell'autobus sotto la pioggia incessante, la danza come inno alla vita, il gatto-bus... Lo spettatore assiste al tutto con occhi da bambino ma non per questo meno consapevole del messaggio trasmesso dal film.
Chi ha un minimo di conoscenza del pensiero di Miyazaki si sarà reso conto del concetto ambientalista del famoso regista e produttore. Innanzitutto la vicenda è ambientata in campagna, dove il lavoro contadino accompagna l'incedere della giornata. Vicino a questo villaggio sorge un bosco al cui centro si erge un enorme albero, simbolo di vita e prosperità, e Totoro ne è il guardiano e il custode. E l'uomo non è il padrone di tutto, ma è visto come parte integrante e non dominante di questo ecosistema. Quando le bambine saranno in difficoltà, sarà Totoro ad aiutarle con la sua saggezza e la responsabilità derivante dal ruolo che ricopre nel bosco stesso.
Sotto l'aspetto tecnico, "Il mio vicino Totoro" ha un buon chara, sebbene le produzioni miyazane soffrano tutte dello stesso chara che alla lunga risulta anonimo, una buona grafica e animazioni fluide. La colonna sonora non risalta ma si amalgama bene con il tutto. L'ending è bambinesca ma anche questa è in linea con il film.
Sebbene ho l'impressione che questo film sia poco apprezzato dal pubblico occidentale, ritengo "Il mio vicino Totoro" il film più rappresentativo dello Studio Ghibli nonché uno dei migliori. Il messaggio ambientalista sarà pure superato e retorico, ma merita perché incanta e commuove. Altamente consigliato.
"Il mio vicino Totoro" considerato uno dei film più importanti prodotti dallo Studio Ghibli, rilevante a tal punto da divenirne il simbolo stesso. Prodotto del 1988 è famoso anche per essere una delle prime opere del maestro Hayao Miyazaki.
Le protagoniste di questa storia sono Satsuki e Mei, due bambine che insieme al padre decidono di trasferirsi in campagna per poter stare più vicine alla madre malata. Arrivate a destinazione si troveranno a vivere in una casa vecchia e completamente da restaurare, ma questo non è l'unico cambiamento a cui dovranno abituarsi: la casa e la zona circostante è infatti stracolma di strane creature che però solamente loro riescono a vedere; tra queste faranno amiciza con Totoro lo spirito della natura, protettore della foresta. Durante un momento di difficoltà Totoro aiuterà Satsuki a ritrovare la sorellina scoparsa, che si era avventurata sino all'ospedale dove era ricoverata la madre, in quanto preoccupata dalla sua situazione.
La trama in sé è molto semplice e banale ma non è questo il punto su cui Miyazaki tende a soffermarsi; all'interno di questo film sono state trattate molte tematiche anche se in modo non propriamente esplicito. Fra tutte la più evidente è sicuramente il rapporto uomo-natura, argomento molto caro a Myiazaki e ripreso in quasi tutti i suoi film. Le due protagoniste trasferendosi in campagna imparano a stare a contatto col mondo esterno e a rispettarlo.
Altra tematica principale è sicuramente quelle della famiglia, della quale Mei e Setsuki ne riconoscono l'importanza in maniera profonda a causa della grave situazione della madre. Per tutta la durata del film viene anche mostrato quello che è il periodo dell'innocenza, l'impossibilità di distinguere la realtà dal sogno, non si riesce infatti a capire con certezza se ciò che vedono le due bambine sia vero o se sia solalmente frutto della loro fantasia.
Dal punto di vista tecnico siamo davanti a un capolavoro se consideriamo il periodo in cui è stata realizzata quest'opera, logicamente in confronto a quelle attuali la grafica non può essere di pari livello.
In conclusione considero Totoro un'opera molto bella e mi sento di consigliarne la visione a tutti indipendentemente dall'età, perchè può essere apprezzata in un certo modo dai più piccoli e in un'altro da chi non lo è più, gli spunti di riflessione sono molti e presentati ottimamente.
Le protagoniste di questa storia sono Satsuki e Mei, due bambine che insieme al padre decidono di trasferirsi in campagna per poter stare più vicine alla madre malata. Arrivate a destinazione si troveranno a vivere in una casa vecchia e completamente da restaurare, ma questo non è l'unico cambiamento a cui dovranno abituarsi: la casa e la zona circostante è infatti stracolma di strane creature che però solamente loro riescono a vedere; tra queste faranno amiciza con Totoro lo spirito della natura, protettore della foresta. Durante un momento di difficoltà Totoro aiuterà Satsuki a ritrovare la sorellina scoparsa, che si era avventurata sino all'ospedale dove era ricoverata la madre, in quanto preoccupata dalla sua situazione.
La trama in sé è molto semplice e banale ma non è questo il punto su cui Miyazaki tende a soffermarsi; all'interno di questo film sono state trattate molte tematiche anche se in modo non propriamente esplicito. Fra tutte la più evidente è sicuramente il rapporto uomo-natura, argomento molto caro a Myiazaki e ripreso in quasi tutti i suoi film. Le due protagoniste trasferendosi in campagna imparano a stare a contatto col mondo esterno e a rispettarlo.
Altra tematica principale è sicuramente quelle della famiglia, della quale Mei e Setsuki ne riconoscono l'importanza in maniera profonda a causa della grave situazione della madre. Per tutta la durata del film viene anche mostrato quello che è il periodo dell'innocenza, l'impossibilità di distinguere la realtà dal sogno, non si riesce infatti a capire con certezza se ciò che vedono le due bambine sia vero o se sia solalmente frutto della loro fantasia.
Dal punto di vista tecnico siamo davanti a un capolavoro se consideriamo il periodo in cui è stata realizzata quest'opera, logicamente in confronto a quelle attuali la grafica non può essere di pari livello.
In conclusione considero Totoro un'opera molto bella e mi sento di consigliarne la visione a tutti indipendentemente dall'età, perchè può essere apprezzata in un certo modo dai più piccoli e in un'altro da chi non lo è più, gli spunti di riflessione sono molti e presentati ottimamente.
"Il mio vicino Totoro" è uno dei primi film dello studio Ghibli di cui poi diverrà anche il simbolo.
La storia racconta di Satsuki e Mei, due sorelle che insieme al padre si trasferiscono in una casa in campagna per poter stare più vicini alla madre, ricoverata in un ospedale a causa di una malattia. Non appena trasferiti nella nuova casa, le bambine avvertiranno fin da subito la presenza di qualcosa di strano; strani spiriti infatti "infestano" l'abitazione e la zona circostante. Poco dopo essere arrivate le ragazzine faranno la conoscenza di Totoro, lo spirito della natura, che aiuterà le bambine nelle disavventure che dovranno affrontare nel corso della storia. Ovviamente solo loro 2 saranno in grado di vedere e di interagire con Totoro, le altre persone non si rendono infatti conte delle sue apparizioni.
Dal punto di vista grafico è stato svolto un ottimo lavoro, soprattutto prendendo in considerazione l'anno in cui è stato prodotto il film.
I personaggi sono ben caratterizzati per rendere al meglio le tematiche che l'autore ha voluto trattare, ovvero la reazione che due piccole bambine possono avere di fronte a un grande cambiamento come quello di trasferirsi, il rapporto con la natura, la distinzione fra sogni e realtà, e altre ancora.
Un ottimo film da vedere insieme alla famiglia, cosnigliato a tutti.
La storia racconta di Satsuki e Mei, due sorelle che insieme al padre si trasferiscono in una casa in campagna per poter stare più vicini alla madre, ricoverata in un ospedale a causa di una malattia. Non appena trasferiti nella nuova casa, le bambine avvertiranno fin da subito la presenza di qualcosa di strano; strani spiriti infatti "infestano" l'abitazione e la zona circostante. Poco dopo essere arrivate le ragazzine faranno la conoscenza di Totoro, lo spirito della natura, che aiuterà le bambine nelle disavventure che dovranno affrontare nel corso della storia. Ovviamente solo loro 2 saranno in grado di vedere e di interagire con Totoro, le altre persone non si rendono infatti conte delle sue apparizioni.
Dal punto di vista grafico è stato svolto un ottimo lavoro, soprattutto prendendo in considerazione l'anno in cui è stato prodotto il film.
I personaggi sono ben caratterizzati per rendere al meglio le tematiche che l'autore ha voluto trattare, ovvero la reazione che due piccole bambine possono avere di fronte a un grande cambiamento come quello di trasferirsi, il rapporto con la natura, la distinzione fra sogni e realtà, e altre ancora.
Un ottimo film da vedere insieme alla famiglia, cosnigliato a tutti.
Dopo il film "Il Castello nel Cielo" riuscito a livello artistico solo in parte, ma dagli incassi più che buoni, lo Studio Ghibli può continuare la sua sopravvivenza grazie ai profitti e così Hayao Miyazaki torna dopo due anni a dirigere una nuova pellicola, "Il mio Vicino Totoro", del quale è sia autore del soggetto che della sceneggiatura. Premetto che è alquanto difficile parlare di un film così radicato nel panorama dell'animazione nipponica, visto che Totoro è in seguito divenuto il logo dello Studio Ghibli. Nel 2009 la Lucky Red decide finalmente di portare quest'opera al cinema, colmando una lacuna che durava da oramai vent'anni.
La storia è molto labile per non dire inesistente, avente per ambientazione la campagna Giapponese degli anni '50. Due sorelle, Satsuki e Mei, si sono trasferite in un piccolo villaggio di campagna insieme al loro padre, mentre attendono la guarigione della loro madre ricoverata in ospedale. Un giorno la piccola Mei, andando nella fitta vegetazione per inseguire due spirito del bosco, finirà con l'incontrare un enorme e strano essere, a cui darà il nome di "Totoro". Soltanto Mei e Satsuki riusciranno a percepire la presenza di questa misteriosa creatura. Come potete ben intendere la storia è del tutto labile ed è un mero pretesto per parlare degli incontri delle due bambine con Totoro. La sceneggiatura francamente è a livelli molto bassi, nel senso che parte da un punto A e finisce non si sa dove, visto che ci presenta un finale aperto e che dà la sensazione di aver guardato un'ora e venti di film a vuoto.
I temi della poetica di Miyazaki vi sono, come il legame verso la natura e l'importanza delle tradizione, ma qualunque cosa abbia voluto comunicare l'autore risulta inafferrabile, perché seppur ammettiamo che vi sia un qualcosa, esso risulta sin troppo nascosto. Per tutta la durata della pellicola non si fa altro che assistere a Satsuki e Mei che giocano, saltellano e urlano senza che ciò conferisca ad entrambe uno straccio di caratterizzazione o carica alla storia. Pure il padre e la madre risultano delle figure anonime e alquanto marginali all'interno della pellicola. Insomma la narrazione è calibrata a misura di bambino, con alcune sequenze visionarie e fiabesche come l'apparizione del "Gattobus" o dello stesso Totoro, che ad un certo punto rendono labile la distinzione del confine tra realtà e fantasia.
In tutto questo la regia di Miyazaki risulta essere nel complesso trattenuta, niente virtuosismi o sequenze memorabili che si lascino ricordare (se non la scena dell'albero che cresce, ma in quel caso la colonna sonora di Hisaishi aiuta molto), anche se la messa in scena in alcuni frangenti è da lodare.
Le animazione dello Studio Ghibli invece si dimostrano di alto livello, esaltandosi non solo nel tratteggiare la verde e lussureggiante campagna Giapponese in tutte le sfaccettature possibili (magnifica la rappresentazione di Satsuki che aspetta l'autobus sotto la pioggia) ma anche nel rappresentare Totoro in tutta la sua dolcezza con quei peli candidi e soffici dove spesso Mei e Satsuki ci si tuffano a capofitto. L'ambientazione gioca un ruolo fondamentale nel film, infatti essa ha in tutto e per tutto l'aspetto di un paesaggio "arcadico", atto a rievocare il passato dell'autore (la vicenda della madre di Satsuki e Mei riprende quel che accadde alla madre di Miyazaki malata di tubercolosi). Il paesaggio è filtrato attraverso gli occhi di Satsuki e Mei (sintomatico di ciò è il fatto che solo loro due vedano Totoro), le quali ci mostrano una realtà idillica e in netto contrasto con l'inferno che era il Giappone del dopoguerra. Si può interpretare questa scelta come la volontà dell'autore di creare un mondo tutto suo, per sfuggire dalla realtà che lo circonda, ma ciò è suffragato solo da pochi e non decisivi indizi.
Questo lungometraggio rappresenta per un certo verso una faccia di una medesima medaglia, infatti l'altra metà era rappresentata dal film "Una Tomba per le Lucciole" di Isao Takahata (uscito in contemporanea nel 1988), che al contrario rappresentava una realtà e un Giappone devastato dagli orrori della seconda guerra mondiale, sfoggiando una regia realistica, che non esitava con i primi piani a mostrare le sofferenze dei protagonisti. Al contrario di come si possa pensare, nonostante i numerosi premi vinti dalla pellicola (come da sempre per tutti i film dello Studio Ghibli e questo non può che far pensare ad un po' di soggezione nei loro confronti da parte dei giudici), l'opera non sbancò il botteghino, vista anche la non ottima scelta di marketing che con un unico biglietto consentiva allo spettatore di vedere sia il film di Takahata che quello di Miyazaki, i quali essendo rivolti a target totalmente diversi, contribuirono ad una scarsa affluenza per entrambe le pellicole. In sostanza, "Il mio Vicino Totoro" risulterà un film piacevole per i soli fan del maestro o coloro che vogliono tornare bambini, vedendo una pellicola di scarse pretese artistiche-contenutistiche, tutti gli altri ne stiano alla larga visto che il fattore delusione è dietro l'angolo.
La storia è molto labile per non dire inesistente, avente per ambientazione la campagna Giapponese degli anni '50. Due sorelle, Satsuki e Mei, si sono trasferite in un piccolo villaggio di campagna insieme al loro padre, mentre attendono la guarigione della loro madre ricoverata in ospedale. Un giorno la piccola Mei, andando nella fitta vegetazione per inseguire due spirito del bosco, finirà con l'incontrare un enorme e strano essere, a cui darà il nome di "Totoro". Soltanto Mei e Satsuki riusciranno a percepire la presenza di questa misteriosa creatura. Come potete ben intendere la storia è del tutto labile ed è un mero pretesto per parlare degli incontri delle due bambine con Totoro. La sceneggiatura francamente è a livelli molto bassi, nel senso che parte da un punto A e finisce non si sa dove, visto che ci presenta un finale aperto e che dà la sensazione di aver guardato un'ora e venti di film a vuoto.
I temi della poetica di Miyazaki vi sono, come il legame verso la natura e l'importanza delle tradizione, ma qualunque cosa abbia voluto comunicare l'autore risulta inafferrabile, perché seppur ammettiamo che vi sia un qualcosa, esso risulta sin troppo nascosto. Per tutta la durata della pellicola non si fa altro che assistere a Satsuki e Mei che giocano, saltellano e urlano senza che ciò conferisca ad entrambe uno straccio di caratterizzazione o carica alla storia. Pure il padre e la madre risultano delle figure anonime e alquanto marginali all'interno della pellicola. Insomma la narrazione è calibrata a misura di bambino, con alcune sequenze visionarie e fiabesche come l'apparizione del "Gattobus" o dello stesso Totoro, che ad un certo punto rendono labile la distinzione del confine tra realtà e fantasia.
In tutto questo la regia di Miyazaki risulta essere nel complesso trattenuta, niente virtuosismi o sequenze memorabili che si lascino ricordare (se non la scena dell'albero che cresce, ma in quel caso la colonna sonora di Hisaishi aiuta molto), anche se la messa in scena in alcuni frangenti è da lodare.
Le animazione dello Studio Ghibli invece si dimostrano di alto livello, esaltandosi non solo nel tratteggiare la verde e lussureggiante campagna Giapponese in tutte le sfaccettature possibili (magnifica la rappresentazione di Satsuki che aspetta l'autobus sotto la pioggia) ma anche nel rappresentare Totoro in tutta la sua dolcezza con quei peli candidi e soffici dove spesso Mei e Satsuki ci si tuffano a capofitto. L'ambientazione gioca un ruolo fondamentale nel film, infatti essa ha in tutto e per tutto l'aspetto di un paesaggio "arcadico", atto a rievocare il passato dell'autore (la vicenda della madre di Satsuki e Mei riprende quel che accadde alla madre di Miyazaki malata di tubercolosi). Il paesaggio è filtrato attraverso gli occhi di Satsuki e Mei (sintomatico di ciò è il fatto che solo loro due vedano Totoro), le quali ci mostrano una realtà idillica e in netto contrasto con l'inferno che era il Giappone del dopoguerra. Si può interpretare questa scelta come la volontà dell'autore di creare un mondo tutto suo, per sfuggire dalla realtà che lo circonda, ma ciò è suffragato solo da pochi e non decisivi indizi.
Questo lungometraggio rappresenta per un certo verso una faccia di una medesima medaglia, infatti l'altra metà era rappresentata dal film "Una Tomba per le Lucciole" di Isao Takahata (uscito in contemporanea nel 1988), che al contrario rappresentava una realtà e un Giappone devastato dagli orrori della seconda guerra mondiale, sfoggiando una regia realistica, che non esitava con i primi piani a mostrare le sofferenze dei protagonisti. Al contrario di come si possa pensare, nonostante i numerosi premi vinti dalla pellicola (come da sempre per tutti i film dello Studio Ghibli e questo non può che far pensare ad un po' di soggezione nei loro confronti da parte dei giudici), l'opera non sbancò il botteghino, vista anche la non ottima scelta di marketing che con un unico biglietto consentiva allo spettatore di vedere sia il film di Takahata che quello di Miyazaki, i quali essendo rivolti a target totalmente diversi, contribuirono ad una scarsa affluenza per entrambe le pellicole. In sostanza, "Il mio Vicino Totoro" risulterà un film piacevole per i soli fan del maestro o coloro che vogliono tornare bambini, vedendo una pellicola di scarse pretese artistiche-contenutistiche, tutti gli altri ne stiano alla larga visto che il fattore delusione è dietro l'angolo.
"Tonari no Totoro" (1988) è un'opera che fa della sua semplicità il proprio punto di forza. Non possiede una trama elaborata e riesce comunque a risultare godibile.
Satsuki e Mei si devono trasferire assieme al padre in un paesino di campagna, per assistere più da vicino la madre, ricoverata in ospedale.
I primi 20 minuti di film sono pura ambientazione dei personaggi e sfoggio registico di paesaggi meravigliosi, che però non fanno progredire la trama.
Con impassibile calma, Miyazaki utilizza le due sorelline come uno strumento per aprire le porte della fantasia allo spettatore.
Nell'entrata in scena di Totoro e degli spiritelli avviene una netta separazione dei mondi e una sospensione della realtà attuale, ed è qui che si può godere pienamente della malinconia e della purezza che può suscitare questo film.
Lo studio Ghibli pone particolare attenzione a questi rilevanti momenti, grazie sia all'abile regia sia al supporto delle musiche di Joe Hisashi, le quali si fondono con il mood e seguono perfettamente la linea emotiva del film.
La poca presenza di dialoghi favorisce il clima introspettivo, che dà il meglio di sé nelle scene oniriche.
La figura di Totoro merita un discorso a parte. Esteticamente esso ha un aspetto imponente e nello stesso tempo pigro e assonnato, che lo rendono simpatico - non per niente è stato scelto come mascotte e logo dello Studio.
Trovo inoltre corretta la scelta di non farlo parlare giapponese, evidenzia il distacco tra umano e spirito, e questa incapacità di comunicazione lo rende imprevedibile.
Se nelle prime apparizioni si concentra sulla semplice presenza, con lo sviluppo della trama diventerà un punto di riferimento.
Il suo aiuto si rivelerà fondamentale a sceneggiatura inoltrata, dove verranno sviluppati temi più seri, quali la crescita e la paura della perdita, che si concretizzeranno in un finale coerente con tutto ciò visto in precedenza.
Anche la figura del Nekobus, che personalmente ho amato anche più di Totoro, merita qualche riga. Innanzitutto essa ha due influenze. In primo luogo il suo corpo cavo e le innumerevoli zampe richiamano il Bakeneko, ossia uno spirito del folklore giapponese con le sembianze di un gatto mostruoso, e secondariamente la sua capacità di sparire e apparire e il ghigno sono una lampante citazione al Gatto del Cheshire (Stregatto) di Carroll.
Viene posta, come di consueto, una grande attenzione al tema dell'ambientalismo e al rispetto della natura, marchio di fabbrica delle produzioni di questa casa giapponese.
Il film è leggermente autobiografico, poiché anche lo stesso Miyazaki ha trascorso l'infanzia assieme ai suoi fratelli in assenza della madre, malata di tubercolosi.
Il ritmo lento rende questo lungometraggio sconsigliato a chi cerca azione e avventura. Questo è un film da guardare con spensieratezza, che fa regredire lo spettatore a bambino, in completa armonia con l'ambiente.
Satsuki e Mei si devono trasferire assieme al padre in un paesino di campagna, per assistere più da vicino la madre, ricoverata in ospedale.
I primi 20 minuti di film sono pura ambientazione dei personaggi e sfoggio registico di paesaggi meravigliosi, che però non fanno progredire la trama.
Con impassibile calma, Miyazaki utilizza le due sorelline come uno strumento per aprire le porte della fantasia allo spettatore.
Nell'entrata in scena di Totoro e degli spiritelli avviene una netta separazione dei mondi e una sospensione della realtà attuale, ed è qui che si può godere pienamente della malinconia e della purezza che può suscitare questo film.
Lo studio Ghibli pone particolare attenzione a questi rilevanti momenti, grazie sia all'abile regia sia al supporto delle musiche di Joe Hisashi, le quali si fondono con il mood e seguono perfettamente la linea emotiva del film.
La poca presenza di dialoghi favorisce il clima introspettivo, che dà il meglio di sé nelle scene oniriche.
La figura di Totoro merita un discorso a parte. Esteticamente esso ha un aspetto imponente e nello stesso tempo pigro e assonnato, che lo rendono simpatico - non per niente è stato scelto come mascotte e logo dello Studio.
Trovo inoltre corretta la scelta di non farlo parlare giapponese, evidenzia il distacco tra umano e spirito, e questa incapacità di comunicazione lo rende imprevedibile.
Se nelle prime apparizioni si concentra sulla semplice presenza, con lo sviluppo della trama diventerà un punto di riferimento.
Il suo aiuto si rivelerà fondamentale a sceneggiatura inoltrata, dove verranno sviluppati temi più seri, quali la crescita e la paura della perdita, che si concretizzeranno in un finale coerente con tutto ciò visto in precedenza.
Anche la figura del Nekobus, che personalmente ho amato anche più di Totoro, merita qualche riga. Innanzitutto essa ha due influenze. In primo luogo il suo corpo cavo e le innumerevoli zampe richiamano il Bakeneko, ossia uno spirito del folklore giapponese con le sembianze di un gatto mostruoso, e secondariamente la sua capacità di sparire e apparire e il ghigno sono una lampante citazione al Gatto del Cheshire (Stregatto) di Carroll.
Viene posta, come di consueto, una grande attenzione al tema dell'ambientalismo e al rispetto della natura, marchio di fabbrica delle produzioni di questa casa giapponese.
Il film è leggermente autobiografico, poiché anche lo stesso Miyazaki ha trascorso l'infanzia assieme ai suoi fratelli in assenza della madre, malata di tubercolosi.
Il ritmo lento rende questo lungometraggio sconsigliato a chi cerca azione e avventura. Questo è un film da guardare con spensieratezza, che fa regredire lo spettatore a bambino, in completa armonia con l'ambiente.
"Il mio vicino Totoro" è uno dei tanti film dello studio Ghibli che come tutti gli altri è riuscito ad appassionarmi tantissimo.
Due sorelline si trasferiscono assieme al loro papà in una casa immersa nella natura. Le bambine si ritrovano a scoprire un nuovo mondo facendo amicizia con nuove e bizzarre creature. La trama è molto semplice e scanzonata, ma riesce comunque a catturare chi guarda il film e riesce a renderlo in un certo senso partecipe.
Questa volta la trama è forse più piacevole per i bambini proprio per la sua semplicità e per la sua trama molto allegra.
Il disegni sono molto belli e riescono assieme alle musiche, anche queste molto belle, a coinvolgere e a stupire molto chi guarda il film.
Il film è assolutamente da guardare; un 9 se lo merita tutto.
Due sorelline si trasferiscono assieme al loro papà in una casa immersa nella natura. Le bambine si ritrovano a scoprire un nuovo mondo facendo amicizia con nuove e bizzarre creature. La trama è molto semplice e scanzonata, ma riesce comunque a catturare chi guarda il film e riesce a renderlo in un certo senso partecipe.
Questa volta la trama è forse più piacevole per i bambini proprio per la sua semplicità e per la sua trama molto allegra.
Il disegni sono molto belli e riescono assieme alle musiche, anche queste molto belle, a coinvolgere e a stupire molto chi guarda il film.
Il film è assolutamente da guardare; un 9 se lo merita tutto.
Totoro: che dire, credo che ognuno conosca la sua immagine. Qualsiasi persona che sia un "minimo" interessata di queste cose avrà visto qui e là questo gattone grosso e grigio.
E come mai è tanto famoso, tanto da essere diventato l'icona dell'animazione in Giappone?
Dopo diverso tempo quindi ho deciso di guardarmelo, avendo guardato già la "Principessa Mononoke" ed essendo cresciuto ovviamente con "Heidi" di Miyazaki.
Che dire, questo è un film che mi ha commosso per moltissimi minuti consecutivi. Mi ha saputo coinvolgere nonostante il fatto che nei primi minuti continuavo a storcere il naso proprio perché non mi ispirava. Ma più si va avanti più ci si affeziona ai personaggi, a questa piccola e semplice avventura che li coinvolge, a questa storia così lineare, felice e leggera, che ha del magico.
La famosa scena della fermata del bus, e poi una scena, ovvero quella della danza per far crescere le piante, mi hanno veramente scavato dentro.
E qui si capisce quanto i Giapponesi abbiano a cuore questi temi ambientalisti che si ritrovano in diverse opere dello studio Ghibli. Ma si tratta di un ambientalismo non come quello che siamo abituati a sentire in giro. Si tratta proprio di una visione utopica, una visione perfetta della convivenza uomo-natura. E Totoro, questa specie di sovrano della foresta, ne controlla il clima. A mio avviso è semplicemente fantastico.
Amo anche la spensieratezza e la sincerità dei rapporti umani in quest'opera (come in altre sempre dello studio Ghibli).
Quest'opera trasuda di umanità, ti fa sentire leggero, mette di buon umore, commuove, spaventa, diverte, tutto.
E' un'opera secondo me fantastica, guardatela assolutamente.
Do un 10 meritatissimo, perché è un'opera che personalmente mi ha commosso moltissimo.
E come mai è tanto famoso, tanto da essere diventato l'icona dell'animazione in Giappone?
Dopo diverso tempo quindi ho deciso di guardarmelo, avendo guardato già la "Principessa Mononoke" ed essendo cresciuto ovviamente con "Heidi" di Miyazaki.
Che dire, questo è un film che mi ha commosso per moltissimi minuti consecutivi. Mi ha saputo coinvolgere nonostante il fatto che nei primi minuti continuavo a storcere il naso proprio perché non mi ispirava. Ma più si va avanti più ci si affeziona ai personaggi, a questa piccola e semplice avventura che li coinvolge, a questa storia così lineare, felice e leggera, che ha del magico.
La famosa scena della fermata del bus, e poi una scena, ovvero quella della danza per far crescere le piante, mi hanno veramente scavato dentro.
E qui si capisce quanto i Giapponesi abbiano a cuore questi temi ambientalisti che si ritrovano in diverse opere dello studio Ghibli. Ma si tratta di un ambientalismo non come quello che siamo abituati a sentire in giro. Si tratta proprio di una visione utopica, una visione perfetta della convivenza uomo-natura. E Totoro, questa specie di sovrano della foresta, ne controlla il clima. A mio avviso è semplicemente fantastico.
Amo anche la spensieratezza e la sincerità dei rapporti umani in quest'opera (come in altre sempre dello studio Ghibli).
Quest'opera trasuda di umanità, ti fa sentire leggero, mette di buon umore, commuove, spaventa, diverte, tutto.
E' un'opera secondo me fantastica, guardatela assolutamente.
Do un 10 meritatissimo, perché è un'opera che personalmente mi ha commosso moltissimo.
Per chi conosce bene lo Studio Ghibli e lo apprezza in tutti i suoi temi, le sue atmosfere e la sua cultura, è impossibile non aver visto "Il mio vicino Totoro", realizzato nel 1988 dalla colonna portante dell'animazione made in Japan, nientemeno che Hayao Miyazaki.
Così, anch'io, animata dalle gioiose vacanze natalizie, mi sono decisa a guardare con piacere questo film, e stavolta, è bene dirlo, galeotto fu Rai Movie, che mi fornì l'occasione adatta per immergermi nel magico mondo di Totoro.
Per la verità la trama è molto semplice. Due sorelline, Satsuki e Mei, si trasferiscono con il padre a Tokorozawa, un piccolo villaggio di campagna per andare a vivere più vicini alla loro mamma, che è ricoverata in ospedale.
Le bambine sono entusiaste della nuova casa, dai nuovi vicini, in particolare la nonnina e Kanta, che frequenta la stessa classe di Satsuki e sembra avere una certa simpatia per lei, che nel film è abbastanza comica.
Probabilmente, venendo da una città abbastanza grande, le bimbe si vedono immerse in un mondo purissimo e verdeggiante, affascinante ed emozionante, ricco di misteri e suggestioni: la natura. Così, la piccola Mei, mentre la sorellona va a scuola, si ritrova a gironzolare alla scoperta del mondo che la circonda, cadendo per caso in un buco alla fine di un sentiero, che la condurrà dal magico Totoro. L'incontro in realtà è preparato da una serie di misteriosi avvenimenti nella nuova casa, animati da una forte presenza magica, tipica dei film di Miyazaki.
Totoro, che tra l'altro è anche il simbolo dello Studio Ghibli, ha l'aspetto di un grosso animale (forse un incrocio tra un orso e un procione) ed è un essere calmo e bonario, che ama dormire e che si mostra solo a chi veramente desidera.
Sarà proprio questo simpatico "spirito della natura" ad aiutare Satsuki e Mei con un pizzico di magia.
Ne "Il mio vicino Totoro" troviamo elementi caratterisici di Hayao Miyazaki, elementi che ricorrono nella maggior parte dei suoi film: innanzitutto la componente magica, come ho già accennato, che dà la giusta atmosfera a un film principalmente indirizzato ai bambini.
Troviamo inoltre creature fantastiche e soprendenti, legate profondamente alla natura, tema che sta particolamermente a cuore a Miyazaki, come si è gia visto in "Nausicaa della Valle del Vento", realizzato quattro anni prima.
Come protagoniste il film presenta figure femminili, in particolare bambine, forse proprio quelle che sono in grado di vedere le cose in modo diverso, magico. I bambini sono condizionati dalle scelte dei genitori, ma poi si ritrovano ad aiutarli, a renderli migliori e felici.
L'unica pecca a mio parere, è la lentezza, non particolarmente forte in quest'opera quanto in altre, ma comunque evidente.
"Il mio vicino Totoro" è un film che consiglio, anche per la sua grafica, piuttosto buona, pur essendo dell' '88, in particolare per la figura di Totoro, "il gigante buono" che credo entrerà subito nei vostri cuori.
Così, anch'io, animata dalle gioiose vacanze natalizie, mi sono decisa a guardare con piacere questo film, e stavolta, è bene dirlo, galeotto fu Rai Movie, che mi fornì l'occasione adatta per immergermi nel magico mondo di Totoro.
Per la verità la trama è molto semplice. Due sorelline, Satsuki e Mei, si trasferiscono con il padre a Tokorozawa, un piccolo villaggio di campagna per andare a vivere più vicini alla loro mamma, che è ricoverata in ospedale.
Le bambine sono entusiaste della nuova casa, dai nuovi vicini, in particolare la nonnina e Kanta, che frequenta la stessa classe di Satsuki e sembra avere una certa simpatia per lei, che nel film è abbastanza comica.
Probabilmente, venendo da una città abbastanza grande, le bimbe si vedono immerse in un mondo purissimo e verdeggiante, affascinante ed emozionante, ricco di misteri e suggestioni: la natura. Così, la piccola Mei, mentre la sorellona va a scuola, si ritrova a gironzolare alla scoperta del mondo che la circonda, cadendo per caso in un buco alla fine di un sentiero, che la condurrà dal magico Totoro. L'incontro in realtà è preparato da una serie di misteriosi avvenimenti nella nuova casa, animati da una forte presenza magica, tipica dei film di Miyazaki.
Totoro, che tra l'altro è anche il simbolo dello Studio Ghibli, ha l'aspetto di un grosso animale (forse un incrocio tra un orso e un procione) ed è un essere calmo e bonario, che ama dormire e che si mostra solo a chi veramente desidera.
Sarà proprio questo simpatico "spirito della natura" ad aiutare Satsuki e Mei con un pizzico di magia.
Ne "Il mio vicino Totoro" troviamo elementi caratterisici di Hayao Miyazaki, elementi che ricorrono nella maggior parte dei suoi film: innanzitutto la componente magica, come ho già accennato, che dà la giusta atmosfera a un film principalmente indirizzato ai bambini.
Troviamo inoltre creature fantastiche e soprendenti, legate profondamente alla natura, tema che sta particolamermente a cuore a Miyazaki, come si è gia visto in "Nausicaa della Valle del Vento", realizzato quattro anni prima.
Come protagoniste il film presenta figure femminili, in particolare bambine, forse proprio quelle che sono in grado di vedere le cose in modo diverso, magico. I bambini sono condizionati dalle scelte dei genitori, ma poi si ritrovano ad aiutarli, a renderli migliori e felici.
L'unica pecca a mio parere, è la lentezza, non particolarmente forte in quest'opera quanto in altre, ma comunque evidente.
"Il mio vicino Totoro" è un film che consiglio, anche per la sua grafica, piuttosto buona, pur essendo dell' '88, in particolare per la figura di Totoro, "il gigante buono" che credo entrerà subito nei vostri cuori.
'Totoro' è un film diretto e sceneggiato da Hayao Miyazaki, celeberrimo artista la cui fama riecheggia perfino oltre gli angusti confini del paese del sol levante. Si tratta di un'opera che possiede un substrato personale tale da legarsi strettamente all'autore: al suo passato, ai suoi dolori, alle sue gioie, alle sue speranze.
Il lungometraggio si presenta caratterizzato da un'ambientazione bucolica e tranquilla, estremamente pacifica e vicina alla natura. Le persone vivono coltivando, a contatto con un ambiente incontaminato. Una natura "miyazakianamente" intesa, ovverosia considerata in una accezione morale e animista. La natura infatti interagisce con le due bambine, o forse (viceversa) sono le due bambine a interagire con la natura: nella loro ingenuità (anzi proprio per la loro ingenuità e immaginazione) riescono a trovare una via per comunicare con la medesima, a instaurare con essa un rapporto, un legame, che gli adulti non possono vedere. La buffa e cicciottella divinità diventa il simbolo di come si possa instaurare con il mondo naturale un'empatia quasi spirituale, di come si possa vedere nella natura un amico che ti possa aiutare.
La prospettiva più genuina e spontanea con cui avvicinarsi al film è pertanto quella dei fanciulli. Un approccio immediato e ingenuo, privo di aspettative, offre la più autentica delle sorprese; una fiaba semplice e lineare, dove tutto è magico, è grande, è giocoso, fantastico: un sogno, perché è così che il mondo appare (dovrebbe apparire) agli occhi di un bambino. Proprio dalle più piccole cose possono nascerne di grandi, basta saper guardare con gli occhi giusti.
'Totoro' assume poi delle lievi sfumature malinconiche. Poc'anzi accennavamo al fatto che il film fosse collegato con l'esperienza di vita del suo autore, assumendo così un retrogusto nostalgico appena percettibile. Miyazaki sembra rievocare il fantasma di un passato tragico filtrato e rimaneggiato in modo puerile, mostrando una realtà idillica che va a sostituire quella sudicia e non accogliente che il mondo ci offre e da cui vogliamo proteggerci. In questo ambiente (l'infanzia), incantato e senza tempo, giacciono assopiti dolci sentimenti domestici e infinite speranze di avvenire. Tuttavia cedere a queste illusioni è una sconfitta duplice, poiché si chiudono gli occhi innanzi alla realtà, e si crea un mondo sostitutivo al suo posto. La magia rimane negli occhi ingenui dei bambini, e null'altro. Questa interpretazione è caldeggiata dalla scelta della location "arcadica" e da alcuni riferimenti autobiografici, come la situazione familiare delle due fanciulle. La madre di Miyazaki era similmente malata (di tubercolosi) e costretta a letto in ospedale. Inoltre non deve sfuggire che la collocazione storica di 'Totoro', anni '50, poco dopo la conclusione del conflitto mondiale, si potrebbe identificare in un ipotetico dopoguerra alternativo, dove viene sottratto l'orrore da questa causato. Da tale angolazione il film sembra quasi una sorta di reazione, una fuga, dall'atrocità del conflitto e della realtà che per il Giappone è stato un notevole trauma. 'Totoro' potrebbe sembrare in effetti l'altra faccia della medaglia rispetto ad "Una tomba per le lucciole" (di Takahata) dove il mondo viene al contrario palesato senza eufemismi di sorta.
Complessivamente, che si guardi il lungometraggio in una determinata prospettiva piuttosto che nell'altra, considero 'Totoro' un film pressochè vuoto, per certi versi decisamente più leggero e sottile di alcuni suoi consanguinei. Proprio per questo, tuttavia, si rivela maggiormente apprezzabile rispetto ai secondi, alle volte afflitti da una asfissiante e compatta idealità ben maggiore e fastidiosa.
Un'opera che possono apprezzare davvero tutti, atta a suscitare effetti di facile commozione presso un pubblico relativamente poco pretenzioso e acritico. Voto: 6/7.
Il lungometraggio si presenta caratterizzato da un'ambientazione bucolica e tranquilla, estremamente pacifica e vicina alla natura. Le persone vivono coltivando, a contatto con un ambiente incontaminato. Una natura "miyazakianamente" intesa, ovverosia considerata in una accezione morale e animista. La natura infatti interagisce con le due bambine, o forse (viceversa) sono le due bambine a interagire con la natura: nella loro ingenuità (anzi proprio per la loro ingenuità e immaginazione) riescono a trovare una via per comunicare con la medesima, a instaurare con essa un rapporto, un legame, che gli adulti non possono vedere. La buffa e cicciottella divinità diventa il simbolo di come si possa instaurare con il mondo naturale un'empatia quasi spirituale, di come si possa vedere nella natura un amico che ti possa aiutare.
La prospettiva più genuina e spontanea con cui avvicinarsi al film è pertanto quella dei fanciulli. Un approccio immediato e ingenuo, privo di aspettative, offre la più autentica delle sorprese; una fiaba semplice e lineare, dove tutto è magico, è grande, è giocoso, fantastico: un sogno, perché è così che il mondo appare (dovrebbe apparire) agli occhi di un bambino. Proprio dalle più piccole cose possono nascerne di grandi, basta saper guardare con gli occhi giusti.
'Totoro' assume poi delle lievi sfumature malinconiche. Poc'anzi accennavamo al fatto che il film fosse collegato con l'esperienza di vita del suo autore, assumendo così un retrogusto nostalgico appena percettibile. Miyazaki sembra rievocare il fantasma di un passato tragico filtrato e rimaneggiato in modo puerile, mostrando una realtà idillica che va a sostituire quella sudicia e non accogliente che il mondo ci offre e da cui vogliamo proteggerci. In questo ambiente (l'infanzia), incantato e senza tempo, giacciono assopiti dolci sentimenti domestici e infinite speranze di avvenire. Tuttavia cedere a queste illusioni è una sconfitta duplice, poiché si chiudono gli occhi innanzi alla realtà, e si crea un mondo sostitutivo al suo posto. La magia rimane negli occhi ingenui dei bambini, e null'altro. Questa interpretazione è caldeggiata dalla scelta della location "arcadica" e da alcuni riferimenti autobiografici, come la situazione familiare delle due fanciulle. La madre di Miyazaki era similmente malata (di tubercolosi) e costretta a letto in ospedale. Inoltre non deve sfuggire che la collocazione storica di 'Totoro', anni '50, poco dopo la conclusione del conflitto mondiale, si potrebbe identificare in un ipotetico dopoguerra alternativo, dove viene sottratto l'orrore da questa causato. Da tale angolazione il film sembra quasi una sorta di reazione, una fuga, dall'atrocità del conflitto e della realtà che per il Giappone è stato un notevole trauma. 'Totoro' potrebbe sembrare in effetti l'altra faccia della medaglia rispetto ad "Una tomba per le lucciole" (di Takahata) dove il mondo viene al contrario palesato senza eufemismi di sorta.
Complessivamente, che si guardi il lungometraggio in una determinata prospettiva piuttosto che nell'altra, considero 'Totoro' un film pressochè vuoto, per certi versi decisamente più leggero e sottile di alcuni suoi consanguinei. Proprio per questo, tuttavia, si rivela maggiormente apprezzabile rispetto ai secondi, alle volte afflitti da una asfissiante e compatta idealità ben maggiore e fastidiosa.
Un'opera che possono apprezzare davvero tutti, atta a suscitare effetti di facile commozione presso un pubblico relativamente poco pretenzioso e acritico. Voto: 6/7.
Elogio della semplicità
Il 16 aprile 1988, con una formula di distribuzione alquanto inusuale, escono contemporaneamente nelle sale giapponesi ben due film dello Studio Ghibli al prezzo di un unico biglietto. Si tratta di "Una tomba per le lucciole" e "Il mio vicino Totoro", rispettivamente per la regia dei sodali e cofondatori dello stesso studio Isao Takahata e Hayao Miyazaki. I due film - così diversi eppure così vicini come due facce di una stessa medaglia - riscossero un notevole successo e grande risonanza tra i fan e gli addetti ai lavori, ma non realizzarono grossi incassi al botteghino. Tuttavia Totoro fece la fortuna dello studio nel ramo merchandising, divenendone il logo ufficiale e il simbolo stesso di un'intera poetica.
Satsuki e Mei sono due sorelle, di undici e quattro anni, appena trasferitesi con il padre in un piccolo villaggio di campagna per potere stare più vicini alla madre ricoverata in ospedale. La piccola Mei, esplorando i paraggi della nuova casa, s'imbatte in un maestoso albero di canfora attorniato da corde di paglia di riso (simbolo scintoista di purificazione) all'interno del quale vive un enorme creatura soffice e pelosa: è Totoro, uno spirito 'kami' della foresta. Questi si rivelerà buono e amichevole, e verrà in soccorso della piccolina quando questa, avventuratasi da sola a consegnare un dono alla sua mamma, si smarrirà nel dedalo dei sentieri campestri.
Il candore e la purezza d'animo consentono ai bambini di vivere in una dimensione magica e immaginifica spesso incomprensibile a certi adulti, i quali, ingabbiati nella routine e nei ritmi della vita moderna, dimenticano di essere stati essi stessi fanciulli. La grandezza di Miyazaki, riconosciuta sia per la bellezza formale delle sue immagini sia per la profondità dei suoi messaggi ambientalisti, consiste anche nella sua sensibilità più unica che rara nel trattare il tema dell'infanzia.
In questo caso l'autore, che racconta una storia in parte autobiografica, ci dimostra come dalle piccole cose possano nascere grandi e sorprendenti scoperte e come un normalissimo episodio di vita quotidiana possa trasformarsi in una straordinaria avventura ricca d'incredibili eventi e mirabolanti prodigi, se solo lo si guarda con gli occhi giocosi e meravigliati di un bambino.
L'amore del regista per i suoi personaggi è palpabile nei teneri ritratti delle due sorelline: Mei con la sua dolce ingenuità e la sua incrollabile curiosità è l'incarnazione stessa della gioia di vivere; Satsuki, matura e consapevole, aiuta responsabilmente il padre nelle difficoltà, ma non dimentica di essere una bambina, si trova perfettamente in sintonia con la sorellina e insieme vivono l'avventura con Totoro.
Ma il "dio degli anime" riserva sempre un posto di riguardo anche ai 'giovani con le rughe', qui rappresentati da Nanny che, nonostante il peso dell'età, lavora ancora nelle risaie, aiuta la famiglia Kusakabe nei lavori domestici e bada a Mei in assenza del padre e della sorella. È molto amata dalle bambine ed è lei a rivelare la natura dei Susuwatari (i nerini del buio): in tutta l'opera di Miyazaki il rapporto degli anziani con i piccoli è diretto e naturale, poiché l'età li ha riavvicinati, in una sorta di ciclico ricongiungimento della vecchiaia all'infanzia.
Immerso in un'atmosfera sospesa tra sogno e realtà, "Totoro" è un elogio della vita bucolica, una fiaba moderna e delicatamente infantile che ha molto da insegnare anche agli adulti. Vi sono espressi i temi classici della poetica 'miyazakiana' avvolti in un tepore intimista: l'amore per la natura, la gentilezza d'animo, la spiritualità di matrice scintoista e la nostalgia verso un passato idilliaco in cui l'uomo viveva in armonia con l'ambiente.
L'icona del grande albero, metafora della maestosità della natura, pur non essendo funzionale al racconto, è un simbolo importantissimo per il maestro: con la sua aura protettiva e materna è una costante nel suo universo narrativo già dai tempi della storica serie "Heidi", 1974, di cui curò lo scene design dei tre enormi abeti che sovrastano e proteggono la baita del nonno.
Da un punto di vista puramente stilistico le geniali invenzioni, le incredibili creature di fantasia, la grazia con cui sono tratteggiati i personaggi, la magia delle ambientazioni, l'intelligenza e la creatività di alcune scene fanno di questo film un autentico capolavoro di poesia: la sequenza del primo incontro di Mei con i tre 'spiriti', la notturna danza propiziatoria e l'apparizione del Nekobus sotto la pioggia battente sono momenti di grande cinema, di una bellezza stupefacente!
Il sapiente lavoro sui colori di Nobuko Mitsuta e le ispirate musiche di Joe Hisaishi vanno a incorniciare idealmente questo dolcissimo 'miracolo' animato.
Ci sono voluti vent'anni per poterlo vedere in una distribuzione italiana ottusamente in ritardo visti anche gli ammiratori eccellenti (Akira Kurosawa inserì "Totoro" nella sua personale lista dei cento film più significativi della storia del cinema e John Lasseter lo omaggia esplicitamente nel premio oscar "Toy Story 3"); ma bisogna riconoscere che in tutto questo tempo la freschezza e la garbata semplicità di "Tonari no Totoro" sono rimaste intatte e fanno di questo titolo una piccola pietra miliare nella storia degli anime e una visione indispensabile per ogni appassionato di animazione tout court.
Un classico da vedere e rivedere a ogni età.
Il 16 aprile 1988, con una formula di distribuzione alquanto inusuale, escono contemporaneamente nelle sale giapponesi ben due film dello Studio Ghibli al prezzo di un unico biglietto. Si tratta di "Una tomba per le lucciole" e "Il mio vicino Totoro", rispettivamente per la regia dei sodali e cofondatori dello stesso studio Isao Takahata e Hayao Miyazaki. I due film - così diversi eppure così vicini come due facce di una stessa medaglia - riscossero un notevole successo e grande risonanza tra i fan e gli addetti ai lavori, ma non realizzarono grossi incassi al botteghino. Tuttavia Totoro fece la fortuna dello studio nel ramo merchandising, divenendone il logo ufficiale e il simbolo stesso di un'intera poetica.
Satsuki e Mei sono due sorelle, di undici e quattro anni, appena trasferitesi con il padre in un piccolo villaggio di campagna per potere stare più vicini alla madre ricoverata in ospedale. La piccola Mei, esplorando i paraggi della nuova casa, s'imbatte in un maestoso albero di canfora attorniato da corde di paglia di riso (simbolo scintoista di purificazione) all'interno del quale vive un enorme creatura soffice e pelosa: è Totoro, uno spirito 'kami' della foresta. Questi si rivelerà buono e amichevole, e verrà in soccorso della piccolina quando questa, avventuratasi da sola a consegnare un dono alla sua mamma, si smarrirà nel dedalo dei sentieri campestri.
Il candore e la purezza d'animo consentono ai bambini di vivere in una dimensione magica e immaginifica spesso incomprensibile a certi adulti, i quali, ingabbiati nella routine e nei ritmi della vita moderna, dimenticano di essere stati essi stessi fanciulli. La grandezza di Miyazaki, riconosciuta sia per la bellezza formale delle sue immagini sia per la profondità dei suoi messaggi ambientalisti, consiste anche nella sua sensibilità più unica che rara nel trattare il tema dell'infanzia.
In questo caso l'autore, che racconta una storia in parte autobiografica, ci dimostra come dalle piccole cose possano nascere grandi e sorprendenti scoperte e come un normalissimo episodio di vita quotidiana possa trasformarsi in una straordinaria avventura ricca d'incredibili eventi e mirabolanti prodigi, se solo lo si guarda con gli occhi giocosi e meravigliati di un bambino.
L'amore del regista per i suoi personaggi è palpabile nei teneri ritratti delle due sorelline: Mei con la sua dolce ingenuità e la sua incrollabile curiosità è l'incarnazione stessa della gioia di vivere; Satsuki, matura e consapevole, aiuta responsabilmente il padre nelle difficoltà, ma non dimentica di essere una bambina, si trova perfettamente in sintonia con la sorellina e insieme vivono l'avventura con Totoro.
Ma il "dio degli anime" riserva sempre un posto di riguardo anche ai 'giovani con le rughe', qui rappresentati da Nanny che, nonostante il peso dell'età, lavora ancora nelle risaie, aiuta la famiglia Kusakabe nei lavori domestici e bada a Mei in assenza del padre e della sorella. È molto amata dalle bambine ed è lei a rivelare la natura dei Susuwatari (i nerini del buio): in tutta l'opera di Miyazaki il rapporto degli anziani con i piccoli è diretto e naturale, poiché l'età li ha riavvicinati, in una sorta di ciclico ricongiungimento della vecchiaia all'infanzia.
Immerso in un'atmosfera sospesa tra sogno e realtà, "Totoro" è un elogio della vita bucolica, una fiaba moderna e delicatamente infantile che ha molto da insegnare anche agli adulti. Vi sono espressi i temi classici della poetica 'miyazakiana' avvolti in un tepore intimista: l'amore per la natura, la gentilezza d'animo, la spiritualità di matrice scintoista e la nostalgia verso un passato idilliaco in cui l'uomo viveva in armonia con l'ambiente.
L'icona del grande albero, metafora della maestosità della natura, pur non essendo funzionale al racconto, è un simbolo importantissimo per il maestro: con la sua aura protettiva e materna è una costante nel suo universo narrativo già dai tempi della storica serie "Heidi", 1974, di cui curò lo scene design dei tre enormi abeti che sovrastano e proteggono la baita del nonno.
Da un punto di vista puramente stilistico le geniali invenzioni, le incredibili creature di fantasia, la grazia con cui sono tratteggiati i personaggi, la magia delle ambientazioni, l'intelligenza e la creatività di alcune scene fanno di questo film un autentico capolavoro di poesia: la sequenza del primo incontro di Mei con i tre 'spiriti', la notturna danza propiziatoria e l'apparizione del Nekobus sotto la pioggia battente sono momenti di grande cinema, di una bellezza stupefacente!
Il sapiente lavoro sui colori di Nobuko Mitsuta e le ispirate musiche di Joe Hisaishi vanno a incorniciare idealmente questo dolcissimo 'miracolo' animato.
Ci sono voluti vent'anni per poterlo vedere in una distribuzione italiana ottusamente in ritardo visti anche gli ammiratori eccellenti (Akira Kurosawa inserì "Totoro" nella sua personale lista dei cento film più significativi della storia del cinema e John Lasseter lo omaggia esplicitamente nel premio oscar "Toy Story 3"); ma bisogna riconoscere che in tutto questo tempo la freschezza e la garbata semplicità di "Tonari no Totoro" sono rimaste intatte e fanno di questo titolo una piccola pietra miliare nella storia degli anime e una visione indispensabile per ogni appassionato di animazione tout court.
Un classico da vedere e rivedere a ogni età.
"Il mio vicino Totoro" è l'opera ideata da Hayao Miyazaki il cui animale protagonista diventerà poi anche il simbolo dello studio Ghibli.
La storia parla di due ragazzine appena trasferite in una umile casetta in un bosco, dove faranno conoscenza con il "Totoro", ovvero il custode e protettore di quella immensa foresta. La storia proseguirà poi con una serie di eventi che faranno godere di una visione davvero piacevole.
Si può dire che la storia di "Il mio vicino Totoro" è indirizzata soprattutto a un pubblico di bambini, dato che la trama possiede una fantastica allegria e leggerezza, che soprattutto i bambini possono apprezzare; ma ciò non toglie che anche un pubblico di età maggiore possa apprezzare questa bellissima opera.
Che dire, come la maggior parte delle opere partorite dalla geniale mente di Hayao Miyazaky, anche questa mi è sembrata di ottimo valore, bella e toccante. Una cosa che differenzia "Il mio vicino Totoro" dalle altre opere ideate dallo studio Ghibli è il fatto che non abbia una vera e proprio trama, nel senso che la storia ci accompagna con molti colpi di scena, e quindi non è lineare ma cambia più volte l'argomento principale. In quest'opera possiamo riscontrare molti elementi che Miyazaky nella maggior parte dei casi utilizza per realizzare le sue opera. Mi riferisco in specifico sia all'elemento immancabile della natura: una grande foresta piena di verde, dove si svilupperà l'intera storia; sia all'immancabile elemento dell'amicizia e dell'allegria, e mi riferisco a un grande affetto verso la propria famiglia, e alla felicità per ogni cosa, come l'opportunità di potere ammirare una bosco, che agli occhi di queste due giovani bambine appare bellissimo.
Il disegno è quello inconfondibile di Miyazaki, semplice ma che appare pulito e piacevole agli occhi dello spettatore.
Ottime anche le musiche, che sono in perfetta sintonia con l'opera in questione, soprattutto la sigla iniziale, che mette molta allegria.
Il voto finale che do a "Il mio vicino Totoro" è un nove. Naturalmente consiglio questa visione a tutti gli amanti di questo genere di animazione e a tutti coloro che apprezzano in modo particolare le opere ideate dal maestro Hayao Miyazaki
La storia parla di due ragazzine appena trasferite in una umile casetta in un bosco, dove faranno conoscenza con il "Totoro", ovvero il custode e protettore di quella immensa foresta. La storia proseguirà poi con una serie di eventi che faranno godere di una visione davvero piacevole.
Si può dire che la storia di "Il mio vicino Totoro" è indirizzata soprattutto a un pubblico di bambini, dato che la trama possiede una fantastica allegria e leggerezza, che soprattutto i bambini possono apprezzare; ma ciò non toglie che anche un pubblico di età maggiore possa apprezzare questa bellissima opera.
Che dire, come la maggior parte delle opere partorite dalla geniale mente di Hayao Miyazaky, anche questa mi è sembrata di ottimo valore, bella e toccante. Una cosa che differenzia "Il mio vicino Totoro" dalle altre opere ideate dallo studio Ghibli è il fatto che non abbia una vera e proprio trama, nel senso che la storia ci accompagna con molti colpi di scena, e quindi non è lineare ma cambia più volte l'argomento principale. In quest'opera possiamo riscontrare molti elementi che Miyazaky nella maggior parte dei casi utilizza per realizzare le sue opera. Mi riferisco in specifico sia all'elemento immancabile della natura: una grande foresta piena di verde, dove si svilupperà l'intera storia; sia all'immancabile elemento dell'amicizia e dell'allegria, e mi riferisco a un grande affetto verso la propria famiglia, e alla felicità per ogni cosa, come l'opportunità di potere ammirare una bosco, che agli occhi di queste due giovani bambine appare bellissimo.
Il disegno è quello inconfondibile di Miyazaki, semplice ma che appare pulito e piacevole agli occhi dello spettatore.
Ottime anche le musiche, che sono in perfetta sintonia con l'opera in questione, soprattutto la sigla iniziale, che mette molta allegria.
Il voto finale che do a "Il mio vicino Totoro" è un nove. Naturalmente consiglio questa visione a tutti gli amanti di questo genere di animazione e a tutti coloro che apprezzano in modo particolare le opere ideate dal maestro Hayao Miyazaki
"Il mio vicino Totoro" è un film d'animazione dello studio Ghibli del 1988, diretto da Hayao Miyazaki.
Il Totoro del titolo è il custode del bosco vicino al quale vanno ad abitare le due sorelline protagoniste, Satsuki e Mei. E' un enorme troll, tororu in giapponese, che assomiglia a un procione grigio con lunghi baffi neri e ispidi, occhi bianchi e rotondi, orecchie a punta di lancia e bocca cavernosa. Le due bambine si trasferiscono con il padre in una casa in campagna e scoprono che in questa casa ci sono i nerini del buio, esseri fatti di fuliggine che abitano i luoghi abbandonati (compariranno simili anche ne "La città incantata"). Oltre dai nerini del buio la casa sembra essere infestata dai fantasmi, o sarà il vento che crea rumori strani infilandosi tra il legno vecchio e rumoroso?
La mamma delle due piccine è ricoverata in ospedale e ogni tanto loro la vanno a trovare con il papà. La mamma dice loro che non importa se nella nuova casa forse ci sono i fantasmi. Poi tanto Mei non ha paura, o almeno così lei assicura risoluta. Quando Satsuki va a scuola, Mei, che ha solo quattro anni, gioca nel giardino della casa. Ogni cosa che vede è una nuova scoperta. Un giorno si imbatte in uno spiritello del bosco e inizia ad inseguirlo. Gli spiritelli diventano due e portano con loro un sacchetto pieno di ghiande. Nella corsa Mei cade dentro la cavità di un albero e arriva al rifugio di Totoro. Quando lo racconta a Satsuki anche lei non vede l'ora di vederlo. E non dovrà aspettare molto!
Non abbiate paura di essere davanti a un melenso film, tutto parole dolci ed edulcorato solo perché il target è quello dei bambini piccoli. Non è per nulla così: le due bambine sono bambine vere, che piangono, fanno i capricci, provano gioia e dispiacere, si preoccupano per chi amano e vogliono scoprire ogni giorno cose nuove. Così come vorreste forse scappare da Mei quando è impaziente e chiede la stessa cosa un numero infinito di volte, così la vorreste abbracciare se piange perché le manca la mamma. Il punto di vista della regia è spesso a livello delle due bambine, tanto che anche a noi sembra di vedere quello che vedono loro. E certe cose le vedono solo Satsuki e Mei-chan, come l'autobus a forma di gatto, con cui si sposta nel bosco Totoro, con baffi e tanto tanto pelo. La cosa meravigliosa è la resa grafica delle due piccole. Le espressioni facciali sono svariate, dal sorrisetto biricchino di Mei alla meraviglia timorosa di Satsuki. Lo stesso Totoro fa delle facce buffissime: impossibile non provare subito una forte simpatia per lui. Si crea magia, non c'è nulla da fare.
Un consiglio, guardatelo in lingua originale con i sottotitoli. Rende molto di più. Se volete rilassarvi e tornare bambini per un'oretta allora non perdetevi questo gioiellino. I fan di Miyazaki poi non possono non vederlo.
Il Totoro del titolo è il custode del bosco vicino al quale vanno ad abitare le due sorelline protagoniste, Satsuki e Mei. E' un enorme troll, tororu in giapponese, che assomiglia a un procione grigio con lunghi baffi neri e ispidi, occhi bianchi e rotondi, orecchie a punta di lancia e bocca cavernosa. Le due bambine si trasferiscono con il padre in una casa in campagna e scoprono che in questa casa ci sono i nerini del buio, esseri fatti di fuliggine che abitano i luoghi abbandonati (compariranno simili anche ne "La città incantata"). Oltre dai nerini del buio la casa sembra essere infestata dai fantasmi, o sarà il vento che crea rumori strani infilandosi tra il legno vecchio e rumoroso?
La mamma delle due piccine è ricoverata in ospedale e ogni tanto loro la vanno a trovare con il papà. La mamma dice loro che non importa se nella nuova casa forse ci sono i fantasmi. Poi tanto Mei non ha paura, o almeno così lei assicura risoluta. Quando Satsuki va a scuola, Mei, che ha solo quattro anni, gioca nel giardino della casa. Ogni cosa che vede è una nuova scoperta. Un giorno si imbatte in uno spiritello del bosco e inizia ad inseguirlo. Gli spiritelli diventano due e portano con loro un sacchetto pieno di ghiande. Nella corsa Mei cade dentro la cavità di un albero e arriva al rifugio di Totoro. Quando lo racconta a Satsuki anche lei non vede l'ora di vederlo. E non dovrà aspettare molto!
Non abbiate paura di essere davanti a un melenso film, tutto parole dolci ed edulcorato solo perché il target è quello dei bambini piccoli. Non è per nulla così: le due bambine sono bambine vere, che piangono, fanno i capricci, provano gioia e dispiacere, si preoccupano per chi amano e vogliono scoprire ogni giorno cose nuove. Così come vorreste forse scappare da Mei quando è impaziente e chiede la stessa cosa un numero infinito di volte, così la vorreste abbracciare se piange perché le manca la mamma. Il punto di vista della regia è spesso a livello delle due bambine, tanto che anche a noi sembra di vedere quello che vedono loro. E certe cose le vedono solo Satsuki e Mei-chan, come l'autobus a forma di gatto, con cui si sposta nel bosco Totoro, con baffi e tanto tanto pelo. La cosa meravigliosa è la resa grafica delle due piccole. Le espressioni facciali sono svariate, dal sorrisetto biricchino di Mei alla meraviglia timorosa di Satsuki. Lo stesso Totoro fa delle facce buffissime: impossibile non provare subito una forte simpatia per lui. Si crea magia, non c'è nulla da fare.
Un consiglio, guardatelo in lingua originale con i sottotitoli. Rende molto di più. Se volete rilassarvi e tornare bambini per un'oretta allora non perdetevi questo gioiellino. I fan di Miyazaki poi non possono non vederlo.
Le due sorelline Satsuki e Mei traslocano in una graziosa casetta di campagna con il padre, mentre purtroppo la madre è ricoverata in ospedale. Ambientatesi perfettamente, le bambine incontrano diversi esseri fantastici, dai nerini del buio (che poi incontreremo di nuovo con il nome di palle di fuliggine ne "La città incantata") a degli animaletti pelosi di varie dimensioni, fra cui c'è il grosso Totoro, lo spirito buono della foresta.
"Il mio vicino Totoro" è uno di quei film di Miyazaki indirizzati soprattutto ai bambini, ma che può essere apprezzato anche dagli adulti. Non per niente Totoro è diventato il simbolo dello studio Ghibli.
La storia è semplice, non vi sono grossi avvenimenti, ma ciò nonostante è godibilissima, per il clima di pace e serenità che vi prevale, anche nelle scene ambientate nella foresta nel buio. Character design e animazione sono bellissimi, come da stile dello studio Ghibli, anche se possiamo notare, ovviamente in ruoli diversi, Kiki (Sastuki) e suo padre (il padre di Satsuki è identico al padre di Kiki); il doppiaggio è buono.
Oltre a Totoro, in questo film, come in "Kiki's delivery service", vi è un personaggio umano che non parla, o almeno in questo caso sì, parla - invece il marito di Osono non parla per niente nel film, emette solo qualche suono -, ma il meno possibile: Kanta. Pare che tali personaggi abbiano un significato preciso per il maestro Miyazaki, ma sinceramente io non lo conosco.
La colonna sonora è molto allegra, forse le canzoni sono un po' infantili, ma sono anche molto carine.
L'unico difetto che ho trovato è che vi è qualche goffaggine nella traduzione italiana, come quando Satsuki vede dei girini nell'acqua e li definisce "girelli". Poi, anche se Totoro sembrerebbe il nome del protagonista del film, le due bambine ne parlano come di un "totoro", come se parlassero di una specie animale. O forse è definire Totoro come un nome l'errore. Beh, poco importa, in fondo...
Per il resto, anche se io preferisco altri film Ghibli, trovo che "Il mio vicino Totoro" sia un ottimo film, che merita la sua fama, e lo consiglio a grandi e piccini, anche per i buoni valori che trasmette, come l'amore per la natura, l'amicizia, la generosità, l'affetto fra fratelli (o sorelle) e la devozione filiale.
"Il mio vicino Totoro" è uno di quei film di Miyazaki indirizzati soprattutto ai bambini, ma che può essere apprezzato anche dagli adulti. Non per niente Totoro è diventato il simbolo dello studio Ghibli.
La storia è semplice, non vi sono grossi avvenimenti, ma ciò nonostante è godibilissima, per il clima di pace e serenità che vi prevale, anche nelle scene ambientate nella foresta nel buio. Character design e animazione sono bellissimi, come da stile dello studio Ghibli, anche se possiamo notare, ovviamente in ruoli diversi, Kiki (Sastuki) e suo padre (il padre di Satsuki è identico al padre di Kiki); il doppiaggio è buono.
Oltre a Totoro, in questo film, come in "Kiki's delivery service", vi è un personaggio umano che non parla, o almeno in questo caso sì, parla - invece il marito di Osono non parla per niente nel film, emette solo qualche suono -, ma il meno possibile: Kanta. Pare che tali personaggi abbiano un significato preciso per il maestro Miyazaki, ma sinceramente io non lo conosco.
La colonna sonora è molto allegra, forse le canzoni sono un po' infantili, ma sono anche molto carine.
L'unico difetto che ho trovato è che vi è qualche goffaggine nella traduzione italiana, come quando Satsuki vede dei girini nell'acqua e li definisce "girelli". Poi, anche se Totoro sembrerebbe il nome del protagonista del film, le due bambine ne parlano come di un "totoro", come se parlassero di una specie animale. O forse è definire Totoro come un nome l'errore. Beh, poco importa, in fondo...
Per il resto, anche se io preferisco altri film Ghibli, trovo che "Il mio vicino Totoro" sia un ottimo film, che merita la sua fama, e lo consiglio a grandi e piccini, anche per i buoni valori che trasmette, come l'amore per la natura, l'amicizia, la generosità, l'affetto fra fratelli (o sorelle) e la devozione filiale.
Benvenuti nell'infanzia magica e leggera del Maestro Hayao Miyazaki.
Non c'è altro modo per introdurre quest'anime, perché è con gli occhi di un bambino che si deve guardare questa piccola perla partorita dallo Studio Ghibli. Per gli amanti del genere basterebbe il connubio Miyazaki-Ghibli per capire quale tipologia di film si va a guardare, ma per tutti gli altri bisogna dire, senza timori, che l'animo con cui certi lavori vanno guardati è quello di bimbi che non hanno ancora assaporato gli orrori della vita.
Così, le due sorelle Satsuki e Mei, nonostante la mamma malata e un trasloco fatto per avvicinarsi all'ospedale con il papà, vivono nella nuova casa i primi incontri fatati, con i folletti della fuliggine, fino ad arrivare all'incontro con Totoro e tutte le strane creature che popolano il bosco e che si prolungano come radici nei cuori e nelle anime delle bambine.
Alla fine, da adulti, non ci si accontenta più del semplice connubio tra realtà e sogno, che spesso si fondono e confondono all'interno dell'anime, con originalità e sfumature così sottili da lasciare interdetti anche i più pragmatici osservatori, e si notano quei significati profondi che si possono attribuire all'"animale" Totoro. Esso infatti rappresenta l'amore per la natura, e traspone in un senso tutto Nipponico la metafora della vita (significativo l'albero della canfora che fa da casa).
Appare quando la più piccola delle sorelle si sente sola ed impaurita, la fa sorridere pur essendo uno dei personaggi più statici e inespressivi, eppure, nonostante questa flemma che è, perché no, quella naturale della Madre Terra, che poco si lascia trasportare dalle umane frivolezze, riesce comunque a comunicare e trasmettere meraviglia. Perché alla fine quello che proviamo osservando un tramonto o un panorama incontaminato è principalmente meraviglia, stupore, e forse alla fine anche commozione. Ed è questo che l'animale partorito dalla fervida immaginazione di Miyazaki trasmette: meraviglia, stupore, fino ad arrivare alla commozione che le ultime scene sicuramente susciteranno.
Sfumature tra sogno e realtà, passaggi leggeri e buoni sentimenti, il tutto farcito da una grafica pulita e semplice, da una regia secondo me sublime, e da musiche adatte, forse un po' scarne, ma di certo non fastidiose. Questo è "Tonari no Totoro", che mi ha fatto sorridere, mi ha fatto riflettere, ma soprattutto mi ha fatto desiderare come non mai un Gattobus.
Non c'è altro modo per introdurre quest'anime, perché è con gli occhi di un bambino che si deve guardare questa piccola perla partorita dallo Studio Ghibli. Per gli amanti del genere basterebbe il connubio Miyazaki-Ghibli per capire quale tipologia di film si va a guardare, ma per tutti gli altri bisogna dire, senza timori, che l'animo con cui certi lavori vanno guardati è quello di bimbi che non hanno ancora assaporato gli orrori della vita.
Così, le due sorelle Satsuki e Mei, nonostante la mamma malata e un trasloco fatto per avvicinarsi all'ospedale con il papà, vivono nella nuova casa i primi incontri fatati, con i folletti della fuliggine, fino ad arrivare all'incontro con Totoro e tutte le strane creature che popolano il bosco e che si prolungano come radici nei cuori e nelle anime delle bambine.
Alla fine, da adulti, non ci si accontenta più del semplice connubio tra realtà e sogno, che spesso si fondono e confondono all'interno dell'anime, con originalità e sfumature così sottili da lasciare interdetti anche i più pragmatici osservatori, e si notano quei significati profondi che si possono attribuire all'"animale" Totoro. Esso infatti rappresenta l'amore per la natura, e traspone in un senso tutto Nipponico la metafora della vita (significativo l'albero della canfora che fa da casa).
Appare quando la più piccola delle sorelle si sente sola ed impaurita, la fa sorridere pur essendo uno dei personaggi più statici e inespressivi, eppure, nonostante questa flemma che è, perché no, quella naturale della Madre Terra, che poco si lascia trasportare dalle umane frivolezze, riesce comunque a comunicare e trasmettere meraviglia. Perché alla fine quello che proviamo osservando un tramonto o un panorama incontaminato è principalmente meraviglia, stupore, e forse alla fine anche commozione. Ed è questo che l'animale partorito dalla fervida immaginazione di Miyazaki trasmette: meraviglia, stupore, fino ad arrivare alla commozione che le ultime scene sicuramente susciteranno.
Sfumature tra sogno e realtà, passaggi leggeri e buoni sentimenti, il tutto farcito da una grafica pulita e semplice, da una regia secondo me sublime, e da musiche adatte, forse un po' scarne, ma di certo non fastidiose. Questo è "Tonari no Totoro", che mi ha fatto sorridere, mi ha fatto riflettere, ma soprattutto mi ha fatto desiderare come non mai un Gattobus.
Avendo prima visto grandi anime come "La principessa Mononoke", "La città incantata" e "Il castello errante di Howl", sono rimasto abbastanza deluso da questo film. Sia chiaro, l'animazione e i disegni come al solito si attestano su livelli eccellenti (anche considerando che è un film del 1988), ma a questo film manca del tutto un tema di cui parlare, a mio parere.
La storia parte con un trasloco in una casa in campagna, effettuato da una famiglia, e le protagoniste principali saranno le due sorelline Satsuki e Mei. Detto questo, il resto del film è di difficile lettura, diciamo pure che non si sa "dove si vuole andare a parare". L'incontro con Totoro, che alla fine sarà un personaggio meno presente di quello che pensiate, è completamente strambo. A parte questo, non si sa perché esista, non si sa cosa sia, non si sa qual è il suo scopo, non si sa nulla di Totoro, si sa solo che esiste perché il titolo del film è "Il mio vicino Totoro", ma il suo apporto agli eventi della trama sarà pressoché nullo. Con un artificio fin troppo assurdo poi, Totoro sembra che non possa essere visto dagli adulti, cosa che sembra rilegare il film a un pubblico di soli bambini non troppo cresciuti.
Come già detto, ancora fatico a capire di cosa vuole parlare il film, e quali siano i temi che tratta, anche se forse di temi non ne ha per nulla.
I personaggi, sembrano tutti abbastanza scemi, a cominciare dal padre delle due bimbe, che sembra un decerebrato, fino al resto dei personaggi. Insomma un film che fatico a comprendere, e che di sicuro è rivolto ai bambini, ma chi cerca un buon film d'animazione ne stia alla larga, perché è un film che non mi ha lasciato nulla, ed è infantile fino al midollo.
La storia parte con un trasloco in una casa in campagna, effettuato da una famiglia, e le protagoniste principali saranno le due sorelline Satsuki e Mei. Detto questo, il resto del film è di difficile lettura, diciamo pure che non si sa "dove si vuole andare a parare". L'incontro con Totoro, che alla fine sarà un personaggio meno presente di quello che pensiate, è completamente strambo. A parte questo, non si sa perché esista, non si sa cosa sia, non si sa qual è il suo scopo, non si sa nulla di Totoro, si sa solo che esiste perché il titolo del film è "Il mio vicino Totoro", ma il suo apporto agli eventi della trama sarà pressoché nullo. Con un artificio fin troppo assurdo poi, Totoro sembra che non possa essere visto dagli adulti, cosa che sembra rilegare il film a un pubblico di soli bambini non troppo cresciuti.
Come già detto, ancora fatico a capire di cosa vuole parlare il film, e quali siano i temi che tratta, anche se forse di temi non ne ha per nulla.
I personaggi, sembrano tutti abbastanza scemi, a cominciare dal padre delle due bimbe, che sembra un decerebrato, fino al resto dei personaggi. Insomma un film che fatico a comprendere, e che di sicuro è rivolto ai bambini, ma chi cerca un buon film d'animazione ne stia alla larga, perché è un film che non mi ha lasciato nulla, ed è infantile fino al midollo.
'Totoro' sarà anche considerato uno dei film più importanti della Ghibli, ma a mio parere c'è davvero di meglio. La trama verte su una famiglia che si trasferisce in campagna non si capisce bene per quale motivo, forse per stare più vicina alla madre delle bambine, che si trova in un ospedale della zona. Dall'inizio si nota la componente "spirituale", con l'apparizione di spiritelli della polvere e di Totoro stesso, una sorta di Dio paffuto della zona, che protegge la Natura, stimola il vento e spinge i semi a germogliare.
Totoro non è il protagonista, dacché in totale si vede quattro o cinque volte, difatti la storia ben presto verte sui dispiaceri famigliari dovuti alla situazione di salute materna e i relativi problemi che sorgono. Il tutto si conclude poi in maniera benevola, con una sfilata finale di immagini che riassume come tutti finalmente siano felici e contenti.
Orbene, sostanzialmente questo film manca di sostanza. Sembra, anzi, è un bel film per bambini, una fiaba ambientata in un idillio georgico nipponico. Né più, né meno, dal momento stesso che le due protagoniste sono troppo piccole per avere una connotazione psicologica particolare, il padre delle stesse è quasi una comparsa un po' come il nipotino della nonna che si occupa della casa che hanno acquistato, ed il tema della natura e dell'ecologia è poco accennato. Mettendolo a confronto con 'Nausicaa' si nota come in quest'ultimo film vi sia uno spessore del tutto maggiore, seppur adoperando sempre animali e spiriti esteticamente fantasiosi.
Le uniche scene che ho trovato molto gradevoli sono quelle quattro o cinque in cui presenzia Totoro, scene molto "psichedeliche" e sognanti, che mi hanno portato un po' alla mente il romanzo di Carroll. Ottima cosa, inoltre, è la mancanza di una improvvisata storia d'amore - sebbene percepibile - fra la protagonista e il nipote della signora anziana. Non è raro vedere nei film si Miyazaki assurde e improvvise storie d'amore che dovrebbero portare il tutto a felicità conclusiva.
Totoro non è il protagonista, dacché in totale si vede quattro o cinque volte, difatti la storia ben presto verte sui dispiaceri famigliari dovuti alla situazione di salute materna e i relativi problemi che sorgono. Il tutto si conclude poi in maniera benevola, con una sfilata finale di immagini che riassume come tutti finalmente siano felici e contenti.
Orbene, sostanzialmente questo film manca di sostanza. Sembra, anzi, è un bel film per bambini, una fiaba ambientata in un idillio georgico nipponico. Né più, né meno, dal momento stesso che le due protagoniste sono troppo piccole per avere una connotazione psicologica particolare, il padre delle stesse è quasi una comparsa un po' come il nipotino della nonna che si occupa della casa che hanno acquistato, ed il tema della natura e dell'ecologia è poco accennato. Mettendolo a confronto con 'Nausicaa' si nota come in quest'ultimo film vi sia uno spessore del tutto maggiore, seppur adoperando sempre animali e spiriti esteticamente fantasiosi.
Le uniche scene che ho trovato molto gradevoli sono quelle quattro o cinque in cui presenzia Totoro, scene molto "psichedeliche" e sognanti, che mi hanno portato un po' alla mente il romanzo di Carroll. Ottima cosa, inoltre, è la mancanza di una improvvisata storia d'amore - sebbene percepibile - fra la protagonista e il nipote della signora anziana. Non è raro vedere nei film si Miyazaki assurde e improvvise storie d'amore che dovrebbero portare il tutto a felicità conclusiva.
'Il mio vicino Totoro' è uno dei primi film dello studio Ghibli di cui poi diverrà anche il simbolo.
Lontano dalla crudezza e dal pessimismo di molte pellicole recenti, 'Totoro' ci parla solo delle cose belle della vita: la famiglia, la natura e l'amicizia. Non c'è una vera e propria storia, una trama ricca di colpi di scena, semplicemente si viene trasportati dalla gioia e dall'allegria che questo film infonde nello spettatore.
I temi vengono trattati in un modo che li rende comprensibili anche per i più piccoli, senza però sminuire il valore dell'opera per chi fosse un po' più avanti con l'età.
I disegni non hanno ancora raggiunto la perfezione che contraddistingue le opere successive ma, trattandosi di un film del 1988, non si può che rimanere estasiati dalla bellezza dei paesaggi e dei personaggi.
Le musiche, nella loro semplicità, sono perfette per descrivere quel clima di spensieratezza e di allegria che ci accompagna dall'inizio alla fine del film.
L'abile genio di Miyazaki crea un mondo ricco di magia e di tradizione e di buoni sentimenti di cui ormai poche opere sono ricche. Totoro, pur senza mai parlare, riesce a trasmettere molte più emozioni di altri personaggi; la sua forma buffa, la sua boccaccia simpatica lo rendono perfetto per entrare nei cuori dei bambini. Stupendo è, poi, l'autobus gatto, che ricorda molto lo stregatto di alice nel paese delle meraviglie con i suoi occhioni e il suo sorriso.
Sul finale si prova a introdurre un colpo di scena, che potrebbe rovinare l'armonia e la felicità ma fortunatamente si rivela solo un mezzo per migliorare i rapporti tra sorelle.
In poco meno di un'ora e mezza Totoro, Mei e Satsuki riescono a divertirci, a mettere allegria e a fare riflettere su quanto bella sia la vita. Dubito che qualcuno, dopo averlo visto, possa rimanere impassibile, senza nemmeno sorridere un po'; ecco, questa è la vera forza de "Il mio vicino Totoro", la forza dell'allegria.
Non è il migliore film di Miyazaki, ma riesce a essere un ottimo intrattenimento per i più piccoli senza essere noioso per gli adulti, il che non è una cosa da poco.
Lontano dalla crudezza e dal pessimismo di molte pellicole recenti, 'Totoro' ci parla solo delle cose belle della vita: la famiglia, la natura e l'amicizia. Non c'è una vera e propria storia, una trama ricca di colpi di scena, semplicemente si viene trasportati dalla gioia e dall'allegria che questo film infonde nello spettatore.
I temi vengono trattati in un modo che li rende comprensibili anche per i più piccoli, senza però sminuire il valore dell'opera per chi fosse un po' più avanti con l'età.
I disegni non hanno ancora raggiunto la perfezione che contraddistingue le opere successive ma, trattandosi di un film del 1988, non si può che rimanere estasiati dalla bellezza dei paesaggi e dei personaggi.
Le musiche, nella loro semplicità, sono perfette per descrivere quel clima di spensieratezza e di allegria che ci accompagna dall'inizio alla fine del film.
L'abile genio di Miyazaki crea un mondo ricco di magia e di tradizione e di buoni sentimenti di cui ormai poche opere sono ricche. Totoro, pur senza mai parlare, riesce a trasmettere molte più emozioni di altri personaggi; la sua forma buffa, la sua boccaccia simpatica lo rendono perfetto per entrare nei cuori dei bambini. Stupendo è, poi, l'autobus gatto, che ricorda molto lo stregatto di alice nel paese delle meraviglie con i suoi occhioni e il suo sorriso.
Sul finale si prova a introdurre un colpo di scena, che potrebbe rovinare l'armonia e la felicità ma fortunatamente si rivela solo un mezzo per migliorare i rapporti tra sorelle.
In poco meno di un'ora e mezza Totoro, Mei e Satsuki riescono a divertirci, a mettere allegria e a fare riflettere su quanto bella sia la vita. Dubito che qualcuno, dopo averlo visto, possa rimanere impassibile, senza nemmeno sorridere un po'; ecco, questa è la vera forza de "Il mio vicino Totoro", la forza dell'allegria.
Non è il migliore film di Miyazaki, ma riesce a essere un ottimo intrattenimento per i più piccoli senza essere noioso per gli adulti, il che non è una cosa da poco.
"Il mio vicino Totoro" è un capolavoro di dolcezza e serenità.
La trama è poco importante, alla fin fine nella storia vera e proprio non succede nulla di "sconvolgente", ma è l'atmosfera, così come i paesaggi, l'ambientazione, le musiche, quel senso di serenità e sicurezza che avvolge tutto, quello che cattura lo spettatore. L'opera emana dolcezza senza essere zuccherosa, serenità senza essere noiosa, poesia senza essere leziosa, serietà senza essere pedante. Consiglio a tutti di vederlo: dopo vi sentirete "disintossicati".
La trama è poco importante, alla fin fine nella storia vera e proprio non succede nulla di "sconvolgente", ma è l'atmosfera, così come i paesaggi, l'ambientazione, le musiche, quel senso di serenità e sicurezza che avvolge tutto, quello che cattura lo spettatore. L'opera emana dolcezza senza essere zuccherosa, serenità senza essere noiosa, poesia senza essere leziosa, serietà senza essere pedante. Consiglio a tutti di vederlo: dopo vi sentirete "disintossicati".
Di recente, tra i vari impegni della vita quotidiana, sono riuscito a ritagliarmi il tempo per dare un'occhiata a qualche film. L'ultimo di questi è stato “Il mio vicino Totoro” (in originale "Tonari no Totoro"), film d'animazione del 1988 diretto dall'illustre maestro dell'animazione nipponica Hayao Miyazaki ("La città incantata", "Il castello errante di Howl", giusto per citarne alcuni).
Le mie aspettative per questo film erano piuttosto alte - tanto da decidere di acquistarne il DVD -; tanti amici me ne avevano parlato bene, ed ero sicuro di trovarmi di fronte a qualcosa di magico, qualcosa che non avesse nulla in meno dei migliori film Disney, ma, ahimè, al termine della visione, mi sono invece ritrovato ad avere visto un film di sì pregevole fattura, ma un po’ sopravvalutato.
Partiamo dalla trama, che lascia più o meno intravedere chiaramente quali sono i temi portanti dell’opera. Premetto però che, nel momento in cui ci si appresta a visionare il film in questione, è importante sapere che in esso sono presenti alcuni riferimenti autobiografici dello stesso Miyazaki, e che dunque ciò che accade non è del tutto casuale. Pare che in effetti la storia ricalchi una vicenda di gioventù dello stesso Hayao; per l’esattezza, rappresenterebbe il periodo in cui sua madre si ammalò di tubercolosi spinale e dovette quindi restare in ospedale molto a lungo, lasciando il regista da solo alla prese con i propri fratelli.
Nella seguente descrizione della trama sono presenti ovvi spoiler, dunque, leggete con cautela e sappiatevi fermare al momento giusto.
Attenzione: la seguente parte contiene spoiler
“Il mio vicino Totoro” narra di due sorelline, Satsuki e Mei, appena trasferitesi con il proprio papà in un villaggio di campagna nell’hinterland giapponese, in maniera tale da potere stare più vicine alla propria mamma ricoverata in ospedale (anch’essa per un caso di tubercolosi, anche se non svelato nel film, ma dall’autore stesso, per i motivi poco sopra citati). Non appena arrivate nella loro nuova casa, nell’euforia di questa situazione per loro “nuova”, le bambine hanno un primo incontro con le creature magiche che popolano la foresta locale, tali “nerini del buio” - presenti anche ne ”La città incantata” - creature originate dalla fuliggine presente nelle vecchie case. A questo primo incontro ne seguiranno altri (non molti, a dirla tutta), ma quello più importante, e che dà avvio all’intera vicenda, è quello immediatamente successivo con il custode della foresta, il Totoro del titolo.
La piccola Mei, durante una ricognizione nella nuova casa, nota la presenza di alcune ghiande che sembra formino un percorso, lungo il quale si imbatte anche in due spiritelli; la bambina, mossa da ovvia curiosità, continua a seguire il percorso, e si ritrova nei pressi dell’albero di canfora che sovrasta l’intera zona. Raccolta l’ultima ghianda, la piccola nota un’apertura nell’albero e vi entra. Qui incontra Totoro, nome che gli viene attribuito da Mei e che non è altro che un’errata traslitterazione della parola troll, in quanto ella riconosce in Totoro una figura vista in un libro di fiabe che rappresentava appunto la famosa creatura mitologica norrena. Egli un spirito dall’aspetto alquanto strano che ricorda un incrocio tra “una talpa, un orso ed un procione” (ringrazio Wikipedia per il suggerimento). In seguito all’incontro tra Mei e Totoro, anche Satsuki, un po’ gelosa per l’avventura vissuta dalla sorellina, vorrà incontrare Totoro, e l’opportunità le si presenterà quando alla fermata del bus, in attesa del ritorno da lavoro del padre, durante un acquazzone, il suddetto si presenterà davanti a lei, anche lui in attesa di un bus… un po’ speciale.
Molto importante è il momento in cui Satsuki presterà uno dei suoi ombrelli a Totoro affinché anche lui possa ripararsi dalla pioggia, e lo spirito, per ringraziarla, le donerà dei semi da piantare. Le due sorelle l’indomani si precipitano a piantare i semi e, nonostante prestino loro cure premurose, questi non sbocciano, finché una notte Totoro non appare in sogno alle bambine - o almeno è quello che allo spettatore può sembrare - dando dimostrazione dei suoi poteri magici, che sottolineano ulteriormente il suo ruolo di spirito custode della foresta. In seguito a quest’avvenimento il film si dirige alla sua conclusione.
Satsuki e Mei si preparano a riabbracciare la propria mamma, che ha avuto il permesso dell’ospedale di tornare per qualche giorno a casa, ma il tutto si conclude con un nulla di fatto a causa di un lieve aggravamento delle sue condizioni fisiche che la forzano a restare ancora in ospedale. Dopo un litigio con Satsuki a causa di questa vicenda, Mei decide di andare da sola a trovare la madre per portarle una pannocchia di granturco che quella stessa mattina aveva raccolto nei campi della Nonnina, figura materna estremamente importante per la storia nonostante all’apparenza possa sembrare un banale personaggio secondario: è in realtà l’unico personaggio sempre presente nella nuova vita delle bambine. La ragazzina tuttavia ha difficoltà a orientarsi, e si smarrisce. Satsuki, dispiaciuta per la lite avuta e preoccupata per la sorellina smarrita, di fronte agli sforzi vani suoi e degli abitanti del villaggio nel cercarla, chiede aiuto a Totoro per ritrovarla. Lo spirito interviene permettendole di salire sul suo bus “speciale” che all’istante la riporta da Mei, e permette a entrambe di vedere la propria mamma e lasciarle la pannocchia di granturco. Il tutto si conclude con la mamma che crede di aver visto le proprie figlie sorridenti sedute sull’albero di fronte alla sua finestra.
L’esperienza vissuta si dimostrerà per loro (Satsuki e Mei) estremamente importante, in quanto permetterà alle ragazze di avvicinarsi alla natura e di comprendere appieno l’importanza, e il significato, della famiglia e della sua unità; entrambi sono dunque i temi portanti dell’opera.
Durante il film vengono accennati anche altri temi, vagamente occultati, e difficili da notare se questi non viene visionato con attenzione, quali: la vita, che viene rappresentata dallo stesso Totoro, in grado di fare germogliare in un istante i semi che ha donato alle due bambine, e che dunque non è solo uno spirito, ma anche una sorta di Dio; o ancora, l’impossibilità di distinguere la realtà dal sogno, tema ricorrente in tutto il film e che rappresenta la fanciullezza. Non è infatti chiaro se ciò che le due bambine vivono sia reale o meno, infatti solo loro sono in grado di vedere le creature magiche della foresta, cosa sottolineata ulteriormente nel finale quando nessuno nota lo spostamento del GattoBus.
Nonostante la profondità dei temi trattati e lo scorrere tranquillo della storia, nonostante la sua rapidità, e a tratti frammentarietà delle situazione, sono del parere che non siamo di fronte a una trama così ambiziosa come ci si vuole far credere, anzi, piuttosto, mi sentirei di definirla un po’ banale; naturalmente questo è solo il mio punto di vista. L’opera nel suo complesso è un prodotto estremamente valido, ma che ha il suo punto debole proprio nella trama, adatta principalmente ai più piccoli, e un po’ meno a quelli più grandicelli, che al di fuori dell’ottima realizzazione tecnica potrebbero non ritenersi soddisfatti dell’esperienza. Insomma, se ritengo questo film sopravvalutato è esclusivamente a causa della trama, che, se messa a confronto con quella di altri film di Miyazaki e del suo studio, sembra davvero poca cosa.
Avendo accennato poc’anzi alla realizzazione tecnica, mi sembra doveroso soffermarmici.
L’aspetto meglio riuscito di questa produzione sono di sicuro le animazioni. Qui il paragone non esiste neanche con i tanto decantati film Disney, siamo di fronte a poesia vera e propria, che trasuda da ogni fotogramma. A farla da padrone, in questo caso, non è il character design, tipico di un po’ tutte le produzioni dello Studio Ghibli, ma bensì i fondali, l’ambientazione in sé. Rispetto a quest’ultima, gli stessi personaggi sembrano quasi delle banali bozze; pare impossibile non notare la cura con cui sono state realizzate, è tutto estremamente nitido, ben delineato e chiaro che sembra quasi di essere lì per lì per entrare all’interno di Matsu no Go (che è il nome del villaggio in cui è ambientata la storia). Si percepisce, si respira, l’aria tipica del Giappone post WWII, come detto, sembra quasi di vivere in prima persona quest’avventura. Tutto ciò non sarebbe però possibile se non fosse per la vivacità dei colori utilizzati. Sebbene l’intento fosse di colorare vistosamente il tutto, in quanto si trattava a ogni modo di una produzione destinata ai più piccoli, anche qui è impossibile non restare stupefatti della bellezza visiva che questi offrono in combinazione con i disegni. I colori predominanti sono il verde ed il marrone, che rappresentano la natura sotto forma di bosco, e il blu del cielo, che rappresenta, a mio modo di vedere, la vastità delle speranze e dei sogni dei bambini. Una vera e propria gioia per gli occhi insomma, e direi che, sotto questo aspetto, “Il mio vicino Totoro”, si candida come una delle produzioni di maggior pregio dello Studio Ghibli.
Una nota di merito se la merita - perdonate il gioco di parole - naturalmente anche la colonna sonora, realizzata dal grande Joe Hisaishi, autore di un bel numero di colonne sonore per la Ghibli. Offre un mix di melodie dolcissime e gaie che si amalgamano perfettamente a quello spettacolo visivo che è questo film. In particolare l'opening del film, è così ben ritmata che si sente in loop che è un piacere.
Infine, per concludere questo viaggio alla scoperta de ”Il mio vicino Totoro”, voglio spendere qualche parola anche per l’edizione proposta da Lucky Red. Sono state rilasciate due versioni, una con disco singolo, e un’altra in edizione speciale, con un’ulteriore disco contenente dei contenuti extra. La versione da me acquistata è quella con disco singolo, e dunque mi limiterò a parlare esclusivamente di questa. Il video in sé mi è sembrato di buona fattura, anche se si nota l’età della pellicola; e anche il comparto audio è soddisfacente, con la presenza sia della lingua giapponese sia di quella italiana, entrambe in un ottimo Dolby Digital 2.0. Presenti ovviamente i sottotitoli in italiano (anche per non udenti) per coloro che preferiscono vederlo in lingua originale. L’unica pecca, anche se forse è un problema solo mio, l’ho riscontrata nei menù, a mio modo di vedere fatti troppo alla buona. Sotto questo punto di vista ci si poteva impegnare di più. Naturalmente non so come siano messe le edizioni estere, ma nel complesso non ci si può lamentare del lavoro svolto dai ragazzi di Lucky Red.
"Tonari no Totoro", nonostante vi abbia detto il perché lo ritengo sopravvalutato, è comunque un must per tutti gli amanti dell’animazione nipponica, e va visto almeno una volta nella vita. Di certo non è però il film ideale con cui iniziare a approcciarsi alle produzioni di Miyazaki & Studio.
Le mie aspettative per questo film erano piuttosto alte - tanto da decidere di acquistarne il DVD -; tanti amici me ne avevano parlato bene, ed ero sicuro di trovarmi di fronte a qualcosa di magico, qualcosa che non avesse nulla in meno dei migliori film Disney, ma, ahimè, al termine della visione, mi sono invece ritrovato ad avere visto un film di sì pregevole fattura, ma un po’ sopravvalutato.
Partiamo dalla trama, che lascia più o meno intravedere chiaramente quali sono i temi portanti dell’opera. Premetto però che, nel momento in cui ci si appresta a visionare il film in questione, è importante sapere che in esso sono presenti alcuni riferimenti autobiografici dello stesso Miyazaki, e che dunque ciò che accade non è del tutto casuale. Pare che in effetti la storia ricalchi una vicenda di gioventù dello stesso Hayao; per l’esattezza, rappresenterebbe il periodo in cui sua madre si ammalò di tubercolosi spinale e dovette quindi restare in ospedale molto a lungo, lasciando il regista da solo alla prese con i propri fratelli.
Nella seguente descrizione della trama sono presenti ovvi spoiler, dunque, leggete con cautela e sappiatevi fermare al momento giusto.
Attenzione: la seguente parte contiene spoiler
“Il mio vicino Totoro” narra di due sorelline, Satsuki e Mei, appena trasferitesi con il proprio papà in un villaggio di campagna nell’hinterland giapponese, in maniera tale da potere stare più vicine alla propria mamma ricoverata in ospedale (anch’essa per un caso di tubercolosi, anche se non svelato nel film, ma dall’autore stesso, per i motivi poco sopra citati). Non appena arrivate nella loro nuova casa, nell’euforia di questa situazione per loro “nuova”, le bambine hanno un primo incontro con le creature magiche che popolano la foresta locale, tali “nerini del buio” - presenti anche ne ”La città incantata” - creature originate dalla fuliggine presente nelle vecchie case. A questo primo incontro ne seguiranno altri (non molti, a dirla tutta), ma quello più importante, e che dà avvio all’intera vicenda, è quello immediatamente successivo con il custode della foresta, il Totoro del titolo.
La piccola Mei, durante una ricognizione nella nuova casa, nota la presenza di alcune ghiande che sembra formino un percorso, lungo il quale si imbatte anche in due spiritelli; la bambina, mossa da ovvia curiosità, continua a seguire il percorso, e si ritrova nei pressi dell’albero di canfora che sovrasta l’intera zona. Raccolta l’ultima ghianda, la piccola nota un’apertura nell’albero e vi entra. Qui incontra Totoro, nome che gli viene attribuito da Mei e che non è altro che un’errata traslitterazione della parola troll, in quanto ella riconosce in Totoro una figura vista in un libro di fiabe che rappresentava appunto la famosa creatura mitologica norrena. Egli un spirito dall’aspetto alquanto strano che ricorda un incrocio tra “una talpa, un orso ed un procione” (ringrazio Wikipedia per il suggerimento). In seguito all’incontro tra Mei e Totoro, anche Satsuki, un po’ gelosa per l’avventura vissuta dalla sorellina, vorrà incontrare Totoro, e l’opportunità le si presenterà quando alla fermata del bus, in attesa del ritorno da lavoro del padre, durante un acquazzone, il suddetto si presenterà davanti a lei, anche lui in attesa di un bus… un po’ speciale.
Molto importante è il momento in cui Satsuki presterà uno dei suoi ombrelli a Totoro affinché anche lui possa ripararsi dalla pioggia, e lo spirito, per ringraziarla, le donerà dei semi da piantare. Le due sorelle l’indomani si precipitano a piantare i semi e, nonostante prestino loro cure premurose, questi non sbocciano, finché una notte Totoro non appare in sogno alle bambine - o almeno è quello che allo spettatore può sembrare - dando dimostrazione dei suoi poteri magici, che sottolineano ulteriormente il suo ruolo di spirito custode della foresta. In seguito a quest’avvenimento il film si dirige alla sua conclusione.
Satsuki e Mei si preparano a riabbracciare la propria mamma, che ha avuto il permesso dell’ospedale di tornare per qualche giorno a casa, ma il tutto si conclude con un nulla di fatto a causa di un lieve aggravamento delle sue condizioni fisiche che la forzano a restare ancora in ospedale. Dopo un litigio con Satsuki a causa di questa vicenda, Mei decide di andare da sola a trovare la madre per portarle una pannocchia di granturco che quella stessa mattina aveva raccolto nei campi della Nonnina, figura materna estremamente importante per la storia nonostante all’apparenza possa sembrare un banale personaggio secondario: è in realtà l’unico personaggio sempre presente nella nuova vita delle bambine. La ragazzina tuttavia ha difficoltà a orientarsi, e si smarrisce. Satsuki, dispiaciuta per la lite avuta e preoccupata per la sorellina smarrita, di fronte agli sforzi vani suoi e degli abitanti del villaggio nel cercarla, chiede aiuto a Totoro per ritrovarla. Lo spirito interviene permettendole di salire sul suo bus “speciale” che all’istante la riporta da Mei, e permette a entrambe di vedere la propria mamma e lasciarle la pannocchia di granturco. Il tutto si conclude con la mamma che crede di aver visto le proprie figlie sorridenti sedute sull’albero di fronte alla sua finestra.
L’esperienza vissuta si dimostrerà per loro (Satsuki e Mei) estremamente importante, in quanto permetterà alle ragazze di avvicinarsi alla natura e di comprendere appieno l’importanza, e il significato, della famiglia e della sua unità; entrambi sono dunque i temi portanti dell’opera.
Durante il film vengono accennati anche altri temi, vagamente occultati, e difficili da notare se questi non viene visionato con attenzione, quali: la vita, che viene rappresentata dallo stesso Totoro, in grado di fare germogliare in un istante i semi che ha donato alle due bambine, e che dunque non è solo uno spirito, ma anche una sorta di Dio; o ancora, l’impossibilità di distinguere la realtà dal sogno, tema ricorrente in tutto il film e che rappresenta la fanciullezza. Non è infatti chiaro se ciò che le due bambine vivono sia reale o meno, infatti solo loro sono in grado di vedere le creature magiche della foresta, cosa sottolineata ulteriormente nel finale quando nessuno nota lo spostamento del GattoBus.
Nonostante la profondità dei temi trattati e lo scorrere tranquillo della storia, nonostante la sua rapidità, e a tratti frammentarietà delle situazione, sono del parere che non siamo di fronte a una trama così ambiziosa come ci si vuole far credere, anzi, piuttosto, mi sentirei di definirla un po’ banale; naturalmente questo è solo il mio punto di vista. L’opera nel suo complesso è un prodotto estremamente valido, ma che ha il suo punto debole proprio nella trama, adatta principalmente ai più piccoli, e un po’ meno a quelli più grandicelli, che al di fuori dell’ottima realizzazione tecnica potrebbero non ritenersi soddisfatti dell’esperienza. Insomma, se ritengo questo film sopravvalutato è esclusivamente a causa della trama, che, se messa a confronto con quella di altri film di Miyazaki e del suo studio, sembra davvero poca cosa.
Avendo accennato poc’anzi alla realizzazione tecnica, mi sembra doveroso soffermarmici.
L’aspetto meglio riuscito di questa produzione sono di sicuro le animazioni. Qui il paragone non esiste neanche con i tanto decantati film Disney, siamo di fronte a poesia vera e propria, che trasuda da ogni fotogramma. A farla da padrone, in questo caso, non è il character design, tipico di un po’ tutte le produzioni dello Studio Ghibli, ma bensì i fondali, l’ambientazione in sé. Rispetto a quest’ultima, gli stessi personaggi sembrano quasi delle banali bozze; pare impossibile non notare la cura con cui sono state realizzate, è tutto estremamente nitido, ben delineato e chiaro che sembra quasi di essere lì per lì per entrare all’interno di Matsu no Go (che è il nome del villaggio in cui è ambientata la storia). Si percepisce, si respira, l’aria tipica del Giappone post WWII, come detto, sembra quasi di vivere in prima persona quest’avventura. Tutto ciò non sarebbe però possibile se non fosse per la vivacità dei colori utilizzati. Sebbene l’intento fosse di colorare vistosamente il tutto, in quanto si trattava a ogni modo di una produzione destinata ai più piccoli, anche qui è impossibile non restare stupefatti della bellezza visiva che questi offrono in combinazione con i disegni. I colori predominanti sono il verde ed il marrone, che rappresentano la natura sotto forma di bosco, e il blu del cielo, che rappresenta, a mio modo di vedere, la vastità delle speranze e dei sogni dei bambini. Una vera e propria gioia per gli occhi insomma, e direi che, sotto questo aspetto, “Il mio vicino Totoro”, si candida come una delle produzioni di maggior pregio dello Studio Ghibli.
Una nota di merito se la merita - perdonate il gioco di parole - naturalmente anche la colonna sonora, realizzata dal grande Joe Hisaishi, autore di un bel numero di colonne sonore per la Ghibli. Offre un mix di melodie dolcissime e gaie che si amalgamano perfettamente a quello spettacolo visivo che è questo film. In particolare l'opening del film, è così ben ritmata che si sente in loop che è un piacere.
Infine, per concludere questo viaggio alla scoperta de ”Il mio vicino Totoro”, voglio spendere qualche parola anche per l’edizione proposta da Lucky Red. Sono state rilasciate due versioni, una con disco singolo, e un’altra in edizione speciale, con un’ulteriore disco contenente dei contenuti extra. La versione da me acquistata è quella con disco singolo, e dunque mi limiterò a parlare esclusivamente di questa. Il video in sé mi è sembrato di buona fattura, anche se si nota l’età della pellicola; e anche il comparto audio è soddisfacente, con la presenza sia della lingua giapponese sia di quella italiana, entrambe in un ottimo Dolby Digital 2.0. Presenti ovviamente i sottotitoli in italiano (anche per non udenti) per coloro che preferiscono vederlo in lingua originale. L’unica pecca, anche se forse è un problema solo mio, l’ho riscontrata nei menù, a mio modo di vedere fatti troppo alla buona. Sotto questo punto di vista ci si poteva impegnare di più. Naturalmente non so come siano messe le edizioni estere, ma nel complesso non ci si può lamentare del lavoro svolto dai ragazzi di Lucky Red.
"Tonari no Totoro", nonostante vi abbia detto il perché lo ritengo sopravvalutato, è comunque un must per tutti gli amanti dell’animazione nipponica, e va visto almeno una volta nella vita. Di certo non è però il film ideale con cui iniziare a approcciarsi alle produzioni di Miyazaki & Studio.
Un film dai toni dolcissimi. La grafica è carina, ma ancora lontana dall'altissima qualità che caratterizzerà i seguenti lavori dello Studio Ghibli; ma i tratti fisici dei personaggi di H. Miyazaki sono riconoscibili ad arte.
Belle musiche accompagneranno gli spostamenti delle due sorelle Kusukabe, che verranno intrattenute da Totoro, un immenso animale indefinito, innocuo e silenzioso. Egli sarà una specie d'ombra per le due piccole, che si trovano a dovere affrontare lunghi viaggi per fare visita alla madre ammalata, o a dovere passare il tempo in attesa che il padre svolga il proprio lavoro. Totoro si muoverà fluidamente e di nascosto dagli adulti, e sarà una compagnia esaltante facendo sempre sorridere sia le sorelline sia lo spettatore, anche se lo sfondo della storia non è delle più felici.
"Il mio vicino Totoro" fondamentalmente lancia un messaggio di solidarietà e fa accrescere la simpatia verso questa figura che è, oggi, simbolo dello Studio Ghibli. La sua trama non si distingue per uno scopo o per un capovolgimento degli eventi, narra semplicemente di un incontro speciale che porta con sé solo buoni sentimenti.
Belle musiche accompagneranno gli spostamenti delle due sorelle Kusukabe, che verranno intrattenute da Totoro, un immenso animale indefinito, innocuo e silenzioso. Egli sarà una specie d'ombra per le due piccole, che si trovano a dovere affrontare lunghi viaggi per fare visita alla madre ammalata, o a dovere passare il tempo in attesa che il padre svolga il proprio lavoro. Totoro si muoverà fluidamente e di nascosto dagli adulti, e sarà una compagnia esaltante facendo sempre sorridere sia le sorelline sia lo spettatore, anche se lo sfondo della storia non è delle più felici.
"Il mio vicino Totoro" fondamentalmente lancia un messaggio di solidarietà e fa accrescere la simpatia verso questa figura che è, oggi, simbolo dello Studio Ghibli. La sua trama non si distingue per uno scopo o per un capovolgimento degli eventi, narra semplicemente di un incontro speciale che porta con sé solo buoni sentimenti.
Farci vedere il Mondo con gli occhi innocenti di un bambino, è questo uno dei più impegnativi e ardui obiettivi che si può porre un artista, sia esso pittore, poeta o regista cinematografico. Diciamocelo con onestà, chi di noi non ha il desiderio di ritornare anche solo per poco tempo alle fantasie dell’infanzia per scrollarsi di dosso l’eccesso di realtà con cui noi adulti dobbiamo fare i conti tutti i giorni e che ormai rende i nostri cuori duri, quasi incapaci di manifestare uno stupore autentico e di subire il fascino di qualcosa di semplice. Capirete quindi la mia felicità al termine di una pellicola come “Il mio vicino Totoro”, che ho avuto la fortuna di condividere con il mio bimbo di quasi tre anni: due generazioni conquistate dalla medesima magia.
Tutto è nato per caso, il classico momento in cui un padre non sapendo come porre fine ai capricci del proprio piccolo cerca di distrarlo con un cartone animato e trovandomi ad avere l’edizione italiana di questo film, di cui avevo sempre sentito parlare tanto bene, ho deciso senza un perché preciso di rinunciare, per una volta, ai rodati canali tematici della televisione satellitare. Mai decisione è stata così felice.
Io e il mio piccolo dal primo all’ultimo minuto siamo stati trasportati nel mondo poetico del maestro Miyazaki venendone conquistati dalla sua poesia. E’ stato come un sogno a occhi aperti popolato di creature fantastiche con il mio bimbo che cercava di catturare gli spiritelli della fuligine o si immedesimava nell’inseguire i piccoli totorini, e io con lui fino all’apparire del protagonista, Totoro .
C’è poco da dire o commentare, pochi film , forse i grandi classici Disney visti da bambino, avevano suscitato in me una tale serie di emozioni. Totoro, questa paciosa creatura dei boschi, riesce nell’impossibile: rompere le barriere che dividono un bimbo da un adulto. Davanti all’apparizione del gattobus io e il mio piccolo eravamo ormai la stessa cosa, rapiti dagli avvenimenti che guardavamo, in un limbo tra finzione e realtà.
Si parla spesso, forse anche troppo a sproposito, della magia del cinema. Io non sono un esperto, ne mi ergo a intellettuale o maestro di buoni sentimenti, ci mancherebbe altro, ma di fronte a quello che ho provato in quelle due ore scarse , ai sorrisi , alla tristezza, alle risate fatte abbracciato al mio bimbo posso tranquillamente dire che se esistono film capaci di regalare anche solo un briciolo di questa tanto millantata magia, ebbene “Il mio vicino Totoro” è uno di questi. Non so dirvi se è per gli splendidi disegni, curati fin nei minimi particolari e scevri di ogni orpello di computer grafica, che oggigiorno ci regalerà pure dei prodotti sempre nuovi e sempre più di alta qualità, ma che non riescono ancora a scrollarsi di dosso una certa freddezza di base. Non so dirvi se è per le musichette azzeccatissime nella loro allegria e per la colonna sonora capace di fondersi in maniera oserei dire perfetta con le immagini che ci scorrono davanti. Non so dirvi neanche se è per i personaggi, animati e disegnati come se fossero un mix tra oriente e occidente, tra animazione giapponese e personaggio disneyano.
Come avrete ormai ben capito infatti, questa più che una recensione vuole essere la descrizione di uno stato d’animo che, come il sorriso del mio bambino al termine del film, non potrà mai se non essere abbozzato in una qualsiasi descrizione scritta. Grazie a Miyazaki ho vissuto uno di quei rari momenti felici, di quelli che si portano dentro come un dono prezioso per tutto il resto della propria vita.
Tutto è nato per caso, il classico momento in cui un padre non sapendo come porre fine ai capricci del proprio piccolo cerca di distrarlo con un cartone animato e trovandomi ad avere l’edizione italiana di questo film, di cui avevo sempre sentito parlare tanto bene, ho deciso senza un perché preciso di rinunciare, per una volta, ai rodati canali tematici della televisione satellitare. Mai decisione è stata così felice.
Io e il mio piccolo dal primo all’ultimo minuto siamo stati trasportati nel mondo poetico del maestro Miyazaki venendone conquistati dalla sua poesia. E’ stato come un sogno a occhi aperti popolato di creature fantastiche con il mio bimbo che cercava di catturare gli spiritelli della fuligine o si immedesimava nell’inseguire i piccoli totorini, e io con lui fino all’apparire del protagonista, Totoro .
C’è poco da dire o commentare, pochi film , forse i grandi classici Disney visti da bambino, avevano suscitato in me una tale serie di emozioni. Totoro, questa paciosa creatura dei boschi, riesce nell’impossibile: rompere le barriere che dividono un bimbo da un adulto. Davanti all’apparizione del gattobus io e il mio piccolo eravamo ormai la stessa cosa, rapiti dagli avvenimenti che guardavamo, in un limbo tra finzione e realtà.
Si parla spesso, forse anche troppo a sproposito, della magia del cinema. Io non sono un esperto, ne mi ergo a intellettuale o maestro di buoni sentimenti, ci mancherebbe altro, ma di fronte a quello che ho provato in quelle due ore scarse , ai sorrisi , alla tristezza, alle risate fatte abbracciato al mio bimbo posso tranquillamente dire che se esistono film capaci di regalare anche solo un briciolo di questa tanto millantata magia, ebbene “Il mio vicino Totoro” è uno di questi. Non so dirvi se è per gli splendidi disegni, curati fin nei minimi particolari e scevri di ogni orpello di computer grafica, che oggigiorno ci regalerà pure dei prodotti sempre nuovi e sempre più di alta qualità, ma che non riescono ancora a scrollarsi di dosso una certa freddezza di base. Non so dirvi se è per le musichette azzeccatissime nella loro allegria e per la colonna sonora capace di fondersi in maniera oserei dire perfetta con le immagini che ci scorrono davanti. Non so dirvi neanche se è per i personaggi, animati e disegnati come se fossero un mix tra oriente e occidente, tra animazione giapponese e personaggio disneyano.
Come avrete ormai ben capito infatti, questa più che una recensione vuole essere la descrizione di uno stato d’animo che, come il sorriso del mio bambino al termine del film, non potrà mai se non essere abbozzato in una qualsiasi descrizione scritta. Grazie a Miyazaki ho vissuto uno di quei rari momenti felici, di quelli che si portano dentro come un dono prezioso per tutto il resto della propria vita.
Non ho mai capito la sfilza di voti altissimi che viene data a questo lungometraggio. Hayao Miyazaki è un maestro dell'animazione giapponese, e questo non glielo toglie nessuno, e ovviamente non si può dire che non abbia creato bellissimi capolavori, come "Laputa", "La principessa Mononoke" e "La città incantata", per esempio; ma anche a lui a volte capita di, beh, creare un qualcosa che non sia paragonabile alle altre sue opere.
Il mio vicino Totoro è stata, per me, una delusione più che immensa. Ero impaziente di vedere il film, soprattutto perché, e non lo nego, il design di Totoro secondo me è stupendo (è troppo caruccio), e come in ogni film di Miyazaki sfondi e colori erano davvero belli. Su questo poi non ci piove, come sempre Hayao dimostra di saperci fare con animazioni eccetera, infatti anche questo film è realizzato in maniera impeccabile per quanto riguarda disegni e animazioni. Però la pecca, la delusione, sta nella trama.
Come hanno già detto molti, Totoro in questo film si vede davvero troppo poco, e quando si vede non è che faccia 'sto granché: sorride o sbadiglia. La trama a parer mio poi scorre troppo lenta, in molte scene mi sono davvero annoiata, e per di più non è che ci siano scene che ti rimangono impresse per qualche motivo particolare, nessun momento colpisce particolarmente. Inoltre tra i personaggi l'unica che salvo è Satsuki, l'unica che mi è piaciuta, magari anche con il padre, perché gli altri personalmente non è che mi siano piaciuti molto. Ho una certa antipatia verso la sorellina di Satsuki e pure verso totoro, per quanto quest'ultimo possa essere "puccioso".
Insomma, arrivando al sodo, Totoro non mi è piaciuto. Forse perché prima di vederlo avevo aspettative decisamente troppo alte. E come non averle? Tutti urlavano ai quattro venti che era un capolavoro. Ma sta di fatto che sono rimasta molto delusa. Consiglio comunque di vederlo, però: è pur sempre un lavoro di Miyazaki, non fa male dargli un'occhiata. poi, visti i votoni che gli altri danno, allora è probabile che piaccia invece di non piacere come è successo a me.
Il mio vicino Totoro è stata, per me, una delusione più che immensa. Ero impaziente di vedere il film, soprattutto perché, e non lo nego, il design di Totoro secondo me è stupendo (è troppo caruccio), e come in ogni film di Miyazaki sfondi e colori erano davvero belli. Su questo poi non ci piove, come sempre Hayao dimostra di saperci fare con animazioni eccetera, infatti anche questo film è realizzato in maniera impeccabile per quanto riguarda disegni e animazioni. Però la pecca, la delusione, sta nella trama.
Come hanno già detto molti, Totoro in questo film si vede davvero troppo poco, e quando si vede non è che faccia 'sto granché: sorride o sbadiglia. La trama a parer mio poi scorre troppo lenta, in molte scene mi sono davvero annoiata, e per di più non è che ci siano scene che ti rimangono impresse per qualche motivo particolare, nessun momento colpisce particolarmente. Inoltre tra i personaggi l'unica che salvo è Satsuki, l'unica che mi è piaciuta, magari anche con il padre, perché gli altri personalmente non è che mi siano piaciuti molto. Ho una certa antipatia verso la sorellina di Satsuki e pure verso totoro, per quanto quest'ultimo possa essere "puccioso".
Insomma, arrivando al sodo, Totoro non mi è piaciuto. Forse perché prima di vederlo avevo aspettative decisamente troppo alte. E come non averle? Tutti urlavano ai quattro venti che era un capolavoro. Ma sta di fatto che sono rimasta molto delusa. Consiglio comunque di vederlo, però: è pur sempre un lavoro di Miyazaki, non fa male dargli un'occhiata. poi, visti i votoni che gli altri danno, allora è probabile che piaccia invece di non piacere come è successo a me.
Dolce, ingenuo, simpatico e poetico. Ecco come riassumerei in quattro aggettivi il lungometraggio “Il mio vicino Totoro”.
Amo di più il Miyazaki de “La città incantata” che trasmette forti emozioni con un pizzico di trama, ma qua non c'è da seguire una trama, ma bensì il quotidiano. Accompagniamo le due sorelline Satsuke e Mei (11 anni la prima, 4 la seconda) che si trasferiscono insieme al padre in una nuova casa in campagna, in attesa che la madre venga dimessa dal vicino ospedale.
Nel cambio di vita si denota anche una certa “fantasia” se così possiamo dire, con i nerini del buio, spiritelli della fuliggine che occupano le vecchie case abbandonate, con totoro stesso e tutto il resto affrontato come se fosse tutto all'ordine del giorno, con un'innocenza mostruosa. Ed è proprio questa la forza del film, almeno secondo me.
La pellicola poi ci porta a innamorarci letteralmente di tutti i protagonisti della storia, vista la loro dolcezza/bellezza, e ci strappano anche qualche sorriso.
Totoro è un anime che forse ci vuole ricordare di essere spensierati, a qualsiasi età, e di vivere la vita con naturalezza e vivacità, nel rispetto della natura, poiché anche noi ne facciamo parte.
Creato dallo studio Ghibli nel 1988, l'animazione non ne risente per nulla, ottima come sempre. Totoro è un film d'animazione per tutta la famiglia, poetico come Miyazaki sa fare, un'ora e mezza di beatitudine, dal video viene trasmessa questa semplicità e dolcezza che fanno star bene e emozionano lo spettatore, senza aspettarsi colpi di scena o trame intricate.
C'è solo questo: dolcezza e amore, in fondo questo è quello che mi trasmette Totoro.
Il mio voto è 8; mi è piaciuto, senza dubbio, questo racconto di Miyazaki, non do di più solo perché ho visto anche altri lavori del maestro e li ho apprezzati di più sotto certi punti di vista, ma lo consiglio veramente a tutti, guardatelo almeno una volta, non ve ne pentirete.
P.S.: a che ora passa il gattobus?
Amo di più il Miyazaki de “La città incantata” che trasmette forti emozioni con un pizzico di trama, ma qua non c'è da seguire una trama, ma bensì il quotidiano. Accompagniamo le due sorelline Satsuke e Mei (11 anni la prima, 4 la seconda) che si trasferiscono insieme al padre in una nuova casa in campagna, in attesa che la madre venga dimessa dal vicino ospedale.
Nel cambio di vita si denota anche una certa “fantasia” se così possiamo dire, con i nerini del buio, spiritelli della fuliggine che occupano le vecchie case abbandonate, con totoro stesso e tutto il resto affrontato come se fosse tutto all'ordine del giorno, con un'innocenza mostruosa. Ed è proprio questa la forza del film, almeno secondo me.
La pellicola poi ci porta a innamorarci letteralmente di tutti i protagonisti della storia, vista la loro dolcezza/bellezza, e ci strappano anche qualche sorriso.
Totoro è un anime che forse ci vuole ricordare di essere spensierati, a qualsiasi età, e di vivere la vita con naturalezza e vivacità, nel rispetto della natura, poiché anche noi ne facciamo parte.
Creato dallo studio Ghibli nel 1988, l'animazione non ne risente per nulla, ottima come sempre. Totoro è un film d'animazione per tutta la famiglia, poetico come Miyazaki sa fare, un'ora e mezza di beatitudine, dal video viene trasmessa questa semplicità e dolcezza che fanno star bene e emozionano lo spettatore, senza aspettarsi colpi di scena o trame intricate.
C'è solo questo: dolcezza e amore, in fondo questo è quello che mi trasmette Totoro.
Il mio voto è 8; mi è piaciuto, senza dubbio, questo racconto di Miyazaki, non do di più solo perché ho visto anche altri lavori del maestro e li ho apprezzati di più sotto certi punti di vista, ma lo consiglio veramente a tutti, guardatelo almeno una volta, non ve ne pentirete.
P.S.: a che ora passa il gattobus?
Vedere questo lungometraggio d'animazione è stato incredibile, di solito gli anime tendono a proporre una storia dove c'è un evento che sconvolge la vita quotidiana di qualcuno. Ma con "Il mio vicino Totoro" è diverso, dato che esibisce la bellezza di una vita normale e pacifica, ovvero la storia di due bambine, che trascorrono con tranquillità le giornate della loro vita, senza che vi sia qualche elemento negativo in grado di generare preoccupazioni. Le due bambine, Satsuki e Mei, si comportano esattamente come due bambine, infatti non badano alle conseguenze di quello che fanno e si divertono a esplorare il paese che le circonda, con la naturalezza e la curiosità di un bambino, il tutto rende decisamente piacevole e rilassante la visione del lungometraggio.
Insieme alle due giovani protagoniste, vi è Totoro, una creatura completamente diversa dagli esseri umani, che non solo è in grado di infondere pace e serenità nei confronti dello spettatore, ma è capace di stupirlo attraverso degli spettacoli di "magia" che coinvolgono ed esaltano tutti gli elementi appartenenti alla natura (la pioggia, gli alberi e il vento). Inoltre vi sono altre creature che condividono lo stesso piano di esistenza con Totoro, alcune di queste riescono a intenerire attraverso il loro aspetto semplice, mentre altre saranno in grado di stupire grazie alle loro sembianze bizzarre quanto particolari - un gatto le cui caratteristiche ricordano quelle di un autobus è un esempio.
L'ambientazione è un altro elemento fondamentale che risiede all'interno del lungometraggio. La storia si terrà in un piccolo paese di campagna, dove gli abitanti si guadagnano da mangiare coltivando i campi e i bambini crescono a contatto con le meraviglie della natura, insomma non si avverte il peso opprimente della tecnologia e delle megalopoli di oggi, anzi, ci si libera di queste ultime e si respira una sensazione completamente diversa, ovvero un'atmosfera di completa libertà che risveglia quella voglia di curiosare ed esplorare che sta all'interno dell'istinto di qualsiasi bambino.
Inoltre tengo a fare notare che le abitazioni tengono fede all'ambientazione originale, infatti si nota subito il disordine e la confusione di queste ultime, senza contare che sono dotate di un aspetto più rustico e vecchio delle classiche case che si vedono di solito.
Anche se "Totoro" è stato prodotto nel lontano 1988, le animazioni e i disegni non risentono della presenza delle nuove tecnologie che costituiscono gli anime di oggi, anzi, riescono a stupire attraverso la cura e i numerosi dettagli che contribuiscono a mantenere e a intensificare i toni del lungometraggio.
La soundtrack ha la particolarità di accompagnare alcune azioni dei personaggi, per esempio si può notare l'intensa ripetizione delle note che accompagnano i piccoli ma veloci passi della giovane Mei, oppure si può avvertire la sincronizzazione delle note che seguono il battito di ali di una farfalla.
L'edizione italiana offre la canzone d'introduzione, reinterpretata in italiano; anche se personalmente preferivo quella giapponese, devo ammettere che non mi è dispiaciuto ascoltare questa versione alternativa. Insomma il risultato non dispiace, però era meglio mantenere la canzone originale.
"Il mio vicino Totoro" è una visione consigliata per la sua leggerezza e per la sua semplicità, che suscita un forte senso di gioia nel ricordare gli anni felici appartenenti all'infanzia di ognuno di noi.
Insieme alle due giovani protagoniste, vi è Totoro, una creatura completamente diversa dagli esseri umani, che non solo è in grado di infondere pace e serenità nei confronti dello spettatore, ma è capace di stupirlo attraverso degli spettacoli di "magia" che coinvolgono ed esaltano tutti gli elementi appartenenti alla natura (la pioggia, gli alberi e il vento). Inoltre vi sono altre creature che condividono lo stesso piano di esistenza con Totoro, alcune di queste riescono a intenerire attraverso il loro aspetto semplice, mentre altre saranno in grado di stupire grazie alle loro sembianze bizzarre quanto particolari - un gatto le cui caratteristiche ricordano quelle di un autobus è un esempio.
L'ambientazione è un altro elemento fondamentale che risiede all'interno del lungometraggio. La storia si terrà in un piccolo paese di campagna, dove gli abitanti si guadagnano da mangiare coltivando i campi e i bambini crescono a contatto con le meraviglie della natura, insomma non si avverte il peso opprimente della tecnologia e delle megalopoli di oggi, anzi, ci si libera di queste ultime e si respira una sensazione completamente diversa, ovvero un'atmosfera di completa libertà che risveglia quella voglia di curiosare ed esplorare che sta all'interno dell'istinto di qualsiasi bambino.
Inoltre tengo a fare notare che le abitazioni tengono fede all'ambientazione originale, infatti si nota subito il disordine e la confusione di queste ultime, senza contare che sono dotate di un aspetto più rustico e vecchio delle classiche case che si vedono di solito.
Anche se "Totoro" è stato prodotto nel lontano 1988, le animazioni e i disegni non risentono della presenza delle nuove tecnologie che costituiscono gli anime di oggi, anzi, riescono a stupire attraverso la cura e i numerosi dettagli che contribuiscono a mantenere e a intensificare i toni del lungometraggio.
La soundtrack ha la particolarità di accompagnare alcune azioni dei personaggi, per esempio si può notare l'intensa ripetizione delle note che accompagnano i piccoli ma veloci passi della giovane Mei, oppure si può avvertire la sincronizzazione delle note che seguono il battito di ali di una farfalla.
L'edizione italiana offre la canzone d'introduzione, reinterpretata in italiano; anche se personalmente preferivo quella giapponese, devo ammettere che non mi è dispiaciuto ascoltare questa versione alternativa. Insomma il risultato non dispiace, però era meglio mantenere la canzone originale.
"Il mio vicino Totoro" è una visione consigliata per la sua leggerezza e per la sua semplicità, che suscita un forte senso di gioia nel ricordare gli anni felici appartenenti all'infanzia di ognuno di noi.
Cos'è che fa di un film, che sia di animazione o di altro, un opera talmente bella da piacere a chiunque ?
La trama di certo gioca un ruolo molto importante nell'opera del film, ma non è questa l'unica che la rende unica e piacevole al pubblico.
La fotografia e le inquadrature giocano un ruolo importante, ma non un ruolo che riesce a rendere un opera un cult.
La grafica e la qualità secondo me contano ancora meno, in quanto ritengo per esperienza che il film più bello non è il film con la maggior qualità.
Io penso che un film sia reso unico e inimitabile dai suoi personaggi, e dall'uso che se ne fa nello svilupparsi della trama.
Questo è quello che ho visto e che ho capito nel "Il mio vicino Totoro" dello studio Ghibli e soprattutto di Hayao Miyazaki. Questo concetto lo si può capire appunto guardando il film, in quanto si può semplicemente notare dalla trama, che non è di certo complicata e contorta, e si fa godere molto facilmente.
Il disegno è un disegno classico e genuino, un disegno semplicissimo e visibilmente gradevole.
Ma come detto precedentemente sono i personaggi che ti fanno incantare e innamorare, nel "Il mio vicino Tororo" è appunto la bellezza di Totoro e dei suoi gesti che riesce a rendere un film d'animazione unico ed eccezionale.
Vedere crescere un albero immenso da un seme minuscolo in 5 minuti è uno di quei gesti pieni di fantasia che secondo me fa volare l'opera al di sopra di altre.
La trama di certo gioca un ruolo molto importante nell'opera del film, ma non è questa l'unica che la rende unica e piacevole al pubblico.
La fotografia e le inquadrature giocano un ruolo importante, ma non un ruolo che riesce a rendere un opera un cult.
La grafica e la qualità secondo me contano ancora meno, in quanto ritengo per esperienza che il film più bello non è il film con la maggior qualità.
Io penso che un film sia reso unico e inimitabile dai suoi personaggi, e dall'uso che se ne fa nello svilupparsi della trama.
Questo è quello che ho visto e che ho capito nel "Il mio vicino Totoro" dello studio Ghibli e soprattutto di Hayao Miyazaki. Questo concetto lo si può capire appunto guardando il film, in quanto si può semplicemente notare dalla trama, che non è di certo complicata e contorta, e si fa godere molto facilmente.
Il disegno è un disegno classico e genuino, un disegno semplicissimo e visibilmente gradevole.
Ma come detto precedentemente sono i personaggi che ti fanno incantare e innamorare, nel "Il mio vicino Tororo" è appunto la bellezza di Totoro e dei suoi gesti che riesce a rendere un film d'animazione unico ed eccezionale.
Vedere crescere un albero immenso da un seme minuscolo in 5 minuti è uno di quei gesti pieni di fantasia che secondo me fa volare l'opera al di sopra di altre.
Negli anni ’50, la famiglia Kusakabe, formata dal padre, insegnante archeologia all’università, e dalle figlie Satsuki e Mei, di circa 10 e 4 anni rispettivamente, si trasferisce in una vecchia casa nel Giappone rurale per essere più vicina all’ospedale dove la madre è ricoverata per una malattia mai nominata che la costringe a letto per lungo tempo.
Le bambine, estremamente vivaci, esplorano la casa diroccata, e scoprono che è abitata dai Nerini del buio, spiritelli a forma di palline di fuliggine che possono essere visti quando ci si sposta da luoghi luminosi a luoghi molto scuri.
In seguito Mei, la più piccola, giocando in giardino e seguendo delle tracce di ghiande, s'imbatte in due spiritelli dotati di orecchie simili a quelle di un coniglio; seguendoli fin dentro il grande albero di canfora che domina sulla zona, incontra uno spirito dall'aspetto un po' pittoresco: un incrocio tra una talpa, un orso e un tanuki, il tipico procione giapponese. È un personaggio che Mei ha già visto in un libro di fiabe, un troll, in giapponese “tororu”, ma la piccola ne storpia il nome in “Totoro”.
All’inizio sembra essere stato tutto un sogno, ma successivamente anche la sorella maggiore avrà il privilegio di incontrare la buffa creatura, e il padre la chiamerà “custode della foresta”.
Tutto il film gioca sulla contrapposizione tra realtà e sogno: infatti per quanto gli adulti non possano vedere Totoro le altre magiche creature, risentono a volte degli effetti delle loro azioni.
C’è anche la contrapposizione bambini-adulti: i primi dotati di grande fantasia e immaginazione e più facilmente impressionabili, i secondi esperti e più “realisti”.
Tuttavia gli adulti presentati sono molto comprensivi, capiscono che devono assecondare i bambini, stimolarli, lasciarli vivere in un mondo illusorio ma idilliaco, perché se non si gode la vita quando si è bambini senza preoccupazioni, quando lo si può fare?
Satsuki, per quanto abbia solo 10-11 anni, ha la responsabilità della sorellina, che non ricevendo l’amore della madre le rimane sempre appiccicata; per quanto Satsuki possa essere forte, non può certo farcela da sola, soprattutto nei momenti difficili. Per sua fortuna c’è la Nonnina, che può essere considerata lo stereotipo della vecchina saggia e premurosa, sempre pronta ad aiutare e a consigliare le giovani e inesperte generazioni; oltre a lei ci sono anche tutte le persone della zona, che daranno una mano quando bisognerà cercare Mei. In questo film è quindi anche presente un inno all’unità tra le persone.
Quando la piccolina scappa per andare dalla madre è l’unico momento serio e drammatico di tutto il film, perché per il resto sarà tutto un tripudio di natura verdissima e viva, di musiche che esprimono appieno tutta l’energia e l’allegria delle due bambine, e ovviamente di magia.
Lo spirito Totoro entra in scena solo dopo mezz’ora dall’inizio del film, e apparirà solo 4 volte; tuttavia quando c’è lui non si può non essere allegri e felici: è pupazzoso, morbidoso, coccoloso, sprizza bontà e sicurezza da tutti i pori. Ciò che fa ha sempre un che di magico e speciale, sia esso semplicemente emettere degli strani versi, sbadigliare, saltare con un ombrello, danzare per far crescere un albero gigante, o chiamare un autobus a forma di gatto.
Questo è quindi un film allegro, divertente e magico che si rivolge al bambino dentro ognuno di noi, per farci immergere per un’ora e mezza in un mondo idilliaco e libero dal male.
Le bambine, estremamente vivaci, esplorano la casa diroccata, e scoprono che è abitata dai Nerini del buio, spiritelli a forma di palline di fuliggine che possono essere visti quando ci si sposta da luoghi luminosi a luoghi molto scuri.
In seguito Mei, la più piccola, giocando in giardino e seguendo delle tracce di ghiande, s'imbatte in due spiritelli dotati di orecchie simili a quelle di un coniglio; seguendoli fin dentro il grande albero di canfora che domina sulla zona, incontra uno spirito dall'aspetto un po' pittoresco: un incrocio tra una talpa, un orso e un tanuki, il tipico procione giapponese. È un personaggio che Mei ha già visto in un libro di fiabe, un troll, in giapponese “tororu”, ma la piccola ne storpia il nome in “Totoro”.
All’inizio sembra essere stato tutto un sogno, ma successivamente anche la sorella maggiore avrà il privilegio di incontrare la buffa creatura, e il padre la chiamerà “custode della foresta”.
Tutto il film gioca sulla contrapposizione tra realtà e sogno: infatti per quanto gli adulti non possano vedere Totoro le altre magiche creature, risentono a volte degli effetti delle loro azioni.
C’è anche la contrapposizione bambini-adulti: i primi dotati di grande fantasia e immaginazione e più facilmente impressionabili, i secondi esperti e più “realisti”.
Tuttavia gli adulti presentati sono molto comprensivi, capiscono che devono assecondare i bambini, stimolarli, lasciarli vivere in un mondo illusorio ma idilliaco, perché se non si gode la vita quando si è bambini senza preoccupazioni, quando lo si può fare?
Satsuki, per quanto abbia solo 10-11 anni, ha la responsabilità della sorellina, che non ricevendo l’amore della madre le rimane sempre appiccicata; per quanto Satsuki possa essere forte, non può certo farcela da sola, soprattutto nei momenti difficili. Per sua fortuna c’è la Nonnina, che può essere considerata lo stereotipo della vecchina saggia e premurosa, sempre pronta ad aiutare e a consigliare le giovani e inesperte generazioni; oltre a lei ci sono anche tutte le persone della zona, che daranno una mano quando bisognerà cercare Mei. In questo film è quindi anche presente un inno all’unità tra le persone.
Quando la piccolina scappa per andare dalla madre è l’unico momento serio e drammatico di tutto il film, perché per il resto sarà tutto un tripudio di natura verdissima e viva, di musiche che esprimono appieno tutta l’energia e l’allegria delle due bambine, e ovviamente di magia.
Lo spirito Totoro entra in scena solo dopo mezz’ora dall’inizio del film, e apparirà solo 4 volte; tuttavia quando c’è lui non si può non essere allegri e felici: è pupazzoso, morbidoso, coccoloso, sprizza bontà e sicurezza da tutti i pori. Ciò che fa ha sempre un che di magico e speciale, sia esso semplicemente emettere degli strani versi, sbadigliare, saltare con un ombrello, danzare per far crescere un albero gigante, o chiamare un autobus a forma di gatto.
Questo è quindi un film allegro, divertente e magico che si rivolge al bambino dentro ognuno di noi, per farci immergere per un’ora e mezza in un mondo idilliaco e libero dal male.
Bisogna tenere presente un particolare importante: è quasi impossibile trovare, nelle opere di Miyazaki, degli anime che siano un aborto, difatti i temi principali trattati sempre da lui riguardano il rispetto della vita visto attraverso la natura, gli animali, e fantasiosi scenari che ne delineano l'incanto delle sue opere, quindi è difficile riuscire a capiure fino in fondo dove possa cominciare la realtà umana e finire la fantasia dell'autore e viceversa, si vive in un continuo caleidoscopio di emozioni, in un vortice di colori armoniosi e segnali di vita molto marcati che è impossibile per lo spettatore il non affezionarsi alle opere di Miyazaki.
E' questo quindi il fulcro formante delle sue opere, un'essenza di profumi e di suoni che possiamo addirittura sentire, laddove è bandita per sempre ogni forma di barbarie umana, laddove è possibile un mondo in pieno contatto con la natura senza farsi contagiare del richiamo di una possibile rivoluzione nucleare, senza farsi catturare dai suoni cupi di una lotta di potere dove il povero prossimo viene sempre soggiogato.
E quale modo migliore per fuggire dalla realtà sopracitata, se non quella di esserci già all'interno di essa e calarsi nella più vivace fantasia attraverso i gioiosi occhi dei bambini?
Quale modo ulteriore, per sbarazzarsi di una società prigioniera del progresso, del consumismo, di tradizioni che si spaccano volentieri in nome di una civiltà ormai guidata da politici sottosviluppati avidi di potere assoluto?
La risposta è attraverso mostri non creati dal vivere quotidiano solo per far male e sottomettere, ma attraverso la creazione di mostri fantastici che aiutano a viaggiar meglio sulle ali della fantasia, collocata in uno scenario variopinto e multiforme come lo è la natura, paesaggi dimenticati, vite ancora incontaminate e tutte da scoprire, e la voglia d'avventura che rende gli uomini sicuri delle proprie forze, di una ritrovata vitalità e di una dignità riconquistata nel rispetto delle cose più semplici.
Difatti gli elementi che compongono l'opera, nel pieno rispetto delle antiche tradizioni giapponesi, nel rispetto di tutta la natura che ancora circonda l'uomo, della progenie che ancora non è stata raggiunta dal mostro del progresso, perchè altri mostri si sono posti a sua difesa, di credenze mitologiche che mai segnano il tempo, degli elementi che compongono la terra che danno il coraggio necessario per vincere anche le avversità più cupe.
Sotto questi scenari nasce la ferma volontà dell'autore di farci capire che tutto il rispetto che si può avere per il creato è possibile solo se da parte dell'uomo e dei suoi simili c'è il forte desiderio di altruismo,dell'aiutarsi vicendevolmente, fonte più dissetante dell'acqua, più sfamante di qualsiasi manna dal cielo, più forte di qualsiasi guerrafondaio atto a distruggere tutto ciò in cui vale la pena di vivere, e questo è un insegnamento che non vale solo per chio è sempre a contatto con la natura e vuole difenderla, ma è valido per tutti gli uomini presenti nel globo, specie per quelli che ritengono una piantina un ornamento da tenere in un semplice vaso, diciamoci la verità, a queste persone ci viene voglia di infilargli la testa, dentro il vaso, per il loro assurdo modo di "progredire".
Quindi lasciatevi trasportare da emozioni uniche, vivibili in un film come questo, godibili fin che si vuole, ma non venite a dirmi che Miyazaki è sempre il solito perchè vuole usare la natura negli anime per esercitare le sue spicce politiche ambientaliste, perchè non è affatto vero.
Chi guarda le sue opere, specialmente questa, deve ricredersi, questo è un anime che non vuole dividere nessuno in alcuna fazione, è un cartone che unisce e fa sperare, è un film che fa divertire e insegna tante cose, tra cui proprio il porsi queste domande.
E' questo quindi il fulcro formante delle sue opere, un'essenza di profumi e di suoni che possiamo addirittura sentire, laddove è bandita per sempre ogni forma di barbarie umana, laddove è possibile un mondo in pieno contatto con la natura senza farsi contagiare del richiamo di una possibile rivoluzione nucleare, senza farsi catturare dai suoni cupi di una lotta di potere dove il povero prossimo viene sempre soggiogato.
E quale modo migliore per fuggire dalla realtà sopracitata, se non quella di esserci già all'interno di essa e calarsi nella più vivace fantasia attraverso i gioiosi occhi dei bambini?
Quale modo ulteriore, per sbarazzarsi di una società prigioniera del progresso, del consumismo, di tradizioni che si spaccano volentieri in nome di una civiltà ormai guidata da politici sottosviluppati avidi di potere assoluto?
La risposta è attraverso mostri non creati dal vivere quotidiano solo per far male e sottomettere, ma attraverso la creazione di mostri fantastici che aiutano a viaggiar meglio sulle ali della fantasia, collocata in uno scenario variopinto e multiforme come lo è la natura, paesaggi dimenticati, vite ancora incontaminate e tutte da scoprire, e la voglia d'avventura che rende gli uomini sicuri delle proprie forze, di una ritrovata vitalità e di una dignità riconquistata nel rispetto delle cose più semplici.
Difatti gli elementi che compongono l'opera, nel pieno rispetto delle antiche tradizioni giapponesi, nel rispetto di tutta la natura che ancora circonda l'uomo, della progenie che ancora non è stata raggiunta dal mostro del progresso, perchè altri mostri si sono posti a sua difesa, di credenze mitologiche che mai segnano il tempo, degli elementi che compongono la terra che danno il coraggio necessario per vincere anche le avversità più cupe.
Sotto questi scenari nasce la ferma volontà dell'autore di farci capire che tutto il rispetto che si può avere per il creato è possibile solo se da parte dell'uomo e dei suoi simili c'è il forte desiderio di altruismo,dell'aiutarsi vicendevolmente, fonte più dissetante dell'acqua, più sfamante di qualsiasi manna dal cielo, più forte di qualsiasi guerrafondaio atto a distruggere tutto ciò in cui vale la pena di vivere, e questo è un insegnamento che non vale solo per chio è sempre a contatto con la natura e vuole difenderla, ma è valido per tutti gli uomini presenti nel globo, specie per quelli che ritengono una piantina un ornamento da tenere in un semplice vaso, diciamoci la verità, a queste persone ci viene voglia di infilargli la testa, dentro il vaso, per il loro assurdo modo di "progredire".
Quindi lasciatevi trasportare da emozioni uniche, vivibili in un film come questo, godibili fin che si vuole, ma non venite a dirmi che Miyazaki è sempre il solito perchè vuole usare la natura negli anime per esercitare le sue spicce politiche ambientaliste, perchè non è affatto vero.
Chi guarda le sue opere, specialmente questa, deve ricredersi, questo è un anime che non vuole dividere nessuno in alcuna fazione, è un cartone che unisce e fa sperare, è un film che fa divertire e insegna tante cose, tra cui proprio il porsi queste domande.
Il mio vicino Totoro... Beh, come non rimanere affascinati da quest'opera. O meglio, si potrebbe, se non ci si cala nella fantastica e genuina mentalità dei bambini, alla scoperta del mondo, della natura.
Come trama il film è praticamente 0, ma è proprio questo il tema su cui Miyazaki vuole andare a parare stavolta: la storia se la crea lo spettatore, lasciando spazio a tutta l'immaginazione e alla fantasia di cui è capace un bambino. In questo film infatti Miyazaki ci dà solo delle basi, degli spunti di un improbabile mondo, che però ci porta a sognare, sperare, e cercare. Cercare di vivere, di scoprire tutta la magia di cui è intriso il mondo, ma tutto questo a una condizione: non bisogna avere aspettative, pretese o altro, a volte per capire il valore di una cosa bisogna guardarla con gli occhi un bambino.
Si vede come Miyazaki abbia messo tutto se stesso in quest'opera, che è praticamente un inno alla natura, un inno alla vita, a sognare, e a cercare di non dimenticare quella piccola parte sopita dentro di noi che è ancora genuina e infantile. E si vede come abbia curato ogni piccolo dettaglio per rendere al meglio ogni scena, soprattutto quelle con il simpaticissimo Totoro, personaggio indimenticabile.
Ad accompagnare tutta questa poesia ci sono delle ottime animazioni, disegni superlativi per essere del '88 (ma anche oggi lo sarebbero), e OST secondo me memorabili, con splendide canzoncine poste come opening ed ending.
Tirando le somme, "Il mio vicino Totoro" è finora il miglior film di Miyazaki che abbia visto, anche se devo ancora vedermi "La città incantata" fra quelli reputati migliori. Lavoro impeccabile per il dio degli anime, "Il mio vicino Totoro" rientra sicuramente fra le opere più significative e rappresentative del suo pensiero.
Consigliato ai bambini e agli adolescenti o adulti, ma solo se dotati di un po' di sensibilità, altrimenti lasciate perdere, sarebbe tempo sprecato.
Come trama il film è praticamente 0, ma è proprio questo il tema su cui Miyazaki vuole andare a parare stavolta: la storia se la crea lo spettatore, lasciando spazio a tutta l'immaginazione e alla fantasia di cui è capace un bambino. In questo film infatti Miyazaki ci dà solo delle basi, degli spunti di un improbabile mondo, che però ci porta a sognare, sperare, e cercare. Cercare di vivere, di scoprire tutta la magia di cui è intriso il mondo, ma tutto questo a una condizione: non bisogna avere aspettative, pretese o altro, a volte per capire il valore di una cosa bisogna guardarla con gli occhi un bambino.
Si vede come Miyazaki abbia messo tutto se stesso in quest'opera, che è praticamente un inno alla natura, un inno alla vita, a sognare, e a cercare di non dimenticare quella piccola parte sopita dentro di noi che è ancora genuina e infantile. E si vede come abbia curato ogni piccolo dettaglio per rendere al meglio ogni scena, soprattutto quelle con il simpaticissimo Totoro, personaggio indimenticabile.
Ad accompagnare tutta questa poesia ci sono delle ottime animazioni, disegni superlativi per essere del '88 (ma anche oggi lo sarebbero), e OST secondo me memorabili, con splendide canzoncine poste come opening ed ending.
Tirando le somme, "Il mio vicino Totoro" è finora il miglior film di Miyazaki che abbia visto, anche se devo ancora vedermi "La città incantata" fra quelli reputati migliori. Lavoro impeccabile per il dio degli anime, "Il mio vicino Totoro" rientra sicuramente fra le opere più significative e rappresentative del suo pensiero.
Consigliato ai bambini e agli adolescenti o adulti, ma solo se dotati di un po' di sensibilità, altrimenti lasciate perdere, sarebbe tempo sprecato.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Nel 1988 quando quest'anime uscì, in Giappone si gridò al capolavoro e tutti si chiesero chi avesse potuto creare, e dirigere, un'opera tanto profonda quanto rivoluzionaria, almeno per i tempi, se non ancora oggi. L'anime ebbe talmente tanto seguito in Giappone che lo studio di produzione, lo studio Ghibli, decise di mettere come stemma di riconoscimento dello studio il protagonista dell'anime Totoro, ancora oggi idolatrato dai giapponesi. Tornando a chi ha diretto l'anime, egli era l'allora apprezzato solo in terra nipponica, e sconosciuto nel resto del mondo, Hayao Miyazaki, conosciuto in patria per Nausicaa e Laputa. Solo recentemente, nel 2009, noi abitanti del bel paese abbiamo potuto fruire di quest'opera, ciò a causa di problemi di diritti tra l'Italia e lo studio nipponico, il che forse ha limitato il successo del titolo stesso.
Passando alla trama, l'incipit è fondamentalmente questo: Satsuki, dieci anni, e Mei, quattro anni, sono due sorelline che si trasferiscono insieme al padre, Tsuo, in una nuova casa in campagna, che però nuova non è, visto che è diroccata. In questi luoghi nuovi le due bambine iniziano un viaggio in un mondo magico abitato da creature fantastiche, quali i nerini del buio o gli spiriti della fuliggine, che vivono insieme a buffi esseri di varie dimensioni, dei quali uno addirittura diventa invisibile. Tra tali creature troviamo Totoro, uno spirito buono che fin dall'antichità regna sovrano nella foresta vicino alla casa delle bambine. Insieme a questo strano essere Satsuki e Mei vivranno una magica quanto straordinaria avventura all'insegna dell'amicizia.
La storia non ha particolari pretese, ma sa coinvolgere in un modo incredibile lo spettatore, che guarda quasi ammaliato l'evolversi della vicenda lasciandosi trasportare da Totoro in questo mondo magico, dove sì farà la conoscenza di tre totoro di diversa statura, oltre che di un gatto autobus, che è invisibile agli umani, come anche Totoro, che solo le due bambine riescono a vedere. L''anime poi tocca tasti tanto dolorosi quanto drammatici con una sottotrama molto ben riuscita che mi ha colpito. Essa riguarda la mamma delle due bimbe, ricoverata in ospedale a causa di una malattia; i medici continuano a rinviarne la dimissione e questo porterà allo scontro Mei e Satsuki, ma poi tutto si risolverà per il meglio.
Il buon Hayao Miyazaki fa un ottimo lavoro per quanto riguarda la regia: egli ci mostra delle belle inquadrature che non disturbano minimamente lo spettatore. Tuttavia l'anime patisce comprensibilmente l'età che ha, in quanto presenta una grafica ottima per i tempi in cui fu realizzato, stile "Flo, la piccola Robinson" per intenderci, ma che adesso risulta antiquata, come anche il character design, buono ma non eccelso. L'animazione inoltre risulta "scattosa" e ha poca fluidità in alcune scene.
Assolutamente efficace e godibilissimo è invece il comparto sonoro diretto da Joe Hisaishi. Egli, invece delle solite sigle di apertura e chiusura, ci propone un azzeccatissimo motivetto tipo filastrocca delle elementari, molto ben studiato e coinvolgente, che vi farà venir voglia di cantare.
La casa distributrice dell'anime per il nostro paese è la Lucky Red, che ci offre nella versione disco singolo, quella che possiedo, come extra il trailer del film. Come tracce audio abbiamo la lingua italiana e quella giapponese con sottotitoli sempre in italiano, ma anche in italiano per non udenti.
In conclusione si può dire che l'anime in questione è adatto a tutti, sopratutto ai bambini; ma comunque non disdegna assolutamente una chiave di lettura matura che attirerà inevitabilmente l'esperto di animazione più attento e navigato. Se siete arrivati alla fine di questa recensione ormai saprete anche i motivi per cui è estremamente consigliata, dal sottoscritto, la visione di quest'anime da parte di tutti gli amanti dell'animazione nipponica, non solo di Miyazaki. Per cui il mio voto finale è 8,5. Ciao e alla prossima recensione.
Nel 1988 quando quest'anime uscì, in Giappone si gridò al capolavoro e tutti si chiesero chi avesse potuto creare, e dirigere, un'opera tanto profonda quanto rivoluzionaria, almeno per i tempi, se non ancora oggi. L'anime ebbe talmente tanto seguito in Giappone che lo studio di produzione, lo studio Ghibli, decise di mettere come stemma di riconoscimento dello studio il protagonista dell'anime Totoro, ancora oggi idolatrato dai giapponesi. Tornando a chi ha diretto l'anime, egli era l'allora apprezzato solo in terra nipponica, e sconosciuto nel resto del mondo, Hayao Miyazaki, conosciuto in patria per Nausicaa e Laputa. Solo recentemente, nel 2009, noi abitanti del bel paese abbiamo potuto fruire di quest'opera, ciò a causa di problemi di diritti tra l'Italia e lo studio nipponico, il che forse ha limitato il successo del titolo stesso.
Passando alla trama, l'incipit è fondamentalmente questo: Satsuki, dieci anni, e Mei, quattro anni, sono due sorelline che si trasferiscono insieme al padre, Tsuo, in una nuova casa in campagna, che però nuova non è, visto che è diroccata. In questi luoghi nuovi le due bambine iniziano un viaggio in un mondo magico abitato da creature fantastiche, quali i nerini del buio o gli spiriti della fuliggine, che vivono insieme a buffi esseri di varie dimensioni, dei quali uno addirittura diventa invisibile. Tra tali creature troviamo Totoro, uno spirito buono che fin dall'antichità regna sovrano nella foresta vicino alla casa delle bambine. Insieme a questo strano essere Satsuki e Mei vivranno una magica quanto straordinaria avventura all'insegna dell'amicizia.
La storia non ha particolari pretese, ma sa coinvolgere in un modo incredibile lo spettatore, che guarda quasi ammaliato l'evolversi della vicenda lasciandosi trasportare da Totoro in questo mondo magico, dove sì farà la conoscenza di tre totoro di diversa statura, oltre che di un gatto autobus, che è invisibile agli umani, come anche Totoro, che solo le due bambine riescono a vedere. L''anime poi tocca tasti tanto dolorosi quanto drammatici con una sottotrama molto ben riuscita che mi ha colpito. Essa riguarda la mamma delle due bimbe, ricoverata in ospedale a causa di una malattia; i medici continuano a rinviarne la dimissione e questo porterà allo scontro Mei e Satsuki, ma poi tutto si risolverà per il meglio.
Il buon Hayao Miyazaki fa un ottimo lavoro per quanto riguarda la regia: egli ci mostra delle belle inquadrature che non disturbano minimamente lo spettatore. Tuttavia l'anime patisce comprensibilmente l'età che ha, in quanto presenta una grafica ottima per i tempi in cui fu realizzato, stile "Flo, la piccola Robinson" per intenderci, ma che adesso risulta antiquata, come anche il character design, buono ma non eccelso. L'animazione inoltre risulta "scattosa" e ha poca fluidità in alcune scene.
Assolutamente efficace e godibilissimo è invece il comparto sonoro diretto da Joe Hisaishi. Egli, invece delle solite sigle di apertura e chiusura, ci propone un azzeccatissimo motivetto tipo filastrocca delle elementari, molto ben studiato e coinvolgente, che vi farà venir voglia di cantare.
La casa distributrice dell'anime per il nostro paese è la Lucky Red, che ci offre nella versione disco singolo, quella che possiedo, come extra il trailer del film. Come tracce audio abbiamo la lingua italiana e quella giapponese con sottotitoli sempre in italiano, ma anche in italiano per non udenti.
In conclusione si può dire che l'anime in questione è adatto a tutti, sopratutto ai bambini; ma comunque non disdegna assolutamente una chiave di lettura matura che attirerà inevitabilmente l'esperto di animazione più attento e navigato. Se siete arrivati alla fine di questa recensione ormai saprete anche i motivi per cui è estremamente consigliata, dal sottoscritto, la visione di quest'anime da parte di tutti gli amanti dell'animazione nipponica, non solo di Miyazaki. Per cui il mio voto finale è 8,5. Ciao e alla prossima recensione.
Film d’animazione targato Studio Ghibli, dal genio del maestro Hayao Miyazaki nasce nel 1988 “Tonari no Totoro”. A distanza di ventidue anni arriva anche da noi in Italia quest’opera fiabesca formato famiglia e di grande simpatia. Per la distribuzione italiana dobbiamo ringraziare l’etichetta Lucky Red, che ha lanciato nei cinema prima, e in dvd poi, questo piccolo capolavoro animato tradotto con il nome de “Il mio vicino Totoro”.
Tutta la vicenda è ambientata nei pressi di Tokyo, nello specifico nell’entroterra campestre, dove i valori della famiglia, dell’amicizia e della vicinanza con il prossimo sembrano essere amplificati e ben presentati. Protagoniste della storia sono due sorelline, Satzuki la maggiore e Mei la minore, che si trasferiscono con il loro papà in campagna per stare vicino alla clinica dove è ricoverata la madre in precarie condizioni di salute. Il trasferimento nelle campagne è il prologo a una serie di sensazionali avventure che Mei e Satzuki vivranno a contatto con la natura, facendo la conoscenza di Totoro, un peloso animale che raffigura uno spirito shintoista. Totoro aiuterà in diverse occasioni le due sorelline, che scopriranno un mondo fantastico visibile solo ai loro occhi puri.
Totoro è una favola adatta a un pubblico di tutte le età: ai bambini per i colori e la fantasia di un lungometraggio imperdibile, e agli adulti per riflettere sulla vita e sui valori fondamentali di quest’ultima. Profondo, voto 7!
Tutta la vicenda è ambientata nei pressi di Tokyo, nello specifico nell’entroterra campestre, dove i valori della famiglia, dell’amicizia e della vicinanza con il prossimo sembrano essere amplificati e ben presentati. Protagoniste della storia sono due sorelline, Satzuki la maggiore e Mei la minore, che si trasferiscono con il loro papà in campagna per stare vicino alla clinica dove è ricoverata la madre in precarie condizioni di salute. Il trasferimento nelle campagne è il prologo a una serie di sensazionali avventure che Mei e Satzuki vivranno a contatto con la natura, facendo la conoscenza di Totoro, un peloso animale che raffigura uno spirito shintoista. Totoro aiuterà in diverse occasioni le due sorelline, che scopriranno un mondo fantastico visibile solo ai loro occhi puri.
Totoro è una favola adatta a un pubblico di tutte le età: ai bambini per i colori e la fantasia di un lungometraggio imperdibile, e agli adulti per riflettere sulla vita e sui valori fondamentali di quest’ultima. Profondo, voto 7!
Difficilmente un film viene distribuito per la prima volta nel circuito cinematografico italiano dopo ventun anni dall'uscita in patria; Lucky Red compie questa mossa coraggiosa per trasportare le platee indietro nel tempo, così da fargli conoscere l'opera che ha consacrato definitivamente Hayao Miyazaki e il suo personaggio che all'epoca tra i bambini giapponesi superò in fama addirittura Topolino, divenendo poi il soggetto del logo dello Studio Ghibli.
La macchina del tempo non agisce però solo sul piano cinematografico, ma anche nella mente e nel cuore dello spettatore, che con questa pellicola può tornare indietro con la memoria fino alla sua infanzia, riflessa negli atteggiamenti spensierati e ricchi di fantasia delle due bambine protagoniste Satsuki e Mei. Esse si trasferiscono assieme al padre in una vecchia casa del Giappone rurale, nella quale sono convinte alloggino degli spiriti, perciò trascorrono i primi giorni nella nuova abitazione giocando tra i campi e andando alla ricerca di questi misteriosi esseri; un giorno la più giovane delle sorelle, curiosando nel bosco vicino alla casa, incontra un enorme creatura pelosa che ritiene essere il guardiano del bosco...
A questo punto del film, secondo la logica "narrativa" presente in molte storie per bambini, dovrebbe partire una serie di avventure vissute dalle due bambine assieme allo spirito della foresta, ma cosi non è: Miyazaki continua a tratteggiare le giornate vissute da Satsuki e Mei, preoccupandosi più di restituirne i ritmi, le sensazioni e la visione del mondo proprie della loro età, piuttosto che strutturare una vera e propria trama. Il regista giapponese decide infatti di sacrificare la vicenda, preferendo portare in scena delle immagini suggestive, sequenze quasi autonome con lo scopo di mostrare come può essere la vita di due bambine che si ritrovano a vivere immerse nel verde, tra prati e boschi nei quali ambientare i propri giochi e i propri sogni. Questo elemento rientra nella tematica ambientalista che Miyazaki inserisce in molte sue opere; qui il messaggio di fondo trasmesso è che crescendo a stretto contatto con la natura, nutrendosi dei prodotti della terra e conducendo un sano stile di vita, i bambini possono ricavare giornate spensierate e genuine.
La leggerezza e la serenità che permeano tutto il film sono in gran parte merito delle due protagonista, ma esse vanno ricercate anche nella completa assenza di un antagonista o di un qualsivoglia personaggio negativo; l'unica ombra presente nella trama è la malattia della madre delle due protagoniste costretta in ospedale, elemento però presente fin dall'inizio della storia che quindi viene percepito quasi come facente parte dello status quo.
Poi, in una manciata di scene, arriva il Totoro del titolo, un bestione dall'aria stralunata in grado di trasportare tutto su un piano più onirico e sognante, facendo vivere alle due bambine esperienze a cavallo tra realtà e fantasia. L'aspetto di Totoro è bizzarro, caratterizzato da due occhi e una bocca che potrebbero essere addirittura inquietanti, ma l'entusiasmo di Satsuki e Mei nei suoi confronti, quando lo incontrano e interagiscono con lui senza alcun timore, rassicurano il pubblico che ne condivide la visione incantata.
Oltre a Totoro, Miyazaki ha popolato la foresta con altre creature tra cui due "mini-Totoro" e il Gattobus, quest'ultimo un vero e proprio prodigio d'immaginazione, uno degli animali fantastici più riuscito tra quelli ideati dal regista giapponese, in grado di incantare anche lo spettatore più freddo.
Tutto ciò, come nelle migliori fiabe, è ambientato in un contesto fuori dallo spazio e dal tempo: nel film è presente qualche particolare che ci permette di collocare la storia nel Giappone degli anni '50, ma la vicenda potrebbe tranquillamente svolgersi in luoghi ed epoche differenti, cosicché un pubblico più eterogeneo possibile possa immedesimarsi nella vicenda.
A sorprendere, specie per chi vedrà il film per la prima volta in sala in questi giorni, è "l'energia" del film, che riesce a mantenere alta l'attenzione nonostante siano presenti molti momenti fatti di silenzi, immobilità, quasi per far condividere allo spettatore la muta esplorazione delle immagini su schermo; questo fattore è rafforzato dall'assenza in diversi momenti non solo delle parole ma anche di una partitura musicale, che in molti film attuali cerca di sottolineare emotivamente ogni istante del film alternando melodie più invasive ad altre più delicate, mentre qui le suggestive sinfonie di Joe Hisaishi compaiono solo in determinate scene.
Buono il doppiaggio e l'adattamento nella nostra lingua; purtroppo qua e là si nota qualche pecca, anche se nulla di grave, come una battuta assente di un personaggio (in una scena la nonnina muove la bocca per parlare ma non è stata doppiata nella versione italiana) e le scritte in giapponese sopra la testa del Gattobus che avrebbero potuto essere tradotte attraverso dei sottotitoli. Continua anche, come avvenuto per "Ponyo sulla scogliera", la traduzione delle canzoni dei film di Miyazaki, mantenendo la melodia originale ma creandone una versione nostrana di alta qualità per il testo, nel quale va riconosciuta la cura per la metrica e la fedeltà all'originale giapponese.
La macchina del tempo non agisce però solo sul piano cinematografico, ma anche nella mente e nel cuore dello spettatore, che con questa pellicola può tornare indietro con la memoria fino alla sua infanzia, riflessa negli atteggiamenti spensierati e ricchi di fantasia delle due bambine protagoniste Satsuki e Mei. Esse si trasferiscono assieme al padre in una vecchia casa del Giappone rurale, nella quale sono convinte alloggino degli spiriti, perciò trascorrono i primi giorni nella nuova abitazione giocando tra i campi e andando alla ricerca di questi misteriosi esseri; un giorno la più giovane delle sorelle, curiosando nel bosco vicino alla casa, incontra un enorme creatura pelosa che ritiene essere il guardiano del bosco...
A questo punto del film, secondo la logica "narrativa" presente in molte storie per bambini, dovrebbe partire una serie di avventure vissute dalle due bambine assieme allo spirito della foresta, ma cosi non è: Miyazaki continua a tratteggiare le giornate vissute da Satsuki e Mei, preoccupandosi più di restituirne i ritmi, le sensazioni e la visione del mondo proprie della loro età, piuttosto che strutturare una vera e propria trama. Il regista giapponese decide infatti di sacrificare la vicenda, preferendo portare in scena delle immagini suggestive, sequenze quasi autonome con lo scopo di mostrare come può essere la vita di due bambine che si ritrovano a vivere immerse nel verde, tra prati e boschi nei quali ambientare i propri giochi e i propri sogni. Questo elemento rientra nella tematica ambientalista che Miyazaki inserisce in molte sue opere; qui il messaggio di fondo trasmesso è che crescendo a stretto contatto con la natura, nutrendosi dei prodotti della terra e conducendo un sano stile di vita, i bambini possono ricavare giornate spensierate e genuine.
La leggerezza e la serenità che permeano tutto il film sono in gran parte merito delle due protagonista, ma esse vanno ricercate anche nella completa assenza di un antagonista o di un qualsivoglia personaggio negativo; l'unica ombra presente nella trama è la malattia della madre delle due protagoniste costretta in ospedale, elemento però presente fin dall'inizio della storia che quindi viene percepito quasi come facente parte dello status quo.
Poi, in una manciata di scene, arriva il Totoro del titolo, un bestione dall'aria stralunata in grado di trasportare tutto su un piano più onirico e sognante, facendo vivere alle due bambine esperienze a cavallo tra realtà e fantasia. L'aspetto di Totoro è bizzarro, caratterizzato da due occhi e una bocca che potrebbero essere addirittura inquietanti, ma l'entusiasmo di Satsuki e Mei nei suoi confronti, quando lo incontrano e interagiscono con lui senza alcun timore, rassicurano il pubblico che ne condivide la visione incantata.
Oltre a Totoro, Miyazaki ha popolato la foresta con altre creature tra cui due "mini-Totoro" e il Gattobus, quest'ultimo un vero e proprio prodigio d'immaginazione, uno degli animali fantastici più riuscito tra quelli ideati dal regista giapponese, in grado di incantare anche lo spettatore più freddo.
Tutto ciò, come nelle migliori fiabe, è ambientato in un contesto fuori dallo spazio e dal tempo: nel film è presente qualche particolare che ci permette di collocare la storia nel Giappone degli anni '50, ma la vicenda potrebbe tranquillamente svolgersi in luoghi ed epoche differenti, cosicché un pubblico più eterogeneo possibile possa immedesimarsi nella vicenda.
A sorprendere, specie per chi vedrà il film per la prima volta in sala in questi giorni, è "l'energia" del film, che riesce a mantenere alta l'attenzione nonostante siano presenti molti momenti fatti di silenzi, immobilità, quasi per far condividere allo spettatore la muta esplorazione delle immagini su schermo; questo fattore è rafforzato dall'assenza in diversi momenti non solo delle parole ma anche di una partitura musicale, che in molti film attuali cerca di sottolineare emotivamente ogni istante del film alternando melodie più invasive ad altre più delicate, mentre qui le suggestive sinfonie di Joe Hisaishi compaiono solo in determinate scene.
Buono il doppiaggio e l'adattamento nella nostra lingua; purtroppo qua e là si nota qualche pecca, anche se nulla di grave, come una battuta assente di un personaggio (in una scena la nonnina muove la bocca per parlare ma non è stata doppiata nella versione italiana) e le scritte in giapponese sopra la testa del Gattobus che avrebbero potuto essere tradotte attraverso dei sottotitoli. Continua anche, come avvenuto per "Ponyo sulla scogliera", la traduzione delle canzoni dei film di Miyazaki, mantenendo la melodia originale ma creandone una versione nostrana di alta qualità per il testo, nel quale va riconosciuta la cura per la metrica e la fedeltà all'originale giapponese.
Delusa al 100%.
Curiosissima di vedere questo "capolavoro" e ispirata dalle immagini di Totoro che avevo visto su internet, che mi trasmetteva tanta simpatia al primo impatto - anzi, il suo aspetto "morbidoso" mi faceva venire voglia di abbracciarlo -, una volta riuscita a trovare "il mio vicino Totoro" mi fiondo felice come una pasqua a vederlo.
Come altre opere di Miyazaki l'animazione è molto fluida, piacevole, anche grazie alla semplicità del tratto, e i fondali ricchi di particolari.
Ma oltre questo c'è ben poco. Inizialmente sembrava promettente: le due ragazze scoprono subito nella casa delle specie di ricci di mare che si nascondono al buio.
Vedendo le ragazze che giocano ti vengono in mente i momenti d'infanzia. Il rapporto che hanno con il loro papà è molto forte e ha regalato dei bei quadretti familiari.
Ma poi la trama non si sviluppa. Sono caduta in fase noia quando finalmente arriva il tanto atteso incontro con Totoro, che dovrebbe essere uno dei protagonisti della storia. Mi è piaciuto vedere Totoro animato, ma in poco tempo mi sono resa conto che la sua unica funzione è quella di sbadigliare. Oddio, effettivamente ci sono stati dei momenti carini in cui Totoro stava con le bambine, ma nulla di memorabile.
In più non è comparso poi molto.
Non riesco nemmeno a farlo rientrare nella genere "favole per bambini".
Magari per il resto del mondo rimarrà un capolavoro, ma per me proprio no... è solo un concentrato di noia che non rivedrò mai in futuro.
Comunque toglietevi lo sfizio e guardatelo, se v'interessa, perché sono una delle poche a cui non è piaciuto.
Curiosissima di vedere questo "capolavoro" e ispirata dalle immagini di Totoro che avevo visto su internet, che mi trasmetteva tanta simpatia al primo impatto - anzi, il suo aspetto "morbidoso" mi faceva venire voglia di abbracciarlo -, una volta riuscita a trovare "il mio vicino Totoro" mi fiondo felice come una pasqua a vederlo.
Come altre opere di Miyazaki l'animazione è molto fluida, piacevole, anche grazie alla semplicità del tratto, e i fondali ricchi di particolari.
Ma oltre questo c'è ben poco. Inizialmente sembrava promettente: le due ragazze scoprono subito nella casa delle specie di ricci di mare che si nascondono al buio.
Vedendo le ragazze che giocano ti vengono in mente i momenti d'infanzia. Il rapporto che hanno con il loro papà è molto forte e ha regalato dei bei quadretti familiari.
Ma poi la trama non si sviluppa. Sono caduta in fase noia quando finalmente arriva il tanto atteso incontro con Totoro, che dovrebbe essere uno dei protagonisti della storia. Mi è piaciuto vedere Totoro animato, ma in poco tempo mi sono resa conto che la sua unica funzione è quella di sbadigliare. Oddio, effettivamente ci sono stati dei momenti carini in cui Totoro stava con le bambine, ma nulla di memorabile.
In più non è comparso poi molto.
Non riesco nemmeno a farlo rientrare nella genere "favole per bambini".
Magari per il resto del mondo rimarrà un capolavoro, ma per me proprio no... è solo un concentrato di noia che non rivedrò mai in futuro.
Comunque toglietevi lo sfizio e guardatelo, se v'interessa, perché sono una delle poche a cui non è piaciuto.
Ottimo film del maestro Miyazaki, un film gradevole adatto a tutta la famiglia. Non c'è una trama avventurosa, tuttavia la storia pur nella sua semplicità è decisamente accattivante. Se foste due bambine, momentaneamente private della madre perché malata, e andaste a vivere in una casa abitata da spiriti vicino ad un albero con un mondo sotterraneo, cosa fareste? Le due protagoniste, decisamente poco spaventate, fanno amicizia con Totoro e i suoi amici che sono degli strani spiriti che vivono nelle campagne giapponesi. Tra sogno e realtà, la presenza di Totoro allieterà la solitudine delle due bambine, convincendo anche i loro genitori dell'esistenza di questa incredibile creatura.
Senza effetti speciali, un film grandioso.
Senza effetti speciali, un film grandioso.
Sono passati due mesi da quando una mia cara amica mi ha fatto scoprire i lungometraggi animati firmati dal maestro Hayao Miyazaki. Due mesi che ho meravigliosamente trascorso guardando in ordine cronologico buona parte dei film d'animazione del maestro. Ognuna di queste opere genera dentro di te un vortice di emozioni e di riflessioni su tematiche come quella ambientale, magnificamente evocata da Miyazaki, che dà voce sullo schermo al delicato equilibrio tra uomo e natura, venuto a spezzarsi dalla graduale e sempre più manifesta avidità e corruzione dell'uomo. Miyazaki sembra volere tornare indietro nel tempo, quando questo equilibrio vigeva ancora e regolava la convivenza tra l'uomo e la natura: l'uomo conosceva e rispettava profondamente la natura e questa lo ricambiava, donandogli i suoi frutti.
Sono molto combattuto nel recensire il terzo lungometraggio di Miyazaki, "Tonari no Totoro", perché ho sempre ritenuto che definire voglia dire in qualche modo limitare. Non vorrei mai limitare lo spessore di quest'opera. Pace, equilibrio, dolcezza ma non solo, sono le parole che vengono evocate dalla mente, dopo avere visto l'opera.
La pace ci viene offerta dall'incantevole rappresentazione della campagna giapponese, dove un giovane padre con le figlie Satsuki e Mei si trasferisce per potere stare accanto alla mamma delle bambine, ricoverata in un ospedale vicino.
L'equilibrio tra uomo e natura è dato dalla figura di Totoro, dolce ed enorme spirito della foresta, che incarna la natura e il suo incommensurabile potere di dare la vita. Memorabile e impressa nella mia mente rimarrà per sempre la scena in cui le sorelle e Totoro, tramite una danza propiziatoria, danno vita ad una maestosa quercia.
La dolcezza si evince dal rapporto tra le due sorelle, un rapporto che le lega indissolubilmente. Satsuki, la sorella maggiore, in assenza della madre, cerca di essere sempre presente per la sorellina Mei. Toccante è il momento in cui le due sorelle si abbracciano nel cortile della scuola, momento che ci fa capire che l'una non può prescindere dall'altra.
Da notare è anche il comportamento affettuoso, giocoso e permissivo nei confronti delle bambine del padre che, cosciente del dolore silenzioso e sotteso di Satsuki e Mei, lascia loro un margine di libertà.
Ci sarebbero ancora così tante cose da dire, però non vorrei rovinare ulteriormente le riflessioni su questo straordinario lungometraggio, che invito caldamente a vedere.
Spero di non avervi annoiato! Ciao!
Sono molto combattuto nel recensire il terzo lungometraggio di Miyazaki, "Tonari no Totoro", perché ho sempre ritenuto che definire voglia dire in qualche modo limitare. Non vorrei mai limitare lo spessore di quest'opera. Pace, equilibrio, dolcezza ma non solo, sono le parole che vengono evocate dalla mente, dopo avere visto l'opera.
La pace ci viene offerta dall'incantevole rappresentazione della campagna giapponese, dove un giovane padre con le figlie Satsuki e Mei si trasferisce per potere stare accanto alla mamma delle bambine, ricoverata in un ospedale vicino.
L'equilibrio tra uomo e natura è dato dalla figura di Totoro, dolce ed enorme spirito della foresta, che incarna la natura e il suo incommensurabile potere di dare la vita. Memorabile e impressa nella mia mente rimarrà per sempre la scena in cui le sorelle e Totoro, tramite una danza propiziatoria, danno vita ad una maestosa quercia.
La dolcezza si evince dal rapporto tra le due sorelle, un rapporto che le lega indissolubilmente. Satsuki, la sorella maggiore, in assenza della madre, cerca di essere sempre presente per la sorellina Mei. Toccante è il momento in cui le due sorelle si abbracciano nel cortile della scuola, momento che ci fa capire che l'una non può prescindere dall'altra.
Da notare è anche il comportamento affettuoso, giocoso e permissivo nei confronti delle bambine del padre che, cosciente del dolore silenzioso e sotteso di Satsuki e Mei, lascia loro un margine di libertà.
Ci sarebbero ancora così tante cose da dire, però non vorrei rovinare ulteriormente le riflessioni su questo straordinario lungometraggio, che invito caldamente a vedere.
Spero di non avervi annoiato! Ciao!
Forse il più grande capolavoro della storia animata. Sicuramente il miglior lavoro di Miyazaki, quello che porterei nello spazio insieme alla Principessa Mononoke. Non sto a scrivere la sinossi di un film che molti hanno visto e che tutti dovrebbero vedere (anche se le recensioni al momento non sono poi così tante), e che meriterebbe di essere tra i pochi fuori categoria. Il 10 come voto è troppo poco secondo me.
Le due sorelline protagoniste, l'ambientazione di campagna, quel buffo animale-spirito della natura che è Totoro, la meraviglia di un albero che cresce in una notte, il dolore silenzioso dei bambini che hanno una mamma malata, la magia della semplicità che regala questo lavoro di Miyazaki-San (nel senso di signore e santo) sono inarrivabili. Da vedere e rivedere, preferibilmente in lingua originale. Ovviamente consiglio anche di comprare subito il Dvd, in uscita a gennaio 2010, dopo che finalmente è arrivato nelle sale italiane lo scorso autunno (dopo ben ventuno anni dalla sua realizzazione), per conservarlo come oggetto prezioso.
Le due sorelline protagoniste, l'ambientazione di campagna, quel buffo animale-spirito della natura che è Totoro, la meraviglia di un albero che cresce in una notte, il dolore silenzioso dei bambini che hanno una mamma malata, la magia della semplicità che regala questo lavoro di Miyazaki-San (nel senso di signore e santo) sono inarrivabili. Da vedere e rivedere, preferibilmente in lingua originale. Ovviamente consiglio anche di comprare subito il Dvd, in uscita a gennaio 2010, dopo che finalmente è arrivato nelle sale italiane lo scorso autunno (dopo ben ventuno anni dalla sua realizzazione), per conservarlo come oggetto prezioso.
Capolavoro. Visto e rivisto e ogni volta sempre più bello perché si scoprono particolari che lo arricchiscono. Il miglior lavoro di Miyazaki, insieme a Principessa Mononoke. Solo apparentemente semplice ha uno dei suoi punti di forza nel descrivere la solitudine dei bambini di fronte al dolore (la malattia della madre). E poi Totoro, buffo animale-spirito della natura non si può subito non amare. Meravigliose come sempre le musiche di Hisaishi senza le quali è difficile pensare a tutti gli imperdibili film dello Studio Ghibli
Amo i film di Miyazaki, ma non pensavo che Totoro mi sarebbe piaciuto così tanto. E' una storia allegra e spensierata che ti lascia sorridere naturalmente per gran parte del film. Vedere i bambini gioire e ridere di gusto, ti lascia una piacevolissima sensazione. La storia narra di Satsuki e Mei, due sorelline che insieme al loro papà vanno a vivere in una casa vicino al bosco. La loro mamma è ricoverata in ospedale per curare la sua malattia, ma le due bambine, seppur in pensiero per la madre, vivono serene giornate con il papà che si prende cura di loro. Un giorno fanno la conoscenza dello spirito del bosco, una specie di gattone eretto su due zampe e con una bocca enorme. Insieme a lui vivranno momenti magici e l'atmosfera che viene creata in queste scene è davvero magnifica. I paesaggi che fanno da sfondo sono meravigliosi, e il tutto risulta veramente emozionante. Insomma, un film animazione fantastico che deve assolutamente essere visto dai fan e non del maestro Miyazaki!!
Delle tanto pluripremiate e decantate (recenti) opere di Miyazaki se ne fa un gran parlare, tanto che ormai giungono nei nostri cinema così sistematicamente da far pensare che una delle tante barriere fra cinema d’animazione nipponico ed europeo (in particolare quello italiano) sia stata finalmente stata abbattuta. Si sarebbe rivelato alquanto grottesco e deprimente che i cinema del belpaese avessero continuato ad ignorare le opere di quello che da tutti i suoi fan (e non solo) è considerato uno degli artisti migliori di sempre.
Eppure, sia La città incantata che il magico Castello errante di Howl o il tenero Ponyo della scogliera, non sono altro che figli di un’evoluzione visivo-narrativa partita più di vent’anni fa, e che io ritengo abbia come caposaldo il lavoro chiave di Miyazaki, ovvero Il mio vicino Totoro.
Fortunatamente ora questo prodotto è giunto anche nelle nostre sale, un’opera terminata nel 1988 che l’occidente aveva beatamente e volutamente ignorato a favore dei grandi kolossal Disneyani, che in quel periodo imperversavano nelle sale di tutto il mondo. E’ anche vero che in Europa, al tempo, la cultura nipponica non era diffusa e apprezzata come al giorno d’oggi, e finalmente, a distanza di vent’anni e passa, giustizia è stata resa a questo capolavoro insuperato, un prodotto che io definisco senza mezzi termini “LA fiaba animata”.
Si, perché Totoro pare uscito da una di quelle storie che raccontano le nonne ai nipotini, una di quelle novelle che escono dai grossi vecchi libroni di raccolte e storie per ragazzi. Mai come in questo capolavoro Miyazaki riesce a rendere tangibile la vera “magia” che permea le sue avventure fiabesche, una sorta di incantesimo i cui ingredienti sono musiche indimenticabili, i sentimenti dei protagonisti, reali e fisici, ad un passo dallo spettatore e scenari disegnati completamente a mano di una bellezza senza pari. E qui più che in ogni altro suo lavoro il Maestro riesce ad esprimere, comunicare quell’affetto familiare che si può sviluppare attorno ad un focolare, che gli è tanto caro e che ama mostrare in molti dei suoi lavori. E non solo: il rispetto estremo verso le tradizioni, verso la natura e la Terra in quanto Madre di tutti noi, condito con un pizzico di mistero “spirituale” che dona quel tocco sovrannaturale alla vicenda e la tinge, è il caso di dirlo, di fanciullesca magia.
Alcuni momenti di questo capolavoro sono ormai diventate vere e proprie icone dell’animazione orientale (e non), come il viaggio a bordo del Nekobus o la dolcissima, vibrante ed eterna scena alla fermata dell’autobus dove la giovane protagonista incontra per l’appunto lo spirito del bosco, Totoro. Forse a distanza di vent’anni alcuni contenuti tecnici risultano incerti e magari si potrebbe anche pretendere di più dalla trama, ma non è certo ad una storia piena di colpi di scena o situazioni mozzafiato a cui ha mirato Miyazaki .
In Totoro non ci sono morali da impartire e non ci sono nemici da sconfiggere. Solo una profonda riflessione che poi non è altro che il nocciolo della vicenda, che sottolinea quanto sia importante la terra su cui viviamo e quanto siano indispensabili i valori familiari che molte volte rimangono trascurati, vuoi perché scontati, vuoi perché oscurati da problemi più grandi. E come tutte le cose, solo quando vengono a mancare se ne capisce la reale importanza.
C’è una parte dell’animo di ogni essere umano che rimane bambina, attaccata a certe emozioni e radicata in sentimenti e ricordi indelebili, e Totoro riesce a tirarla fuori e a scuoterla, farla vibrare, e ci ricorda che lo siamo stati tutti, bambini.
Semplice, dolce, gentile. Un’esperienza da vivere almeno una volta nella vita.
Eppure, sia La città incantata che il magico Castello errante di Howl o il tenero Ponyo della scogliera, non sono altro che figli di un’evoluzione visivo-narrativa partita più di vent’anni fa, e che io ritengo abbia come caposaldo il lavoro chiave di Miyazaki, ovvero Il mio vicino Totoro.
Fortunatamente ora questo prodotto è giunto anche nelle nostre sale, un’opera terminata nel 1988 che l’occidente aveva beatamente e volutamente ignorato a favore dei grandi kolossal Disneyani, che in quel periodo imperversavano nelle sale di tutto il mondo. E’ anche vero che in Europa, al tempo, la cultura nipponica non era diffusa e apprezzata come al giorno d’oggi, e finalmente, a distanza di vent’anni e passa, giustizia è stata resa a questo capolavoro insuperato, un prodotto che io definisco senza mezzi termini “LA fiaba animata”.
Si, perché Totoro pare uscito da una di quelle storie che raccontano le nonne ai nipotini, una di quelle novelle che escono dai grossi vecchi libroni di raccolte e storie per ragazzi. Mai come in questo capolavoro Miyazaki riesce a rendere tangibile la vera “magia” che permea le sue avventure fiabesche, una sorta di incantesimo i cui ingredienti sono musiche indimenticabili, i sentimenti dei protagonisti, reali e fisici, ad un passo dallo spettatore e scenari disegnati completamente a mano di una bellezza senza pari. E qui più che in ogni altro suo lavoro il Maestro riesce ad esprimere, comunicare quell’affetto familiare che si può sviluppare attorno ad un focolare, che gli è tanto caro e che ama mostrare in molti dei suoi lavori. E non solo: il rispetto estremo verso le tradizioni, verso la natura e la Terra in quanto Madre di tutti noi, condito con un pizzico di mistero “spirituale” che dona quel tocco sovrannaturale alla vicenda e la tinge, è il caso di dirlo, di fanciullesca magia.
Alcuni momenti di questo capolavoro sono ormai diventate vere e proprie icone dell’animazione orientale (e non), come il viaggio a bordo del Nekobus o la dolcissima, vibrante ed eterna scena alla fermata dell’autobus dove la giovane protagonista incontra per l’appunto lo spirito del bosco, Totoro. Forse a distanza di vent’anni alcuni contenuti tecnici risultano incerti e magari si potrebbe anche pretendere di più dalla trama, ma non è certo ad una storia piena di colpi di scena o situazioni mozzafiato a cui ha mirato Miyazaki .
In Totoro non ci sono morali da impartire e non ci sono nemici da sconfiggere. Solo una profonda riflessione che poi non è altro che il nocciolo della vicenda, che sottolinea quanto sia importante la terra su cui viviamo e quanto siano indispensabili i valori familiari che molte volte rimangono trascurati, vuoi perché scontati, vuoi perché oscurati da problemi più grandi. E come tutte le cose, solo quando vengono a mancare se ne capisce la reale importanza.
C’è una parte dell’animo di ogni essere umano che rimane bambina, attaccata a certe emozioni e radicata in sentimenti e ricordi indelebili, e Totoro riesce a tirarla fuori e a scuoterla, farla vibrare, e ci ricorda che lo siamo stati tutti, bambini.
Semplice, dolce, gentile. Un’esperienza da vivere almeno una volta nella vita.
[Attenzione: spoiler sulla trama e sul finale!]
Incredibile, toccante, affascinante, drammatico, divertente, semplice, puro. Non c'è nessun aggettivo che meriti di essere appellato a questa perla dell'animazione giapponese. L'anime più bello che abbia mai visto. Non ho mai visto cotanta dolcezza in qualcosa. Mai. Miazaki ha espresso in questo film tutta la dolcezza che aveva in corpo. Un'opera trascinante che ti porta nel cuore dei boschi, dove aleggia uno spirito protettore. Come si fa a non amare tutti i personaggi? Il divertente Totoro con i suoi bizzarri compagni, le due dolci sorelline unite da un grande affetto, Satsuki e Mei, quel simpaticissimo padre delle bambine, una povera madre afflitta dal dolore di non poter vivere con i suoi figli, il pazzo autobus gatto che gira nei meandri della foresta, il tenero bambino innamorato di Satsuki. Tutti.
La povertà. E' questo che elogia Miyazaki. La famiglia protagonista non vive in una casa di lusso, ma nella semplicità della campagna. Le due sorelle vivono una ricchezza spirituale, nella fantasia e nell'armonia con la natura. La dolcezza, che scaturisce dalla ricchezza spirituale, è un principio fondamentale, che gli esseri umani hanno dimenticato. Ma Miyazaki non ci spiega questo con la violenza, con il lato negativo. Sorride alla vita, esprime tutto il bello che c'è in lui. Tutto il bagliore della felicità che risplende dentro il suo tenero cuoricino mai cresciuto. L'ingenuità, la semplicità, il rispetto verso la natura. Miyazaki ha messo tutto sè stesso in questo film. Le due protagoniste, Satsuki e Mei, sono Miyazaki. Non hanno una loro identità. E' per questo che sono riusciti molto bene come personaggi. Sono realistici, affettivi, fragili nell'animo. Ed è la loro semplicità a farli continuare a vivere sereni e felici, senza che gli manchi nulla.
La trama non esiste. Non c'è un nemico da sconfiggere, un obbiettivo da raggiungere o da superare. C'è solo la quotidianità di questa famiglia, che vive in una situazione scomoda (la mamma si trova in un ospedale a tre ore di distanza e i tre si sono trasferiti senza di lei), ma ha sempre un barlume di speranza, e che guarda sempre con allegria al futuro. Ma poi arriva il collasso, che causa ansia nella famiglia tristezza, in una seconda parte drammatica, dopo un primo tempo più allegro e spensierato. Il secondo tempo riporta comunque la dolcezza del primo tempo, ma in modo più drammatico, e mi stava per scendere una lacrimuccia. Il finale è allegro e spensierato, dando lo stop alla lacrima e lasciando con un ricordo ancora più dolce.
La regia, essendo del grande Miyazaki, è stupenda, ed esprime tutta la dolcezza che ha in corpo. C'è una scena in particolare, verso la metà del film, dove Mei e Satsuki sono alla fermata del pullman per aspettare il ritorno del padre dall'Università di Tokyo. Si fa notte, e ad un certo punto sotto la stazione bagnata dalla pioggia in corso arriva Totoro, che si protegge con una foglia. Così Satsuki gli presta l'ombrello del padre. Poi arriva l'autobus gatto che prende Totoro, e questo si porta con sè l'ombrello. Tutta questa scena è narrata in modo che sembrasse tutto normale, come se Totoro fosse un essere umano. Quella scena mi ha toccato molto (troppo divertenti poi le esplosioni di pioggia causate da Totoro!), e per me è la migliore scena di tutta l'animazione MONDIALE, anche meglio del'ep. 25 di Death Note, che io ho sempre idolatrato.
Il soggetto è bellissimo, nonostante sia semplice ed esauriente. Anzi, è proprio questa semplicità a renderlo incredibile.
La sceneggiatura è molto bella, e in ogni frase è nascosto un significato sempre inerente ai temi cari a Miyazaki: la semplicità, l'ingenuità, la povertà materiale e la ricchezza spirituale, l'armonia con la natura, il non diventare mai grandi dentro... e ce ne sarebbero altri mille che non sto qui a scrivere.
La struttura del film è molto chiara, ma ogni parte non si discosta mai troppo dalle precedenti:
1-Presentazione della storia e primi approcci di Satsuki e mei con Totoro e con la nuova casa;
2-Parte attiva con una bella notizia che diventerà brutta e che stravolgerà gli ordini della famiglia;
3-Conclusione leggera e dolce con la scoperta della verità di quella che era la notizia sgradevole che aveva sconvolto la famiglia.
Il character design è molto kawaii, ma non esagerato come ormai ci hanno abituato le produzioni attuali (lievemente pedopornografiche), con un tratto dolce e morbido,che ricorda alcuni meisaku della Nippon Animation come Conan-Il ragazzo del futuro (con la regia dello stesso Miyazaki) o Heidi (mio padre appena ha visto il character ha pensato che fosse lo stesso disegnatore!), nello stile del maestro.
Le animazioni e la grafica sono buone, soprattutto se si pensa che è un film dell'88.
La colonna sonora è stupenda ed estremamente dolce. Stupende soprattutto l'opening e la ending, oltre alla canzone suonata da Totoro e tutte le altre. Tutte sono belle allo stesso modo. Tutte al primo posto di preferenza tra le canzoni del film.
Ho visto il film al cinema con mio padre e Faibienk97, un mio amico, ci è piaciuto molto, anche se le voci dei bambini a volte erano fastidiose.
Il doppiaggio della Lucky Red è bellissimo, ed esprime al meglio tutta la dolcezza di Miyazaki, anche se non ho avuto la possibilità di paragonarlo a quello giapponese.
Consigliato a tutti. Potrà addolcire anche i fan sfegatati degli anime violenti, ma piacerà soprattutto alle persone che cercano qualcosa di dolce,che può essere gustato sia da adulti che da bambini allo stesso modo. Lo consiglio anche ai nostalgici dei vecchi e cari Meisaku. Consigliato a tutti!
In poche parole, unico.
Incredibile, toccante, affascinante, drammatico, divertente, semplice, puro. Non c'è nessun aggettivo che meriti di essere appellato a questa perla dell'animazione giapponese. L'anime più bello che abbia mai visto. Non ho mai visto cotanta dolcezza in qualcosa. Mai. Miazaki ha espresso in questo film tutta la dolcezza che aveva in corpo. Un'opera trascinante che ti porta nel cuore dei boschi, dove aleggia uno spirito protettore. Come si fa a non amare tutti i personaggi? Il divertente Totoro con i suoi bizzarri compagni, le due dolci sorelline unite da un grande affetto, Satsuki e Mei, quel simpaticissimo padre delle bambine, una povera madre afflitta dal dolore di non poter vivere con i suoi figli, il pazzo autobus gatto che gira nei meandri della foresta, il tenero bambino innamorato di Satsuki. Tutti.
La povertà. E' questo che elogia Miyazaki. La famiglia protagonista non vive in una casa di lusso, ma nella semplicità della campagna. Le due sorelle vivono una ricchezza spirituale, nella fantasia e nell'armonia con la natura. La dolcezza, che scaturisce dalla ricchezza spirituale, è un principio fondamentale, che gli esseri umani hanno dimenticato. Ma Miyazaki non ci spiega questo con la violenza, con il lato negativo. Sorride alla vita, esprime tutto il bello che c'è in lui. Tutto il bagliore della felicità che risplende dentro il suo tenero cuoricino mai cresciuto. L'ingenuità, la semplicità, il rispetto verso la natura. Miyazaki ha messo tutto sè stesso in questo film. Le due protagoniste, Satsuki e Mei, sono Miyazaki. Non hanno una loro identità. E' per questo che sono riusciti molto bene come personaggi. Sono realistici, affettivi, fragili nell'animo. Ed è la loro semplicità a farli continuare a vivere sereni e felici, senza che gli manchi nulla.
La trama non esiste. Non c'è un nemico da sconfiggere, un obbiettivo da raggiungere o da superare. C'è solo la quotidianità di questa famiglia, che vive in una situazione scomoda (la mamma si trova in un ospedale a tre ore di distanza e i tre si sono trasferiti senza di lei), ma ha sempre un barlume di speranza, e che guarda sempre con allegria al futuro. Ma poi arriva il collasso, che causa ansia nella famiglia tristezza, in una seconda parte drammatica, dopo un primo tempo più allegro e spensierato. Il secondo tempo riporta comunque la dolcezza del primo tempo, ma in modo più drammatico, e mi stava per scendere una lacrimuccia. Il finale è allegro e spensierato, dando lo stop alla lacrima e lasciando con un ricordo ancora più dolce.
La regia, essendo del grande Miyazaki, è stupenda, ed esprime tutta la dolcezza che ha in corpo. C'è una scena in particolare, verso la metà del film, dove Mei e Satsuki sono alla fermata del pullman per aspettare il ritorno del padre dall'Università di Tokyo. Si fa notte, e ad un certo punto sotto la stazione bagnata dalla pioggia in corso arriva Totoro, che si protegge con una foglia. Così Satsuki gli presta l'ombrello del padre. Poi arriva l'autobus gatto che prende Totoro, e questo si porta con sè l'ombrello. Tutta questa scena è narrata in modo che sembrasse tutto normale, come se Totoro fosse un essere umano. Quella scena mi ha toccato molto (troppo divertenti poi le esplosioni di pioggia causate da Totoro!), e per me è la migliore scena di tutta l'animazione MONDIALE, anche meglio del'ep. 25 di Death Note, che io ho sempre idolatrato.
Il soggetto è bellissimo, nonostante sia semplice ed esauriente. Anzi, è proprio questa semplicità a renderlo incredibile.
La sceneggiatura è molto bella, e in ogni frase è nascosto un significato sempre inerente ai temi cari a Miyazaki: la semplicità, l'ingenuità, la povertà materiale e la ricchezza spirituale, l'armonia con la natura, il non diventare mai grandi dentro... e ce ne sarebbero altri mille che non sto qui a scrivere.
La struttura del film è molto chiara, ma ogni parte non si discosta mai troppo dalle precedenti:
1-Presentazione della storia e primi approcci di Satsuki e mei con Totoro e con la nuova casa;
2-Parte attiva con una bella notizia che diventerà brutta e che stravolgerà gli ordini della famiglia;
3-Conclusione leggera e dolce con la scoperta della verità di quella che era la notizia sgradevole che aveva sconvolto la famiglia.
Il character design è molto kawaii, ma non esagerato come ormai ci hanno abituato le produzioni attuali (lievemente pedopornografiche), con un tratto dolce e morbido,che ricorda alcuni meisaku della Nippon Animation come Conan-Il ragazzo del futuro (con la regia dello stesso Miyazaki) o Heidi (mio padre appena ha visto il character ha pensato che fosse lo stesso disegnatore!), nello stile del maestro.
Le animazioni e la grafica sono buone, soprattutto se si pensa che è un film dell'88.
La colonna sonora è stupenda ed estremamente dolce. Stupende soprattutto l'opening e la ending, oltre alla canzone suonata da Totoro e tutte le altre. Tutte sono belle allo stesso modo. Tutte al primo posto di preferenza tra le canzoni del film.
Ho visto il film al cinema con mio padre e Faibienk97, un mio amico, ci è piaciuto molto, anche se le voci dei bambini a volte erano fastidiose.
Il doppiaggio della Lucky Red è bellissimo, ed esprime al meglio tutta la dolcezza di Miyazaki, anche se non ho avuto la possibilità di paragonarlo a quello giapponese.
Consigliato a tutti. Potrà addolcire anche i fan sfegatati degli anime violenti, ma piacerà soprattutto alle persone che cercano qualcosa di dolce,che può essere gustato sia da adulti che da bambini allo stesso modo. Lo consiglio anche ai nostalgici dei vecchi e cari Meisaku. Consigliato a tutti!
In poche parole, unico.
Essendo Miyazaki il regista, non è difficile intuire che si tratta di una bellissima opera. Il contenuto è molto simile a KIKI'S DELIVERY SERVICE. E' una favoletta molto tenera, animata in maniera perfetta, con un ottimo uso della tavolozza. E' un anime pulito, per tutta la famiglia, che disintossica dalla TV e dal cinema spazzatura. Non raggiunge il 10 semplicemente perchè questo anime, come KIKI, è una pennellata, un affresco, ma manca una vera e propria conclusione della storia. Consigliatissimo! Voto 9!
Personalemte trovo questo film, insieme a Nausicaa,l'opera più bella del Maestro Myazaky!
E' davvero l'apice dell'animazione giapponese. Ha una trama semplice, ma stupenda e accattivante che ti fa sognare e ti fa immedesimare in un mondo tutto magico pieno di colori e di amore per la natura.
E' anche molto toccante la profonda amicizia tra le due sorelle protagoniste, per non parlare poi delle scene, come quella della fermata dell'autobus! Davvero un capolavoro
E' davvero l'apice dell'animazione giapponese. Ha una trama semplice, ma stupenda e accattivante che ti fa sognare e ti fa immedesimare in un mondo tutto magico pieno di colori e di amore per la natura.
E' anche molto toccante la profonda amicizia tra le due sorelle protagoniste, per non parlare poi delle scene, come quella della fermata dell'autobus! Davvero un capolavoro
Opera che ha portato la meritata gloria al genio di Miyazaki, tanto da diventare perfino il simbolo e la mascotte dello Studio Ghibli, "Totoro" è un film pieno di poesia, adatto a tutti i bambini, e anche a quel bambino che ognuno di noi conserva nel cuore.
La storia non esiste: negli anni '50 due bambine si trasferiscono in campagna insieme al padre per poter stare più vicine alla madre, ricoverata in una clinica poco distante. Fine. ^^
Tutto il film viene costruito attorno all'esplorazione della nuova casa e del circondario, sovrastato da un gigantesco albero di canfora, effettuato con infantile energia dalle due bimbe. Questo almeno fino all'entrata in scena di Totoro, un gigantesco e benigno spirito portafortuna che sembra vivere proprio all'interno dell'albero.
L'anime è un trionfo di situazioni fantasiose, a volte tenere, altre divertenti, altre ancora perfino un po' tristi e disperate, ma tutte pervase da una dolcissima magia che è quasi impossibile trovare in altre opere.
Splendida la caratterizzazione delle due sorelle: Mei, la minore, vivacissima e capricciosa senza mai essere egoista; Satsuki, la maggiore, solare e ottimista, che però soffre l'assenza della madre.
Infine spendo due parole per Totoro, uno dei pochi personaggi nella storia dell'animazione che, senza mai pronunciare una parola (al massimo "grugnendo" solo tre sillabe che Mei interpreta come "Totoro"), sia riuscito a guadagnarsi addirittura il titolo del film in cui sia comparso. Uno dei pochi personaggi che, parlando quel linguaggio universale fatto solo di mimica ed espressività, si sia conquistato un posto stabile nella galleria del grande cinema di sempre. Credete che stia esagerando? Prima osservate la meravigliosa scena alla fermata dell'autobus, e poi ne potremo riparlare...
Con questo anime (insieme alla sua controparte, "Una Tomba per le Lucciole", prodotto, realizzato e distribuito in contemporanea) lo Studio Ghibli si afferma come uno dei migliori studi d'animazione del Sol Levante: regia "a prova di bambino" di valore indiscutibile, animazioni di una naturalezza quasi "viva", e dei fondali che si mostrano come opere d'arte al servizio della descrizione della campagna giapponese nel dopoguerra.
Non solo la regia, ma anche le musiche sono "a prova di bambino". Oltre a sottolineare con garbo e squisita dolcezza le varie scene, i brani diventano anche protagonisti con le due sigle che si trovano all'inizio e alla fine dell'opera: vi ritroverete a canticchiarle dopo 30 secondi di ascolto, garantito. E le canticchierete per molti, molti giorni...
Forse ho parlato un po' troppo. È un mio difetto. In realtà per recensire quest'anime mi sarei potuto limitare ad una sola frase: guardatelo, e ve ne innamorerete.
La storia non esiste: negli anni '50 due bambine si trasferiscono in campagna insieme al padre per poter stare più vicine alla madre, ricoverata in una clinica poco distante. Fine. ^^
Tutto il film viene costruito attorno all'esplorazione della nuova casa e del circondario, sovrastato da un gigantesco albero di canfora, effettuato con infantile energia dalle due bimbe. Questo almeno fino all'entrata in scena di Totoro, un gigantesco e benigno spirito portafortuna che sembra vivere proprio all'interno dell'albero.
L'anime è un trionfo di situazioni fantasiose, a volte tenere, altre divertenti, altre ancora perfino un po' tristi e disperate, ma tutte pervase da una dolcissima magia che è quasi impossibile trovare in altre opere.
Splendida la caratterizzazione delle due sorelle: Mei, la minore, vivacissima e capricciosa senza mai essere egoista; Satsuki, la maggiore, solare e ottimista, che però soffre l'assenza della madre.
Infine spendo due parole per Totoro, uno dei pochi personaggi nella storia dell'animazione che, senza mai pronunciare una parola (al massimo "grugnendo" solo tre sillabe che Mei interpreta come "Totoro"), sia riuscito a guadagnarsi addirittura il titolo del film in cui sia comparso. Uno dei pochi personaggi che, parlando quel linguaggio universale fatto solo di mimica ed espressività, si sia conquistato un posto stabile nella galleria del grande cinema di sempre. Credete che stia esagerando? Prima osservate la meravigliosa scena alla fermata dell'autobus, e poi ne potremo riparlare...
Con questo anime (insieme alla sua controparte, "Una Tomba per le Lucciole", prodotto, realizzato e distribuito in contemporanea) lo Studio Ghibli si afferma come uno dei migliori studi d'animazione del Sol Levante: regia "a prova di bambino" di valore indiscutibile, animazioni di una naturalezza quasi "viva", e dei fondali che si mostrano come opere d'arte al servizio della descrizione della campagna giapponese nel dopoguerra.
Non solo la regia, ma anche le musiche sono "a prova di bambino". Oltre a sottolineare con garbo e squisita dolcezza le varie scene, i brani diventano anche protagonisti con le due sigle che si trovano all'inizio e alla fine dell'opera: vi ritroverete a canticchiarle dopo 30 secondi di ascolto, garantito. E le canticchierete per molti, molti giorni...
Forse ho parlato un po' troppo. È un mio difetto. In realtà per recensire quest'anime mi sarei potuto limitare ad una sola frase: guardatelo, e ve ne innamorerete.
Grandissimo Miyazaki!! "Il mio vicino Totoro" può essere senza dubbio considerato uno tra i migliori anime della storia, e ovviamente è opera del grande maestro!!
Sono andato a vederlo al cinema (mi ero impegnato molto per non guardarlo a casa e rovinarmi la sorpresa!!) e riesco a dire solo una cosa... UAU!! L'ho aspettato così tanto che guardandolo mi sono commosso!! Nonostante siano passati più di venti anni dalla sua realizzazione il comparto grafico è elevatissimo e l'animazione é in qualche modo molto moderna (forse anche superiore a quella usata oggi) !!
Consigliatissimo a chi ha voglia di catapultarsi in un mondo magico e spensierato in cui l'allegria contagiosa di due bambine è sufficiente a cancellare ogni malattia e sofferenza!!
Sono andato a vederlo al cinema (mi ero impegnato molto per non guardarlo a casa e rovinarmi la sorpresa!!) e riesco a dire solo una cosa... UAU!! L'ho aspettato così tanto che guardandolo mi sono commosso!! Nonostante siano passati più di venti anni dalla sua realizzazione il comparto grafico è elevatissimo e l'animazione é in qualche modo molto moderna (forse anche superiore a quella usata oggi) !!
Consigliatissimo a chi ha voglia di catapultarsi in un mondo magico e spensierato in cui l'allegria contagiosa di due bambine è sufficiente a cancellare ogni malattia e sofferenza!!
Nella prima giornata di proiezione italiana(venerdì 18 settembre), in una sala semivuota (4 persone su 300 posti e più), abbiamo potuto gustare questa splendida perla del maestro Miyazaki: adattamento delizioso, doppiatori capaci essendo frequenti voci nel mondo del doppiaggio degli anime, anche le canzoni tradotte in italiano hanno mantenuto la dolcezza delle originali (l'impressione immediata può farle sembrare infantili, ma questo vale per noi quanto per un giapponese che senta le sigle nella sua lingua). La storia commuovente delle due sorelline Satsuki e Mei e del loro "vicino" Totoro non può non essere il cavallo di battaglia del Premio Oscar per la Città Incantata. Assolutamente da non perdere e da consigliare a grandi e piccini. Aspettiamo con attesa le prossime uscite da Lucky Red, a cui auguriamo vivamente di vincere questa battaglia per il successo dello Studio Ghibli in Italia.
Quando parliamo di Miyazaki dobbiamo sempre fare attenzioe alle parole che diciamo poiché è uno dei grandi maestri degli anime che siede accanto a pochi altri probabilmente sulla poltrona centrale. In ognuna delle sue memorabili opere è sempre possibile distinguere la semplicità e la grandezza che si stringono in una morsa d'acciaio, che le rende speciali al punto di sommergere quasi ogni altro capolavoro animato. Tonari no Totoro è un esempio delle parole che ho enunciato, una meravigliosa favola che per un lasso di tempo ci fa dimenticare di tutto e tutti e fa in modo che il buon Totoro, spirito giapponese diventi il nostro migliore amico nonché nostra guida. L'anime del 1988 non mostra minimamente segni dell'età, anzi porta una magica freschezza che ci attanaglia dal primo minuto e non si ferma nemmeno dopo la bellissima sigla finale, la tranquillità con cui la storia si svolge, la grandezza dei personaggi e il sublime trattamento tecnico ne fanno un capolavoro intramontabile che rimane impresso nelle nostre menti per molto, ma molto tempo. La semplicità e l'importanza dei temi trattati sono caratteristiche che il maestro colloca sempre nelle sue opere, esse sono basate sull'irrazionalismo, con una visione alogica e fanciullesca della realtà, con l'animo di un fanciullo che guarda le cose con meraviglia scovando la segreta poesia delle cose semplici. Detto ciò non c'è capolavoro che come questo descrive queste situazioni e le carica di responsabilità, dato che sono testimonianze di insegnamenti per tutti da tramandare nel tempo. Parlando dell'anime in se, dobbiamo davvero elogiare Totoro che grazie alla sua personalità superba è divenuto anche simbolo dello studio Ghibli, penso che non c'è bisogno di aggiungere altro. Infine non ci sono parole per descrivere la parte tecnica, eccelsa sotto ogni aspetto, i disegni, i fondali ed ogni particolare sono curati maniacalmente, i colori sono incredibili e gioiosi, l'animazione non ha niente da invidiare a qualsiasi altro film e la colonna sonora è indimenticabile. Insomma, mentre noi siamo cresciuti con Pinocchio e Biancaneve (Niente da dire contro bellissime opere), i Giapponesi sono cresciuti con Tonari no Totoro, e secondo il mio modesto parere sono andati meglio loro. Infine consiglio l'opera a tutti poiché è un'esperienza da fare per capire la bellezza della vita.
Come poteva non divenire la mascotte del celebre studio Ghibli? Totoro, il simpaticissimo spirito delle montagne, sorta di gatto gigante dai lunghi baffi, dal sonno pesante e dal sorriso smagliante, è ormai divenuto vero e proprio simbolo non solo di uno dei migliori studi di produzione di anime, ma anche dell'animazione internazionale stessa; inoltre esso può considerarsi come vero trampolino di lancio del regista Hayao Miyazaki nell'olimpo degli autori più amati in assoluto, a seguito di titoli quali Nausicaä della Valle del Vento e Laputa: castello nel cielo.
Il 1988 per l'animazione nipponica non si riduce all'esplosione del fenomeno Miyazaki, ma comprende quella del collega Takahata (Una Tomba Per Le Lucciole) e di Katsuhiro Otomo (Akira), benché Tonari no Totoro si distacchi decisamente dalle atmosfere neorealiste/futuristiche dei primi due.
Qui troviamo una sorta di fiaba per grandi e piccini che ruota intorno a questo spirito, protettore della natura e misterioso personaggio, che entra a contatto con due bambine, Mei e Satsuki (di quattro e undici anni), da poco trasferitesi nella campagna giapponese degli anni Cinquanta assieme ai genitori. La grossa e 'morbidosa' creatura vive in un mondo tutto suo, al quale, a quanto pare, hanno accesso solo le due bambine.
Come in altre sue opere, Miyazaki utilizza luoghi e situazioni familiari per raccontare temi senza tempo: il passaggio dalla città alla campagna, le gioie dell'infanzia, la magia della scoperta, ponendo come protagonisti assoluti i bambini e le loro curiosità, i loro giochi, i loro desideri, la loro innocenza.
La trama, pur essendo quanto di più semplice si possa gustare, pur non donando moltissimo spazio alla sua icona, riesce a emozionare e a spensierare, a incollare allo schermo e a rendere questa breve esperienza immanente nei ricordi. L'atmosfera dell'opera ci fa tornare bambini, riscoprire molte gioie dell'infanzia che spesso poniamo nel dimenticatoio, quali giocare all'aria aperta e scoprire mondi nuovi, anche se soltanto con la fantasia, o rimanere strettamente legati a valori come la famiglia, l'amicizia, l'altruismo e il rispetto per la natura.
Insieme a un buon comparto grafico, spicca il lavoro di Hisaishi con una colonna sonora molto bella, le cui theme songs (riadattate anche molto bene in italiano) saranno probabilmente note a intere generazioni di Giapponesi.
Da vedere.
Il 1988 per l'animazione nipponica non si riduce all'esplosione del fenomeno Miyazaki, ma comprende quella del collega Takahata (Una Tomba Per Le Lucciole) e di Katsuhiro Otomo (Akira), benché Tonari no Totoro si distacchi decisamente dalle atmosfere neorealiste/futuristiche dei primi due.
Qui troviamo una sorta di fiaba per grandi e piccini che ruota intorno a questo spirito, protettore della natura e misterioso personaggio, che entra a contatto con due bambine, Mei e Satsuki (di quattro e undici anni), da poco trasferitesi nella campagna giapponese degli anni Cinquanta assieme ai genitori. La grossa e 'morbidosa' creatura vive in un mondo tutto suo, al quale, a quanto pare, hanno accesso solo le due bambine.
Come in altre sue opere, Miyazaki utilizza luoghi e situazioni familiari per raccontare temi senza tempo: il passaggio dalla città alla campagna, le gioie dell'infanzia, la magia della scoperta, ponendo come protagonisti assoluti i bambini e le loro curiosità, i loro giochi, i loro desideri, la loro innocenza.
La trama, pur essendo quanto di più semplice si possa gustare, pur non donando moltissimo spazio alla sua icona, riesce a emozionare e a spensierare, a incollare allo schermo e a rendere questa breve esperienza immanente nei ricordi. L'atmosfera dell'opera ci fa tornare bambini, riscoprire molte gioie dell'infanzia che spesso poniamo nel dimenticatoio, quali giocare all'aria aperta e scoprire mondi nuovi, anche se soltanto con la fantasia, o rimanere strettamente legati a valori come la famiglia, l'amicizia, l'altruismo e il rispetto per la natura.
Insieme a un buon comparto grafico, spicca il lavoro di Hisaishi con una colonna sonora molto bella, le cui theme songs (riadattate anche molto bene in italiano) saranno probabilmente note a intere generazioni di Giapponesi.
Da vedere.
Difficile trovare un'opera che il maestro Miyazaki abbia concluso in tono "Minore" e Totoro non fa eccezione: per quanto mi riguarda è da considerare un capolavoro come quasi tutte le altre opere del Maestro. Il film scorre suscitando sensazioni e sentimenti forti: è una favola senz'altro adatta ai bambini, ma il pizzicare le corde della nostalgia fa pensare che Miyazaki, ancora una volta, abbia un occhio di riguardo al pubblico "Maturo". Totoro non è solo poesia, è arte e come altre composizioni di Miyazaki credo sarà un qualcosa che resterà nel tempo. Ho visto Totoro solo ora in versione francese, ma si dice che nel giugno di quest'anno arriverà nelle sale italiane dopo 21 anni dalla sua uscita... Quanti dubbi su un paese che nel 1988 importò e tradusse capolavori cinematografici come Rombo di Tuono 3 e Aquile d'attacco per citarne un paio... Ma in fondo le polemiche non servono e questo lo insegna proprio Miyazaki quindi attenderò sempre fiducioso. Non sarei capace di dare un voto a Totoro, sarebbe un limite dare un voto ad un'opera d'arte: do il 9 altrimenti non sarebbe possibile inviare la recensione; il voto non è 10 perchè proprio per le persone come Miyazaki la perfezione non esiste ed in ogni opera si cerca di progredire verso di essa.
Cinematograficamente parlando è il film rappresentativo dello studio Ghibli ed un bellissimo capolavoro! Miyazaki è un sognatore che dipinge i sogni non come quadri ma come film. Prende per mano lo spettatore e lo fa tornare all'infanzia! Narra di una curiosa quanto graziosa favola, Totoro, che gioia incontrare questo folletto peloso della foresta, lui fedele compagno dei bambini e degli alberi (eccezionale il rito della crescita dell'albero). Questo film all'epoca non usava minimamente il budget di altro kolossal a lui vicino come Porco Rosso, eppure qui la narrazione è chiara, sensibile, matura, fantasiosa e piacevole, Lo vedi in tutti i primi piani dei personaggi, piani che ad ogni colpo dicono qualcosa di più del personaggio. Lo vedi nelle panoramiche (panoramiche in un cartone? e si!) che ti dicono "guarda la bellezza della natura e come tu ne sei parte", lo senti nella colonna sonora fantasticamente europea con un leitmotiv stile barocco ricorrente (ascolta la canzoncina iniziale per capire) Capolavoro del cinema d'animazione anni 80, di un Myiazaki cantastorie riuscito? A voi rispondere a questa domanda, a me godermi la bellezza dell'opera!
A differenza di altre opere di Miyazaki, in questo film non vi sono grandi epopee o avventure; non vi sono grandi segreti da svelare, ne miti da vivere; la trama è molto semplice, e rappresenta solo uno spaccato di vita di una famiglia trasferitosi nel Giappone rurale degli anni '50.Il regista ha puntato tutto sulla semplicità, sulla poesia e sulla delicatezza della vita di due sorelline alle prese con ambiente a loro, in un certo senso, totalmente nuovo.
Miyazaki sembra esprimere una sorta di nostalgia per uno stile di vita e per le abitudini di un Giappone che oramai è in procinto di cambiare completamente, e che non esiste più.
Un'unica nota tecnica: i fondali con gli scorci della campagna sono veramente stupendi.
Miyazaki sembra esprimere una sorta di nostalgia per uno stile di vita e per le abitudini di un Giappone che oramai è in procinto di cambiare completamente, e che non esiste più.
Un'unica nota tecnica: i fondali con gli scorci della campagna sono veramente stupendi.
Dolcezza e poesia: queste sono le parole che per prime mi sono venute a mente nel corso della visione di "Tonari no Totoro" (Il mio vicino Totoro), delicata favola per bambini di Hayao Miyazaki ma largamente godibile anche dagli adulti, in cui ben si sintetizza lo spirito delle produzioni Studio Ghibli ("Poesia in movimento", come lo ha efficacemente definito qualche anno fa il titolo di un articolo dello speciale della rivista cinematografica "Nocturno" dedicato agli anime, "Maestri & Robot - guida al cinema d'animazione giapponese"). Sorretto da un disegno e da animazioni di una bellezza e di un realismo assolutamente indimenticabili, "Totoro" ci rapisce i sensi (e l'intelletto) in ogni singola inquadratura, in ogni minimo fotogramma, in ogni sfondo, in ogni particolare. Lo splendore della natura é reso con maestria, come in una foto. Non c'é niente che sia fuori posto: tecnicamente pressochè perfetto. Una vera delizia per il nervo ottico.
Sono passati 20 anni dalla sua realizzazione, ma sembra non essere passato neppure un giorno per la straordinaria sensazione di modernità che emanano le immagini.
Il ritmo della narrazione é lento, o, per meglio dire, "posato", ma mai noioso: il racconto si segue sempre bene in ogni istante e l'attenzione non viene mai meno.
Un uomo con le sue due figlie piccole si stabilisce in una vecchia casa di campagna da risistemare in attesa che la moglie esca dall'ospedale dove é stata ricoverata per tubercolosi e si rimetta presto a contatto col nuovo ambiente. Le due bambine avranno modo di fare la conoscenza col tenerissimo Totoro, una specie di spirito protettore della foresta, e dei suoi ancora più bizzarri amici, che le aiuteranno nel momento di difficoltà e di timore verso la fine, che si risolverà poi per il meglio, come in ogni favola a lieto fine che si rispetti.
La descrizione della vita agreste della famiglia é funzionale alla storia e non rompe mai il pur blando ritmo, ed é uno dei punti più alti dell'anime per il verismo dei toni. Direi che di "Totoro" si rammenta soprattutto la riuscita fusione fra l'estremo naturalismo dell'ambientazione e dei personaggi e i risvolti favolistici della trama, che insieme fanno sgorgare la poesia.
Natura + magia: un mix dolce e poetico che ha dato alla luce un film che, se non é proprio un capolavoro, poco ci manca. Peccato che da noi sia disponibile solo sottotitolato.
Sono passati 20 anni dalla sua realizzazione, ma sembra non essere passato neppure un giorno per la straordinaria sensazione di modernità che emanano le immagini.
Il ritmo della narrazione é lento, o, per meglio dire, "posato", ma mai noioso: il racconto si segue sempre bene in ogni istante e l'attenzione non viene mai meno.
Un uomo con le sue due figlie piccole si stabilisce in una vecchia casa di campagna da risistemare in attesa che la moglie esca dall'ospedale dove é stata ricoverata per tubercolosi e si rimetta presto a contatto col nuovo ambiente. Le due bambine avranno modo di fare la conoscenza col tenerissimo Totoro, una specie di spirito protettore della foresta, e dei suoi ancora più bizzarri amici, che le aiuteranno nel momento di difficoltà e di timore verso la fine, che si risolverà poi per il meglio, come in ogni favola a lieto fine che si rispetti.
La descrizione della vita agreste della famiglia é funzionale alla storia e non rompe mai il pur blando ritmo, ed é uno dei punti più alti dell'anime per il verismo dei toni. Direi che di "Totoro" si rammenta soprattutto la riuscita fusione fra l'estremo naturalismo dell'ambientazione e dei personaggi e i risvolti favolistici della trama, che insieme fanno sgorgare la poesia.
Natura + magia: un mix dolce e poetico che ha dato alla luce un film che, se non é proprio un capolavoro, poco ci manca. Peccato che da noi sia disponibile solo sottotitolato.
Disegni meravigliosi, la natura resa alla perfezione, il paesaggio rurale del Giappone riprodotto fedelmente con colori vivaci e adatti, animazioni fluide e realistiche, emozioni riprodotte in modo empatico e convincente. Queste le carte vincenti di Totoro, che io ritengo uno degli anime più noiosi in assoluto. In diversi punti della storia (storia??!) mi sono sentito formicolare i piedi dalla noia, soprattutto stimolato da scene lunghe, riempitive e prive di alcun significato (soprattutto verso la fine). Totoro stesso, personaggio amato da grandi e piccini, mi è risultato estremamente odioso, povero di personalità e antipatico. La trama in questo caso è solo un orpello, uno strumento inventato per dar significato a dei disegni (per un raffreddore l'ospedale manda un telegramma... ma suvvia!). Attenzione! Disegni bellissimi, meravigliosi, ma che da soli non mi servono a nulla. Ho visto quest'anime, tra i primi in classifica, con tante speranze e sono davvero deluso. Il re è davvero nudo in fondo...
---
Quando ci si avventura nel fare una critica al maestro Miyazaki bisogna essere cauti perché spesso, influenzati dai capolavori che il "Dio degli anime" ci ha regalato in passato, si rischia di risultare poco obiettivi. "Il mio amico Totoro" rappresenta, a mio avviso, un perfetto esempio di ciò. Intendiamoci, si tratta di un film che mantiene inalterata, a distanza di vent'anni, un'animazione di primo livello, specialmente nei fondali. La stessa ricostruzione storica (siamo nel Giappone degli anni '50) è condotta in maniera meticolosa. Eppure non posso tralasciare il carattere insufficiente della trama, l'assoluta inutilità e lentezza di alcuni momenti (vedi la ricerca della bambina verso la fine del film) e, perdonate la voce fuori dal coro, l'antipatia verso quello che dovrebbe essere il protagonista della storia: Totoro. Uno spirito della foresta che appare si e no per 10 minuti del film e la cui unica attività è quella di sbadigliare. Insomma,dal regista di "Laputa" e "La città incantata" mi sarei aspettato di più.
---
Dopo averne sentito tanto parlare, finalmente sono riuscita a vedere “Il mio vicino Totoro” e ne rimango decisamente delusa. Non tanto per le animazioni, che sono sempre ottime, da come ci si aspetta dal grande Miyazaki. Infatti, anche in questo film, il paesaggio è ricco di colori intensi ed avvolgenti, che sono una gioia per gli occhi dello spettatore. Ogni minimo dettaglio è disegnato con minima cura, tanto da rendere reali la foresta lussureggiante, in cui abita Totoro, e la vecchia casa scricchiolante, pronta a cadere da un momento all’altro.
La mia delusione, quindi, è a livello della trama, che non da il giusto spazio alla creatura “fantastica” Totoro, come ci si aspetterebbe dal titolo. Infatti Totoro, che dovrebbe essere il co-protagonista, appare per pochi minuti e non fa nulla. Neanche si scomoda a cercare la piccola Mei, che si era persa, ma delega il tutto al “Gatto-autobus”.
Consigliato, comunque, a chi vuole una bella favola, senza troppe pretese.
---
Quando ci si avventura nel fare una critica al maestro Miyazaki bisogna essere cauti perché spesso, influenzati dai capolavori che il "Dio degli anime" ci ha regalato in passato, si rischia di risultare poco obiettivi. "Il mio amico Totoro" rappresenta, a mio avviso, un perfetto esempio di ciò. Intendiamoci, si tratta di un film che mantiene inalterata, a distanza di vent'anni, un'animazione di primo livello, specialmente nei fondali. La stessa ricostruzione storica (siamo nel Giappone degli anni '50) è condotta in maniera meticolosa. Eppure non posso tralasciare il carattere insufficiente della trama, l'assoluta inutilità e lentezza di alcuni momenti (vedi la ricerca della bambina verso la fine del film) e, perdonate la voce fuori dal coro, l'antipatia verso quello che dovrebbe essere il protagonista della storia: Totoro. Uno spirito della foresta che appare si e no per 10 minuti del film e la cui unica attività è quella di sbadigliare. Insomma,dal regista di "Laputa" e "La città incantata" mi sarei aspettato di più.
---
Dopo averne sentito tanto parlare, finalmente sono riuscita a vedere “Il mio vicino Totoro” e ne rimango decisamente delusa. Non tanto per le animazioni, che sono sempre ottime, da come ci si aspetta dal grande Miyazaki. Infatti, anche in questo film, il paesaggio è ricco di colori intensi ed avvolgenti, che sono una gioia per gli occhi dello spettatore. Ogni minimo dettaglio è disegnato con minima cura, tanto da rendere reali la foresta lussureggiante, in cui abita Totoro, e la vecchia casa scricchiolante, pronta a cadere da un momento all’altro.
La mia delusione, quindi, è a livello della trama, che non da il giusto spazio alla creatura “fantastica” Totoro, come ci si aspetterebbe dal titolo. Infatti Totoro, che dovrebbe essere il co-protagonista, appare per pochi minuti e non fa nulla. Neanche si scomoda a cercare la piccola Mei, che si era persa, ma delega il tutto al “Gatto-autobus”.
Consigliato, comunque, a chi vuole una bella favola, senza troppe pretese.
Opera delicata, misurata, romantica, in puro stile Miyazaki. Totoro, lo spirito del bosco, l'orsacchiottone che vi farà innamorare di sé, con la sua simpatia.
Anime che mostra il magico del quotidiano, l assoluta bellezza nascosta anche nelle creature più piccole, il miracolo della vita che cresce colorata intorno a noi.
Stupendo cartone animato dal messaggio ecologista inequivocabile, come per tutte le opere del maestro, si fa apprezzare per la fluidità delle animazioni e per i fondali (soprattutto i paesaggi boscosi) allo stato dell arte. Memorabile la scena di totoro che gioca con l'ombrello e le gocce di pioggia e la scena della crescita miracolosa dei semi di alberi. Scene che non farebbero mai pensare che si tratti di un opera di vent anni fa.
Veramente delizioso.
E' una vergogna che opere come Totoro o Nausicaa non abbiano ancora avuto una distribuzione nel nostro paese in DVD.
Anime che mostra il magico del quotidiano, l assoluta bellezza nascosta anche nelle creature più piccole, il miracolo della vita che cresce colorata intorno a noi.
Stupendo cartone animato dal messaggio ecologista inequivocabile, come per tutte le opere del maestro, si fa apprezzare per la fluidità delle animazioni e per i fondali (soprattutto i paesaggi boscosi) allo stato dell arte. Memorabile la scena di totoro che gioca con l'ombrello e le gocce di pioggia e la scena della crescita miracolosa dei semi di alberi. Scene che non farebbero mai pensare che si tratti di un opera di vent anni fa.
Veramente delizioso.
E' una vergogna che opere come Totoro o Nausicaa non abbiano ancora avuto una distribuzione nel nostro paese in DVD.
Penso che la scena della fermata dell'autobus sia l'apice dell'animazione giapponese:-)
Bellobellobello, a mio parere il migliore film di Miyazaki, ha un che di magico, riesce a farti immaginare come un bambino, chi non sognerebbe di avere una casetta vicino ad grande bosco, nel qule risiedono molti animali e spiritelli, ma soprattutto il protettore della foresta, Totoro, un grasso incrocio fra un gufo, un talpone e non so cosa XD
Bellobellobello, a mio parere il migliore film di Miyazaki, ha un che di magico, riesce a farti immaginare come un bambino, chi non sognerebbe di avere una casetta vicino ad grande bosco, nel qule risiedono molti animali e spiritelli, ma soprattutto il protettore della foresta, Totoro, un grasso incrocio fra un gufo, un talpone e non so cosa XD
Tonari no Totoro è un capolavoro come opera d'arte, come film in genere, non soltanto come anime. La capacità di mostrare la magia del quotidiano e della natura attraverso la metafora dello spirito degli alberi Totoro è impareggiabile, e il livello di poesia di ogni singola sequenza lo pone ai vertici dell'arte cinematografica: non c'è una sola inquadratura che non sia piena di senso e di grazia.
Il senso del film si potrebbe racchiudere nel ritornello delle due bambine quando scoprono lo spuntare dei germogli: yume da kedo... yume jaa nakatta (è solo un sogno però... non era un sogno). Punto di vista che per uno spettatore adulto e smaliziato può sembrare quasi kantiano: nel mondo accade di continuo il miracolo dello sbocciare della vita "come se" ci fosse un Totoro a propiziarlo.
Dal punto di vista tecnico il tutto si può sintetizzare in poche parole: c'è dietro tanto di quel lavoro estremamente minuzioso (e di persone diverse) che all'apparenza questo si cancella completamente tanto da sembrare sgorgare con facilità e naturalezza dall'immaginazione del solo Miyazaki; se dunque "ars est celare artem", Tonari no Totoro è una grandissima, densa e al contempo leggera opera d'arte.
Non dovrebbe vederlo semplicemente chi si interessa all'animazione, e nemmeno al cinema in generale, ma chiunque s'interessi alla vita, e a ciò che l'uomo può produrre quando riflette su di essa.
Ogni volta che lo vedo è un momento di respiro e di struggente serenità.
Il senso del film si potrebbe racchiudere nel ritornello delle due bambine quando scoprono lo spuntare dei germogli: yume da kedo... yume jaa nakatta (è solo un sogno però... non era un sogno). Punto di vista che per uno spettatore adulto e smaliziato può sembrare quasi kantiano: nel mondo accade di continuo il miracolo dello sbocciare della vita "come se" ci fosse un Totoro a propiziarlo.
Dal punto di vista tecnico il tutto si può sintetizzare in poche parole: c'è dietro tanto di quel lavoro estremamente minuzioso (e di persone diverse) che all'apparenza questo si cancella completamente tanto da sembrare sgorgare con facilità e naturalezza dall'immaginazione del solo Miyazaki; se dunque "ars est celare artem", Tonari no Totoro è una grandissima, densa e al contempo leggera opera d'arte.
Non dovrebbe vederlo semplicemente chi si interessa all'animazione, e nemmeno al cinema in generale, ma chiunque s'interessi alla vita, e a ciò che l'uomo può produrre quando riflette su di essa.
Ogni volta che lo vedo è un momento di respiro e di struggente serenità.
E' possibile snocciolare divertimento e profondi sentimenti quali l'unione familiare e l'amore fraterno? Miyazaki pensa di sì e lo dimostra per l'ennesima volta in questo film. Lo stesso protagonista indiretto, la creatura fantastica Totoro, è sì uno spirito sacro e protettore della foresta, ma anche un giocherellone. Le stesse animazioni esagerate che suscitano costantemente il riso, sono indice di un personaggio che, nonostante il suo ruolo, non si prende sul serio.
La trama è semplice, priva di eccessivi colpi di scena, eppure tremendamente calamitante, in grado di tenere incollato lo spettatore.
A proposito del lato tecnico va premiato lo sforzo dello studio Ghibli che senza ausilio di avanzate tecnologie digitali ha realizzato un film incredibile, con interni ricchi di dettagli e paesaggi tinteggiati con colorate e "piene" tonalità. Animazioni poi spiccatamente esagerate in particolare nei personaggi del Totoro e della piccola Mei.
Capolavoro...
La trama è semplice, priva di eccessivi colpi di scena, eppure tremendamente calamitante, in grado di tenere incollato lo spettatore.
A proposito del lato tecnico va premiato lo sforzo dello studio Ghibli che senza ausilio di avanzate tecnologie digitali ha realizzato un film incredibile, con interni ricchi di dettagli e paesaggi tinteggiati con colorate e "piene" tonalità. Animazioni poi spiccatamente esagerate in particolare nei personaggi del Totoro e della piccola Mei.
Capolavoro...
Eccezionale, avete presente le sette meraviglie del mondo? I lavori di Miyazaki sono l'ottava e questo è a mio parere il migliore! Anime grandioso nella sua semplicità, profondo, intenso, vivo... ci sono scene bellissime, come la crescita dell'albero, la scena alla pioggia che ti fa meravigliare del suono stupendo di essa di cui magari non facciamo mai caso tanto siamo abituati... tutto grazie a Totoro lo spirito della Natura, al suo amico "Neko" ^^ e all'innocenza di due bambine... se non l'avete visto fidatevi e guardatelo...
PS:poi ascolterete all'inverosimile la sigla finale, magari cercatevi anche il tema musicale con il violino che è per l'udito ciò che l'anime e per gli occhi ^^
PS:poi ascolterete all'inverosimile la sigla finale, magari cercatevi anche il tema musicale con il violino che è per l'udito ciò che l'anime e per gli occhi ^^
Capolavoro insuperato di Miyazaki, tra i suoi film è quello che preferisco e non mi stanco mai di rivedere. E' incredibile quanto Totoro riesca a comunicare, e dire che la storia, di per sè, è quasi inesistente! Si gioca tutto nel far provare allo spettatore la stessa visione sul mondo di un bambino innocente (esistevano, una volta ^_^). E' veramente un capolavoro di regia; e poi anche di disegno e musica: quando l'ho fatto vedere a mia cognata, è andata avanti per una settimana a canticchiare la sigla... non riusciva a smettere, le metteva buon umore!
Delizioso! Con tutto questo etichettamento da "capolavoro assoluto" ero pressochè sicuro di non apprezzarlo, invece mi è piaciuto parecchio. La storia è semplice ma scorre veloce, la spensieratezza dei ragazzini è resa perfettamente, i filmati Opening ed Ending sono molto carini e i dettagli sono come sempre curatissimi. Totoro e il Gattobus sono esilaranti con quei loro faccioni sorridenti e la maniera di Miyazaki di mostrare la semplicità e la naturalezza dell'affetto familiare in alcuni momenti mi ha dato delle belle sensazioni. Avendo visto la versione francese, dato che la leggera lentezza della storia uno sbadiglio era d'obblico, ma i momenti in cui Totoro finalmente si mette all'opera sono molto belli. Solo ora si sta pensando di recuperare i vecchi titoli per l'Italia e chissà se e quando li vedremo mai. Da guardare sicuramente, l'ho apprezzato più di Kiki, un gran bel classico.
ToNaRi No ToToRo, ToToRo
ToToRo, ToToRo... lalala...
Scusate, c'ho ancora sigla finale in testa.
Notevole, veramente notevole, considerando soprattutto il fatto che l'opera è dell' 88.
La solita cura "Miyazakiana" dei dettagli: ogni qualvolta che Satsuki accelera il passo, Mei casca per terra per l'ovvia difficoltà dei bambini di coordinare i movimenti. Oppure, quando il padre fa fatica ad aprire la finestra, perchè è arruginita. Tanti piccoli particolari, sui quali, rimpensandoci, ti lasciano a bocca aperta.
Una cosa che dovrò fare prima di ritornare nell'iperuranio (schiattare), sarà comprarmi un bel peluche di Totoro. Ma quanto stupendo è, quell'essere?!
Insomma, guardatelo e vi verrà voglia di ritornare bambini.
ToToRo, ToToRo... lalala...
Scusate, c'ho ancora sigla finale in testa.
Notevole, veramente notevole, considerando soprattutto il fatto che l'opera è dell' 88.
La solita cura "Miyazakiana" dei dettagli: ogni qualvolta che Satsuki accelera il passo, Mei casca per terra per l'ovvia difficoltà dei bambini di coordinare i movimenti. Oppure, quando il padre fa fatica ad aprire la finestra, perchè è arruginita. Tanti piccoli particolari, sui quali, rimpensandoci, ti lasciano a bocca aperta.
Una cosa che dovrò fare prima di ritornare nell'iperuranio (schiattare), sarà comprarmi un bel peluche di Totoro. Ma quanto stupendo è, quell'essere?!
Insomma, guardatelo e vi verrà voglia di ritornare bambini.
Miyazaki ha quella che si può definire una vera e propria "intelligenza animata". Il modo in cui riesce, grazie all' animazione, a creare immagini di significato è grandioso: soprattutto in questo film (a mio parere il migliore), dove solo in apparenza sembra semplicemente seguire con la camera i giochi e le fantasticherie di due bambine, in realtà sta descrivendo qualcosa di molto più profondo. Io ritengo che questo regista, più di ogni altro, abbia pienamente compreso le possibilità e le potenzialità del mondo dell' animazione, e le sfrutti sapientemente e superbamente, soprattutto in questo titolo. E poi le sue trovate, di una fantasia libera e prorompente come quella di un bambino, i suoi tempi....insomma, io credo sia superiore a tanti registi di cinema, anche occidentali.
"Il mio vicino Totoro" è un opera profondissima travestita da favola per bambini. Di tutte le opere del maestro Miyazaki è quella che più si avvicina al famoso (e ancora più profondo) "La città incantata" . Totoro è ispirato ad una serie di eventi personali avvenuti nell'infanzia del regista ed è quello in cui i rapporti familiari vengono analizzati meglio. Adoro la scena in cui all'inizio del film la sorellina piccola segue imitando tutti i gesti della sorella più grande! Pur essendo ambientato in Giappone riflettendone in pieno la cultura, l'opera presenta numerosissime citazioni da "Alice nel paese delle meraviglie" di Carrol. Il film, pur restando nell'olimpo dei capolavori, non è il mio preferito di quelli realizzati dal maestro.
La magia che il sensei Miyazaki riesce infondere a questo film è grandiosa. Non è una semplice favoletta, è un film che fa sognare e che riesce anche a farci tornare un po' bambini. Anche "la Città Incantata", opera osannata e pluridecorata deve moltissimo a Totoro (guardate ad esempio gli spiriti della fuliggine). Non è un caso se lo studio Ghibli ha scelto proprio Totoro come simbolo. Solitamente sono andato a cercare un po' il pelo nell'uovo nelle altre opere del maestro, ma stavolta gli do un 10 pieno perché tra i film di Miyazaki è il mio preferito (proprio insieme a Chihiro).