Princess Tutu
"Princess Tutu" è una serie anime che si distingue per la sua originalità, la sua grazia e il suo audace mix di generi.
Creato dallo studio "Hal Film Maker" e diretto da Jun'ichi Satō, l'anime è stato trasmesso per la prima volta in Giappone nel 2002 ed è diventato rapidamente un cult tra gli appassionati.
La trama può sembrare semplice in apparenza, ma si rivela un intricato intreccio di storie che si sviluppano in modo sorprendente.
Ahiru, una graziosa ma goffa paperella, viene trasformata in una giovane ragazza dal vecchio ed enigmatico Drosselmeyer. Questo incantesimo è stato lanciato con l'intento di recuperare i frammenti del cuore di un affascinante principe, che aveva sacrificato in una feroce battaglia contro il temibile Corvo. Ora il principe è diventato un ballerino straordinario, ma privo di emozioni ed espressività. Fortunatamente, Ahiru, per mezzo di un magico medaglione, ha la capacità di trasformarsi nella principessa Tutu. In questa forma, diventa una ballerina graziosa e talentuosa, capace con la sua danza di lenire l'agitazione nei cuori degli altri e di recuperare i frammenti perduti.
Una delle cose più affascinanti di "Princess Tutu" è la sua capacità di giocare con le aspettative del pubblico. L'anime inizia come una fiaba classica, ma presto si trasforma in un qualcosa di molto più complesso. La trama presenta diversi colpi di scena che coinvolgono i personaggi e le loro motivazioni, portando spesso a un'inversione delle aspettative. Questa natura imprevedibile fa sì che lo spettatore sia costantemente coinvolto e desideroso di scoprire cosa accadrà successivamente.
Il punto forte di "Princess Tutu" è sicuramente il suo impegno nella narrazione attraverso la danza. Ogni episodio presenta un'eccezionale sequenza di danza che rappresenta le emozioni e le relazioni dei personaggi in modo delicato ed evocativo. La coreografia è estremamente ben realizzata e riesce a trasmettere una vasta gamma di emozioni senza la necessità di parole. La musica classica è anche un elemento fondamentale dell'anime, con brani, come il "Lago dei cigni" di Tchaikovsky, che accompagnano le performance di danza in modo magistrale.
Tutti i personaggi sono ben sviluppati e affascinanti. Ahiru/Princess Tutu è una protagonista dolce e coraggiosa, che attraversa una notevole crescita personale nel corso della serie. Altri personaggi, come Fakir, Mytho e Rue, sono altrettanto complessi e presentano sfaccettature sorprendenti nel corso della storia. È interessante notare che molti personaggi sono ispirati a personaggi di fiabe e balletti classici, rendendo l'anime una sorta di omaggio all'arte e alla letteratura.
A rendere questa storia ulteriormente emozionante e avvincente, è il doppiaggio italiano, che, con un lavoro di tutto rispetto, fa davvero la sua bella parte.
Sulla qualità dell'animazione non ci si può lamentare: lo stile artistico è amabile e delicato, con un mix di colori cupi e pastello, e dettagli accurati. Le sequenze di danza sono animate in modo fluido e coinvolgente, rendendo le performance ancora più spettacolari. Gli sfondi e le ambientazioni sono altrettanto ben realizzati, creando un mondo fiabesco, oscuro e misterioso, che cattura l'immaginazione dello spettatore.
In conclusione, "Princess Tutu" è un anime che merita di essere visto e apprezzato. La sua combinazione unica di fiaba, danza e colpi di scena avvincenti la rende un'opera davvero originale.
Se siete amanti delle opere che sfidano le convenzioni e che vi trasportano in un mondo magico, non potete assolutamente perdervi questa favola alternativa che, letteralmente, danza tra i generi.
Creato dallo studio "Hal Film Maker" e diretto da Jun'ichi Satō, l'anime è stato trasmesso per la prima volta in Giappone nel 2002 ed è diventato rapidamente un cult tra gli appassionati.
La trama può sembrare semplice in apparenza, ma si rivela un intricato intreccio di storie che si sviluppano in modo sorprendente.
Ahiru, una graziosa ma goffa paperella, viene trasformata in una giovane ragazza dal vecchio ed enigmatico Drosselmeyer. Questo incantesimo è stato lanciato con l'intento di recuperare i frammenti del cuore di un affascinante principe, che aveva sacrificato in una feroce battaglia contro il temibile Corvo. Ora il principe è diventato un ballerino straordinario, ma privo di emozioni ed espressività. Fortunatamente, Ahiru, per mezzo di un magico medaglione, ha la capacità di trasformarsi nella principessa Tutu. In questa forma, diventa una ballerina graziosa e talentuosa, capace con la sua danza di lenire l'agitazione nei cuori degli altri e di recuperare i frammenti perduti.
Una delle cose più affascinanti di "Princess Tutu" è la sua capacità di giocare con le aspettative del pubblico. L'anime inizia come una fiaba classica, ma presto si trasforma in un qualcosa di molto più complesso. La trama presenta diversi colpi di scena che coinvolgono i personaggi e le loro motivazioni, portando spesso a un'inversione delle aspettative. Questa natura imprevedibile fa sì che lo spettatore sia costantemente coinvolto e desideroso di scoprire cosa accadrà successivamente.
Il punto forte di "Princess Tutu" è sicuramente il suo impegno nella narrazione attraverso la danza. Ogni episodio presenta un'eccezionale sequenza di danza che rappresenta le emozioni e le relazioni dei personaggi in modo delicato ed evocativo. La coreografia è estremamente ben realizzata e riesce a trasmettere una vasta gamma di emozioni senza la necessità di parole. La musica classica è anche un elemento fondamentale dell'anime, con brani, come il "Lago dei cigni" di Tchaikovsky, che accompagnano le performance di danza in modo magistrale.
Tutti i personaggi sono ben sviluppati e affascinanti. Ahiru/Princess Tutu è una protagonista dolce e coraggiosa, che attraversa una notevole crescita personale nel corso della serie. Altri personaggi, come Fakir, Mytho e Rue, sono altrettanto complessi e presentano sfaccettature sorprendenti nel corso della storia. È interessante notare che molti personaggi sono ispirati a personaggi di fiabe e balletti classici, rendendo l'anime una sorta di omaggio all'arte e alla letteratura.
A rendere questa storia ulteriormente emozionante e avvincente, è il doppiaggio italiano, che, con un lavoro di tutto rispetto, fa davvero la sua bella parte.
Sulla qualità dell'animazione non ci si può lamentare: lo stile artistico è amabile e delicato, con un mix di colori cupi e pastello, e dettagli accurati. Le sequenze di danza sono animate in modo fluido e coinvolgente, rendendo le performance ancora più spettacolari. Gli sfondi e le ambientazioni sono altrettanto ben realizzati, creando un mondo fiabesco, oscuro e misterioso, che cattura l'immaginazione dello spettatore.
In conclusione, "Princess Tutu" è un anime che merita di essere visto e apprezzato. La sua combinazione unica di fiaba, danza e colpi di scena avvincenti la rende un'opera davvero originale.
Se siete amanti delle opere che sfidano le convenzioni e che vi trasportano in un mondo magico, non potete assolutamente perdervi questa favola alternativa che, letteralmente, danza tra i generi.
Tra le discussioni su AnimeClick.it che riguardavano serie majokko che hanno ridefinito il genere, molti utenti citavano spesso questo titolo: “Princess Tutu”. Essendo sincera appassionata dei majokko ed avendo la danza classica tra i miei hobby, non potevo non vedere un prodotto su delle maghette che sconfiggono i cattivi a suon di pirouettes. Ed è stata proprio la danza di Princess Tutu a farmi innamorare di quest’anime.
C’era una volta una piccola papera di nome Ahiru che, mentre nuotava su un lago, vide un bellissimo principe. Questi aveva sempre un’espressione triste sul volto. Tempo prima, infatti, il principe, per sconfiggere un malvagio corvo, aveva sacrificato il suo cuore, dividendolo in pezzi. La papera mossa a compassione voleva aiutare il principe a ritrovare tutti i frammenti del suo cuore, così da fargli tornare il sorriso. Il desiderio della papera venne esaudito da uno strano individuo di nome Drosselmeyer. L’uomo diede alla papera un ciondolo, grazie al quale Ahiru si trasformò in un’umana. Inoltre, il ciondolo dava la possibilità alla ragazza/papera di trasformarsi in Princess Tutu, una magica ballerina capace di recuperare i frammenti del cuore del principe grazie alla sua danza.
È opinione di chi scrive che chiunque legga questo incipit abbia come prima impressione quella di trovarsi di fronte all’ennesimo majokko per essere umani nati col solo cromosoma X sotto i tredici anni di età. Ed è effettivamente questo il target di riferimento di “Princess Tutu”. Tuttavia, tale definizione non deve essere considerata un difetto. “Princess Tutu” vuole arrivare in primis a un pubblico di ragazzine, senza la pretesa di essere un capolavoro, ponendosi come semplice obiettivo quello di raccontare una fiaba in maniera egregia, con dei colpi di scena affatto prevedibili e un’ambientazione da sogno.
Essendo un anime sulla danza classica, non si può non parlare della cura al limite del maniacale con cui viene rappresentato il mondo del balletto: l’uso dei termini tecnici per i vari passi di danza, la spiegazione della pantomima, le coreografie dei ballerini. Gli stessi episodi, la maggior parte autoconclusivi, presentano una struttura narrativa basata sui più celebri balletti della storia, quali “Coppelia”, “Giselle”, “La Silfide”, “Il lago dei cigni” e chi più ne ha più ne metta.
Perfino le musiche sono riprese dai vari balletti, e qualunque appassionato si divertirebbe a indovinarle tutte. Addirittura, l’orologio della città ha una melodia ripresa dal balletto di “Coppelia”.
Ci sono anche varie composizioni di musica classica di autori come Modest Mussorgski e Camille Saint-Saëns.
Meglio non spendere tutte le righe della recensione per parlare delle citazioni. Quindi si passi a parlare dei personaggi. Trovandosi all’interno di una fiaba, i personaggi non hanno una caratterizzazione molto complessa, ma è proprio questo il loro punto forte. I personaggi di una fiaba sono sempre stereotipati, e i protagonisti di questa storia non sono un’eccezione. Tuttavia, la semplicità del loro carattere rende le loro azioni molto più genuine, e nel corso della storia non mancherà un percorso di maturazione per ciascuno di loro. Ahiru sarà sempre più consapevole delle proprie azioni, che non verranno più guidate da una semplice infatuazione per un ragazzo. Responsabile delle proprie azioni, Ahiru diventa artefice del proprio destino, accettandolo. Il principe Mytho, riacquisendo man mano i frammenti del suo cuore, desidererà sempre di più conoscere le emozioni che aveva perso, grazie ai legami che formerà con le persone attorno a lui. Rue, amica e rivale di Ahiru, rivendicherà il diritto di amare che le era stato tolto. Il cavaliere Fakir supererà le sue paure per proteggere le persone a lui care e per andare oltre il ruolo che gli era stato assegnato.
Infine, menzione speciale per Drosselmeyer, lo spietato narratore di questa storia, un dio che, nell’aver creato un mondo senza finirlo, non si è reso conto di aver concesso involontariamente il libero arbitrio ai propri personaggi. Il ruolo di Drosselmeyer è molto ambiguo: non lo definirei un vero e proprio antagonista, ma nemmeno un sincero alleato dei protagonisti.
La storia è strutturata divinamente: non ci sono episodi inutili e ogni tassello del puzzle viene rimesso nella sua esatta posizione. Vi è giusto una piccola “sbandata” nell’episodio 22, con personaggi che vengono introdotti dal nulla e spariscono nel nulla, ma sarebbe come cercare il pelo nell’uovo.
Il finale può non piacere a molti. Senza fare spoiler, è considerabile un happy ending a tutti gli effetti, ma con una punta di amaro. Personalmente, vedo il finale come uno dei motivi per cui ancora oggi le persone si ricordano di “Princess Tutu”: assolutamente imprevedibile ma coerente con la storia raccontata. Un finale che da solo ha fatto alzare di un punto la mia valutazione finale.
Vorrei approfondire la questione dell’apparato tecnico. Le animazioni sono sempre molto fluide. Vi sono dei piccoli escamotages per non animare completamente le coreografie dei ballerini. Escamotages che, invece di essere fastidiosi, risultano essere dei dettagli davvero graditi, grazie anche all’eccellente lavoro di regia che mette in evidenza le pose dei personaggi. Il character design è abbastanza moe: praticamente, l’unico a non avere occhi giganti è Fakir. Tuttavia, non mi è sembrato un moe così esagerato da allontanare tutti gli spettatori che non apprezzano questo stile.
Un appunto, infine, sull’edizione italiana, disponibile gratuitamente su YouTube: non mi è sembrato che sia stata fatta alcuna censura all’opera. Il doppiaggio è generalmente buono, quindi non mi sento di criticarlo così tanto. Volendo essere pignoli, vi sono alcuni personaggi secondari doppiati in maniera troppo artificiosa. Inoltre Federico di Pofi, la voce di Mytho, è un bravo doppiatore, ma nelle espressioni di dolore sembra che si trattenga sempre: io non penso che, se sbatti il mignolo del piede sullo spigolo di un mobile, trattieni il dolore. Per il resto, ho trovato azzeccate tutte le voci dei personaggi.
In conclusione, “Princess Tutu” è stata una bellissima scoperta che scala la mia classifica di anime preferiti. Chi critica opere di questo tipo solo perché hanno come target di riferimento un pubblico di ragazzine non è degno di attenzione. Il target non è sinonimo di bassa qualità, tantomeno un difetto: da quando le opere che vogliono arrivare a un pubblico giovane (soprattutto femminile) non possono conquistare il cuore di persone diverse? Nel corso degli anni, ci sono stati tanti prodotti che hanno superato le barriere del target di riferimento. Lo stesso genere del majokko ha degli esempi di questo tipo: da “Sailor Moon” a “Madoka Magica”, da “Miraculous Ladybug” fino alle nostrane Winx. Tutte serie animate che hanno appassionato un vasto pubblico, andando oltre la ragazzina delle elementari. Dunque, per quale motivo “Princess Tutu” non potrebbe essere un majokko che innamori anche persone che stanno per raggiungere il quarto di secolo come la sottoscritta?
Per riassumere le mie opinioni in merito a quest’opera, vorrei ricorrere a un’ultima frase: “Princess Tutu” non vola alto come altri capolavori dell’animazione nipponica, ma rimane a terra e, mettendosi in posa, magari con un delicato arabesque, incanta chiunque lo guardi.
C’era una volta una piccola papera di nome Ahiru che, mentre nuotava su un lago, vide un bellissimo principe. Questi aveva sempre un’espressione triste sul volto. Tempo prima, infatti, il principe, per sconfiggere un malvagio corvo, aveva sacrificato il suo cuore, dividendolo in pezzi. La papera mossa a compassione voleva aiutare il principe a ritrovare tutti i frammenti del suo cuore, così da fargli tornare il sorriso. Il desiderio della papera venne esaudito da uno strano individuo di nome Drosselmeyer. L’uomo diede alla papera un ciondolo, grazie al quale Ahiru si trasformò in un’umana. Inoltre, il ciondolo dava la possibilità alla ragazza/papera di trasformarsi in Princess Tutu, una magica ballerina capace di recuperare i frammenti del cuore del principe grazie alla sua danza.
È opinione di chi scrive che chiunque legga questo incipit abbia come prima impressione quella di trovarsi di fronte all’ennesimo majokko per essere umani nati col solo cromosoma X sotto i tredici anni di età. Ed è effettivamente questo il target di riferimento di “Princess Tutu”. Tuttavia, tale definizione non deve essere considerata un difetto. “Princess Tutu” vuole arrivare in primis a un pubblico di ragazzine, senza la pretesa di essere un capolavoro, ponendosi come semplice obiettivo quello di raccontare una fiaba in maniera egregia, con dei colpi di scena affatto prevedibili e un’ambientazione da sogno.
Essendo un anime sulla danza classica, non si può non parlare della cura al limite del maniacale con cui viene rappresentato il mondo del balletto: l’uso dei termini tecnici per i vari passi di danza, la spiegazione della pantomima, le coreografie dei ballerini. Gli stessi episodi, la maggior parte autoconclusivi, presentano una struttura narrativa basata sui più celebri balletti della storia, quali “Coppelia”, “Giselle”, “La Silfide”, “Il lago dei cigni” e chi più ne ha più ne metta.
Perfino le musiche sono riprese dai vari balletti, e qualunque appassionato si divertirebbe a indovinarle tutte. Addirittura, l’orologio della città ha una melodia ripresa dal balletto di “Coppelia”.
Ci sono anche varie composizioni di musica classica di autori come Modest Mussorgski e Camille Saint-Saëns.
Meglio non spendere tutte le righe della recensione per parlare delle citazioni. Quindi si passi a parlare dei personaggi. Trovandosi all’interno di una fiaba, i personaggi non hanno una caratterizzazione molto complessa, ma è proprio questo il loro punto forte. I personaggi di una fiaba sono sempre stereotipati, e i protagonisti di questa storia non sono un’eccezione. Tuttavia, la semplicità del loro carattere rende le loro azioni molto più genuine, e nel corso della storia non mancherà un percorso di maturazione per ciascuno di loro. Ahiru sarà sempre più consapevole delle proprie azioni, che non verranno più guidate da una semplice infatuazione per un ragazzo. Responsabile delle proprie azioni, Ahiru diventa artefice del proprio destino, accettandolo. Il principe Mytho, riacquisendo man mano i frammenti del suo cuore, desidererà sempre di più conoscere le emozioni che aveva perso, grazie ai legami che formerà con le persone attorno a lui. Rue, amica e rivale di Ahiru, rivendicherà il diritto di amare che le era stato tolto. Il cavaliere Fakir supererà le sue paure per proteggere le persone a lui care e per andare oltre il ruolo che gli era stato assegnato.
Infine, menzione speciale per Drosselmeyer, lo spietato narratore di questa storia, un dio che, nell’aver creato un mondo senza finirlo, non si è reso conto di aver concesso involontariamente il libero arbitrio ai propri personaggi. Il ruolo di Drosselmeyer è molto ambiguo: non lo definirei un vero e proprio antagonista, ma nemmeno un sincero alleato dei protagonisti.
La storia è strutturata divinamente: non ci sono episodi inutili e ogni tassello del puzzle viene rimesso nella sua esatta posizione. Vi è giusto una piccola “sbandata” nell’episodio 22, con personaggi che vengono introdotti dal nulla e spariscono nel nulla, ma sarebbe come cercare il pelo nell’uovo.
Il finale può non piacere a molti. Senza fare spoiler, è considerabile un happy ending a tutti gli effetti, ma con una punta di amaro. Personalmente, vedo il finale come uno dei motivi per cui ancora oggi le persone si ricordano di “Princess Tutu”: assolutamente imprevedibile ma coerente con la storia raccontata. Un finale che da solo ha fatto alzare di un punto la mia valutazione finale.
Vorrei approfondire la questione dell’apparato tecnico. Le animazioni sono sempre molto fluide. Vi sono dei piccoli escamotages per non animare completamente le coreografie dei ballerini. Escamotages che, invece di essere fastidiosi, risultano essere dei dettagli davvero graditi, grazie anche all’eccellente lavoro di regia che mette in evidenza le pose dei personaggi. Il character design è abbastanza moe: praticamente, l’unico a non avere occhi giganti è Fakir. Tuttavia, non mi è sembrato un moe così esagerato da allontanare tutti gli spettatori che non apprezzano questo stile.
Un appunto, infine, sull’edizione italiana, disponibile gratuitamente su YouTube: non mi è sembrato che sia stata fatta alcuna censura all’opera. Il doppiaggio è generalmente buono, quindi non mi sento di criticarlo così tanto. Volendo essere pignoli, vi sono alcuni personaggi secondari doppiati in maniera troppo artificiosa. Inoltre Federico di Pofi, la voce di Mytho, è un bravo doppiatore, ma nelle espressioni di dolore sembra che si trattenga sempre: io non penso che, se sbatti il mignolo del piede sullo spigolo di un mobile, trattieni il dolore. Per il resto, ho trovato azzeccate tutte le voci dei personaggi.
In conclusione, “Princess Tutu” è stata una bellissima scoperta che scala la mia classifica di anime preferiti. Chi critica opere di questo tipo solo perché hanno come target di riferimento un pubblico di ragazzine non è degno di attenzione. Il target non è sinonimo di bassa qualità, tantomeno un difetto: da quando le opere che vogliono arrivare a un pubblico giovane (soprattutto femminile) non possono conquistare il cuore di persone diverse? Nel corso degli anni, ci sono stati tanti prodotti che hanno superato le barriere del target di riferimento. Lo stesso genere del majokko ha degli esempi di questo tipo: da “Sailor Moon” a “Madoka Magica”, da “Miraculous Ladybug” fino alle nostrane Winx. Tutte serie animate che hanno appassionato un vasto pubblico, andando oltre la ragazzina delle elementari. Dunque, per quale motivo “Princess Tutu” non potrebbe essere un majokko che innamori anche persone che stanno per raggiungere il quarto di secolo come la sottoscritta?
Per riassumere le mie opinioni in merito a quest’opera, vorrei ricorrere a un’ultima frase: “Princess Tutu” non vola alto come altri capolavori dell’animazione nipponica, ma rimane a terra e, mettendosi in posa, magari con un delicato arabesque, incanta chiunque lo guardi.
Nell’estate del 2002 va in onda “Princess Tutu”, anime ideato da Ikuko Ito (character design della quarta serie di “Sailor Moon”) e diretto da Jun’ichi Satou (regista delle prime due serie di “Sailor Moon”, di “Ojamajo Doremi” e della saga di “Aria”). L’opera è stata realizzata dallo studio Hal Film Maker e consta di ventisei episodi; le puntate dalla 14 alla 25, tuttavia, sono state trasmesse divise in due parti ciascuna, motivo per il quale sul sito se ne segnano trentotto.
“C’era una volta un principe coraggioso impegnato in una dura lotta contro un malvagio grande corvo; per sconfiggere e sigillare il suo nemico, il principe fece a pezzi il proprio cuore: i suoi frammenti, assieme agli altri personaggi del racconto, si dispersero e si confusero col mondo reale. Drosselmeier, autore della fiaba, diede a una piccola papera la possibilità di trasformarsi in un’umana di nome Ahiru e la incaricò di raccogliere i frammenti del cuore del principe grazie ai poteri della sua controparte, ovvero la Principessa Tutù”.
L’incipit dell’anime sembra proprio quello di una fiaba, e potremmo dire che “Princess Tutù” lo è a tutti gli effetti. Tuttavia, sin dalle prime battute, è possibile individuare un altro livello narrativo in cui i personaggi diventano coscienti del proprio ruolo ed entrano in contatto con il loro autore: il punto di forza dell’anime, infatti, è quello di essere una meta-fiaba che decostruisce i canoni del racconto classico (come fece già in precedenza “La Rivoluzione di Utena”).
Nelle prime puntate, Ahiru e i suoi compagni seguono il copione scritto per loro da Drosselmeier: un copione alquanto semplice e basilare, che prevede la raccolta dei frammenti del cuore del principe come nei mahou shoujo più classici. Già a quel punto, però, la storia si dimostra tutt’altro che banale, grazie alla profonda e delicata analisi delle emozioni umane che ci viene presentata e alle innumerevoli analogie con alcuni dei racconti e dei balletti più famosi (troviamo ad esempio citazioni a “Il Brutto Anatroccolo”, “La Bella Addormentata nel Bosco”, “Giselle” o “La Silfide”). Col proseguire della serie, è possibile assistere a un ottimo e graduale approfondimento psicologico dei vari personaggi, i quali sembrano fin troppo caratterizzati per essere i soliti protagonisti piatti e artificiosi che siamo soliti trovare nelle storie per bambini. Il lavoro migliore è stato svolto, a mio avviso, sulla tenebrosa Rue, che fin da subito lotta contro la sua parte più oscura che la vuole nel ruolo del maligno cigno nero.
Gli ottimi presupposti presenti già a inizio serie mostrano il loro potenziale verso gli ultimi episodi, nei quali la meta-narrazione si erge in tutto il suo splendore: il subdolo piano dell’autore viene ormai a galla, e i vari personaggi si ritrovano a combattere contro un destino già deciso nel quale loro non sono nient’altro delle marionette nelle mani di Drosselmeier. È proprio in questo frangente che si esplicita il messaggio che l’opera desidera veicolare: i fautori del nostro futuro siamo solamente noi, sono i personaggi che devono scrivere la loro storia e non una persona terza; anche se ci è stato affidato un ruolo che non desideriamo, come quello della principessa cattiva o del cavaliere che non è in grado di proteggere nessuno, noi abbiamo il potere di cambiarlo e di decidere con le nostre forze chi vogliamo diventare realmente.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, ci troviamo dinanzi a un character design che all’apparenza può sembrare infantile, ma che in realtà si dimostra adatto al tipo di storia raccontata: i visi sono tondi, le corporature minute, le braccia e le gambe lunghe e sottili. Quest’ultima caratteristica, in particolare, si rivela funzionale alle numerose scene di danza classica che costituiscono una costante della serie. I balletti vengono rappresentati essenzialmente attraverso inquadrature statiche, che mettono in risalto le delicate ed espressive pose assunte dai personaggi, mentre le animazioni (sempre di ottima fattura come i disegni) vengono impiegate con meno frequenza. Gli sfondi dipingono ambientazioni fiabesche, ricalcate sulla base delle tipiche cittadine tedesche presenti nei racconti più famosi. Altra punta di diamante è rappresentata dalla colonna sonora, composta da tracce originali e altre tratte dai balletti più celebri: ricorrenti sono le musiche de “Il Lago dei Cigni” di Čajkovskij, le quali conferiscono grande solennità e bellezza alle scene più importanti. Modellata sul “Valzer dei Fiori” de “Lo Schiaccianoci” è anche l’opening “Morning Grace”, interpretata dalla soave voce della scomparsa Ritsuko Okazaki (cantante anche della sigla finale “Watashi no Ai wa Chiisaikeredo”).
In conclusione, “Princess Tutù” potrebbe essere di primo acchito accostata a una qualunque fiaba per bambini; tuttavia essa si rivela molto più matura e complessa, grazie ai molteplici strati narrativi, alla profonda introspezione psicologica dei personaggi, ai messaggi veicolati e al finale che si allontana dai canoni classici del “vissero tutti felici e contenti”.
“C’era una volta un principe coraggioso impegnato in una dura lotta contro un malvagio grande corvo; per sconfiggere e sigillare il suo nemico, il principe fece a pezzi il proprio cuore: i suoi frammenti, assieme agli altri personaggi del racconto, si dispersero e si confusero col mondo reale. Drosselmeier, autore della fiaba, diede a una piccola papera la possibilità di trasformarsi in un’umana di nome Ahiru e la incaricò di raccogliere i frammenti del cuore del principe grazie ai poteri della sua controparte, ovvero la Principessa Tutù”.
L’incipit dell’anime sembra proprio quello di una fiaba, e potremmo dire che “Princess Tutù” lo è a tutti gli effetti. Tuttavia, sin dalle prime battute, è possibile individuare un altro livello narrativo in cui i personaggi diventano coscienti del proprio ruolo ed entrano in contatto con il loro autore: il punto di forza dell’anime, infatti, è quello di essere una meta-fiaba che decostruisce i canoni del racconto classico (come fece già in precedenza “La Rivoluzione di Utena”).
Nelle prime puntate, Ahiru e i suoi compagni seguono il copione scritto per loro da Drosselmeier: un copione alquanto semplice e basilare, che prevede la raccolta dei frammenti del cuore del principe come nei mahou shoujo più classici. Già a quel punto, però, la storia si dimostra tutt’altro che banale, grazie alla profonda e delicata analisi delle emozioni umane che ci viene presentata e alle innumerevoli analogie con alcuni dei racconti e dei balletti più famosi (troviamo ad esempio citazioni a “Il Brutto Anatroccolo”, “La Bella Addormentata nel Bosco”, “Giselle” o “La Silfide”). Col proseguire della serie, è possibile assistere a un ottimo e graduale approfondimento psicologico dei vari personaggi, i quali sembrano fin troppo caratterizzati per essere i soliti protagonisti piatti e artificiosi che siamo soliti trovare nelle storie per bambini. Il lavoro migliore è stato svolto, a mio avviso, sulla tenebrosa Rue, che fin da subito lotta contro la sua parte più oscura che la vuole nel ruolo del maligno cigno nero.
Gli ottimi presupposti presenti già a inizio serie mostrano il loro potenziale verso gli ultimi episodi, nei quali la meta-narrazione si erge in tutto il suo splendore: il subdolo piano dell’autore viene ormai a galla, e i vari personaggi si ritrovano a combattere contro un destino già deciso nel quale loro non sono nient’altro delle marionette nelle mani di Drosselmeier. È proprio in questo frangente che si esplicita il messaggio che l’opera desidera veicolare: i fautori del nostro futuro siamo solamente noi, sono i personaggi che devono scrivere la loro storia e non una persona terza; anche se ci è stato affidato un ruolo che non desideriamo, come quello della principessa cattiva o del cavaliere che non è in grado di proteggere nessuno, noi abbiamo il potere di cambiarlo e di decidere con le nostre forze chi vogliamo diventare realmente.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, ci troviamo dinanzi a un character design che all’apparenza può sembrare infantile, ma che in realtà si dimostra adatto al tipo di storia raccontata: i visi sono tondi, le corporature minute, le braccia e le gambe lunghe e sottili. Quest’ultima caratteristica, in particolare, si rivela funzionale alle numerose scene di danza classica che costituiscono una costante della serie. I balletti vengono rappresentati essenzialmente attraverso inquadrature statiche, che mettono in risalto le delicate ed espressive pose assunte dai personaggi, mentre le animazioni (sempre di ottima fattura come i disegni) vengono impiegate con meno frequenza. Gli sfondi dipingono ambientazioni fiabesche, ricalcate sulla base delle tipiche cittadine tedesche presenti nei racconti più famosi. Altra punta di diamante è rappresentata dalla colonna sonora, composta da tracce originali e altre tratte dai balletti più celebri: ricorrenti sono le musiche de “Il Lago dei Cigni” di Čajkovskij, le quali conferiscono grande solennità e bellezza alle scene più importanti. Modellata sul “Valzer dei Fiori” de “Lo Schiaccianoci” è anche l’opening “Morning Grace”, interpretata dalla soave voce della scomparsa Ritsuko Okazaki (cantante anche della sigla finale “Watashi no Ai wa Chiisaikeredo”).
In conclusione, “Princess Tutù” potrebbe essere di primo acchito accostata a una qualunque fiaba per bambini; tuttavia essa si rivela molto più matura e complessa, grazie ai molteplici strati narrativi, alla profonda introspezione psicologica dei personaggi, ai messaggi veicolati e al finale che si allontana dai canoni classici del “vissero tutti felici e contenti”.
Avete presente quando, nei fandom, iniziano le mode dei VS tra i personaggi più forti degli anime? Quegli stessi VS che spesso degenerano in polemiche e offese perché i fan di una serie non possono e non riescono ad accettare che il loro amato personaggio possa essere facilmente battuto da altri?
E avete presente la tipica frase “Gli anime sono per bambini?”, che spesso e volentieri manda fuori di testa i fan dell’animazione, specie quelli dediti a visioni più complesse e mature?
Ho voluto iniziare questo articolo con questi due esempi, perché l’anime di cui parlerò oggi distrugge entrambi i preconcetti, e lo fa in un modo completamente nuovo e originale.
La trama di “Princess Tutu” può essere superficialmente vista come una banale fiaba per bambini. Il cast messo in scena è quello classico: ci sono il principe, la principessa, il cavaliere... tutti attorniati da un insieme di pittoreschi animaletti antropomorfizzati, come il simpaticissimo Neko-sensei. Anche la struttura narrativa è quella di una fiaba.
La storia infatti prende avvio con la classica contrapposizione tra due forze, il bene (il principe) e il male (il corvo). Ma è già da questo incipit che si ha un brusco cambiamento. Il principe, per non soccombere al corvo, e per vincere la battaglia, distrugge il proprio cuore in moltissimi frammenti. Ed è qui che l’autore porta in gioco una nuova pedina: Ahiru, o Princess Tutu, una ragazza il cui compito sarà ritrovare i frammenti del principe per ridargli le sue emozioni, destinata a soccombere una volta che il suo ruolo verrà portato a termine. Ad affiancarla c’è il cavaliere, fedele amico del principe, intenzionato a salvarlo.
Spesso si è portati a credere che la fiaba sia un tipico racconto adatto soltanto ai più piccoli, visto lo stile semplificato e un happy ending prevedibile. Specie se paragonato ad opere che trattano tematiche troppo complesse per potersi adattare ai più giovani. Ma, nel caso di “Princess Tutu”, questo pregiudizio si rivelerebbe un grave errore. Quest’anime è la prova di come una fiaba possa rivelarsi tragica, forte e significativa anche per gli adulti, oltre che una serie esposta a più livelli di interpretazione.
Perché, più che una fiaba, “Princess Tutu” è la sua decostruzione. I personaggi sono visti per quello che sono effettivamente: delle mere pedine nelle mani del loro autore.
Ricordate la domanda con cui ho aperto l’articolo? Spesso chi immagina scontri improponibili tra due personaggi di due universi narrativi differenti, e si infuria se il proprio non vince, dimentica che, al di là di mere supposizioni fatte per gioco, nessuno di noi può decidere quale personaggio può vincere un conflitto. Perché ci sarà sempre una persona in grado di sovvertire completamente le sorti di ogni scontro: l’autore.
In “Princess Tutu”, l’autore diventa un personaggio della storia. Lui ha deciso che la fiaba che ha scritto terminerà in tragedia, e muove le fila come un burattinaio, che gioca ad essere dio. I suoi personaggi - divenendo infine consapevoli della cosa - provano a lottare per liberarsi del loro infausto destino.
Anche la tematica dell’amore viene completamente stravolta. Nelle fiabe si è soliti mettere in scena l’amore vero, semplice e stucchevole, che vince contro qualsiasi cosa. Qui no. L’amore è tragico, affligge tutti i personaggi.
Che cosa importa di più? Amare o essere amati? Tutti desideriamo ricevere amore dagli altri, per lenire la nostra solitudine. Ed è questo il sentimento che predomina tra i personaggi: Rue è una principessa, è stata cresciuta dal Corvo, si presuppone che non provi nulla, e invece lei ama. Ama il principe con tutta sé stessa, e combatte una battaglia interiore contro di sé per poter superare il dolore della consapevolezza di non essere amata a sua volta; Ahiru stessa è consapevole che, una volta salvato il suo grande amore e dopo avergli svelato i propri sentimenti, sarà destinata a scomparire per sempre; così come il cavaliere Fakir combatte contro le proprie più grandi paure, sapendo che lottare a fianco del suo fedele amico gli costerà la vita, come l’autore ha deciso.
L’anime principalmente si divide in due cour. I primi tredici episodi infatti possono essere visti come i più semplici, quelli che occupano il lato più fiabesco della storia; ma la seconda metà è più seriosa, e mette in scena l’epica battaglia che i personaggi muovono contro le proprie paure e contro Drosselmeyer, l’autore appunto, per evitare la tragedia.
Persino sul lato tecnico, l’anime si mantiene sempre su alti livelli. Oltre ad animazioni molto fluide, un character design apparentemente bambinesco che, insieme alla trama, trae molti in inganno, e alle atmosfere volutamente cupe, la cosa più gratificante è l’apparato sonoro. Essendo un anime basato sulla danza classica, in cui i personaggi combattono a suon di passi, le puntate sono accompagnate da motivi classici (composti da Petr Il'ič Čajkovskij) che si sposano perfettamente con le atmosfere proposte.
E avete presente la tipica frase “Gli anime sono per bambini?”, che spesso e volentieri manda fuori di testa i fan dell’animazione, specie quelli dediti a visioni più complesse e mature?
Ho voluto iniziare questo articolo con questi due esempi, perché l’anime di cui parlerò oggi distrugge entrambi i preconcetti, e lo fa in un modo completamente nuovo e originale.
La trama di “Princess Tutu” può essere superficialmente vista come una banale fiaba per bambini. Il cast messo in scena è quello classico: ci sono il principe, la principessa, il cavaliere... tutti attorniati da un insieme di pittoreschi animaletti antropomorfizzati, come il simpaticissimo Neko-sensei. Anche la struttura narrativa è quella di una fiaba.
La storia infatti prende avvio con la classica contrapposizione tra due forze, il bene (il principe) e il male (il corvo). Ma è già da questo incipit che si ha un brusco cambiamento. Il principe, per non soccombere al corvo, e per vincere la battaglia, distrugge il proprio cuore in moltissimi frammenti. Ed è qui che l’autore porta in gioco una nuova pedina: Ahiru, o Princess Tutu, una ragazza il cui compito sarà ritrovare i frammenti del principe per ridargli le sue emozioni, destinata a soccombere una volta che il suo ruolo verrà portato a termine. Ad affiancarla c’è il cavaliere, fedele amico del principe, intenzionato a salvarlo.
Spesso si è portati a credere che la fiaba sia un tipico racconto adatto soltanto ai più piccoli, visto lo stile semplificato e un happy ending prevedibile. Specie se paragonato ad opere che trattano tematiche troppo complesse per potersi adattare ai più giovani. Ma, nel caso di “Princess Tutu”, questo pregiudizio si rivelerebbe un grave errore. Quest’anime è la prova di come una fiaba possa rivelarsi tragica, forte e significativa anche per gli adulti, oltre che una serie esposta a più livelli di interpretazione.
Perché, più che una fiaba, “Princess Tutu” è la sua decostruzione. I personaggi sono visti per quello che sono effettivamente: delle mere pedine nelle mani del loro autore.
Ricordate la domanda con cui ho aperto l’articolo? Spesso chi immagina scontri improponibili tra due personaggi di due universi narrativi differenti, e si infuria se il proprio non vince, dimentica che, al di là di mere supposizioni fatte per gioco, nessuno di noi può decidere quale personaggio può vincere un conflitto. Perché ci sarà sempre una persona in grado di sovvertire completamente le sorti di ogni scontro: l’autore.
In “Princess Tutu”, l’autore diventa un personaggio della storia. Lui ha deciso che la fiaba che ha scritto terminerà in tragedia, e muove le fila come un burattinaio, che gioca ad essere dio. I suoi personaggi - divenendo infine consapevoli della cosa - provano a lottare per liberarsi del loro infausto destino.
Anche la tematica dell’amore viene completamente stravolta. Nelle fiabe si è soliti mettere in scena l’amore vero, semplice e stucchevole, che vince contro qualsiasi cosa. Qui no. L’amore è tragico, affligge tutti i personaggi.
Che cosa importa di più? Amare o essere amati? Tutti desideriamo ricevere amore dagli altri, per lenire la nostra solitudine. Ed è questo il sentimento che predomina tra i personaggi: Rue è una principessa, è stata cresciuta dal Corvo, si presuppone che non provi nulla, e invece lei ama. Ama il principe con tutta sé stessa, e combatte una battaglia interiore contro di sé per poter superare il dolore della consapevolezza di non essere amata a sua volta; Ahiru stessa è consapevole che, una volta salvato il suo grande amore e dopo avergli svelato i propri sentimenti, sarà destinata a scomparire per sempre; così come il cavaliere Fakir combatte contro le proprie più grandi paure, sapendo che lottare a fianco del suo fedele amico gli costerà la vita, come l’autore ha deciso.
L’anime principalmente si divide in due cour. I primi tredici episodi infatti possono essere visti come i più semplici, quelli che occupano il lato più fiabesco della storia; ma la seconda metà è più seriosa, e mette in scena l’epica battaglia che i personaggi muovono contro le proprie paure e contro Drosselmeyer, l’autore appunto, per evitare la tragedia.
Persino sul lato tecnico, l’anime si mantiene sempre su alti livelli. Oltre ad animazioni molto fluide, un character design apparentemente bambinesco che, insieme alla trama, trae molti in inganno, e alle atmosfere volutamente cupe, la cosa più gratificante è l’apparato sonoro. Essendo un anime basato sulla danza classica, in cui i personaggi combattono a suon di passi, le puntate sono accompagnate da motivi classici (composti da Petr Il'ič Čajkovskij) che si sposano perfettamente con le atmosfere proposte.
La storia di un principe che ha sacrificato il suo cuore combattendo contro il suo mortale nemico, e la storia di una principessa che desidera rendere il cuore al principe. Un preambolo molto fiabesco per quest'opera, “Princess Tutu”, che nei fatti riesce, grazie alla sua splendida struttura narrativa e ai suoi eccelsi personaggi, a trascendere il concetto di fiaba stessa per portarsi a un livello superiore.
Quindi, per nulla al mondo dovreste farvi ingannare dal disegno a rimandi infantili, dai toni leggeri delle battute iniziali e dall'uso di elementi come il balletto nello sfidare i nemici: “Princess Tutu” è un'opera tanto semplice nelle basi, ovvero l'elemento fiabesco, quanto complesso nella costruzione, e richiede un occhio attento per cogliere le numerose sfumature. Ma credetemi: l'attenzione che spenderete verrà ripagata con una splendida storia.
Ma andiamo con ordine, iniziando dalla situazione iniziale della storia: la protagonista di quest'opera, nonché l'eroina, è Ahiru, una goffa ragazzina che frequenta il corso di ballo della scuola d'arte di Kinkan Town, cittadina ove è ambientata tutta l'opera. Ella tuttavia ha un segreto: ben presto scopre, grazie a un sogno, di essere in realtà una papera che aveva desiderato poter riportare il sorriso sul volto del principe. Il suo desidero tuttavia non resta inascoltato, in quanto Dosselmeyer, un famosissimo scrittore, le dona un ciondolo in grado di renderla umana e avvicinare il principe con maggior facilità. Tale ciondolo inoltre le conferisce un ulteriore potere: oltre alla normale forma umana di Ahiru, ella può anche trasformarsi in “Princess Tutu”, principessa dotata di eccelse capacità di ballo e incaricata di raccogliere i frammenti perduti del cuore del principe e renderglieli.
Principe che, ovviamente, è presente nella città e nell'accademia sotto le spoglie di un ragazzo di nome Mytho, tanto abile nel ballo quanto inespressivo nei sentimenti (a causa della mancanza del cuore). Fondamentalmente la storia proseguirà pari pari con il recupero dei frammenti del cuore del principe, e tal compito è il motore che fa proseguire la vicenda.
Sin dalla sinossi dell'opera è facilmente constatabile quanto il personaggio di Ahiru sia strutturalmente complesso. L'artificio della trasformazione è comune nelle fiabe, ma qui il livello è addirittura duplice: da un lato vi è un essere inumano che diventa umano per avvicinarsi a un principe (proprio come la Sirenetta di Andersen, dove la similitudine prosegue anche nella figura che fornisce la possibilità di diventare umani), e dall'altro lato vi è la ragazza che diviene principessa (come per esempio Cenerentola).
Quindi, se da un lato Ahiru è caratterialmente una ragazza semplice (ma non banale) e incarna i valori di amicizia, umiltà e disponibilità verso il prossimo, in ambito “ruolistico” essa è il personaggio di gran lunga più complesso dell'opera (e probabilmente uno dei più complessi dell'animazione giapponese). Come contraltare troviamo Mytho, poco più di una bambola nelle battute iniziali e personaggio estremamente importante e attivo in quelle avanzate (specialmente dopo la metà dell'opera, in seguito a un certo avvenimento). Vi è da dire che il settore personaggi è probabilmente l'elemento più riuscito dell'intera opera e, nonostante i due precedentemente citati siano coloro che innescano la storia, gli altri non sono certamente da meno. Proprio come Ahiru e Mytho, a molti di essi può essere attribuito un ruolo tipico delle fiabe, ovviamente reso più complesso proprio come negli altri casi. Fakir, fedele e a tratti ambiguo amico di Mytho nonché compagno del corso ballo, si rivelerà ben presto come “cavaliere” dell'opera, ma la sua evoluzione nella storia sarà estremamente peculiare e difficile da prevedere per lo spettatore. Rue, ragazza che frequenta anch'essa il corso di ballo e si definisce la compagna di Mytho, assume ben presto una connotazione antagonistica simile a quella della strega (unita in modo interessante alla figura della “principessa”, e infatti ella è riconducibile al “Cigno Nero” de “Il Lago dei Cigni”). Nemmeno la sua evoluzione ha tratti convenzionali, anzi: probabilmente la sua storia è, dal punto di vista narrativo, una delle più complesse e maggiormente ammantate dal mistero, tanto che le informazioni su di essa verranno snocciolate durante tutta la narrazione fino al finale.
Ahiru, Mytho, Fakir e Rue sono sicuramente i personaggi principali della storia, e possiedono una caratterizzazione eccelsa, eppure anche i secondari sono trattati in modo più che dignitoso. L'insegnante di ballo “Neko-Sensei” (professor gatto) incarna sicuramente il riuscitissimo elemento comico dell'opera; Lilie e Pike, le due amiche di Ahiru, oltre a partecipare alla parte comica/commedia, fungono da supporto alle disavventure quotidiane dell'eroina e sono partecipi delle parti più rilassate dell'anime; Edel, misteriosa suonatrice ambulante che nelle prime battute funge da supporto a Ahiru/Princess Tutu, è protagonista anch'essa di importanti rivelazioni e un'interessante evoluzione. E infine il Corvo, ovvero il crudele antagonista della storia nonché nemico giurato del principe, che fa da contraltare a quest'ultimo come fulcro narrativo.
Vi sono inoltre numerosi personaggi episodici che, sebbene meno caratterizzati di altri per ovvi motivi di tempo, possiedono comunque una buona funzionalità all'interno della storia.
Nel trattare i personaggi ne ho volutamente tenuto fuori uno, Dosselmeyer, al fine di introdurre il secondo elemento decisamente riuscito di quest'opera. Ebbene, Dosselmeyer non è altri che il narratore di tutta questa storia, nonché personaggio della storia stessa (è lui a dare il ciondolo alla papera e a introdurre Princess Tutu nell'intreccio). Egli aggiunge un nuovo strato narrativo alla storia, permettendo alla semplice narrazione di divenire una vera e propria “metanarrazione”.
Infatti “Princess Tutu” non è la storia di un principe senza il cuore e di una principessa che tenta di renderglielo, ma è la storia di una storia, e tale possibilità è data dall'aver reso il narratore un personaggio reale e attivo: i protagonisti non dovranno solo assolvere al loro compito, ma dovranno anche fare i conti col fatto di essere i personaggi della storia di qualcun altro.
Dal punto di vista formale/visivo, la struttura dell'opera è mista, con puntate maggiormente autoconclusive alternate a momenti di maggior continuità narrativa. Ma, se badiamo al discorso precedentemente fatto sulla metanarrazione, l'opera narra la narrazione degli elementi precedentemente enumerati, con un narratore che guida i suoi personaggi e i personaggi che influenzano la storia stessa e il narratore, tanto da portare a una vera e propria decostruzione dell'elemento di stesura della storia. Un'idea sicuramente brillante.
Inoltre, la presenza di una storia nella storia fornisce una progressiva ambiguità sul livello di realtà dei diversi elementi (fanno parte della storia o della storia nella storia?), dando vita a un panorama a tratti onirico, merito degli elementi fiabeschi, e a tratti angosciante (con qualche punta di amaro), per via della presenza di un deus ex machina che agisce sulle sorti di altri e tenta di imbrigliarle al suo volere.
Per quanto riguarda la tecnica, l'opera è diretta molto bene dal regista Jun'ichi Sato, già famoso per aver diretto le prime stagioni di “Sailor Moon” (e che ritroverà diversi colleghi di tale opera a lavorare su “Princess Tutu”). Sicuramente il regista si trova a sua agio nel suo elemento, in quanto l'opera presenta una forte componente “maho shojo”, e il ritmo risulta sempre ottimo e mai noioso in qualsiasi sua parte. Davvero azzeccata l'idea di inserire un frammento narrato a mo' di fiaba come prologo a ogni episodio, fattore che aumenta ancor di più il fattore “fiabesco” presente nell'opera anche grazie agli splendidi disegni di fondo, che sembrano effettivamente usciti da un libro di fiabe e racconti.
Riguardo al comparto video, le animazioni sono di altissimo livello e sempre fluide, e stile grafico e character design si sposano benissimo con le velleità fiabesche dell'opera. Questi potrebbero tuttavia ingannare il possibile spettatore, facendogli erroneamente ritenere di essere di fronte a un'opera puerile e/o banale: sarebbe un gravissimo errore, in quanto quest'opera non è mai banale. E, se sembra diventarlo, dietro l'angolo c'è sempre un avvenimento capace di sorprendere lo spettatore.
Questo è merito del sapiente lavoro fatto nella pianificazione dell'opera, nonché delle eccellenti fonti.
E ora il comparto audio, altra componente estremamente solida. Visto che si tratta di un'opera fortemente incentrata sul balletto, è facilmente preventivabile una forte componente di musica classica. E infatti “Princess Tutu” espone un vastissimo e splendido repertorio classico, chiamando in causa compositori del calibro di Čajkovskij, Mussorgsky, Debussy e molti altri.
Particolarmente importante è Čajkovskij, colui che ha musicato il già citato balletto “Il Lago dei Cigni”, del quale troviamo numerosi riferimenti, in quanto è una delle fonti essenziali di ispirazione di “Princess Tutu” (pur uniti a elementi della fiaba “Il brutto Anatroccolo” di Andersen): infatti le due principesse presenti nella storia non sono altro che il Cigno Bianco e il Cigno Nero, con l'antagonista Corvo che rappresenta il malvagio Rothbart.
L'ho già espresso, ma desidero ripeterlo in questa conclusione: “Princess Tutu” è un'opera decisamente complessa, e necessita di un giusto grado di attenzione per comprenderne appieno la struttura, la complessità dei personaggi e gli innumerevoli riferimenti insiti in essa. Quindi, nonostante l'indubbia assenza di “pesantezza” in sé, è assolutamente sconsigliata come visione leggera (sarebbe un vero spreco), ma è decisamente consigliata a coloro che cercano qualcosa di memorabile e che amano la buona animazione. Quest'anime (datato 2002) rientra di diritto nell'olimpo della prolifica produzione dei primi anni 2000, fortemente imparentata (e continuativa, almeno nella prima metà del decennio) alla grandiosa produzione degli anni novanta.
Voto: 9 +
Quindi, per nulla al mondo dovreste farvi ingannare dal disegno a rimandi infantili, dai toni leggeri delle battute iniziali e dall'uso di elementi come il balletto nello sfidare i nemici: “Princess Tutu” è un'opera tanto semplice nelle basi, ovvero l'elemento fiabesco, quanto complesso nella costruzione, e richiede un occhio attento per cogliere le numerose sfumature. Ma credetemi: l'attenzione che spenderete verrà ripagata con una splendida storia.
Ma andiamo con ordine, iniziando dalla situazione iniziale della storia: la protagonista di quest'opera, nonché l'eroina, è Ahiru, una goffa ragazzina che frequenta il corso di ballo della scuola d'arte di Kinkan Town, cittadina ove è ambientata tutta l'opera. Ella tuttavia ha un segreto: ben presto scopre, grazie a un sogno, di essere in realtà una papera che aveva desiderato poter riportare il sorriso sul volto del principe. Il suo desidero tuttavia non resta inascoltato, in quanto Dosselmeyer, un famosissimo scrittore, le dona un ciondolo in grado di renderla umana e avvicinare il principe con maggior facilità. Tale ciondolo inoltre le conferisce un ulteriore potere: oltre alla normale forma umana di Ahiru, ella può anche trasformarsi in “Princess Tutu”, principessa dotata di eccelse capacità di ballo e incaricata di raccogliere i frammenti perduti del cuore del principe e renderglieli.
Principe che, ovviamente, è presente nella città e nell'accademia sotto le spoglie di un ragazzo di nome Mytho, tanto abile nel ballo quanto inespressivo nei sentimenti (a causa della mancanza del cuore). Fondamentalmente la storia proseguirà pari pari con il recupero dei frammenti del cuore del principe, e tal compito è il motore che fa proseguire la vicenda.
Sin dalla sinossi dell'opera è facilmente constatabile quanto il personaggio di Ahiru sia strutturalmente complesso. L'artificio della trasformazione è comune nelle fiabe, ma qui il livello è addirittura duplice: da un lato vi è un essere inumano che diventa umano per avvicinarsi a un principe (proprio come la Sirenetta di Andersen, dove la similitudine prosegue anche nella figura che fornisce la possibilità di diventare umani), e dall'altro lato vi è la ragazza che diviene principessa (come per esempio Cenerentola).
Quindi, se da un lato Ahiru è caratterialmente una ragazza semplice (ma non banale) e incarna i valori di amicizia, umiltà e disponibilità verso il prossimo, in ambito “ruolistico” essa è il personaggio di gran lunga più complesso dell'opera (e probabilmente uno dei più complessi dell'animazione giapponese). Come contraltare troviamo Mytho, poco più di una bambola nelle battute iniziali e personaggio estremamente importante e attivo in quelle avanzate (specialmente dopo la metà dell'opera, in seguito a un certo avvenimento). Vi è da dire che il settore personaggi è probabilmente l'elemento più riuscito dell'intera opera e, nonostante i due precedentemente citati siano coloro che innescano la storia, gli altri non sono certamente da meno. Proprio come Ahiru e Mytho, a molti di essi può essere attribuito un ruolo tipico delle fiabe, ovviamente reso più complesso proprio come negli altri casi. Fakir, fedele e a tratti ambiguo amico di Mytho nonché compagno del corso ballo, si rivelerà ben presto come “cavaliere” dell'opera, ma la sua evoluzione nella storia sarà estremamente peculiare e difficile da prevedere per lo spettatore. Rue, ragazza che frequenta anch'essa il corso di ballo e si definisce la compagna di Mytho, assume ben presto una connotazione antagonistica simile a quella della strega (unita in modo interessante alla figura della “principessa”, e infatti ella è riconducibile al “Cigno Nero” de “Il Lago dei Cigni”). Nemmeno la sua evoluzione ha tratti convenzionali, anzi: probabilmente la sua storia è, dal punto di vista narrativo, una delle più complesse e maggiormente ammantate dal mistero, tanto che le informazioni su di essa verranno snocciolate durante tutta la narrazione fino al finale.
Ahiru, Mytho, Fakir e Rue sono sicuramente i personaggi principali della storia, e possiedono una caratterizzazione eccelsa, eppure anche i secondari sono trattati in modo più che dignitoso. L'insegnante di ballo “Neko-Sensei” (professor gatto) incarna sicuramente il riuscitissimo elemento comico dell'opera; Lilie e Pike, le due amiche di Ahiru, oltre a partecipare alla parte comica/commedia, fungono da supporto alle disavventure quotidiane dell'eroina e sono partecipi delle parti più rilassate dell'anime; Edel, misteriosa suonatrice ambulante che nelle prime battute funge da supporto a Ahiru/Princess Tutu, è protagonista anch'essa di importanti rivelazioni e un'interessante evoluzione. E infine il Corvo, ovvero il crudele antagonista della storia nonché nemico giurato del principe, che fa da contraltare a quest'ultimo come fulcro narrativo.
Vi sono inoltre numerosi personaggi episodici che, sebbene meno caratterizzati di altri per ovvi motivi di tempo, possiedono comunque una buona funzionalità all'interno della storia.
Nel trattare i personaggi ne ho volutamente tenuto fuori uno, Dosselmeyer, al fine di introdurre il secondo elemento decisamente riuscito di quest'opera. Ebbene, Dosselmeyer non è altri che il narratore di tutta questa storia, nonché personaggio della storia stessa (è lui a dare il ciondolo alla papera e a introdurre Princess Tutu nell'intreccio). Egli aggiunge un nuovo strato narrativo alla storia, permettendo alla semplice narrazione di divenire una vera e propria “metanarrazione”.
Infatti “Princess Tutu” non è la storia di un principe senza il cuore e di una principessa che tenta di renderglielo, ma è la storia di una storia, e tale possibilità è data dall'aver reso il narratore un personaggio reale e attivo: i protagonisti non dovranno solo assolvere al loro compito, ma dovranno anche fare i conti col fatto di essere i personaggi della storia di qualcun altro.
Dal punto di vista formale/visivo, la struttura dell'opera è mista, con puntate maggiormente autoconclusive alternate a momenti di maggior continuità narrativa. Ma, se badiamo al discorso precedentemente fatto sulla metanarrazione, l'opera narra la narrazione degli elementi precedentemente enumerati, con un narratore che guida i suoi personaggi e i personaggi che influenzano la storia stessa e il narratore, tanto da portare a una vera e propria decostruzione dell'elemento di stesura della storia. Un'idea sicuramente brillante.
Inoltre, la presenza di una storia nella storia fornisce una progressiva ambiguità sul livello di realtà dei diversi elementi (fanno parte della storia o della storia nella storia?), dando vita a un panorama a tratti onirico, merito degli elementi fiabeschi, e a tratti angosciante (con qualche punta di amaro), per via della presenza di un deus ex machina che agisce sulle sorti di altri e tenta di imbrigliarle al suo volere.
Per quanto riguarda la tecnica, l'opera è diretta molto bene dal regista Jun'ichi Sato, già famoso per aver diretto le prime stagioni di “Sailor Moon” (e che ritroverà diversi colleghi di tale opera a lavorare su “Princess Tutu”). Sicuramente il regista si trova a sua agio nel suo elemento, in quanto l'opera presenta una forte componente “maho shojo”, e il ritmo risulta sempre ottimo e mai noioso in qualsiasi sua parte. Davvero azzeccata l'idea di inserire un frammento narrato a mo' di fiaba come prologo a ogni episodio, fattore che aumenta ancor di più il fattore “fiabesco” presente nell'opera anche grazie agli splendidi disegni di fondo, che sembrano effettivamente usciti da un libro di fiabe e racconti.
Riguardo al comparto video, le animazioni sono di altissimo livello e sempre fluide, e stile grafico e character design si sposano benissimo con le velleità fiabesche dell'opera. Questi potrebbero tuttavia ingannare il possibile spettatore, facendogli erroneamente ritenere di essere di fronte a un'opera puerile e/o banale: sarebbe un gravissimo errore, in quanto quest'opera non è mai banale. E, se sembra diventarlo, dietro l'angolo c'è sempre un avvenimento capace di sorprendere lo spettatore.
Questo è merito del sapiente lavoro fatto nella pianificazione dell'opera, nonché delle eccellenti fonti.
E ora il comparto audio, altra componente estremamente solida. Visto che si tratta di un'opera fortemente incentrata sul balletto, è facilmente preventivabile una forte componente di musica classica. E infatti “Princess Tutu” espone un vastissimo e splendido repertorio classico, chiamando in causa compositori del calibro di Čajkovskij, Mussorgsky, Debussy e molti altri.
Particolarmente importante è Čajkovskij, colui che ha musicato il già citato balletto “Il Lago dei Cigni”, del quale troviamo numerosi riferimenti, in quanto è una delle fonti essenziali di ispirazione di “Princess Tutu” (pur uniti a elementi della fiaba “Il brutto Anatroccolo” di Andersen): infatti le due principesse presenti nella storia non sono altro che il Cigno Bianco e il Cigno Nero, con l'antagonista Corvo che rappresenta il malvagio Rothbart.
L'ho già espresso, ma desidero ripeterlo in questa conclusione: “Princess Tutu” è un'opera decisamente complessa, e necessita di un giusto grado di attenzione per comprenderne appieno la struttura, la complessità dei personaggi e gli innumerevoli riferimenti insiti in essa. Quindi, nonostante l'indubbia assenza di “pesantezza” in sé, è assolutamente sconsigliata come visione leggera (sarebbe un vero spreco), ma è decisamente consigliata a coloro che cercano qualcosa di memorabile e che amano la buona animazione. Quest'anime (datato 2002) rientra di diritto nell'olimpo della prolifica produzione dei primi anni 2000, fortemente imparentata (e continuativa, almeno nella prima metà del decennio) alla grandiosa produzione degli anni novanta.
Voto: 9 +
Trovo che Princess Tutu sia un anime per bambini, ma questo mi sa che era facile da capire.
I disegni sono troppo schematici nella fisionomia dei corpi e non ci sono movimenti che tengano, i personaggi assomigliano a dei manichini.
I passi di danza sono sempre gli stessi, piroetta, grand jetè e passè, insomma, se è un anime sulla danza, invece di stare a parlare del corvo bisogna concentrarsi sui passi! Per quanto riguarda la teoria del balletto però devo dire che sono stati più attenti, almeno non hanno detto qualcosa di sbagliato su Coppelia o Il lago dei cigni, perché hanno detto poco, appunto.
Non mi è piaciuto affatto il personaggio del principe, troppo delicato e femminile, persino di più dei personaggi femminili! La protagonista l'ho trovata troppo semplice, il suo carattere non aveva spessore. Una papera in tutto e per tutto anche in forma umana. Gli unici su cui non ho niente da dire di negativo sono Fakir e il maestro Gatto. Il primo ben si adattava al ruolo da cavaliere e se non ci fosse stato lui credo che l'anime sarebbe stato ancora meno amato. Lui è l'unico personaggio forte in tutti i sensi. Il maestro Gatto invece fa da spezzone comico, aiutando molto chi guarda, dato che se non ci fosse lui la trama sarebbe troppo pesante. Molti lo trovano irritante, ma io non sono d'accordo.
Il finale mi ha scioccato, essendo un anime per bambini (lo ripeto perché è vero) trovo che avrebbero dovuto farlo a lieto fine, o almeno concludere qualcosa. Tutte le fortune le ha avute il principe, colui che non ha fatto nulla se non stare ad aspettare come Raperonzolo di essere salvato, mentre l'eroina, colei che si è sacrificata più volte per lui, è ridiventata papera e ha avuto un sacco di sfortune (salvo la restante vita da papera con Fakir). Soprattutto per questo finale ingrato, più di 6 non glielo darei.
I disegni sono troppo schematici nella fisionomia dei corpi e non ci sono movimenti che tengano, i personaggi assomigliano a dei manichini.
I passi di danza sono sempre gli stessi, piroetta, grand jetè e passè, insomma, se è un anime sulla danza, invece di stare a parlare del corvo bisogna concentrarsi sui passi! Per quanto riguarda la teoria del balletto però devo dire che sono stati più attenti, almeno non hanno detto qualcosa di sbagliato su Coppelia o Il lago dei cigni, perché hanno detto poco, appunto.
Non mi è piaciuto affatto il personaggio del principe, troppo delicato e femminile, persino di più dei personaggi femminili! La protagonista l'ho trovata troppo semplice, il suo carattere non aveva spessore. Una papera in tutto e per tutto anche in forma umana. Gli unici su cui non ho niente da dire di negativo sono Fakir e il maestro Gatto. Il primo ben si adattava al ruolo da cavaliere e se non ci fosse stato lui credo che l'anime sarebbe stato ancora meno amato. Lui è l'unico personaggio forte in tutti i sensi. Il maestro Gatto invece fa da spezzone comico, aiutando molto chi guarda, dato che se non ci fosse lui la trama sarebbe troppo pesante. Molti lo trovano irritante, ma io non sono d'accordo.
Il finale mi ha scioccato, essendo un anime per bambini (lo ripeto perché è vero) trovo che avrebbero dovuto farlo a lieto fine, o almeno concludere qualcosa. Tutte le fortune le ha avute il principe, colui che non ha fatto nulla se non stare ad aspettare come Raperonzolo di essere salvato, mentre l'eroina, colei che si è sacrificata più volte per lui, è ridiventata papera e ha avuto un sacco di sfortune (salvo la restante vita da papera con Fakir). Soprattutto per questo finale ingrato, più di 6 non glielo darei.
Si tratta di un anime che può trarre in inganno, se tenete conto solo del titolo e della grafica; "Princess Tutu" può apparire, infatti, un po' infantile, ma non lo è affatto: probabilmente la semplicità è stata l'arma vincente per veicolare i vari messaggi che sono nascosti (alcuni meglio di altri) nella trama. Non a caso ci troviamo in un mondo di fiabe, o meglio, in un mondo dove personaggi di varie fiabe s'intrecciano senza che alcuno ne abbia sentore. Una sorta di "Truman show", dove lo scrittore cerca di portare a termine il proprio racconto "Il principe ed il corvo" anche dopo la sua morte. Tutti hanno un ruolo prestabilito: la loro esistenza è guidata inesorabilmente dal destino, e a nessuno è permesso uscire dalla propria strada. Tuttavia chi vorrebbe uscire da una via di cui non è consapevole di stare percorrendo?
Questo fino a che Ahiru, piccola paperella, non viene messa in gioco. Quella non è la storia a cui dovrebbe appartenere: le viene affidato il ruolo della principessa Tutu, destinata a cercare i pezzi perduti del cuore del principe e a scomparire in un lampo di luce una volta confessatigli i suoi sentimenti. Ma era stata la stessa Ahiru a desiderare di poter aiutare quel principe triste che danzava sulle rive del lago. Ed è proprio il desiderare che guida tutta la vicenda: il volere qualcosa di diverso, una vita migliore fatta d'amore. E sarà proprio la goffa piccola paperella a insegnare a tutti che la speranza è un qualcosa di molto potente, persino dell'amore stesso.
Ahiru diviene così una buffa ragazzina che frequenta l'accademia di danza del paese: è goffa e non ha niente della grazia che si attribuirebbe a una ballerina, ma ha un qualcosa, una sorta di fascino, è come se abbagliasse. E il piccolo anatroccolo sgraziato diviene uno splendido cigno quando si trasforma in princess Tutu, tanto da attirare le attenzioni del giovane: tuttavia Ahiru sa che non è lei a ballare con tanta grazia e quella di cui Mhytho si è innamorato è princess Tutu.
Come in tutte le fiabe c'è un percorso di crescita: all'inizio si potrebbe pensare che per Ahiru sia la sua trasformazione in princess Tutu (da anatroccolo diventa cigno), ma probabilmente il crescere non c'entra niente con il diventare grandi e aggraziati; sarà proprio quando capirà che ha già tutto quello che deve avere per essere felice con se stessa e con gli altri che i tasselli inizieranno ad andare finalmente al suo posto, sia per lei sia per tutti gli altri.
Il finale mi ha lasciato piacevolmente sconcertata: con questo non voglio dire che non mi sia piaciuto, anzi, è stato sorprendente. In un genere di anime come questo, appunto come qualsiasi fiaba, c'è un finale che è già scritto e che tutti si aspettano: è proprio questo il bello delle fiabe a cui tutti ci aggrappiamo, a quel "vissero tutti felici e contenti". Anche qui abbiamo "vissero tutti felici e contenti", ma non è quello che ci aspettavamo. Se avrete voglia e lo guarderete, riflettete prima di vedere l'ultimo episodio: immaginate come andrà a finire e poi finitelo. A me "Princess Tutu" ha lasciato un po' di malinconia, sebbene tutti siano felici, anche se non per tutti la felicità ha coinciso con l'ottenere quello che desideravano. Probabilmente era semplicemente quello di cui avevano bisogno.
Questo fino a che Ahiru, piccola paperella, non viene messa in gioco. Quella non è la storia a cui dovrebbe appartenere: le viene affidato il ruolo della principessa Tutu, destinata a cercare i pezzi perduti del cuore del principe e a scomparire in un lampo di luce una volta confessatigli i suoi sentimenti. Ma era stata la stessa Ahiru a desiderare di poter aiutare quel principe triste che danzava sulle rive del lago. Ed è proprio il desiderare che guida tutta la vicenda: il volere qualcosa di diverso, una vita migliore fatta d'amore. E sarà proprio la goffa piccola paperella a insegnare a tutti che la speranza è un qualcosa di molto potente, persino dell'amore stesso.
Ahiru diviene così una buffa ragazzina che frequenta l'accademia di danza del paese: è goffa e non ha niente della grazia che si attribuirebbe a una ballerina, ma ha un qualcosa, una sorta di fascino, è come se abbagliasse. E il piccolo anatroccolo sgraziato diviene uno splendido cigno quando si trasforma in princess Tutu, tanto da attirare le attenzioni del giovane: tuttavia Ahiru sa che non è lei a ballare con tanta grazia e quella di cui Mhytho si è innamorato è princess Tutu.
Come in tutte le fiabe c'è un percorso di crescita: all'inizio si potrebbe pensare che per Ahiru sia la sua trasformazione in princess Tutu (da anatroccolo diventa cigno), ma probabilmente il crescere non c'entra niente con il diventare grandi e aggraziati; sarà proprio quando capirà che ha già tutto quello che deve avere per essere felice con se stessa e con gli altri che i tasselli inizieranno ad andare finalmente al suo posto, sia per lei sia per tutti gli altri.
Il finale mi ha lasciato piacevolmente sconcertata: con questo non voglio dire che non mi sia piaciuto, anzi, è stato sorprendente. In un genere di anime come questo, appunto come qualsiasi fiaba, c'è un finale che è già scritto e che tutti si aspettano: è proprio questo il bello delle fiabe a cui tutti ci aggrappiamo, a quel "vissero tutti felici e contenti". Anche qui abbiamo "vissero tutti felici e contenti", ma non è quello che ci aspettavamo. Se avrete voglia e lo guarderete, riflettete prima di vedere l'ultimo episodio: immaginate come andrà a finire e poi finitelo. A me "Princess Tutu" ha lasciato un po' di malinconia, sebbene tutti siano felici, anche se non per tutti la felicità ha coinciso con l'ottenere quello che desideravano. Probabilmente era semplicemente quello di cui avevano bisogno.
<b>Attenzione! Possibili spoiler sulla trama!</b>
Ci sono opere che hanno il pregio di offrire una trama appassionante e ben strutturata, e al tempo stesso di suscitare nello spettatore notevoli riflessioni a proposito dello stesso genere d'appartenenza della suddetta opera: ebbene, il qui recensito "Princess Tutu" entra a pieno merito in questa particolare categoria di prodotti.
Si tratta di una serie di ventisei episodi, realizzata nel 2002 da Hal Studio e diretta da Jun'ichi Satou, personaggio che può vantare una grande esperienza operativa nel mondo dell'animazione giapponese - ha preso parte alla realizzazione di numerosi lavori, tra i quali "Sailor Moon" ed "Evangelion". Se a prima vista può sembrare una serie infantile, è bene non farsi ingannare dalle apparenze, poiché i temi trattati sono tutt'altro che infantili, anche se comunque assimilabili senza problemi da un pubblico non adulto.
Per comprendere i meccanismi che rendono "Princess Tutu" una "narrazione con elementi di meta-narrazione", si possono analizzare le due parti nelle quali è suddivisa l'opera, essendo state le ventisei puntate complessive separate per il passaggio televisivo in due stagioni, che presentano caratteristiche differenti tra loro a livello concettuale.
La prima parte è quella più genuinamente narrativa della serie, una vera e propria fiaba che vede incorporate alcuni motivi tipici del genere majokko. Siamo in una città apparentemente tagliata fuori dal mondo, in cui convivono persone e animali dal comportamento umano, tra le quali Ahiru, una papera che si è invaghita del giovane ballerino Mytho, un ragazzo dall'aria malinconica e assente. La storia inizia quando un misterioso individuo chiamato Drosselmeyer offre ad Ahiru la possibilità di diventare un'umana per aiutare Mytho, donandole un ciondolo in grado di conferirle l'aspetto di una ragazza e, all'occorrenza, di trasformarla in Princess Tutu, una leggendaria ballerina il cui compito è restituire al principe i frammenti dispersi del suo cuore.
Il principe in questione altri non è che Mytho, che per proteggere il mondo da un mostruoso corvo dai malefici poteri, ha sacrificato i suoi sentimenti per sigillare la creatura, diventando un ragazzo apatico e anaffettivo. L'operato di Ahiru-Tutu troverà la strenua opposizione di Rue, fidanzata di Mytho, che si scoprirà essere figlia del Corvo, dalla quale ha ricevuto il potere di tramutarsi in Princess Krahere, e di Fakir, duro e intransigente compagno di Mytho, che pensa di proteggerlo impedendogli di riacquistare i suoi sentimenti, ma che alla fine passerà dalla parte di Ahiru comprendendo che riacquistare i frammenti di cuore è la precisa volontà di Mytho.
La situazione si complica nella seconda parte della serie: Rue-Krahere ha infatti contaminato il cuore del principe con il sangue del Corvo, rendendolo di fatto una marionetta nelle mani del mostro, mentre Ahiru e Fakir cominciano a dubitare di essere veramente in grado di aiutare il Principe. Accorgendosi della mancanza delle pagine finali in molti testi presenti nella biblioteca cittadina, rimasti di fatto senza conclusione, e dell'impressionante somiglianze tra le vicende in essi narrati e gli avvenimenti in cui è stato recentemente coinvolto, Fakir comincia però a sospettare che lui, Ahiru, Rue e Mytho non siano altro che i personaggi di una storia che qualcun altro sta scrivendo. Costui altri non è che Drosselmeyer, lo stesso che diede i poteri di Tutu ad Ahiru, un defunto scrittore che aveva il potere di tramutare le storie in realtà e che ha fatto in modo di continuare a scrivere anche dopo la morte. Ahiru e Fakir dovranno quindi al tempo stesso ritrovare tutti i frammenti del cuore di Mytho, fronteggiare il risveglio del Corvo, conseguenza inevitabile della ricostituzione del cuore del Principe, ed evitare che Drosselmeyer continui a controllare il corso degli eventi, alla ricerca della tragedia perfetta...
Il tema dei personaggi che trovano il coraggio di ribellarsi al proprio destino e di sorpassare la volontà del loro autore, ricco di implicazioni di natura esistenziale e non solo, oltre alla difficoltà tipica dell'individuo moderno di avere uno sguardo completo sulla realtà e di essere padrone delle proprie azioni (vengono infatti in mente i sistemi politici in cui la realtà è distorta da pochi privilegiati per controllare la massa), viene utilizzato con grande maestria da Satou, che lo propone con consapevolezza evitando però che esso prenda il sopravvento sulla componente puramente narrativa dell'opera. Quella di "Princess Tutu" non è infatti una trama al mero servizio delle elucubrazioni filosofiche dell'autore, ma viene sviluppata dall'inizio alla fine in maniera coerente e nondimeno affascinante, permettendo alla serie non solo di essere portatrice di temi complessi, ma anche di garantire allo spettatore un valido intrattenimento, venato in parti uguali di comicità, di dramma e di trasporto emotivo.
Veramente ottimo è il finale, che riesce a essere sostanzialmente lieto aggirando però gli stereotipi del genere avventuroso-sentimentale, acquisendo un'aura malinconica di grande effetto.
Degno di nota è poi il paragone con "La rivoluzione di Utena", serie di Kunihiko Ikuhara che condivide molte caratteristiche con "Princess Tutu": entrambe le opere, in primo luogo, sono fiabe post-moderne, nelle quali i personaggi, inizialmente relegati in ruoli ben definiti, tentano di sfuggire alle imposizioni e alle categorizzazioni di una mente superiore che tenta di sfruttarli per il proprio interesse. Sia in Tutu sia in Utena, poi, è abilmente sfruttata la struttura statica e ripetitiva degli episodi. In "Princess Tutu" infatti quasi tutte le puntate vengono scandite da un ordine di fatti ben preciso, anche se meno rigido che in Utena, per cui a fine episodio viene collocata la sfida tra la protagonista e l'avversario di turno, del quale si è già venuti a conoscenza nel corso della puntata e di cui si conoscono le ragioni che lo spingono allo scontro. Una tale schematicità delle puntate può far pensare che la serie prosegua per inerzia, senza veri sviluppi, invece la regia sfrutta molto abilmente questo stratagemma per schiudere a poco a poco tutti i risvolti della trama e per fare maturare la personalità dei protagonisti senza forzature.
Come accennato in precedenza, in "Princess Tutu" è molto presente anche il tema della fiaba, che si palesa anche nelle trame dei singoli episodi, ricalcate su quelle di fiabe più o meno famose delle quali viene fornito un breve compendio a inizio episodio, prima della sigla, che indica quale sarà il tema portante della puntata in questione.
Grande importanza hanno anche la danza e la musica classica: la prima può essere rilevata nella trama e nell'ambientazione, in quanto Ahiru e gli altri sono studenti di una scuola di balletto e sia Tutu sia Krahere sfruttano la danza come mezzo per i loro confronti, senza contare i numerosi riferimenti alla storia della danza sparsi per tutta la serie, che probabilmente possono essere colti solo da chi è avvezzo all'argomento. La seconda invece la fa da padrone nella colonna sonora, composta quasi interamente da brani classici principalmente di Tchaikovsky, ma anche di Mussorgsky, di Debussy e diversi altri, utilizzati sempre con avvedutezza e mai fuori contesto.
Graficamente è stato svolto un lavoro di tutto rispetto: il character design è sobrio, elegante e grazioso, mai eccessivo nella sua dolcezza, le animazioni sono sufficientemente fluide e curate, specialmente negli episodi finali, e i fondali ben caratterizzati. Sono presenti anche numerosi particolari in computer graphics, che, sebbene un po' datata, non stona con il resto delle scene e risulta tuttora molto godibile.
A conti fatti, "Princess Tutu" si è rivelata una serie eccellente, con diversi assi nella manica, che mi ha appassionato ancor più di quanto mi sarei aspettato, e che consiglio a chiunque sia in cerca di un prodotto intelligente e di qualità, che può tranquillamente essere annoverato senza problemi tra le più riuscite serie della prima decade del duemila. Se amate la buona animazione, non potete assolutamente perdervi quest'anime.
Ci sono opere che hanno il pregio di offrire una trama appassionante e ben strutturata, e al tempo stesso di suscitare nello spettatore notevoli riflessioni a proposito dello stesso genere d'appartenenza della suddetta opera: ebbene, il qui recensito "Princess Tutu" entra a pieno merito in questa particolare categoria di prodotti.
Si tratta di una serie di ventisei episodi, realizzata nel 2002 da Hal Studio e diretta da Jun'ichi Satou, personaggio che può vantare una grande esperienza operativa nel mondo dell'animazione giapponese - ha preso parte alla realizzazione di numerosi lavori, tra i quali "Sailor Moon" ed "Evangelion". Se a prima vista può sembrare una serie infantile, è bene non farsi ingannare dalle apparenze, poiché i temi trattati sono tutt'altro che infantili, anche se comunque assimilabili senza problemi da un pubblico non adulto.
Per comprendere i meccanismi che rendono "Princess Tutu" una "narrazione con elementi di meta-narrazione", si possono analizzare le due parti nelle quali è suddivisa l'opera, essendo state le ventisei puntate complessive separate per il passaggio televisivo in due stagioni, che presentano caratteristiche differenti tra loro a livello concettuale.
La prima parte è quella più genuinamente narrativa della serie, una vera e propria fiaba che vede incorporate alcuni motivi tipici del genere majokko. Siamo in una città apparentemente tagliata fuori dal mondo, in cui convivono persone e animali dal comportamento umano, tra le quali Ahiru, una papera che si è invaghita del giovane ballerino Mytho, un ragazzo dall'aria malinconica e assente. La storia inizia quando un misterioso individuo chiamato Drosselmeyer offre ad Ahiru la possibilità di diventare un'umana per aiutare Mytho, donandole un ciondolo in grado di conferirle l'aspetto di una ragazza e, all'occorrenza, di trasformarla in Princess Tutu, una leggendaria ballerina il cui compito è restituire al principe i frammenti dispersi del suo cuore.
Il principe in questione altri non è che Mytho, che per proteggere il mondo da un mostruoso corvo dai malefici poteri, ha sacrificato i suoi sentimenti per sigillare la creatura, diventando un ragazzo apatico e anaffettivo. L'operato di Ahiru-Tutu troverà la strenua opposizione di Rue, fidanzata di Mytho, che si scoprirà essere figlia del Corvo, dalla quale ha ricevuto il potere di tramutarsi in Princess Krahere, e di Fakir, duro e intransigente compagno di Mytho, che pensa di proteggerlo impedendogli di riacquistare i suoi sentimenti, ma che alla fine passerà dalla parte di Ahiru comprendendo che riacquistare i frammenti di cuore è la precisa volontà di Mytho.
La situazione si complica nella seconda parte della serie: Rue-Krahere ha infatti contaminato il cuore del principe con il sangue del Corvo, rendendolo di fatto una marionetta nelle mani del mostro, mentre Ahiru e Fakir cominciano a dubitare di essere veramente in grado di aiutare il Principe. Accorgendosi della mancanza delle pagine finali in molti testi presenti nella biblioteca cittadina, rimasti di fatto senza conclusione, e dell'impressionante somiglianze tra le vicende in essi narrati e gli avvenimenti in cui è stato recentemente coinvolto, Fakir comincia però a sospettare che lui, Ahiru, Rue e Mytho non siano altro che i personaggi di una storia che qualcun altro sta scrivendo. Costui altri non è che Drosselmeyer, lo stesso che diede i poteri di Tutu ad Ahiru, un defunto scrittore che aveva il potere di tramutare le storie in realtà e che ha fatto in modo di continuare a scrivere anche dopo la morte. Ahiru e Fakir dovranno quindi al tempo stesso ritrovare tutti i frammenti del cuore di Mytho, fronteggiare il risveglio del Corvo, conseguenza inevitabile della ricostituzione del cuore del Principe, ed evitare che Drosselmeyer continui a controllare il corso degli eventi, alla ricerca della tragedia perfetta...
Il tema dei personaggi che trovano il coraggio di ribellarsi al proprio destino e di sorpassare la volontà del loro autore, ricco di implicazioni di natura esistenziale e non solo, oltre alla difficoltà tipica dell'individuo moderno di avere uno sguardo completo sulla realtà e di essere padrone delle proprie azioni (vengono infatti in mente i sistemi politici in cui la realtà è distorta da pochi privilegiati per controllare la massa), viene utilizzato con grande maestria da Satou, che lo propone con consapevolezza evitando però che esso prenda il sopravvento sulla componente puramente narrativa dell'opera. Quella di "Princess Tutu" non è infatti una trama al mero servizio delle elucubrazioni filosofiche dell'autore, ma viene sviluppata dall'inizio alla fine in maniera coerente e nondimeno affascinante, permettendo alla serie non solo di essere portatrice di temi complessi, ma anche di garantire allo spettatore un valido intrattenimento, venato in parti uguali di comicità, di dramma e di trasporto emotivo.
Veramente ottimo è il finale, che riesce a essere sostanzialmente lieto aggirando però gli stereotipi del genere avventuroso-sentimentale, acquisendo un'aura malinconica di grande effetto.
Degno di nota è poi il paragone con "La rivoluzione di Utena", serie di Kunihiko Ikuhara che condivide molte caratteristiche con "Princess Tutu": entrambe le opere, in primo luogo, sono fiabe post-moderne, nelle quali i personaggi, inizialmente relegati in ruoli ben definiti, tentano di sfuggire alle imposizioni e alle categorizzazioni di una mente superiore che tenta di sfruttarli per il proprio interesse. Sia in Tutu sia in Utena, poi, è abilmente sfruttata la struttura statica e ripetitiva degli episodi. In "Princess Tutu" infatti quasi tutte le puntate vengono scandite da un ordine di fatti ben preciso, anche se meno rigido che in Utena, per cui a fine episodio viene collocata la sfida tra la protagonista e l'avversario di turno, del quale si è già venuti a conoscenza nel corso della puntata e di cui si conoscono le ragioni che lo spingono allo scontro. Una tale schematicità delle puntate può far pensare che la serie prosegua per inerzia, senza veri sviluppi, invece la regia sfrutta molto abilmente questo stratagemma per schiudere a poco a poco tutti i risvolti della trama e per fare maturare la personalità dei protagonisti senza forzature.
Come accennato in precedenza, in "Princess Tutu" è molto presente anche il tema della fiaba, che si palesa anche nelle trame dei singoli episodi, ricalcate su quelle di fiabe più o meno famose delle quali viene fornito un breve compendio a inizio episodio, prima della sigla, che indica quale sarà il tema portante della puntata in questione.
Grande importanza hanno anche la danza e la musica classica: la prima può essere rilevata nella trama e nell'ambientazione, in quanto Ahiru e gli altri sono studenti di una scuola di balletto e sia Tutu sia Krahere sfruttano la danza come mezzo per i loro confronti, senza contare i numerosi riferimenti alla storia della danza sparsi per tutta la serie, che probabilmente possono essere colti solo da chi è avvezzo all'argomento. La seconda invece la fa da padrone nella colonna sonora, composta quasi interamente da brani classici principalmente di Tchaikovsky, ma anche di Mussorgsky, di Debussy e diversi altri, utilizzati sempre con avvedutezza e mai fuori contesto.
Graficamente è stato svolto un lavoro di tutto rispetto: il character design è sobrio, elegante e grazioso, mai eccessivo nella sua dolcezza, le animazioni sono sufficientemente fluide e curate, specialmente negli episodi finali, e i fondali ben caratterizzati. Sono presenti anche numerosi particolari in computer graphics, che, sebbene un po' datata, non stona con il resto delle scene e risulta tuttora molto godibile.
A conti fatti, "Princess Tutu" si è rivelata una serie eccellente, con diversi assi nella manica, che mi ha appassionato ancor più di quanto mi sarei aspettato, e che consiglio a chiunque sia in cerca di un prodotto intelligente e di qualità, che può tranquillamente essere annoverato senza problemi tra le più riuscite serie della prima decade del duemila. Se amate la buona animazione, non potete assolutamente perdervi quest'anime.
"Princess tutu" è una serie del 2002 prodotta dallo studio Hal Film Maker e diretta dal geniale Jun'ichi Satō, che ha lavorato per serie del calibro di Sailor Moon. L'opera è divisa in due stagioni per un numero complessivo di ventisei episodi (ignoto il motivo per cui se ne segnino trentotto), rispettivamente intitolate "Chapter of the Egg", e "Chapter of the Fledgling".
Spesso si è portati erroneamente a credere che le fiabe siano un genere di racconti adatti solamente ai bambini, capaci appena di propinare una qualche morale costruita a puntino senza riuscire ad addentrarsi in riflessioni dotate di una certa maturità e profondità. Ritengo che questo sia uno dei più gravi errori e pregiudizi in cui si possa incorrere. "Princess Tutu" è la prova inoppugnabile di come anche una fiaba possa rivelarsi incredibilmente significativa, tragica e dolce. Questa serie non è altro, infatti, se non una bellissima fiaba, anzi, a voler essere precisi, la si dovrebbe considerare la fiaba delle fiabe, la storia per antonomasia, poiché la riflessione che propone va a incidere sul significato stesso della costruzione di una storia, del ruolo dei suoi personaggi e della funzione del suo autore.
Per capire a cosa mi riferisco si deve però fare qualche passo indietro e andare a scoprire qualcosa di più circa le peculiari caratteristiche di quest'opera.
Non si è trattato certo di un nostro capriccio il voler definire "Princess Tutu" una fiaba; essa presenta infatti i personaggi tradizionalmente propri di questo genere, quali il principe, la principessa, il corvo, il cavaliere, accompagnati da un insieme pittoresco di animali antropomorfizzati e parlanti, dei quali illustre esempio viene fornito dal Neko-sensei. Anche la struttura è apparentemente quella di una semplice fiaba: vi si può comodamente notare la classica contrapposizione tra il bene, il principe, e il male, il corvo, e la strenua battaglia tra i due, che porterà prima o poi al prevalere dell'uno sull'altro. Tale battaglia all'iniziare della serie è però interrotta, perché il principe, per non soccombere al corvo, ha spezzato in molti frammenti il suo cuore in modo da sigillare il suo atavico nemico sotto la città, perdendo così la sua personalità, ma riuscendo a fermare la storia, uscendo dalla stessa. Per aggirare tale ostacolo l'autore decide d'intervenire direttamente e qui iniziano le vicende della nostra eroina Ahiru, aka Princess Tutu.
Ora, per comprendere quest'opera è necessario fare uno sforzo di volontà e cercare di cogliere più di quello che si palesa allo spettatore durante la visione, andando ad analizzare in profondità ciò che viene celato all'occhio disattento. Si tratta dunque di una serie suscettibile a più livelli di comprensione e interpretazione, che lascia ampio spazio alla rielaborazione personale dello spettatore, in grado di ricevere la sua essenza in modi diversi.
Se visto superficialmente, "Princess Tutu" potrebbe apparire come una dolce storia che parla d'amore. Non l'amore giocondo e frivolo comune a molte favole, ma un amore sofferto e tragico, un sentimento che scuote le passioni e i desideri dell'uomo e che contemporaneamente lo affligge, in una stringente morsa di autocommiserazione e di pessimismo. A cosa si anela veramente? Ad amare o a essere amati? Il desiderio che in realtà si cela nei più profondi anfratti dell'animo umano è quello di ricevere gratuitamente l'amore dagli altri, possedere l'oggetto di tale brama solo per se stessi, per soddisfare il proprio egoismo e lenire la propria solitudine. Questo è ciò che pensiamo possa renderci felici. Infatti quale orribile destino, segnato dalla sofferenza, attende chi invece ama senza però essere ricambiato, senza poter godere di quell'amore che in cuor suo offrirebbe incondizionatamente, poiché il crudele fato glielo impedisce? La medesima domanda affligge anche i personaggi, in particolare Rue, principessa destinata a non venire amata da alcuno, la stessa Tutu, il cui fato è quello di svanire per sempre nel momento in qui svelerà il suo intimo sentimento all'amato Queste e tante altre riflessioni emergono dal complicatissimo intrico narrativo che si viene a creare; ad esempio la volontà di fermare lo scorrere degli eventi, di fermare la storia, gettando via i propri sentimenti, dimenticando la realtà per costruirsene una fittizia, sicura per se stessi, dove guadagnare una felicità fasulla, confortevole, ma tanto fragile da crollare inevitabilmente innanzi al mutare degli avvenimenti. La soluzione non è fuggire, rimandando inutilmente la propria sorte per paura di soffrire, ma affrontare faccia a faccia il proprio destino per cercare di cambiarlo.
Interessante notare, poi, come venga reso ambiguo il rapporto tra ciò che è reale e ciò che è fantasia, questi due aspetti si fondono in un confuso e onirico amalgama, sottolineando come la loro differenza sia indefinitamente sottile, tanto da portare, più avanti, a inquietanti considerazioni in merito alla liberà individuale.
Con questo passaggio si arriva a un'analisi più approfondita della serie, quale tentativo di decostruzione del processo che porta alla formazione di una storia. Cos'altro determina le vicende di una narrazione se non la volontà del suo autore? I personaggi all'interno della fiaba non sono che mere pedine di un crudele gioco, marionette che credono d'agire secondo la propria volontà senza sapere che dietro vi è la mano di qualcun altro: dell'autore appunto, il quale determina il tragico fato delle sue comparse, giocando a fare la divinità.
Cosa accadrebbe, tuttavia, se i personaggi, piano piano, si accorgessero di essere manipolati, ottenendo così coscienza della loro condizione? Anche se sapessero che ogni loro atto è già stato deciso, come potrebbero agire di conseguenza, in modo da liberarsi? Come poter essere sicuri che il loro comportamento li porti davvero a realizzare ciò che desiderano e non contribuisca invece allo sviluppo della storia, i cui binari sono già predeterminati dal suo creatore?
Una storia che diventa realtà, la realtà che diventa una storia: qual è la differenza tra questi due processi di creazione? La risposta è che essa è molto labile, ambigua, e ciò comporta il dubbio di essere anche noi, senza saperlo, parte della storia scritta da qualcun altro, poiché non possiamo sapere se le nostre azioni e vicende siano state o meno già premeditate in un progetto più grande di noi, da una mente superiore. Anche l'autore della storia non è esente da questo dilemma, arrivando nelle battute finali a porsi anche lui questo quesito, la cui risposta è ironicamente positiva, poiché egli non è altro che un personaggio dell'anime stesso, una trovata davvero brillante e a mio parere geniale.
Nell'ultima parte della storia i personaggi tentano di liberarsi dall'infausto destino che li accomuna, cercando di evitare la triste conclusione che li attende, imposta dalla sadica mente di Drosselmeyer. Ciò non è tuttavia facile, perché essi non sono altro che i suoi personaggi, all'interno della sua storia, sebbene questa spesso gli sfugga di mano, come del resto può accadere anche al migliore scrittore; per questo egli necessita di una pedina da utilizzare come motore di tutto, e questa sarà proprio la nostra eroina, inizialmente estranea alle vicende e introdotta nella narrazione per farla procedere come previsto. Tutu, inconsapevole del suo vero ruolo, accetta questo compito con determinazione, diventando la "mano" dell'autore all'interno della storia.
Il susseguirsi degli avvenimenti, dunque, si costruisce in parte grazie all'intervento e alle direttive dell'autore e in parte in base alle scelte dei personaggi, nei limiti imposti dall'autore stesso che interverrà quando di dovere, per aggiustare e reindirizzare le vicende sui binari da lui scelti. Egli ha già deciso infatti che l'opera sarà una tragedia, ed essendo questa la sua volontà, arduo sarà cercare di svincolarsi da tali catene. Solamente nel finale si riuscirà a superare l'autore stesso e i personaggi, tornando ai loro ruoli, completeranno da soli la fine della fiaba.
Seguendo questa ribellione, portata avanti dai personaggi della serie, non si potrà che rimanere sconvolti dall'incredibile profondità delle riflessioni presenti, per non parlare della credibile umanità che i protagonisti dimostrano, il tutto reso impeccabilmente da una superba regia.
Il lato tecnico infatti è spettacolare. Pochi anime meritano un elogio così sentito per la loro realizzazione a livello visivo e a livello sonoro.
Le animazioni sono molto fluide e ben realizzate, gli sfondi curati e il character design originale e adatto per una serie di stampo fiabesco. Le atmosfere sono cupe e tristi, la città in cui tutto si ambienta è infatti misteriosa e profondamente incoerente; nessun personaggio però sembra inizialmente accorgersene (se non Ahiru, essendo a esso esterna) poiché, naturalmente, nessun personaggio di una storia si stupirebbe dell'ambiente in cui è calato, nonostante le lapalissiane incongruenze che lo caratterizzano.
Il maggior pregio, dal lato tecnico, consiste nell'incredibile comparto sonoro, il quale fa proprie le musiche composte dal genio di Pëtr Il'ič Čajkovskij.
Esse si adattano alla perfezione con la regia, tanto da lasciare a bocca aperta in più di qualche occasione, risultando oltremodo azzeccate con il contesto, la scuola di ballo, ed entrando in perfetta sinergia con l'intrinseca eleganza ed effimera leggerezza delle movenze dei personaggi, i quali sembrano danzare anche nel mentre della più furibonda lotta.
Purtroppo in questa recensione sono stato costretto, per motivi di spazio, a spietati funambolismi sinottici, riducendo al minimo le considerazioni da me tratte in seguito alla visione di questa splendida opera. Tanto ancora ci sarebbe da scrivere e di cui discutere, ma credo sia ora di pervenire a una conclusione per non tediare il lettore. Porgo i più sentiti ringraziamenti a quanti hanno avuto la pazienza di leggere fino a qui e immancabilmente non potrò che suggerire loro la visione di quest'opera, dolcissima e tragica, a cui vale davvero la pena dedicare il proprio tempo.
Voto: 9.
Spesso si è portati erroneamente a credere che le fiabe siano un genere di racconti adatti solamente ai bambini, capaci appena di propinare una qualche morale costruita a puntino senza riuscire ad addentrarsi in riflessioni dotate di una certa maturità e profondità. Ritengo che questo sia uno dei più gravi errori e pregiudizi in cui si possa incorrere. "Princess Tutu" è la prova inoppugnabile di come anche una fiaba possa rivelarsi incredibilmente significativa, tragica e dolce. Questa serie non è altro, infatti, se non una bellissima fiaba, anzi, a voler essere precisi, la si dovrebbe considerare la fiaba delle fiabe, la storia per antonomasia, poiché la riflessione che propone va a incidere sul significato stesso della costruzione di una storia, del ruolo dei suoi personaggi e della funzione del suo autore.
Per capire a cosa mi riferisco si deve però fare qualche passo indietro e andare a scoprire qualcosa di più circa le peculiari caratteristiche di quest'opera.
Non si è trattato certo di un nostro capriccio il voler definire "Princess Tutu" una fiaba; essa presenta infatti i personaggi tradizionalmente propri di questo genere, quali il principe, la principessa, il corvo, il cavaliere, accompagnati da un insieme pittoresco di animali antropomorfizzati e parlanti, dei quali illustre esempio viene fornito dal Neko-sensei. Anche la struttura è apparentemente quella di una semplice fiaba: vi si può comodamente notare la classica contrapposizione tra il bene, il principe, e il male, il corvo, e la strenua battaglia tra i due, che porterà prima o poi al prevalere dell'uno sull'altro. Tale battaglia all'iniziare della serie è però interrotta, perché il principe, per non soccombere al corvo, ha spezzato in molti frammenti il suo cuore in modo da sigillare il suo atavico nemico sotto la città, perdendo così la sua personalità, ma riuscendo a fermare la storia, uscendo dalla stessa. Per aggirare tale ostacolo l'autore decide d'intervenire direttamente e qui iniziano le vicende della nostra eroina Ahiru, aka Princess Tutu.
Ora, per comprendere quest'opera è necessario fare uno sforzo di volontà e cercare di cogliere più di quello che si palesa allo spettatore durante la visione, andando ad analizzare in profondità ciò che viene celato all'occhio disattento. Si tratta dunque di una serie suscettibile a più livelli di comprensione e interpretazione, che lascia ampio spazio alla rielaborazione personale dello spettatore, in grado di ricevere la sua essenza in modi diversi.
Se visto superficialmente, "Princess Tutu" potrebbe apparire come una dolce storia che parla d'amore. Non l'amore giocondo e frivolo comune a molte favole, ma un amore sofferto e tragico, un sentimento che scuote le passioni e i desideri dell'uomo e che contemporaneamente lo affligge, in una stringente morsa di autocommiserazione e di pessimismo. A cosa si anela veramente? Ad amare o a essere amati? Il desiderio che in realtà si cela nei più profondi anfratti dell'animo umano è quello di ricevere gratuitamente l'amore dagli altri, possedere l'oggetto di tale brama solo per se stessi, per soddisfare il proprio egoismo e lenire la propria solitudine. Questo è ciò che pensiamo possa renderci felici. Infatti quale orribile destino, segnato dalla sofferenza, attende chi invece ama senza però essere ricambiato, senza poter godere di quell'amore che in cuor suo offrirebbe incondizionatamente, poiché il crudele fato glielo impedisce? La medesima domanda affligge anche i personaggi, in particolare Rue, principessa destinata a non venire amata da alcuno, la stessa Tutu, il cui fato è quello di svanire per sempre nel momento in qui svelerà il suo intimo sentimento all'amato Queste e tante altre riflessioni emergono dal complicatissimo intrico narrativo che si viene a creare; ad esempio la volontà di fermare lo scorrere degli eventi, di fermare la storia, gettando via i propri sentimenti, dimenticando la realtà per costruirsene una fittizia, sicura per se stessi, dove guadagnare una felicità fasulla, confortevole, ma tanto fragile da crollare inevitabilmente innanzi al mutare degli avvenimenti. La soluzione non è fuggire, rimandando inutilmente la propria sorte per paura di soffrire, ma affrontare faccia a faccia il proprio destino per cercare di cambiarlo.
Interessante notare, poi, come venga reso ambiguo il rapporto tra ciò che è reale e ciò che è fantasia, questi due aspetti si fondono in un confuso e onirico amalgama, sottolineando come la loro differenza sia indefinitamente sottile, tanto da portare, più avanti, a inquietanti considerazioni in merito alla liberà individuale.
Con questo passaggio si arriva a un'analisi più approfondita della serie, quale tentativo di decostruzione del processo che porta alla formazione di una storia. Cos'altro determina le vicende di una narrazione se non la volontà del suo autore? I personaggi all'interno della fiaba non sono che mere pedine di un crudele gioco, marionette che credono d'agire secondo la propria volontà senza sapere che dietro vi è la mano di qualcun altro: dell'autore appunto, il quale determina il tragico fato delle sue comparse, giocando a fare la divinità.
Cosa accadrebbe, tuttavia, se i personaggi, piano piano, si accorgessero di essere manipolati, ottenendo così coscienza della loro condizione? Anche se sapessero che ogni loro atto è già stato deciso, come potrebbero agire di conseguenza, in modo da liberarsi? Come poter essere sicuri che il loro comportamento li porti davvero a realizzare ciò che desiderano e non contribuisca invece allo sviluppo della storia, i cui binari sono già predeterminati dal suo creatore?
Una storia che diventa realtà, la realtà che diventa una storia: qual è la differenza tra questi due processi di creazione? La risposta è che essa è molto labile, ambigua, e ciò comporta il dubbio di essere anche noi, senza saperlo, parte della storia scritta da qualcun altro, poiché non possiamo sapere se le nostre azioni e vicende siano state o meno già premeditate in un progetto più grande di noi, da una mente superiore. Anche l'autore della storia non è esente da questo dilemma, arrivando nelle battute finali a porsi anche lui questo quesito, la cui risposta è ironicamente positiva, poiché egli non è altro che un personaggio dell'anime stesso, una trovata davvero brillante e a mio parere geniale.
Nell'ultima parte della storia i personaggi tentano di liberarsi dall'infausto destino che li accomuna, cercando di evitare la triste conclusione che li attende, imposta dalla sadica mente di Drosselmeyer. Ciò non è tuttavia facile, perché essi non sono altro che i suoi personaggi, all'interno della sua storia, sebbene questa spesso gli sfugga di mano, come del resto può accadere anche al migliore scrittore; per questo egli necessita di una pedina da utilizzare come motore di tutto, e questa sarà proprio la nostra eroina, inizialmente estranea alle vicende e introdotta nella narrazione per farla procedere come previsto. Tutu, inconsapevole del suo vero ruolo, accetta questo compito con determinazione, diventando la "mano" dell'autore all'interno della storia.
Il susseguirsi degli avvenimenti, dunque, si costruisce in parte grazie all'intervento e alle direttive dell'autore e in parte in base alle scelte dei personaggi, nei limiti imposti dall'autore stesso che interverrà quando di dovere, per aggiustare e reindirizzare le vicende sui binari da lui scelti. Egli ha già deciso infatti che l'opera sarà una tragedia, ed essendo questa la sua volontà, arduo sarà cercare di svincolarsi da tali catene. Solamente nel finale si riuscirà a superare l'autore stesso e i personaggi, tornando ai loro ruoli, completeranno da soli la fine della fiaba.
Seguendo questa ribellione, portata avanti dai personaggi della serie, non si potrà che rimanere sconvolti dall'incredibile profondità delle riflessioni presenti, per non parlare della credibile umanità che i protagonisti dimostrano, il tutto reso impeccabilmente da una superba regia.
Il lato tecnico infatti è spettacolare. Pochi anime meritano un elogio così sentito per la loro realizzazione a livello visivo e a livello sonoro.
Le animazioni sono molto fluide e ben realizzate, gli sfondi curati e il character design originale e adatto per una serie di stampo fiabesco. Le atmosfere sono cupe e tristi, la città in cui tutto si ambienta è infatti misteriosa e profondamente incoerente; nessun personaggio però sembra inizialmente accorgersene (se non Ahiru, essendo a esso esterna) poiché, naturalmente, nessun personaggio di una storia si stupirebbe dell'ambiente in cui è calato, nonostante le lapalissiane incongruenze che lo caratterizzano.
Il maggior pregio, dal lato tecnico, consiste nell'incredibile comparto sonoro, il quale fa proprie le musiche composte dal genio di Pëtr Il'ič Čajkovskij.
Esse si adattano alla perfezione con la regia, tanto da lasciare a bocca aperta in più di qualche occasione, risultando oltremodo azzeccate con il contesto, la scuola di ballo, ed entrando in perfetta sinergia con l'intrinseca eleganza ed effimera leggerezza delle movenze dei personaggi, i quali sembrano danzare anche nel mentre della più furibonda lotta.
Purtroppo in questa recensione sono stato costretto, per motivi di spazio, a spietati funambolismi sinottici, riducendo al minimo le considerazioni da me tratte in seguito alla visione di questa splendida opera. Tanto ancora ci sarebbe da scrivere e di cui discutere, ma credo sia ora di pervenire a una conclusione per non tediare il lettore. Porgo i più sentiti ringraziamenti a quanti hanno avuto la pazienza di leggere fino a qui e immancabilmente non potrò che suggerire loro la visione di quest'opera, dolcissima e tragica, a cui vale davvero la pena dedicare il proprio tempo.
Voto: 9.
Titolo decisamente incognito e mutilato dalla trasposizione italiana, “Princess Tutu” è una fiaba.
A onor del vero, bisognerebbe dire che questa serie è la fiaba, poiché proprio questo è il tema portante della vicenda.
Princess Tutu è un anime che studia, decostruisce e infine riassembla il concetto di favola, spingendosi in questo nell'analisi della soglia fra realtà e finzione, ossia della vita come una grande mascherata posta su di un palcoscenico, dove si giunge seriamente a considerare la validità del libero arbitrio.
Una serie che, in ultima analisi, si presenta come un'allegoria del procedimento di creazione di una personale composizione in un qualsiasi campo dell'arte.
La prima impressione che si ha di quest'opera è sicuramente dettata dall'impatto visivo: disegni semplici e cartoneschi, le tipiche caricature che si potrebbero avere in un anime rivolto a un pubblico molto giovane. Eppure questa è stata la scelta migliore che si potesse fare, d'altronde quella di cui si parlerà non è nient'altro che una fiaba, il parto della mente di un'entità maggiore dei teatranti che sono i protagonisti stessi.
Si apre così la serie con gli elementi che saranno una costante durante tutto il suo sviluppo: la musica classica e il balletto.
Veniamo così a conoscenza del personaggio principale della narrazione, che, paradossalmente, non sarà però la protagonista della vicenda.
Una giovane un po' goffa che studia presso una scuola di danza classica, una ballerina provetta che difende come un cavalier servente il proprio principe e una piccola anatra che sogna ambizioni ben più grandi di lei: tutte queste sono le protagoniste della narrazione e sono la stessa persona.
Costei, la giovane Ahiru, è quindi la pedina che innesca il meccanismo che porterà la storia a evolversi. Tuttavia lei stessa è solo un artificio, d'altro canto affinché una storia possa essere concepita deve esistere il suo autore e questi deve avere modo di interagire con il suo stesso mondo.
Infatti, tocco brillante, l'inventore di tutta la vicenda (Drosselmeyer) è uno degli stessi personaggi e Ahiru altri non è che la sua pedina: s'instaura così il rapporto fra inventore e invenzione, una relazione conflittuale e incontrollabile di inumano sadismo, dove lo scrittore gioca a fare la divinità verso il mondo da lui creato, che tuttavia è anche il mondo da cui lui stesso proviene, infatti le proprie storie altro non sono che un riflesso e una ricostruzione del mondo della realtà interpretato secondo la sensibilità dello scrittore.
Tuttavia, come chiunque abbia mai composto qualcosa in qualsiasi campo dell'arte saprà bene, la propria creazione sfugge sempre, in maggiore o in minor parte, alle mani del proprio creatore, senza mai risultare perfettamente identica all'ideale teorico, evento che comunque non implica una resa minore di quella voluta, spesse volte è persino il contrario.
Nell'opera però il procedimento con cui il suo evolversi porta a esiti imprevisti viene effettivamente personificato dalla rivoluzione portata avanti dai personaggi.
Procediamo però con ordine: si ha una prima metà della serie durante la quale si tratta prettamente il motivo dell'inversione dei ruoli classici, con il principe - Mytho, decostruzione del Siegfried de “Il Lago dei Cigni” di Čajkovskij - che fa le veci dell'inetto che dev'essere protetto; il paladino del principe, Fakir, che rappresenta la stasi, impegnandosi con tutto se stesso per non cambiare il presente; la principessa - Rue, poi Kraehe, decostruzione di Odile - che, dapprima fuori scena, entra poi sul palco per avere per sé sola il principe stesso, mentre il ruolo della vera eroina viene paradossalmente affidato al deus ex machina del regista - Ahiru, poi Tutu, decostruzione di Odette -, la comparsa che assolve impeccabilmente e senza esitazioni né dubbi al proprio incarico, accettando umilmente il suo ruolo anche prevedendone il finale.
E interessante è a questo riguardo come Ahiru sia effettivamente estranea al proprio contesto: lei è sempre vissuta alla scuola, tuttavia questo è falso. Essendo lei un'anatra, ha sempre ammirato il principe, ma da quando lui è in quel mondo lei non ha mai potuto vederlo nel suo splendore, e soprattutto lei è l'unica che inizialmente realizza la fugacità di tutta l'ambientazione.
Tutto questo viene velatamente e comicamente reso evidente nelle diverse scene in cui la ragazza si stupisce del contesto che dovrebbe conoscere benissimo, come nel primo episodio, quando rimane decisamente interdetta alla vista del Neko-sensei.
Princess Tutu ha un mondo fasullo dove però i sentimenti sono veri, dove non è possibile eccedere i propri ruoli se non con fugaci improvvisazioni, il mondo del teatro.
E si giunge così alla seconda parte della serie, distinta dalla prima per profondità delle tematiche trattate e per l'atmosfera ben più tesa.
Se all'inizio ci si era addentrati nel clima favolistico del tutto, osservando come spettatori le azioni dei personaggi che recitano sul loro palco, ora si fa un procedimento di metateatro, guardando con gli occhi degli attori quella che è la loro instabile realtà e cercando di risalire al mondo reale o, al massimo, al proprio creatore.
Ora infatti l'autore impone forzatamente la propria volontà e decide che la sua opera sarà una tragedia, segno dell'avvicinamento alla realtà e dell'abbandono della fiaba. Ed ecco dunque i personaggi divenire maggiormente coscienti delle proprie azioni e, soprattutto, delle loro conseguenze.
Un mondo che crolla inesorabilmente e che, travolgendo i personaggi nel fiume degli ineluttabili eventi, giunge inesorabilmente alla propria conclusione.
Ma i protagonisti, avendo ora ricevuto una maggiore sensibilità dato il cambio di tenore dell'opera da parte dell'autore, hanno raggiunto un maggiore realismo e possono quindi svincolarsi dai propri ruoli, sino al punto di comprendere la loro condizione. E quindi la ribellione: gli attori che cercano, improvvisando, di riscrivere la storia, cercando di opporsi al mondo stesso. Giunge così il finale, dove ognuno riprende il ruolo che gli spetta secondo i canoni più classici, con il cavaliere che sacrifica tutto se stesso per permettere alla vicenda di avviarsi, il principe che corre a spada tratta a salvare la principessa rapita, e infine la comparsa che si vede costretta a cedere il posto ai veri attori.
Il risultato del finale è quindi il rammarico dell'autore, che è stato vinto dai propri personaggi, o forse dal proprio inconscio e che volge il suo sguardo già verso una nuova e più grandiosa composizione. D'altronde è più che tipico degli artisti essere sempre insoddisfatti dei propri risultati.
L'intera vicenda si conclude quindi con la più interessante delle riflessioni proposte, nonché con la risposta che l'autore fornisce per se stesso: potrebbe essere, infatti, che io altri non sia se non la fantasia di qualcun altro di esterno a me e che il mio sia un mondo fittizio, ove le mie azioni siano lo svolgersi di un copione già scritto. Ma anche sapendo ciò, cosa mai posso fare per oppormi a questo stato di cose?
La differenza fra libero arbitrio assume quindi una concezione puramente teoretica, avendo invece negli effetti lo stesso risultato. Sapere di agire liberamente e crederlo soltanto non sono poi due concetti tanto distanti.
Chiaramente tutte queste opinioni sono frutto di un'analisi successiva alla visione stessa dell'opera e non una conseguenza diretta della stessa.
A un impatto più diretto la serie risulta comunque estremamente piacevole, con animazioni discrete e musiche eccellenti, con una colonna sonora magnifica e quasi interamente classica, che richiama, se non addirittura cita direttamente, compositori celeberrimi (solo per citarne due, Musorgskij e Čajkovskij), con una particolare attenzione al periodo neoclassico e romantico.
La narrazione, seppure incalzante solo dalla fine della prima metà in poi, con un deciso climax ascendente nel finale, risulta comunque ben gestita senza mai avere tempi morti. D'altronde alla regia abbiamo Jun'ichi Satō, regista, tra le tante opere, delle prime due serie di “Sailor Moon”.
Una doverosa nota è da fare sulla trattazione estetica della serie: oltre a utilizzare musica classica di buon livello vengono effettivamente fatte citazioni continue a opere classiche di musica e balletto, ma ogni episodio è effettivamente, a ragione o a torto, ispirato a un'opera specifica, come richiamato da ogni titolo.
Nella sua interezza l'opera è infatti una decostruzione del “Il Lago dei Cigni” di Čajkovskij, seppure con un finale assolutamente non tragico.
Come conclusione devo esplicitare alcuni fatti: anzitutto la mia recensione è frutto della visione dell'opera originale e non della sua trasposizione in italiano, che non dubito abbia perso buona parte della sua serietà e profondità dopo la revisione e l'adattamento nostrani.
Poi, nonostante sia ormai banale affermarlo dopo tutto ciò che ho detto, quest'opera non è affatto rivolta a un pubblico infantile. Sicuramente la sua visione non è sconsigliata ai bambini a causa della sua crudezza, tuttavia è necessario un certo livello di maturità e soprattutto la volontà di approfondirla per cogliere i tanti messaggi in essa celati, nonché per vedere l'anime come un'allegoria del procedimento creativo.
Quindi sconsiglio chiunque dal giudicare “Princess Tutu” dalle prime impressioni.
Un piccolo consiglio per concludere: invito caldamente la visione di quest'opera, a parte agli estimatori di Pirandello o a chiunque desideri approfondire il tema della concezione relativistica della realtà, nonché a coloro che conoscono il mondo del balletto e magari potranno cogliere ben più di quello che io ho colto da conoscitore della musica classica, anche a quella bizzarra categoria di persone che sono i giocatori di ruolo. Da esponente molto affiatato del suddetto gruppo, ho trovato infatti molto interessante il rapporto tra narratore e personaggi che si instaura nella serie, conflittuale relazione che porta allo svilupparsi stesso della vicenda, come tipicamente succede nelle sessioni di gioco quando la storia diviene ciò che dall'unione delle vicende che il narratore crea e ciò che dalle azioni dei giocatori si genera.
A onor del vero, bisognerebbe dire che questa serie è la fiaba, poiché proprio questo è il tema portante della vicenda.
Princess Tutu è un anime che studia, decostruisce e infine riassembla il concetto di favola, spingendosi in questo nell'analisi della soglia fra realtà e finzione, ossia della vita come una grande mascherata posta su di un palcoscenico, dove si giunge seriamente a considerare la validità del libero arbitrio.
Una serie che, in ultima analisi, si presenta come un'allegoria del procedimento di creazione di una personale composizione in un qualsiasi campo dell'arte.
La prima impressione che si ha di quest'opera è sicuramente dettata dall'impatto visivo: disegni semplici e cartoneschi, le tipiche caricature che si potrebbero avere in un anime rivolto a un pubblico molto giovane. Eppure questa è stata la scelta migliore che si potesse fare, d'altronde quella di cui si parlerà non è nient'altro che una fiaba, il parto della mente di un'entità maggiore dei teatranti che sono i protagonisti stessi.
Si apre così la serie con gli elementi che saranno una costante durante tutto il suo sviluppo: la musica classica e il balletto.
Veniamo così a conoscenza del personaggio principale della narrazione, che, paradossalmente, non sarà però la protagonista della vicenda.
Una giovane un po' goffa che studia presso una scuola di danza classica, una ballerina provetta che difende come un cavalier servente il proprio principe e una piccola anatra che sogna ambizioni ben più grandi di lei: tutte queste sono le protagoniste della narrazione e sono la stessa persona.
Costei, la giovane Ahiru, è quindi la pedina che innesca il meccanismo che porterà la storia a evolversi. Tuttavia lei stessa è solo un artificio, d'altro canto affinché una storia possa essere concepita deve esistere il suo autore e questi deve avere modo di interagire con il suo stesso mondo.
Infatti, tocco brillante, l'inventore di tutta la vicenda (Drosselmeyer) è uno degli stessi personaggi e Ahiru altri non è che la sua pedina: s'instaura così il rapporto fra inventore e invenzione, una relazione conflittuale e incontrollabile di inumano sadismo, dove lo scrittore gioca a fare la divinità verso il mondo da lui creato, che tuttavia è anche il mondo da cui lui stesso proviene, infatti le proprie storie altro non sono che un riflesso e una ricostruzione del mondo della realtà interpretato secondo la sensibilità dello scrittore.
Tuttavia, come chiunque abbia mai composto qualcosa in qualsiasi campo dell'arte saprà bene, la propria creazione sfugge sempre, in maggiore o in minor parte, alle mani del proprio creatore, senza mai risultare perfettamente identica all'ideale teorico, evento che comunque non implica una resa minore di quella voluta, spesse volte è persino il contrario.
Nell'opera però il procedimento con cui il suo evolversi porta a esiti imprevisti viene effettivamente personificato dalla rivoluzione portata avanti dai personaggi.
Procediamo però con ordine: si ha una prima metà della serie durante la quale si tratta prettamente il motivo dell'inversione dei ruoli classici, con il principe - Mytho, decostruzione del Siegfried de “Il Lago dei Cigni” di Čajkovskij - che fa le veci dell'inetto che dev'essere protetto; il paladino del principe, Fakir, che rappresenta la stasi, impegnandosi con tutto se stesso per non cambiare il presente; la principessa - Rue, poi Kraehe, decostruzione di Odile - che, dapprima fuori scena, entra poi sul palco per avere per sé sola il principe stesso, mentre il ruolo della vera eroina viene paradossalmente affidato al deus ex machina del regista - Ahiru, poi Tutu, decostruzione di Odette -, la comparsa che assolve impeccabilmente e senza esitazioni né dubbi al proprio incarico, accettando umilmente il suo ruolo anche prevedendone il finale.
E interessante è a questo riguardo come Ahiru sia effettivamente estranea al proprio contesto: lei è sempre vissuta alla scuola, tuttavia questo è falso. Essendo lei un'anatra, ha sempre ammirato il principe, ma da quando lui è in quel mondo lei non ha mai potuto vederlo nel suo splendore, e soprattutto lei è l'unica che inizialmente realizza la fugacità di tutta l'ambientazione.
Tutto questo viene velatamente e comicamente reso evidente nelle diverse scene in cui la ragazza si stupisce del contesto che dovrebbe conoscere benissimo, come nel primo episodio, quando rimane decisamente interdetta alla vista del Neko-sensei.
Princess Tutu ha un mondo fasullo dove però i sentimenti sono veri, dove non è possibile eccedere i propri ruoli se non con fugaci improvvisazioni, il mondo del teatro.
E si giunge così alla seconda parte della serie, distinta dalla prima per profondità delle tematiche trattate e per l'atmosfera ben più tesa.
Se all'inizio ci si era addentrati nel clima favolistico del tutto, osservando come spettatori le azioni dei personaggi che recitano sul loro palco, ora si fa un procedimento di metateatro, guardando con gli occhi degli attori quella che è la loro instabile realtà e cercando di risalire al mondo reale o, al massimo, al proprio creatore.
Ora infatti l'autore impone forzatamente la propria volontà e decide che la sua opera sarà una tragedia, segno dell'avvicinamento alla realtà e dell'abbandono della fiaba. Ed ecco dunque i personaggi divenire maggiormente coscienti delle proprie azioni e, soprattutto, delle loro conseguenze.
Un mondo che crolla inesorabilmente e che, travolgendo i personaggi nel fiume degli ineluttabili eventi, giunge inesorabilmente alla propria conclusione.
Ma i protagonisti, avendo ora ricevuto una maggiore sensibilità dato il cambio di tenore dell'opera da parte dell'autore, hanno raggiunto un maggiore realismo e possono quindi svincolarsi dai propri ruoli, sino al punto di comprendere la loro condizione. E quindi la ribellione: gli attori che cercano, improvvisando, di riscrivere la storia, cercando di opporsi al mondo stesso. Giunge così il finale, dove ognuno riprende il ruolo che gli spetta secondo i canoni più classici, con il cavaliere che sacrifica tutto se stesso per permettere alla vicenda di avviarsi, il principe che corre a spada tratta a salvare la principessa rapita, e infine la comparsa che si vede costretta a cedere il posto ai veri attori.
Il risultato del finale è quindi il rammarico dell'autore, che è stato vinto dai propri personaggi, o forse dal proprio inconscio e che volge il suo sguardo già verso una nuova e più grandiosa composizione. D'altronde è più che tipico degli artisti essere sempre insoddisfatti dei propri risultati.
L'intera vicenda si conclude quindi con la più interessante delle riflessioni proposte, nonché con la risposta che l'autore fornisce per se stesso: potrebbe essere, infatti, che io altri non sia se non la fantasia di qualcun altro di esterno a me e che il mio sia un mondo fittizio, ove le mie azioni siano lo svolgersi di un copione già scritto. Ma anche sapendo ciò, cosa mai posso fare per oppormi a questo stato di cose?
La differenza fra libero arbitrio assume quindi una concezione puramente teoretica, avendo invece negli effetti lo stesso risultato. Sapere di agire liberamente e crederlo soltanto non sono poi due concetti tanto distanti.
Chiaramente tutte queste opinioni sono frutto di un'analisi successiva alla visione stessa dell'opera e non una conseguenza diretta della stessa.
A un impatto più diretto la serie risulta comunque estremamente piacevole, con animazioni discrete e musiche eccellenti, con una colonna sonora magnifica e quasi interamente classica, che richiama, se non addirittura cita direttamente, compositori celeberrimi (solo per citarne due, Musorgskij e Čajkovskij), con una particolare attenzione al periodo neoclassico e romantico.
La narrazione, seppure incalzante solo dalla fine della prima metà in poi, con un deciso climax ascendente nel finale, risulta comunque ben gestita senza mai avere tempi morti. D'altronde alla regia abbiamo Jun'ichi Satō, regista, tra le tante opere, delle prime due serie di “Sailor Moon”.
Una doverosa nota è da fare sulla trattazione estetica della serie: oltre a utilizzare musica classica di buon livello vengono effettivamente fatte citazioni continue a opere classiche di musica e balletto, ma ogni episodio è effettivamente, a ragione o a torto, ispirato a un'opera specifica, come richiamato da ogni titolo.
Nella sua interezza l'opera è infatti una decostruzione del “Il Lago dei Cigni” di Čajkovskij, seppure con un finale assolutamente non tragico.
Come conclusione devo esplicitare alcuni fatti: anzitutto la mia recensione è frutto della visione dell'opera originale e non della sua trasposizione in italiano, che non dubito abbia perso buona parte della sua serietà e profondità dopo la revisione e l'adattamento nostrani.
Poi, nonostante sia ormai banale affermarlo dopo tutto ciò che ho detto, quest'opera non è affatto rivolta a un pubblico infantile. Sicuramente la sua visione non è sconsigliata ai bambini a causa della sua crudezza, tuttavia è necessario un certo livello di maturità e soprattutto la volontà di approfondirla per cogliere i tanti messaggi in essa celati, nonché per vedere l'anime come un'allegoria del procedimento creativo.
Quindi sconsiglio chiunque dal giudicare “Princess Tutu” dalle prime impressioni.
Un piccolo consiglio per concludere: invito caldamente la visione di quest'opera, a parte agli estimatori di Pirandello o a chiunque desideri approfondire il tema della concezione relativistica della realtà, nonché a coloro che conoscono il mondo del balletto e magari potranno cogliere ben più di quello che io ho colto da conoscitore della musica classica, anche a quella bizzarra categoria di persone che sono i giocatori di ruolo. Da esponente molto affiatato del suddetto gruppo, ho trovato infatti molto interessante il rapporto tra narratore e personaggi che si instaura nella serie, conflittuale relazione che porta allo svilupparsi stesso della vicenda, come tipicamente succede nelle sessioni di gioco quando la storia diviene ciò che dall'unione delle vicende che il narratore crea e ciò che dalle azioni dei giocatori si genera.
Più che un anime definirei Princess Tutu una splendida fiaba narrata a tempo di musica. Le animazioni e i disegni sono molto curati così com'è curatissima l'ambientazione che si rifà alla reale città di Norlingen in Germania - sono stati aggiunti elementi come la scuola e altri edifici, ma per il resto è tale e quale alla città, mura di cinta comprese. La trama, un misto di amore e tristezza, è così ben amalgamata che non puoi non innamorartene.
Il finale è veramente molto triste e, per quanto lo spettatore speri in un lieto fine per tutti i personaggi, credo che questo sia l’unico modo possibile a completamento della storia.
Il finale è veramente molto triste e, per quanto lo spettatore speri in un lieto fine per tutti i personaggi, credo che questo sia l’unico modo possibile a completamento della storia.
A prima vista quest'anime, con il suo tratto cosiddetto "kawai" o "puccioso" nel linguaggio comune dei forum a tema anime/manga, trae in inganno, sembrando una graziosa favoletta per bimbe. Niente di più sbagliato, è davvero difficile definire questo capolavoro.
La storia si ispira alla fiaba "Il Principe e il Corvo", e racconta dell'epica lotta tra il Principe Mytho contro il malvagio Corvo. Per vincere il principe ricorre ad una magia proibita, arrivando a strapparsi il cuore, che finisce in mille pezzi che imprigioneranno il Corvo sotto la città. Privato del suo cuore, il principe sarà destinato a vagare senza meta e senza personalità, ma un giorno, mentre danza nei pressi di un lago lo vede una piccola papera, Ahiru, che, colpita dai suoi occhi tristi, se ne innamora al punto da desiderare di diventare un'umana per aiutarlo a recuperare i sentimenti perduti.
Un misterioso personaggio, Drosselmeyer, le dona perciò un medaglione, grazie al quale Ahiru può realizzare il suo desiderio e diventare una fanciulla, Ahiru. Inoltre, in caso di necessità, può trasformarsi nella principessa Tutù, capace di recuperare i vari frammenti del cuore di Mytho. Ma ricomporre il cuore del principe significa anche rischiare di liberare il re Corvo, che intanto trama vendetta. Perciò Drosselmeyer avrà aiutato davvero Ahiru soltanto per bontà d'animo? A quanto pare anche l'interazione di Ahiru e Mytho con i loro compagni di corso e dell'accademia di danza, la bella e sofisticata Rue e il tenebroso e tormentato Fakir, non avviene per caso, e nell'ambito del collegio, se non della città, tutti agiscono come se fossero manovrati da qualcuno come marionette.
Insomma, Princess Tutu è un fantasy romantico e avvincente, con personaggi misteriosi e magistralmente caratterizzati, il tutto immerso nel mondo dei balletti classici, perché ogni episodio è ispirato a uno di essi, avendone la musica come colonna sonora. Lo schiaccianoci, Il lago dei cigni, Romeo e Giulietta, Coppelia, e tanti altri, ogni volta si è totalmente catapultati in un mondo diverso, magico, imprevedibile.
Lo stile di disegno infantile a cui ho accennato all'inizio è gradevole, lo trovo adatto alla storia, e anche il doppiaggio mi piace, mi pare che ogni voce sia perfetta per il personaggio a cui appartiene.
E la colonna sonora, inutile dirlo, a mio avviso è meravigliosa. Insomma, concordo con chi dice che Princess Tutu è arte allo stato puro.
Princess Tutu è un anime da vedere e rivedere, che appassiona, commuove, e ogni tanto diverte. Lo considero uno dei più belli che abbia mai visto, unico nel suo genere. Il mio voto ovviamente è 10!
La storia si ispira alla fiaba "Il Principe e il Corvo", e racconta dell'epica lotta tra il Principe Mytho contro il malvagio Corvo. Per vincere il principe ricorre ad una magia proibita, arrivando a strapparsi il cuore, che finisce in mille pezzi che imprigioneranno il Corvo sotto la città. Privato del suo cuore, il principe sarà destinato a vagare senza meta e senza personalità, ma un giorno, mentre danza nei pressi di un lago lo vede una piccola papera, Ahiru, che, colpita dai suoi occhi tristi, se ne innamora al punto da desiderare di diventare un'umana per aiutarlo a recuperare i sentimenti perduti.
Un misterioso personaggio, Drosselmeyer, le dona perciò un medaglione, grazie al quale Ahiru può realizzare il suo desiderio e diventare una fanciulla, Ahiru. Inoltre, in caso di necessità, può trasformarsi nella principessa Tutù, capace di recuperare i vari frammenti del cuore di Mytho. Ma ricomporre il cuore del principe significa anche rischiare di liberare il re Corvo, che intanto trama vendetta. Perciò Drosselmeyer avrà aiutato davvero Ahiru soltanto per bontà d'animo? A quanto pare anche l'interazione di Ahiru e Mytho con i loro compagni di corso e dell'accademia di danza, la bella e sofisticata Rue e il tenebroso e tormentato Fakir, non avviene per caso, e nell'ambito del collegio, se non della città, tutti agiscono come se fossero manovrati da qualcuno come marionette.
Insomma, Princess Tutu è un fantasy romantico e avvincente, con personaggi misteriosi e magistralmente caratterizzati, il tutto immerso nel mondo dei balletti classici, perché ogni episodio è ispirato a uno di essi, avendone la musica come colonna sonora. Lo schiaccianoci, Il lago dei cigni, Romeo e Giulietta, Coppelia, e tanti altri, ogni volta si è totalmente catapultati in un mondo diverso, magico, imprevedibile.
Lo stile di disegno infantile a cui ho accennato all'inizio è gradevole, lo trovo adatto alla storia, e anche il doppiaggio mi piace, mi pare che ogni voce sia perfetta per il personaggio a cui appartiene.
E la colonna sonora, inutile dirlo, a mio avviso è meravigliosa. Insomma, concordo con chi dice che Princess Tutu è arte allo stato puro.
Princess Tutu è un anime da vedere e rivedere, che appassiona, commuove, e ogni tanto diverte. Lo considero uno dei più belli che abbia mai visto, unico nel suo genere. Il mio voto ovviamente è 10!
Princess Tutu potrebbe a prima vista sembrare un anime per bambini, anche per via dei disegni, ma in realtà è un anime molto intenso che racchiude più di quanto salta all'occhio e la cui atmosfera diventa sempre più oscura man mano che la storia prosegue.
Inoltre, nonostante abbia tutte le caratteristiche dei "majokko" (come Card Captor Sakura, Sailor Moon ecc.), non è classificato come shoujo, ma shonen... Non so davvero spiegarmi la motivazione, ma è così...
L'anime è diviso tra elementi fiabeschi, elementi realistici e di spettacolo... Le musiche dei grandi compositori accompagnano le scene d'azione, durante le quali i personaggi si muovono con grazia a passo di danza, come se fosse un musical (in effetti anche le luci in quelle occasioni sono fatte in modo da far pensare alle luci del palcoscenico)...
Un appunto: titoli degli episodi, nome dei negozi, e qualche battuta (non riprodotta nella versione italiana però) sono in tedesco; evidentemente un omaggio ai principali scrittori di fiabe da cui l'anime trae continua ispirazione...
Ho acquistato i DVD online e mi piace da matti...
Anche se la traduzione italiana lascia un po' a desiderare. Più di una volta hanno sbagliato a tradurre delle battute. E le voci di Fakyr e Mytho non mi piacciono molto, anche se c'è di peggio in giro...
Quella doppiata meglio è Rue. La voce che m'è piaciuta di più invece è quella della lampada nell'episodio della festa del fuoco.
Sarebbe stato utile se insieme ai DVD fossero usciti dei libretti esplicativi, se non si ha una vasta cultura in fatto di fiabe e balletti è difficile riuscire a seguire i diversi avvenimenti così come sono... ^^;;;
Comunque, PT è un anime splendido e di concezione molto originale, e anche se ha alcune pecche (particolari che non vengono mai chiariti, una certa pomposità dei dialoghi ed altre cose di questo tipo), contiene molte delle scene più belle by anime/manga che abbia mai visto... *__*
Musiche splendide, character design che nonostante sia stilizzato e faccia sembrare i personaggi dei bambolotti (quanto lo vorrei un bambolotto-Mytho *_*) è abbastanza curato, ed una trama che anche quando episodica mantiene una sua consequenzialità.
Avrebbe meritato un'edizione italiana migliore (per quanto i titoli iniziali nei DVD siano molto belli).
Inoltre, nonostante abbia tutte le caratteristiche dei "majokko" (come Card Captor Sakura, Sailor Moon ecc.), non è classificato come shoujo, ma shonen... Non so davvero spiegarmi la motivazione, ma è così...
L'anime è diviso tra elementi fiabeschi, elementi realistici e di spettacolo... Le musiche dei grandi compositori accompagnano le scene d'azione, durante le quali i personaggi si muovono con grazia a passo di danza, come se fosse un musical (in effetti anche le luci in quelle occasioni sono fatte in modo da far pensare alle luci del palcoscenico)...
Un appunto: titoli degli episodi, nome dei negozi, e qualche battuta (non riprodotta nella versione italiana però) sono in tedesco; evidentemente un omaggio ai principali scrittori di fiabe da cui l'anime trae continua ispirazione...
Ho acquistato i DVD online e mi piace da matti...
Anche se la traduzione italiana lascia un po' a desiderare. Più di una volta hanno sbagliato a tradurre delle battute. E le voci di Fakyr e Mytho non mi piacciono molto, anche se c'è di peggio in giro...
Quella doppiata meglio è Rue. La voce che m'è piaciuta di più invece è quella della lampada nell'episodio della festa del fuoco.
Sarebbe stato utile se insieme ai DVD fossero usciti dei libretti esplicativi, se non si ha una vasta cultura in fatto di fiabe e balletti è difficile riuscire a seguire i diversi avvenimenti così come sono... ^^;;;
Comunque, PT è un anime splendido e di concezione molto originale, e anche se ha alcune pecche (particolari che non vengono mai chiariti, una certa pomposità dei dialoghi ed altre cose di questo tipo), contiene molte delle scene più belle by anime/manga che abbia mai visto... *__*
Musiche splendide, character design che nonostante sia stilizzato e faccia sembrare i personaggi dei bambolotti (quanto lo vorrei un bambolotto-Mytho *_*) è abbastanza curato, ed una trama che anche quando episodica mantiene una sua consequenzialità.
Avrebbe meritato un'edizione italiana migliore (per quanto i titoli iniziali nei DVD siano molto belli).
"Princess Tutu" sembra un anime per bambini, visto anche il chara, ma è tutt'altro. La prima stagione si conclude quando la principessa Tutu riesce a restituire i frammenti del cuore a Myto. La seconda stagione è decisamente migliore per colpi di scena e intrecci sentimentali che nella prima parte sembravano scontati. Splendide le musiche classiche e il gioco di immagini che su esse viene fatto. Il finale mi ha lasciato l'amaro in bocca, ma vale il motto "ognuno deve accettarsi per quello che è realmente".
Un anime bellissimo e dal significato profondo, le storie dei personaggi sono profonde, e drammatiche.
Inizialmente credevo che quest'anime fosse infantile visto i disegni che a l'apparenza mi sembravano tali, ma guardando questi episodi su un canale regionale della mia regione mi sono ricreduta.
E' un anime stupendo, Le musiche sono perfette e, a differenza di altri anime, i sentimenti che ci sono sono unici, amore, gelosia, odio, sofferenza in molti anime questi sentimenti sono lievi, qui sono stati davvero descritti bene ed ogni personaggio è caratterizzato bene.
Mi dispice solo di non aver visto tutti gli episodi perché non so come questo canale li ha saltati.
Il finale delle serie anche se non era come me lo aspettavo mi è piaciuto molto, almeno quello che ho visto in tv.
Inizialmente credevo che quest'anime fosse infantile visto i disegni che a l'apparenza mi sembravano tali, ma guardando questi episodi su un canale regionale della mia regione mi sono ricreduta.
E' un anime stupendo, Le musiche sono perfette e, a differenza di altri anime, i sentimenti che ci sono sono unici, amore, gelosia, odio, sofferenza in molti anime questi sentimenti sono lievi, qui sono stati davvero descritti bene ed ogni personaggio è caratterizzato bene.
Mi dispice solo di non aver visto tutti gli episodi perché non so come questo canale li ha saltati.
Il finale delle serie anche se non era come me lo aspettavo mi è piaciuto molto, almeno quello che ho visto in tv.
"Questa non e' animazione... questa e' ARTE!" ha detto un amico a cui ho mostrato alcune scene di questa serie. Ed io sono perfettamente d'accordo.
Disegni (Di Ikuko "Sailormoon SuperS" Ito), animazioni, musiche(Con opening ed ending della compianta Ritsuko "Fruits Basket" Okazaki)...tutto e' curatissimo sin nei minimi dettagli, rendendo questa serie un'esperienza piu' unica che rara. Il finale in effetti non e' quello che tutti noi avremmo voluto vedere, ma in effetti e' quello piu' adatto per "rimettere tutto a posto".
Non lasciatevi ingannare dalle apparenze: non e' esattamente una serie per bambini, anzi le tinte fosche regnano sovrane!
Difetti? Il relativo manga e' scarsissimo sia come storia che come disegni, e l'edizione italiana della Play Press non e' tanto facile da reperire ed i doppiatori italiani ci mettono un po' ad entrare nella parte.
Per il resto, e' un capolavoro ineguagliabile.
Disegni (Di Ikuko "Sailormoon SuperS" Ito), animazioni, musiche(Con opening ed ending della compianta Ritsuko "Fruits Basket" Okazaki)...tutto e' curatissimo sin nei minimi dettagli, rendendo questa serie un'esperienza piu' unica che rara. Il finale in effetti non e' quello che tutti noi avremmo voluto vedere, ma in effetti e' quello piu' adatto per "rimettere tutto a posto".
Non lasciatevi ingannare dalle apparenze: non e' esattamente una serie per bambini, anzi le tinte fosche regnano sovrane!
Difetti? Il relativo manga e' scarsissimo sia come storia che come disegni, e l'edizione italiana della Play Press non e' tanto facile da reperire ed i doppiatori italiani ci mettono un po' ad entrare nella parte.
Per il resto, e' un capolavoro ineguagliabile.
Ciao! (è la prima volta che scrivo in un forum, ma come si faaa?? é.è)
Ho visto per la prima volta il manga Princess Tutu nell'edicola di Pozzo d'Adda, un buco in provincia di Milano, aveva una copertina da far pietà, ma l'ho comprato. Subito dopo ne sono stata Rapita. Aveva una trama accattivante anche se la versione di mizuo Shinonome non rendeva veramente giustizia al PT originale, poi mi sono informata e mi sono vista tutti gli episodi in originale con sottotitoli in Giappo, ma dal 10 in poi, quando ho scoperto che la PlayPress avrebbe pubblicato l'anime in Italia ero Felicissima! Ma mi ha (ahimé) molto deluso sia l'enorme ritardo, sia la diffusione, sia il dpooiaggio, sia la copertina, che per andarlo a comprare in edicola stavo sprofondando dalla vergogna, inoltre dal terzo DVD in poi hanno pure tolto i sottotitoli e hanno allungato la serie, passando da tre a quattro episodi.
Nonostante tutto Princess Tutu è un Anime magnifico e non se lo merita proprio un simile trattamento.
Se qualcono di voi ha mai visto i DVD in edicola posso capire perchè non l'abbia mai comprato, sembra un cartone animato per bambini, ma l'anime è completamente differente dall'immagine che la PlayPress tenta di conferirgli!!! Se volete posso mettermi d'impegno e scrivere la trama... ho anche molte immagini! (contattatemi a [email protected])
Ho visto per la prima volta il manga Princess Tutu nell'edicola di Pozzo d'Adda, un buco in provincia di Milano, aveva una copertina da far pietà, ma l'ho comprato. Subito dopo ne sono stata Rapita. Aveva una trama accattivante anche se la versione di mizuo Shinonome non rendeva veramente giustizia al PT originale, poi mi sono informata e mi sono vista tutti gli episodi in originale con sottotitoli in Giappo, ma dal 10 in poi, quando ho scoperto che la PlayPress avrebbe pubblicato l'anime in Italia ero Felicissima! Ma mi ha (ahimé) molto deluso sia l'enorme ritardo, sia la diffusione, sia il dpooiaggio, sia la copertina, che per andarlo a comprare in edicola stavo sprofondando dalla vergogna, inoltre dal terzo DVD in poi hanno pure tolto i sottotitoli e hanno allungato la serie, passando da tre a quattro episodi.
Nonostante tutto Princess Tutu è un Anime magnifico e non se lo merita proprio un simile trattamento.
Se qualcono di voi ha mai visto i DVD in edicola posso capire perchè non l'abbia mai comprato, sembra un cartone animato per bambini, ma l'anime è completamente differente dall'immagine che la PlayPress tenta di conferirgli!!! Se volete posso mettermi d'impegno e scrivere la trama... ho anche molte immagini! (contattatemi a [email protected])
Poche sono le serie tv recenti che mi hanno colpito come P Tutu; Purtroppo il doppiaggio italiano non si stacca dall'eccessiva caratterizzazione kawaii dei personaggi, ma la sceneggiatura e la complessità delle storie sono decisamente adulte. Tralasciando il recupero dei frammenti del cuore (già visto in sailormoon e Comet-san), l'introspezione psicologica dei personaggi delle fiabe, nonchè quella dei protagonisti è davvero complessa x una serie definibile "majokko". Enorme valore aggiunto è dato dalle musiche originali delle opere di musica classica (Giselle, Romeo and Juliet, Swan Lake, etc) e dai rispettivi balletti. Character design non eccelso, ma ecnica ed animazioni sono ottime e lo stile gotico dei fondali e delle colorazioni fa impallidire molti altri titoli.Tutto si può dire di P Tutu tranne che non ha spunti di interesse al di là della pura animazione.
Non ho dato i pieni voti solo perché il finale, pur essendo bello mi ha un pochino rattristato. In ogni caso non lasciatevi ingannare dal character design kawaii, le storie raccontate in Princess Tutu sono molto profonde, molto spesso drammatiche e hanno sempre come tema portante un aria di un'opera. Veramente pura poesia.
Una nota per il webmaster, la serie è licenziata in Italia dalla Playpress Publishing.
Una nota per il webmaster, la serie è licenziata in Italia dalla Playpress Publishing.
Se amate gli anime realizzati col cuore, in cui la storia ha molteplici livelli di lettura, ed ogni aspetto, dall'animazione, alla colonna sonora, al doppiaggio, è curatissimo, allora questo è l'anime che fa per voi. Si tratta di una storia dentro la storia, in cui i personaggi, legati al destino già scritto dall'autore, tentano di ribellarsi al proprio fato.
Il Principe della storia (ispirato a diversi protagonisti di balletti e fiabe, ma in particolar modo alla figura di Sigfrido del Lago dei Cigni) non potendo uccidere il malvagio Corvo, distrugge il proprio cuore e con le schegge che ne risultano imprigiona il nemico sotto la città. L'autore della storia, deciso a riportare all'ordine il proprio racconto, invia un personaggio secondario, Princess Tutu, a recuperare i vari pezzi del cuore per restituirli al principe. Decide così di far vestire il ruolo della sventurata principessa a una papera, Ahiru, che si era innamorata del principe nel vederlo ballare tristemente vicino al lago.
Non tutto è come sembra, e anche una serie che a prima vista può sembrare molto semplice e destinata a un pubblico di bambini, rivela una profondità ben maggiore, mentre la trama si fa sempre più oscura e la lotta dei vari personaggi contro il proprio fato sempre più disperata. Ogni episodio omaggia un brano di musica classica (soprattutto balletti), ed è un gioiellino a sè.
Non ho alcun dubbio nel dare un 10 pieno a questa serie e consigliarla davvero a tutti. E' disponibile in Italia dalla PlayPress, in 7 dvd (il primo edito nell'ottobre 2006).
Il Principe della storia (ispirato a diversi protagonisti di balletti e fiabe, ma in particolar modo alla figura di Sigfrido del Lago dei Cigni) non potendo uccidere il malvagio Corvo, distrugge il proprio cuore e con le schegge che ne risultano imprigiona il nemico sotto la città. L'autore della storia, deciso a riportare all'ordine il proprio racconto, invia un personaggio secondario, Princess Tutu, a recuperare i vari pezzi del cuore per restituirli al principe. Decide così di far vestire il ruolo della sventurata principessa a una papera, Ahiru, che si era innamorata del principe nel vederlo ballare tristemente vicino al lago.
Non tutto è come sembra, e anche una serie che a prima vista può sembrare molto semplice e destinata a un pubblico di bambini, rivela una profondità ben maggiore, mentre la trama si fa sempre più oscura e la lotta dei vari personaggi contro il proprio fato sempre più disperata. Ogni episodio omaggia un brano di musica classica (soprattutto balletti), ed è un gioiellino a sè.
Non ho alcun dubbio nel dare un 10 pieno a questa serie e consigliarla davvero a tutti. E' disponibile in Italia dalla PlayPress, in 7 dvd (il primo edito nell'ottobre 2006).