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Felpato12

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7,5
C’era una volta, un ragazzo che sarebbe diventato un regista giapponese di fama internazionale, che intorno agli anni ’50 decise di avvicinarsi allo sconfinato mondo dell’animazione. Come tutti i grandi artisti, il giovane regista ebbe non poche difficoltà agli inizi della sua carriera, tanto da essere sul punto di cambiare mestiere. Un giorno del 1964, però, rimase folgorato dalla visione di un film d’animazione sovietico, in seguito alla quale maturò la decisione di continuare a lavorare nel mondo degli anime. Quel regista era Hayao Miyazaki e il film tanto importante per il destino dell’animazione giapponese era proprio “La Regina delle Nevi”.

“La Regina delle Nevi” è un film d'animazione sovietico del 1957 prodotto dallo studio Sojuzmul'tfil'm di Mosca, che nella sua storia avrebbe partorito oltre 1500 pellicole, e diretto da Lev Atamanov, regista stimatissimo in patria, vincitore nel 1978 del titolo di Artista del Popolo della RSFS (Repubblica Socialista Federativa Sovietica) Russa. Adattamento dell'omonima fiaba di Hans Christian Andersen, il film meritò un Leone d’oro per la categoria animazione alla Mostra del cinema di Venezia, il primo premio per la categoria animazione al Film Festival di Cannes e il premio speciale al Film Festival di Mosca. Ancora oggi rappresenta un caposaldo dell’animazione russo-sovietica.

Gerda e Kai sono due bambini amici per la pelle, che abitano su due mansarde confinanti. Durante una tempesta di neve, il piccolo Kai viene colpito da una scheggia di ghiaccio, che porta in sé una maledizione. Il maleficio è opera della leggendaria Regina delle nevi che, indispettita per essere stata derisa dal bambino, gli ha gelato il cuore, rendendolo a tratti cattivo e insensibile. La situazione peggiora quando la Regina rapisce il bambino e lo conduce nel suo irraggiungibile Palazzo di ghiaccio. Gerda, convinta di poter salvare il suo amichetto, decide di partire per raggiungerlo, pur sapendo che più passa il tempo e più la maledizione si impadronirà di Kai. Il viaggio è lungo e tortuoso; per poter arrivare fino alla dimora della Regina, Gerda è costretta a vagare tra luoghi impervi e inospitali, arrivando ad affrontare un ostacolo dietro l'altro, ma riuscendo, grazie alla sua forza di volontà e all'aiuto di altre persone, a raggiungere il Palazzo di ghiaccio. È talmente grande l'amore di Gerda nei confronti del suo amico Kai, che la maledizione si spezza e la Regina, impotente di fronte al più grande dei sentimenti, lascia Kai libero di tornare a casa insieme alla sua amica Gerda.

Come la fiaba senza tempo di Andersen, anche il film di Atamanov segue la suddivisione in sette parti, tutte condensate in una pellicola della durata di un’ora. Di conseguenza, il film scorre veloce, anche troppo in alcuni frangenti, risultando leggero e piacevole ma poco esaustivo. Dopo l’antefatto e la presentazione dei personaggi, segue il rapimento ad opera della Regina e l’inizio delle peripezie di Gerda. L’amorevole ragazzina è convinta di poter riportare Kai a casa, ma il cammino verso il Palazzo di ghiaccio è lungo e irto di pericoli. Nel corso del suo viaggio, Gerda si imbatte in luoghi e personaggi a dir poco eccentrici, come la maga proprietaria della casetta situata in mezzo al giardino di fiori. Tra tutti i personaggi secondari della storia, il più affascinante è certamente la figlia del brigante. Questa ragazzina all’apparenza burbera e scontrosa nasconde un grande cuore e una solitudine difficile da colmare. Non è assurdo credere che, dagli animali che aveva rapito e dalla stessa Gerda, volesse solamente un po’ di compagnia, d’altronde ognuno esprime l’affetto a modo proprio. In un film che può contare sul supporto attivo di un narratore onnisciente e, per questo, può vantarsi di essere fortemente esplicativo, la parte dedicata alla figlia del brigante è sicuramente quella che chiede allo spettatore di leggere maggiormente tra le righe. Questa, che è la quinta sezione dell’opera, ci introduce al compendioso finale. Il tanto peregrinare porta la piccola Gerda in Lapponia, poi in Finlandia e di lì al Palazzo di ghiaccio, dove avviene il “confronto” con la Regina delle nevi. Nonostante i suoi oscuri poteri, la gelida sovrana non può nulla contro il più forte dei sentimenti, l’amore di Gerda, che guarisce Kai dalla sua freddezza e lo libera dalla lunga prigionia. Come ogni fiaba che si rispetti, anche “La Regina delle Nevi” ha il finale alla vissero tutti felici e contenti e la classica morale da cui avrebbero da imparare sia grandi che piccini.

La cospicua presenza di personaggi femminili e il messaggio d’amore e speranza lasciato da Atamanov, avvicinano tantissimo questo film a tutta quella che, in seguito, sarebbe stata la produzione Ghibli. In particolar modo, Gerda e la figlia del brigante hanno lasciato il loro eco in molte delle opere successive di Miyazaki. Addirittura, c’è chi ritiene che la “Principessa Mononoke” sia, in effetti, una reinterpretazione de “La Regina delle Nevi” e la stessa principessa altro non sia che una copia della figlia del brigante.

Concludiamo con un po’ di storia. Erano gli anni ’50 quando Atamanov, Shvartsman e Vinokurov iniziarono a lavorare a “La Regina delle Nevi”. Il progetto doveva essere sviluppato nello stesso modo in cui erano state create le loro altre opere: “Il fiore scarlatto” e “L’antilope d’oro”. Tuttavia, a causa della “cortina di ferro”, non riuscirono a raggiungere la patria di Andersen, la Danimarca, e così andarono nei Paesi Baltici. Passeggiando per le strade della Lettonia e dell’Estonia, Atamanov, Shvartsman e Vinokurov assorbirono completamente la loro atmosfera, discutendo di immagini future. Di conseguenza, visivamente “La Regina delle Nevi”, su cui i tre lavorarono per più di due anni, fu creato nel familiare stile Disney: una combinazione di realismo e illustrazioni favolose. Il film è intriso di magia e, pur cominciando a sentire il peso degli anni, ci racconta di un’epoca ormai lontana, in cui si faceva animazione con amore e cura, qualità sempre più difficili da trovare al giorno d’oggi.

Utente970

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Utente970

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
Un piccolo gioiello dell'ex Unione Sovietica, in cui, nonostante i limiti tecnici e l'età avanzata, si nota ancora una certa cura. Lodevole soprattutto la semplice ma efficace iconografia della regina, dalla presenza signorile e granitica... a tratti forse, vagamente "Miss Liberty", ma capace di esprimere tutta la dura beltà di un ambiente gelido e solitario. Un'imponente monumento alla pericolosità del perfezionismo.

"Snezhnaya Koroleva" alias "La regina delle Nevi" è un prodotto d'altri tempi a cui, per amor di onestà, dobbiamo riconoscere delle imperfezioni, probabilmente dovute a questioni di risorse economiche, da sempre grande ostacolo di molte produzioni pioneristiche del secolo scorso (e non solo). Il cartone animato diretto da Lev Atamanov, prolifico regista di opere come "Il fiore Scarlatto" e "L'antilope d'oro", si segue ancora che è un piacere, e la sua "purezza" d'epoca gli fa anche guadagnare punti, ma sarebbe falso dire che la storia, così classica, non sia velocizzata più del dovuto. Il problema non è solo lo scarso approfondimento familiare dei due ragazzi o la rapidità con cui si arriva al rapimento di Kai, quanto ciò che avviene dopo la redenzione della lunatica teppistella di buon cuore e la conseguente fuga di Gerda dai banditi. Da quel punto in poi la corsa al salvataggio diviene evidente e furiosa, gli aiutanti entrano ed escono di scena in modo brusco e, cosa peggiore, alla regina viene negata un'uscita degna di tal nome, fosse anche stato solo per deridere con fare pietoso i due giovani. Con un quarto d'ora in più staremmo parlando davvero di un capolavoro, ma questi grattacapi erano piuttosto frequenti al tempo.

Oggi, senza un lavoro di restauro temo sarebbe difficile far apprezzare questo bel lavoro, e, se anche avvenisse, probabilmente non basterebbe, non solo per l'anima decisamente artigianale pure per un prodotto vecchia scuola, ma anche per un romanticismo classico verso cui, ormai, chiunque di noi oggi si sentirà tristemente un po'..."corazzato". Un classicismo a ben guardare solo parziale, in quanto "La Regina delle Nevi", nonostante la sua veneranda età, ci offre le gesta non di una damigella in pericolo, ma di un'eroina, una piccola donna forte in un modo più sano e spontaneo, senza che ella debba temere di nascondere le proprie insicurezze o sentimenti, che saranno semmai la sua forza trainante. Non vi è inoltre il moderno elemento del voler sfuggire a tutti i costi alla propria condizione sociale, povera o agiata che sia, una tematica di per sé valida, ma oramai abusata nelle produzioni in voga, dove, a volte, il confine tra responsabilità e libertà diviene piuttosto sottile, adattandosi malamente al contesto storico.

Purtroppo, sul fronte delle edizioni, contrariamente al primo "Gatto con gli Stivali" della Toei, al "Pinocchio" di Cenci e alla "Rosa di Bagdad" di Domeneghini, alla "Regina delle Nevi" di Atamanov credo siano toccate finora solo digitalizzazioni frettolose per versioni ultra-economiche, quel tipo di pubblicazioni da edicola contenenti difetti da nastro magnetico e tipicamente abbellite da copertine orrende che ricordano i disegni plagianti sui salvadanai dei mercatini e sulle giostre delle fiere. Considerando comunque la scarsissima ricezione del pubblico per i titoli rieditati a dovere, è il massimo che ci meritiamo.

Prima di concludere, suppongo che un confronto con la più recente opera Disney, "Frozen" del 2013, sarebbe doveroso farlo, se non fosse che le due opere, al di fuori dell'ispirazione iniziale alla storia di Andersen, non condividono assolutamente nulla tra di loro. O meglio, è più giusto dire che l'opera Disney non c'entra granché con la fabula classica, e che gli unici richiami si possono intravedere nei poteri elementali di Elsa e in alcuni schizzi artistici di Glen e Claire Keane, padre e figlia, entrambi ex-artisti veterani della Disney. Glen Keane, in particolare, fu rilevante nel delineare l'aspetto di molti personaggi dei classici "rinascimentali" anni '90, tra cui "La Sirenetta" e "Aladdin". In alcuni reperibili bozzetti di Miss. Claire si può vedere una Anna/Gerda minacciata da una spigolosa e cianotica regina modello "Crudelia" o "Madame Medusa", e in quelli del padre, invece, una regina molto elegante, bella e impellicciata, vagamente simile ad alcune scene presenti in questo mediometraggio. Entrambi purtroppo lasciarono la società proprio in quel periodo, probabilmente perché ormai sia l'ambiente creativo che gli obiettivi futuri erano cambiati radicalmente... Triste sottolineare come gli incassi abbiano poi dato ragione a questi "ammodernamenti".

Tornando al film russo, "La Regina delle Nevi" è un tassello che qualunque appassionato di animazione dovrebbe recuperare. Per fare lavori come questo, erano necessari una notevole dose di cocciutaggine e immensi sacrifici personali, in tempi ben più duri dei nostri. Certo, con le opere datate viene spontaneo il timore di non riuscire ad apprezzarle, ma concedete ai loro creatori il rispetto che meritano, dando loro una possibilità, ci sono molte piccole perle da riscoprire, in buona parte fatte proprio nel nostro vecchio e caro continente.

P.S. Lo spirito dei sogni è palesemente ispirato al grillo parlante Disney e, buffo a dirsi, ma Kay e Gerda, per quanto personaggi positivi, con il loro aspetto mi hanno riportato alla mente il film "Il villaggio dei dannati".