L'organo genocida
Attenzione: la recensione contiene spoiler!
"L’organo genocida" è un film d'animazione del 2017 diretto da Shukō Murase, prodotto da Manglobe e Geno Studio, basata sull'omonimo romanzo del compianto Project Itoh, pseudonimo dello scrittore di fantascienza Satoshi Itō (1974-2009). Dalla sua opera è stato tratto anche un manga.
Il titolo del film è “intrigante” e devo riconoscere che l’ho scoperto per puro caso rimanendone affascinato, tanto da mettere in agenda la visione degli altri anime tratti dalle sue opere: “L’impero dei cadaveri” e “Harmony”. In primis, sebbene si tratti di un’opera giapponese, mi ha favorevolmente colpito l’ambientazione: un mix tra USA, Bosnia, Repubblica Ceca (Praga), Oriente (India/Pakistan) e Africa. Finalmente non un anime ambientato in Giappone (con i suoi pregi e difetti) ma una trama molto più “occidentale” nello stile narrativo e meno metaforica e contemplativa, caratteristiche tipiche dello stile delle ambientazioni nipponiche. Di sicuro non è un film d’animazione “azione e sparatutto” come potrebbe sembrare ma anche un buon thriller psicologico di spionaggio, azione, guerra e combattimento. L’alternanza tra momenti di azione e di riflessione costringe a vedere il film con estrema attenzione e concentrazione onde evitare di perdere le sfumature, i riferimenti e le citazioni più o meno evidenti nei dialoghi non sempre proprio banali tra i protagonisti.
In sintesi la trama inizia con la città di Sarajevo che viene interamente rasa al suolo da una bomba nucleare artigianale. A seguito di tale atto, si presume di natura terroristica, la maggioranza degli stati più "evoluti" mettono in atto programmi di controllo molto invasivi al fine di tutelare la sicurezza e evitare il ripetersi di eventi simili attraverso, ad esempio, il monitoraggio continuo tramite videosorveglianza e scansione biometrica, il monitoraggio di tutte le transazioni economiche, l’utilizzo del tracciamento degli spostamenti, ecc... Non tutte le nazioni mondiali hanno aderito a tali controlli simil “Grande Fratello” e pertanto le nazioni che lo hanno fatto devono intervenire con delle forze speciali perché la minaccia del terrorismo internazionale si è annidata in quelle nazioni meno "evolute" dove può continuare la propria opera di destabilizzazione dell’ordine instaurato. A riguardo, gli USA incaricano Clavis Shepherd, agente delle forze speciali, di individuare e catturare John Paul, che l’intelligence ritiene responsabile della crescente insorgenza di stragi e genocidi in molti paesi non "evoluti". Nel corso della missione, Shepherd riuscirà a incontrare più volte John Paul e verrà a conoscenza di una particolare tecnica denominata “grammatica del genocidio”, frutto degli studi di anni e che ha ispirato parecchi popoli a istigare le persone a uccidere senza alcun rimorso o senso di colpa.
Alla luce delle scoperte e delle azioni portate a compimento, Sheperd comincerà ad intuire che il confine tra il bene e il male non è così netto come lo vogliono far apparire i sistemi di potere e, soprattutto, si renderà conto di quanto sia un mero esecutore di interessi non propriamente cristallini e sarà costretto a mettere in discussione tutti i principi in cui ha creduto. Il leit motiv dell’animazione è in un certo senso accomunabile ad alcuni film e serie televisive che mi hanno appassionato: dai vari film di J. Bourne a "Treadstone" a "Hanna". Il filone è quello dei super agenti/soldati che dopo trattamenti e addestramenti speciali (chimici/farmacologici e psicologici) diventano delle “macchine da guerra” incapaci di provare sentimenti e uccidere senza alcuna pietà, compassione, scrupolo o obiezione di coscienza. La caratteristica peculiare è che possono essere attivati nel loro istinto omicida semplicemente con un ordine, un “segnale” o sequenza verbale. E "l’organo genocida" si ispira al medesimo principio, cercando anche di dare anche una spiegazione scientifica: basta una sequenza di parole che se ascoltate lavorano nel subconscio per limitare e annullare nel tempo i freni inibitori delle persone rendendole insensibili alla compassione e alla pietà e predisponendole per eseguire omicidi in sequenza e/o di massa senza alcun senso di colpa o indecisione.
Allo stesso modo Sheperd e i membri delle forze speciali erano “trattati” con farmaci e/o nanotecnologie che ottengono lo stesso effetto: riuscire a diventare “terminator” quasi infallibili e insensibili al dolore... basta vedere le scene di azione. E qui iniziano a sgorgare le prime considerazioni “introspettive” non tanto sui personaggi in sé, ma sugli spunti che emergono dai dialoghi tra loro e dai monologhi. Paradigmatico quanto afferma un compagno di squadra di Sheperd prima della missione di fronte all’orrore dello scenario di guerra: “L’inferno si trova qui, dentro la testa”. L’affermazione che fa da preludio a quanto scoprirà Sheperd una volta che riuscirà a entrare in contatto prima Lucia ŠKroupova e poi con John Paul è a parer mio il sunto assoluto del film d’animazione e forse anche della novel di Project Itoh. Il resto dei dialoghi servono da spunto, anche il tramite delle citazioni non del tutto casuali alle opere di Franz Kafka, a dare forma ad una sorta di "allegorismo vuoto". Proprio come in Kafka, l'anime rappresenta una vicenda in modo molto veritiero anche per "dire altro" non prima facie decifrabile e dunque facilmente fruibile e assimilabile. Se rappresentare un mondo dove il libero arbitrio e la libertà di pensiero e azione sono sacrificati sull’altare della sicurezza e del controllo capillare stile big brother di orwelliana memoria, ecco che di converso appaiono i personaggi alla John Paul che rappresentano solo in apparenza la minaccia all’ordine precostituito (e imposto come necessario per tutelare la salute e la sicurezza di tutti) come forma di terrorismo. E tra la “grammatica generativa del genocidio” e l’attuale sistema di diffusione delle notizie tramite la rete e i social media è facile scorgere le similitudini sulla non tanto poi sottile capacità manipolativa delle coscienze delle persone per orientare il loro giudizio e poi le loro coscienze e azioni verso un obiettivo determinato... che poi sia un genocidio (vedi i possibili sviluppi della guerra in corso tra Russia e Ucraina) o la semplice diffamazione di un personaggio noto… il meccanismo sembra sempre lo stesso... condurre il pensiero delle masse recidendo la loro capacità di valutazione critica per portarli a ragionare nel senso voluto.
Come si vedrà al termine, Sheperd maturerà “a modo suo” nell’azione in Pakistan e poi in Africa l’intuizione definitiva su ciò che stava facendo, agendo di conseguenza e lasciando intendere nel finale quale fosse la sua reale convinzione. Combattere mettendo sempre a rischio la propria vita con una facilità disarmante per tutelare principi che di positivo avevano solo l’ipocrisia tipica delle azioni di questo tipo: fare sembrare che operasse per la tutela del bene per poi fare in modo che i c.d. atti terroristici di John Paul potessero continuare. “L’organo genocida” poteva assurgere ad opera di denuncia e condanna al percorso di alienazione verso cui il mondo attuale e prossimo futuro si sta incamminando, alla brutalità fisica e psicologica, alla conflittualità, all’angoscia esistenziale, allo smarrimento. A mio avviso l’anime, dovendo fare un’opera di “sincretismo” tra azione e introspezione psicologica sembra limitarsi a fermarsi “sul ciglio del baratro” lasciando allo spettatore il compito di distillare i messaggi di riflessione sulla nostra condizione attuale.
Il comparto grafico è veramente bello (ambientazione): Sarajevo e Praga sono veramente realistiche (il ponte Carlo e il Castello di Praga sono incredibili al pari della Piazza della Città Vecchia). Mi ha entusiasmato meno il character design troppo piatto e meno espressivo (soprattutto gli sguardi). Le animazioni sono molto fluide e rendono i combattimenti molto realistici a livello dei migliori videogiochi del genere.
Gran bell’anime, che forse poteva osare di più varcando la soglia della cripticità.
"L’organo genocida" è un film d'animazione del 2017 diretto da Shukō Murase, prodotto da Manglobe e Geno Studio, basata sull'omonimo romanzo del compianto Project Itoh, pseudonimo dello scrittore di fantascienza Satoshi Itō (1974-2009). Dalla sua opera è stato tratto anche un manga.
Il titolo del film è “intrigante” e devo riconoscere che l’ho scoperto per puro caso rimanendone affascinato, tanto da mettere in agenda la visione degli altri anime tratti dalle sue opere: “L’impero dei cadaveri” e “Harmony”. In primis, sebbene si tratti di un’opera giapponese, mi ha favorevolmente colpito l’ambientazione: un mix tra USA, Bosnia, Repubblica Ceca (Praga), Oriente (India/Pakistan) e Africa. Finalmente non un anime ambientato in Giappone (con i suoi pregi e difetti) ma una trama molto più “occidentale” nello stile narrativo e meno metaforica e contemplativa, caratteristiche tipiche dello stile delle ambientazioni nipponiche. Di sicuro non è un film d’animazione “azione e sparatutto” come potrebbe sembrare ma anche un buon thriller psicologico di spionaggio, azione, guerra e combattimento. L’alternanza tra momenti di azione e di riflessione costringe a vedere il film con estrema attenzione e concentrazione onde evitare di perdere le sfumature, i riferimenti e le citazioni più o meno evidenti nei dialoghi non sempre proprio banali tra i protagonisti.
In sintesi la trama inizia con la città di Sarajevo che viene interamente rasa al suolo da una bomba nucleare artigianale. A seguito di tale atto, si presume di natura terroristica, la maggioranza degli stati più "evoluti" mettono in atto programmi di controllo molto invasivi al fine di tutelare la sicurezza e evitare il ripetersi di eventi simili attraverso, ad esempio, il monitoraggio continuo tramite videosorveglianza e scansione biometrica, il monitoraggio di tutte le transazioni economiche, l’utilizzo del tracciamento degli spostamenti, ecc... Non tutte le nazioni mondiali hanno aderito a tali controlli simil “Grande Fratello” e pertanto le nazioni che lo hanno fatto devono intervenire con delle forze speciali perché la minaccia del terrorismo internazionale si è annidata in quelle nazioni meno "evolute" dove può continuare la propria opera di destabilizzazione dell’ordine instaurato. A riguardo, gli USA incaricano Clavis Shepherd, agente delle forze speciali, di individuare e catturare John Paul, che l’intelligence ritiene responsabile della crescente insorgenza di stragi e genocidi in molti paesi non "evoluti". Nel corso della missione, Shepherd riuscirà a incontrare più volte John Paul e verrà a conoscenza di una particolare tecnica denominata “grammatica del genocidio”, frutto degli studi di anni e che ha ispirato parecchi popoli a istigare le persone a uccidere senza alcun rimorso o senso di colpa.
Alla luce delle scoperte e delle azioni portate a compimento, Sheperd comincerà ad intuire che il confine tra il bene e il male non è così netto come lo vogliono far apparire i sistemi di potere e, soprattutto, si renderà conto di quanto sia un mero esecutore di interessi non propriamente cristallini e sarà costretto a mettere in discussione tutti i principi in cui ha creduto. Il leit motiv dell’animazione è in un certo senso accomunabile ad alcuni film e serie televisive che mi hanno appassionato: dai vari film di J. Bourne a "Treadstone" a "Hanna". Il filone è quello dei super agenti/soldati che dopo trattamenti e addestramenti speciali (chimici/farmacologici e psicologici) diventano delle “macchine da guerra” incapaci di provare sentimenti e uccidere senza alcuna pietà, compassione, scrupolo o obiezione di coscienza. La caratteristica peculiare è che possono essere attivati nel loro istinto omicida semplicemente con un ordine, un “segnale” o sequenza verbale. E "l’organo genocida" si ispira al medesimo principio, cercando anche di dare anche una spiegazione scientifica: basta una sequenza di parole che se ascoltate lavorano nel subconscio per limitare e annullare nel tempo i freni inibitori delle persone rendendole insensibili alla compassione e alla pietà e predisponendole per eseguire omicidi in sequenza e/o di massa senza alcun senso di colpa o indecisione.
Allo stesso modo Sheperd e i membri delle forze speciali erano “trattati” con farmaci e/o nanotecnologie che ottengono lo stesso effetto: riuscire a diventare “terminator” quasi infallibili e insensibili al dolore... basta vedere le scene di azione. E qui iniziano a sgorgare le prime considerazioni “introspettive” non tanto sui personaggi in sé, ma sugli spunti che emergono dai dialoghi tra loro e dai monologhi. Paradigmatico quanto afferma un compagno di squadra di Sheperd prima della missione di fronte all’orrore dello scenario di guerra: “L’inferno si trova qui, dentro la testa”. L’affermazione che fa da preludio a quanto scoprirà Sheperd una volta che riuscirà a entrare in contatto prima Lucia ŠKroupova e poi con John Paul è a parer mio il sunto assoluto del film d’animazione e forse anche della novel di Project Itoh. Il resto dei dialoghi servono da spunto, anche il tramite delle citazioni non del tutto casuali alle opere di Franz Kafka, a dare forma ad una sorta di "allegorismo vuoto". Proprio come in Kafka, l'anime rappresenta una vicenda in modo molto veritiero anche per "dire altro" non prima facie decifrabile e dunque facilmente fruibile e assimilabile. Se rappresentare un mondo dove il libero arbitrio e la libertà di pensiero e azione sono sacrificati sull’altare della sicurezza e del controllo capillare stile big brother di orwelliana memoria, ecco che di converso appaiono i personaggi alla John Paul che rappresentano solo in apparenza la minaccia all’ordine precostituito (e imposto come necessario per tutelare la salute e la sicurezza di tutti) come forma di terrorismo. E tra la “grammatica generativa del genocidio” e l’attuale sistema di diffusione delle notizie tramite la rete e i social media è facile scorgere le similitudini sulla non tanto poi sottile capacità manipolativa delle coscienze delle persone per orientare il loro giudizio e poi le loro coscienze e azioni verso un obiettivo determinato... che poi sia un genocidio (vedi i possibili sviluppi della guerra in corso tra Russia e Ucraina) o la semplice diffamazione di un personaggio noto… il meccanismo sembra sempre lo stesso... condurre il pensiero delle masse recidendo la loro capacità di valutazione critica per portarli a ragionare nel senso voluto.
Come si vedrà al termine, Sheperd maturerà “a modo suo” nell’azione in Pakistan e poi in Africa l’intuizione definitiva su ciò che stava facendo, agendo di conseguenza e lasciando intendere nel finale quale fosse la sua reale convinzione. Combattere mettendo sempre a rischio la propria vita con una facilità disarmante per tutelare principi che di positivo avevano solo l’ipocrisia tipica delle azioni di questo tipo: fare sembrare che operasse per la tutela del bene per poi fare in modo che i c.d. atti terroristici di John Paul potessero continuare. “L’organo genocida” poteva assurgere ad opera di denuncia e condanna al percorso di alienazione verso cui il mondo attuale e prossimo futuro si sta incamminando, alla brutalità fisica e psicologica, alla conflittualità, all’angoscia esistenziale, allo smarrimento. A mio avviso l’anime, dovendo fare un’opera di “sincretismo” tra azione e introspezione psicologica sembra limitarsi a fermarsi “sul ciglio del baratro” lasciando allo spettatore il compito di distillare i messaggi di riflessione sulla nostra condizione attuale.
Il comparto grafico è veramente bello (ambientazione): Sarajevo e Praga sono veramente realistiche (il ponte Carlo e il Castello di Praga sono incredibili al pari della Piazza della Città Vecchia). Mi ha entusiasmato meno il character design troppo piatto e meno espressivo (soprattutto gli sguardi). Le animazioni sono molto fluide e rendono i combattimenti molto realistici a livello dei migliori videogiochi del genere.
Gran bell’anime, che forse poteva osare di più varcando la soglia della cripticità.
«L’organo genocida», lungometraggio del 2017, è uno dei film che compongono la trilogia di Project Itoh. La regia e la sceneggiatura sono ad opera di Shukō Murase (sua la regia di «Ergo Proxy» e «Gangsta»).
Il romanzo di Project Itoh fa partire la narrazione, ambientata in un presente alternativo fra il 2015 e il 2022, dalla città di Sarajevo, che è devastata dall’esplosione di un ordigno atomico artigianale. Questo attentato è motore di cambiamenti geopolitici su scala mondiale: da un lato i Paesi ricchi e democratici aumentano sempre più la sorveglianza e il controllo sui cittadini per arrivare a una ideale "sicurezza totale", dall’altro Stati poveri che diventano sempre più instabili e scivolano, l’uno dopo l’altro, in sanguinosissime guerre civili.
L’idea, veramente suggestiva, alla base della storia (e a cui fa riferimento il titolo) è che nel cervello umano risieda una sorta di “organo” o “grammatica” dei genocidi, meccanismo che può essere innescato da una sorta di “molla” linguistica: è chiaro che il punto di partenza siano le ipotesi di Noam Chomsky della “grammatica innata”. Il pretesto è inaspettato ed estremamente efficace come espediente narrativo (e il fatto che, ad anni dalla prima formulazione, l’idea di Chomsky sembri essere considerata unanimemente errata dagli esperti del settore, non intacca la bellezza dello spunto).
I personaggi fondamentali sono tre, due uomini e una donna. Una sorta di triangolo. Il protagonista è Clavis Shepard, agente dell'intelligence americana, mentre l’antagonista è un misterioso uomo, John Paul, che sembra essere implicato nell’aumento delle guerre civili su scala mondiale. Il protagonista fa il suo compito, ma è l’antagonista che ho apprezzato di più: John Paul è poco efficace nelle sue analisi geopolitiche, nel prevedere le conseguenze delle sue azioni, stolido nella sua “lotta”. È un cattivo “perché sì”, ma è così efficace nel disgustare che mi è piaciuto!
E poi c’è Lucia Škroupova, personaggio che non ho ben compreso: sembra un po’ fuori luogo e si interroga sulle cose sbagliate.
Il chara design di Red Juice è meno efficace che in «Harmony», e meno accattivante.
Qui la bellezza è soprattutto negli oggetti tecnologici che prendono spunto dai viventi, ad esempio ci sono dei mezzi militari, quasi delle “bare volanti” che, se cadono in acqua, nuotano come cetacei!
«L’organo genocida» è quello che ho più apprezzato nella trilogia: se non è il più bello esteticamente, è decisamente il più interessante a livello di contenuti, il voto finale è un 8,5.
Il romanzo di Project Itoh fa partire la narrazione, ambientata in un presente alternativo fra il 2015 e il 2022, dalla città di Sarajevo, che è devastata dall’esplosione di un ordigno atomico artigianale. Questo attentato è motore di cambiamenti geopolitici su scala mondiale: da un lato i Paesi ricchi e democratici aumentano sempre più la sorveglianza e il controllo sui cittadini per arrivare a una ideale "sicurezza totale", dall’altro Stati poveri che diventano sempre più instabili e scivolano, l’uno dopo l’altro, in sanguinosissime guerre civili.
L’idea, veramente suggestiva, alla base della storia (e a cui fa riferimento il titolo) è che nel cervello umano risieda una sorta di “organo” o “grammatica” dei genocidi, meccanismo che può essere innescato da una sorta di “molla” linguistica: è chiaro che il punto di partenza siano le ipotesi di Noam Chomsky della “grammatica innata”. Il pretesto è inaspettato ed estremamente efficace come espediente narrativo (e il fatto che, ad anni dalla prima formulazione, l’idea di Chomsky sembri essere considerata unanimemente errata dagli esperti del settore, non intacca la bellezza dello spunto).
I personaggi fondamentali sono tre, due uomini e una donna. Una sorta di triangolo. Il protagonista è Clavis Shepard, agente dell'intelligence americana, mentre l’antagonista è un misterioso uomo, John Paul, che sembra essere implicato nell’aumento delle guerre civili su scala mondiale. Il protagonista fa il suo compito, ma è l’antagonista che ho apprezzato di più: John Paul è poco efficace nelle sue analisi geopolitiche, nel prevedere le conseguenze delle sue azioni, stolido nella sua “lotta”. È un cattivo “perché sì”, ma è così efficace nel disgustare che mi è piaciuto!
E poi c’è Lucia Škroupova, personaggio che non ho ben compreso: sembra un po’ fuori luogo e si interroga sulle cose sbagliate.
Il chara design di Red Juice è meno efficace che in «Harmony», e meno accattivante.
Qui la bellezza è soprattutto negli oggetti tecnologici che prendono spunto dai viventi, ad esempio ci sono dei mezzi militari, quasi delle “bare volanti” che, se cadono in acqua, nuotano come cetacei!
«L’organo genocida» è quello che ho più apprezzato nella trilogia: se non è il più bello esteticamente, è decisamente il più interessante a livello di contenuti, il voto finale è un 8,5.
Il film d’animazione giapponese è stato prodotto da Manglobe per la regia di Shukō Murase e basato sull’omonimo romanzo d'esordio di Project Ioh. Il lungometraggio è stato presentato in anteprima il 31 ottobre 2016 al Tokyo International Film Festival ed è uscito nelle sale giapponesi il 3 febbraio 2017 ma in Italia è ancora da considerarsi inedito. La sceneggiatura del film è stata realizzata dal regista Shukō Murase mentre le musiche sono state affidate a Yoshihiro Ike. Il tutto è stato poi supervisionato dal direttore artistico Seiki Tamura che ha conferito al risultato finale una certa aura di sconfinata desolazione sia su piano concreto di visione e suono che su piano emozionale.
L’intera storia si articola dal punto di vista del protagonista Clavis Shepherd, un militare convocato ad un’udienza come testimone di alcuni fatti che lo hanno visto coinvolto personalmente. Tutta la trama si snocciola attorno allo svelamento di questo avvenimento che, invece che essere raccontato alla testimonianza dalle parole del protagonista, viene lentamente scoperto attraverso un suo rewind. Tutto ruota attorno a John Paul, un noto terrorista che semina caos nel mondo: dopo la distruzione di Sarajevo per mezzo di una bomba nucleare artigianale, esplode la guerra contro il terrorismo in tutti i paesi. Tutte le nazioni aumentano i controlli sulla sorveglianza e sulla sicurezza dei cittadini fino a rendere la democrazia una semi-dittatura, dando vita così a un’ondata di genocidi incentivati dalla presenza di John Paul sul suolo nazionale. A lui viene attribuita la causa delle guerre dilanianti nel mondo, in 6 mesi di permanenza in uno stato, l’uomo è in grado di scatenare e incentivare l’odio reciproco utilizzando unicamente il linguaggio e sollecitando la produzione innata di ogni essere umano alla creazione di una nuova grammatica. Secondo tale teoria ogni uomo (inteso come essere umano) ha la capacità genetica di adattarsi alla situazione e riuscire a comunicare con un altro essere della sua stessa specie le sue intenzioni. Come animali pensanti abbiamo la necessità di esprimerci e siamo di conseguenza portati a creare nuovi linguaggi per veicolare le nostre istanze.
A Clavis Shepherd, agente della CIA, viene dato il compito di scovare e catturare il misterioso uomo americano, John Paul, per frenare la distruzione globale verso cui sta andando il mondo e cercare di impedire alla tessa società di farsi sopraffare dal nuovo linguaggio da lui diffuso che innesca ad un odio reciproco e ad una globale indifferenza. In questo avranno un ruolo essenziale i compagni di squadra e Lucia – una affascinante donna che pare essere l’unico collegamento con il terrorista e che porterà l’agente Clavis Shepherd sulla via della perdizione disciplinare.
Personalmente parlando posso definirmi particolarmente soddisfatta della visione di questo film animato. Tralasciando l’esplicita crudeltà delle battaglie, del sangue zampillante e le atrocità commesse dai militari in paesi sottosviluppati/poveri dove si realizzano le maggior parte delle scene – possono piacere o meno in maniera del tutto personale. Quello che mi ha colpita molto è stata l’analisi sociale e psicologica dell’andamento del mondo totalmente inglobata e centrale in tutta la storia. Ogni aspetto viene trattato e posto in un contesto molto pessimistico che non è altro che un’esagerazione senza veli di quanto sta accadendo nel presente attorno a noi. L’analisi auto-riflessiva che pervade per tutta la durate del film è stata il collante che mi ha permesso di arrivare sino alla fine altrimenti avrei mollato prima. A livello contenutistico non si può infatti dire che sia una storia particolarmente complessa, non tratta di qualcosa di complicato o di troppo coinvolgente ma, quello che più di tutto risalta, è l’insieme di sangue e di tecnologie interessanti utilizzate dal governo americano per vincere in tutti i modi le proprie battaglie. Il film è lento, ha un suo ritmo psicologico che entra nel cervello e fa inevitabilmente riflettere sul nostro abituale comportamento.
Potrei definirlo uno di quei film in cui la moralità è esplicita ma anche un poco nascosta, fatto per essere interpretato da ognuno a modo proprio e per porre attenzione a ciò che conta di più a livello personale.
Per questo motivo attribuisco un voto di 7,5 perché se fosse stato articolato maggiormente nel contenuto lo avrei sicuramente apprezzato di più, ma sono comunque soddisfatta anche se ancora confusa.
L’intera storia si articola dal punto di vista del protagonista Clavis Shepherd, un militare convocato ad un’udienza come testimone di alcuni fatti che lo hanno visto coinvolto personalmente. Tutta la trama si snocciola attorno allo svelamento di questo avvenimento che, invece che essere raccontato alla testimonianza dalle parole del protagonista, viene lentamente scoperto attraverso un suo rewind. Tutto ruota attorno a John Paul, un noto terrorista che semina caos nel mondo: dopo la distruzione di Sarajevo per mezzo di una bomba nucleare artigianale, esplode la guerra contro il terrorismo in tutti i paesi. Tutte le nazioni aumentano i controlli sulla sorveglianza e sulla sicurezza dei cittadini fino a rendere la democrazia una semi-dittatura, dando vita così a un’ondata di genocidi incentivati dalla presenza di John Paul sul suolo nazionale. A lui viene attribuita la causa delle guerre dilanianti nel mondo, in 6 mesi di permanenza in uno stato, l’uomo è in grado di scatenare e incentivare l’odio reciproco utilizzando unicamente il linguaggio e sollecitando la produzione innata di ogni essere umano alla creazione di una nuova grammatica. Secondo tale teoria ogni uomo (inteso come essere umano) ha la capacità genetica di adattarsi alla situazione e riuscire a comunicare con un altro essere della sua stessa specie le sue intenzioni. Come animali pensanti abbiamo la necessità di esprimerci e siamo di conseguenza portati a creare nuovi linguaggi per veicolare le nostre istanze.
A Clavis Shepherd, agente della CIA, viene dato il compito di scovare e catturare il misterioso uomo americano, John Paul, per frenare la distruzione globale verso cui sta andando il mondo e cercare di impedire alla tessa società di farsi sopraffare dal nuovo linguaggio da lui diffuso che innesca ad un odio reciproco e ad una globale indifferenza. In questo avranno un ruolo essenziale i compagni di squadra e Lucia – una affascinante donna che pare essere l’unico collegamento con il terrorista e che porterà l’agente Clavis Shepherd sulla via della perdizione disciplinare.
Personalmente parlando posso definirmi particolarmente soddisfatta della visione di questo film animato. Tralasciando l’esplicita crudeltà delle battaglie, del sangue zampillante e le atrocità commesse dai militari in paesi sottosviluppati/poveri dove si realizzano le maggior parte delle scene – possono piacere o meno in maniera del tutto personale. Quello che mi ha colpita molto è stata l’analisi sociale e psicologica dell’andamento del mondo totalmente inglobata e centrale in tutta la storia. Ogni aspetto viene trattato e posto in un contesto molto pessimistico che non è altro che un’esagerazione senza veli di quanto sta accadendo nel presente attorno a noi. L’analisi auto-riflessiva che pervade per tutta la durate del film è stata il collante che mi ha permesso di arrivare sino alla fine altrimenti avrei mollato prima. A livello contenutistico non si può infatti dire che sia una storia particolarmente complessa, non tratta di qualcosa di complicato o di troppo coinvolgente ma, quello che più di tutto risalta, è l’insieme di sangue e di tecnologie interessanti utilizzate dal governo americano per vincere in tutti i modi le proprie battaglie. Il film è lento, ha un suo ritmo psicologico che entra nel cervello e fa inevitabilmente riflettere sul nostro abituale comportamento.
Potrei definirlo uno di quei film in cui la moralità è esplicita ma anche un poco nascosta, fatto per essere interpretato da ognuno a modo proprio e per porre attenzione a ciò che conta di più a livello personale.
Per questo motivo attribuisco un voto di 7,5 perché se fosse stato articolato maggiormente nel contenuto lo avrei sicuramente apprezzato di più, ma sono comunque soddisfatta anche se ancora confusa.
“Genocidal Organ” è la trasposizione animata di una novel del 2007, del compianto Project Itoh (Harmony), esiste anche un manga.
La storia inizia mostrandoci Sarajevo nel 2015, che è teatro di un gigantesco attentato terroristico, con l’uso di armi nucleari, l’intera città viene totalmente distrutta.
La scena si sposta nel 2022 negli USA, dove vediamo il nostro protagonista, ovvero il capitano Clavis Shepherd mentre parla durante un'audizione al senato USA, una senatrice gli chiede chi sia John Paul, e lui comincia a raccontare, e da qui inizia la nostra storia.
Veniamo catapultati nel 2020 in Georgia, dove è in atto una guerra civile e un genocidio, il capitano Sheperd guida la sua squadra in territorio nemico, lui fa parte di un'unità speciale (tipo Delta Force). Loro eliminano dei nemici e rubano i loro chip di identificazione, per potersi infiltrare in città, grazie a questo stratagemma riescono a eludere senza problema un posto di blocco.
Grazie a un particolare sistema di schermatura ottica (tipo quello del maggiore Motoko Kusanagi di “Ghost in the Shell”), riescono ad infiltrarsi in quello che capiamo essere il palazzo presidenziale, il protagonista riesce a catturare un alto ufficiale nemico, e gli fa delle domande su un americano che dovrebbe esseri lì, ma l’alto ufficiale gli risponde che non è più lì.
Il capitano Sheperd mette sotto accusa l’alto ufficiale per i genocidi commessi, inizialmente il militare cerca di giustificarsi per quello che ha fatto, ma dopo un po’ comincia a non capire più perché ha commesso quegli atti. L’alto ufficiale entra nel panico, e anche il capitano Shepherd sembra andare nel panico, lui (come tutti i suoi soldati) ha dei dispositivi, che limitano i sentimenti in modo da essere più lucidi e concentrati durante le missioni, tale sistema viene chiamato BEAR.
Il comando aveva cercato di calmare il Capitano Sheperd, vedendo che il suo sistema di controllo delle emozioni non funzionava, si accorsero solo dopo che quelli non erano i suoi dati, ma quelli del suo commilitone Alex (questa è una forzatura, o significa che chi doveva controllare i dati dei soldati, era un incompetente).
Dal nulla una scarica di fucile fece a pezzi l’alto ufficiale (dico fatto a pezzi perché la scena è molto splatter), e poi spunta Alex, che interrogato dal capitano Sheperd sul perché l’avesse fatto, disorientato quasi in preda alla follia, aveva alzato il fucile pronto a sparare al Capitano Sheperd che aveva esploso subito due colpi contro il suo commilitone.
I soldati nemici, allarmati dagli spari erano giunti in fretta, il capitano Sheperd aveva seguito la procedura e aveva messo degli esplosivi vicino al cadavere del suo commilitone, dato che l’operazione era segreta non dovevano essere lasciate tracce del loro passaggio, e, prima che i soldati nemici avessero la meglio si era lanciato verso la finestra, mentre dietro di lui la stanza esplodeva.
Se volete sapere come prosegue dovete vedervi l’opera.
Uno dei punti focali dell’opera, se non il principale, riguarda il rapporto tra paesi ricchi e pacifici e con paesi poveri e ostili. Del fatto che anche se viviamo in una società interconnessa dove circolano tantissime notizie e informazioni, dove il valore della vita è molto alto, alla fine guardiamo solo quello che vogliamo vedere, e sulla vita, come diceva qualcuno, “La morte di una persone è una tragedia, la morte di milioni di persone è statistica”: questo rende bene il concetto di valore della vita di un occidentale riguardo quello di una persona del terzo mondo.
Un altro concetto molto importante nell'opera, é quello del controllo e della libertà, abbiamo un riferimento molto forte al periodo post 11 settembre (la novel è del 2007), vale la pena sacrificare la propria libertà (o privacy), per avere maggiore sicurezza, e lo scambio è equivalente? Cioè la sicurezza ottenuta in cambio è abbastanza, considerando la libertà persa?
Nell'opera gli Stati Uniti, hanno un sistema di controllo enorme pieno di telecamere e di tracciamenti biometrici (ci viene più che altro detto che mostrato), i contanti non esistono più, ormai è tutto elettronico, tutto è schedato e controllato, mentre vediamo come l’Europa è molto diversa.
Un altro aspetto importante nell'opera lo ha la tecnologia, premetto che la tecnologia del controllo delle emozioni, è stata veramente studiata in questi anni dalla DARPA (agenzia del Pentagono che viene menzionata nella serie).
Nel film la tecnologia è abbastanza realistica, possiamo parlare di innovazioni che nel giro di pochi anni/decenni vedremo concretizzarsi, quindi possiamo definirla come una fantascienza prossima.
I soldati delle truppe speciali che vediamo, hanno delle lenti a contatto, che fanno da HUD come gli schermi negli aerei da combattimento, e che possono trasmettere le immagini al comando, si presume che i soldati abbiano anche un esoscheletro da combattimento molto sottile.
I soldati nel film arrivano nei luoghi delle missioni grazie a un aereo, ma non vengono paracadutati, arrivano su delle specie di bare volanti (nel film i soldati li chiamano bare), composte da fibre muscolari animali, dalla forma di missili da crociera, quasi indistruttibili, che permettono loro di atterrare sani e salvi dovunque. Tali gusci dopo essere atterrati con successo, si distruggono per non lasciare tracce (molto “Mission Impossible”), dato che parliamo di missioni stealth come dicevo in precedenza, e per evitare che tale tecnologia cada in mani nemiche, essi possono essere anche armati in caso di atterraggio in zone fortemente presidiate da truppe nemiche.
Passiamo ora a parlare del lato tecnico dell’opera, allora incominciamo parlando delle animazioni, nel complesso il voto è abbondantemente positivo, le scene d’azione e i combattimenti sono ben fatti, ma ci sono alcuni cali, questo è innegabile, che appunto vengono accentuati dalle magnifiche animazioni di altre scene.
Per quello che riguarda invece le musiche, esse sono belle ma non certo indimenticabili.
Passiamo alla caratterizzazione dei personaggi: premetto che alla fine i personaggi veramente importanti sono solo e solamente tre, ovvero il protagonista, l’antagonista e una donna, questi personaggi formano un triangolo per così dire. Comunque anche i personaggi secondari sono ben fatti, pur quanto abbiano un ruolo marginale nella storia.
La caratterizzazione è ben fatta a mio avviso, soprattutto sul protagonista e sulla donna, vediamo il loro cambiamento, i loro sentimenti, per quanto riguarda l’antagonista mi ha convinto, anche se a mio avviso avrebbe dovuto avere più battute e più spazio, pur capendo che parliamo di un film. Chiudo sull'antagonista dicendo che posso capire, la sua logica, e i suoi metodi, ma all'atto pratico la sua soluzione non mi sembra molto convincente, dato che peggiorerebbe solo le cose, questo passaggio può suonarvi strano, ma se vedrete l’opera capirete, dato che non voglio farvi spoiler.
Ora senza fare spoiler devo dire una cosa sul finale, si vede molto lo stile dell’autore avendo già visto una sua opera, quello che non mi ha molto convinto è che sembra un finale troppo estremo, anche vedendo le premesse, non dico che non ci stia, ma mi sembra esagerato.
In conclusione “Genocidal Organ” è un bellissimo film, che consiglio sia a chi vuole vedere un bel film di guerra ricco di azione, e anche a chi vuole riflessioni e geopolitica, con riflessioni che però non stancano o sono eccessivamente complicate.
L’opera è molto bella, ma gli manca quel pizzico per essere considerato un capolavoro da ricordare nei decenni.
La storia inizia mostrandoci Sarajevo nel 2015, che è teatro di un gigantesco attentato terroristico, con l’uso di armi nucleari, l’intera città viene totalmente distrutta.
La scena si sposta nel 2022 negli USA, dove vediamo il nostro protagonista, ovvero il capitano Clavis Shepherd mentre parla durante un'audizione al senato USA, una senatrice gli chiede chi sia John Paul, e lui comincia a raccontare, e da qui inizia la nostra storia.
Veniamo catapultati nel 2020 in Georgia, dove è in atto una guerra civile e un genocidio, il capitano Sheperd guida la sua squadra in territorio nemico, lui fa parte di un'unità speciale (tipo Delta Force). Loro eliminano dei nemici e rubano i loro chip di identificazione, per potersi infiltrare in città, grazie a questo stratagemma riescono a eludere senza problema un posto di blocco.
Grazie a un particolare sistema di schermatura ottica (tipo quello del maggiore Motoko Kusanagi di “Ghost in the Shell”), riescono ad infiltrarsi in quello che capiamo essere il palazzo presidenziale, il protagonista riesce a catturare un alto ufficiale nemico, e gli fa delle domande su un americano che dovrebbe esseri lì, ma l’alto ufficiale gli risponde che non è più lì.
Il capitano Sheperd mette sotto accusa l’alto ufficiale per i genocidi commessi, inizialmente il militare cerca di giustificarsi per quello che ha fatto, ma dopo un po’ comincia a non capire più perché ha commesso quegli atti. L’alto ufficiale entra nel panico, e anche il capitano Shepherd sembra andare nel panico, lui (come tutti i suoi soldati) ha dei dispositivi, che limitano i sentimenti in modo da essere più lucidi e concentrati durante le missioni, tale sistema viene chiamato BEAR.
Il comando aveva cercato di calmare il Capitano Sheperd, vedendo che il suo sistema di controllo delle emozioni non funzionava, si accorsero solo dopo che quelli non erano i suoi dati, ma quelli del suo commilitone Alex (questa è una forzatura, o significa che chi doveva controllare i dati dei soldati, era un incompetente).
Dal nulla una scarica di fucile fece a pezzi l’alto ufficiale (dico fatto a pezzi perché la scena è molto splatter), e poi spunta Alex, che interrogato dal capitano Sheperd sul perché l’avesse fatto, disorientato quasi in preda alla follia, aveva alzato il fucile pronto a sparare al Capitano Sheperd che aveva esploso subito due colpi contro il suo commilitone.
I soldati nemici, allarmati dagli spari erano giunti in fretta, il capitano Sheperd aveva seguito la procedura e aveva messo degli esplosivi vicino al cadavere del suo commilitone, dato che l’operazione era segreta non dovevano essere lasciate tracce del loro passaggio, e, prima che i soldati nemici avessero la meglio si era lanciato verso la finestra, mentre dietro di lui la stanza esplodeva.
Se volete sapere come prosegue dovete vedervi l’opera.
Uno dei punti focali dell’opera, se non il principale, riguarda il rapporto tra paesi ricchi e pacifici e con paesi poveri e ostili. Del fatto che anche se viviamo in una società interconnessa dove circolano tantissime notizie e informazioni, dove il valore della vita è molto alto, alla fine guardiamo solo quello che vogliamo vedere, e sulla vita, come diceva qualcuno, “La morte di una persone è una tragedia, la morte di milioni di persone è statistica”: questo rende bene il concetto di valore della vita di un occidentale riguardo quello di una persona del terzo mondo.
Un altro concetto molto importante nell'opera, é quello del controllo e della libertà, abbiamo un riferimento molto forte al periodo post 11 settembre (la novel è del 2007), vale la pena sacrificare la propria libertà (o privacy), per avere maggiore sicurezza, e lo scambio è equivalente? Cioè la sicurezza ottenuta in cambio è abbastanza, considerando la libertà persa?
Nell'opera gli Stati Uniti, hanno un sistema di controllo enorme pieno di telecamere e di tracciamenti biometrici (ci viene più che altro detto che mostrato), i contanti non esistono più, ormai è tutto elettronico, tutto è schedato e controllato, mentre vediamo come l’Europa è molto diversa.
Un altro aspetto importante nell'opera lo ha la tecnologia, premetto che la tecnologia del controllo delle emozioni, è stata veramente studiata in questi anni dalla DARPA (agenzia del Pentagono che viene menzionata nella serie).
Nel film la tecnologia è abbastanza realistica, possiamo parlare di innovazioni che nel giro di pochi anni/decenni vedremo concretizzarsi, quindi possiamo definirla come una fantascienza prossima.
I soldati delle truppe speciali che vediamo, hanno delle lenti a contatto, che fanno da HUD come gli schermi negli aerei da combattimento, e che possono trasmettere le immagini al comando, si presume che i soldati abbiano anche un esoscheletro da combattimento molto sottile.
I soldati nel film arrivano nei luoghi delle missioni grazie a un aereo, ma non vengono paracadutati, arrivano su delle specie di bare volanti (nel film i soldati li chiamano bare), composte da fibre muscolari animali, dalla forma di missili da crociera, quasi indistruttibili, che permettono loro di atterrare sani e salvi dovunque. Tali gusci dopo essere atterrati con successo, si distruggono per non lasciare tracce (molto “Mission Impossible”), dato che parliamo di missioni stealth come dicevo in precedenza, e per evitare che tale tecnologia cada in mani nemiche, essi possono essere anche armati in caso di atterraggio in zone fortemente presidiate da truppe nemiche.
Passiamo ora a parlare del lato tecnico dell’opera, allora incominciamo parlando delle animazioni, nel complesso il voto è abbondantemente positivo, le scene d’azione e i combattimenti sono ben fatti, ma ci sono alcuni cali, questo è innegabile, che appunto vengono accentuati dalle magnifiche animazioni di altre scene.
Per quello che riguarda invece le musiche, esse sono belle ma non certo indimenticabili.
Passiamo alla caratterizzazione dei personaggi: premetto che alla fine i personaggi veramente importanti sono solo e solamente tre, ovvero il protagonista, l’antagonista e una donna, questi personaggi formano un triangolo per così dire. Comunque anche i personaggi secondari sono ben fatti, pur quanto abbiano un ruolo marginale nella storia.
La caratterizzazione è ben fatta a mio avviso, soprattutto sul protagonista e sulla donna, vediamo il loro cambiamento, i loro sentimenti, per quanto riguarda l’antagonista mi ha convinto, anche se a mio avviso avrebbe dovuto avere più battute e più spazio, pur capendo che parliamo di un film. Chiudo sull'antagonista dicendo che posso capire, la sua logica, e i suoi metodi, ma all'atto pratico la sua soluzione non mi sembra molto convincente, dato che peggiorerebbe solo le cose, questo passaggio può suonarvi strano, ma se vedrete l’opera capirete, dato che non voglio farvi spoiler.
Ora senza fare spoiler devo dire una cosa sul finale, si vede molto lo stile dell’autore avendo già visto una sua opera, quello che non mi ha molto convinto è che sembra un finale troppo estremo, anche vedendo le premesse, non dico che non ci stia, ma mi sembra esagerato.
In conclusione “Genocidal Organ” è un bellissimo film, che consiglio sia a chi vuole vedere un bel film di guerra ricco di azione, e anche a chi vuole riflessioni e geopolitica, con riflessioni che però non stancano o sono eccessivamente complicate.
L’opera è molto bella, ma gli manca quel pizzico per essere considerato un capolavoro da ricordare nei decenni.
È davvero difficile produrre un'opera di tema militare, spionistico e renderla non solo verosimile, ma in un qualche modo legata alla nostra realtà contemporanea, sia nei temi che nelle forme. Dare a questo informe concetto, di difficile attuazione, oltretutto una base culturale, un messaggio morale, qualcosa che crei la differenza, è oltremodo titanico. Davvero in pochi sono riusciti in tale intento. In ambito nipponico possiamo chiaramente ricordare Hideo Kojima, ma direi che il suo nome oltrepassa i confini giapponesi. Il resto del mondo continua a sfornare opere di questo genere, ma assolutamente senza la solidità e la perfetta strutturazione a cui Kojima ci ha abituati. La serie 'Metal Gear' è, obiettivamente, il miglior prodotto mai creato di questo genere, essendo riuscita a creare un mondo parallelo al nostro, ma parallelo in senso proprio e reale. Il mondo di 'Metal Gear', difatti, è il nostro mondo, artisticamente rimodellato, sviscerato, criticato; il mondo di 'Metal Gear' prosegue come il nostro, appunto, lungo una direzione parallela, analizza e metabolizza i nostri eventi passati e si permette, successivamente, di prevederne in qualche modo i futuri.
Non è affatto un caso che Itou, il creatore della storia di 'Genocidal Organ', fosse un tale estimatore di 'Metal Gear', da essere entrato in contatto con Kojima, che gli dedicò anche un epitaffio nel 2010.
Non saprei dire quale opera deve di più all'altra, probabilmente si sono sviluppate in sincronia, tenendo in considerazione l'amicizia dei due Autori, ma il tema del linguaggio (ripreso da 'Metal Gear Solid V', ma con un'altra variante) è notevolmente interessante, per quanto, a mio parere, un po' naive. La sua semplicità, forse eccessiva se paragonata al complesso castello di carte che Itou costruisce, è però utile come suggerimento cognitivo per arrivare a comprendere che alcuni procedimenti psicologici sono costantemente presenti nel cervello umano, ma che possono andare in quiescenza (ma non morte) a causa del rilassamento sociale indotto dal benessere. La trama è solida e il finale è, a mio parere, ottimo, senza fronzoli, duro e spietato come quello di 'Jin Roh': spietato sia per quel che accade che per quel che racconta. Una summa degli eventi degli ultimi trent'anni che il mondo occidentale ha subito e della sua reazione agli stessi, in chiave artistica, semplificata, ma ottimamente e con un taglio anche parzialmente lirico e poetico. Forse le musiche non sono state esattamente eccelse e memorabili per i posteri, ma nel complesso il film è quasi perfetto.
Assolutamente consigliato a chiunque apprezzi 'Metal Gear' e a chiunque voglia ben ragionare sui doveri che si presentano a noi cittadini occidentali nel momento in cui vogliamo mantenere il nostro status di pace e prosperità. La difficoltà nel concepire il concetto di libertà in ambito sociale, ma anche individuale; le restrizioni che ogni giorno ci affliggono, il grande fratello che quotidianamente ci circonda. La risposta sarà, chiaramente, d'impatto, e non digeribile da parte di tutti.
Non è affatto un caso che Itou, il creatore della storia di 'Genocidal Organ', fosse un tale estimatore di 'Metal Gear', da essere entrato in contatto con Kojima, che gli dedicò anche un epitaffio nel 2010.
Non saprei dire quale opera deve di più all'altra, probabilmente si sono sviluppate in sincronia, tenendo in considerazione l'amicizia dei due Autori, ma il tema del linguaggio (ripreso da 'Metal Gear Solid V', ma con un'altra variante) è notevolmente interessante, per quanto, a mio parere, un po' naive. La sua semplicità, forse eccessiva se paragonata al complesso castello di carte che Itou costruisce, è però utile come suggerimento cognitivo per arrivare a comprendere che alcuni procedimenti psicologici sono costantemente presenti nel cervello umano, ma che possono andare in quiescenza (ma non morte) a causa del rilassamento sociale indotto dal benessere. La trama è solida e il finale è, a mio parere, ottimo, senza fronzoli, duro e spietato come quello di 'Jin Roh': spietato sia per quel che accade che per quel che racconta. Una summa degli eventi degli ultimi trent'anni che il mondo occidentale ha subito e della sua reazione agli stessi, in chiave artistica, semplificata, ma ottimamente e con un taglio anche parzialmente lirico e poetico. Forse le musiche non sono state esattamente eccelse e memorabili per i posteri, ma nel complesso il film è quasi perfetto.
Assolutamente consigliato a chiunque apprezzi 'Metal Gear' e a chiunque voglia ben ragionare sui doveri che si presentano a noi cittadini occidentali nel momento in cui vogliamo mantenere il nostro status di pace e prosperità. La difficoltà nel concepire il concetto di libertà in ambito sociale, ma anche individuale; le restrizioni che ogni giorno ci affliggono, il grande fratello che quotidianamente ci circonda. La risposta sarà, chiaramente, d'impatto, e non digeribile da parte di tutti.