At the Terrace
Liberamente tratto dalla pluripremiata opera teatrale Trois Grotesques dello stesso regista, Yamauchi Kenji, At the Terrace è stato presentato al Tokyo International Film Festival nel 2016 e al Far East Film Festival nel 2017. Il film mantiene gli stessi elementi cruciali della commedia originale e si sviluppa narrativamente in una maniera che raramente si vede nel cinema giapponese. È interamente ambientato in un unico set fisso ed è tutto giocato sulla causticità dei dialoghi e sul confronto/scontro tra i personaggi in modo molto teatrale. Ma nonostante la scelta piuttosto audace, il regista trasforma il film in una commedia brillante e spiritosa che lascerà il pubblico attaccato alla poltrona dalla prima scena fino ai titoli di coda.
Si inizia con un ricevimento che si sta avviando alla sua conclusione tenutosi nella lussuosa villa di un manager d’azienda, il baffuto Soejima (Iwatani Kenji), e della sua procace consorte Kazumi (Ishibashi Kei). La maggior parte degli invitati hanno già lasciato la festa e sono tornati a casa, sono rimasti solamente la coppia di padroni di casa e una manciata di ospiti, i quali non sembrano avere alcuna fretta. Si tratta di un designer chiamato Saito (Furuya Ryuta) e sua moglie Haruko (Hiraiwa Kami), un giovane nervoso (Morooka Hiroaki) che si chiama anch’egli Saito ed è un impiegato della Toyota, e Tanoura (Okabe Takashi), un signore piuttosto emaciato in convalescenza dopo un impegnativo intervento chirurgico. Le loro chiacchiere post-party sembrano mantenere un tono fra il cortese e il confidenziale, fino a quando la padrona di casa, Kazumi, che si presenta come una vera maliarda con la sua generosa scollatura e gli occhiali da sexy bibliotecaria, non si infiamma di gelosia quando coglie di sorpresa il giovane Tanoura incantato dalle candide braccia di Haruko, a suo dire bianche come la neve. Gli incessanti complimenti allo stesso oggetto di ammirazione da parte del Saito emaciato, a cui si aggiunge presto anche il marito di Kazumi, scatenano l’ira della donna e ben presto si infrange quella facciata di circostanza fin’ora mantenuta dai personaggi, provocando una serie di imbarazzi, incertezze, flirt e schermaglie fra di loro.
Come suggerito nel titolo, l'intera azione del film si svolge unicamente sulla terrazza della casa e la cinepresa cattura la sequenza degli eventi da una certa distanza, dando così agli spettatori un posto tranquillo da dove possono indulgere nel loro furtivo piacere di osservare con discrezione e distacco la pantomima interpretata dai personaggi. Ciò che si sviluppa per i novanta minuti di pellicola è un crescendo di scambi di battute al vetriolo infarciti di allusioni e insinuazioni senza esclusione di colpi bassi. Una delle scene più assurde ed esilaranti si verifica quando Kazumi e Haruko si sfidano in singolar tenzone, con spavalda arroganza, sulle loro rispettive virtù esteriori, svelando bugie e liberano inibizioni con effetti fra l’erotico e il comico.
Ma la vera natura dello scontro va ben oltre quello che i dialoghi suggeriscono letteralmente, rivelando invece, nel loro sarcasmo reciproco, la lotta di due donne per la supremazia sociale, nonché le insinuazioni contro i rispettivi mariti, a loro volta mossi dalla gelosia, dall’opportunismo e dall'ego. La situazione sulla terrazza precipita, ripartendo dall’argomento delle famose braccia, quando sulla scena compare il giovane figlio dei padroni di casa (Hashimoto Atsushi), uno studente universitario alto e allampanato, il che porta ad un’escalation di malintesi e ambiguità fino a un improvviso e spiazzante climax.
Il film per certi versi ricorda vagamente Il discreto fascino della borghesia (1972) di Luis Bunuel nel suo svelare i peggiori vizi, le ipocrisie e le tendenze edonistiche degli ambienti altolocati della società, e nell’affrontare una situazione assurda in cui i desideri sono inevitabilmente ostacolati. D’altro canto, mette in scena la natura umana - la vanità, la gelosia e il desiderio carnale insaziabile – in maniera ironica e dissacrante come in certo cinema di Billy Wilder, in certe commedie di Neil Simon e, andando a ritroso nel tempo, in certe opere teatrali di Oscar Wilde.
Si inizia con un ricevimento che si sta avviando alla sua conclusione tenutosi nella lussuosa villa di un manager d’azienda, il baffuto Soejima (Iwatani Kenji), e della sua procace consorte Kazumi (Ishibashi Kei). La maggior parte degli invitati hanno già lasciato la festa e sono tornati a casa, sono rimasti solamente la coppia di padroni di casa e una manciata di ospiti, i quali non sembrano avere alcuna fretta. Si tratta di un designer chiamato Saito (Furuya Ryuta) e sua moglie Haruko (Hiraiwa Kami), un giovane nervoso (Morooka Hiroaki) che si chiama anch’egli Saito ed è un impiegato della Toyota, e Tanoura (Okabe Takashi), un signore piuttosto emaciato in convalescenza dopo un impegnativo intervento chirurgico. Le loro chiacchiere post-party sembrano mantenere un tono fra il cortese e il confidenziale, fino a quando la padrona di casa, Kazumi, che si presenta come una vera maliarda con la sua generosa scollatura e gli occhiali da sexy bibliotecaria, non si infiamma di gelosia quando coglie di sorpresa il giovane Tanoura incantato dalle candide braccia di Haruko, a suo dire bianche come la neve. Gli incessanti complimenti allo stesso oggetto di ammirazione da parte del Saito emaciato, a cui si aggiunge presto anche il marito di Kazumi, scatenano l’ira della donna e ben presto si infrange quella facciata di circostanza fin’ora mantenuta dai personaggi, provocando una serie di imbarazzi, incertezze, flirt e schermaglie fra di loro.
Come suggerito nel titolo, l'intera azione del film si svolge unicamente sulla terrazza della casa e la cinepresa cattura la sequenza degli eventi da una certa distanza, dando così agli spettatori un posto tranquillo da dove possono indulgere nel loro furtivo piacere di osservare con discrezione e distacco la pantomima interpretata dai personaggi. Ciò che si sviluppa per i novanta minuti di pellicola è un crescendo di scambi di battute al vetriolo infarciti di allusioni e insinuazioni senza esclusione di colpi bassi. Una delle scene più assurde ed esilaranti si verifica quando Kazumi e Haruko si sfidano in singolar tenzone, con spavalda arroganza, sulle loro rispettive virtù esteriori, svelando bugie e liberano inibizioni con effetti fra l’erotico e il comico.
Ma la vera natura dello scontro va ben oltre quello che i dialoghi suggeriscono letteralmente, rivelando invece, nel loro sarcasmo reciproco, la lotta di due donne per la supremazia sociale, nonché le insinuazioni contro i rispettivi mariti, a loro volta mossi dalla gelosia, dall’opportunismo e dall'ego. La situazione sulla terrazza precipita, ripartendo dall’argomento delle famose braccia, quando sulla scena compare il giovane figlio dei padroni di casa (Hashimoto Atsushi), uno studente universitario alto e allampanato, il che porta ad un’escalation di malintesi e ambiguità fino a un improvviso e spiazzante climax.
Il film per certi versi ricorda vagamente Il discreto fascino della borghesia (1972) di Luis Bunuel nel suo svelare i peggiori vizi, le ipocrisie e le tendenze edonistiche degli ambienti altolocati della società, e nell’affrontare una situazione assurda in cui i desideri sono inevitabilmente ostacolati. D’altro canto, mette in scena la natura umana - la vanità, la gelosia e il desiderio carnale insaziabile – in maniera ironica e dissacrante come in certo cinema di Billy Wilder, in certe commedie di Neil Simon e, andando a ritroso nel tempo, in certe opere teatrali di Oscar Wilde.