Fishbowl Wives
Otto episodi dalla durata di un’ora ciascuno, tratti dal manga seinen "Kingyo Tsuma", scritto e disegnato da R. Kurosawa e pubblicato per Shueisha (ancora in corso in patria, ma inedito in Italia), raccontano la storia di sei donne infelici, annoiate ed insoddisfatte della propria vita matrimoniale.
Ambientata in lussuosi e patinati appartamenti, la serie dedica un episodio ciascuno al dramma casalingo di ogni singola donna. A far da canovaccio a tutte queste ministorie, è la vicenda di Sakura, del suo matrimonio malato e del suo tradimento. Sarà questo triangolo ad essere una costante narrativa per l'intera serie, ad incuriosire lo spettatore puntata per puntata, ma a non portarlo mai ad un appagamento soddisfacente.
La scelta del titolo non è casuale: "Fishbowl wives", mogli nell'acquario, piccoli pesci prigionieri in bolle fredde e lussuose che vorrebbero nuotare in acque più spaziose e calde. Metafora che rende perfettamente l'idea di come queste donne siano tutte vittime di relazioni poco appaganti, anche sessualmente, o, addirittura, violente. Sakura le rappresenta bene tutte.
Succube di un matrimonio-prigione, dove non può mai esprimere liberamente sè stessa, né privatamente, né lavorativamente, serva di un marito violento, adultero, fragile ed insoddisfatto a sua volta, Sakura decide di fuggire da questa gabbia, che non è per niente d'oro, e si rifugia nel "piccolo acquario" confortevole di Haruto. Quest'ultimo, molto più giovane di lei, gestisce un negozio di acquari e pesci, appunto, e offre un riparo semplice, ma sicuro, alla donna.
Tuttavia l'evoluzione di questa storia non soddisfa. Incuriosisce e intrattiene bene, non c'è che dire, complice anche un ottimo comparto tecnico, la cui città di Tokyo, meravigliosa, da sfondo, la fa da padrone sempre. Ma questo non basta. Le scelte di Sakura sono poco convincenti e anche discutibili, soprattutto quando si volge alla fine. Mentre Haruto, nella parte dell'amante che fa ritrovare le gioie dei piaceri di coppia, si muove troppo fiaccamente. Sembra quasi che tra i due attori, Ryoko Shinohara, nel ruolo di Sakura, e Takanori Iwata, in quello del giovane Haruto, non ci fosse troppo feeling. Forse per una troppa differenza d'età tra i due, che ha dato un effetto ingessato, poco disinvolto tra di loro, e forse per la poca esperienza di lui, il quale sembra più adatto a parti in teen drama... Insomma, insieme deludono.
Non delude, invece, l'accoppiata Ryoko Shinohara - Masanobu Ando, quest' ultimo nella parte del marito violento e possessivo. Tra i due artisti l'intesa si percepisce, eccome, così com'è palpabile "l'amore" malato di lui per lei, e la grande dipendenza nei suoi confronti della moglie.
A fare da contorno alla storia principale ci sono altre cinque personaggi, altre cinque donne incastrate in un matrimonio infelice: Yuka (Shizuka Nakamura), che contatta l’ex fidanzato quando suo marito si rifiuta di avere dei figli. Noriko (Saori Seto), il cui marito, che condivide con un collega il pranzo che lei gli prepara, le fa una proposta bizzarra. Saya (Anna Ishii), ex podista assieme al marito, ora apatica e incline all'alcol. Hisako (Wakana Matsumoto), che incontra per caso un uomo e con il quale inizia ad uscire, inconsapevole di chi sia lui in realtà. Yuriha (Kyōko Hasegawa), la quale sopporta un marito che dà più importanza alla madre che a lei .
Mentre prende piede il racconto di Sakura e Haruto, si sviluppano tutte queste mini storie-satellite nelle quali si osserva il medesimo schema: moglie infelice e in crisi, incontro con un amante, sessione di sesso più o meno spinto, appagamento fisico e/o mentale della donna e, quindi, ritrovamento della "felicità".
Da questo schema non si scappa, compreso il triangolo di Sakura, anche se il suo personale ritrovamento di un certo equilibrio è opinabile. Nella donna è chiara la sua volontà di riscatto e rinascita, tuttavia troppo spesso il regista Michiko Namiki si sofferma su enfatiche scene di sesso, non così necessarie ai fini di questa crescita.
Sorprende come in un prodotto asiatico, in cui in genere non si è abituati ai contatti fisici e intimi tra i personaggi, si spinga invece l'acceleratore proprio sul pedale del sesso e della soddisfazione fisica.
Sorprende, anche, che un prodotto così ben confezionato da un punto di vista estetico abbia tirato in ballo temi molto delicati, tuttavia trattati solo in modo superficiale.
Spicca, tuttavia, il troppo silenzio, l'assenza di implicita condanna per comportamenti socialmente riprovevoli. Si ha infatti la strana percezione, quasi ovattata, che non ci sia disapprovazione e indignazione. In quel surreale condominio da copertina, tutto si svolge e scorre "normalmente". Ma niente, in realtà, è normale.
Questo alone di prudenza nella scelta degli autori di non voler approfondire certe tematiche, ha impedito a questa serie di diventare un ottima vetrina per la denuncia di abusi, angosce e comportamenti ossesivi, portando, per contro, lo spettatore ad avere una malsana percezione di queste donne-vittime-oggetto circondate da lusso e sfarzo.
Non avendo letto il manga, personalmente non mi è possibile mettere a confronto le due opere e fare così un ulteriore analisi per una migliore comprensione. Quello che qui ci viene proposto è un prodotto molto ben confezionato, a partire dagli ottimi costumi dei personaggi (ricordiamoci che la storia è ambientata in un condominio di lusso il cui tenore di vita dei residenti è medio-alto), con una scenografia scintillante e colori brillanti, sfondi spettacolari, astute inquadrature sulla splendida citttà della capitale, e le cui musiche non sono così ricordabili, ma elemento, questo, trascurabile ai fini della storia: per quel che c'è da raccontare, basta e avanza l'ottimo impatto visivo.
Concludendo, "Fishbowl wives" è una serie che "lancia il sasso e tira indietro la mano": esteticamente accativante, scorrevole e intrattenente, con premesse interessanti, ma che vengono velocemente disattese perché getta solamente uno sguardo fugace e superficiale su possibili orrori domestici.
Infine, come quei piccoli pesci nell'acquario, ci lascia insoddisfatti.
Consigliato, e rivolto, ad un pubblico adulto, e a chi desidera trascorrere qualche ora di visione senza grandi aspettative: l'occhio, in questo caso invece, in un modo o nell'altro, verrà soddisfatto.
Ambientata in lussuosi e patinati appartamenti, la serie dedica un episodio ciascuno al dramma casalingo di ogni singola donna. A far da canovaccio a tutte queste ministorie, è la vicenda di Sakura, del suo matrimonio malato e del suo tradimento. Sarà questo triangolo ad essere una costante narrativa per l'intera serie, ad incuriosire lo spettatore puntata per puntata, ma a non portarlo mai ad un appagamento soddisfacente.
La scelta del titolo non è casuale: "Fishbowl wives", mogli nell'acquario, piccoli pesci prigionieri in bolle fredde e lussuose che vorrebbero nuotare in acque più spaziose e calde. Metafora che rende perfettamente l'idea di come queste donne siano tutte vittime di relazioni poco appaganti, anche sessualmente, o, addirittura, violente. Sakura le rappresenta bene tutte.
Succube di un matrimonio-prigione, dove non può mai esprimere liberamente sè stessa, né privatamente, né lavorativamente, serva di un marito violento, adultero, fragile ed insoddisfatto a sua volta, Sakura decide di fuggire da questa gabbia, che non è per niente d'oro, e si rifugia nel "piccolo acquario" confortevole di Haruto. Quest'ultimo, molto più giovane di lei, gestisce un negozio di acquari e pesci, appunto, e offre un riparo semplice, ma sicuro, alla donna.
Tuttavia l'evoluzione di questa storia non soddisfa. Incuriosisce e intrattiene bene, non c'è che dire, complice anche un ottimo comparto tecnico, la cui città di Tokyo, meravigliosa, da sfondo, la fa da padrone sempre. Ma questo non basta. Le scelte di Sakura sono poco convincenti e anche discutibili, soprattutto quando si volge alla fine. Mentre Haruto, nella parte dell'amante che fa ritrovare le gioie dei piaceri di coppia, si muove troppo fiaccamente. Sembra quasi che tra i due attori, Ryoko Shinohara, nel ruolo di Sakura, e Takanori Iwata, in quello del giovane Haruto, non ci fosse troppo feeling. Forse per una troppa differenza d'età tra i due, che ha dato un effetto ingessato, poco disinvolto tra di loro, e forse per la poca esperienza di lui, il quale sembra più adatto a parti in teen drama... Insomma, insieme deludono.
Non delude, invece, l'accoppiata Ryoko Shinohara - Masanobu Ando, quest' ultimo nella parte del marito violento e possessivo. Tra i due artisti l'intesa si percepisce, eccome, così com'è palpabile "l'amore" malato di lui per lei, e la grande dipendenza nei suoi confronti della moglie.
A fare da contorno alla storia principale ci sono altre cinque personaggi, altre cinque donne incastrate in un matrimonio infelice: Yuka (Shizuka Nakamura), che contatta l’ex fidanzato quando suo marito si rifiuta di avere dei figli. Noriko (Saori Seto), il cui marito, che condivide con un collega il pranzo che lei gli prepara, le fa una proposta bizzarra. Saya (Anna Ishii), ex podista assieme al marito, ora apatica e incline all'alcol. Hisako (Wakana Matsumoto), che incontra per caso un uomo e con il quale inizia ad uscire, inconsapevole di chi sia lui in realtà. Yuriha (Kyōko Hasegawa), la quale sopporta un marito che dà più importanza alla madre che a lei .
Mentre prende piede il racconto di Sakura e Haruto, si sviluppano tutte queste mini storie-satellite nelle quali si osserva il medesimo schema: moglie infelice e in crisi, incontro con un amante, sessione di sesso più o meno spinto, appagamento fisico e/o mentale della donna e, quindi, ritrovamento della "felicità".
Da questo schema non si scappa, compreso il triangolo di Sakura, anche se il suo personale ritrovamento di un certo equilibrio è opinabile. Nella donna è chiara la sua volontà di riscatto e rinascita, tuttavia troppo spesso il regista Michiko Namiki si sofferma su enfatiche scene di sesso, non così necessarie ai fini di questa crescita.
Sorprende come in un prodotto asiatico, in cui in genere non si è abituati ai contatti fisici e intimi tra i personaggi, si spinga invece l'acceleratore proprio sul pedale del sesso e della soddisfazione fisica.
Sorprende, anche, che un prodotto così ben confezionato da un punto di vista estetico abbia tirato in ballo temi molto delicati, tuttavia trattati solo in modo superficiale.
Spicca, tuttavia, il troppo silenzio, l'assenza di implicita condanna per comportamenti socialmente riprovevoli. Si ha infatti la strana percezione, quasi ovattata, che non ci sia disapprovazione e indignazione. In quel surreale condominio da copertina, tutto si svolge e scorre "normalmente". Ma niente, in realtà, è normale.
Questo alone di prudenza nella scelta degli autori di non voler approfondire certe tematiche, ha impedito a questa serie di diventare un ottima vetrina per la denuncia di abusi, angosce e comportamenti ossesivi, portando, per contro, lo spettatore ad avere una malsana percezione di queste donne-vittime-oggetto circondate da lusso e sfarzo.
Non avendo letto il manga, personalmente non mi è possibile mettere a confronto le due opere e fare così un ulteriore analisi per una migliore comprensione. Quello che qui ci viene proposto è un prodotto molto ben confezionato, a partire dagli ottimi costumi dei personaggi (ricordiamoci che la storia è ambientata in un condominio di lusso il cui tenore di vita dei residenti è medio-alto), con una scenografia scintillante e colori brillanti, sfondi spettacolari, astute inquadrature sulla splendida citttà della capitale, e le cui musiche non sono così ricordabili, ma elemento, questo, trascurabile ai fini della storia: per quel che c'è da raccontare, basta e avanza l'ottimo impatto visivo.
Concludendo, "Fishbowl wives" è una serie che "lancia il sasso e tira indietro la mano": esteticamente accativante, scorrevole e intrattenente, con premesse interessanti, ma che vengono velocemente disattese perché getta solamente uno sguardo fugace e superficiale su possibili orrori domestici.
Infine, come quei piccoli pesci nell'acquario, ci lascia insoddisfatti.
Consigliato, e rivolto, ad un pubblico adulto, e a chi desidera trascorrere qualche ora di visione senza grandi aspettative: l'occhio, in questo caso invece, in un modo o nell'altro, verrà soddisfatto.