Arrivare a te
Dopo 13 anni dal famosissimo film live action, mai arrivato da noi in versione ufficiale, Netflix annuncia un nuovo adattamento live action di Kimi ni Todoke, poi approdato sulla piattaforma il 30 marzo, con il titolo in Italia di Arrivare a te, lo stesso scelto da Star Comics per la pubblicazione del manga dal quale è tratto. Questa volta Arrivare a te è un drama da 12 episodi da 33 minuti circa per un totale di 5,30 ore di trasposizione: inutile dire che le aspettative da subito sono state altissime, ma disattese in parte.
Nell’immaginario comune e per chi conosce già l’opera, i due protagonisti sono dolci e impacciati nel loro modo di avvicinarsi l’uno all’altro e con un forte potere espressivo nello sguardo, si può dire infatti che molti dei loro non detti sono espressi con gli occhi che diventano una fonte imprescindibile di comunicazione; Sawako e Shota della trasposizione di Netflix, interpretati rispettivamente da Sara Minami e Ōji Suzuka (Silent, Violence Action, Horimiya), tuttavia, non riescono a raggiungere questo tipo di intesa e seppur arrivino l’uno all’altra, il loro amore rimane distaccato dallo schermo e non arriva così caldo e intenso come ci si aspetterebbe, come lo si vorrebbe.
Volendo analizzare più nel dettaglio i personaggi principali, Sawako non risulta lugubre né troppo tenebrosa, tipicità questa che le ha fatto guadagnare il soprannome di Sadako, la protagonista di The Ring (il personaggio del pozzo) riducendo il soprannome ad un mero gioco di assonanze. L’interpretazione della Minami quindi la fa sembrare eccessivamente timida ed impacciata, nonché anche meno ingenua.
Suzuka su Shota invece sembra impaurito, spaventato nell’avvicinarsi alla sua innamorata, parrebbe quasi che si sforzi a mantenere una certa distanza di sicurezza viaggiando con il freno a mano tirato, non riuscendo così a far arrivare la parte di Kazehaya che vorrebbe una Kuronuma tutta per sé. Nonostante il suo sorriso risulta sempre rassicurante, allo spettatore arriva filtrato da un velo di titubanza, il suo carattere non emerge, rimane sullo sfondo come sarebbe per un personaggio non primario.
Certo il carico di responsabilità che si porta dietro Ōji Suzuka è enorme: nel film del 2010 (che ha fatto la storia dei live action per fama e per bellezza) Shota Kazehaya è stato interpretato da un quanto mai fresco e genuino Haruma Miura. Il suo lascito è enorme in termini emotivi e interpretativi, difficile reggere un confronto. Ma io credo che proprio per evitare questo confronto, la coppia principale ha subito una sorta di ovattamento, come se, di proposito, si sia scelto di non spingersi troppo oltre nei loro sguardi e nei loro approcci.
Forse questa impostazione è stata voluta per dare la possibilità allo spettatore consapevole di sovrapporre le due produzioni, e a quello inconsapevole di godere al meglio di questa nuova produzione. Personalmente vedere i nuovi attori interpretare questa danza poco sinuosa, mi ha fatto storcere il naso e rimpiangere la vecchia trasposizione.
Ma se i protagonisti soffrono, i comprimari splendono: Netflix fa di Arrivare a te un’opera corale in grado di dare finalmente a Chizuru, Ayane, Ryu e il prof. Arai lo spazio per le loro story line che fino ad oggi sono sempre state sacrificate in tutte le trasposizioni.
Su tutti spicca Riho Nakamura su una Chizuru forte e fragile, amante e amata, solare e tenebrosa, intenta a cercare di arrivare a congiungere i punti per la sua felicità con il pacato e razionale Ryu, interpretato da Kaito Sakurai, e il suo futuro lavorativo. Abbiamo la possibilità di vedere finalmente su schermo la tormentata Ayane confusa e spaventata, insicura e in amore e nella strada da seguire per la sua carriera. Vediamo un Pin intrepretato da Shōhei Miura. Non credo sia stato un caso la scelta di questo famoso attore; è risaputo, difatti che è stato uno dei piu cari amici di Haruma Miura e inoltre l’attrice che interpretò Ume Kurumizawa nel 2010, Mirei Kiritani, è oggi sua moglie. Pertanto, forse, si può dire che la presenza di Shohei Miura sul set di questo Kimi ni Todoke, sia un omaggio, neanche troppo velato, a quello che fu la precedente pellicola.
Il drama si sviluppa durante i tre anni di liceo e la breve sigla inziale è caratterizzata da motivi stagionali che susseguendosi danno allo spettatore l’idea del tempo che scorre. Forse in 5,30 ore condensare tutta la storia che si sviluppa su 30 volumi del manga è stato davvero troppo e la regia ne soffre, risultando anch’essa frettolosa, non si sofferma a sufficienza sui volti dei protagonisti, mancando di coglierne le emozioni. La fotografia è però spettacolare e suggestiva, capace di cogliere attimi che sfuggono soprattutto sulle panoramiche. Le musiche danno un buon accompagnamento anche se nei momenti più intimi avrei preferito qualcosa in grado di far venire il batticuore; in compenso la ending "Ai no Uta" di Takaya Kawasaki fa breccia, penetra e rimane per giorni in mente costringendoti a canticchiarla.
Arrivare a te di Netflix è una trasposizione che promette di dare voce a chi, dei personaggi, non ha mai avuto la possibilità di esprimersi a pieno su schermo. Cerca di non sovrascrivere quel colosso che è il film che lo ha preceduto ben 13 anni fa, ma di affiancarlo per dare una visione più completa allo spettatore sapiente e una idea generale a chi si approccia a questa dolce storia per la prima volta.
Voto complessivo: 7/8
Nell’immaginario comune e per chi conosce già l’opera, i due protagonisti sono dolci e impacciati nel loro modo di avvicinarsi l’uno all’altro e con un forte potere espressivo nello sguardo, si può dire infatti che molti dei loro non detti sono espressi con gli occhi che diventano una fonte imprescindibile di comunicazione; Sawako e Shota della trasposizione di Netflix, interpretati rispettivamente da Sara Minami e Ōji Suzuka (Silent, Violence Action, Horimiya), tuttavia, non riescono a raggiungere questo tipo di intesa e seppur arrivino l’uno all’altra, il loro amore rimane distaccato dallo schermo e non arriva così caldo e intenso come ci si aspetterebbe, come lo si vorrebbe.
Volendo analizzare più nel dettaglio i personaggi principali, Sawako non risulta lugubre né troppo tenebrosa, tipicità questa che le ha fatto guadagnare il soprannome di Sadako, la protagonista di The Ring (il personaggio del pozzo) riducendo il soprannome ad un mero gioco di assonanze. L’interpretazione della Minami quindi la fa sembrare eccessivamente timida ed impacciata, nonché anche meno ingenua.
Suzuka su Shota invece sembra impaurito, spaventato nell’avvicinarsi alla sua innamorata, parrebbe quasi che si sforzi a mantenere una certa distanza di sicurezza viaggiando con il freno a mano tirato, non riuscendo così a far arrivare la parte di Kazehaya che vorrebbe una Kuronuma tutta per sé. Nonostante il suo sorriso risulta sempre rassicurante, allo spettatore arriva filtrato da un velo di titubanza, il suo carattere non emerge, rimane sullo sfondo come sarebbe per un personaggio non primario.
Certo il carico di responsabilità che si porta dietro Ōji Suzuka è enorme: nel film del 2010 (che ha fatto la storia dei live action per fama e per bellezza) Shota Kazehaya è stato interpretato da un quanto mai fresco e genuino Haruma Miura. Il suo lascito è enorme in termini emotivi e interpretativi, difficile reggere un confronto. Ma io credo che proprio per evitare questo confronto, la coppia principale ha subito una sorta di ovattamento, come se, di proposito, si sia scelto di non spingersi troppo oltre nei loro sguardi e nei loro approcci.
Forse questa impostazione è stata voluta per dare la possibilità allo spettatore consapevole di sovrapporre le due produzioni, e a quello inconsapevole di godere al meglio di questa nuova produzione. Personalmente vedere i nuovi attori interpretare questa danza poco sinuosa, mi ha fatto storcere il naso e rimpiangere la vecchia trasposizione.
Ma se i protagonisti soffrono, i comprimari splendono: Netflix fa di Arrivare a te un’opera corale in grado di dare finalmente a Chizuru, Ayane, Ryu e il prof. Arai lo spazio per le loro story line che fino ad oggi sono sempre state sacrificate in tutte le trasposizioni.
Su tutti spicca Riho Nakamura su una Chizuru forte e fragile, amante e amata, solare e tenebrosa, intenta a cercare di arrivare a congiungere i punti per la sua felicità con il pacato e razionale Ryu, interpretato da Kaito Sakurai, e il suo futuro lavorativo. Abbiamo la possibilità di vedere finalmente su schermo la tormentata Ayane confusa e spaventata, insicura e in amore e nella strada da seguire per la sua carriera. Vediamo un Pin intrepretato da Shōhei Miura. Non credo sia stato un caso la scelta di questo famoso attore; è risaputo, difatti che è stato uno dei piu cari amici di Haruma Miura e inoltre l’attrice che interpretò Ume Kurumizawa nel 2010, Mirei Kiritani, è oggi sua moglie. Pertanto, forse, si può dire che la presenza di Shohei Miura sul set di questo Kimi ni Todoke, sia un omaggio, neanche troppo velato, a quello che fu la precedente pellicola.
Il drama si sviluppa durante i tre anni di liceo e la breve sigla inziale è caratterizzata da motivi stagionali che susseguendosi danno allo spettatore l’idea del tempo che scorre. Forse in 5,30 ore condensare tutta la storia che si sviluppa su 30 volumi del manga è stato davvero troppo e la regia ne soffre, risultando anch’essa frettolosa, non si sofferma a sufficienza sui volti dei protagonisti, mancando di coglierne le emozioni. La fotografia è però spettacolare e suggestiva, capace di cogliere attimi che sfuggono soprattutto sulle panoramiche. Le musiche danno un buon accompagnamento anche se nei momenti più intimi avrei preferito qualcosa in grado di far venire il batticuore; in compenso la ending "Ai no Uta" di Takaya Kawasaki fa breccia, penetra e rimane per giorni in mente costringendoti a canticchiarla.
Arrivare a te di Netflix è una trasposizione che promette di dare voce a chi, dei personaggi, non ha mai avuto la possibilità di esprimersi a pieno su schermo. Cerca di non sovrascrivere quel colosso che è il film che lo ha preceduto ben 13 anni fa, ma di affiancarlo per dare una visione più completa allo spettatore sapiente e una idea generale a chi si approccia a questa dolce storia per la prima volta.
Voto complessivo: 7/8
Il 30 marzo scorso è uscito, sulla piattaforma Netflix, il drama da 12 episodi Arrivare a te, tratto dall’omonimo manga di 30 volumi, edito in Italia da Star Comics che vanta anche una trasposizione anime di 38 episodi, sempre disponibile su Netflix.
La storia parla della giovane Sawako che, a causa dei capelli neri, della carnagione chiara e del carattere riservato, è stata rinominata fin dalle elementari Sadako, come la protagonista del film horror "The Ring". Nonostante sia una ragazza timida e gentile, non riesce a farsi degli amici. L’unico che la chiama per nome e che la saluta tutte le mattine è il suo compagno di classe Shōta che ha incontrato il primo giorno di scuola superiore, sulla strada per raggiungere l’edificio scolastico, sotto un albero di ciliegio in fiore.
Sicuramente l’uscita di questo drama è una di quelle più aspettate di quest’anno e anche una di quelle più chiacchierate, dato anche dal fatto che era già stato realizzato, nel 2010, il film live-action "Kimi ni Todoke". Quest’ultimo penso sia una delle trasposizioni più celebri fra i vari live-action tratti da manga shoujo, vuoi per la leggerezza della sceneggiatura o per la bellissima fotografia o, per ultimo, ma non per importanza, per la bravura dei due attori protagonisti: Mikako Tabe nei panni di Sawako e Haruma Miura nel ruolo di Shōta.
Nonostante razionalmente mi fossi imposta di non fare paragoni, nel primo episodio, inconsciamente, è impossibile non farli!
Avevo amato tantissimo le inquadrature e la fotografia nel film e avevo adorato il modo in cui fanno intuire il cambio delle stagioni, attraverso alcune bellissime immagini dell’albero di ciliegio, ripreso in fiore o spoglio.
Nel drama tutte queste attenzioni ai dettagli non le ho trovate; l’unico indizio del passare delle stagioni è la schermata animata iniziale con il titolo dove a volte abbiamo come sfondo dei fiori di ciliegio, a volte delle foglie che cadono e così via.
Nemmeno Sara Minami nei panni di Sawako mi ha convinta tantissimo, ma non penso sia solo colpa dell’attrice: l’ho trovata poco "Sadako", ma questo può essere un problema sia di sceneggiatura, sia di pettinatura. Perché, ammettiamolo, quando la Sawako di Mikako Tabe appariva con tutti i capelli sul viso, sembrava proprio la Sadako del film!
Non mi è dispiaciuto, invece, Ōji Suzuka che non aveva proprio un compito semplicissimo: il precedente Shōta era stato interpretato dal meraviglioso Haruma Miura che era stato perfetto in quel ruolo con il suo sorriso luminoso! Ōji Suzuka è però riuscito, con l’andare avanti degli episodi, a interpretare bene il suo personaggio, innovandolo e mettendoci del proprio.
Come avrete capito da ciò che ho scritto, il primo episodio è stato quello che mi ha emozionata meno: durante il loro primo incontro, ricercavo le farfalle nello stomaco provate vedendo il film o la trasposizione anime, ma per un insieme di fattori non è stato all’altezza. E, voglio di nuovo specificare, non parlo comunque solo degli attori, ma anche di regia e sceneggiatura.
Superato comunque lo scoglio del primo episodio è una serie gradevolissima e scorrevole, anche se poco frizzante.
Sembra un controsenso, ma la storia scorre molto velocemente perché vuole racchiudere tutti i volumi del manga, ripercorrendo così tutti gli anni delle scuole superiori, ma, allo stesso tempo, alcune parti risultano un po’ lente e poco dinamiche perché si soffermano troppo su alcune scene in particolare, dando più spazio ai dialoghi invece che all’azioni.
Nella seconda parte del drama la coppia principale viene messa un po’ da parte per dare più spazio ai protagonisti secondari. È piacevole vedere le storie degli altri personaggi adattate come live-action, cosa che, a causa della tempistica, non era stato approfondita nel film: bellissima la presa di coscienza dei propri sentimenti di Ayane e dolcissima, quasi più di quella dei protagonisti, la storia di Ryu e Chizu.
Tra l’altro ho apprezzato molto tutti gli attori secondari che interpretano i compagni di scuola dei protagonisti: da Rinka Kumada nei panni di Ayane, da Kaito Sakurai e da Riho Nakamura nei ruoli rispettivamente di Ryu e Chizu, finendo con Jin Suzuki che interpreta il povero Kento. Soprattutto sono rimasta estasiata dalla presenza di Shōhei Miura nei panni di Pin. Che sia un attore straordinario lo sappiamo già, quindi è inutile dire che ha reso questo personaggio in modo unico; comunque la sua presenza l’ho vista come un tributo, non solo alla moglie Mirei Kiritani che era nel cast del film nei panni di Kurumi, ma soprattutto all’amico Haruma Miura che se ne è andato nel 2020.
Vorrei finire con ciò che conclude anche tutti gli episodi: la theme song "Ai no Uta" di Takaya Kawasaki mi è veramente piaciuta molto!
La storia parla della giovane Sawako che, a causa dei capelli neri, della carnagione chiara e del carattere riservato, è stata rinominata fin dalle elementari Sadako, come la protagonista del film horror "The Ring". Nonostante sia una ragazza timida e gentile, non riesce a farsi degli amici. L’unico che la chiama per nome e che la saluta tutte le mattine è il suo compagno di classe Shōta che ha incontrato il primo giorno di scuola superiore, sulla strada per raggiungere l’edificio scolastico, sotto un albero di ciliegio in fiore.
Sicuramente l’uscita di questo drama è una di quelle più aspettate di quest’anno e anche una di quelle più chiacchierate, dato anche dal fatto che era già stato realizzato, nel 2010, il film live-action "Kimi ni Todoke". Quest’ultimo penso sia una delle trasposizioni più celebri fra i vari live-action tratti da manga shoujo, vuoi per la leggerezza della sceneggiatura o per la bellissima fotografia o, per ultimo, ma non per importanza, per la bravura dei due attori protagonisti: Mikako Tabe nei panni di Sawako e Haruma Miura nel ruolo di Shōta.
Nonostante razionalmente mi fossi imposta di non fare paragoni, nel primo episodio, inconsciamente, è impossibile non farli!
Avevo amato tantissimo le inquadrature e la fotografia nel film e avevo adorato il modo in cui fanno intuire il cambio delle stagioni, attraverso alcune bellissime immagini dell’albero di ciliegio, ripreso in fiore o spoglio.
Nel drama tutte queste attenzioni ai dettagli non le ho trovate; l’unico indizio del passare delle stagioni è la schermata animata iniziale con il titolo dove a volte abbiamo come sfondo dei fiori di ciliegio, a volte delle foglie che cadono e così via.
Nemmeno Sara Minami nei panni di Sawako mi ha convinta tantissimo, ma non penso sia solo colpa dell’attrice: l’ho trovata poco "Sadako", ma questo può essere un problema sia di sceneggiatura, sia di pettinatura. Perché, ammettiamolo, quando la Sawako di Mikako Tabe appariva con tutti i capelli sul viso, sembrava proprio la Sadako del film!
Non mi è dispiaciuto, invece, Ōji Suzuka che non aveva proprio un compito semplicissimo: il precedente Shōta era stato interpretato dal meraviglioso Haruma Miura che era stato perfetto in quel ruolo con il suo sorriso luminoso! Ōji Suzuka è però riuscito, con l’andare avanti degli episodi, a interpretare bene il suo personaggio, innovandolo e mettendoci del proprio.
Come avrete capito da ciò che ho scritto, il primo episodio è stato quello che mi ha emozionata meno: durante il loro primo incontro, ricercavo le farfalle nello stomaco provate vedendo il film o la trasposizione anime, ma per un insieme di fattori non è stato all’altezza. E, voglio di nuovo specificare, non parlo comunque solo degli attori, ma anche di regia e sceneggiatura.
Superato comunque lo scoglio del primo episodio è una serie gradevolissima e scorrevole, anche se poco frizzante.
Sembra un controsenso, ma la storia scorre molto velocemente perché vuole racchiudere tutti i volumi del manga, ripercorrendo così tutti gli anni delle scuole superiori, ma, allo stesso tempo, alcune parti risultano un po’ lente e poco dinamiche perché si soffermano troppo su alcune scene in particolare, dando più spazio ai dialoghi invece che all’azioni.
Nella seconda parte del drama la coppia principale viene messa un po’ da parte per dare più spazio ai protagonisti secondari. È piacevole vedere le storie degli altri personaggi adattate come live-action, cosa che, a causa della tempistica, non era stato approfondita nel film: bellissima la presa di coscienza dei propri sentimenti di Ayane e dolcissima, quasi più di quella dei protagonisti, la storia di Ryu e Chizu.
Tra l’altro ho apprezzato molto tutti gli attori secondari che interpretano i compagni di scuola dei protagonisti: da Rinka Kumada nei panni di Ayane, da Kaito Sakurai e da Riho Nakamura nei ruoli rispettivamente di Ryu e Chizu, finendo con Jin Suzuki che interpreta il povero Kento. Soprattutto sono rimasta estasiata dalla presenza di Shōhei Miura nei panni di Pin. Che sia un attore straordinario lo sappiamo già, quindi è inutile dire che ha reso questo personaggio in modo unico; comunque la sua presenza l’ho vista come un tributo, non solo alla moglie Mirei Kiritani che era nel cast del film nei panni di Kurumi, ma soprattutto all’amico Haruma Miura che se ne è andato nel 2020.
Vorrei finire con ciò che conclude anche tutti gli episodi: la theme song "Ai no Uta" di Takaya Kawasaki mi è veramente piaciuta molto!
"Riesci a immaginare quanto ti amo?" Chiede il protagonista all'inizio dell'ottavo episodio alla sua amata... Il problema di "Kimi no todoke" remake, ovvero la serie "Arrivare a te", è proprio questo.
Per vedere qualcosa di romantico tra i protagonisti bisogna quasi usare l'immaginazione. Questo perché una sceneggiatura e una regia poco incisive, e alcune prove attoriali sottotono (i due protagonisti su tutti), non riescono dare all'opera le qualità per emergere sopra la piena sufficienza.
Per quanto riguarda la sceneggiatura, la trama principale, dopo il primo episodio (che si mantiene abbastanza aderente al manga e all'anime) presenta parecchi (troppi?) salti temporali che rendono il dipanarsi della storia poco intellegibile. A mio parere si sente molto la mancanza delle atmosfere intimiste che avevano caratterizzato e contribuito a rendere celebre la trasposizione animata.
Un esempio sono proprio i monologhi interiori della protagonista, che, qui ridotti all'osso quando non tagliati del tutto, ne motivavano scelte e indecisioni. Ma così facendo molte delle azioni di Sawako appaiono insensate, incomprensibili e quasi incoerenti. Dall'ottavo/nono episodio la storia diventa più corale e le vicende di tutti i personaggi si intrecciano con le loro (in)decisioni per il futuro.
Ci sono anche (ma ormai è tardi!) delle dolci scene tra i protagonisti. Ma è il focus sui personaggi secondari ad alzare il livello generale.
Per quanto riguarda la recitazione, Ōji Suzuka e Sara Minami, che interpretano i protagonisti, forse proprio a causa della sceneggiatura non propriamente "intensa" non mi hanno colpito particolarmente. Mentre ho trovato apprezzabili le interpretazioni di Rinka Kumada (Ayane) e di Jin Suzuki (Kento) che però da sole non possono mantenere sopra la linea della sufficienza l'opera. Alcuni personaggi secondari poi, sono troppo sopra le righe, come ad esempio Tetta Sugimoto nella sua interpretazione del padre del protagonista, in cui secondo me carica eccessivamente il suo personaggio in alcune situazioni.
La regia, come già accennavo, non ci regala grandi scene madri e poche sono le inquadrature davvero particolari. Tra l'altro gettate nel mucchio in momenti non particolarmente significativi. Invece gli avvenimenti che dovrebbero essere più squisitamente romantici sono liquidati piuttosto frettolosamente. Rarissimi e quasi inesistenti movimenti di macchina e primissimi piani, elementi che, sfruttati a dovere, avrebbero donato maggior potenza espressiva a molte scene. Un peccato.
La colonna sonora è calzante, ci sono tante sonorità soft, languide e leggere, molto orecchiabili che personalmente ho apprezzato. Ma anche qui, nulla che si stagli sopra la media, e tutto finisce un po' per perdersi. Non saprei riconoscere un pezzo su tutti.
Sawako negli ultimi episodi ha gli occhi bene aperti, parla a voce e a testa alta, ma la serie non ci ha fatto percepire un granché della sua evoluzione, fallendo proprio nella rappresentazione dello sbocciare dei suoi sentimenti, della sua personalità e della sua storia d'amore.
Un po' meglio con i comprimari, ma per i difetti che vi ho riscontrato, "Kimi ni Todoke remake" rimane per me ancora un filo sotto la sufficienza.
La consiglio soprattutto ai fan più sfegatati dell'opera originale o del manga. Ma consiglio altresì di abbassare le aspettative. Potreste rimanere delusi.
Per vedere qualcosa di romantico tra i protagonisti bisogna quasi usare l'immaginazione. Questo perché una sceneggiatura e una regia poco incisive, e alcune prove attoriali sottotono (i due protagonisti su tutti), non riescono dare all'opera le qualità per emergere sopra la piena sufficienza.
Per quanto riguarda la sceneggiatura, la trama principale, dopo il primo episodio (che si mantiene abbastanza aderente al manga e all'anime) presenta parecchi (troppi?) salti temporali che rendono il dipanarsi della storia poco intellegibile. A mio parere si sente molto la mancanza delle atmosfere intimiste che avevano caratterizzato e contribuito a rendere celebre la trasposizione animata.
Un esempio sono proprio i monologhi interiori della protagonista, che, qui ridotti all'osso quando non tagliati del tutto, ne motivavano scelte e indecisioni. Ma così facendo molte delle azioni di Sawako appaiono insensate, incomprensibili e quasi incoerenti. Dall'ottavo/nono episodio la storia diventa più corale e le vicende di tutti i personaggi si intrecciano con le loro (in)decisioni per il futuro.
Ci sono anche (ma ormai è tardi!) delle dolci scene tra i protagonisti. Ma è il focus sui personaggi secondari ad alzare il livello generale.
Per quanto riguarda la recitazione, Ōji Suzuka e Sara Minami, che interpretano i protagonisti, forse proprio a causa della sceneggiatura non propriamente "intensa" non mi hanno colpito particolarmente. Mentre ho trovato apprezzabili le interpretazioni di Rinka Kumada (Ayane) e di Jin Suzuki (Kento) che però da sole non possono mantenere sopra la linea della sufficienza l'opera. Alcuni personaggi secondari poi, sono troppo sopra le righe, come ad esempio Tetta Sugimoto nella sua interpretazione del padre del protagonista, in cui secondo me carica eccessivamente il suo personaggio in alcune situazioni.
La regia, come già accennavo, non ci regala grandi scene madri e poche sono le inquadrature davvero particolari. Tra l'altro gettate nel mucchio in momenti non particolarmente significativi. Invece gli avvenimenti che dovrebbero essere più squisitamente romantici sono liquidati piuttosto frettolosamente. Rarissimi e quasi inesistenti movimenti di macchina e primissimi piani, elementi che, sfruttati a dovere, avrebbero donato maggior potenza espressiva a molte scene. Un peccato.
La colonna sonora è calzante, ci sono tante sonorità soft, languide e leggere, molto orecchiabili che personalmente ho apprezzato. Ma anche qui, nulla che si stagli sopra la media, e tutto finisce un po' per perdersi. Non saprei riconoscere un pezzo su tutti.
Sawako negli ultimi episodi ha gli occhi bene aperti, parla a voce e a testa alta, ma la serie non ci ha fatto percepire un granché della sua evoluzione, fallendo proprio nella rappresentazione dello sbocciare dei suoi sentimenti, della sua personalità e della sua storia d'amore.
Un po' meglio con i comprimari, ma per i difetti che vi ho riscontrato, "Kimi ni Todoke remake" rimane per me ancora un filo sotto la sufficienza.
La consiglio soprattutto ai fan più sfegatati dell'opera originale o del manga. Ma consiglio altresì di abbassare le aspettative. Potreste rimanere delusi.
Avreste mai pensato che "Arrivare a te", trasposizione televisiva del corrispettivo famoso manga, e anime, sarebbe approdato su Netflix? No? E invece sì.
Netflix ci sorprende e ci offre questa live-action di 12 episodi della durata di 30 minuti circa ciascuno, il cui annuncio emoziona tutti i fan del manga da cui è tratto, e della corrispettiva serie anime. Ragion per cui, le aspettative di tutti, me compresa, non potevano che spiccare il volo!
Niente di più dannoso. Quando si attende con desiderio qualcosa e si fa già una previsione sul risultato, si sa che è pericoloso poiché la delusione è, spesso e volentieri, dietro l'angolo.
"Arrivare a te" fa parte della categoria delle aspettative un poco disattese, e se ci aggiungiamo fatali paragoni con le opere di successo che l'hanno preceduta, ne esce, inevitabilmente, un quadro carente di qualcosa.
Sawako è una liceale timida ed introversa, e talmente impacciata e goffa nel rapporto con gli altri da assumere atteggiamenti e similitudini con la protagonista di un famoso film horror, "The Ring", facendola diventare oggetto di derisione o di distacco di molti suoi compagni di scuola. Ma l'incontro con Shōta, e le amiche Chizu e Ayane, piano piano le cambieranno la vita facendole trascorrere una spensierata ed emozionante adolescenza.
Del manga da cui è tratto ho letto poco, solo qualcosa qua e là in rete, giusto perché mi aveva incuriosito dopo la visione della serie anime. Quest'ultima, infatti, mi conquistò sin dalla prima puntata: personaggi ottimamente caratterizzati e una narrazione lenta e pacata, ma mai noiosa, adottata per sottolineare la graduale conquista di autostima e maturità della protagonista e del solido legame costruito con i suoi amici.
Il live-action, film uscito nel 2010, fu un buon prodotto, a mio avviso, e nonostante, per ovvie ragioni di tempo, si dovette tagliare molto, quel caratteristico ritmo pacato fu mantenuto (forse anche fin troppo "pacato", se proprio vogliamo trovargli un difetto). Ma il punto di forza di quella produzione fu l'ottima performance dei due attori principali, Haruma Miura e Mikako Tabe, perfettamente calati nella parte. Chi vide questo film difficilmente potrà dimenticare il sorriso del compianto Miura, e altrettanto difficilmente, non potrà non associarlo per sempre con quello del suo personaggio, Kazehaya.
Avendo alle spalle cotanto bagaglio, "Arrivare a te", del 2023, "non arriva a me". O perlomeno non arriva così tanto come fecero i suoi predecessori.
Eppure, fotografia e scenografia sono ottime, il commento musicale fa il suo dovere, e la sceneggiatura rispetta abbastanza bene la struttura narrativa dell'originale. È vero che si ha la sensazione che si vada un poco di fretta, soprattutto nelle prime puntate, ma io non l'ho trovato un difetto, anzi. Trovo che questa scelta sia stata ottimale al fine di non ritrovarci davanti ad un prodotto prolisso e ridondante e fotocopia delle opere precedenti. Il ritmo lento con l'anime aveva funzionato, col film pure, con questo live-action si rischiava di essere ripetitivi, e quindi di annoiare lo spettatore. Invece questa serie non annoia. Propone i vari archi narrativi in un susseguirsi di accadimenti ben cadenzati e ritmati, senza perdere troppo tempo.
E quindi? Cos'è che non ci torna durante la visione?
Assodato che il continuo paragone con le opere precedenti è stata una spada di Damocle per questa serie, il colpo di grazia gliel'ha data la gestione dei personaggi.
Innanzitutto, Ōji Suzuka, nella parte di Shōta Kazehaya, e Sara Minami, nella parte di Sawako Kuronuma, non sembrano troppo in simbiosi con i personaggi che interpretano, perciò si fatica ad empatizare subito con loro (e questo ci delude), sembrano entrare in scena in punta di piedi. Kazehaya, in certi frangenti, ci appare come un personaggio secondario, è troppo in sordina, non spicca. Sawako sembra più matura di quel che dovrebbe essere, e, soprattutto, troppo poco cupa. Tuttavia, nel proseguo degli episodi, si nota un miglioramento, forse perché gli attori, via via, prendono più confidenza con i propri personaggi e sono apparsi più disinvolti e calati nella loro parte.
I comprimari, invece, li ho trovati tutti azzeccati, da Pin, Ume, Toru, Kento, e le fedeli amiche Yano e Chizuru. Quest'ultima, direi, è stato il miglior personaggio interpretato: Riho Nakamura è stata perfetta nella parte di Chizu!
Quindi, protagonista di questa serie, non è la singola coppia, bensì l'amicizia, il legame splendido che cresce tra di loro. Infatti ho trovato molto buona la parte finale, in cui si visionano i migliori episodi, quelli che riguardano soprattutto i progetti futuri di tutti loro.
Concludendo, direi che ci troviamo di fronte ad un prodotto senza infamia e senza lode, che ha il merito ed il demerito di aver rimosso la caratteristica basilare dell'opera originale (ossia il ritmo placido e pacato che accompagna la lenta evoluzione del rapporto tra Sawako e Shōta), spostando l'attenzione su tutta la cerchia delle amicizie. Infatti, rispetto alla coppia principale, risultano più in rilievo i personaggi secondari, che in questa produzione, tanto "secondari" non lo sembrano affatto. Se il taglio orizzontale voluto dare a tutto il gruppo di amici ha cambiato la natura di quest'opera, al tempo stesso questa scelta è diventata il suo punto di forza.
Certamente il paragone con il manga, l'anime e il live-action precedente è inevitabile, e nei vari confronti, per certi versi, questa serie ne esce sconfitta. Presa a sé stante, invece, è un'opera godibile, dove la coralità è il suo miglior pregio.
Forse, per godere appieno di questa serie, la si dovrebbe guardare non avendo conoscenza dell'opera originale, o avendo un ricordo sbiadito di tutto ciò che la riguarda.
Per queste ragioni la consiglio ai fan delle opere precedenti solo se vi si approccia con occhio non troppo critico. Contrariamente, se non vi ritenete troppo elastici e il legame con il passato per voi è troppo forte, meglio lasciar perdere perché questa opera vi sembrerà diversa, forse un po' monca.
Tuttavia, per chi non si fosse approcciato a nessuna delle opere precedenti, la consiglio vivamente, anzi, forse ve la godrete meglio, senza pregiudizio. E vedere successivamente le altre opere che l'hanno preceduta, vi arricchirà e vi darà modo di apprezzare ancor di più tutte le produzioni correlate che ci sono sulla piazza.
E allora sì, che questo "Arrivare a te", arriverà bene anche a tutti voi.
Netflix ci sorprende e ci offre questa live-action di 12 episodi della durata di 30 minuti circa ciascuno, il cui annuncio emoziona tutti i fan del manga da cui è tratto, e della corrispettiva serie anime. Ragion per cui, le aspettative di tutti, me compresa, non potevano che spiccare il volo!
Niente di più dannoso. Quando si attende con desiderio qualcosa e si fa già una previsione sul risultato, si sa che è pericoloso poiché la delusione è, spesso e volentieri, dietro l'angolo.
"Arrivare a te" fa parte della categoria delle aspettative un poco disattese, e se ci aggiungiamo fatali paragoni con le opere di successo che l'hanno preceduta, ne esce, inevitabilmente, un quadro carente di qualcosa.
Sawako è una liceale timida ed introversa, e talmente impacciata e goffa nel rapporto con gli altri da assumere atteggiamenti e similitudini con la protagonista di un famoso film horror, "The Ring", facendola diventare oggetto di derisione o di distacco di molti suoi compagni di scuola. Ma l'incontro con Shōta, e le amiche Chizu e Ayane, piano piano le cambieranno la vita facendole trascorrere una spensierata ed emozionante adolescenza.
Del manga da cui è tratto ho letto poco, solo qualcosa qua e là in rete, giusto perché mi aveva incuriosito dopo la visione della serie anime. Quest'ultima, infatti, mi conquistò sin dalla prima puntata: personaggi ottimamente caratterizzati e una narrazione lenta e pacata, ma mai noiosa, adottata per sottolineare la graduale conquista di autostima e maturità della protagonista e del solido legame costruito con i suoi amici.
Il live-action, film uscito nel 2010, fu un buon prodotto, a mio avviso, e nonostante, per ovvie ragioni di tempo, si dovette tagliare molto, quel caratteristico ritmo pacato fu mantenuto (forse anche fin troppo "pacato", se proprio vogliamo trovargli un difetto). Ma il punto di forza di quella produzione fu l'ottima performance dei due attori principali, Haruma Miura e Mikako Tabe, perfettamente calati nella parte. Chi vide questo film difficilmente potrà dimenticare il sorriso del compianto Miura, e altrettanto difficilmente, non potrà non associarlo per sempre con quello del suo personaggio, Kazehaya.
Avendo alle spalle cotanto bagaglio, "Arrivare a te", del 2023, "non arriva a me". O perlomeno non arriva così tanto come fecero i suoi predecessori.
Eppure, fotografia e scenografia sono ottime, il commento musicale fa il suo dovere, e la sceneggiatura rispetta abbastanza bene la struttura narrativa dell'originale. È vero che si ha la sensazione che si vada un poco di fretta, soprattutto nelle prime puntate, ma io non l'ho trovato un difetto, anzi. Trovo che questa scelta sia stata ottimale al fine di non ritrovarci davanti ad un prodotto prolisso e ridondante e fotocopia delle opere precedenti. Il ritmo lento con l'anime aveva funzionato, col film pure, con questo live-action si rischiava di essere ripetitivi, e quindi di annoiare lo spettatore. Invece questa serie non annoia. Propone i vari archi narrativi in un susseguirsi di accadimenti ben cadenzati e ritmati, senza perdere troppo tempo.
E quindi? Cos'è che non ci torna durante la visione?
Assodato che il continuo paragone con le opere precedenti è stata una spada di Damocle per questa serie, il colpo di grazia gliel'ha data la gestione dei personaggi.
Innanzitutto, Ōji Suzuka, nella parte di Shōta Kazehaya, e Sara Minami, nella parte di Sawako Kuronuma, non sembrano troppo in simbiosi con i personaggi che interpretano, perciò si fatica ad empatizare subito con loro (e questo ci delude), sembrano entrare in scena in punta di piedi. Kazehaya, in certi frangenti, ci appare come un personaggio secondario, è troppo in sordina, non spicca. Sawako sembra più matura di quel che dovrebbe essere, e, soprattutto, troppo poco cupa. Tuttavia, nel proseguo degli episodi, si nota un miglioramento, forse perché gli attori, via via, prendono più confidenza con i propri personaggi e sono apparsi più disinvolti e calati nella loro parte.
I comprimari, invece, li ho trovati tutti azzeccati, da Pin, Ume, Toru, Kento, e le fedeli amiche Yano e Chizuru. Quest'ultima, direi, è stato il miglior personaggio interpretato: Riho Nakamura è stata perfetta nella parte di Chizu!
Quindi, protagonista di questa serie, non è la singola coppia, bensì l'amicizia, il legame splendido che cresce tra di loro. Infatti ho trovato molto buona la parte finale, in cui si visionano i migliori episodi, quelli che riguardano soprattutto i progetti futuri di tutti loro.
Concludendo, direi che ci troviamo di fronte ad un prodotto senza infamia e senza lode, che ha il merito ed il demerito di aver rimosso la caratteristica basilare dell'opera originale (ossia il ritmo placido e pacato che accompagna la lenta evoluzione del rapporto tra Sawako e Shōta), spostando l'attenzione su tutta la cerchia delle amicizie. Infatti, rispetto alla coppia principale, risultano più in rilievo i personaggi secondari, che in questa produzione, tanto "secondari" non lo sembrano affatto. Se il taglio orizzontale voluto dare a tutto il gruppo di amici ha cambiato la natura di quest'opera, al tempo stesso questa scelta è diventata il suo punto di forza.
Certamente il paragone con il manga, l'anime e il live-action precedente è inevitabile, e nei vari confronti, per certi versi, questa serie ne esce sconfitta. Presa a sé stante, invece, è un'opera godibile, dove la coralità è il suo miglior pregio.
Forse, per godere appieno di questa serie, la si dovrebbe guardare non avendo conoscenza dell'opera originale, o avendo un ricordo sbiadito di tutto ciò che la riguarda.
Per queste ragioni la consiglio ai fan delle opere precedenti solo se vi si approccia con occhio non troppo critico. Contrariamente, se non vi ritenete troppo elastici e il legame con il passato per voi è troppo forte, meglio lasciar perdere perché questa opera vi sembrerà diversa, forse un po' monca.
Tuttavia, per chi non si fosse approcciato a nessuna delle opere precedenti, la consiglio vivamente, anzi, forse ve la godrete meglio, senza pregiudizio. E vedere successivamente le altre opere che l'hanno preceduta, vi arricchirà e vi darà modo di apprezzare ancor di più tutte le produzioni correlate che ci sono sulla piazza.
E allora sì, che questo "Arrivare a te", arriverà bene anche a tutti voi.
Onore al coraggio dimostrato dalla nota piattaforma streaming di riesumare un'opera ampiamente spremuta in passato come "Kimi ni todoke". Sebbene sia consapevole che tali informazioni siano reperibili sul sito di AC, mi sembra perlomeno doveroso scrivere un recap della copiosa produzione sul soggetto che a partire dalla fine del primo decennio del presente secolo sono usciti sul mercato: 1. 2006 Manga; 2. 2007 Novel; 3. 2009 Anime I serie; 4. 2010 Live Action; 5. 2011 Anime (recap della prima serie raccontata dal punto di vista di uno dei personaggi non protagonisti); 6. 2011 Anime II serie; 7. 2011 Anime special (3 episodi di 4 minuti distribuiti con l'home video nipponici); 8. 2019 Manga sequel di quello del 2006; 9. 2023 Live Action in recensione... .
Orbene, si sentiva la mancanza dell'ennesimo prodotto sul soggetto "Arrivare a te", tanti più che era già stato posto in visione 13 anni prima un Live Action?
Premesso che ho solo visto l'anime (first e second season) e che non sono riuscito a reperire in rete informazioni sulla logica retrostante la produzione da parte del colosso del mondo streaming, mi limito a esprimere qualche considerazione sull'opera che a differenza del precedente Live Action (film di oltre 2 ore) è stata sviluppata come una serie vera e propria di 12 episodi.
I confronti, purtroppo, non sono in grado di poterli esprimere, sebbene il vecchio Live Action era stato apprezzato più per le capacità recitative degli attori e per la loro fisionomia azzeccata rispetto ai personaggi dell'anime che per lo sviluppo della trama: ridurre un'opera "corposa" ed estremamente diluita tra equivoci, tira e molla, indecisioni continue, fraintendimenti, incidenti di percorso, ecc come "Kimi ni todoke" in sole 2 ore è un'impresa titanica. Se, da quanto ho letto, il primo Live Action è comunque stato apprezzato, significa che la produzione è comunque riuscita a fare centro, sebbene erano gli anni in cui l'opera era sugli scudi...
Ho iniziato la recensione con il verbo "riesumare": così di primo acchito, mi è sembrata un'operazione che denota mancanza di fantasia e coraggio, un po' ispirata al "meglio l'usato sicuro e garantito" piuttosto che provare con qualche opera non ancora sfruttata o trasposta in serie. Concedo l'attenuante che il nuovo live action sviluppa in modo più ampio la storia in modo da rendere un po' meglio la trama e i personaggi. E per farlo ingaggia anche un discreto cast di attori, perlomeno per i protagonisti Sawako e Shota, rispettivamente Sara Minami e Ouji Suzuka (che nonostante la mia scarsa esperienza in dorama l'ho già trovato nella serie "Horimiya" e "Silent").
La prima è una modella che in parallelo ha sviluppato anche la carriera di attrice interpretando svariati film e serie fin dal 2016, vicendo ben due premi nel 2018 e nel 2019 come miglior artista esordiente con il film "Shino Can't Say Her Name".
Il secondo ha già un'ampia partecipazioni a live action, film e programmi TV fin dalla fine dello scorso decennio e come già scritto l'ho potuto apprezzare in Hoimyia e Silent.
Prima impressione sui due attori e sugli altri attori dei personaggi non protagonisti? Mi sono sembrati, a differenza di quelli utilizzati nel precedente live action, un po' troppo "adulti". Stiamo parlando comunque di ragazzi di 21 e 23 anni, ma, pur truccati in modo da renderli un pelo più giovani, sembrano più grandi anche se recitano tutto sommato bene.
Sara Minami, truccata in modo da sembrar avere un viso più spigoloso e magro (come la Sawako del manga), sembra centrata. E anche a livello recitativo riesce a rendere la timidezza e l'ingenuità del personaggio: lo sguardo perennemente abbassato e i silenzi prolungati sono snervanti ma appropriati al personaggio che poi evolve durante la serie diventando più sicura e determinata. L'attrice riesce a rendere anche questa evoluzione positiva.
Meno convincente a mio avviso Ouji Suzuka che non sembra adatto al ruolo di un personaggio che dovrebbe essere al tempo stesso bello, solare (anche "cool"), intraprendente, popolare, buono e gentile ma anche imbranato, permaloso, incapace di esternare i propri sentimenti verso Sawako. All'attore manca la resa dell'essere "figo": la recitazione di Ouji Suzuka è spenta e poco coinvolgente proprio nella parte "esuberante" del personaggio Shota Kazehaya, mentre sembra più centrato su quella più triste, malinconica e intima, dove l'attore sembra rendere al meglio...
In un certo senso mi sono piaciuti di più gli attori che interpretano i personaggi secondari: Chizuru Yoshida (Riho Nakamura), Ayane Yano (Rinka Kumada), Kazuichi Arai (Shohei Miura), Ume Kurumizawa (Kanon Nonomura).
Menzione d'onore per Riho Nakamura che interpreta bene un personaggio "vulcanico" come Chizuru e Shohei Miura che rende al meglio l'ineffabile giovane insegnante del gruppetto di ragazzi. Mi ha convinto un po' meno Rinka Kumada che interpreta Ayane: valorizza molto il suo essere più "adulta" rispetto agli altri personaggi ma nell'anime mi aveva dato l'impressione di essere meno indecisa e contorta e più sicura di sè e della sua immagine, che nel manga sembrava essere un po' più vistosa.
E la trama? premesso che credo che sia stato scritto di tutto su Sawako (soprannominata Sadako) Kuronoma e sulla operazione messa in atto da Shota per "salvarla" dalle cattive dicerie sul suo conto con il loro progressivo innamoramento, posso scrivere che la serie pur partendo dallo spunto dall'incipit della loro travagliata storia d'amore, diventa un'opera più trasversale e completa dove si sviluppano bene anche gli altri personaggi e le loro interazioni di amicizia e amorose. Anche la rivale di Sawako, Ume, viene resa bene nella descrizione del suo cambiamento e riavvicinamento a Sawako dopo la grande delusione patita.
In pratica, la serie invece di incentrarsi sul rapporto tra i due protagonisti sviluppa con ampi archi narrativi anche gli altri personaggi dando rilievo più al loro cambiamento e percorso di crescita verso le scelte che influenzeranno la loro vita piuttosto che concentrarsi solo sul rapporto tra Sawako e Shota. In sostanza la serie da molto meno rilievo a ciò che contraddistingueva l'anime (e presumo anche il manga) ossia il continuo equivoco e fraintendimento tra i due prima del coronamento della loro storia, badando a procedere in modo più lineare dall'inizio delle scuole superiori di tutti i personaggi fino al loro diploma e alla sofferta scelta dei percorsi successivi, intrecciandoli con l'amore, l'amicizia, l'insicurezza tipica dell'adolescenza che costringe tutti i personaggi a prendere cognizione che il tempo trascorso a scuola è qualcosa di irripetibile una volta che si decide di seguire le proprie ispirazioni e illusioni a scapito anche dei legami di amore, amicizia, familiari...
Da questo punto di vista la serie è convincente: "arrivare a te" parte con il pensiero di Shota sotto la fioritura di un grande albero di ciliegio e si chiude in un loop ideale con la stessa scena in cui Sawako torna al paese dopo l'università per ricongiungersi a Shota.
Tutto sommato una serie apprezzabile che ha perso un po' della caratterizzazione "shouijo" per sembrare un po' più introspettiva e "adulta" nel descrivere quel delicato e significativo passaggio della vita umana dalla fanciullezza alla età adulta che si chiama "adolescenza"...
Orbene, si sentiva la mancanza dell'ennesimo prodotto sul soggetto "Arrivare a te", tanti più che era già stato posto in visione 13 anni prima un Live Action?
Premesso che ho solo visto l'anime (first e second season) e che non sono riuscito a reperire in rete informazioni sulla logica retrostante la produzione da parte del colosso del mondo streaming, mi limito a esprimere qualche considerazione sull'opera che a differenza del precedente Live Action (film di oltre 2 ore) è stata sviluppata come una serie vera e propria di 12 episodi.
I confronti, purtroppo, non sono in grado di poterli esprimere, sebbene il vecchio Live Action era stato apprezzato più per le capacità recitative degli attori e per la loro fisionomia azzeccata rispetto ai personaggi dell'anime che per lo sviluppo della trama: ridurre un'opera "corposa" ed estremamente diluita tra equivoci, tira e molla, indecisioni continue, fraintendimenti, incidenti di percorso, ecc come "Kimi ni todoke" in sole 2 ore è un'impresa titanica. Se, da quanto ho letto, il primo Live Action è comunque stato apprezzato, significa che la produzione è comunque riuscita a fare centro, sebbene erano gli anni in cui l'opera era sugli scudi...
Ho iniziato la recensione con il verbo "riesumare": così di primo acchito, mi è sembrata un'operazione che denota mancanza di fantasia e coraggio, un po' ispirata al "meglio l'usato sicuro e garantito" piuttosto che provare con qualche opera non ancora sfruttata o trasposta in serie. Concedo l'attenuante che il nuovo live action sviluppa in modo più ampio la storia in modo da rendere un po' meglio la trama e i personaggi. E per farlo ingaggia anche un discreto cast di attori, perlomeno per i protagonisti Sawako e Shota, rispettivamente Sara Minami e Ouji Suzuka (che nonostante la mia scarsa esperienza in dorama l'ho già trovato nella serie "Horimiya" e "Silent").
La prima è una modella che in parallelo ha sviluppato anche la carriera di attrice interpretando svariati film e serie fin dal 2016, vicendo ben due premi nel 2018 e nel 2019 come miglior artista esordiente con il film "Shino Can't Say Her Name".
Il secondo ha già un'ampia partecipazioni a live action, film e programmi TV fin dalla fine dello scorso decennio e come già scritto l'ho potuto apprezzare in Hoimyia e Silent.
Prima impressione sui due attori e sugli altri attori dei personaggi non protagonisti? Mi sono sembrati, a differenza di quelli utilizzati nel precedente live action, un po' troppo "adulti". Stiamo parlando comunque di ragazzi di 21 e 23 anni, ma, pur truccati in modo da renderli un pelo più giovani, sembrano più grandi anche se recitano tutto sommato bene.
Sara Minami, truccata in modo da sembrar avere un viso più spigoloso e magro (come la Sawako del manga), sembra centrata. E anche a livello recitativo riesce a rendere la timidezza e l'ingenuità del personaggio: lo sguardo perennemente abbassato e i silenzi prolungati sono snervanti ma appropriati al personaggio che poi evolve durante la serie diventando più sicura e determinata. L'attrice riesce a rendere anche questa evoluzione positiva.
Meno convincente a mio avviso Ouji Suzuka che non sembra adatto al ruolo di un personaggio che dovrebbe essere al tempo stesso bello, solare (anche "cool"), intraprendente, popolare, buono e gentile ma anche imbranato, permaloso, incapace di esternare i propri sentimenti verso Sawako. All'attore manca la resa dell'essere "figo": la recitazione di Ouji Suzuka è spenta e poco coinvolgente proprio nella parte "esuberante" del personaggio Shota Kazehaya, mentre sembra più centrato su quella più triste, malinconica e intima, dove l'attore sembra rendere al meglio...
In un certo senso mi sono piaciuti di più gli attori che interpretano i personaggi secondari: Chizuru Yoshida (Riho Nakamura), Ayane Yano (Rinka Kumada), Kazuichi Arai (Shohei Miura), Ume Kurumizawa (Kanon Nonomura).
Menzione d'onore per Riho Nakamura che interpreta bene un personaggio "vulcanico" come Chizuru e Shohei Miura che rende al meglio l'ineffabile giovane insegnante del gruppetto di ragazzi. Mi ha convinto un po' meno Rinka Kumada che interpreta Ayane: valorizza molto il suo essere più "adulta" rispetto agli altri personaggi ma nell'anime mi aveva dato l'impressione di essere meno indecisa e contorta e più sicura di sè e della sua immagine, che nel manga sembrava essere un po' più vistosa.
E la trama? premesso che credo che sia stato scritto di tutto su Sawako (soprannominata Sadako) Kuronoma e sulla operazione messa in atto da Shota per "salvarla" dalle cattive dicerie sul suo conto con il loro progressivo innamoramento, posso scrivere che la serie pur partendo dallo spunto dall'incipit della loro travagliata storia d'amore, diventa un'opera più trasversale e completa dove si sviluppano bene anche gli altri personaggi e le loro interazioni di amicizia e amorose. Anche la rivale di Sawako, Ume, viene resa bene nella descrizione del suo cambiamento e riavvicinamento a Sawako dopo la grande delusione patita.
In pratica, la serie invece di incentrarsi sul rapporto tra i due protagonisti sviluppa con ampi archi narrativi anche gli altri personaggi dando rilievo più al loro cambiamento e percorso di crescita verso le scelte che influenzeranno la loro vita piuttosto che concentrarsi solo sul rapporto tra Sawako e Shota. In sostanza la serie da molto meno rilievo a ciò che contraddistingueva l'anime (e presumo anche il manga) ossia il continuo equivoco e fraintendimento tra i due prima del coronamento della loro storia, badando a procedere in modo più lineare dall'inizio delle scuole superiori di tutti i personaggi fino al loro diploma e alla sofferta scelta dei percorsi successivi, intrecciandoli con l'amore, l'amicizia, l'insicurezza tipica dell'adolescenza che costringe tutti i personaggi a prendere cognizione che il tempo trascorso a scuola è qualcosa di irripetibile una volta che si decide di seguire le proprie ispirazioni e illusioni a scapito anche dei legami di amore, amicizia, familiari...
Da questo punto di vista la serie è convincente: "arrivare a te" parte con il pensiero di Shota sotto la fioritura di un grande albero di ciliegio e si chiude in un loop ideale con la stessa scena in cui Sawako torna al paese dopo l'università per ricongiungersi a Shota.
Tutto sommato una serie apprezzabile che ha perso un po' della caratterizzazione "shouijo" per sembrare un po' più introspettiva e "adulta" nel descrivere quel delicato e significativo passaggio della vita umana dalla fanciullezza alla età adulta che si chiama "adolescenza"...