Love to Hate You
Questo è quello che mi aspetto di vedere quando decido di guardare una romcom! Per la sceneggiatura di Choi Soo Young e la regia di Kim Jung Kwon, si tratta di una serie coreana di 10 episodi da poco meno di un’ora ciascuno. La relativa brevità dell’opera fa sì che non ci si perda in inutili sotto trame che non interessano a nessuno: c’è la coppia principale coi suoi elementi di disturbo, chiamiamoli così, e c’è una coppia secondaria. I personaggi di contorno arricchiscono la storia senza soffocarla. Il ritmo è veloce, senza accelerazioni o troppi rallentamenti, le situazioni sono spesso paradossali, ma simpatiche. Si ride molto e a tratti ci si commuove.
Yeo Mi Ran (Kim Ok Bin ) è un’avvocata alla disperata ricerca di un lavoro, che trova in uno studio legale tutto al maschile, dove, a sua insaputa, viene assunta solo perché una loro cliente VIP ha preteso una donna. Mi Ran è una donna forte, con un profondo senso di giustizia, e conduce una personalissima guerra contro gli uomini, che ritiene tutti fedifraghi e indegni di fiducia. Perciò li seduce e abbandona e, se incontra dei prepotenti, li prende anche a botte. Già, perché la nostra avvocata è un’atleta e lottatrice fenomenale.
Nam Kang Ho (Yoo Teo) è un famosissimo e amatissimo attore, noto per la sua bellezza e gentilezza, che recita in parti romantiche e si serve dello studio legale dove lavora Mi Ran. Ma Kang Ho, dopo una brutta esperienza seguita da altre non migliori, non ha alcuna fiducia nelle donne e anzi, si potrebbe dire che gli diano l’allergia.
L’incontro di questi opposti non può che fare scintille e, inizialmente, i due si scornano a più non posso, anche a causa di reciproci fraintendimenti. Ovviamente, la progressiva vicendevole frequentazione farà sì che questi mondi così diversi si conoscano, piacciano, e amino, superando anche sospetti e timori da parte del di lui amico e manager Do Won Joon (Kim Ji Hoon) e dell’amica di lei Shin Na Eun (Go Won Hee). Ma, soprattutto, le barriere più difficili da superare saranno proprio quelle dei loro traumi e preconcetti.
Che cosa rende questa commedia così speciale? Il fatto che affronti, sia pur esagerando e generalizzando, il tema dolorosamente attuale della società patriarcale e del doppio standard applicato a uomini e donne. Là dove un uomo che “esplora” viene esaltato e onorato, una donna sessualmente libera si attira pesante riprovazione, che rischia di contaminare anche il partner. Se un uomo vuole rimanere celibe, o non avere figli, o averne in età più avanzata è nel suo pieno diritto, ma se questo diritto vuole reclamarlo una donna, apriti cielo! E una donna che lavora si presume non lo faccia con lo stesso impegno e/o con lo stesso risultato di un uomo, solo perché è donna. Naturalmente, un marito vecchio stampo (o non così vecchio, siamo comunque in Corea) può permettersi di insultare, minacciare e sminuire la propria moglie a ogni piè sospinto. Una donna dovrebbe guardarsi bene dal chiedere il divorzio, specialmente se spera di non essere spennata di tutti i suoi averi. E così via.
Certo, come si diceva, il pericolo è di esagerare e generalizzare. E’ ovvio che non “tutti” gli uomini sono dei figli di buona gatta traditori e incapaci. E’ ovvio che non tutti i mariti sono irrispettosi o violenti. E’ ovvio che in uno studio legale di una dozzina di avvocati l’unica con un po’ di furbizia e professionalità non può essere la sola donna del mazzo. E anche le motivazioni che spingono la protagonista ad avere “100 ragazzi” o a partire in quarta per raddrizzare i torti a suon di pugni anziché a parole, come la sua professione suggerirebbe, sono un po’ speciose e a tratti traballanti. Se non fosse così, non sarebbe una commedia, ma un documentario o un biopic.
Invece, mostrandoci le aberrazioni di una certa mentalità in un contesto umoristico, si riesce a far passare il messaggio insinuando il seme del dubbio, facendo riflettere con un sorriso. Come ebbi a dire nella recensione di “The Romance of Tiger and Rose”, se è così fuori dalle righe applicato a un uomo, perché dovrebbe essere giusto se a subirlo è una donna? Rovesciando la situazione, la domanda non cambia.
Non manca la rappresentazione/denuncia di un certo tipo di organizzazioni di fan, terribilmente aggressive e tossiche. Ragazzine o giovani donne seguono ovunque il loro idolo, minacciando e aggredendo quelle che ritengono essere persone deleterie per lui e per la sua carriera, morbosamente aggrappate all’illusione di non si sa cosa, di fatto, stalkerando proprio il personaggio di cui si professano innamorate. E tizi senza scrupoli ne approfittano per acquisire notorietà e facili guadagni dando in pasto al largo pubblico ogni più piccola briciola di scandalo.
E di motivi di scandalo non ne mancano. Il povero protagonista Kang Ho viene prima sospettato da Mi Ran di farsela con una minorenne, poi viene pubblicamente accusato di essere gay (come se fosse una colpa…) rischiando la carriera e quando finalmente riesce ad avere una storia con Mi Ran rischia di nuovo tutto al riaffiorare del passato promiscuo di lei. Insomma, la società pruriginosa e maschilista va in scena in gran spolvero. In un certo senso viene preso in giro anche lo spettatore, con l’inserimento di alcune scene volutamente ambigue tra Kang Ho e Won Joon, il suo manager, ma la bromance non ha alcuna connotazione romantica.
Dicevamo che è una commedia, per cui già sappiamo che tutti i santi finiscono in gloria. Forse la risoluzione dei conflitti appare per certi versi un po’ utopistica e per altri un po’ insoddisfacente, ma si tratta pur sempre di un prodotto dichiaratamente di intrattenimento, che non deve aspirare più di tanto a verosimiglianza e logicità.
Una storia scoppiettante, interessante e per certi versi profonda non produrrebbe il risultato sperato se non fosse recitata dagli attori giusti. Fortunatamente per noi, Kim Ok Bin è un’ottima attrice, e non solo. Ha tre dan in Hapkido e due in Taekwondo, pratica boxe e altri sport, corre in moto e auto e ha un QI che molti di noi invidierebbero. Insomma, la parte era perfetta per lei, che ha saputo interpretare la disincantata Mi Ran con energia e giusta espressività.
Yoo Teo è un attore maturo, molto avvenente e molto competente. Nato in Germania da genitori coreani, ha studiato recitazione negli USA e in Gran Bretagna, e recitato in mezzo sud est asiatico, e non solo. La sua interpretazione della superstar allegra e galante all’apparenza, ma dolente e complessata nel privato, è efficace e coinvolgente. I vari stadi del progredire del suo interesse per Mi Ran sono visibili sul suo viso come se scritti a titoli di scatola. Perfetto. E non guasta che faccia una gran figura sia in abiti eleganti che in giubbotto da teppista.
Questi due, insieme, hanno fatto scintille. Dimenticatevi i bacetti a stampo stile asilo visti in fin troppe produzioni, e procuratevi un ventaglio: ne avrete bisogno.
Giustizia vuole che spenda due parole anche per Kim Ji Hoon, che ha interpretato l’amico di Kang Ho. Questo bravissimo attore, già splendido nella parte del cattivo in Flower of evil, ha già alle spalle una cospicua carriera. Magnifico e carismatico, la sua presenza è tale da rubare spesso la scena anche al pur altrettanto bello e bravo Yoo Teo.
Un commento musicale spesso allegro e scanzonato, inframezzato da suoni e versi di animali divertenti inseriti al momento giusto, unito all’ottimo comparto costumi, trucco e parrucco, completa le note positive di questa serie.
Può darsi che la cosiddetta crescita dei personaggi non sia stata molto curata, non lo nego. Abbiamo visto che certe situazioni sono state esagerate, direi volutamente. Qualcuno potrebbe anche trovarlo fastidioso, non lo metto in dubbio. Io però mi sono divertita molto e ho apprezzato il messaggio, per cui consiglio la visione.
Yeo Mi Ran (Kim Ok Bin ) è un’avvocata alla disperata ricerca di un lavoro, che trova in uno studio legale tutto al maschile, dove, a sua insaputa, viene assunta solo perché una loro cliente VIP ha preteso una donna. Mi Ran è una donna forte, con un profondo senso di giustizia, e conduce una personalissima guerra contro gli uomini, che ritiene tutti fedifraghi e indegni di fiducia. Perciò li seduce e abbandona e, se incontra dei prepotenti, li prende anche a botte. Già, perché la nostra avvocata è un’atleta e lottatrice fenomenale.
Nam Kang Ho (Yoo Teo) è un famosissimo e amatissimo attore, noto per la sua bellezza e gentilezza, che recita in parti romantiche e si serve dello studio legale dove lavora Mi Ran. Ma Kang Ho, dopo una brutta esperienza seguita da altre non migliori, non ha alcuna fiducia nelle donne e anzi, si potrebbe dire che gli diano l’allergia.
L’incontro di questi opposti non può che fare scintille e, inizialmente, i due si scornano a più non posso, anche a causa di reciproci fraintendimenti. Ovviamente, la progressiva vicendevole frequentazione farà sì che questi mondi così diversi si conoscano, piacciano, e amino, superando anche sospetti e timori da parte del di lui amico e manager Do Won Joon (Kim Ji Hoon) e dell’amica di lei Shin Na Eun (Go Won Hee). Ma, soprattutto, le barriere più difficili da superare saranno proprio quelle dei loro traumi e preconcetti.
Che cosa rende questa commedia così speciale? Il fatto che affronti, sia pur esagerando e generalizzando, il tema dolorosamente attuale della società patriarcale e del doppio standard applicato a uomini e donne. Là dove un uomo che “esplora” viene esaltato e onorato, una donna sessualmente libera si attira pesante riprovazione, che rischia di contaminare anche il partner. Se un uomo vuole rimanere celibe, o non avere figli, o averne in età più avanzata è nel suo pieno diritto, ma se questo diritto vuole reclamarlo una donna, apriti cielo! E una donna che lavora si presume non lo faccia con lo stesso impegno e/o con lo stesso risultato di un uomo, solo perché è donna. Naturalmente, un marito vecchio stampo (o non così vecchio, siamo comunque in Corea) può permettersi di insultare, minacciare e sminuire la propria moglie a ogni piè sospinto. Una donna dovrebbe guardarsi bene dal chiedere il divorzio, specialmente se spera di non essere spennata di tutti i suoi averi. E così via.
Certo, come si diceva, il pericolo è di esagerare e generalizzare. E’ ovvio che non “tutti” gli uomini sono dei figli di buona gatta traditori e incapaci. E’ ovvio che non tutti i mariti sono irrispettosi o violenti. E’ ovvio che in uno studio legale di una dozzina di avvocati l’unica con un po’ di furbizia e professionalità non può essere la sola donna del mazzo. E anche le motivazioni che spingono la protagonista ad avere “100 ragazzi” o a partire in quarta per raddrizzare i torti a suon di pugni anziché a parole, come la sua professione suggerirebbe, sono un po’ speciose e a tratti traballanti. Se non fosse così, non sarebbe una commedia, ma un documentario o un biopic.
Invece, mostrandoci le aberrazioni di una certa mentalità in un contesto umoristico, si riesce a far passare il messaggio insinuando il seme del dubbio, facendo riflettere con un sorriso. Come ebbi a dire nella recensione di “The Romance of Tiger and Rose”, se è così fuori dalle righe applicato a un uomo, perché dovrebbe essere giusto se a subirlo è una donna? Rovesciando la situazione, la domanda non cambia.
Non manca la rappresentazione/denuncia di un certo tipo di organizzazioni di fan, terribilmente aggressive e tossiche. Ragazzine o giovani donne seguono ovunque il loro idolo, minacciando e aggredendo quelle che ritengono essere persone deleterie per lui e per la sua carriera, morbosamente aggrappate all’illusione di non si sa cosa, di fatto, stalkerando proprio il personaggio di cui si professano innamorate. E tizi senza scrupoli ne approfittano per acquisire notorietà e facili guadagni dando in pasto al largo pubblico ogni più piccola briciola di scandalo.
E di motivi di scandalo non ne mancano. Il povero protagonista Kang Ho viene prima sospettato da Mi Ran di farsela con una minorenne, poi viene pubblicamente accusato di essere gay (come se fosse una colpa…) rischiando la carriera e quando finalmente riesce ad avere una storia con Mi Ran rischia di nuovo tutto al riaffiorare del passato promiscuo di lei. Insomma, la società pruriginosa e maschilista va in scena in gran spolvero. In un certo senso viene preso in giro anche lo spettatore, con l’inserimento di alcune scene volutamente ambigue tra Kang Ho e Won Joon, il suo manager, ma la bromance non ha alcuna connotazione romantica.
Dicevamo che è una commedia, per cui già sappiamo che tutti i santi finiscono in gloria. Forse la risoluzione dei conflitti appare per certi versi un po’ utopistica e per altri un po’ insoddisfacente, ma si tratta pur sempre di un prodotto dichiaratamente di intrattenimento, che non deve aspirare più di tanto a verosimiglianza e logicità.
Una storia scoppiettante, interessante e per certi versi profonda non produrrebbe il risultato sperato se non fosse recitata dagli attori giusti. Fortunatamente per noi, Kim Ok Bin è un’ottima attrice, e non solo. Ha tre dan in Hapkido e due in Taekwondo, pratica boxe e altri sport, corre in moto e auto e ha un QI che molti di noi invidierebbero. Insomma, la parte era perfetta per lei, che ha saputo interpretare la disincantata Mi Ran con energia e giusta espressività.
Yoo Teo è un attore maturo, molto avvenente e molto competente. Nato in Germania da genitori coreani, ha studiato recitazione negli USA e in Gran Bretagna, e recitato in mezzo sud est asiatico, e non solo. La sua interpretazione della superstar allegra e galante all’apparenza, ma dolente e complessata nel privato, è efficace e coinvolgente. I vari stadi del progredire del suo interesse per Mi Ran sono visibili sul suo viso come se scritti a titoli di scatola. Perfetto. E non guasta che faccia una gran figura sia in abiti eleganti che in giubbotto da teppista.
Questi due, insieme, hanno fatto scintille. Dimenticatevi i bacetti a stampo stile asilo visti in fin troppe produzioni, e procuratevi un ventaglio: ne avrete bisogno.
Giustizia vuole che spenda due parole anche per Kim Ji Hoon, che ha interpretato l’amico di Kang Ho. Questo bravissimo attore, già splendido nella parte del cattivo in Flower of evil, ha già alle spalle una cospicua carriera. Magnifico e carismatico, la sua presenza è tale da rubare spesso la scena anche al pur altrettanto bello e bravo Yoo Teo.
Un commento musicale spesso allegro e scanzonato, inframezzato da suoni e versi di animali divertenti inseriti al momento giusto, unito all’ottimo comparto costumi, trucco e parrucco, completa le note positive di questa serie.
Può darsi che la cosiddetta crescita dei personaggi non sia stata molto curata, non lo nego. Abbiamo visto che certe situazioni sono state esagerate, direi volutamente. Qualcuno potrebbe anche trovarlo fastidioso, non lo metto in dubbio. Io però mi sono divertita molto e ho apprezzato il messaggio, per cui consiglio la visione.