Law school
Raramente ho trovato una drama di stampo legale così interessante e ben fatto. Law School è una produzione Netflix, e forse per questo si spiega l’impostazione dell’opera che, ai miei occhi di profana, è parsa di stampo molto occidentale.
So che c’è stato chi si è lamentato della complessità della trama, che alcuni trovano inutilmente intricata. L’unica cosa che posso dire è che non è una serie che si possa guardare col cervello scollegato, perché esige tutta, o almeno la maggior parte della nostra attenzione. Solo allora si potranno apprezzare le sottigliezze della trama, dei colpi di scena, spesso preparati con molto anticipo, e la deliziosa complessità dei rapporti interpersonali. E’ vero, come dice uno dei personaggi, che l’ambiente legale è tutto sommato ristretto, almeno in questo drama. Chissà se è vero che intere famiglie in Corea si dedicano alla professione forense, ma non vedo perché no, visto che esistono dinastie simili anche in Italia. Con queste premesse, è facile che in una università legale si concentrino studenti e professori provenienti dalla stessa cerchia o addirittura dalla stessa famiglia.
Quella che inizia con un omicidio all’università di giurisprudenza, di cui viene accusato un professore, si rivela ben presto una vicenda molto più intricata del previsto, con radici molto profonde e lontane nel tempo. La sceneggiatura sapiente ci porta per mano alla scoperta di varie verità, più o meno vere, più o meno false. I professori, ma soprattutto gli studenti della scuola, avranno il loro da fare per scoprire i retroscena di situazioni sempre più difficili e pericolose, tra accuse di omicidio e di crimini vari e assortiti, passando per frequenti minacce alla propria libertà e finanche alla propria vita. In questi scenari i rapporti di amicizia e familiari verranno messi a durissima prova.
Le trame sono fitte e a volte chi pareva tirare le fila dei giochi si rivela essere in realtà nient’altro che una pedina. I buoni della situazione dovranno fare squadra per salvare la situazione e la pelle, ma fortunatamente la produzione ha ritenuto di concederci un lieto fine, senza lasciare troppi fili appesi. Soprattutto, il ritmo delle vicende è ben strutturato e se, arrivati alla fine, sembra che manchi qualcosa, è solo perché in questo universo si sta così bene che si sarebbe voluti restarci dentro molto più a lungo e già guardando la sigla finale ci si sente in crisi d’astinenza. Spero proprio che ne facciano una seconda serie, con gli stessi attori. Purtroppo, pur avendo avuto una buona accoglienza, quest’opera non ha ricevuto il massimo dei voti, che meriterebbe molto più di altre simili, ma non allo stesso livello.
Già, gli attori. Sia i principali che i secondari hanno fatto generalmente un buon lavoro, anche se alcuni personaggi, come la madre di Kang Sol (B), il malvivente Lee Man Ho interpretato da Jo Jae Ryong, o il politico Ko Hyeong Soo, interpretato da Jung Won Joong, sono forse un pelino troppo caricati. Specialmente riguardo al collerico politico, ci si domanda come possa essere arrivato così in alto, vista la sua completa mancanza di diplomazia, la tendenza agli scoppi di rabbia e all’esagitazione. Però come malvagio della situazione bisogna riconoscere che ha fatto un buon lavoro: lo si odia veramente.
Ma, soprattutto, l’attore principale Kim Myung Min (professor Yang Jong Hoon), ha saputo ben interpretare un personaggio inizialmente molto respingente, esigente, duro oltre i limiti della maleducazione e, francamente, molto pieno di sé. Ma sarebbe molto riduttivo fermarsi alla prima impressione e, infatti, ben presto il nostro si rivela essere un burbero benefico quasi da manuale. I suoi metodi, per quanto poco accomodanti, hanno lo scopo e l’effetto di costringere gli interlocutori, e specialmente gli studenti, a pensare, cercare soluzioni alternative, linee di pensiero diverse dall’ordinario. E, dallo svolgersi dei fatti, possiamo dire che, almeno ai fini del drama, i suoi metodi non convenzionali funzionano.
La protagonista Kang Sol (A), interpretata dalla bravissima Ryu Hye Young, ci viene presentata inizialmente come una studentessa mediocre, una completa outsider dell’ambiente, provenendo da una famiglia povera. Nonostante le difficoltà e i complessi che comparativamente la sua situazione genera, si riscatterà mettendo in campo acume e impegno, e risolvendo più di una situazione. Kim Eun Sook, la sua professoressa di diritto civile interpretata dall’ottima Lee Jung Eun, ci riserverà più di una sorpresa. Sono sempre quelle insospettabili…
Diversi personaggi sono accuratamente approfonditi, ne conosciamo progressivamente i pensieri e i retroscena, e anche di alcuni dei delinquenti più incalliti vengono forniti particolari che li rendono, se non simpatici, almeno temporaneamente meno disprezzabili.
Mentre si dipanano le fila di un whodunit da manuale, l’opera porta avanti una spietata critica del sistema sociale e giudiziario coreani. Siamo in una scuola di giurisprudenza, le citazioni di leggi e sentenze si sprecano, ma gli autori ci guidano all’interno di questi labirinti portandoci per mano a scoprire i grovigli legali senza mai annoiare, anzi, lasciandoci la distinta impressione di aver imparato qualcosa.
L’azione è supportata da un comparto musicale veramente azzeccato. I crescendo che sottolineano le sequenze più tese e le musiche che accompagnano ricerche e scoperte sono da manuale, spesso sottilmente inquietanti, e ci sono diversi titoli molto gradevoli, come X di Safira.K., We are cantata da Lee Seung Yoon o, ancora, Monitus e Justitia. In realtà, tutto il comparto musicale è altamente suggestivo e dovrei citare ogni singolo pezzo musicale, non solo quelli cantati. Vengono utilizzati molti strumenti, compresa quella che pare essere una spinetta.
Occorre poi citare la magnifica cinematografia che, con l’uso sapiente delle inquadrature, delle transizioni, dei movimenti della macchina da presa, dei colori, ha saputo creare un prodotto non solo intelligente, ma anche molto gradevole agli occhi.
In sunto, un’opera che mi sento di raccomandare a tutti coloro che non disdegnino di impegnare nella visione di un drama qualcosa di più del minimo cervello indispensabile. Se quello che cercate è una serie intelligente, che faccia pensare, gradevole da guardare e da ascoltare, non andate altrove: è qua.
So che c’è stato chi si è lamentato della complessità della trama, che alcuni trovano inutilmente intricata. L’unica cosa che posso dire è che non è una serie che si possa guardare col cervello scollegato, perché esige tutta, o almeno la maggior parte della nostra attenzione. Solo allora si potranno apprezzare le sottigliezze della trama, dei colpi di scena, spesso preparati con molto anticipo, e la deliziosa complessità dei rapporti interpersonali. E’ vero, come dice uno dei personaggi, che l’ambiente legale è tutto sommato ristretto, almeno in questo drama. Chissà se è vero che intere famiglie in Corea si dedicano alla professione forense, ma non vedo perché no, visto che esistono dinastie simili anche in Italia. Con queste premesse, è facile che in una università legale si concentrino studenti e professori provenienti dalla stessa cerchia o addirittura dalla stessa famiglia.
Quella che inizia con un omicidio all’università di giurisprudenza, di cui viene accusato un professore, si rivela ben presto una vicenda molto più intricata del previsto, con radici molto profonde e lontane nel tempo. La sceneggiatura sapiente ci porta per mano alla scoperta di varie verità, più o meno vere, più o meno false. I professori, ma soprattutto gli studenti della scuola, avranno il loro da fare per scoprire i retroscena di situazioni sempre più difficili e pericolose, tra accuse di omicidio e di crimini vari e assortiti, passando per frequenti minacce alla propria libertà e finanche alla propria vita. In questi scenari i rapporti di amicizia e familiari verranno messi a durissima prova.
Le trame sono fitte e a volte chi pareva tirare le fila dei giochi si rivela essere in realtà nient’altro che una pedina. I buoni della situazione dovranno fare squadra per salvare la situazione e la pelle, ma fortunatamente la produzione ha ritenuto di concederci un lieto fine, senza lasciare troppi fili appesi. Soprattutto, il ritmo delle vicende è ben strutturato e se, arrivati alla fine, sembra che manchi qualcosa, è solo perché in questo universo si sta così bene che si sarebbe voluti restarci dentro molto più a lungo e già guardando la sigla finale ci si sente in crisi d’astinenza. Spero proprio che ne facciano una seconda serie, con gli stessi attori. Purtroppo, pur avendo avuto una buona accoglienza, quest’opera non ha ricevuto il massimo dei voti, che meriterebbe molto più di altre simili, ma non allo stesso livello.
Già, gli attori. Sia i principali che i secondari hanno fatto generalmente un buon lavoro, anche se alcuni personaggi, come la madre di Kang Sol (B), il malvivente Lee Man Ho interpretato da Jo Jae Ryong, o il politico Ko Hyeong Soo, interpretato da Jung Won Joong, sono forse un pelino troppo caricati. Specialmente riguardo al collerico politico, ci si domanda come possa essere arrivato così in alto, vista la sua completa mancanza di diplomazia, la tendenza agli scoppi di rabbia e all’esagitazione. Però come malvagio della situazione bisogna riconoscere che ha fatto un buon lavoro: lo si odia veramente.
Ma, soprattutto, l’attore principale Kim Myung Min (professor Yang Jong Hoon), ha saputo ben interpretare un personaggio inizialmente molto respingente, esigente, duro oltre i limiti della maleducazione e, francamente, molto pieno di sé. Ma sarebbe molto riduttivo fermarsi alla prima impressione e, infatti, ben presto il nostro si rivela essere un burbero benefico quasi da manuale. I suoi metodi, per quanto poco accomodanti, hanno lo scopo e l’effetto di costringere gli interlocutori, e specialmente gli studenti, a pensare, cercare soluzioni alternative, linee di pensiero diverse dall’ordinario. E, dallo svolgersi dei fatti, possiamo dire che, almeno ai fini del drama, i suoi metodi non convenzionali funzionano.
La protagonista Kang Sol (A), interpretata dalla bravissima Ryu Hye Young, ci viene presentata inizialmente come una studentessa mediocre, una completa outsider dell’ambiente, provenendo da una famiglia povera. Nonostante le difficoltà e i complessi che comparativamente la sua situazione genera, si riscatterà mettendo in campo acume e impegno, e risolvendo più di una situazione. Kim Eun Sook, la sua professoressa di diritto civile interpretata dall’ottima Lee Jung Eun, ci riserverà più di una sorpresa. Sono sempre quelle insospettabili…
Diversi personaggi sono accuratamente approfonditi, ne conosciamo progressivamente i pensieri e i retroscena, e anche di alcuni dei delinquenti più incalliti vengono forniti particolari che li rendono, se non simpatici, almeno temporaneamente meno disprezzabili.
Mentre si dipanano le fila di un whodunit da manuale, l’opera porta avanti una spietata critica del sistema sociale e giudiziario coreani. Siamo in una scuola di giurisprudenza, le citazioni di leggi e sentenze si sprecano, ma gli autori ci guidano all’interno di questi labirinti portandoci per mano a scoprire i grovigli legali senza mai annoiare, anzi, lasciandoci la distinta impressione di aver imparato qualcosa.
L’azione è supportata da un comparto musicale veramente azzeccato. I crescendo che sottolineano le sequenze più tese e le musiche che accompagnano ricerche e scoperte sono da manuale, spesso sottilmente inquietanti, e ci sono diversi titoli molto gradevoli, come X di Safira.K., We are cantata da Lee Seung Yoon o, ancora, Monitus e Justitia. In realtà, tutto il comparto musicale è altamente suggestivo e dovrei citare ogni singolo pezzo musicale, non solo quelli cantati. Vengono utilizzati molti strumenti, compresa quella che pare essere una spinetta.
Occorre poi citare la magnifica cinematografia che, con l’uso sapiente delle inquadrature, delle transizioni, dei movimenti della macchina da presa, dei colori, ha saputo creare un prodotto non solo intelligente, ma anche molto gradevole agli occhi.
In sunto, un’opera che mi sento di raccomandare a tutti coloro che non disdegnino di impegnare nella visione di un drama qualcosa di più del minimo cervello indispensabile. Se quello che cercate è una serie intelligente, che faccia pensare, gradevole da guardare e da ascoltare, non andate altrove: è qua.