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Rudido

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
"I Sette Samurai" (1954) di Akira Kurosawa è un capolavoro assoluto del cinema, un film che ha definito i contorni del genere samurai e che ha avuto un impatto duraturo su molti altri film, tanto occidentali quanto orientali.

Ambientato nel Giappone feudale, racconta la storia di un gruppo di samurai che vengono assoldati da un villaggio di contadini per difendersi da una banda di banditi che minaccia di saccheggiarli. Il film è un'epica storia di coraggio, sacrificio, lealtà e speranza, ma allo stesso tempo una riflessione sul significato della giustizia e della solidarietà.

La grandezza de "I Sette Samurai" risiede in molti aspetti, ma soprattutto nella capacità di Kurosawa di mescolare una trama emozionante, e ricca di tensione, con una profonda introspezione psicologica. I personaggi non sono solo eroi romantici: sono esseri umani, con difetti, fragilità e debolezze. Ogni samurai, da Kambei (interpretato da Takashi Shimura) a Kikuchiyo (un Toshirō Mifune strepitoso), ha un arco narrativo che lo rende interessante e complesso, lontano dalla semplice figura del guerriero senza paura.

Le performance degli attori sono straordinarie e sono sicuramente state un elemento fondamentale del successo dell'opera. Il film riesce a dare a ciascun personaggio una dimensione unica, permettendo al pubblico di empatizzare con le loro lotte interiori e la loro determinazione nel dare tutto per la causa comune, pur consapevoli della propria mortalità.

Toshirō Mifune, con la sua energia brutale e il suo carisma naturale, porta Kikuchiyo a una dimensione di straordinaria complessità. Il suo personaggio, che inizialmente si lascia percepire come un "guerriero impetuoso e fumantino", evolve con il procedere della storia, rivelando un uomo che cerca disperatamente di appartenere a un mondo che non lo accetta, ma che lotta con tutto se stesso per un ideale più grande. La performance di Mifune è tanto fisica quanto emotiva, e il suo sguardo trasmette una forza interiore che si contrappone alla sua apparente irruenza. La sua interpretazione, carica di sfumature, non solo arricchisce il film, ma lo rende anche incredibilmente umano e toccante, regalandoci un personaggio che non si dimentica facilmente.

Dall'altro lato, Takashi Shimura offre una performance più sobria, ma non meno potente, nei panni di Kambei, il leader del gruppo. Un samurai esperto che possiede una profonda saggezza e una straordinaria capacità di comprendere le persone. La recitazione di Shimura è un perfetto contrasto con quella di Mifune: calma, misurata, con una forza che risiede nella serenità e nella capacità di prendere decisioni difficili. La sua interpretazione riesce a trasmettere una grande dignità e una consapevolezza del proprio destino, in un ruolo che è tanto di guida quanto di sacrificio. Kambei è il cuore morale del gruppo e Shimura riesce a far emergere tutte le sfaccettature del suo personaggio, dal dolore personale alla determinazione nel proteggere i più deboli.

Fantastiche anche le dinamiche e il percorso di Katsushiro Okamoto, interpretato da Isao Kimura. Rappresenta il giovane samurai che, sebbene intriso di idealismo e passione, è ancora lontano dalla piena comprensione della durezza della vita e della guerra. Katsushiro è un personaggio che incarna il passaggio dall’innocenza alla maturità, e Kimura riesce a renderlo con grande sensibilità e naturalezza. La sua interpretazione trasmette perfettamente la tensione interiore del giovane che, pur desiderando ardentemente dimostrare il suo valore, è consapevole della sua inesperienza. La sua crescita nel corso del film è tangibile, sia nelle azioni che nelle interazioni con gli altri samurai. La relazione con la contadina Shino, inoltre, aggiunge una dimensione romantica ma tragica al suo arco narrativo, accentuando il contrasto tra i sogni di gioventù e la spietatezza della guerra.

Dal punto di vista tecnico, Kurosawa e il suo team hanno realizzato una serie di scelte visive che sono diventate iconiche. Le inquadrature, il montaggio, l'uso della luce e dell'ombra, e il dinamismo delle sequenze di battaglia sono tutti elementi che hanno influenzato il cinema di tutto il mondo in modo decisivo.

Un altro aspetto fondamentale de "I Sette Samurai" è il modo in cui esplora temi di classe sociale e comunità. Il contrasto tra i contadini, poveri e umili, e i samurai, guerrieri che vivono secondo un codice d’onore, solleva interrogativi sulle differenze di potere e sulle dinamiche di società. Ma una delle grandezze dell'opera sta nell’idea che viene veicolata: al di là di tutte le differenze, la speranza e la lotta comune possono unire anche gli individui più disparati.

La struttura del film, che si sviluppa in tre atti ben distinti (preparazione, battaglia e dopo-battaglia) è magistralmente costruita, con un ritmo che mantiene sempre alta la tensione e offre spazio per momenti di riflessione. Nonostante la lunghezza (oltre tre ore), la narrazione non annoia mai, ma coinvolge il pubblico fino all’ultimo fotogramma.

"I Sette Samurai" non è solo un film di azione o un dramma storico: è un'opera che esplora il cuore umano, le sue paure, speranze, e la capacità di resistere nelle circostanze più difficili. È un panegirico del sacrificio, ma anche della comunità e della solidarietà, temi universali che continuano a risuonare con il pubblico di oggi come facevano al momento della sua uscita.

Inoltre si tratta di una pellicola che non solo ha cambiato il corso del cinema, ma che continua a restare una delle pietre miliari della settima arte. Un’opera Maestra che trascende i suoi tempi e continua a essere fonte di ispirazione per registi, attori e appassionati di cinema.


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Kirad

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8,5
Film leggendario, uno dei più grandi successi di Kurosawa in patria e anche all'estero (tanto che Hollywood ne fece un remake, I magnifici sette, anch'esso di qualità e successo), si può analizzarlo a partire dai contenuti, che lo rendono un inno alla solidarietà tra esseri umani.
Ambientato in un periodo assai turbolento della storia giapponese, Kurosawa mostra una società che sembra allo sbando: contadini poveri e angariati da torme di briganti, provano a cercare aiuto rivolgendosi ai nobili samurai, che però si rivelano troppo spesso uomini tronfi e arroganti, attaccati solo al denaro e che quindi scacciano in malo modo i contadini che possono pagare solo offrendo riso. In mezzo a tanto squallore materiale e morale, c'è finalmente un raggio di speranza grazie all'incontro col saggio Kambei Shimada, figura autorevole ed esperta che possiede la dote che ogni vero essere umano dovrebbe avere, ossia la compassione per la sofferenza altrui. Kambei accetta e decide di assoldare altri 5 samurai per il duro compito da svolgere e a questo gruppo si aggiungerà anche il buffonesco Kikuchiyo (interpretato dal grande Toshiro Mifune) che rappresenta l'unione tra le due classi sociali: un contadino autoproclamatosi samurai e che poi verrà accettato come tale dagli altri, una scelta rivoluzionaria da parte del regista ma indispensabile per la sua visione di solidarietà umana, che vuole andare oltre gli steccati sociali.
Mentre ci si organizza per la difesa del villaggio, difesa a cui i contadini dovranno partecipare attivamente, vengono poi offerte occasioni per conoscere sia i samurai, che incarnano ciascuno una determinata caratteristica del vero guerriero, e soprattutto i contadini, e il regista riesce a ben trasmettere quanto sia faticosa la loro vita e quanto sia importante per loro ciò che coltivano.
Quando poi si svolgerà la sfida di samurai e contadini contro i banditi, sfida mostrata attraverso tre attacchi al villaggio (e in queste occasioni Kurosawa può dimostrare la sua abilità nel costruire scene di combattimento) si giungerà al finale, lieto e insieme mesto: da un lato i contadini felici di poter finalmente ricominciare a vivere, dall'altro la mestizia dei tre samurai superstiti, consapevoli che a loro non è rimasto niente. Eppure la loro impresa non è stata inutile, perchè hanno non solo salvato i contadini, li hanno anche aiutati ad essere forti per il futuro. Da qui la grandezza epica dei samurai, consapevoli che sarebbe finita così eppure hanno compiuto lo stesso il loro dovere, perchè le persone in difficoltà vanno aiutate.
Sul piano tecnico c'è da notare la maestria di Kurosawa nel saper dirigere vari generi: il dramma, la tensione prima della battaglia, il combattimento, il respiro epico, l'umorismo picaresco, tutti mostrati con una grande naturalezza priva di retorica.
In mezzo ad un ottimo cast primeggia Toshiro Mifune, che col suo personaggio sa passare molto bene dal comico al drammatico (come nella scena in cui salva un bambino da un incendio e scoppia poi in lacrime perchè a lui da piccola era accaduta la stessa cosa).
Insomma, è un titolo grandioso da rivedere e rivedere.


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HaL9000

Episodi visti: 1/1 --- Voto 10
Mi sembra un po' strano commentare un'opera con attori in carne e ossa su AC che non sia in qualche modo collegata ad anime o manga. Tanto più che l'opera in questione è, nientemeno, uno dei capolavori del cinema mondiale, creazione di uno dei più famosi registi mai esistiti: Akira Kurosawa.

Questa pellicola ha avuto un'enorme influenza nei decenni successivi, tale da ispirare numerose pellicole con ambientazioni, ovviamente, differenti, ma con il plot narrativo fortemente debitore nei confronti del lavoro di Kurosawa. In questa lavorazione, infatti, vengono introdotte delle innovazioni tutt'altro che scontate per l'epoca in cui il film fu girato (1954), innovazioni che infatti pesarono notevolmente sul budget messo a disposizione dalla casa di produzione; cosa, questa, che comportò ritardi e interruzioni nelle riprese.
Tanto per incominciare, il set fu creato all'aperto, in esterni, e non in studio, per aumentare il realismo dell'opera. Inoltre il plot narrativo era strutturato in maniera più complessa delle pellicole coeve (da qui anche la lunghezza del film), con la presenza di alcune sotto-trame. Per finire, le scene dei combattimenti furono di un realismo inusitato per gli anni '50, con grande impiego di comparse e di riprese concitate (dal punto di vista del montaggio), anche se, in linea con le consuetudini dell'epoca, non si vede una sola goccia di sangue. Comunque le scene di guerra non sfigurerebbero, a mio parere, con una produzione contemporanea, anche in considerazione del fatto che non esistevano certo effetti speciali in CG.

La storia è celeberrima: siamo nel Giappone medievale del XVI secolo. Un villaggio di montagna abitato da poveri contadini cerca disperatamente qualche samurai (a poco prezzo) per difendersi da una banda di briganti che ne minaccia la sopravvivenza; è loro intenzione, infatti, saccheggiare tutte le risorse dell'abitato subito dopo il raccolto. Il compenso che possono offrire i contadini? Vitto e alloggio e niente più. Un po' poco per gli orgogliosi samurai, ma abbastanza per un gruppo sparuto di samurai senza padrone (sette, per l'appunto), mossi dalle più disparate motivazioni. Si tratta di tipi piuttosto differenti tra di loro: c'è l'anziano saggio, il giovane che lo segue per spirito di ammirazione, il falso samurai in realtà ex contadino, ma coraggioso (uno strepitoso Toshiro Mifune, con licenza di improvvisazione), il samurai silenzioso alla ricerca della perfezione nell'uso della lama; un ex che si è dato al commercio (ma che riprenderà la spada per senso di amicizia), il bontempone, scarso con la spada ma che riesce a tenere alto il morale della truppa, e infine l'arciere e stratega.
Tutti gli abitanti del villaggio vengono coinvolti nella difesa, e grazie all'organizzazione e al coraggio dei samurai, pur tra molte difficoltà e qualche attimo di sbandamento, i contadini ottengono il loro scopo, ma non senza sacrifici per tutti. Sto facendo una sintesi piuttosto succinta della trama, ho sorvolato sulle numerose implicazioni e risvolti psicologici, nonché sulle sotto-trame.

Una cosa che mi colpì vedendo il film: come in altri lungometraggi ambientati nel Giappone medievale (alcuni dello stesso Kurosawa), l'immagine che viene data dei samurai è piuttosto differente da come la intendiamo noi Occidentali. Non ascetici e nobili guerrieri (uno solo dei protagonisti si presenta in questo modo), ma piuttosto mercenari inaffidabili e da temere, delle schegge impazzite, proprio la stessa idea che noi Italiani ci siamo fatti, ad esempio, sui libri di storia pensando ai lanzichenecchi (mi si perdoni l'audace similitudine).
Vorrei terminare questa mia recensione con una delle ultime frasi pronunciate nel film: "Noi samurai siamo come il vento che passa veloce sulla terra, ma la terra rimane e appartiene ai contadini".


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toshiro umezawa

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
<b>Attenzione! Contiene spoiler!</B>

Questo è uno dei migliori lavori del maestro Kurosawa.
Forse non ci sarebbe altro da dire, ma per amor di cronaca, e per incoraggiare la visione di questo film, mi sento in dovere di recensirlo appieno.

Siamo nel periodo Sengoku, l'età nella quale Tokugawa Ieyasu unificò il Giappone. A causa della guerra, bande di predoni razziano i villaggi dei contadini, riducendoli alla fame, se non sterminandoli e rapendo le donne. Uno di questi villaggi decide di ribellarsi, e alcuni contadini si recano nella più vicina città, con l'intento di reclutare sette samurai da assoldare contro i predoni. Dopo alcuni insuccessi, i nostri riescono ad assoldare un gruppetto piuttosto eterogeneo di valenti ronin, tra i quali spiccano le figure di Kanbei Shimada, anziano capogruppo, Kyuzo, spadaccino freddo e misterioso e Kikuchyio, samurai spaccone che vuole atutti i costi mettersi in mostra, oltreché del giovane Katsushiro, giovane samurai provetto che trova in Shimada un maestro.
Arrivati al villaggio, i sette non tardano a scoprire i molti segreti dei contadini, come l'aver ucciso a tradimento samurai sbandati, ma decidono comunque di proteggere i braccati dall'attacco dei predoni. Negli scontri che seguono, perdono la vita molti degli eroi, che si battono valorosamente nel tentativo di uccidere i razziatori, tra i quali anche il simpatico Kikuchyio, cosicché alla fine non rimangono che Kanbei, Katsushiro e Scichiroji a contemplare le tombe dei loro compagni, mentre i cotandini celebrano la vittoria piantando il riso nelle risaie: ai ronin non resta altro da fare che andarsene dal villaggio, consapevoli di essere relitti di un'epoca ormai conclusa.

Reputo "I sette samurai" un film fantastico, forse il capolavoro del sensei: la splendida interpretazione, la scenografia e le musiche, le coreografie delle battaglie e le morti epiche che trovano i nostri ronin rendono un tale lavoro da vedere, anche se non si amano i film storici.
Non ultima la presenza di Toshiro Mifune, fantastico interprete di Kikuchyio, e divenuto damoso per essere un po' l'attore di riferimento per i lavori di Akira Kurosawa. A tutt'oggi, inoltre, "I sette samurai" è un film riletto, ripreso come ispirazione (vedasi i film di Sergio Leone, oppure le scene di "Star Wars").
Commento finale? Vedetelo.