Hero
Trama: Prima del sorgere dell'Impero, il re di Qin sta cercando di unire i sette regni della Cina con le armi, e vive costantemente all'erta perché assassini e sicari di ogni dove aspettano solo l'occasione giusta per eliminarlo. Quando viene a sapere che un guerriero sconosciuto ha eliminato i suo tre più acerrimi nemici..
Passo fasso di un maestro del cinema. Questo film non mi convince per niente. Almeno in rapporto a quanto ci si può aspettare dal mitico regista di Lanterne rosse per citare solo un capolavoro di uno che è già (e a buon diritto) nella storia del cinema. I suoi personaggi questa volta sono rimasti eccessivamente “personaggi” schiacciati su uno sfondo storico quasi immobile figlio snaturato di un copione che per essere troppo internazionale scivola nella banalità più di una volta. La storia si instupidisce e non bastano inquadrature efficaci, fotografia di classe e interpreti sicuramente all'altezza per salvarsi dall'oleografia e da un manierismo francamente stucchevole. A quanti anni luce siamo dai bambini veri di “Non uno di meno”? Qiu Ju era più viva di tanta gente in carne ed ossa.. questi cavalieri erranti cinesi sono un po’ troppo rarefatti e stilizzati. Manca qualcosa a questo film. La vitalità di Yimou è stata per una volta sostituita dalla propria ombra. Sembra un action movie americano e non dei migliori.
Passo fasso di un maestro del cinema. Questo film non mi convince per niente. Almeno in rapporto a quanto ci si può aspettare dal mitico regista di Lanterne rosse per citare solo un capolavoro di uno che è già (e a buon diritto) nella storia del cinema. I suoi personaggi questa volta sono rimasti eccessivamente “personaggi” schiacciati su uno sfondo storico quasi immobile figlio snaturato di un copione che per essere troppo internazionale scivola nella banalità più di una volta. La storia si instupidisce e non bastano inquadrature efficaci, fotografia di classe e interpreti sicuramente all'altezza per salvarsi dall'oleografia e da un manierismo francamente stucchevole. A quanti anni luce siamo dai bambini veri di “Non uno di meno”? Qiu Ju era più viva di tanta gente in carne ed ossa.. questi cavalieri erranti cinesi sono un po’ troppo rarefatti e stilizzati. Manca qualcosa a questo film. La vitalità di Yimou è stata per una volta sostituita dalla propria ombra. Sembra un action movie americano e non dei migliori.
Potente e iperrealista, "Hero" (2002) è la personale risposta di Zhang Yimou a "La tigre e il dragone" (2000), il kolossal firmato dal taiwanese Ang Lee che ha riportato in auge il wu xia pian (alla lettera 'cappa e spada') ridefinendo i canoni estetici del genere. Con "Hero" il regista cinese prende quelle stesse istanze e le porta alle estreme conseguenze elevando le coreografie dei duelli allo stato di una danza elegante e sensuale con i contendenti calati in scenari da favola.
Ambientato in una Cina mitica e antica, divisa in sette regni, il film narra le gesta di Senzanome, un infallibile guerriero che racconta al re di Qin, futuro imperatore, come sia riuscito a sconfiggere i tre sicari che tramavano per assassinare lo stesso re oppressore del loro popolo: Spada spezzata, Neve che vola e Cielo.
Attraverso l'uso del flashback il racconto di Senzanome si divide in cinque azioni differenti, ognuna caratterizzata da un combattimento dallo stile peculiare e da un preciso colore dominante: si va dal rosso al blu, dal bianco al verde fino al nero dell'intreccio principale; un cromatismo esaltato da una fotografia sfolgorante e spettacolare. Il colore è sempre stato un elemento importante per il regista ma in questo caso diventa protagonista assoluto al pari degli attori.
La cura per il dettaglio nella messa in scena è maniacale: i costumi, le scenografie, le musiche, i dialoghi sono studiati con una tale attenzione da non lasciare nulla al caso. Alcune sequenze risultano addirittura ridondanti con un gusto esagerato per l'inquadratura e per il particolare figurativo che rischia di eccedere nel barocco, come nella paradossale scena del duello 'acquatico' combattuto sulla superficie del lago o lo scontro tra le due primedonne immerso in un vorticoso turbine di foglie autunnali, quest'ultimo tutto girato sui toni caldi del rosso e dell'oro.
I protagonisti, tutti interpreti di prima grandezza, non tradiscono le aspettative. Oltre all'atletico e convincente Jet Li (fino a quel momento relegato a stereotipati ruoli in action movie di terza) il cast stellare annovera divi del calibro di Tony Leung, Maggie Cheung, Donnie Yen e Zhang Ziyi: sostanzialmente il gotha del cinema di Hong Kong contemporaneo.
Approvato e sponsorizzato dal governo, il film è stato accusato di avallare le discutibili politiche totalitaristiche della Cina in materia di diritti civili, in quanto farebbe passare l'idea che l'unità e la stabilità sarebbero da anteporre alle libertà individuali, d'altronde lo stesso Zhang Yimou ha negato una tale interpretazione, sottolineando il messaggio pacificatorio di fondo. In ogni caso siamo lontani anni luce dai precedenti lavori del cineasta, più rivolti verso un'estetica realista, attenti alle tematiche sociali e critici sulle contraddizioni legate allo sviluppo galoppante del colosso asiatico.
Infine siamo di fronte ad uno sterile esercizio stilistico o all'ennesimo capolavoro di Zhang Yimou? Una cosa è certa, non è un film per tutti data la non facilissima fruibilità, vuoi per la scansione in capitoli e il ritmo sincopato degli archi narrativi, vuoi per l'alto tasso specialistico dell'azione coreografica che potrebbe risultare pesante e indigesto ai non appassionati del genere wu xia pian. Ma al di là di letture più o meno politiche, l'intreccio è molto ben congegnato e non risparmia colpi di scena a ripetizione, mentre da un punto di vista puramente visivo "Hero" rimane un'esperienza cinematografica unica e indimenticabile come poche altre.
Ambientato in una Cina mitica e antica, divisa in sette regni, il film narra le gesta di Senzanome, un infallibile guerriero che racconta al re di Qin, futuro imperatore, come sia riuscito a sconfiggere i tre sicari che tramavano per assassinare lo stesso re oppressore del loro popolo: Spada spezzata, Neve che vola e Cielo.
Attraverso l'uso del flashback il racconto di Senzanome si divide in cinque azioni differenti, ognuna caratterizzata da un combattimento dallo stile peculiare e da un preciso colore dominante: si va dal rosso al blu, dal bianco al verde fino al nero dell'intreccio principale; un cromatismo esaltato da una fotografia sfolgorante e spettacolare. Il colore è sempre stato un elemento importante per il regista ma in questo caso diventa protagonista assoluto al pari degli attori.
La cura per il dettaglio nella messa in scena è maniacale: i costumi, le scenografie, le musiche, i dialoghi sono studiati con una tale attenzione da non lasciare nulla al caso. Alcune sequenze risultano addirittura ridondanti con un gusto esagerato per l'inquadratura e per il particolare figurativo che rischia di eccedere nel barocco, come nella paradossale scena del duello 'acquatico' combattuto sulla superficie del lago o lo scontro tra le due primedonne immerso in un vorticoso turbine di foglie autunnali, quest'ultimo tutto girato sui toni caldi del rosso e dell'oro.
I protagonisti, tutti interpreti di prima grandezza, non tradiscono le aspettative. Oltre all'atletico e convincente Jet Li (fino a quel momento relegato a stereotipati ruoli in action movie di terza) il cast stellare annovera divi del calibro di Tony Leung, Maggie Cheung, Donnie Yen e Zhang Ziyi: sostanzialmente il gotha del cinema di Hong Kong contemporaneo.
Approvato e sponsorizzato dal governo, il film è stato accusato di avallare le discutibili politiche totalitaristiche della Cina in materia di diritti civili, in quanto farebbe passare l'idea che l'unità e la stabilità sarebbero da anteporre alle libertà individuali, d'altronde lo stesso Zhang Yimou ha negato una tale interpretazione, sottolineando il messaggio pacificatorio di fondo. In ogni caso siamo lontani anni luce dai precedenti lavori del cineasta, più rivolti verso un'estetica realista, attenti alle tematiche sociali e critici sulle contraddizioni legate allo sviluppo galoppante del colosso asiatico.
Infine siamo di fronte ad uno sterile esercizio stilistico o all'ennesimo capolavoro di Zhang Yimou? Una cosa è certa, non è un film per tutti data la non facilissima fruibilità, vuoi per la scansione in capitoli e il ritmo sincopato degli archi narrativi, vuoi per l'alto tasso specialistico dell'azione coreografica che potrebbe risultare pesante e indigesto ai non appassionati del genere wu xia pian. Ma al di là di letture più o meno politiche, l'intreccio è molto ben congegnato e non risparmia colpi di scena a ripetizione, mentre da un punto di vista puramente visivo "Hero" rimane un'esperienza cinematografica unica e indimenticabile come poche altre.