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esseci

Episodi visti: 14/14 --- Voto 6,5
"The Good Bad Mother" - "Una pessima madre ideale" è una serie che costringe lo spettatore a compiere qualche riflessione sull'essere genitore, nel passato e al giorno d'oggi, ma anche su quello di essere figli.

La vita dei protagonisti, la madre Young-soon Jin e il figlio Kang-ho Choi, è costellata di stenti e disgrazie: il marito di lei viene ucciso per gli interessi di malavitosi e di compiacenti magistrati, e il povero figlio non potrà mai conoscere il padre. A causa dell'ingiustizia subita, la madre nutre un profondo bisogno di vendetta che coinvolge la crescita e l'educazione del figlio. I metodi adottati dalla inflessibile genitrice sono al limite dell'addestramento dei Navy Seals a Virginia Beach: alle punizioni corporali si aggiungono le continue vessazioni psicologiche sul povero figlio, finalizzate a farlo restare concentrato sull'unico obiettivo futuro da raggiungere ad ogni costo: diventare procuratore per scoprire e far condannare coloro che hanno fatto morire il marito.

Le privazioni cui è stato sottoposto sembrano, all'inizio della serie, aver reso Kang-ho una sorta di automa con un unico obiettivo: vendicare ad ogni costo il padre anche se ciò possa comportare la rinuncia/ripudio di tutto il suo passato, inclusi gli affetti, la famiglia (rappresentata dall'unica pessima madre ideale), l'amore verso la coetanea Min-jo, e diventare come i carnefici, ai quali si è pericolosamente avvicinato, sembrando spietato, servile e affamato di successo.
Ho scritto "all'inizio della serie" perché se il successo ottenuto come procuratore da Kang-ho sembra imputabile ad una sorta di reazione alle angherie subite dalla madre, si intuisce, nel corso della serie, che lui è mosso da ben altre motivazioni e man mano che la trama si svolge verranno forniti allo spettatore una serie di flashback (soprattutto nel finale) in cui si chiarirà il piano del brillante procuratore.
Ovviamente la pianificazione non poteva procedere senza intoppi e il protagonista rimane vittima di una macchinazione ordita contro di lui proprio dai mandanti dell’omicidio del padre ma, anziché morire, subisce un incidente in cui le sue capacità mentali e motorie vengono fortemente compromesse, subendo una regressione mentale a quella di un bambino, tanto da costringere la madre a riprendersene cura riportandolo a casa per accudirlo.

Ed ecco che si prospetta la classica seconda occasione per lei per acquisire la consapevolezza dei torti inflitti al figlio e provare a cambiare le modalità di interagire ed educare il figlio uomo-bambino fino a creare in qualche modo un nuovo legame tra loro, senza tuttavia dimenticare il piano originale: smascherare i cattivi e impostori affinché giustizia sia fatta.

Ma a quale prezzo?

"L'amore materno è solo un sentimento umano. E come tutti i sentimenti è incerto, fragile e imperfetto. Contrariamente a quanto si crede, forse non è inciso profondamente nella natura femminile" (E. Badinter, "L'amore in più")...

La parabola della pessima madre ideale sembra più prendere spunti dalla storia de "I Malavoglia" di Verga, per le vicende negative che subisce nel corso della serie fino all'infausto esito sulla sua stessa vita. E sembra altresì così lontana dalle suggestioni delle madri apprezzate, ma anche idealizzato, in due film anime come "Maquia" e "Wolf Children".
In sé è la storia della vita di qualsiasi persona che, con tutti i propri limiti e influenzate dalle circostanze, affrontano con alterne fortune le prove che l'esistenza le costringe ad affrontare. Si potrebbe discutere all'infinito sull'approccio pessimo della madre nei confronti del figlio che lo spettatore osserva nella serie: in sé, anche da genitore, l'ho interpretato come uno dei tanti modi che si scelgono per crescere ed educare un figlio. Sbagliato? Oggettivamente sembra impossibile rispondere negativamente. Il genitore che scarica le proprie frustrazioni sulla realizzazione dei propri figli e cerca di influenzarli nelle scelte relative al loro futuro fino a far capire loro che non ci sono alternative e, soprattutto, non presta ascolto alle loro aspirazioni, finisce per risultare dispotico, egoista e poco "genitore", una concezione ben lontana dalle madri apprezzate negli anime citati in precedenza.

E nella seconda occasione concessa per poter (ri)costruire ex novo il rapporto con il figlio, grazie al parziale reset della sua memoria, la madre intuisce parzialmente gli errori commessi ma, ahimè, mantiene lo stesso approccio. In sostanza, nella seconda parte e fino al termine, sostituisce il tema della vendetta a tutti i costi con quello del bene del figlio ad ogni costo, tanto da doverlo nuovamente "forzare" per farlo riprendere a camminare, ad imparare il lavoro di allevatore di maiali e a trovare una moglie in vista del possibile esito infausto della sua malattia, il tutto senza nuovamente curarsi di lui e senza condividere minimamente le difficoltà che stava affrontando per mandare avanti l'attività, da un lato, e provvedere ad un figlio, uomo nelle fattezze ma bambino nella mente a causa dell'amnesia.

Difficile riuscire ad empatizzare con un personaggio così tratteggiato: amorevole ma intransigente con i suoi principi e ideali.
Tuttavia, riesce ad assurgere al ruolo di figura cardine della serie proprio per la sua resilienza, coerenza e grandissima dignità con cui ha affrontato la sua vita, l'omicidio del marito, la crescita del figlio, la conduzione dell'attività di allevamento dei maiali e poi la cura del figlio disabile e infine la malattia, che ha sempre posto in secondo piano rispetto alle priorità che lei si è posta verso il futuro del figlio. Un esempio monumentale di affidabilità assoluta e sacrificio incondizionato, ben rappresentato nel monologo denso di contenuti anche se esposti in modo piuttosto melodrammatico per commuovere.

Dove la serie presenta invece diversi "talloni di achille" sono gli altri personaggi e la trama che oscilla tra fastidiosi estremi melodrammatici e comico/demenziali.

In primis il figlio Kang-ho che non è altro che il solito ragazzo che deve affrontare le oppressive aspettative che la madre ha verso di lui, ma che non rappresentano davvero ciò che sente e vuole.
Se l'interpretazione attoriale di Do-hyun Lee è stupefacente in tutte le situazioni della storia, il punto debole è proprio il personaggio che impersona: troppo complesso da risultare irrealmente perfetto.
Nel corso degli episodi si passa dal burattino che porta all'estremo la sete di vendetta al punto da essere quasi schizofrenico e bipolare anche contro i sui affetti più profondi (madre e Min-Joo) e dopo il riacquisto della memoria, capace di essere spietato, ma giusto, fino all'happy ending in cui si dimostra anche capace di comprendere da padre quanto gli aveva trasmesso a livello di insegnamenti la pessima madre ideale.

Anche la continua contrapposizione tra il mondo bucolico, ingenuo e genuino della campagna, rispetto a quello corrotto, artefatto e sofisticato della città (Seoul), che poi contraddistingue anche i personaggi, risulta forzata e quasi puerile, proprio per la scelta di esasperare sempre le situazioni comico-demenziali che, accostate a quelle serie, creano un contrasto fastidioso e offensivo piuttosto che di mera attenuazione dell'atmosfera, tanto da far risultare anche la parte tragica e drammatica una sorta di scherzo o parodia.

Il resto dei personaggi sono solo delle macchiette: c'è poca introspezione e quindi tendono ad essere rappresentati in modo monodimensionale, piatto, privo di sfaccettature. I personaggi si polarizzano tra buoni e cattivi e così restano incasellati dall'inizio alla fine nel percorso che dovrà forzatamente portare alla vittoria del bene sul male.

Ed è un peccato, perché "The Good Bad Mother" presenta un'idea di trama molto intrigante che riesce a mischiare revenge, thriller, poliziesco, dramma, intrighi, con altri piani narrativi più interiori e lenti come il romance, il rapporto genitori/figli, l'amicizia in una storia ben congegnata. Ma poi realizzata secondo alcuni cliché che tendono a far perdere mordente e tridimensionalità, nonostante la regia sia riuscita a distribuire in modo sapiente i flashback, che consentono allo spettatore di scoprire al momento opportuno i punti salienti del passato, e nonostante le performance di recitazione dell'attrice che interpreta la madre Young-soon Jin e quella dei due bambini che impreziosiscono la serie.

"The Good Bad Mother" resta comunque una serie che consiglio per come tenta di raccontare diverse storie di vita umana, di amori profondi, come quello di che lega indissolubilmente una madre al figlio, e delle difficoltà e scelte che la vita costringe ad affrontare e che non sempre si dimostrano le opzioni migliori.


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alis89

Episodi visti: 14/14 --- Voto 8,5
Si è da poco concluso il drama “Una pessima madre ideale”, andato in onda su Netflix in contemporanea con la Corea. Che questo sia un drama atipico e particolare lo capiamo fin da subito anche dal numero degli episodi che, per essere un drama coreano, è un po’ bizzarro: infatti “Una pessima madre ideale” è composto da 14 episodi di 70 minuti circa, invece dei canonici 16 episodi.

La storia parte con un bel tuffo nel passato, mostrando come si sono innamorati i genitori del protagonista, Kang-ho. Hanno costruito un allevamento di maiali e stanno aspettando felicemente la nascita del loro figlio. Siamo nell’anno delle olimpiadi in Corea e la staffetta e la maratona devono passare proprio da quel luogo e, ovviamente, in televisione non può apparire un posto puzzolente come un porcile. Quando il padre di Kang-ho fa notare che il puzzo non si sente in TV e si rifiuta di vendere la sua proprietà, fanno in modo di distruggere sia il porcile che lui.
La madre, Young-soon, ormai rimasta sola, decide di trasferirsi e di ricominciare da capo, ricostruendo anche l’allevamento di maiali; cresce il proprio figlio da sola e nel frattempo lavora duramente.

Nei primi episodi del drama vediamo una madre severa che riprende più volte il figlio durante la sua crescita, lo indirizza nello studio e lo instrada in ogni sua minima scelta.
L’immagine che ci facciamo inizialmente di lei è proprio quella della prima parte del titolo, ovvero una pessima madre; ma in realtà, come tutti i genitori, vorrebbe solo il meglio per suo figlio e sta solo cercando di fargli ottenere quello che lei e il padre non hanno mai avuto.
E per fare in modo che lui abbia un futuro migliore di quello che ha avuto lei, si accanisce nel volerlo far studiare.
Studiare a tutte le ore, tanto che anche i pasti devono essere leggeri e non saziare troppo, altrimenti poi segue la stanchezza e il sonno che impedisce lo studio.
Studiare per una posizione sociale migliore e per ottenere potere, tutte cose che lei non ha mai avuto. Perché chi se non meglio di lei sa quanto tutto ciò aiuta nella vita? Soprattutto in una società come quella coreana dove le posizioni sociali sono importanti.
Anche se così si rischia di crescere un figlio pieno di rabbia e di risentimento verso questa madre. Ma non è tutto come sembra. Perché in questo drama appena pensiamo di aver compreso qualcosa, cambiano le carte in tavola. Ed è quando Kang-ho diventa un adolescente che comincia a capire il perché la madre si comporta in questo modo; la rabbia non è rivolta verso di lei, ma verso le persone che hanno portato via tutto alla sua famiglia.
Ed è così che comprendiamo anche la seconda parte del titolo.

Nonostante nel drama sia giustificato e spiegato il motivo per cui la madre spinge a studiare il figlio, abbiamo una visione non tanto lontana da quella che è in realtà la vita degli studenti coreani. Infatti spesso i genitori iscrivono i propri figli a corsi pomeridiani che aggiungono ulteriore studio ai giovani che già devono frequentare una dura scuola. Il carico di aspettative che portano sulle spalle gli studenti è molto alto, anche perché devono mantenere una buona media per non precludersi l’iscrizione alle scuole successive. È un sistema severo e soffocante che alcune volte gli studenti non riescono a reggere.
Per questa madre, però, si apre una seconda opportunità: mentre Kang-ho si avvicina a coloro che sono i responsabili della morte del padre, ha un “incidente” che gli causa problemi non solo a livello motorio, ma anche celebrale, riportandolo all’età di sette anni.
Young-soon si trova nuovamente da sola a crescere un figlio e, questa volta, ha il corpo paralizzato di un trentenne, ma il cervello di un bambino.
Ed è proprio in questa parte del drama che comprende i traumi che lei ha causato a Kang-ho, sviscerandoli ed analizzandoli ad uno ad uno.
Un esempio plateale lo abbiamo subito: lui si rifiuta di mangiare.
Solo dopo molti tentativi, Kang-ho le spiega che non vuole farlo perché sennò dopo non riuscirebbe a studiare. Young-soon ha il cuore a pezzi.
Comprende che però dovrà essere di nuovo una pessima madre per aiutarlo e si fa forza: è così che usa degli stratagemmi per ottenere dei miglioramenti nella motricità del figlio come lasciargli il cibo davanti senza aiutarlo per far in modo che Kang-ho muova di nuovo il braccio.
L’attrice Mi-ran Ra è stata straordinaria nei panni di Young-soon: in tutte le sue espressione si capiva ogni emozione provata, facendoci soffrire insieme a lei.

Ma lei non è l’unico esempio di madre che vediamo, ne troviamo di tanti tipi, tutte diverse, con caratteri diversi. Tutte “pessime madri ideali”.
C’è la madre di Sam-sik, amico d’infanzia di Kang-ho, disperata perché il figlio è un ladruncolo teppistello. È sempre dura con lui e lo rimprovera di averle rovinato la vita con il suo atteggiamento; ma appena lui rischia la vita, le parole che gli rivolgono entrambi i genitori sono piene di amore e preoccupazione: “Puoi anche diventare un criminale disoccupato. Ma cerca di sopravvivere, ok?”
C’è poi la madre di Mi-joo, primo amore di Kang-ho, che capisce la figlia con un solo sguardo e che per proteggerla andrebbe anche contro quello che la figlia desidera di più.
Anche Mi-joo è una madre forte che ha lasciato i propri figli a casa della nonna per poter tirare avanti e guadagnare qualcosa, inventando una bugia sia alla madre che ai figli pur di non dire loro che il padre non è a conoscenza di niente, nemmeno della gravidanza.

In questo mondo tutto al femminile dove le madri sono il fulcro del drama, la storia prende anche una seconda strada, quello della vendetta. E proprio come lo avevamo visto anche nel drama “The Glory” (disponibile anche questo su Netflix), Do-hyun Lee, o meglio, il suo personaggio, imbastisce un piano per poter vendicare la morte del padre e la vita difficile della madre, se nonché qualcosa non va come aveva pianificato e avviene l’incidente.
Qualche flashback fanno presagire che prima o poi torneranno i ricordi e potrà portare a termine il suo piano per vendicarsi di una società corrotta in cui i soldi e potere sono tutto.
Inutile dire quanto Do-hyun Lee sia stato favoloso: nello stesso drama riesce a interpretare un adolescente innamorato che ha problemi relazionali con la madre, un uomo pieno di potere che progetta la sua vendetta e un bambino di sette anni, tutti in maniera straordinaria, tantoché basta un suo solo sguardo per farci arrivare tutte le emozioni e i turbamenti del personaggio.
In tutto questo quadro duro e difficile, gli abitanti del villaggio e le loro gag comiche servono a smorzare e far divertire: si alternano personaggi rumorosi, estroversi e goffi, ma sempre pronti ad aiutare i vicini di casa. E anche i personaggi che sembrano più marginali e più inutili finiranno poi per essere essenziali nel percorso di vendetta di Kang-ho: anche loro hanno una seconda possibilità e la sfruttano al meglio.

Una menzione speciale va ai due bambini che interpretano i figli di Mi-joo: questi due piccoli attori sono stati bravissimi anche nelle scene più difficili!

La sceneggiatura è magistrale: si intervallano scene d’azione e di complotto con scene più dolci e divertenti. Anche la regia è spettacolare, regalandoci alcune scene che, vuoi per la fotografia o per la bravura degli attori, ti rimangono impresse per giorni e che, sicuramente, anche se le rivedrò fra qualche anno, le ricollegherò subito a questo meraviglioso drama!