Fune wo Amu
"Fune o Amu" è stato tradotto come "Il grande viaggio" ma io lo tradurrei, in maniera sicuramente più rielaborata "La buona navigazione".
Un film made in Japan che è passato sotto gli occhi di tutti senza provocare grande clamore: infatti siamo stati tanto presi da "La grande bellezza" da non riuscire a dedicarci intelligentemente ad altri titoli. Questo prodotto cinematografico rientra in quei film che non ti aspetteresti mai di vedere nella tua top five, in quei film che nel trailer ti sembrano voler trattare un noioso viaggio morale e che invece sin dall'inizio ti sorprendono nella loro semplicità, in quei film dall'ora veloce, come li chiamo io, ovvero quelli durante i quali l'orologio non sembra tartassarti ma anzi non sembra neanche scandire il tempo. "The Great Passage" è tutto questo e in realtà è anche molto altro: i giapponesi mi sorprendono sempre, sono famosi per gli anime o per i film di genere horror e fantasy ma secondo me riescono ad analizzare certi sentimenti meglio di tanti altri, come in questo film.
Capita a chiunque di essere timido, di non riuscire a emettere nessun tipo di suono, di non trovare le parole o la capacità per aprirsi agli altri: in questo film la sintesi di tutte queste caratteristiche, comuni a migliaia di individui, è rappresenta da Majime ("Serio" in giapponese). Il film in realtà non si apre con lui ma con un progetto editoriale che si mostrerà di lunga durata, un testo chiamato "Il grande viaggio", più precisamente un dizionario moderno con termini che sicuramente provocheranno il riso sulla faccia di molti spettatori (come BL "Boys Love").
Il solitario e schivo Majime si ritrova catapultato in un mondo che sembra fatto al caso suo: lui amante della lettura, tanto da barricarsi con i libri in casa, trova un impiego in cui non deve parlare molto ma dove scopre come esprimersi. In ufficio trova colleghi che tutti noi vorremmo al nostro fianco, pronti a sacrificarsi dopo aver capito che magari non siamo tanto male e altri invece pronti a consigliarci per il nostro bene. L'aspetto più entusiasmante ma quasi sottotono è l'amore che Majime prova per Kaguya, parente della padrona di casa a cui egli è molto affezionato, che sogna di accrescere la sua arte nel cucinare il sushi.
Il film analizza il passare del tempo e il mutare delle persone, di come a volte i vocaboli hanno il loro significato (come a voler ribadire che la grandezza delle parole è più grande di quella fisica), di come la vecchiaia non fa altro che accrescere i nostri sogni e portarli anche alla fine, ma soprattutto di come dietro alle piccole cose si nasconda un panorama basato su decine di persone.
Il dizionario qui non svolge solo il mero ruolo di essere il fulcro di un progetto lavorativo ma diventa l'essenza della vita stessa dei protagonisti, questi lo sognano, si disperano, sono felici, sono stanchi e assonnati, si ammalano per esso.
La regia è stata fenomenale nel gestire l'intero andamento del film: non c'è mai una scena vuota, ogni singolo istante regala allo spettatore ora una perla di saggezza ora una lacrima ora una travolgente risata.
Questo è ciò che rappresenta a grandi linee quest'opera, un piccolo diamante in cumuli di grafite.
Un film made in Japan che è passato sotto gli occhi di tutti senza provocare grande clamore: infatti siamo stati tanto presi da "La grande bellezza" da non riuscire a dedicarci intelligentemente ad altri titoli. Questo prodotto cinematografico rientra in quei film che non ti aspetteresti mai di vedere nella tua top five, in quei film che nel trailer ti sembrano voler trattare un noioso viaggio morale e che invece sin dall'inizio ti sorprendono nella loro semplicità, in quei film dall'ora veloce, come li chiamo io, ovvero quelli durante i quali l'orologio non sembra tartassarti ma anzi non sembra neanche scandire il tempo. "The Great Passage" è tutto questo e in realtà è anche molto altro: i giapponesi mi sorprendono sempre, sono famosi per gli anime o per i film di genere horror e fantasy ma secondo me riescono ad analizzare certi sentimenti meglio di tanti altri, come in questo film.
Capita a chiunque di essere timido, di non riuscire a emettere nessun tipo di suono, di non trovare le parole o la capacità per aprirsi agli altri: in questo film la sintesi di tutte queste caratteristiche, comuni a migliaia di individui, è rappresenta da Majime ("Serio" in giapponese). Il film in realtà non si apre con lui ma con un progetto editoriale che si mostrerà di lunga durata, un testo chiamato "Il grande viaggio", più precisamente un dizionario moderno con termini che sicuramente provocheranno il riso sulla faccia di molti spettatori (come BL "Boys Love").
Il solitario e schivo Majime si ritrova catapultato in un mondo che sembra fatto al caso suo: lui amante della lettura, tanto da barricarsi con i libri in casa, trova un impiego in cui non deve parlare molto ma dove scopre come esprimersi. In ufficio trova colleghi che tutti noi vorremmo al nostro fianco, pronti a sacrificarsi dopo aver capito che magari non siamo tanto male e altri invece pronti a consigliarci per il nostro bene. L'aspetto più entusiasmante ma quasi sottotono è l'amore che Majime prova per Kaguya, parente della padrona di casa a cui egli è molto affezionato, che sogna di accrescere la sua arte nel cucinare il sushi.
Il film analizza il passare del tempo e il mutare delle persone, di come a volte i vocaboli hanno il loro significato (come a voler ribadire che la grandezza delle parole è più grande di quella fisica), di come la vecchiaia non fa altro che accrescere i nostri sogni e portarli anche alla fine, ma soprattutto di come dietro alle piccole cose si nasconda un panorama basato su decine di persone.
Il dizionario qui non svolge solo il mero ruolo di essere il fulcro di un progetto lavorativo ma diventa l'essenza della vita stessa dei protagonisti, questi lo sognano, si disperano, sono felici, sono stanchi e assonnati, si ammalano per esso.
La regia è stata fenomenale nel gestire l'intero andamento del film: non c'è mai una scena vuota, ogni singolo istante regala allo spettatore ora una perla di saggezza ora una lacrima ora una travolgente risata.
Questo è ciò che rappresenta a grandi linee quest'opera, un piccolo diamante in cumuli di grafite.