Sekai no Owari no Izukoneko
Anno 2035. Una pandemia ha condotto Tokyo alla distruzione, costringendo gli abitanti a ricostruirla... ad Osaka. Kansai-Shin-Tokyo è la replica perfetta della città edochiana, ma è appunto una copia. Tutto è ridotto a finzione, e gli stessi esseri umani vivono un'esistenza fittizia, privati di ogni sostentamento che non siano le scatolette di cibo per gatti. Tra le varianti distopiche di questa Neo-Tokyo vi è anche l'effetto mutante del morbo, che ha trasformato gli uomini in ibridi: chi ha un occhio in più, chi una mano extra, chi una coda di gatto. Come Itsuko, una ragazza il cui unico divertimento è postare dei video su una specie di Nico Nico Douga del futuro, ricevendo commenti non troppo convinti di fronte alle sue esibizioni canoro-ballerine con tanto di completini kawaii e pose nyan-nyan. Ovviamente Itsuko, il cui padre soffre di un non meglio precisato accidenti per le conseguenze della pandemia, tra un upload e l'altro dovrà salvare col proprio canto, neanche fosse Sheryl Nome, l'umanità minacciata dallo schianto di un meteorite, la cui caduta i notiziari anticipano comicamente di giorno in giorno: tra sei mesi, no tra due mesi, no, scusate, tra un mese: va bene, tra due giorni. Per fortuna arrivano due piacenti emissarie da Giove, che, con la scusa di fare scouting, offrono una comoda soluzione: basterà cantare in mondivisione una canzone composta dal padre di Itsuko, per far sparire magicamente il meteorite dalla rotta di collisione. Nel mentre Itsuko ha scoperto il proprio alter ego: la ragazza non è nient'altro che la mitologica Izukoneko, un gatto umanoide dai poteri sovrannaturali. A questo punto si sarà compresa la quantità di cliché disseminata lungo questa storia, che ha un unico grande difetto: manca una voce esterna, la mano del narratore, che ci indichi una qualsiasi chiave di lettura, o meglio che ci rassicuri del fatto che il regista non si stia prendendo sul serio. Se invece lo stesse facendo, se cioè "The End of the World and the Cat's Disappearance" fosse davvero una storia senza troppe pretese che non significa altro da ciò che appare, il giudizio sulla pellicola di Takeuchi Michihiro non potrebbe essere troppo lusinghiero.