Ayako
Attenzione: la recensione contiene spoiler
"Ayako" è senz’altro uno dei seinen di Osamu Tezuka che più colpisce il lettore. Premetto di averlo letto in inglese e di aver perso in parte la forza di alcuni dialoghi in quanto resi nella traduzione in un intercalare dialettale.
L’opera rimane comunque spettacolare: la protagonista è Ayako, una bambina di quattro anni che è nata in una famiglia “sbagliata”.
I Tenge sono una famiglia di proprietari terrieri di antica estrazione che però sono marci fino al midollo: li vedremo tutti sbagliare, lasciare la via della giustizia e dell’onore.
In realtà "per onore" preferiscono rinchiudere in un magazzino la piccola Ayako e salvare il suo fratello maggiore Jiro, il quale ricatta il padre, ma la famiglia nel suo insieme cede al ricatto. All’inizio sembra ci siano personaggi non negativi come Shiro, Naoko e Sue ma alla fine tutti cedono qualcosa: Sue crede che l’unico modo per lasciare la famiglia Tenge sia la morte, Naoko, prototipo femminista le indica la via del divorzio: in fondo la donna sa che il marito non la ama e sa che corre il rischio di essere ripudiata alla morte del capofamiglia suo amante. Lo dice in faccia apertamente al marito: è lui che l’ha ceduta al padre per qualche campo.
Shiro, bambino retto da sani principi, diventa poi parte integrante della famiglia. Jiro, forse prima della guerra era onesto, ma di questo non ne possiamo essere certi perché lo vediamo arrivare come spia americana, che scoperto il segreto del padre ne approfitta per ricattare la famiglia, per finire come capo yakuza. Naoko dopo la morte del fidanzato (segreto), giovane capo comunista, si rifà una vita ma rimane ancorata al rancore e alla volontà di vendetta.
Ichiro cede la moglie al padre, copre un omicidio, sequestra la sorella, diventa omicida egli stesso.
Una famiglia che dovrebbe sembrare portatrice dei valori rurali del Giappone in realtà è un vermicaio.
Ayako invece è pura e innocente, ma crescendo diventerà una donna che si abbandona a ogni uomo, non capendo cosa vuol dir incesto o la differenza tra amore e voler bene.
Sì, alla fine, nessuno della famiglia Tenge e dei suoi parenti si salva. Sembra quasi di rivedere le denunce di Sanpai Shirato riguardo i detentori di potere.
In effetti questo manga nasce dopo che Tezuka era stato marginalizzato dagli esponenti del gekiga e si era rifatto vivo dopo averne imparato la lezione.
I disegni come al solito lasciano vedere il potenziale espressivo dell’autore, la tecnica cinematografica, il realismo figurativo ma allo stesso contempo se guardiamo solo ai personaggi ci accorgiamo che appartengono ai canoni di Tezuka, anche se in questo caso del miglior Tezuka.
"Ayako" è senz’altro uno dei seinen di Osamu Tezuka che più colpisce il lettore. Premetto di averlo letto in inglese e di aver perso in parte la forza di alcuni dialoghi in quanto resi nella traduzione in un intercalare dialettale.
L’opera rimane comunque spettacolare: la protagonista è Ayako, una bambina di quattro anni che è nata in una famiglia “sbagliata”.
I Tenge sono una famiglia di proprietari terrieri di antica estrazione che però sono marci fino al midollo: li vedremo tutti sbagliare, lasciare la via della giustizia e dell’onore.
In realtà "per onore" preferiscono rinchiudere in un magazzino la piccola Ayako e salvare il suo fratello maggiore Jiro, il quale ricatta il padre, ma la famiglia nel suo insieme cede al ricatto. All’inizio sembra ci siano personaggi non negativi come Shiro, Naoko e Sue ma alla fine tutti cedono qualcosa: Sue crede che l’unico modo per lasciare la famiglia Tenge sia la morte, Naoko, prototipo femminista le indica la via del divorzio: in fondo la donna sa che il marito non la ama e sa che corre il rischio di essere ripudiata alla morte del capofamiglia suo amante. Lo dice in faccia apertamente al marito: è lui che l’ha ceduta al padre per qualche campo.
Shiro, bambino retto da sani principi, diventa poi parte integrante della famiglia. Jiro, forse prima della guerra era onesto, ma di questo non ne possiamo essere certi perché lo vediamo arrivare come spia americana, che scoperto il segreto del padre ne approfitta per ricattare la famiglia, per finire come capo yakuza. Naoko dopo la morte del fidanzato (segreto), giovane capo comunista, si rifà una vita ma rimane ancorata al rancore e alla volontà di vendetta.
Ichiro cede la moglie al padre, copre un omicidio, sequestra la sorella, diventa omicida egli stesso.
Una famiglia che dovrebbe sembrare portatrice dei valori rurali del Giappone in realtà è un vermicaio.
Ayako invece è pura e innocente, ma crescendo diventerà una donna che si abbandona a ogni uomo, non capendo cosa vuol dir incesto o la differenza tra amore e voler bene.
Sì, alla fine, nessuno della famiglia Tenge e dei suoi parenti si salva. Sembra quasi di rivedere le denunce di Sanpai Shirato riguardo i detentori di potere.
In effetti questo manga nasce dopo che Tezuka era stato marginalizzato dagli esponenti del gekiga e si era rifatto vivo dopo averne imparato la lezione.
I disegni come al solito lasciano vedere il potenziale espressivo dell’autore, la tecnica cinematografica, il realismo figurativo ma allo stesso contempo se guardiamo solo ai personaggi ci accorgiamo che appartengono ai canoni di Tezuka, anche se in questo caso del miglior Tezuka.
"Perché sei tornato? Perché non sei morto per la patria?! Non sei il benvenuto! Non ho nessun campo per te, neanche un orticello… Non voglio vederti! Vattene!"
«Ayako» (奇子) è un seinen manga ideato, scritto e disegnato dal famosissimo Osamu Tezuka, autore che nella sua lunga carriera ha rivoluzionato il mondo del fumetto giapponese, realizzando inoltre opere come «Astro Boy», «Dororo» o «La Fenice» che hanno per sempre segnato la storia del manga.
L’opera in questione fu pubblicata in Giappone tra il gennaio del 1972 e il giugno 1973 sulla rivista Big Comic della casa editrice Shogakukan. Oggi, «Ayako» è un manga edito anche qui in Italia grazie alla casa editrice Hazard Edizioni, che ha raccolto l’opera in tre volumi pubblicati tra il giugno e il settembre del 2004, per poi godere di una nuova edizione in soli due volumi nel 2019 grazie a J-Pop.
La storia inizia il 13 gennaio 1949 al porto di Yokohama, giorno in cui Jiro Tenge fa il suo ritorno dalla guerra, il secondo conflitto mondiale che tanto aveva dilaniato il mondo intero e che aveva visto il Giappone sconfitto assieme all'Italia fascista e alla Germania nazista.
Jiro non ritorna solo e semplicemente in veste di soldato, ma in incognito continua a svolgere il ruolo di agente segreto al servizio degli Stati Uniti, risultando così una spia giapponese al soldo degli americani.
Oltre ad un Giappone visibilmente sconvolto e ridimensionato che vive una situazione politicamente instabile, ad attenderlo è anche l’infelice clima che regna nella sua famiglia, la famiglia Tenge, storica casata di latifondisti proprietaria di numerosi ettari di terra nello Yodoyama, una regione a nord di Tokyo.
Al suo ritorno, Jiro scopre inoltre che c’è un nuovo membro in famiglia: la sorellina Ayako. La bambina è però coperta da un segreto più o meno celato, ella è infatti il frutto dell’amore clandestino tra Sakuemon Tenge, padre di Jiro e patriarca della famiglia Tenge, e sua cognata Sue, la moglie di Ichiro Tenge, primogenito della famiglia nonché figlio di Sakuemon e quindi fratello di Jiro.
Un giorno però, alle prese con i suoi compiti da spia giapponese sotto gli ordini degli americani, Jiro viene coinvolto in un omicidio vagamente ispirato ad un fatto di cronaca realmente accaduto, l’incidente Shimoyama.
Al ritorno dai suoi loschi compiti la camicia di Jiro è però sporca di sangue. Intento quindi a lavarla nel cuore della notte la spia viene sorpresa dalla sorellina Ayako in compagnia della serva Oryo, una “sempliciotta” non tanto sana di mente al servizio della famiglia Tenge, nonché unica vera amica della piccola Ayako.
A questo punto però la casata decide di prendere precauzioni, l’onore del nome della nobile ed antica famiglia Tenge non può essere sporcato, per questo motivo Oryo viene uccisa e Ayako rinchiusa sul fondo di un granaio sigillato. Inizierà così un lungo calvario per la bambina che verrà rinchiusa in un luogo che la vedrà crescere, piangere e disperarsi, un luogo che la accolse da bambina e la vide crescere sino a diventare donna.
Una trama robusta, complicata e solida, con «Ayako», Osamu Tezuka ci dona un manga storico-politico nella quale vuole esprimere tutta l’agitazione accumulata e repressa negli ultimi anni, anni di rivolta e di cambiamenti che interesseranno sia la nostra Europa che il Giappone.
L’opera viene scritta nel ’72 in un Giappone agitato e ancora fortemente scosso dall’oramai lontana guerra, un periodo in cui i dibattiti politici e i moti di protesta femministi e antiamericani avevano ribaltato il comune pensiero giapponese e la mentalità del paese. In questo contesto storico anche il mondo del manga, proprio in quanto forma d’arte, prese la sua parte nelle proteste. Erano quindi gli anni ’60 quando nacque il genere “gekiga”, che da lì a poco avrebbe rivoluzionato, e non poco, il modo di fare fumetti nel Paese del Sol Levante. In questo frizzante ambiente artistico, dove il «Kamui» di Sanpei Shirato era il nuovo «Il Principe» di Machiavelli, Osamu Tezuka arrivò però con un leggero ritardo, considerando anche la sua posizione privilegiata all'interno della società giapponese che già lo vedeva come il padre putativo del manga vero e proprio, colui che seppe rivestire i panni di Giotto all’interno del fumetto giapponese.
Proprio in questo contesto e proprio con un piccolo ritardo, che può anche essere tipico dei geni, Tezuka realizzò «Ayako», opera che sarebbe poi passata alla storia divenendo il manga con cui l’autore decise di mettere a nudo l’animo umano, il marciume che si nasconde nelle profondità di una società vecchia, statica, lenta e bigotta, in contrasto con la nuova società che avanzava e che distruggeva e sconvolgeva un vecchio sistema oramai troppo radicato e dogmatizzato in cui l’onore di una famiglia veniva prima delle azioni, in cui “il fine giustifica i mezzi”, in cui una donna doveva e poteva essere schiavizzata e sottomessa ai comportamenti tirannici del marito che rivestiva un ruolo di padrone all’interno della famiglia e, soprattutto, una società in cui la vita di una bambina valeva meno dell’impatto sociale del nome di una famiglia, in un ambiente politico corrotto e senza scrupoli.
Come una carezza prima di un pugno nello stomaco, Tezuka inizia a raccontare le vicende della famiglia Tenge innanzitutto presentandone i personaggi. Proprio come se fossero carte in un gioco di società i personaggi vengono descritti e messi a nudo sin dalle prime pagine, vengono sezionati, scrutati e osservati come in un identikit.
I personaggi di questo manga non sono però degli eroi, non sono forti né fisicamente né caratterialmente, la maggior parte di loro sono infatti dei perdenti, sono figure piene di punti deboli, con valori e concetti deformati da una società che li vuole schiavi di una staticità storica oramai radicata all’interno della società.
Da questa sintesi dei valori e delle sembianze dei protagonisti parte dunque una narrazione altalenante, dove Tezuka cerca volontariamente di ridurre la teatralità e la finzione che un mangaka avrebbe potuto benissimo disegnare. «Ayako» invece non cattura il lettore per le sue vignette, non lo cattura nemmeno grazie ad effetti che avrebbero potuto invogliarlo a girare immediatamente pagina, no, infatti Tezuka decide (rischiando) di tentare di catturare il lettore attraverso l’uso sapiente delle tecniche neorealistiche che circa un ventennio prima erano state portate sul grande schermo dai registi italiani e che, anni primi, erano state l’emblema di un genere tutto nostro nato con autori come Rossellini.
La narrazione di Tezuka è quindi realista, non punta ad una falsa teatralità, non carica le sue vignette di pathos, il pathos nasce, si sviluppa e sfocia automaticamente dalle menti e dalle azioni dei personaggi, per lo più azioni corrotte, malvagie e tristi che vengono ancor più messe in risalto dalla dolcezza di Ayako, che da pura e innocente bambina rimane vittima del mondo marcio e crudele che le gira intorno, sporcandosi anche lei.
In svariate occasioni la narrazione viene spesso alleggerita danzando su concetti e similitudini che ricalcano le antiche sensazioni del teatro ateniese classico, dove segni, gesti e movimenti, spesso stereotipati, facevano intuire automaticamente allo spettatore sensazioni difficilmente descrivibili in poche parole. Tezuka in un certo senso, e in un certo limite, alleggerisce dal punto di vista emotivo i dialoghi, spesso è infatti la mimica facciale a far trapelare lo stato d’animo del personaggio all’interno dell’opera.
Proprio grazie a questo ben studiato cast di personaggi Tezuka riesce a creare connessioni che portano il lettore a spunti interessanti. Il padre e il primogenito: uomini violenti, testardi e irascibili che sottomettono le loro rispettive mogli, una specchio dell’altra, donne tristi, desolate, quasi sempre senza la forza di reagire, che sono vittime e sottomesse da due uomini anch’essi a loro volta sottomessi, il più anziano all’antico onore di essere un ricco proprietario terriero e il più giovane alla smania di voler accumulare l’eredità paterna.
Diametralmente opposti sono i ragazzi, coloro che hanno saputo farsi scivolare di dosso i valori oramai inapplicabili in una società sempre più occidentalizzata e sempre più schiava del mercato economico. Tra di essi spicca Naoko, femminista militante nel partito dei lavoratori che, una volta ripudiata dal padre, decide di prendersi sulle spalle la sua vita e di ricominciare da zero anche senza l’uomo che amava, distrutto da una società e da una famiglia troppo corrotta per seguire i suoi nuovi ideali.
In questo mondo negativo disegnato da Tezuka, vissuto da uomini malvagi, emergono quindi anche alcuni personaggi che quantomeno tentano di portare un po’ di luce all’interno del manga, creando così un effetto chiaroscurale degno del più importante mangaka di sempre.
Tezuka riesce così ad attaccare duramente una società messa a nudo, portando la stessa società a riflettere sui valori che da secoli l’avevano contraddistinta. Questa sua operazione si basa anche su fatti realmente accaduti che aumentano la vergogna delle azioni commesse ed il realismo, altro punto chiave dell’opera. Vengono infatti portati in scena eventi come la riforma agraria e i disagi relativi al duro taglio dei posti di lavoro alla Japanese National Railways.
Una delle parole chiave per l’opera è dunque “realismo”, un realismo vero, non si notano obbiettivi di teatralizzazione da parte dell’autore, non c’è nulla di barocco, quello che viene mostrato è il realistico disegno della cornice di una società che sta brutalmente mutando la sua secolare pelle.
Ma la vera e propria parola chiave dell’opera, la parola che ha distrutto una famiglia e i suoi componenti è senza dubbio “onore”, un onore che spinge un padre a non voler riabbracciare un figlio al ritorno dalla guerra, un onore che porta quello stesso padre a preferire la morte del figlio per evitare problemi legati all’eredità, un onore che ti porta a voler desiderare molto più una medaglia di guerra piuttosto che l’affetto di un figlio ancora vivo e non vittima del conflitto che tanta sciagura aveva portato nel mondo. Si tratta proprio dello stesso onore che ha spinto a rinchiude, per anni, in un granaio una bambina innocente in compagnia del freddo, delle sue paure e della sua voglia di cresce e vittima di un sistema che per non essere soffocato ha scelto di sacrificare e a sua volta soffocare una semplice bimba pura di cuore.
«Ayako» (奇子) è un seinen manga ideato, scritto e disegnato dal famosissimo Osamu Tezuka, autore che nella sua lunga carriera ha rivoluzionato il mondo del fumetto giapponese, realizzando inoltre opere come «Astro Boy», «Dororo» o «La Fenice» che hanno per sempre segnato la storia del manga.
L’opera in questione fu pubblicata in Giappone tra il gennaio del 1972 e il giugno 1973 sulla rivista Big Comic della casa editrice Shogakukan. Oggi, «Ayako» è un manga edito anche qui in Italia grazie alla casa editrice Hazard Edizioni, che ha raccolto l’opera in tre volumi pubblicati tra il giugno e il settembre del 2004, per poi godere di una nuova edizione in soli due volumi nel 2019 grazie a J-Pop.
La storia inizia il 13 gennaio 1949 al porto di Yokohama, giorno in cui Jiro Tenge fa il suo ritorno dalla guerra, il secondo conflitto mondiale che tanto aveva dilaniato il mondo intero e che aveva visto il Giappone sconfitto assieme all'Italia fascista e alla Germania nazista.
Jiro non ritorna solo e semplicemente in veste di soldato, ma in incognito continua a svolgere il ruolo di agente segreto al servizio degli Stati Uniti, risultando così una spia giapponese al soldo degli americani.
Oltre ad un Giappone visibilmente sconvolto e ridimensionato che vive una situazione politicamente instabile, ad attenderlo è anche l’infelice clima che regna nella sua famiglia, la famiglia Tenge, storica casata di latifondisti proprietaria di numerosi ettari di terra nello Yodoyama, una regione a nord di Tokyo.
Al suo ritorno, Jiro scopre inoltre che c’è un nuovo membro in famiglia: la sorellina Ayako. La bambina è però coperta da un segreto più o meno celato, ella è infatti il frutto dell’amore clandestino tra Sakuemon Tenge, padre di Jiro e patriarca della famiglia Tenge, e sua cognata Sue, la moglie di Ichiro Tenge, primogenito della famiglia nonché figlio di Sakuemon e quindi fratello di Jiro.
Un giorno però, alle prese con i suoi compiti da spia giapponese sotto gli ordini degli americani, Jiro viene coinvolto in un omicidio vagamente ispirato ad un fatto di cronaca realmente accaduto, l’incidente Shimoyama.
Al ritorno dai suoi loschi compiti la camicia di Jiro è però sporca di sangue. Intento quindi a lavarla nel cuore della notte la spia viene sorpresa dalla sorellina Ayako in compagnia della serva Oryo, una “sempliciotta” non tanto sana di mente al servizio della famiglia Tenge, nonché unica vera amica della piccola Ayako.
A questo punto però la casata decide di prendere precauzioni, l’onore del nome della nobile ed antica famiglia Tenge non può essere sporcato, per questo motivo Oryo viene uccisa e Ayako rinchiusa sul fondo di un granaio sigillato. Inizierà così un lungo calvario per la bambina che verrà rinchiusa in un luogo che la vedrà crescere, piangere e disperarsi, un luogo che la accolse da bambina e la vide crescere sino a diventare donna.
Una trama robusta, complicata e solida, con «Ayako», Osamu Tezuka ci dona un manga storico-politico nella quale vuole esprimere tutta l’agitazione accumulata e repressa negli ultimi anni, anni di rivolta e di cambiamenti che interesseranno sia la nostra Europa che il Giappone.
L’opera viene scritta nel ’72 in un Giappone agitato e ancora fortemente scosso dall’oramai lontana guerra, un periodo in cui i dibattiti politici e i moti di protesta femministi e antiamericani avevano ribaltato il comune pensiero giapponese e la mentalità del paese. In questo contesto storico anche il mondo del manga, proprio in quanto forma d’arte, prese la sua parte nelle proteste. Erano quindi gli anni ’60 quando nacque il genere “gekiga”, che da lì a poco avrebbe rivoluzionato, e non poco, il modo di fare fumetti nel Paese del Sol Levante. In questo frizzante ambiente artistico, dove il «Kamui» di Sanpei Shirato era il nuovo «Il Principe» di Machiavelli, Osamu Tezuka arrivò però con un leggero ritardo, considerando anche la sua posizione privilegiata all'interno della società giapponese che già lo vedeva come il padre putativo del manga vero e proprio, colui che seppe rivestire i panni di Giotto all’interno del fumetto giapponese.
Proprio in questo contesto e proprio con un piccolo ritardo, che può anche essere tipico dei geni, Tezuka realizzò «Ayako», opera che sarebbe poi passata alla storia divenendo il manga con cui l’autore decise di mettere a nudo l’animo umano, il marciume che si nasconde nelle profondità di una società vecchia, statica, lenta e bigotta, in contrasto con la nuova società che avanzava e che distruggeva e sconvolgeva un vecchio sistema oramai troppo radicato e dogmatizzato in cui l’onore di una famiglia veniva prima delle azioni, in cui “il fine giustifica i mezzi”, in cui una donna doveva e poteva essere schiavizzata e sottomessa ai comportamenti tirannici del marito che rivestiva un ruolo di padrone all’interno della famiglia e, soprattutto, una società in cui la vita di una bambina valeva meno dell’impatto sociale del nome di una famiglia, in un ambiente politico corrotto e senza scrupoli.
Come una carezza prima di un pugno nello stomaco, Tezuka inizia a raccontare le vicende della famiglia Tenge innanzitutto presentandone i personaggi. Proprio come se fossero carte in un gioco di società i personaggi vengono descritti e messi a nudo sin dalle prime pagine, vengono sezionati, scrutati e osservati come in un identikit.
I personaggi di questo manga non sono però degli eroi, non sono forti né fisicamente né caratterialmente, la maggior parte di loro sono infatti dei perdenti, sono figure piene di punti deboli, con valori e concetti deformati da una società che li vuole schiavi di una staticità storica oramai radicata all’interno della società.
Da questa sintesi dei valori e delle sembianze dei protagonisti parte dunque una narrazione altalenante, dove Tezuka cerca volontariamente di ridurre la teatralità e la finzione che un mangaka avrebbe potuto benissimo disegnare. «Ayako» invece non cattura il lettore per le sue vignette, non lo cattura nemmeno grazie ad effetti che avrebbero potuto invogliarlo a girare immediatamente pagina, no, infatti Tezuka decide (rischiando) di tentare di catturare il lettore attraverso l’uso sapiente delle tecniche neorealistiche che circa un ventennio prima erano state portate sul grande schermo dai registi italiani e che, anni primi, erano state l’emblema di un genere tutto nostro nato con autori come Rossellini.
La narrazione di Tezuka è quindi realista, non punta ad una falsa teatralità, non carica le sue vignette di pathos, il pathos nasce, si sviluppa e sfocia automaticamente dalle menti e dalle azioni dei personaggi, per lo più azioni corrotte, malvagie e tristi che vengono ancor più messe in risalto dalla dolcezza di Ayako, che da pura e innocente bambina rimane vittima del mondo marcio e crudele che le gira intorno, sporcandosi anche lei.
In svariate occasioni la narrazione viene spesso alleggerita danzando su concetti e similitudini che ricalcano le antiche sensazioni del teatro ateniese classico, dove segni, gesti e movimenti, spesso stereotipati, facevano intuire automaticamente allo spettatore sensazioni difficilmente descrivibili in poche parole. Tezuka in un certo senso, e in un certo limite, alleggerisce dal punto di vista emotivo i dialoghi, spesso è infatti la mimica facciale a far trapelare lo stato d’animo del personaggio all’interno dell’opera.
Proprio grazie a questo ben studiato cast di personaggi Tezuka riesce a creare connessioni che portano il lettore a spunti interessanti. Il padre e il primogenito: uomini violenti, testardi e irascibili che sottomettono le loro rispettive mogli, una specchio dell’altra, donne tristi, desolate, quasi sempre senza la forza di reagire, che sono vittime e sottomesse da due uomini anch’essi a loro volta sottomessi, il più anziano all’antico onore di essere un ricco proprietario terriero e il più giovane alla smania di voler accumulare l’eredità paterna.
Diametralmente opposti sono i ragazzi, coloro che hanno saputo farsi scivolare di dosso i valori oramai inapplicabili in una società sempre più occidentalizzata e sempre più schiava del mercato economico. Tra di essi spicca Naoko, femminista militante nel partito dei lavoratori che, una volta ripudiata dal padre, decide di prendersi sulle spalle la sua vita e di ricominciare da zero anche senza l’uomo che amava, distrutto da una società e da una famiglia troppo corrotta per seguire i suoi nuovi ideali.
In questo mondo negativo disegnato da Tezuka, vissuto da uomini malvagi, emergono quindi anche alcuni personaggi che quantomeno tentano di portare un po’ di luce all’interno del manga, creando così un effetto chiaroscurale degno del più importante mangaka di sempre.
Tezuka riesce così ad attaccare duramente una società messa a nudo, portando la stessa società a riflettere sui valori che da secoli l’avevano contraddistinta. Questa sua operazione si basa anche su fatti realmente accaduti che aumentano la vergogna delle azioni commesse ed il realismo, altro punto chiave dell’opera. Vengono infatti portati in scena eventi come la riforma agraria e i disagi relativi al duro taglio dei posti di lavoro alla Japanese National Railways.
Una delle parole chiave per l’opera è dunque “realismo”, un realismo vero, non si notano obbiettivi di teatralizzazione da parte dell’autore, non c’è nulla di barocco, quello che viene mostrato è il realistico disegno della cornice di una società che sta brutalmente mutando la sua secolare pelle.
Ma la vera e propria parola chiave dell’opera, la parola che ha distrutto una famiglia e i suoi componenti è senza dubbio “onore”, un onore che spinge un padre a non voler riabbracciare un figlio al ritorno dalla guerra, un onore che porta quello stesso padre a preferire la morte del figlio per evitare problemi legati all’eredità, un onore che ti porta a voler desiderare molto più una medaglia di guerra piuttosto che l’affetto di un figlio ancora vivo e non vittima del conflitto che tanta sciagura aveva portato nel mondo. Si tratta proprio dello stesso onore che ha spinto a rinchiude, per anni, in un granaio una bambina innocente in compagnia del freddo, delle sue paure e della sua voglia di cresce e vittima di un sistema che per non essere soffocato ha scelto di sacrificare e a sua volta soffocare una semplice bimba pura di cuore.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
“Ayako” è un seinen manga del padre del fumetto giapponese, Tezuka, raccolto in tre volumi da Hazard Edizione, nel 2004.
La storia prende avvio negli anni successivi alla conclusione della Seconda guerra mondiale, col ritorno di Jiro Tenge a casa e con la sua conseguente scoperta di come l’intera famiglia sia diventata marcia. Il capofamiglia è un uomo meschino che, con la promessa di donare ai propri figli una cospicua eredità, ne manipola le decisioni, finanche a costringere il figlio maggiore a cedergli la propria moglie per sfamare i propri appetiti sessuali. Il figlio maggiore, e fratello di Jiro -Ichiro- è subdolo ed egoista e, in cambio della promessa di avere le terre del padre, non fatica a compiere i gesti più indegni; la sorella di mezzo, Naoko e il fratello più piccolo Shiro, sono inizialmente -insieme a Sue (moglie di Ichiro) i personaggi più puri della famiglia: la prima è una femminista convinta, che si oppone alla tirannia maschilista esercitata dal padre, tanto da spingere Sue a ribellarsi alla famiglia, senza contemplare il semplice suicidio; il secondo è un ragazzino di 12 anni dedito alla giustizia, che si contrappone all'idea che un gesto sbagliato compiuto da uno dei membri della stessa, debba essere sotterrato per il bene comune. Tuttavia, nel corso dell’opera, anche loro diventano a modo loro complici o marci.
In questo panorama di degrado, si staglia la piccola figura di Ayako, figlia illegittima che il capofamiglia ha avuto dalle relazioni forzate con Sue e che resta il fulcro attorno a cui ruotano gli altri personaggi. La caratterizzazione psicologica dei personaggi è il punto forte dell’opera. In particolare, è devastante il confronto tra tutti i personaggi e Ayako, che rappresenta invece la purezza e l’innocenza, che mette ancora più in risalto l’anima corrotta dei Tenge. Interessante notare come gli unici personaggi positivi di quest’opera, oltre ad Ayako, siano tutti esterni alla famiglia.
A livello di trama, Tezuka concentra in tre soli volumi una storia ben delineata -con notevoli plot twist- lasciando sufficiente spazio ad ogni personaggio, anche quello apparentemente meno importante. Quanto a tematiche, Tezuka critica la corruzione e l’inadeguatezza del sistema feudale (che il capofamiglia Tenge sfrutta, per esercitare la propria autorità), messe in luce dalla decadenza morale che raggiungono anche i personaggi inizialmente più buoni. Sullo sfondo, viene illustrata la situazione politica dell’opera, tra intrighi e sistemi di spionaggio.
Ma quello che ho trovato più interessante è sicuramente il tema della sessualità portato avanti dalla stessa Ayako, dapprima bambina innocente ed ingenua, e poi ragazza traumatizzata da tanti anni di prigionia (viene infatti costretta a restare rinchiusa in una stanza sottoterra per più di vent'anni, in seguito a uno scandalo portato avanti da Jiro, legato a un omicidio) che cresce senza poter sapere cosa sia l’amore (struggente il modo in cui si getta tra le braccia di ogni uomo urlandogli che lo ama, perché non è in grado di distinguere l’appetito sessuale dal vero sentimento), cosa sia la fiducia, o senza poter imparare nulla del proprio corpo (bellissima la scena in cui ha il suo menarca, e Ayako si dispera perché -vedendo del sangue- crede di stare morendo).
Sicuramente, ho apprezzato praticamente ogni cosa del manga, finale compreso che –nonostante sia stato un po’ veloce- chiude perfettamente la vicenda della famiglia Tenge. E, in particolare, ho gustato lo stile del mangaka che non risparmia la crudezza già mostrata nei suoi precedenti lavori.
“Ayako” è un seinen manga del padre del fumetto giapponese, Tezuka, raccolto in tre volumi da Hazard Edizione, nel 2004.
La storia prende avvio negli anni successivi alla conclusione della Seconda guerra mondiale, col ritorno di Jiro Tenge a casa e con la sua conseguente scoperta di come l’intera famiglia sia diventata marcia. Il capofamiglia è un uomo meschino che, con la promessa di donare ai propri figli una cospicua eredità, ne manipola le decisioni, finanche a costringere il figlio maggiore a cedergli la propria moglie per sfamare i propri appetiti sessuali. Il figlio maggiore, e fratello di Jiro -Ichiro- è subdolo ed egoista e, in cambio della promessa di avere le terre del padre, non fatica a compiere i gesti più indegni; la sorella di mezzo, Naoko e il fratello più piccolo Shiro, sono inizialmente -insieme a Sue (moglie di Ichiro) i personaggi più puri della famiglia: la prima è una femminista convinta, che si oppone alla tirannia maschilista esercitata dal padre, tanto da spingere Sue a ribellarsi alla famiglia, senza contemplare il semplice suicidio; il secondo è un ragazzino di 12 anni dedito alla giustizia, che si contrappone all'idea che un gesto sbagliato compiuto da uno dei membri della stessa, debba essere sotterrato per il bene comune. Tuttavia, nel corso dell’opera, anche loro diventano a modo loro complici o marci.
In questo panorama di degrado, si staglia la piccola figura di Ayako, figlia illegittima che il capofamiglia ha avuto dalle relazioni forzate con Sue e che resta il fulcro attorno a cui ruotano gli altri personaggi. La caratterizzazione psicologica dei personaggi è il punto forte dell’opera. In particolare, è devastante il confronto tra tutti i personaggi e Ayako, che rappresenta invece la purezza e l’innocenza, che mette ancora più in risalto l’anima corrotta dei Tenge. Interessante notare come gli unici personaggi positivi di quest’opera, oltre ad Ayako, siano tutti esterni alla famiglia.
A livello di trama, Tezuka concentra in tre soli volumi una storia ben delineata -con notevoli plot twist- lasciando sufficiente spazio ad ogni personaggio, anche quello apparentemente meno importante. Quanto a tematiche, Tezuka critica la corruzione e l’inadeguatezza del sistema feudale (che il capofamiglia Tenge sfrutta, per esercitare la propria autorità), messe in luce dalla decadenza morale che raggiungono anche i personaggi inizialmente più buoni. Sullo sfondo, viene illustrata la situazione politica dell’opera, tra intrighi e sistemi di spionaggio.
Ma quello che ho trovato più interessante è sicuramente il tema della sessualità portato avanti dalla stessa Ayako, dapprima bambina innocente ed ingenua, e poi ragazza traumatizzata da tanti anni di prigionia (viene infatti costretta a restare rinchiusa in una stanza sottoterra per più di vent'anni, in seguito a uno scandalo portato avanti da Jiro, legato a un omicidio) che cresce senza poter sapere cosa sia l’amore (struggente il modo in cui si getta tra le braccia di ogni uomo urlandogli che lo ama, perché non è in grado di distinguere l’appetito sessuale dal vero sentimento), cosa sia la fiducia, o senza poter imparare nulla del proprio corpo (bellissima la scena in cui ha il suo menarca, e Ayako si dispera perché -vedendo del sangue- crede di stare morendo).
Sicuramente, ho apprezzato praticamente ogni cosa del manga, finale compreso che –nonostante sia stato un po’ veloce- chiude perfettamente la vicenda della famiglia Tenge. E, in particolare, ho gustato lo stile del mangaka che non risparmia la crudezza già mostrata nei suoi precedenti lavori.
"Ayako", una delle opere più celebri di Osama Tezuka, è un manga drammatico ambientato dopo la conclusione della seconda guerra mondiale. È una lettura per un pubblico adulto, molto bella e interessante, e che non ha perso il suo smalto con il passare del tempo. Il tratto è quello inconfondibile di Tezuka, le copertine sono tutte e tre di sicuro effetto. Edizione Hazard, con sovracopertina, senza infamia e senza lode, ma decisamente costosa, specie considerando il costo medio dei manga all’epoca in cui è uscita. Si tratta sicuramente di uno dei fumetti del passato da recuperare, anche se, per le tematiche trattate e la durezza di alcuni passaggi, a volte colpisce duramente, per cui è importante approcciarsi alla lettura con la dovuta consapevolezza.
<b> Attenzione: possibili spoiler! </b>
Subito dopo aver letto La storia dei tre Adolf di Osamu Tezuka mi sono fiondato su Ayako, sospendendolo però a metà del primo volume: forse non ero ancora pronto per leggerlo e la lettura di Adolf ni tsugu mi aveva impegnato non poco. Inoltre, quel che avevo letto non mi aveva per niente convinto. Un anno dopo, imbattendomi qua e là in pareri più che positivi, ho deciso di ridare una possibilità ad Ayako: sono contento di averlo fatto, non me ne sono affatto pentito.
È la storia complessa e torbida di una famiglia giapponese del Secondo dopoguerra, i Tenge. La trama si complica fin dalle prime battute: la rivolta sociale dei lavoratori e gli scontri tra reazionari e comunisti a colpi di spionaggio coinvolgono direttamente la famiglia Tenge e in particolare Jiro, da poco tornato dal fronte. Alcuni omicidi a sfondo politico (che molto mi hanno ricordato i metodi mafiosi per sbarazzarsi delle persone scomode, in particolare di Peppino Impastato) si riconducono alla sorella di Jiro e a Jiro stesso, il quale, nel tentativo di sbarazzarsi di uno dei cadaveri si macchia inavvertitamente la camicia di sangue e viene scoperto dalle due persone più improbabili: la piccola Ayako, bimba di appena quattro anni nata dal rapporto sessuale tra il patriarca della famiglia con una sua cognata, e la ritardata Oryo, anche questa nata da un rapporto adultero del patriarca con un'altra donna. Due testimoni che devono assolutamente sparire dalla faccia della terra, ma non è così semplice farlo e per Jiro ha inizio un turbinio di eventi che lo porterà ad allontanarsi dalla famiglia e a stringere complessi rapporti con un misterioso individuo cinese e la yakuza. La piccola Ayako intanto viene segregata in un magazzino semisotterraneo, cosa che segnerà per sempre la sua psiche. Passano gli anni, Ayako cresce, intrattiene un'innocente relazione incestuosa con il fratello più giovane, Shiro, il quale però agisce riconoscendo di essere anche lui marcio come gli altri membri della sua famiglia (il fratello Ichiro, ad esempio, al fine di ereditare i possedimenti del padre, concede a quest'ultimo la moglie, sì, proprio la cognata da cui nasce la piccola Ayako). La conclusione della storia riserva notevoli colpi di scena, in pagine che si divorano in pochi minuti. Il finale parzialmente aperto e cupo è perfettamente in linea con lo spirito pessimista che Tezuka infonde nell'intera vicenda.
L'unico difetto evidente da me riscontrato è un'eccessiva complessità per il lettore nel seguire le vicende che vedono Jiro coinvolto in alcuni loschi affari della yakuza, ma fortunatamente alla fine il caso viene "risolto" e dipanato a dovere. Da un punto di vista meramente grafico, Ayako è un magnifico esempio di come Tezuka tratti la stesura delle vignette e delle tavole con occhio cinematografico: indimenticabile la sequenza, lungo numerose pagine, in cui la prospettiva della "ripresa" rimane fissa su una stanza all'interno della quale si muovono, dialogano e si avvicendano diversi personaggi, così come la rappresentazione metaforica per immagini di un rapporto sessuale. Mai visto nulla del genere in altri mangaka, forse solo nel Devilman nagaiano. Nonostante questa storia appartenga a un genere narrativo piuttosto singolare, non posso che consigliare Ayako agli amanti di Tezuka e a chi abbia voglia di una storia intricata e dai risvolti torbidi.
Subito dopo aver letto La storia dei tre Adolf di Osamu Tezuka mi sono fiondato su Ayako, sospendendolo però a metà del primo volume: forse non ero ancora pronto per leggerlo e la lettura di Adolf ni tsugu mi aveva impegnato non poco. Inoltre, quel che avevo letto non mi aveva per niente convinto. Un anno dopo, imbattendomi qua e là in pareri più che positivi, ho deciso di ridare una possibilità ad Ayako: sono contento di averlo fatto, non me ne sono affatto pentito.
È la storia complessa e torbida di una famiglia giapponese del Secondo dopoguerra, i Tenge. La trama si complica fin dalle prime battute: la rivolta sociale dei lavoratori e gli scontri tra reazionari e comunisti a colpi di spionaggio coinvolgono direttamente la famiglia Tenge e in particolare Jiro, da poco tornato dal fronte. Alcuni omicidi a sfondo politico (che molto mi hanno ricordato i metodi mafiosi per sbarazzarsi delle persone scomode, in particolare di Peppino Impastato) si riconducono alla sorella di Jiro e a Jiro stesso, il quale, nel tentativo di sbarazzarsi di uno dei cadaveri si macchia inavvertitamente la camicia di sangue e viene scoperto dalle due persone più improbabili: la piccola Ayako, bimba di appena quattro anni nata dal rapporto sessuale tra il patriarca della famiglia con una sua cognata, e la ritardata Oryo, anche questa nata da un rapporto adultero del patriarca con un'altra donna. Due testimoni che devono assolutamente sparire dalla faccia della terra, ma non è così semplice farlo e per Jiro ha inizio un turbinio di eventi che lo porterà ad allontanarsi dalla famiglia e a stringere complessi rapporti con un misterioso individuo cinese e la yakuza. La piccola Ayako intanto viene segregata in un magazzino semisotterraneo, cosa che segnerà per sempre la sua psiche. Passano gli anni, Ayako cresce, intrattiene un'innocente relazione incestuosa con il fratello più giovane, Shiro, il quale però agisce riconoscendo di essere anche lui marcio come gli altri membri della sua famiglia (il fratello Ichiro, ad esempio, al fine di ereditare i possedimenti del padre, concede a quest'ultimo la moglie, sì, proprio la cognata da cui nasce la piccola Ayako). La conclusione della storia riserva notevoli colpi di scena, in pagine che si divorano in pochi minuti. Il finale parzialmente aperto e cupo è perfettamente in linea con lo spirito pessimista che Tezuka infonde nell'intera vicenda.
L'unico difetto evidente da me riscontrato è un'eccessiva complessità per il lettore nel seguire le vicende che vedono Jiro coinvolto in alcuni loschi affari della yakuza, ma fortunatamente alla fine il caso viene "risolto" e dipanato a dovere. Da un punto di vista meramente grafico, Ayako è un magnifico esempio di come Tezuka tratti la stesura delle vignette e delle tavole con occhio cinematografico: indimenticabile la sequenza, lungo numerose pagine, in cui la prospettiva della "ripresa" rimane fissa su una stanza all'interno della quale si muovono, dialogano e si avvicendano diversi personaggi, così come la rappresentazione metaforica per immagini di un rapporto sessuale. Mai visto nulla del genere in altri mangaka, forse solo nel Devilman nagaiano. Nonostante questa storia appartenga a un genere narrativo piuttosto singolare, non posso che consigliare Ayako agli amanti di Tezuka e a chi abbia voglia di una storia intricata e dai risvolti torbidi.
Prendendo spunto dal famoso <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Shimoyama_incident">incidente Shimoyama</a>, Osamu Tezuka ci regala una tra le storie più dure della sua intera bibliografia, Ayako, opera di critica sociale ambientata nel Giappone del dopoguerra.
La storia di <b>Ayako</b> ruota intorno ai Tenge, potente famiglia di latifondisti che vanta una tradizione lunga secoli e la cui influenza e buon nome sono noti e rispettati in tutta la zona. Ma tutto non è come sembra, e il lettore scoprirà ben presto tutto il marciume tenuto nascosto dai Tenge dietro la propria rispettabile facciata. <b>L'ottima caratterizzazione psicologica dei personaggi è uno dei punti di forza dell'opera</b> (e di tutta la narrativa tezukiana più in generale), a partire dai vari membri della famiglia.
L'anziano capofamiglia, Sakuemon, è il classico padre-padrone dai poteri assoluti su tutta la famiglia. Profondamente attaccato ai valori dell'onore sociale e della famiglia come il suo primogenito, possiede anche un lato dolce e sentimentale – forse dato dall'età – come quello che mostra verso la figlioletta Ayako, sua beniamina.
Suo degno erede è Ichiro, il figlio maggiore e colui che è destinato a ereditare quel poco resta dell'un tempo enorme proprietà terriera dei Tenge, quasi interamente sequestrata dal governo a causa della recente riforma agraria. Privo di qualsiasi scrupolo o moralità, è disposto a tutto per mantenere il buon nome della famiglia e per salvaguardare la propria posizione al suo interno, persino a prestare la propria moglie ai piaceri sessuali del padre pur di entrarne nelle grazie.
Costoro non disdegnano urla, pugni, schiaffi e persino frustrate, se necessarie, per mantenere la propria autorità sul resto della famiglia, o anche solo per sfogarsi per i problemi e le avversità cui vanno incontro nel loro percorso. Loro complementari sono le rispettive mogli: la signora Tenge Iba, completamente asservita al marito Sakuemon, si prenderà diligentemente cura di lui fino all'ultimo senza una sola parola di protesta, anche di fronte ad Ayako, frutto degli incontri segreti tra il marito e Sue. E la stessa Sue, quasi una versione giovanile della signora Tenge, già completamente sottomessa al marito, senza essersi però ancora del tutto rassegnata agli eventi – come mostrano il suo tentativo di suicidio e il suo ultimo tentativo di ribellione - oltre a non considerarsi ancora interamente parte della famiglia.
In perfetta antitesi con queste è l'unica figlia di Sakuemon, Naoko, femminista e segretamente militante nelle fila del partito dei lavoratori; Naoko si oppone fermamente alla tirannia maschilista interna alla famiglia, tanto da spingere Sue a ribellarsi al marito e lasciarsi per sempre alle spalle la famiglia Tenge. La scoperta del suo orientamento comunista causerà uno shock al padre e al fratello maggiore, tanto da venire espulsa per sempre dalla famiglia.
Di vedute simili è anche il terzogenito, Shiro, ragazzino onesto ed intelligente che gioca al tribunale e che disapprova fortemente, ribellandosene più volte, i metodi utilizzati dai Tenge per salvaguardare il proprio onore.
Infine, ci sono i due personaggi cardine della vicenda.
Jiro, tornato vivo dal fronte, si è attirato la disapprovazione del padre per “non essere nemmeno riuscito a morire”, finendo addirittura prigioniero degli americani. Per salvarsi, Jiro stringe un accordo con i servizi segreti americani, da cui viene utilizzato come complice nell'omicidio di un importante membro della sinistra locale, portando la sventura su tutta la famiglia Tenge.
E Ayako, bambina di 4 anni nata da uno dei rapporti segreti tra Sakuemon e Sue. Dal contrasto tra la sua purezza e innocenza emergerà con ancora più forza l'anima corrotta e putrescente della famiglia Tenge, mostrando come uno specchio ai suoi familiari il loro lato più “oscuro”.
Estremamente interessante è il constatare come i personaggi maggiormente positivi della serie siano tutti esterni alla famiglia Tenge, dall'ispettore Tamura, incaricato dell'indagine su un omicidio in cui è coinvolto Jiro, al suo collega Geka e al figlio di quest'ultimo, Hanao.
Sull'ottima impalcatura costruita con tali personaggi, <b><i>Tezuka</i> critica ferocemente la</b> corruzione e l'inadeguatezza del sistema feudale giapponese e, più in generale, la stessa <b>società nipponica e il suo modello di valori</b>, vera causa della decadenza morale della famiglia Tenge, i cui membri, più che carnefici, ne appaiono loro stessi vittime. Coi personaggi di Jiro e Naoko, inoltre, <b>viene indagata la situazione politica dell'epoca</b>, dagli intrighi dei sistemi di controspionaggio americano alle lotte dei sindacati e del partito comunista a favore dei lavoratori, dai rapporti segreti tra cariche politiche ed esponenti della yakuza locale al sottobosco malavitoso fatto di bande e delinquenti comuni. Vengono inoltre toccati eventi storici realmente accaduti come la riforma agraria, l'ondata di licenziamenti della <i>Japanese National Railways</i> e la scomparsa e morte in circostanze misteriose del suo presidente.
<b>Altro elemente cardine</b>, in <b>Ayako</b> come nella poetica di <i>Tezuka</i>, <b>è la sessualità</b>. Da un lato vi è Ayako, analizzata nella sua totale purezza durante la sua evoluzione da bambina a donna (la sua prima mestruazione, i suoi primi rapporti sessuali, la sua incapacità di distinguere tra amore e appetito sessuale), dall'altro è interessante notare la resa sperimentale utilizzata per rappresentare il coito tra Jiro e la sua compagna, metaforicamente illustrato come un'isola falliforme sferzata dalle onde del mare in tempesta, sulla cui cima ella giace ignuda.
A portare in Italia questo gioiellino di <i>Tezuka</i> è <b>Hazard Edizioni</b>, in un'edizione in linea con le altre uscite dell'editore. L'albo è di buona qualità: la carta unisce un'ottima sfogliabilità ad una trasparenza abbastanza lieve - sebbene non assente, specialmente negli ultimi 2 volumi, discreta la stampa, anche se con qualche riserva nella resa dei neri; ottima la rilegatura a filo, che garantisce una resistenza e un'elasticità dell'albo ottimi, nella media la sovracopertina. Considerato anche il prezzo non certo economico, 10 euro a volume, dispiace constatare l'assenza di un approfondimento o redazionale in chiusura d'albo che approfondisse la figura di <i>Tezuka</i>, analizzando l'opera in questione e il periodo storico in cui si svolge. Per questi motivi, e nonostante sia <b>Ayako</b> un'opera destinata ad un pubblico esigente e competente disposto a spendere per i manga di qualità e non certo al grande pubblico, il prezzo finale risulta decisamente elevato.
<b>Ayako si avvicina molto allo stile</b>, narrativo e grafico, <b>delle produzioni gekiga</b>, di cui <i>Tezuka</i> fu contemporaneamente ispiratore, avversario ed esponente e dal quale fu egli stesso ispirato. <b>Ayako è una lettura a tratti pesante, a tratti lacerante</b>, con scene che più che pugni sono badilate nello stomaco. Tale pesantezza psicologica non è tuttavia fine a se stessa, ma, oltre che marchiare a fuoco nell'animo del lettore il suo messaggio di <b>critica sociale</b>, aiuta anche a far risaltare quei (pochi) gesti e personaggi “positivi”, cui non si può non affezionarsi e seguire con ansia le vicende, nella speranza non vengano anch'essi “contaminati” dal marciume della famiglia Tenge e del sistema in cui questa vive - oppure sperare in una (parziale) redenzione e affrancamento dal senso di colpa per i crimini passati dei membri di quest'ultima. Un'opera di indubbio valore in grado di trattare in soli 3 volumi un'amplissima gamma di tematiche; consigliato a chiunque sia in cerca di un'opera matura, da un lato socialmente (e politicamente) impegnata, dall'altro incredibilmente appassionante.
La storia di <b>Ayako</b> ruota intorno ai Tenge, potente famiglia di latifondisti che vanta una tradizione lunga secoli e la cui influenza e buon nome sono noti e rispettati in tutta la zona. Ma tutto non è come sembra, e il lettore scoprirà ben presto tutto il marciume tenuto nascosto dai Tenge dietro la propria rispettabile facciata. <b>L'ottima caratterizzazione psicologica dei personaggi è uno dei punti di forza dell'opera</b> (e di tutta la narrativa tezukiana più in generale), a partire dai vari membri della famiglia.
L'anziano capofamiglia, Sakuemon, è il classico padre-padrone dai poteri assoluti su tutta la famiglia. Profondamente attaccato ai valori dell'onore sociale e della famiglia come il suo primogenito, possiede anche un lato dolce e sentimentale – forse dato dall'età – come quello che mostra verso la figlioletta Ayako, sua beniamina.
Suo degno erede è Ichiro, il figlio maggiore e colui che è destinato a ereditare quel poco resta dell'un tempo enorme proprietà terriera dei Tenge, quasi interamente sequestrata dal governo a causa della recente riforma agraria. Privo di qualsiasi scrupolo o moralità, è disposto a tutto per mantenere il buon nome della famiglia e per salvaguardare la propria posizione al suo interno, persino a prestare la propria moglie ai piaceri sessuali del padre pur di entrarne nelle grazie.
Costoro non disdegnano urla, pugni, schiaffi e persino frustrate, se necessarie, per mantenere la propria autorità sul resto della famiglia, o anche solo per sfogarsi per i problemi e le avversità cui vanno incontro nel loro percorso. Loro complementari sono le rispettive mogli: la signora Tenge Iba, completamente asservita al marito Sakuemon, si prenderà diligentemente cura di lui fino all'ultimo senza una sola parola di protesta, anche di fronte ad Ayako, frutto degli incontri segreti tra il marito e Sue. E la stessa Sue, quasi una versione giovanile della signora Tenge, già completamente sottomessa al marito, senza essersi però ancora del tutto rassegnata agli eventi – come mostrano il suo tentativo di suicidio e il suo ultimo tentativo di ribellione - oltre a non considerarsi ancora interamente parte della famiglia.
In perfetta antitesi con queste è l'unica figlia di Sakuemon, Naoko, femminista e segretamente militante nelle fila del partito dei lavoratori; Naoko si oppone fermamente alla tirannia maschilista interna alla famiglia, tanto da spingere Sue a ribellarsi al marito e lasciarsi per sempre alle spalle la famiglia Tenge. La scoperta del suo orientamento comunista causerà uno shock al padre e al fratello maggiore, tanto da venire espulsa per sempre dalla famiglia.
Di vedute simili è anche il terzogenito, Shiro, ragazzino onesto ed intelligente che gioca al tribunale e che disapprova fortemente, ribellandosene più volte, i metodi utilizzati dai Tenge per salvaguardare il proprio onore.
Infine, ci sono i due personaggi cardine della vicenda.
Jiro, tornato vivo dal fronte, si è attirato la disapprovazione del padre per “non essere nemmeno riuscito a morire”, finendo addirittura prigioniero degli americani. Per salvarsi, Jiro stringe un accordo con i servizi segreti americani, da cui viene utilizzato come complice nell'omicidio di un importante membro della sinistra locale, portando la sventura su tutta la famiglia Tenge.
E Ayako, bambina di 4 anni nata da uno dei rapporti segreti tra Sakuemon e Sue. Dal contrasto tra la sua purezza e innocenza emergerà con ancora più forza l'anima corrotta e putrescente della famiglia Tenge, mostrando come uno specchio ai suoi familiari il loro lato più “oscuro”.
Estremamente interessante è il constatare come i personaggi maggiormente positivi della serie siano tutti esterni alla famiglia Tenge, dall'ispettore Tamura, incaricato dell'indagine su un omicidio in cui è coinvolto Jiro, al suo collega Geka e al figlio di quest'ultimo, Hanao.
Sull'ottima impalcatura costruita con tali personaggi, <b><i>Tezuka</i> critica ferocemente la</b> corruzione e l'inadeguatezza del sistema feudale giapponese e, più in generale, la stessa <b>società nipponica e il suo modello di valori</b>, vera causa della decadenza morale della famiglia Tenge, i cui membri, più che carnefici, ne appaiono loro stessi vittime. Coi personaggi di Jiro e Naoko, inoltre, <b>viene indagata la situazione politica dell'epoca</b>, dagli intrighi dei sistemi di controspionaggio americano alle lotte dei sindacati e del partito comunista a favore dei lavoratori, dai rapporti segreti tra cariche politiche ed esponenti della yakuza locale al sottobosco malavitoso fatto di bande e delinquenti comuni. Vengono inoltre toccati eventi storici realmente accaduti come la riforma agraria, l'ondata di licenziamenti della <i>Japanese National Railways</i> e la scomparsa e morte in circostanze misteriose del suo presidente.
<b>Altro elemente cardine</b>, in <b>Ayako</b> come nella poetica di <i>Tezuka</i>, <b>è la sessualità</b>. Da un lato vi è Ayako, analizzata nella sua totale purezza durante la sua evoluzione da bambina a donna (la sua prima mestruazione, i suoi primi rapporti sessuali, la sua incapacità di distinguere tra amore e appetito sessuale), dall'altro è interessante notare la resa sperimentale utilizzata per rappresentare il coito tra Jiro e la sua compagna, metaforicamente illustrato come un'isola falliforme sferzata dalle onde del mare in tempesta, sulla cui cima ella giace ignuda.
A portare in Italia questo gioiellino di <i>Tezuka</i> è <b>Hazard Edizioni</b>, in un'edizione in linea con le altre uscite dell'editore. L'albo è di buona qualità: la carta unisce un'ottima sfogliabilità ad una trasparenza abbastanza lieve - sebbene non assente, specialmente negli ultimi 2 volumi, discreta la stampa, anche se con qualche riserva nella resa dei neri; ottima la rilegatura a filo, che garantisce una resistenza e un'elasticità dell'albo ottimi, nella media la sovracopertina. Considerato anche il prezzo non certo economico, 10 euro a volume, dispiace constatare l'assenza di un approfondimento o redazionale in chiusura d'albo che approfondisse la figura di <i>Tezuka</i>, analizzando l'opera in questione e il periodo storico in cui si svolge. Per questi motivi, e nonostante sia <b>Ayako</b> un'opera destinata ad un pubblico esigente e competente disposto a spendere per i manga di qualità e non certo al grande pubblico, il prezzo finale risulta decisamente elevato.
<b>Ayako si avvicina molto allo stile</b>, narrativo e grafico, <b>delle produzioni gekiga</b>, di cui <i>Tezuka</i> fu contemporaneamente ispiratore, avversario ed esponente e dal quale fu egli stesso ispirato. <b>Ayako è una lettura a tratti pesante, a tratti lacerante</b>, con scene che più che pugni sono badilate nello stomaco. Tale pesantezza psicologica non è tuttavia fine a se stessa, ma, oltre che marchiare a fuoco nell'animo del lettore il suo messaggio di <b>critica sociale</b>, aiuta anche a far risaltare quei (pochi) gesti e personaggi “positivi”, cui non si può non affezionarsi e seguire con ansia le vicende, nella speranza non vengano anch'essi “contaminati” dal marciume della famiglia Tenge e del sistema in cui questa vive - oppure sperare in una (parziale) redenzione e affrancamento dal senso di colpa per i crimini passati dei membri di quest'ultima. Un'opera di indubbio valore in grado di trattare in soli 3 volumi un'amplissima gamma di tematiche; consigliato a chiunque sia in cerca di un'opera matura, da un lato socialmente (e politicamente) impegnata, dall'altro incredibilmente appassionante.
Scioccante, è così che definirei questo manga, che resta tale dall'inizio alla fine. Come ha già evidenziato Surymae, Ayako meriterebbe di essere considerato maggiormente fra le opere di Tezuka. Non le ho lette tutte, ma questa è fra quelle che preferisco, perché la trama è assolutamente originale ed ad ogni pagina non si riesce assolutamente a prevedere l'evoluzione delle vicende né tanto meno la conclusione (che sinceramente avrei preferito un tantino diversa, solo per questo non ho dato 10 come voto); inoltre l'introspezione psicologica dei personaggi principali mi pare molto ben realizzata.
Ottima l'edizione Hazard, in volumi maneggevoli (non facilmente scollabili come quelli di altre case editrici), con carta di buona qualità e sovracoperta.
Ne consiglio la lettura soprattutto a quei prevenuti (anche per ignoranza, intesa in senso non offensivo, intendiamoci) che etichettano i fumetti ed i cartoni animati come prodotti per bambini. Niente di più sbagliato: lettura consigliata a tutti tranne che ai bambini!
Ottima l'edizione Hazard, in volumi maneggevoli (non facilmente scollabili come quelli di altre case editrici), con carta di buona qualità e sovracoperta.
Ne consiglio la lettura soprattutto a quei prevenuti (anche per ignoranza, intesa in senso non offensivo, intendiamoci) che etichettano i fumetti ed i cartoni animati come prodotti per bambini. Niente di più sbagliato: lettura consigliata a tutti tranne che ai bambini!
<b>[Attenzione, possibili spoiler.]</b>
Buonissimo manga di un Tezuka molto più maturo di altri lavori, e piuttosto ispirato. Spinosi e scandalosi gli argomenti. A prima vista un j'accuse contro il conquistatore americano, è invece una riflessione profonda sul popolo giapponese sconfitto, sulle sue pecche, sulle radici che hanno portato alla nazione che conosciamo oggi. La trasformazione caotica, violenta, disonorevole di un popolo dal mondo rurale e medioevale alla modernità è raccontata con le lacrime e con il sangue della gente che l'ha vissuto.
Ayako è innanzitutto la storia di una famiglia tradizionale che, ancorata ad un passato spazzato via dalla guerra, ad una cultura "conquistata" e "vinta", fatica a trovare una nuova dimensione. Non capendo il cambiamento, o cavalcandolo con bieco cinismo o semplicemente per spirito di sopravvivenza, tutti i componenti della famiglia si lasciano trascinare nel baratro delle loro stesse pulsioni.
Ciò che colpisce in questo lavoro è l'estrema verosimiglianza unita alla perversione di quasi tutti i personaggi. Non ci sono siparietti comici in Ayako. Questo è un manga impegnativo, che può disturbare, perché è impietoso verso l'umanità che descrive. In mezzo a questa famiglia incestuosa e crudele, la vicenda tormentata della piccola e ingenua Ayako, violentata in ogni modo possibile, relegata nell'oscurità per una concezione corrotta di onorabilità, è la condanna senza appello. Tanti paralleli si possono fare con la situazione italiana del dopoguerra, sopratutto nel sud d'Italia: questo lavoro che parla di un paese lontano, in realtà, ci parla di cose che fanno parte anche della nostra storia. La stessa Ayako risulterà disumanizzata quando, alla fine, avrà una sua vendetta (assolutamente non cercata), ma ottenuta ad un prezzo pesantissimo, come per una punizione divina. L'umanità del personaggio, la sua giovinezza, la sua innocenza gli vengono così strappate via per sempre.
Ecco, se si vuole trovare un difetto in questo manga, è l'accelerazione della storia nel terzo volume. I primi due sono davvero eccellenti, la narrazione procede con ritmi adatti secondo uno standard oserei dire "occidentale". Il terzo volume, a mio parere, è in sofferenza. I dialoghi e le vicende narrate si fanno meno realistici e stentano un po'.
Gli do 8 per questo difetto e perché il tratto dei personaggi a volte è più frettoloso di quanto vorrei, datato se vogliamo. Belle invece molte tavole senza dialoghi e con le espressioni nei momenti topici, assai più curate.
L'edizione della Hazard è, al solito, di buona qualità. Si tratta indubbiamente di un'opera da avere per i fan di Tezuka, per chi è interessato alla cultura giapponese, al periodo storico, per chi odia la guerra e i suoi effetti sulle persone, e così via. Ma è anche un manga per adulti, che tutti dovrebbero leggere senza preconcetti. Certamente, non è adatto per chi è affetto da quella malattia odiosa chiamata "perbenismo".
Buonissimo manga di un Tezuka molto più maturo di altri lavori, e piuttosto ispirato. Spinosi e scandalosi gli argomenti. A prima vista un j'accuse contro il conquistatore americano, è invece una riflessione profonda sul popolo giapponese sconfitto, sulle sue pecche, sulle radici che hanno portato alla nazione che conosciamo oggi. La trasformazione caotica, violenta, disonorevole di un popolo dal mondo rurale e medioevale alla modernità è raccontata con le lacrime e con il sangue della gente che l'ha vissuto.
Ayako è innanzitutto la storia di una famiglia tradizionale che, ancorata ad un passato spazzato via dalla guerra, ad una cultura "conquistata" e "vinta", fatica a trovare una nuova dimensione. Non capendo il cambiamento, o cavalcandolo con bieco cinismo o semplicemente per spirito di sopravvivenza, tutti i componenti della famiglia si lasciano trascinare nel baratro delle loro stesse pulsioni.
Ciò che colpisce in questo lavoro è l'estrema verosimiglianza unita alla perversione di quasi tutti i personaggi. Non ci sono siparietti comici in Ayako. Questo è un manga impegnativo, che può disturbare, perché è impietoso verso l'umanità che descrive. In mezzo a questa famiglia incestuosa e crudele, la vicenda tormentata della piccola e ingenua Ayako, violentata in ogni modo possibile, relegata nell'oscurità per una concezione corrotta di onorabilità, è la condanna senza appello. Tanti paralleli si possono fare con la situazione italiana del dopoguerra, sopratutto nel sud d'Italia: questo lavoro che parla di un paese lontano, in realtà, ci parla di cose che fanno parte anche della nostra storia. La stessa Ayako risulterà disumanizzata quando, alla fine, avrà una sua vendetta (assolutamente non cercata), ma ottenuta ad un prezzo pesantissimo, come per una punizione divina. L'umanità del personaggio, la sua giovinezza, la sua innocenza gli vengono così strappate via per sempre.
Ecco, se si vuole trovare un difetto in questo manga, è l'accelerazione della storia nel terzo volume. I primi due sono davvero eccellenti, la narrazione procede con ritmi adatti secondo uno standard oserei dire "occidentale". Il terzo volume, a mio parere, è in sofferenza. I dialoghi e le vicende narrate si fanno meno realistici e stentano un po'.
Gli do 8 per questo difetto e perché il tratto dei personaggi a volte è più frettoloso di quanto vorrei, datato se vogliamo. Belle invece molte tavole senza dialoghi e con le espressioni nei momenti topici, assai più curate.
L'edizione della Hazard è, al solito, di buona qualità. Si tratta indubbiamente di un'opera da avere per i fan di Tezuka, per chi è interessato alla cultura giapponese, al periodo storico, per chi odia la guerra e i suoi effetti sulle persone, e così via. Ma è anche un manga per adulti, che tutti dovrebbero leggere senza preconcetti. Certamente, non è adatto per chi è affetto da quella malattia odiosa chiamata "perbenismo".
Osamu Tezuka, da molti riconosciuto come "Dio dei manga", viene ricordato per diverse opere. Sono in pochi, però, a ricordarsi di questo manga, Ayako. Per me è un peccato. Quando ho letto il primo volumetto sono rimasta stupita per l'atmosfera cupa e, soprattutto, l'alto numero di eventi drammatici, che fanno un ottimo contrasto con lo stile semplice di Tezuka (anche se i luoghi sono disegnati benissimo). Anche l'introspezione psicologica mi ha lasciata piuttosto sorpresa, visto che tutti i protagonisti sono dotati di una personalità spiccata e variegata. Per tutta l'opera vengono più o meno mantenuti gli stessi ottimi livelli del primo volume, anche se secondo me nell'ultimo c'è stato un lieve calo. Niente di grave, ma alcuni punti mi hanno lasciata un po' perplessa. Perplessa inoltre per l'edizione della Hazard, a differenza dell'altro recensore. Le mie pagine sono un po' trasparenti, e inoltre non ho approvato molto certe scelte dei traduttori. "Un segreto di Pulcinella"? Nel Giappone del secondo dopo guerra, dove certo Pulcinella non era un personaggio noto? Brutto anacronismo. Inoltre, ho notato un discreto numero di pagine, sia all'inizio che alla fine di ogni volume, quasi del tutto bianche ad eccezione del titolo. Non sono particolarmente fastidiose, ma alzano il prezzo. Anche se, effettivamente, un'opera come Ayako merita tutti i soldi spesi.
Ayako narra la storia di una famiglia di proprietari terrieri giapponesi alla fine della seconda guerra mondiale.
La sceneggiatura in un paio di punti mi è sembrata un po' affrettata, ma c'è da dire che emotivamente la storia lascia il lettore incollato anche perché Tezuka narra molto dettagliatamente quelli che sono alcuni degli avvenimenti storici di maggiore importanza del Giappone del dopo guerra. C'è da dire poi che viene resa perfettamente quella che era la mentalità dei ricchi latifondisti giapponesi di quel tempo, per i quali l'onore e la dignità della famiglia erano tutto ma che poi, in seno alla stessa famiglia, erano capaci di macchiarsi di colpe gravissime.
Ho trovato l'edizione della Hazard molto gradevole. Le pagine sono bianche, non ho notato alcun errore di stampa e inoltre i 3 volumi sono ricoperti da delle belle sovracoperte.
In generale, l'opera fa riflettere su dei valori importanti per questo ne consiglierei la lettura a chiunque.
La sceneggiatura in un paio di punti mi è sembrata un po' affrettata, ma c'è da dire che emotivamente la storia lascia il lettore incollato anche perché Tezuka narra molto dettagliatamente quelli che sono alcuni degli avvenimenti storici di maggiore importanza del Giappone del dopo guerra. C'è da dire poi che viene resa perfettamente quella che era la mentalità dei ricchi latifondisti giapponesi di quel tempo, per i quali l'onore e la dignità della famiglia erano tutto ma che poi, in seno alla stessa famiglia, erano capaci di macchiarsi di colpe gravissime.
Ho trovato l'edizione della Hazard molto gradevole. Le pagine sono bianche, non ho notato alcun errore di stampa e inoltre i 3 volumi sono ricoperti da delle belle sovracoperte.
In generale, l'opera fa riflettere su dei valori importanti per questo ne consiglierei la lettura a chiunque.