Yu degli Spettri
Yu Yu Hakusho, un vecchio manga shonen che era conosciuto soprattutto nel periodo degli anni 90 e primi del 2000, è un manga che ho terminato recentemente la lettura dopo averlo recuperato per intero. La storia inizia in un modo abbastanza classico con il tipico ragazzo Giapponese forte che all'improvviso gli succede qualcosa che stravolge del tutto la sua vita e ne inizia una diversa tra combattimenti, fantasmi, demoni, allenamenti e tornei. Tuttavia, con il proseguire della lettura ho sempre più notato dei difetti forse tipici dei manga di quel periodo, in particolare nella sua parte finale per me il manga è abbastanza mediocre.
Le prime saghe di Yu Yu Hakusho sono abbastanza carine con l’introduzione di Yusuke, i tornei, le missioni e gli incontri con demoni sempre più potenti tengono il lettore abbastanza divertito, anche sé una certa stanchezza e anche noia o iniziato a sentirla già nella penultima saga. Ma è proprio quando si arriva alla saga finale che la storia sembra perdere del tutto la sua energia.
La saga finale di Yu Yu Hakusho è un vero peccato. Dopo aver costruito un mondo l’autore sembra precipitare in un climax scontato e poco ispirato, tutto fatto di fretta e privo di quel tocco di originalità che contraddistingueva il manga per buona parte (non tutto poiché anche nelle saghe migliori ci sono cose per niente originali).
Il finale, poi, è forse il punto più debole dell’intera opera. Dopo averci trascinato in una lunga avventura, Togashi ci consegna un epilogo frettoloso e poco soddisfacente. Le questioni lasciate in sospeso sono troppe, e la risoluzione dei conflitti appare forzata e poco convincente. Anche i disegni poi non sono sempre soddisfacenti.
Yu Yu Hakusho rimane un manga importante nel genere shonen. Tuttavia, per me è innegabile che l’opera presenti dei limiti estremamente negativi, soprattutto quando ci si avvicina alla parte finale. La saga conclusiva e il finale stesso rappresentano secondo me un’occasione persa, quindi per tutto quello che ho detto alla fine gli assegno un voto addirittura mediocre. È stato come mangiare un ottimo gelato ma che più ci si avvicina alla fine più inizia a non piacerti.
Le prime saghe di Yu Yu Hakusho sono abbastanza carine con l’introduzione di Yusuke, i tornei, le missioni e gli incontri con demoni sempre più potenti tengono il lettore abbastanza divertito, anche sé una certa stanchezza e anche noia o iniziato a sentirla già nella penultima saga. Ma è proprio quando si arriva alla saga finale che la storia sembra perdere del tutto la sua energia.
La saga finale di Yu Yu Hakusho è un vero peccato. Dopo aver costruito un mondo l’autore sembra precipitare in un climax scontato e poco ispirato, tutto fatto di fretta e privo di quel tocco di originalità che contraddistingueva il manga per buona parte (non tutto poiché anche nelle saghe migliori ci sono cose per niente originali).
Il finale, poi, è forse il punto più debole dell’intera opera. Dopo averci trascinato in una lunga avventura, Togashi ci consegna un epilogo frettoloso e poco soddisfacente. Le questioni lasciate in sospeso sono troppe, e la risoluzione dei conflitti appare forzata e poco convincente. Anche i disegni poi non sono sempre soddisfacenti.
Yu Yu Hakusho rimane un manga importante nel genere shonen. Tuttavia, per me è innegabile che l’opera presenti dei limiti estremamente negativi, soprattutto quando ci si avvicina alla parte finale. La saga conclusiva e il finale stesso rappresentano secondo me un’occasione persa, quindi per tutto quello che ho detto alla fine gli assegno un voto addirittura mediocre. È stato come mangiare un ottimo gelato ma che più ci si avvicina alla fine più inizia a non piacerti.
In un modo o nell’altro Yoshihiro Togashi delude sempre.
Premetto che compravo Express e volendo avrei potuto riprendere in mano Yu Yu Hakusho in ogni momento: perché? Perché l’inizio mi era piaciuto com’è successo in seguito mi era piaciuta la serie TV.
E proprio perché continuavo ad avere in mente gli scontri della serie animata che non ho voluto per anni avvicinarmi ad un manga che pensavo di conoscere già…
E sarebbe stata la scelta migliore.
Non che sia proprio brutto ma la serie TV mi ha trasmesso molto più emozione: i combattimenti qui nella versione cartacea sono velocissimi: in media introduzione, svolgimento e fine durano 20 pagine, senza stupire e senza raccontare le difficoltà del personaggio buono o cattivo: la morte di Genkai, il combattimento con gli allievi di un maestro di arti marziali diventati cavie di un dottore malvagio ma conservano buoni sentimenti e in altri mille esempi potrei fare per dimostrare che l’anime è superiore, migliore, del manga.
Il manga passa troppo veloce e purtroppo conosco già i punti salienti della prima metà per merito della TV.
Poi, nella seconda parte, ho trovato splendido il personaggio di Sensui e con i suoi compagni passiamo dal mood Dragon Ball a quello JoJo con combattimenti meglio pensati, solo che questo alza la media quanto la parte finale la abbassa. Togashi, in parte scusato dai forti dolori della sua malattia, imbastisce una trama in cui l’avrebbero dovuta fare da padrone grandi combattimenti ma… e qui è la vigliaccata risolve tutto in pochissimi episodi disegnati anche peggio del resto del manga.
Lo dicevo: la malattia…
Ma se ciò giustifica il finale non può portarmi ad un voto alto, certo quello che ho letto merita la sufficienza ma tutto è abbozzato, i combattimenti soprattutto che in un battle manga sono spesso la parte più interessante.
Anche i disegni come dicevo risentono degli stati dell’autore se a volte ciò è dovuto a scelte logiche (due tavole di stili diversi una accanto all’altra per esaltare un sentimento) altre volte è “pigrizia”.
Avendo visto le serie tv di Hunter x Hunter mi riprometto di non leggere la parte del manga che la riporta: ho letto infatti solo gli ultimi volumi e l’autore come dicevo mi ha deluso.
Non so cosa combinerebbe se in salute ma per amore dei fan a volte e meglio farla finita quando essi conservano ancora un buon ricordo di ciò che hai creato.
Premetto che compravo Express e volendo avrei potuto riprendere in mano Yu Yu Hakusho in ogni momento: perché? Perché l’inizio mi era piaciuto com’è successo in seguito mi era piaciuta la serie TV.
E proprio perché continuavo ad avere in mente gli scontri della serie animata che non ho voluto per anni avvicinarmi ad un manga che pensavo di conoscere già…
E sarebbe stata la scelta migliore.
Non che sia proprio brutto ma la serie TV mi ha trasmesso molto più emozione: i combattimenti qui nella versione cartacea sono velocissimi: in media introduzione, svolgimento e fine durano 20 pagine, senza stupire e senza raccontare le difficoltà del personaggio buono o cattivo: la morte di Genkai, il combattimento con gli allievi di un maestro di arti marziali diventati cavie di un dottore malvagio ma conservano buoni sentimenti e in altri mille esempi potrei fare per dimostrare che l’anime è superiore, migliore, del manga.
Il manga passa troppo veloce e purtroppo conosco già i punti salienti della prima metà per merito della TV.
Poi, nella seconda parte, ho trovato splendido il personaggio di Sensui e con i suoi compagni passiamo dal mood Dragon Ball a quello JoJo con combattimenti meglio pensati, solo che questo alza la media quanto la parte finale la abbassa. Togashi, in parte scusato dai forti dolori della sua malattia, imbastisce una trama in cui l’avrebbero dovuta fare da padrone grandi combattimenti ma… e qui è la vigliaccata risolve tutto in pochissimi episodi disegnati anche peggio del resto del manga.
Lo dicevo: la malattia…
Ma se ciò giustifica il finale non può portarmi ad un voto alto, certo quello che ho letto merita la sufficienza ma tutto è abbozzato, i combattimenti soprattutto che in un battle manga sono spesso la parte più interessante.
Anche i disegni come dicevo risentono degli stati dell’autore se a volte ciò è dovuto a scelte logiche (due tavole di stili diversi una accanto all’altra per esaltare un sentimento) altre volte è “pigrizia”.
Avendo visto le serie tv di Hunter x Hunter mi riprometto di non leggere la parte del manga che la riporta: ho letto infatti solo gli ultimi volumi e l’autore come dicevo mi ha deluso.
Non so cosa combinerebbe se in salute ma per amore dei fan a volte e meglio farla finita quando essi conservano ancora un buon ricordo di ciò che hai creato.
Ho deciso di leggere questo manga spinto dalla curiosità suscitatami da una delle prime puntate dell’anime e devo dire che non sono rimasto per niente dispiaciuto di averlo fatto, riscoprendo così la passione per un genere, lo shonen, che avevo ormai perso da un po’ di tempo.
La storia narra le vicende di un ragazzo di quattordici anni di nome Yusuke Urameshi che, a conti fatti, rappresenta il classico stereotipo del bullo, quantomeno all’inizio della vicenda. La sua vita, infatti, passa dal marinare la scuola a fare qualche scazzottata in giro per la città, spinto forse da una situazione famigliare che di certo non lo aiuta.
Un giorno, però, spinto da un imprevisto moto di bontà, sacrifica la sua vita per salvare un bambino che rischiava di essere investito, gettando così il mondo spirituale nel caos. Poiché la sua morte non era prevista, dopo alcune vicende e prove cui lo stesso Yusuke viene sottoposto, il ragazzo viene fatto tornare in vita ed è nominato detective del mondo spirituale. In veste di tale, suo compito sarà investigare su una serie di vicende legate a entrambi i mondi e confrontarsi con una serie di nemici e demoni sempre più forti.
Innanzitutto, si devono evidenziare due parti della serie, quella che precede la resurrezione di Yusuke e quella successiva, in quanto hanno delle tematiche e delle profondità assolutamente diverse.
La prima parte, infatti, affronta spesso temi più impegnativi e più profondi, investiga nell’animo dei vari personaggi, le loro debolezze e le loro paure, fino a mostrare il processo di superamento di esse e la maturazione dei soggetti con un’abilità che, pur rimanendo sempre legata al genere e pur inserendo spesso battute volte ad alleviare il tono del tutto, riesce a dare un senso di serietà ai primi volumi.
Nella parte seguente, invece, è come se l’autore si dimenticasse delle parti appena scritte e di quella traccia di originalità della serie, per ritornare di corsa sulla strada battuta dai suoi illustri predecessori e uniformarsi al genere shonen. Così, la trama di fondo perde buona parte del suo spessore, rimanendo comunque logica e coerente, e l’analisi introspettiva viene semplificata al massimo con toni rapidi e comportamenti eccessivi dei personaggi, comparendo solo in alcuni rari punti dell’opera in maniera più approfondita.
Proprio la caratterizzazione dei personaggi, però, è uno dei punti di forza dell’opera stessa, in quanto, sebbene parecchi seguano abbastanza le tracce del genere, in ognuno viene però inserita una traccia di originalità, una caratterizzazione extra che li rende non più modelli preimpostati, ma veri e propri personaggi a tutto tondo. Tale discorso, oltre che per il protagonista, è valido anche per i suoi compagni d’avventura, in primis Kuwabara e i demoni Hiei e Kurama, tutti caratterizzati in maniera ottima e coerente, ma anche per alcuni dei rivali meglio ideati, sebbene molti altri siano le classiche comparse messe lì solo per mettere in scena un bel combattimento e nulla più.
Una nota negativa dell’opera, invece, è il finale, se così lo si può definire. Fino al penultimo volumetto, il lettore viene sempre tenuto sulle spine, la lotta di Urameshi e compagni per la salvezza della terra mantiene sempre un tono vivo e pieno di colpi di sorpresa, specie nel rush finale della saga di Sensui. Poi, terminato il filone degli ultimi numeri dell’opera, il lettore si trova di fronte a interi capitoli che, a conti fatti, non hanno molto senso e non comunicano praticamente nulla, lasciando così un senso d’insoddisfazione nel lettore.
Da un punto di vista tecnico, i disegni sono tutto sommato buoni, talvolta è presente qualche sbavatura o alcune tavole sono un po’ superficiali, specie negli ultimi volumi, ma reggono comunque la trama narrata e rendono piacevole e scorrevole la lettura.
Tirando le somme, Yu degli spettri è certamente uno shonen degno di nota e meritevole di essere letto da qualunque amante del genere, ma potrebbe essere anche un buon punto di partenza per i neofiti del genere che, approfittando di quella prima parte di assestamento e di lontananza dal genere, potrebbe riuscire a calarsi con calma negli schemi dell’opera.
La storia narra le vicende di un ragazzo di quattordici anni di nome Yusuke Urameshi che, a conti fatti, rappresenta il classico stereotipo del bullo, quantomeno all’inizio della vicenda. La sua vita, infatti, passa dal marinare la scuola a fare qualche scazzottata in giro per la città, spinto forse da una situazione famigliare che di certo non lo aiuta.
Un giorno, però, spinto da un imprevisto moto di bontà, sacrifica la sua vita per salvare un bambino che rischiava di essere investito, gettando così il mondo spirituale nel caos. Poiché la sua morte non era prevista, dopo alcune vicende e prove cui lo stesso Yusuke viene sottoposto, il ragazzo viene fatto tornare in vita ed è nominato detective del mondo spirituale. In veste di tale, suo compito sarà investigare su una serie di vicende legate a entrambi i mondi e confrontarsi con una serie di nemici e demoni sempre più forti.
Innanzitutto, si devono evidenziare due parti della serie, quella che precede la resurrezione di Yusuke e quella successiva, in quanto hanno delle tematiche e delle profondità assolutamente diverse.
La prima parte, infatti, affronta spesso temi più impegnativi e più profondi, investiga nell’animo dei vari personaggi, le loro debolezze e le loro paure, fino a mostrare il processo di superamento di esse e la maturazione dei soggetti con un’abilità che, pur rimanendo sempre legata al genere e pur inserendo spesso battute volte ad alleviare il tono del tutto, riesce a dare un senso di serietà ai primi volumi.
Nella parte seguente, invece, è come se l’autore si dimenticasse delle parti appena scritte e di quella traccia di originalità della serie, per ritornare di corsa sulla strada battuta dai suoi illustri predecessori e uniformarsi al genere shonen. Così, la trama di fondo perde buona parte del suo spessore, rimanendo comunque logica e coerente, e l’analisi introspettiva viene semplificata al massimo con toni rapidi e comportamenti eccessivi dei personaggi, comparendo solo in alcuni rari punti dell’opera in maniera più approfondita.
Proprio la caratterizzazione dei personaggi, però, è uno dei punti di forza dell’opera stessa, in quanto, sebbene parecchi seguano abbastanza le tracce del genere, in ognuno viene però inserita una traccia di originalità, una caratterizzazione extra che li rende non più modelli preimpostati, ma veri e propri personaggi a tutto tondo. Tale discorso, oltre che per il protagonista, è valido anche per i suoi compagni d’avventura, in primis Kuwabara e i demoni Hiei e Kurama, tutti caratterizzati in maniera ottima e coerente, ma anche per alcuni dei rivali meglio ideati, sebbene molti altri siano le classiche comparse messe lì solo per mettere in scena un bel combattimento e nulla più.
Una nota negativa dell’opera, invece, è il finale, se così lo si può definire. Fino al penultimo volumetto, il lettore viene sempre tenuto sulle spine, la lotta di Urameshi e compagni per la salvezza della terra mantiene sempre un tono vivo e pieno di colpi di sorpresa, specie nel rush finale della saga di Sensui. Poi, terminato il filone degli ultimi numeri dell’opera, il lettore si trova di fronte a interi capitoli che, a conti fatti, non hanno molto senso e non comunicano praticamente nulla, lasciando così un senso d’insoddisfazione nel lettore.
Da un punto di vista tecnico, i disegni sono tutto sommato buoni, talvolta è presente qualche sbavatura o alcune tavole sono un po’ superficiali, specie negli ultimi volumi, ma reggono comunque la trama narrata e rendono piacevole e scorrevole la lettura.
Tirando le somme, Yu degli spettri è certamente uno shonen degno di nota e meritevole di essere letto da qualunque amante del genere, ma potrebbe essere anche un buon punto di partenza per i neofiti del genere che, approfittando di quella prima parte di assestamento e di lontananza dal genere, potrebbe riuscire a calarsi con calma negli schemi dell’opera.
Ricordo ancora i pomeriggi trascorsi su La7 e in seguito su Mtv dove puntata dopo puntata mi sono innamorato di Yu degli Spettri. Successivamente, con la serie manga, ho rinnovato la mia passione per Yusuke e compagni, riscontrando una somiglianza significativa tra le due versioni. Il plot è strutturato benissimo, sempre avvincente e in grado di rinnovarsi e di maturare costantemente. I personaggi sono ben tratteggiati e dotati di un umorismo spontaneo senza forzature inutili. Certo il gruppo principale è caratterizzato da alcuni cliché: c'è un protagonista esuberante ed impulsivo, la spalla comica, quello serafico e solitario e quello gentile e sensibile. Tralasciando queste dinamiche, che ricalcano la stragrande maggioranza degli shounen, Yu degli Spettri è da leggere più e più volte. In esso si mescolano ambientazioni scolastiche, mondi sovrannaturali, poteri spirituali, liaison improbabili e tanto altro ancora. Un melting pot clamorosamente ispirato ai più importanti titoli del Sol Levante, verso i quali volge uno sguardo colmo di sontuosa riverenza. Forse il limite di questo titolo è proprio questo: aver cavalcato l'onda di genere senza aver apportato qualcosa di veramente innovativo. Di per sé è un'opera quasi perfetta ma questi continui déjà vu, queste sensazioni familiari, che si posso percepire durante la lettura, non fanno altro che ridimensionarla. Con una buona dose di coraggio il maestro Togashi avrebbe potuto fare il salto di qualità tanto agognato, per poter sedere al tavolo dei più grandi del fumetto giapponese.
È sempre triste quando il (o la) protagonista di un'opera perde la vita, vero?
Ci ha accompagnato per tutta la storia, facendoci vedere la sua crescita personale, i suoi demoni interiori, il suo carattere, le sue imprese, e poi se ne va, chiudendo un'ultima volta le palpebre come cala il sipario sulla sua avventura: per aver dato tutto sé stesso nell'ultimo combattimento, o per salvare un innocente, o perché su quella tavola proprio non c'era abbastanza spazio per due, o perché...
Meglio smettere, qui non c'entra Kevin Spacey.
Succede anche a Yusuke Urameshi (and the winner is...), solo che avviene...
Nel primissimo capitolo del primo volume.
E a questo punto la domanda sorge spontanea: il resto di che parla?
Delle conseguenze del suo trapasso: prematuro, talmente prematuro che il regno dei morti lo rimanda indietro dandogli la possibilità di tornare in vita, qualora si rendesse utile e desse un'aggiustata alla sua attitudine da vero teppista.
Di vicissitudini Yusuke, guidato dalla traghettatrice di anime (nel senso di spiriti e non di cartoni) Botan, ne dovrà attraversare tante,pur di poter riabbracciare sua madre, l'amica d'infanzia/grande amore Keiko e per mollare due sventole in più al rivale/amico Kuwabara; questo lo porterà ad affrontare sfide d'ogni tipo e anche a diventare un detective del mondo spirituale.
Manga novantino del cacciatore di autrici celeberrime Yoshihiro Togashi, Yu degli Spettri, noto anche col nome originale Yu Yu Hakusho, si compone di 19 volumi (15 nella recente Perfect Edition) in cui al nostro Yusuke ne capiteranno di tutti i colori, da spiritici misteri metropolitani a tornei di arti marziali, immancabili in uno shonen di quell'epoca. Togashi scrive vicende avventurose, ironiche, epiche e drammatiche, con una notevole capacità di saper sdrammatizzare anche durante uno scontro finale ad altissima tensione ed al contempo di tirare fortissimi pugni allo stomaco del lettore, facendo vivere un ampio spettro d'emozioni a chi affronta la serie, anche per via del fatto che, come autore, è egli estremamente emozionale e personale e le opere che realizza sono fortemente influenzate, come atmosfere e tematiche, dal suo stato d'animo al momento di mettere le trame su carta.
Spesso non è difficile riconoscere le preferenze personali dell'autore all'interno di Yu degli Spettri, tra citazioni televisive e videoludiche, così come non è difficile notare la sua spiccata espressività caratteriale, che si ritrova in mille notine ironiche tra una vignetta e l'altra o persino in un paio di vignette dove l'ambientazione si sposta al mondo reale e lo si prende un po' in giro buttando giù la quarta parete (con una spada spirituale?).
Espressività e capacità di riporre su carta o tela sentimenti personali, ma anche di farne svegliare in chi osserva l'opera, sono basilari all'interno del mondo dell'arte figurativa, e a Togashi questo genere d'espressione riesce estremamente bene: il tratto "medio" è quello pulito e dettagliato stilisticamente in linea con gli anni '90 (di cui, data la nascita di questo manga nell'anno d'inizio di questa decade, verosimilmente è stato un portabandiera), ma egli non si limita a rappresentare all'interno delle vignette ciò che accade materialmente sul momento come fossero tante foto di dimensioni e forme diverse, ma riporta nel tratto anche le sensazioni dei personaggi, l'atmosfera che hanno intorno, passando dai classici, allegri super deformed a rappresentazioni dei personaggi più ruvide, con bordi più spessi e calcati, al pennello, al carboncino, nelle pagine a colori con acquerelli o pennarelli, sfondi e dettagli talvolta omessi per concentrarsi sul personaggio o su un dettaglio che materialmente, all'interno dell'azione, raccoglie tutte le attenzioni dei presenti, e per questo motivo rende superfluo il resto, riempiendo di linee d'ombreggiatura un personaggio particolarmente teso, traumatizzato o fremente di potenza, e perdendo pesantemente in dettaglio nei momenti più rilassati, magari dopo una vicenda spossante, che peraltro è anche un comodo trucco per risparmiare energie (e il mondo dell'illustrazione, di trucchetti, del genere, ne è pieno, in fondo), riuscendo comunque a rendere bene, e talvolta meglio del solito, le atmosfere e gli ambienti circostanti.
Questa gran varietà di stili e tecniche viene esaltata dalla Perfect Edition della Star Comics, dato che alcune illustrazioni e tavole, private dei colori, sarebbero private anche di parte del loro significato o della loro pura bellezza estetica.
Il buon Yoshihiro Togashi è eclettico, molto, talvolta risultando disorientante dato che due vignette adiacenti possono essere disegnate con stili completamente diversi solo per via dei personaggi rappresentati al loro interno, del loro umore e delle loro intenzioni, ma questo dimostra bene anche come egli sia decisamente portato per il lato più puramente espressivo dell'arte figurativa (genere in cui il disegno fumettistico rientra, indubbiamente).
Maggiore prova di questo risiede nelle illustrazioni a corredo dei capitoli, che possono passare da buffe caricature dei protagonisti a ritratti realistici degli stessi in un monocromatico acquerello decisamente insolito ed emozionante a vedersi in uno shonen manga.
Parlando del "coinvolgimento emotivo" dell'autore all'interno delle sue storie, il tratteggio caratteriale dei suoi personaggi è tanto semplicemente rappresentato quanto profondo, dal "ragazzaccio dal cuore d'oro" Yusuke a Kuwabara, che è ben più di una semplice spalla comica ma un autentico eroe secondario al pari degli altri due protagonisti maschili, Kurama e Hiei.
Il primo è un femmineo e aggraziato combattente floreale, tanto attraente d'aspetto, gentile ed educato, quanto deciso e calcolatore, mentre il secondo è una testa calda perennemente impegnato a fare il duro ma che spesso viene schernito dalle situazioni o dallo stesso autore, che approfittando della sua bassa statura finisce per rappresentarne solo la capigliatura in quelle campiture orizzontali che mostrano discussioni tra lui ed i più alti altri tre protagonisti, pur tratteggiandolo comunque come un personaggio ricco d'orgoglio, di senso dell'onore e non privo di sentimenti.
L'interazione tra questi quattro personaggi, Botan, Keiko, l'anziana maestra di arti marziali Genkai e Koenma, figlio del re dei demoni e responsabile della resurrezione di Yusuke nonché suo "capo", è, pur nell'assurdità e "sovrannaturalità" delle situazioni, estremamente umana, tra dialoghi schietti e naturali, scherzi stupidi, rapporti realistici e toccanti come possono essere quelli tra dei ragazzi tutti, più o meno, della stessa età, facendo affezionare il lettore facilmente a questa ristretta cricca d'amici che, in 19 numeri, ne hanno passate di tutti i colori ma sono riusciti a crescere, non solo come guerrieri o detective, non solo sviluppando tecniche segrete e sbloccando i loro potenziali nascosti, ma anche innamorandosi, definendo il loro destino di studenti e lavorativo, crescendo, insomma, come persone e non solo come personaggi.
Grande cura viene anche riposta nei due villain principali della serie e nel loro rapporto con il protagonista e i suoi compagni d'avventura: essendo molto diversi tra loro, per carattere ed ambizioni, Yusuke non si fa problemi a rispettarli o insultarli per via di compatibilità o attriti caratteriali, rendendoli decisamente vari e diversi, così come diverse nella struttura e nell'impostazione sono le saghe di cui fanno parte.
La grande componente personale che ha influenzato l'autore nella realizzazione dell'opera, però, può anche essere vista come un'arma a doppio taglio agli occhi di alcuni: per quanto io abbia trovato estremamente apprezzabile il voler usare il disegno non per rappresentare semplicemente ciò che avviene nelle varie situazioni, ma per trasmettere anche le sensazioni e le atmosfere, è anche vero che una tale incoerenza stilistica può disorientare il lettore e confonderlo, così come la saga finale del manga, dichiaratamente un'aggiunta a quello che doveva essere il finale canonico secondo l'autore, corrispondente alla chiusura della saga di Sensui, trova una risoluzione estremamente brusca proprio perché l'autore voleva porre fine a questa serializzazione anziché trascinarla (come spesso accade con altre serie).
Sia chiaro, il manga non finisce in aria: una conclusione c'è ed è l'unica possibile e giusta, ma ci si arriva con una certa irruenza. Il "viaggio" per giungere a questa conclusione è però ricco di grandi emozioni, gradevoli e sgradevoli ma sempre volute e provocate dall'autore, che ci mette faccia a faccia sia con la bellezza dell'amicizia, dell'amore e del rispetto tra rivali, sia con la crudeltà dell'uomo e l'oscurità nascosta degli animi, creando un contrasto così forte da far, però, riconoscere ancora di più il valore di certi sentimenti rispetto ad altri. In un certo senso una vera e propria esperienza spirituale, non perché il protagonista è un fantasma, ma perché si tratta di un viaggio in una gamma molto vasta di emozioni, di tematiche, di sentimenti, e persino di stili di disegno.
Ci ha accompagnato per tutta la storia, facendoci vedere la sua crescita personale, i suoi demoni interiori, il suo carattere, le sue imprese, e poi se ne va, chiudendo un'ultima volta le palpebre come cala il sipario sulla sua avventura: per aver dato tutto sé stesso nell'ultimo combattimento, o per salvare un innocente, o perché su quella tavola proprio non c'era abbastanza spazio per due, o perché...
Meglio smettere, qui non c'entra Kevin Spacey.
Succede anche a Yusuke Urameshi (and the winner is...), solo che avviene...
Nel primissimo capitolo del primo volume.
E a questo punto la domanda sorge spontanea: il resto di che parla?
Delle conseguenze del suo trapasso: prematuro, talmente prematuro che il regno dei morti lo rimanda indietro dandogli la possibilità di tornare in vita, qualora si rendesse utile e desse un'aggiustata alla sua attitudine da vero teppista.
Di vicissitudini Yusuke, guidato dalla traghettatrice di anime (nel senso di spiriti e non di cartoni) Botan, ne dovrà attraversare tante,pur di poter riabbracciare sua madre, l'amica d'infanzia/grande amore Keiko e per mollare due sventole in più al rivale/amico Kuwabara; questo lo porterà ad affrontare sfide d'ogni tipo e anche a diventare un detective del mondo spirituale.
Manga novantino del cacciatore di autrici celeberrime Yoshihiro Togashi, Yu degli Spettri, noto anche col nome originale Yu Yu Hakusho, si compone di 19 volumi (15 nella recente Perfect Edition) in cui al nostro Yusuke ne capiteranno di tutti i colori, da spiritici misteri metropolitani a tornei di arti marziali, immancabili in uno shonen di quell'epoca. Togashi scrive vicende avventurose, ironiche, epiche e drammatiche, con una notevole capacità di saper sdrammatizzare anche durante uno scontro finale ad altissima tensione ed al contempo di tirare fortissimi pugni allo stomaco del lettore, facendo vivere un ampio spettro d'emozioni a chi affronta la serie, anche per via del fatto che, come autore, è egli estremamente emozionale e personale e le opere che realizza sono fortemente influenzate, come atmosfere e tematiche, dal suo stato d'animo al momento di mettere le trame su carta.
Spesso non è difficile riconoscere le preferenze personali dell'autore all'interno di Yu degli Spettri, tra citazioni televisive e videoludiche, così come non è difficile notare la sua spiccata espressività caratteriale, che si ritrova in mille notine ironiche tra una vignetta e l'altra o persino in un paio di vignette dove l'ambientazione si sposta al mondo reale e lo si prende un po' in giro buttando giù la quarta parete (con una spada spirituale?).
Espressività e capacità di riporre su carta o tela sentimenti personali, ma anche di farne svegliare in chi osserva l'opera, sono basilari all'interno del mondo dell'arte figurativa, e a Togashi questo genere d'espressione riesce estremamente bene: il tratto "medio" è quello pulito e dettagliato stilisticamente in linea con gli anni '90 (di cui, data la nascita di questo manga nell'anno d'inizio di questa decade, verosimilmente è stato un portabandiera), ma egli non si limita a rappresentare all'interno delle vignette ciò che accade materialmente sul momento come fossero tante foto di dimensioni e forme diverse, ma riporta nel tratto anche le sensazioni dei personaggi, l'atmosfera che hanno intorno, passando dai classici, allegri super deformed a rappresentazioni dei personaggi più ruvide, con bordi più spessi e calcati, al pennello, al carboncino, nelle pagine a colori con acquerelli o pennarelli, sfondi e dettagli talvolta omessi per concentrarsi sul personaggio o su un dettaglio che materialmente, all'interno dell'azione, raccoglie tutte le attenzioni dei presenti, e per questo motivo rende superfluo il resto, riempiendo di linee d'ombreggiatura un personaggio particolarmente teso, traumatizzato o fremente di potenza, e perdendo pesantemente in dettaglio nei momenti più rilassati, magari dopo una vicenda spossante, che peraltro è anche un comodo trucco per risparmiare energie (e il mondo dell'illustrazione, di trucchetti, del genere, ne è pieno, in fondo), riuscendo comunque a rendere bene, e talvolta meglio del solito, le atmosfere e gli ambienti circostanti.
Questa gran varietà di stili e tecniche viene esaltata dalla Perfect Edition della Star Comics, dato che alcune illustrazioni e tavole, private dei colori, sarebbero private anche di parte del loro significato o della loro pura bellezza estetica.
Il buon Yoshihiro Togashi è eclettico, molto, talvolta risultando disorientante dato che due vignette adiacenti possono essere disegnate con stili completamente diversi solo per via dei personaggi rappresentati al loro interno, del loro umore e delle loro intenzioni, ma questo dimostra bene anche come egli sia decisamente portato per il lato più puramente espressivo dell'arte figurativa (genere in cui il disegno fumettistico rientra, indubbiamente).
Maggiore prova di questo risiede nelle illustrazioni a corredo dei capitoli, che possono passare da buffe caricature dei protagonisti a ritratti realistici degli stessi in un monocromatico acquerello decisamente insolito ed emozionante a vedersi in uno shonen manga.
Parlando del "coinvolgimento emotivo" dell'autore all'interno delle sue storie, il tratteggio caratteriale dei suoi personaggi è tanto semplicemente rappresentato quanto profondo, dal "ragazzaccio dal cuore d'oro" Yusuke a Kuwabara, che è ben più di una semplice spalla comica ma un autentico eroe secondario al pari degli altri due protagonisti maschili, Kurama e Hiei.
Il primo è un femmineo e aggraziato combattente floreale, tanto attraente d'aspetto, gentile ed educato, quanto deciso e calcolatore, mentre il secondo è una testa calda perennemente impegnato a fare il duro ma che spesso viene schernito dalle situazioni o dallo stesso autore, che approfittando della sua bassa statura finisce per rappresentarne solo la capigliatura in quelle campiture orizzontali che mostrano discussioni tra lui ed i più alti altri tre protagonisti, pur tratteggiandolo comunque come un personaggio ricco d'orgoglio, di senso dell'onore e non privo di sentimenti.
L'interazione tra questi quattro personaggi, Botan, Keiko, l'anziana maestra di arti marziali Genkai e Koenma, figlio del re dei demoni e responsabile della resurrezione di Yusuke nonché suo "capo", è, pur nell'assurdità e "sovrannaturalità" delle situazioni, estremamente umana, tra dialoghi schietti e naturali, scherzi stupidi, rapporti realistici e toccanti come possono essere quelli tra dei ragazzi tutti, più o meno, della stessa età, facendo affezionare il lettore facilmente a questa ristretta cricca d'amici che, in 19 numeri, ne hanno passate di tutti i colori ma sono riusciti a crescere, non solo come guerrieri o detective, non solo sviluppando tecniche segrete e sbloccando i loro potenziali nascosti, ma anche innamorandosi, definendo il loro destino di studenti e lavorativo, crescendo, insomma, come persone e non solo come personaggi.
Grande cura viene anche riposta nei due villain principali della serie e nel loro rapporto con il protagonista e i suoi compagni d'avventura: essendo molto diversi tra loro, per carattere ed ambizioni, Yusuke non si fa problemi a rispettarli o insultarli per via di compatibilità o attriti caratteriali, rendendoli decisamente vari e diversi, così come diverse nella struttura e nell'impostazione sono le saghe di cui fanno parte.
La grande componente personale che ha influenzato l'autore nella realizzazione dell'opera, però, può anche essere vista come un'arma a doppio taglio agli occhi di alcuni: per quanto io abbia trovato estremamente apprezzabile il voler usare il disegno non per rappresentare semplicemente ciò che avviene nelle varie situazioni, ma per trasmettere anche le sensazioni e le atmosfere, è anche vero che una tale incoerenza stilistica può disorientare il lettore e confonderlo, così come la saga finale del manga, dichiaratamente un'aggiunta a quello che doveva essere il finale canonico secondo l'autore, corrispondente alla chiusura della saga di Sensui, trova una risoluzione estremamente brusca proprio perché l'autore voleva porre fine a questa serializzazione anziché trascinarla (come spesso accade con altre serie).
Sia chiaro, il manga non finisce in aria: una conclusione c'è ed è l'unica possibile e giusta, ma ci si arriva con una certa irruenza. Il "viaggio" per giungere a questa conclusione è però ricco di grandi emozioni, gradevoli e sgradevoli ma sempre volute e provocate dall'autore, che ci mette faccia a faccia sia con la bellezza dell'amicizia, dell'amore e del rispetto tra rivali, sia con la crudeltà dell'uomo e l'oscurità nascosta degli animi, creando un contrasto così forte da far, però, riconoscere ancora di più il valore di certi sentimenti rispetto ad altri. In un certo senso una vera e propria esperienza spirituale, non perché il protagonista è un fantasma, ma perché si tratta di un viaggio in una gamma molto vasta di emozioni, di tematiche, di sentimenti, e persino di stili di disegno.
Quello che in Italia conosciamo come Yu degli Spettri nasce dall'estro di Yoshihiro Togashi, un autore estremamente metodico ma anche molto criticato, e riconosciuto da molti per la propria sedentarietà e le lunghe pause. In quella che può certamente definirsi la prima opera di rilievo (le altre prodotte fino a quel momento sono autoconclusive), la sua diversità viene subito messa in risalto, con la scelta di far morire il proprio protagonista.
Malgrado avremo modo di ammirare le sue vere potenzialità qualche anno più tardi con Hunter x Hunter, si rivela un'opera, per il periodo in cui è stata serializzata, molto profonda e ricca di divertimento.
E a differenza di quest'ultima vanta una narrazione più scorrevole, che la rende innegabilmente più consona ad un pubblico ampio, composto anche dal cosiddetto "lettore medio", nonostante sia altresì cruento come il suddetto.
Hunter x Hunter, pur essendo qualitativamente superiore, non disdegna della presenza di situazioni pesanti e verbose, le quali per molti possono costituire un limite, in quanto implicano una notevole attenzione, e chiaramente un lettore abituato all'azione si può facilmente annoiare.
Da qui il motivo della mia esternazione.
A mio avviso ogni qualsivoglia paragone con opere prodotte in un periodo differente risulta immediatamente forzato, poiché in seguito ne sono state pubblicate di più complete e variegate. Nel 1990 (periodo in cui è stato percepito) dominava l'intero panorama Dragon Ball che, tralasciando il discorso riguardante i meriti i quali gli vanno riconosciuti, gode di estrema sopravvalutazione, visto che con il passare del tempo si snatura e diviene uno shonen abbastanza piatto, dove i temi trattati sono sempre gli stessi. Se il manga di Toriyama è il precursore del genere, in Yu Yu cominciamo a vedere una maggiore enfatizzazione e complessità dei poteri corredati (esempio eclatante quello dei territori, che verrà poi, senza successo, ripreso in Bleach).
Inoltre gli scontri racchiudono un giusto mix, dove viene data rilevanza sia alla loro spettacolarità che al proprio aspetto tattico, che comunque nel già citato Hunter x Hunter risalterà maggiormente e si affermerà come una delle caratteristiche peculiari.
Da menzionare il fatto che in essi, l'autore definisca fortemente i progressi dei propri PG, attraverso scelte che il lettore non può prevedere, in quanto non ne viene dato segnale. Peraltro, sanno variare molto dai contesti proposti e non risultano mai uguali o ripetitivi.
Per raccontarli è spesso ricorso alla tattica del narratore onnisciente.
Tutte queste caratteristiche hanno contribuito a farmi apprezzare l'operato di Togashi: reo di aver prodotto un manga che spicca anche per la varietà delle tematiche trattate, alcune delle quali ancora molto contemporanee (bullismo, suicidio giovanile). Senza contare che la componente fantascientifica, che gli scontri comportano, può imporre delle forzature; a maggior ragione perché l'ambientazione fantasy (che poteva sicuramente essere approfondita di più), per buona parte della storia è assente.
Presumo che anche questo abbia spinto qualche anno più tardi Togashi alla realizzazione di un'opera interamente fantasy, perché nonostante in termini di vendite e popolarità (da Yu Yu sono stati ricavati due film e innumerevoli videogiochi, senza contare il posto di rilievo riservato in quello prodotto per i 45 anni del Jump) sia stato ripagato degli sforzi, non è stato pienamente compreso, malgrado tutte le citazioni all'epoca in cui la storia si svolge e l'inserimento dei suoi pensieri all'interno, che la rendono senza dubbio densa.
In quest'opera vi è anche un'innegabile centralità del protagonista, che ha comunque permesso all'autore di delineare bene psicologicamente il carattere dei suoi co-protagonisti, attraverso delle grandi storie di crescita interiore.
Oltre a disporre di uno spiccato realismo, si può tranquillamente dire che si completino a vicenda; Kuwabara è il classico tipo che alla lunga emerge grazie alla propria perseveranza, Kurama è una persona calma e riflessiva ma che in momenti d'ira diventa vulnerabile, Hiei (da cui Kishimoto si è ispirato per il design di Sasuke) compie un'evoluzione incredibile e allo stesso tempo coerente caratterizzata dal dolore ed il tormento, ma mantenendo il fascino che da sempre lo rappresenta. In più Togashi si è saputo mettere alla prova in un campo che in Hunter x Hunter non avremo modo di esplorare per l'analisi di essi, il flashback.
Menzione d'onore per gli antagonisti, i quali vantano storie profonde alle spalle e delle personalità eterogenee supportate da una forte caratterizzazione introspettiva (specie Toguro), che li rendono davvero credibili.
Lungo il percorso incrocerete anche numerose autorità scarsamente approfondite ma comunque distinguibili sul piano del design, le quali occuperanno un determinato ruolo per poco tempo all'interno della narrazione, adattandosi ad un ruolo di transizione meramente dettato dalle scelte intraprese da parte del proprio creatore. Un lettore di battle shonen abbastanza navigato avrà sicuramente preso confidenza con queste personalità secondarie, che negli anni si sono alternate in svariate opere del genere.
Nella versione cartacea poi affiora notevolmente che Togashi non si affida agli assistenti per la realizzazione delle tavole ma, nonostante questo, riesce a caratterizzare i personaggi mediante dei primi piani stilisticamente impressionanti, i quali riescono a esprimere alla perfezione ciò che egli mira a descrivere.
Questi personaggi nel bene e nel male contribuiscono alla crescita del protagonista, che per quanto stereotipato risulta comunque essere una figura approfondita e dotata di grande carisma.
Altrettanto vero che non è esente da difetti, eclatante a mio avviso la mancanza di un personaggio femminile di spicco; qualcuno probabilmente potrebbe controbattere affermando che è un problema comune per la maggior parte degli shonen (Naruto e Dragon Ball costituiscono due esempi tangibili, tuttavia nel primo caso Kishimoto ha maggiori responsabilità, poiché Sakura non è vincolata come Bulma ed è in grado di prendere parte alle battaglie) ma a mio avviso non è da sottovalutare il fatto che Togashi non si sia impegnato molto sulla caratterizzazione di Keiko, la quale incarna perfettamente lo stereotipo della donna giapponese, e tende ad essere relegata spesso a ruoli di secondo piano. Tutto ciò ovviamente a favore del protagonista.
Sotto quest'ottica, Genkai già è più presente, ma il suo compito nella storia è totalmente differente ed all'interno di essa non avviene alcuna crescita.
La causa penso vada ricercata nel peso che Dragon Ball ha avuto sulle scelte dell'autore.
Inoltre i più attenti si saranno certamente accorti del cambio di stile che avviene; nella fase iniziale Yu Yu, nonostante un impianto narrativo alquanto sconclusionato, si pone come un gag manga. Ecco, penso che altri due difetti siano quelli che possono definirsi le estremità dell'iceberg, ovvero l'inizio e la fine.
Non mi piace criticare a caso solo per non aver visto contrapposti i miei personaggi preferiti, tuttavia preservo e preserverò sempre il dubbio su come sarebbe potuto essere l'arco narrativo finale, che a mio avviso, proprio a causa della bravura dell'autore nel definire i suoi personaggi e creare così tanti misteri, aveva immense potenzialità. Tuttavia fino a prima dell'inizio del torneo la saga era stata gestita bene, con molti legami approfonditi ed un significativo passaggio di consegne fra padre e figlio in un tripudio di omaggi alla razza umana, argomento ricorrente e che offre spesso spunti di riflessione.
Risulta palese come Togashi lavori meglio con la trama a disposizione, pertanto questo cambiamento sollecitato dalle influenze dell'epoca contribuisce ad innalzare qualitativamente il prodotto.
Ovviamente sono facilmente riscontrabili le tipiche componenti adottate dagli autori per rendere la propria opera conforme alla rivista: costanza, amicizia, e, in seguito, vittoria.
Sostanzialmente, ho cercato di descrivervi Yu Yu Hakusho sotto un'altra prospettiva, e spiegando perché alcuni paragoni che vengono fatti giornalmente sono sbagliati. Soprattutto non bisogna iniziarla con l'intento di trovarsi davanti ad un emulo di Hunter x Hunter.
Stiamo parlando di un'opera che forse è stata inconsciamente usata come trampolino di lancio dallo stesso creatore, visto che alcuni elementi vengono ripresi ed ampliati in seguito (dalle dinamiche di narrazione al Nen, organizzato in maniera dettagliata e che permette ad egli di svariare in un campo ricco di possibilità), ma che ha esercitato un'enorme influenza e che ancora oggi viene ricordata come una pietra miliare nella storia della rivista su cui è stata pubblicata. Capace magnificamente di alternare più situazioni, intrattenere e rinnovarsi in positivo.
Malgrado avremo modo di ammirare le sue vere potenzialità qualche anno più tardi con Hunter x Hunter, si rivela un'opera, per il periodo in cui è stata serializzata, molto profonda e ricca di divertimento.
E a differenza di quest'ultima vanta una narrazione più scorrevole, che la rende innegabilmente più consona ad un pubblico ampio, composto anche dal cosiddetto "lettore medio", nonostante sia altresì cruento come il suddetto.
Hunter x Hunter, pur essendo qualitativamente superiore, non disdegna della presenza di situazioni pesanti e verbose, le quali per molti possono costituire un limite, in quanto implicano una notevole attenzione, e chiaramente un lettore abituato all'azione si può facilmente annoiare.
Da qui il motivo della mia esternazione.
A mio avviso ogni qualsivoglia paragone con opere prodotte in un periodo differente risulta immediatamente forzato, poiché in seguito ne sono state pubblicate di più complete e variegate. Nel 1990 (periodo in cui è stato percepito) dominava l'intero panorama Dragon Ball che, tralasciando il discorso riguardante i meriti i quali gli vanno riconosciuti, gode di estrema sopravvalutazione, visto che con il passare del tempo si snatura e diviene uno shonen abbastanza piatto, dove i temi trattati sono sempre gli stessi. Se il manga di Toriyama è il precursore del genere, in Yu Yu cominciamo a vedere una maggiore enfatizzazione e complessità dei poteri corredati (esempio eclatante quello dei territori, che verrà poi, senza successo, ripreso in Bleach).
Inoltre gli scontri racchiudono un giusto mix, dove viene data rilevanza sia alla loro spettacolarità che al proprio aspetto tattico, che comunque nel già citato Hunter x Hunter risalterà maggiormente e si affermerà come una delle caratteristiche peculiari.
Da menzionare il fatto che in essi, l'autore definisca fortemente i progressi dei propri PG, attraverso scelte che il lettore non può prevedere, in quanto non ne viene dato segnale. Peraltro, sanno variare molto dai contesti proposti e non risultano mai uguali o ripetitivi.
Per raccontarli è spesso ricorso alla tattica del narratore onnisciente.
Tutte queste caratteristiche hanno contribuito a farmi apprezzare l'operato di Togashi: reo di aver prodotto un manga che spicca anche per la varietà delle tematiche trattate, alcune delle quali ancora molto contemporanee (bullismo, suicidio giovanile). Senza contare che la componente fantascientifica, che gli scontri comportano, può imporre delle forzature; a maggior ragione perché l'ambientazione fantasy (che poteva sicuramente essere approfondita di più), per buona parte della storia è assente.
Presumo che anche questo abbia spinto qualche anno più tardi Togashi alla realizzazione di un'opera interamente fantasy, perché nonostante in termini di vendite e popolarità (da Yu Yu sono stati ricavati due film e innumerevoli videogiochi, senza contare il posto di rilievo riservato in quello prodotto per i 45 anni del Jump) sia stato ripagato degli sforzi, non è stato pienamente compreso, malgrado tutte le citazioni all'epoca in cui la storia si svolge e l'inserimento dei suoi pensieri all'interno, che la rendono senza dubbio densa.
In quest'opera vi è anche un'innegabile centralità del protagonista, che ha comunque permesso all'autore di delineare bene psicologicamente il carattere dei suoi co-protagonisti, attraverso delle grandi storie di crescita interiore.
Oltre a disporre di uno spiccato realismo, si può tranquillamente dire che si completino a vicenda; Kuwabara è il classico tipo che alla lunga emerge grazie alla propria perseveranza, Kurama è una persona calma e riflessiva ma che in momenti d'ira diventa vulnerabile, Hiei (da cui Kishimoto si è ispirato per il design di Sasuke) compie un'evoluzione incredibile e allo stesso tempo coerente caratterizzata dal dolore ed il tormento, ma mantenendo il fascino che da sempre lo rappresenta. In più Togashi si è saputo mettere alla prova in un campo che in Hunter x Hunter non avremo modo di esplorare per l'analisi di essi, il flashback.
Menzione d'onore per gli antagonisti, i quali vantano storie profonde alle spalle e delle personalità eterogenee supportate da una forte caratterizzazione introspettiva (specie Toguro), che li rendono davvero credibili.
Lungo il percorso incrocerete anche numerose autorità scarsamente approfondite ma comunque distinguibili sul piano del design, le quali occuperanno un determinato ruolo per poco tempo all'interno della narrazione, adattandosi ad un ruolo di transizione meramente dettato dalle scelte intraprese da parte del proprio creatore. Un lettore di battle shonen abbastanza navigato avrà sicuramente preso confidenza con queste personalità secondarie, che negli anni si sono alternate in svariate opere del genere.
Nella versione cartacea poi affiora notevolmente che Togashi non si affida agli assistenti per la realizzazione delle tavole ma, nonostante questo, riesce a caratterizzare i personaggi mediante dei primi piani stilisticamente impressionanti, i quali riescono a esprimere alla perfezione ciò che egli mira a descrivere.
Questi personaggi nel bene e nel male contribuiscono alla crescita del protagonista, che per quanto stereotipato risulta comunque essere una figura approfondita e dotata di grande carisma.
Altrettanto vero che non è esente da difetti, eclatante a mio avviso la mancanza di un personaggio femminile di spicco; qualcuno probabilmente potrebbe controbattere affermando che è un problema comune per la maggior parte degli shonen (Naruto e Dragon Ball costituiscono due esempi tangibili, tuttavia nel primo caso Kishimoto ha maggiori responsabilità, poiché Sakura non è vincolata come Bulma ed è in grado di prendere parte alle battaglie) ma a mio avviso non è da sottovalutare il fatto che Togashi non si sia impegnato molto sulla caratterizzazione di Keiko, la quale incarna perfettamente lo stereotipo della donna giapponese, e tende ad essere relegata spesso a ruoli di secondo piano. Tutto ciò ovviamente a favore del protagonista.
Sotto quest'ottica, Genkai già è più presente, ma il suo compito nella storia è totalmente differente ed all'interno di essa non avviene alcuna crescita.
La causa penso vada ricercata nel peso che Dragon Ball ha avuto sulle scelte dell'autore.
Inoltre i più attenti si saranno certamente accorti del cambio di stile che avviene; nella fase iniziale Yu Yu, nonostante un impianto narrativo alquanto sconclusionato, si pone come un gag manga. Ecco, penso che altri due difetti siano quelli che possono definirsi le estremità dell'iceberg, ovvero l'inizio e la fine.
Non mi piace criticare a caso solo per non aver visto contrapposti i miei personaggi preferiti, tuttavia preservo e preserverò sempre il dubbio su come sarebbe potuto essere l'arco narrativo finale, che a mio avviso, proprio a causa della bravura dell'autore nel definire i suoi personaggi e creare così tanti misteri, aveva immense potenzialità. Tuttavia fino a prima dell'inizio del torneo la saga era stata gestita bene, con molti legami approfonditi ed un significativo passaggio di consegne fra padre e figlio in un tripudio di omaggi alla razza umana, argomento ricorrente e che offre spesso spunti di riflessione.
Risulta palese come Togashi lavori meglio con la trama a disposizione, pertanto questo cambiamento sollecitato dalle influenze dell'epoca contribuisce ad innalzare qualitativamente il prodotto.
Ovviamente sono facilmente riscontrabili le tipiche componenti adottate dagli autori per rendere la propria opera conforme alla rivista: costanza, amicizia, e, in seguito, vittoria.
Sostanzialmente, ho cercato di descrivervi Yu Yu Hakusho sotto un'altra prospettiva, e spiegando perché alcuni paragoni che vengono fatti giornalmente sono sbagliati. Soprattutto non bisogna iniziarla con l'intento di trovarsi davanti ad un emulo di Hunter x Hunter.
Stiamo parlando di un'opera che forse è stata inconsciamente usata come trampolino di lancio dallo stesso creatore, visto che alcuni elementi vengono ripresi ed ampliati in seguito (dalle dinamiche di narrazione al Nen, organizzato in maniera dettagliata e che permette ad egli di svariare in un campo ricco di possibilità), ma che ha esercitato un'enorme influenza e che ancora oggi viene ricordata come una pietra miliare nella storia della rivista su cui è stata pubblicata. Capace magnificamente di alternare più situazioni, intrattenere e rinnovarsi in positivo.
Yu Yu Hakusho è nato negli anni 90 dalla matita di Yoshiro Togashi, mangaka noto per la sua pigrizia e per le sue lunghe pause. Credo che in molti non saranno d'accordo con la mia recensione, ma reputo Yu degli Spettri un manga davvero molto sopravvalutato. Da come se ne parla in giro o dando un'occhiata su internet mi aspettavo uno shonen di ottima fattura, e invece mi sono ritrovato per le mani un manga banale, soprattutto se facciamo un paragone con gli shonen di quel tempo.
Urameshi Yusuke è il classico giovincello teppista: fuma, beve, gioca a pachinko, se ne frega del sistema scolastico saltando le lezioni e partecipa alle risse, ma un giorno decide di salvare un bambino che stava per essere investito da una macchina morendo al suo posto, ingerenza che però non era stata prevista nel mondo dei morti. Quindi Koenma, figlio del re degli Inferi, gli promette di riportarlo in vita solo se accetta di diventare il detective del mondo degli spiriti, il cui compito è quello di intervenire nel caso ci siano delle forze oscure che interferiscono col mondo degli umani. Insieme all'inutile traghettatrice di anime Botan, al suo amico-rivale Kuwabara, allo spirito volpe Kurama e al demone Hiei vivrà avventure e incarichi fuori dall'ordinario.
Fino a qui nulla di straordinario, un incipit davvero molto semplice, però l'inizio è davvero una tortura. I primi due/tre volumi sono tutti episodi autoconclusivi che non servono assolutamente a nulla, con - se possiamo definirle tali - gag per nulla divertenti, dove forse si voleva far capire che in fondo Yusuke non è proprio un personaggio malvagio.
Dopodiché inizia il peggio del peggio, e si può riassumere così perché c'è veramente poco da dire: il resto dei volumi sarà tutto tornei e battaglie date da motivazioni pressoché infantili e di una mediocrità allucinante, dettate da un eccessivo buonismo che fa venire il mal di stomaco, per non parlare di un finale talmente veloce e raffazzonato da farlo sembrare inconcludente.
Disegni: Il punto debole di tutta l'opera. Il tratto si mostra scialbo e svogliato, si vede proprio che Togashi non vuole disegnare. Non calca, sfondi vuoti se non qualche linea per farne sentire la presenza, e un gioco di bianco e nero veramente brutto e inusuale. Non capisco proprio come lo si possa definire un bel disegno se risulta incompleto. Poteva fare sicuramente di più, ma la voglia, a quanto pare, è una brutta bestia per lui.
Personaggi: Qui si salva solo il quartetto. Yusuke a mio parere rimane indefinito (prima "malvagio", poi buono) e si mostra con una vena scherzosa giusto per caratterizzarlo un po'; alla fine si fa piacere, ma non troppo. Kuwabara è il classico amico-rivale e povero sfortunato di turno che subisce, ma che dimostra sempre il suo valore. Kurama, anche lui classico ragazzo che usa la testa e che mantiene il sangue freddo, si mostra buono fin dalle prime battute nonostante la sua natura. Hiei, invece, viene all'inizio rappresentato come il solito cattivo che usa mezzucci da due soldi per poi trasformarsi in un presuntuoso lupo solitario (nel suo caso è patetico perché il tutto avviene nel giro di poche pagine). Quelli che non si salvano sono gli antagonisti, che sono pessimi sotto ogni punto di vista, sia psicologico che di ideali, e che caratterialmente sono spessi come un foglio di carta, fate voi. I fratelli Toguro e Shinobu ne sono un esempio lampante di come non si dovrebbe essere ritenuti "malvagi".
Insomma, da quanto ho descritto si potrebbe ritenere il classico shonen, ma alcune direzioni che l'autore ha preso proprio non mi sono andate giù. I tornei, che sono l'anima di questo manga, sono poco appassionanti e non ti coinvolgono per niente, prevedibili e scontati, con power up alcuni interessanti e altri no, in generale poco studiati e messi perché ci dovevano andare. Gli sfidanti dei nostri eroi sono penosi e messi così tanto per far raggiungere il loro scopo, senza uno straccio di introspezione, e per quelli che ce l'hanno è scandalosa.
In conclusione, questo shonen mira probabilmente ad un target veramente molto basso viste le aspettative che mi ero prefissato e che ovviamente non sono state soddisfatte. Sicuramente c'è di meglio, ma chi vuole leggerlo sappia che andrà incontro a tematiche viste non so quante volte e rese addirittura male; in altre parole un peccato.
Urameshi Yusuke è il classico giovincello teppista: fuma, beve, gioca a pachinko, se ne frega del sistema scolastico saltando le lezioni e partecipa alle risse, ma un giorno decide di salvare un bambino che stava per essere investito da una macchina morendo al suo posto, ingerenza che però non era stata prevista nel mondo dei morti. Quindi Koenma, figlio del re degli Inferi, gli promette di riportarlo in vita solo se accetta di diventare il detective del mondo degli spiriti, il cui compito è quello di intervenire nel caso ci siano delle forze oscure che interferiscono col mondo degli umani. Insieme all'inutile traghettatrice di anime Botan, al suo amico-rivale Kuwabara, allo spirito volpe Kurama e al demone Hiei vivrà avventure e incarichi fuori dall'ordinario.
Fino a qui nulla di straordinario, un incipit davvero molto semplice, però l'inizio è davvero una tortura. I primi due/tre volumi sono tutti episodi autoconclusivi che non servono assolutamente a nulla, con - se possiamo definirle tali - gag per nulla divertenti, dove forse si voleva far capire che in fondo Yusuke non è proprio un personaggio malvagio.
Dopodiché inizia il peggio del peggio, e si può riassumere così perché c'è veramente poco da dire: il resto dei volumi sarà tutto tornei e battaglie date da motivazioni pressoché infantili e di una mediocrità allucinante, dettate da un eccessivo buonismo che fa venire il mal di stomaco, per non parlare di un finale talmente veloce e raffazzonato da farlo sembrare inconcludente.
Disegni: Il punto debole di tutta l'opera. Il tratto si mostra scialbo e svogliato, si vede proprio che Togashi non vuole disegnare. Non calca, sfondi vuoti se non qualche linea per farne sentire la presenza, e un gioco di bianco e nero veramente brutto e inusuale. Non capisco proprio come lo si possa definire un bel disegno se risulta incompleto. Poteva fare sicuramente di più, ma la voglia, a quanto pare, è una brutta bestia per lui.
Personaggi: Qui si salva solo il quartetto. Yusuke a mio parere rimane indefinito (prima "malvagio", poi buono) e si mostra con una vena scherzosa giusto per caratterizzarlo un po'; alla fine si fa piacere, ma non troppo. Kuwabara è il classico amico-rivale e povero sfortunato di turno che subisce, ma che dimostra sempre il suo valore. Kurama, anche lui classico ragazzo che usa la testa e che mantiene il sangue freddo, si mostra buono fin dalle prime battute nonostante la sua natura. Hiei, invece, viene all'inizio rappresentato come il solito cattivo che usa mezzucci da due soldi per poi trasformarsi in un presuntuoso lupo solitario (nel suo caso è patetico perché il tutto avviene nel giro di poche pagine). Quelli che non si salvano sono gli antagonisti, che sono pessimi sotto ogni punto di vista, sia psicologico che di ideali, e che caratterialmente sono spessi come un foglio di carta, fate voi. I fratelli Toguro e Shinobu ne sono un esempio lampante di come non si dovrebbe essere ritenuti "malvagi".
Insomma, da quanto ho descritto si potrebbe ritenere il classico shonen, ma alcune direzioni che l'autore ha preso proprio non mi sono andate giù. I tornei, che sono l'anima di questo manga, sono poco appassionanti e non ti coinvolgono per niente, prevedibili e scontati, con power up alcuni interessanti e altri no, in generale poco studiati e messi perché ci dovevano andare. Gli sfidanti dei nostri eroi sono penosi e messi così tanto per far raggiungere il loro scopo, senza uno straccio di introspezione, e per quelli che ce l'hanno è scandalosa.
In conclusione, questo shonen mira probabilmente ad un target veramente molto basso viste le aspettative che mi ero prefissato e che ovviamente non sono state soddisfatte. Sicuramente c'è di meglio, ma chi vuole leggerlo sappia che andrà incontro a tematiche viste non so quante volte e rese addirittura male; in altre parole un peccato.
So che non sono in molti a pensarla come me su Yu degli Spettri di Yoshihiro Togashi. Ritengo infatti quest'opera molto sopravvalutata. Non certo un brutto manga, ma non ai livelli che ci si potrebbe aspettare da qualcosa di così elogiato.
Andiamo con ordine: Yusuke Urameshi è uno studente delle superiori noto per essere un poco di buono. Tuttavia, quando vedrà un bambino rischiare di essere investito da un'auto, non esiterà a dare la sua vita per salvarlo. Nascono così una serie di eventi che porteranno Yusuke a diventare l'Ispettore del mondo degli Spiriti.
L'entusiasmo che avevo provato leggendo l'introduzione di Yu yu è stato smorzato già verso la fine del primo volume. Si capiva da subito che il mondo in cui era ambientato, pur essendo quello "reale", aveva qualcosa di strambo e anormale. Ma quando una madre, scoprendo che il proprio figlio è ancora vivo, non pensa a cosa stia succedendo e non si degna neppure di chiamare un dottore si sfiora l'assurdo: anche se è una necessità per portare avanti adeguatamente la stesura, Togashi avrebbe potuto risolvere la faccenda in modo che non apparisse così poco credibile.
Poi, dopo una serie di buone trovate, Togashi decide di affiancare a Yusuke tre compagni: Kuwabara, Kurama e Hiei. Perfettamente caratterizzati, certo, ma uno dei quali subisce un repentino cambio di carattere per permettere all'autore di ottenere dei buoni comprimari senza sforzarsi troppo. Dopodiché la combriccola inizia a dare la caccia ai demoni che attaccano gli uomini, spostandosi da un luogo all'altro della terra senza nessuna spiegazione logica. Questa cosa si potrebbe tollerare in un manga sviluppato in un mondo fantastico, ma per un'opera ambientata nel mondo reale non è assolutamente accettabile, tanto più se non si dà nessuna spiegazione geografica decente.
Parliamo ora dei combattimenti. Certamente niente male, ma fin troppo elogiati a mio parere. Niente in confronto a Jojo, risalente a quegli stessi anni, o Hunter x Hunter, del medesimo autore (nonché un'opera decisamente migliore). Power up troppo casuali, per come la vedo io, che ne abbassano il livello complessivo e non li differenziano in alcun modo dai combattimenti shonen classici.
Un altro grande difetto di Yu degli Spettri, forse il più grande, è l'eccessiva ispirazione presa da Dragon Ball. Certo, sotto molti aspetti Togashi è migliore di Toriyama (soprattutto per quanto riguarda le caratterizzazioni), ma i punti in comune tra le due opere sono decisamente troppi: i tornei di arti marziali, il mondo degli spiriti (organizzato in modo molto simile), e molti altri, di cui potrete rendervi conto se deciderete di leggerlo. E questa non è certamente solo un'impressione dei lettori: basti pensare che quando Yusuke si reca per la prima volta nell'aldilà si immagina che il re degli spiriti proprio identico a quello di Dragon Ball. Ovviamente questa è una citazione, ma ci dà la conferma del forte effetto che Toriyama ha esercitato sull'autore.
Come ho già accennato, però, non si può non elogiare Yoshihiro Togashi per il modo in cui caratterizza i suoi personaggi. Da Yusuke, a Kuwabara, Kurama, Hiei, Keiko e molti altri: tutti con un animo ben delineato e relazioni interpersonali create e curate con molta cura. Probabilmente uno dei maggiori motivi per cui, nonostante i molti difetti, ne consiglierei la lettura.
Insomma, non metto in dubbio che Yu yu Hakusho sia un ottimo shonen, ma uno shonen nel vero senso della parola, ovvero un manga adatto a un pubblico molto giovane o inesperto in fatto di fumetti. Non abbastanza per accontentare dei lettori già navigati o con aspettative più alte. Nel complesso è comunque più che sufficiente, consigliato soprattutto come preludio a Hunter x Hunter, con il quale Togashi rasenterà la perfezione.
Andiamo con ordine: Yusuke Urameshi è uno studente delle superiori noto per essere un poco di buono. Tuttavia, quando vedrà un bambino rischiare di essere investito da un'auto, non esiterà a dare la sua vita per salvarlo. Nascono così una serie di eventi che porteranno Yusuke a diventare l'Ispettore del mondo degli Spiriti.
L'entusiasmo che avevo provato leggendo l'introduzione di Yu yu è stato smorzato già verso la fine del primo volume. Si capiva da subito che il mondo in cui era ambientato, pur essendo quello "reale", aveva qualcosa di strambo e anormale. Ma quando una madre, scoprendo che il proprio figlio è ancora vivo, non pensa a cosa stia succedendo e non si degna neppure di chiamare un dottore si sfiora l'assurdo: anche se è una necessità per portare avanti adeguatamente la stesura, Togashi avrebbe potuto risolvere la faccenda in modo che non apparisse così poco credibile.
Poi, dopo una serie di buone trovate, Togashi decide di affiancare a Yusuke tre compagni: Kuwabara, Kurama e Hiei. Perfettamente caratterizzati, certo, ma uno dei quali subisce un repentino cambio di carattere per permettere all'autore di ottenere dei buoni comprimari senza sforzarsi troppo. Dopodiché la combriccola inizia a dare la caccia ai demoni che attaccano gli uomini, spostandosi da un luogo all'altro della terra senza nessuna spiegazione logica. Questa cosa si potrebbe tollerare in un manga sviluppato in un mondo fantastico, ma per un'opera ambientata nel mondo reale non è assolutamente accettabile, tanto più se non si dà nessuna spiegazione geografica decente.
Parliamo ora dei combattimenti. Certamente niente male, ma fin troppo elogiati a mio parere. Niente in confronto a Jojo, risalente a quegli stessi anni, o Hunter x Hunter, del medesimo autore (nonché un'opera decisamente migliore). Power up troppo casuali, per come la vedo io, che ne abbassano il livello complessivo e non li differenziano in alcun modo dai combattimenti shonen classici.
Un altro grande difetto di Yu degli Spettri, forse il più grande, è l'eccessiva ispirazione presa da Dragon Ball. Certo, sotto molti aspetti Togashi è migliore di Toriyama (soprattutto per quanto riguarda le caratterizzazioni), ma i punti in comune tra le due opere sono decisamente troppi: i tornei di arti marziali, il mondo degli spiriti (organizzato in modo molto simile), e molti altri, di cui potrete rendervi conto se deciderete di leggerlo. E questa non è certamente solo un'impressione dei lettori: basti pensare che quando Yusuke si reca per la prima volta nell'aldilà si immagina che il re degli spiriti proprio identico a quello di Dragon Ball. Ovviamente questa è una citazione, ma ci dà la conferma del forte effetto che Toriyama ha esercitato sull'autore.
Come ho già accennato, però, non si può non elogiare Yoshihiro Togashi per il modo in cui caratterizza i suoi personaggi. Da Yusuke, a Kuwabara, Kurama, Hiei, Keiko e molti altri: tutti con un animo ben delineato e relazioni interpersonali create e curate con molta cura. Probabilmente uno dei maggiori motivi per cui, nonostante i molti difetti, ne consiglierei la lettura.
Insomma, non metto in dubbio che Yu yu Hakusho sia un ottimo shonen, ma uno shonen nel vero senso della parola, ovvero un manga adatto a un pubblico molto giovane o inesperto in fatto di fumetti. Non abbastanza per accontentare dei lettori già navigati o con aspettative più alte. Nel complesso è comunque più che sufficiente, consigliato soprattutto come preludio a Hunter x Hunter, con il quale Togashi rasenterà la perfezione.
Prima, dopo o durante Hunter x Hunter Yu degli spettri va letto!
Seguire le esibizioni d'arti marziali di Yusuke, Kurama, Kuwabara e Hiei è un indiscutibile piacere. Le situazioni sono sorprendenti, gli escamotage indimenticabili, l'ironia di qualità, gli spettri dietro l'angolo.
Nell'arte di Togashi non ci sono difetti. Bisogna soltanto amarlo e sperare che lavori il più possibile.
Le sue opere - come tutte le grandi opere - sono attraversabili in più sensi e molteplici direzioni.
Un merito di Yu degli spettri è quello di aprire al fan un divertente gioco delle corrispondenze. I 4 protagonisti di questo manga corrispondono così ai 4 di Hunter x Hunter: Kurama - Kurapika; Hiei - Killua; Kuwabara - Leorio; Gon - Yusuke. Provare per credere.
Come in Dragonball ci sono i tornei di arti marziali e nemici sempre più forti, ma a differenza del primo l'esito degli incontri è molto meno prevedibile. Yusuke non è Goku - è molto più capriccioso e possiede più profondità - e Togashi è molto abile nello spiazzare il lettore.
Un'opera bellissima che rimarrà per sempre una pietra miliare del genere, viste le sue influenze (vedi il Sasuke di Naruto, spudoratamente ispirato a Hiei).
Il fan di Hunter x Hunter non deve assolutamente perdere. Vi troverà - una su tutte - le solide basi del Nen.
Ottimo.
Ps.
È d'obbligo spendere due parole sull'inizio del fumetto (i primi 6 numeri circa) e il finale del numero 19. Se l'opera era perfettibile nelle battute iniziali perché la trama poteva carburare molto più velocemente, il finale è invece bellissimo e va a caratterizzare lo stile di Togashi.
Continui così, maestro.
Seguire le esibizioni d'arti marziali di Yusuke, Kurama, Kuwabara e Hiei è un indiscutibile piacere. Le situazioni sono sorprendenti, gli escamotage indimenticabili, l'ironia di qualità, gli spettri dietro l'angolo.
Nell'arte di Togashi non ci sono difetti. Bisogna soltanto amarlo e sperare che lavori il più possibile.
Le sue opere - come tutte le grandi opere - sono attraversabili in più sensi e molteplici direzioni.
Un merito di Yu degli spettri è quello di aprire al fan un divertente gioco delle corrispondenze. I 4 protagonisti di questo manga corrispondono così ai 4 di Hunter x Hunter: Kurama - Kurapika; Hiei - Killua; Kuwabara - Leorio; Gon - Yusuke. Provare per credere.
Come in Dragonball ci sono i tornei di arti marziali e nemici sempre più forti, ma a differenza del primo l'esito degli incontri è molto meno prevedibile. Yusuke non è Goku - è molto più capriccioso e possiede più profondità - e Togashi è molto abile nello spiazzare il lettore.
Un'opera bellissima che rimarrà per sempre una pietra miliare del genere, viste le sue influenze (vedi il Sasuke di Naruto, spudoratamente ispirato a Hiei).
Il fan di Hunter x Hunter non deve assolutamente perdere. Vi troverà - una su tutte - le solide basi del Nen.
Ottimo.
Ps.
È d'obbligo spendere due parole sull'inizio del fumetto (i primi 6 numeri circa) e il finale del numero 19. Se l'opera era perfettibile nelle battute iniziali perché la trama poteva carburare molto più velocemente, il finale è invece bellissimo e va a caratterizzare lo stile di Togashi.
Continui così, maestro.
BOTAN: "Ho chiamato per dirti che a quanto pare gli insetti del mondo degli Spettri si annidano soltanto nelle menti delle persone depresse."
YUSUKE: "Questo dovrebbe restringere almeno un po' il tuo campo di ricerca, no?"
BOTAN: "Non direi. Questo è il Giappone, dopotutto."
YUSUKE: "Ah, già."
(da "Yu Yu Hakusho Abridged")
"Intelligente, ma non si applica": ecco cosa scriverei sulla pagella di Yoshihiro Togashi se lui fosse uno studente e io la sua insegnante. Il suo "Yu Yu Hakusho", che noi conosciamo come "Yu degli Spettri", presenta infatti dei difetti a parer mio non imputabili né ai problemi di salute di cui ha sofferto durante la sua serializzazione (pare che la pressione a cui era sottoposto fosse tale da causargli continui dolori al petto) né ad un editing che, da profana, definirei non pervenuto. Lungi da me sminuire le ripercussioni che entrambi possono avere su un'opera e sul suo autore, ma i casi sono due: o quest'ultimo ha così tante idee da ritrovarsi con il cervello completamente otturato - e può succedere - oppure ha una pessima visione del quadro d'insieme, e allora non ci son cristi. Una delle tante massime attribuite a Giulio Andreotti, scomparso il 6 maggio di quest'anno, recita così: "A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina". Per non saper né leggere né scrivere sono pronta a correre il rischio di accumulare un po' di karma negativo, diciamo quel tanto che mi consentirebbe di rinascere sotto forma di coniglietto.
A quattordici anni Yusuke Urameshi ha un curriculum da delinquente di tutto rispetto: beve, fuma, si fa beffe dell'obbligo scolastico ma soprattutto non perde occasione di partecipare a risse che finirà inevitabilmente per vincere a mani basse. Ha tuttavia un lato più tenero che un giorno lo spinge a sacrificarsi per un bambino in procinto di essere investito da un'auto, provocando un enorme scompiglio nell'Aldilà giacché non era previsto che l'incidente avesse delle conseguenze fatali. Chiamato ad occuparsi della sua pratica Koenma, figlio del Re degli Inferi, propone di risolvere l'impasse riportandolo in vita: in cambio il ragazzo dovrà diventare un detective del mondo degli Spiriti, a cui spetta il delicato compito di intervenire qualora forze oscure minacciassero di interferire con le attività degli umani. Guidato alla meno peggio da Botan, la più improbabile traghettatrice di anime che si possa mai concepire, verrà successivamente affiancato da Kazuma Kuwabara, un altro teppista che nutre nei suoi confronti una rivalità a senso unico, dallo spirito-volpe Kurama e dal demone Hiei, con i quali vivrà avventure che sovente andranno ben oltre l'incarico affidatogli.
Siamo nel 1990, gente: a quell'epoca su "Weekly Shōnen Jump" transitavano diversi soggetti a prima vita tutt'altro che raccomandabili, con acconciature alla pompadour, la divisa scolastica indossata a mo' di seconda pelle, un rapporto conflittuale con calzini e bottoni, sarashi e/o varia paccottiglia in bella mostra, armi più o meno improprie a portata di mano e via discorrendo. E poi c'era "Dragon Ball" con i suoi tornei e i suoi scontri infiniti, entrambe formule da cui molti titoli suoi coevi, compreso questo, hanno attinto a piene mani. Ai tempi, del resto, si trattava di una pratica molto diffusa e perché no, anche vicendevole.
Nella fattispecie "Yu Yu Hakusho" comincia facendosi i fatti suoi, si trasforma in "Dragon Ball", attraversa una fase à la "Jojo" (anche se qui il nesso tra zone ed energia astrale è più marcato rispetto a quello tra Stand e forza spirituale), torna sui suoi passi con un altro aborto di torneo per poi precipitare nel ridicolo con un finale il cui spirito dovrebbe, in teoria, rimandare a quello più rilassato dei primi capitoli. Se da una parte fa piacere constatare che Togashi, o chi per lui, abbia almeno sentito parlare della cosiddetta pistola di Čechov, dall'altra, più che farla sparare, nella maggior parte dei casi si direbbe che l'azioni per sbaglio. Sfortunatamente nell'info-rigurgito, altra terribile eredità di quegli anni, è molto più ferrato.
A dispetto di siffatte premesse l'introspezione psicologica, quantunque un po' discontinua, risulta nel complesso più curata di quanto sarebbe lecito aspettarsi da un impianto narrativo così farraginoso: certo Yusuke è molto stereotipato, ma non per questo bidimensionale, anche se personalmente ritengo che Togashi abbia dato il meglio di sé nel delineare il carattere dei suoi tre compagni d'avventure. Meritano inoltre una menzione speciale la maestra Genkai e Koenma. Diversamente tra i cattivi promuovo a pieni voti solo Sensui (anche se il colpo di scena che lo riguarda è decisamente cheap) e il Toguro maggiore, mentre lo scavo introspettivo del minore, per quanto ricco di spunti, mi è parso leggermene tardivo. E poi vabbè, c'è la solita valanga di personaggi secondari/antagonisti del momento tipica dei battle shōnen la cui finalità principale è quella di fare colore, ma nulla a cui un lettore già aduso al genere non possa fare il callo. Una cosa comunque è certa: Togashi non avrà molta familiarità con alcuni dei più comuni espedienti narrativi, ma sa il fatto suo in fatto di "mood whiplash", come si evince già dai primissimi capitoli.
Il tratto ha bisogno di qualche volume per assestarsi, ma questo è normale; non lo è molto la sua discontinuità a livello di impegno profuso nel dare vita a a questa o quella scena, e che soltanto in pochi casi si può classificare senza ombra di dubbio come una scelta stilistica voluta. È proprio il caso di dirlo: tale mano, tali disegni. Nel complesso, tuttavia, il comparto grafico risulta un supporto più che adeguato per un titolo come questo, fungendogli nel contempo da parafulmine.
Non fraintendetemi: "Yu Yu Hakusho" non è affatto un brutto manga. Il problema è che avrebbe potuto essere anche meglio, ragion per cui non mi sento di dargli più di 7. Se avesse mantenuto fino alla fine la propria identità, anche e soprattutto per mezzo di una sceneggiatura migliore, avrebbe potuto aspirare a ben altro.
YUSUKE: "Questo dovrebbe restringere almeno un po' il tuo campo di ricerca, no?"
BOTAN: "Non direi. Questo è il Giappone, dopotutto."
YUSUKE: "Ah, già."
(da "Yu Yu Hakusho Abridged")
"Intelligente, ma non si applica": ecco cosa scriverei sulla pagella di Yoshihiro Togashi se lui fosse uno studente e io la sua insegnante. Il suo "Yu Yu Hakusho", che noi conosciamo come "Yu degli Spettri", presenta infatti dei difetti a parer mio non imputabili né ai problemi di salute di cui ha sofferto durante la sua serializzazione (pare che la pressione a cui era sottoposto fosse tale da causargli continui dolori al petto) né ad un editing che, da profana, definirei non pervenuto. Lungi da me sminuire le ripercussioni che entrambi possono avere su un'opera e sul suo autore, ma i casi sono due: o quest'ultimo ha così tante idee da ritrovarsi con il cervello completamente otturato - e può succedere - oppure ha una pessima visione del quadro d'insieme, e allora non ci son cristi. Una delle tante massime attribuite a Giulio Andreotti, scomparso il 6 maggio di quest'anno, recita così: "A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina". Per non saper né leggere né scrivere sono pronta a correre il rischio di accumulare un po' di karma negativo, diciamo quel tanto che mi consentirebbe di rinascere sotto forma di coniglietto.
A quattordici anni Yusuke Urameshi ha un curriculum da delinquente di tutto rispetto: beve, fuma, si fa beffe dell'obbligo scolastico ma soprattutto non perde occasione di partecipare a risse che finirà inevitabilmente per vincere a mani basse. Ha tuttavia un lato più tenero che un giorno lo spinge a sacrificarsi per un bambino in procinto di essere investito da un'auto, provocando un enorme scompiglio nell'Aldilà giacché non era previsto che l'incidente avesse delle conseguenze fatali. Chiamato ad occuparsi della sua pratica Koenma, figlio del Re degli Inferi, propone di risolvere l'impasse riportandolo in vita: in cambio il ragazzo dovrà diventare un detective del mondo degli Spiriti, a cui spetta il delicato compito di intervenire qualora forze oscure minacciassero di interferire con le attività degli umani. Guidato alla meno peggio da Botan, la più improbabile traghettatrice di anime che si possa mai concepire, verrà successivamente affiancato da Kazuma Kuwabara, un altro teppista che nutre nei suoi confronti una rivalità a senso unico, dallo spirito-volpe Kurama e dal demone Hiei, con i quali vivrà avventure che sovente andranno ben oltre l'incarico affidatogli.
Siamo nel 1990, gente: a quell'epoca su "Weekly Shōnen Jump" transitavano diversi soggetti a prima vita tutt'altro che raccomandabili, con acconciature alla pompadour, la divisa scolastica indossata a mo' di seconda pelle, un rapporto conflittuale con calzini e bottoni, sarashi e/o varia paccottiglia in bella mostra, armi più o meno improprie a portata di mano e via discorrendo. E poi c'era "Dragon Ball" con i suoi tornei e i suoi scontri infiniti, entrambe formule da cui molti titoli suoi coevi, compreso questo, hanno attinto a piene mani. Ai tempi, del resto, si trattava di una pratica molto diffusa e perché no, anche vicendevole.
Nella fattispecie "Yu Yu Hakusho" comincia facendosi i fatti suoi, si trasforma in "Dragon Ball", attraversa una fase à la "Jojo" (anche se qui il nesso tra zone ed energia astrale è più marcato rispetto a quello tra Stand e forza spirituale), torna sui suoi passi con un altro aborto di torneo per poi precipitare nel ridicolo con un finale il cui spirito dovrebbe, in teoria, rimandare a quello più rilassato dei primi capitoli. Se da una parte fa piacere constatare che Togashi, o chi per lui, abbia almeno sentito parlare della cosiddetta pistola di Čechov, dall'altra, più che farla sparare, nella maggior parte dei casi si direbbe che l'azioni per sbaglio. Sfortunatamente nell'info-rigurgito, altra terribile eredità di quegli anni, è molto più ferrato.
A dispetto di siffatte premesse l'introspezione psicologica, quantunque un po' discontinua, risulta nel complesso più curata di quanto sarebbe lecito aspettarsi da un impianto narrativo così farraginoso: certo Yusuke è molto stereotipato, ma non per questo bidimensionale, anche se personalmente ritengo che Togashi abbia dato il meglio di sé nel delineare il carattere dei suoi tre compagni d'avventure. Meritano inoltre una menzione speciale la maestra Genkai e Koenma. Diversamente tra i cattivi promuovo a pieni voti solo Sensui (anche se il colpo di scena che lo riguarda è decisamente cheap) e il Toguro maggiore, mentre lo scavo introspettivo del minore, per quanto ricco di spunti, mi è parso leggermene tardivo. E poi vabbè, c'è la solita valanga di personaggi secondari/antagonisti del momento tipica dei battle shōnen la cui finalità principale è quella di fare colore, ma nulla a cui un lettore già aduso al genere non possa fare il callo. Una cosa comunque è certa: Togashi non avrà molta familiarità con alcuni dei più comuni espedienti narrativi, ma sa il fatto suo in fatto di "mood whiplash", come si evince già dai primissimi capitoli.
Il tratto ha bisogno di qualche volume per assestarsi, ma questo è normale; non lo è molto la sua discontinuità a livello di impegno profuso nel dare vita a a questa o quella scena, e che soltanto in pochi casi si può classificare senza ombra di dubbio come una scelta stilistica voluta. È proprio il caso di dirlo: tale mano, tali disegni. Nel complesso, tuttavia, il comparto grafico risulta un supporto più che adeguato per un titolo come questo, fungendogli nel contempo da parafulmine.
Non fraintendetemi: "Yu Yu Hakusho" non è affatto un brutto manga. Il problema è che avrebbe potuto essere anche meglio, ragion per cui non mi sento di dargli più di 7. Se avesse mantenuto fino alla fine la propria identità, anche e soprattutto per mezzo di una sceneggiatura migliore, avrebbe potuto aspirare a ben altro.
Uno dei manga di maggior successo di Togashi, molto coinvolgente e profondo (soprattutto il primo numero della serie). All'inizio l'autore sembra raccontarci una storia molto lineare, direi quasi scontata, dove i "buoni" sono gli umani e i "cattivoni" sono gli spettri, per poi rovesciare completamente il tavolo. A mio avviso è uno shounen di ottima fattura, peccato per il pessimo finale, poco sviluppato ed abbozzato.
I personaggi sono ben caratterizzati ed i protagonisti, Yusuke, Kuwabara (umani), Hiei e Kurama (spettri), ci danno un ottimo messaggio, cioè che anche se "diversi" nasce tra di loro una vera, profonda amicizia che fa superare tali barriere, un messaggio di integrazione, cosa che non si trova in molti shounen.
Riepilogando, shounen "stile Dragon Ball" (ma non ha quasi niente in comune se non i combattimenti ed il torneo), ma molto più sensato e introspettivo, dove i "buoni" non sono sempre buoni (in questo caso mi riferisco degli umani) e i "cattivi" non sono sempre tali (spettri). Il tratto di Togashi all'inizio è un po' acerbo, ma migliora con il proseguire della storia, così come l'incalzare della stessa, sempre più appassionante, con personaggi interessanti e mai noiosi o banali;
l'ambientazione è un misto tra il reale e il sovrannaturale, ci sono molte scene divertenti e i combattimenti sono ben realizzati.
Unica pecca il finale che mi ha deluso parecchio ma, nel complesso, il manga vale di essere acquistato e letto.
I personaggi sono ben caratterizzati ed i protagonisti, Yusuke, Kuwabara (umani), Hiei e Kurama (spettri), ci danno un ottimo messaggio, cioè che anche se "diversi" nasce tra di loro una vera, profonda amicizia che fa superare tali barriere, un messaggio di integrazione, cosa che non si trova in molti shounen.
Riepilogando, shounen "stile Dragon Ball" (ma non ha quasi niente in comune se non i combattimenti ed il torneo), ma molto più sensato e introspettivo, dove i "buoni" non sono sempre buoni (in questo caso mi riferisco degli umani) e i "cattivi" non sono sempre tali (spettri). Il tratto di Togashi all'inizio è un po' acerbo, ma migliora con il proseguire della storia, così come l'incalzare della stessa, sempre più appassionante, con personaggi interessanti e mai noiosi o banali;
l'ambientazione è un misto tra il reale e il sovrannaturale, ci sono molte scene divertenti e i combattimenti sono ben realizzati.
Unica pecca il finale che mi ha deluso parecchio ma, nel complesso, il manga vale di essere acquistato e letto.
Quale piacevole sorpresa mi ha riservato la lettura di "Yu degli Spettri"!
L'opera di Togashi è riuscita magistralmente a scardinare i miei pregiudizi nei confronti del genere shounen soprannaturale; l'opera si presenta in sè molto matura, adornata da una grafica che dà il meglio di sé nei primi piani e nelle scene di combattimento.
Ma procedo con ordine: protagonista della serie è il giovane Yusuke Urameshi, tipico bulletto arrogante di scuola..anzi forse no, visto che la trama prende le mosse proprio dalla sua dipartita nell'altro mondo a causa del tentativo da parte di Yusuke di salvare un bimbo che altrimenti sarebbe stato investito da un'automobile.
La situazione creatasi getta scompiglio nel mondo spirituale, dove la morte di Yusuke non era affatto prevista dalle alte sfere (il bimbo si sarebbe comunque salvato dall'incidente); a Yusuke viene perciò concessa una seconda possibilità: guadagnarsi il ritorno alla vita terrena svolgendo l'attività di detective per conto del mondo spirituale, governato dal buffo figlio di Satana dai tratti di infante con tanto di ciuccio, Koenma.
La nuova attività di Yusuke però è tutt'altro che facile.. il giovane verrà infatti a contatto con una complicata gerarchia di forze e di piani di esistenza (Mondo degli Spettri e Mondo spirituale) con cui dovrà fare i conti, visto che gli sconfinamenti delle entità dai rispettivi piani di esistenza è all'ordine del giorno.
A completare il pool di personaggi ci sono Kuwabara (eterno amico/nemico di Yusuke, buffa presenza anche se a tratti fondamentale per lo svolgimento della trama), Hiei (ambiguo spettro dalle sembianze umane con una intricatissima e splendida storia alle spalle), Kurama (altro spettro umano, forse il personaggio con maggior spessore nella storia), Keiko (amica storica di Yusuke, sarà interessante il rapporto che si verrà a sviluppare tra i due..) e infine Botan (la simpatica e stralunata traghettatrice del regno spirituale). Il pacchetto di personaggi in questione vivrà delle intense avventure a cavallo tra i mondi per giungere ad una giusta conclusione dopo 19 splendidi volumi, a mio parere giusta misura per uno shounen.
La caratterizzazione dei personaggi è il punto forte di questa serie: la complessità, il dipanamento della storia che si portano dietro tutti i personaggi è magistrale. Intere tavole e capitoli vengono dedicati all'approfondimento dei tratti psicologici e caratteriali dei protagonisti, cito Hiei e Kurama su tutti.
Lo sviluppo caratteriale è ben visibile, si tocca quasi con mano attraverso i 19 volumi dell'opera, tanto che a fine serie sappiamo perfettamente il motivo per cui Yusuke, Kuwabara, Hiei e Kurama fanno ciò che fanno. E' un vero piacere per il lettore assistere allo sviluppo dinamico delle personalità, volume dopo volume, di questi quattro personaggi fondamentali alla trama. Ognuno di loro ha una storia alle spalle, e una storia che lo attende, la magistralità di Togashi sta nel seguire passo per passo questo percorso di maturazione.
Lodi anche per i disegni: l'autore dà indubbiamente il meglio di sè nei primi piani che spesso rasentano la summa della bellezza artistica, ed è una gran cosa per un'opera del 1990.
Meno esente da critiche è la trama, che spesso ricorre a qualche forzatura per tornare in carreggiata e continuare la corsa verso il finale. Esempio di queste spesse forzature sono le pagine piene di commenti e approfondimenti alla trama che fungono da rabbonimento a determinate situazioni che altrimenti parrebbero casuali e del tutto ignorate dall'autore. La conseguenza di questi "supplementi" alla trama si evince dai (per fortuna) rari momenti di pesantezza di lettura.
Ciò che incanta, tuttavia, è l'equilibrio e la coerenza della trama che abbina allo sviluppo di essa un parallelo sviluppo dei personaggi tale che il tutto, a fine opera, risulta in perfetta armonia. E c'è persino posto per momenti filosofici, e soprattutto poetici, di elevato spessore che rimangono impressi durante la lettura (e che per me hanno significato molto).
Lettura consigliatissima, peccato per la non eccelsa edizione Star Comics.
L'opera di Togashi è riuscita magistralmente a scardinare i miei pregiudizi nei confronti del genere shounen soprannaturale; l'opera si presenta in sè molto matura, adornata da una grafica che dà il meglio di sé nei primi piani e nelle scene di combattimento.
Ma procedo con ordine: protagonista della serie è il giovane Yusuke Urameshi, tipico bulletto arrogante di scuola..anzi forse no, visto che la trama prende le mosse proprio dalla sua dipartita nell'altro mondo a causa del tentativo da parte di Yusuke di salvare un bimbo che altrimenti sarebbe stato investito da un'automobile.
La situazione creatasi getta scompiglio nel mondo spirituale, dove la morte di Yusuke non era affatto prevista dalle alte sfere (il bimbo si sarebbe comunque salvato dall'incidente); a Yusuke viene perciò concessa una seconda possibilità: guadagnarsi il ritorno alla vita terrena svolgendo l'attività di detective per conto del mondo spirituale, governato dal buffo figlio di Satana dai tratti di infante con tanto di ciuccio, Koenma.
La nuova attività di Yusuke però è tutt'altro che facile.. il giovane verrà infatti a contatto con una complicata gerarchia di forze e di piani di esistenza (Mondo degli Spettri e Mondo spirituale) con cui dovrà fare i conti, visto che gli sconfinamenti delle entità dai rispettivi piani di esistenza è all'ordine del giorno.
A completare il pool di personaggi ci sono Kuwabara (eterno amico/nemico di Yusuke, buffa presenza anche se a tratti fondamentale per lo svolgimento della trama), Hiei (ambiguo spettro dalle sembianze umane con una intricatissima e splendida storia alle spalle), Kurama (altro spettro umano, forse il personaggio con maggior spessore nella storia), Keiko (amica storica di Yusuke, sarà interessante il rapporto che si verrà a sviluppare tra i due..) e infine Botan (la simpatica e stralunata traghettatrice del regno spirituale). Il pacchetto di personaggi in questione vivrà delle intense avventure a cavallo tra i mondi per giungere ad una giusta conclusione dopo 19 splendidi volumi, a mio parere giusta misura per uno shounen.
La caratterizzazione dei personaggi è il punto forte di questa serie: la complessità, il dipanamento della storia che si portano dietro tutti i personaggi è magistrale. Intere tavole e capitoli vengono dedicati all'approfondimento dei tratti psicologici e caratteriali dei protagonisti, cito Hiei e Kurama su tutti.
Lo sviluppo caratteriale è ben visibile, si tocca quasi con mano attraverso i 19 volumi dell'opera, tanto che a fine serie sappiamo perfettamente il motivo per cui Yusuke, Kuwabara, Hiei e Kurama fanno ciò che fanno. E' un vero piacere per il lettore assistere allo sviluppo dinamico delle personalità, volume dopo volume, di questi quattro personaggi fondamentali alla trama. Ognuno di loro ha una storia alle spalle, e una storia che lo attende, la magistralità di Togashi sta nel seguire passo per passo questo percorso di maturazione.
Lodi anche per i disegni: l'autore dà indubbiamente il meglio di sè nei primi piani che spesso rasentano la summa della bellezza artistica, ed è una gran cosa per un'opera del 1990.
Meno esente da critiche è la trama, che spesso ricorre a qualche forzatura per tornare in carreggiata e continuare la corsa verso il finale. Esempio di queste spesse forzature sono le pagine piene di commenti e approfondimenti alla trama che fungono da rabbonimento a determinate situazioni che altrimenti parrebbero casuali e del tutto ignorate dall'autore. La conseguenza di questi "supplementi" alla trama si evince dai (per fortuna) rari momenti di pesantezza di lettura.
Ciò che incanta, tuttavia, è l'equilibrio e la coerenza della trama che abbina allo sviluppo di essa un parallelo sviluppo dei personaggi tale che il tutto, a fine opera, risulta in perfetta armonia. E c'è persino posto per momenti filosofici, e soprattutto poetici, di elevato spessore che rimangono impressi durante la lettura (e che per me hanno significato molto).
Lettura consigliatissima, peccato per la non eccelsa edizione Star Comics.
“Yu degli Spettri” è un manga d'azione nato praticamente sull'influenza di manga di combattimento ormai divenuti cult, in particolare per esempio “Dragonball” stesso. Ed è l' esempio di come un fumetto, nato ispirandosi ad un capolavoro passato, sia divenuto esso stesso una grande pietra miliare.
Il manga di Yoshihiro Togashi è adrenalina pura. Azione all'annesima potenza. Diverte e intrattiene come nessun' altro.
La storia è interessante, anche se l'inizio denota una certa lentezza nello svolgimento dei fatti. La lentezza che si porta avanti almeno finché non vengono definiti tutti i personaggi principali che accompagneranno il protagonista nelle vicende, combattendo o sostenendolo moralmente.
Nonostante questo inizio non sia esattamente coinvolgente fin da subito, già dalla prima grande saga si capisce immediatamente che si sta parlando di un'opera di qualità dove l'avventura non manca e nella quale scontri e combattimenti sono resi perfettamente non solo a livello scenografico, ma anche narrativo. Ogni personaggio, nemico o comprimario che sia, viene abilmente caratterizzato e ben si sposa con il resto della vicenda.
Man mano che prosegue la storia riesce a mantenersi su un livello medio-alto, tanto che io stesso ho preferito il secondo arco narrativo rispetto al primo. La trama si fa molto più seria e per certi versi anche cruenta, indagando nella psiche dei personaggi e tirando fuori trovate geniali e originalissime.
Menzione speciale poi per i due nemici fondamentali di Yu degli Spettri: risulta addirittura difficile compararli per decidere quale sia il migliore perché entrambi sono stati resi con un'attenzione particolare e meticolosa per quanto riguarda la loro storia.
Io personalmente preferisco il secondo antagonista di Yusuke Urameshi, ma ripeto: metterli a confronto rimane comunque un'ardua impresa.
È comunque necessario dire che la trama non rimane esente da alcuni elementi incerti e controversi. Sembra essere chiaro per tutti coloro che hanno letto questo manga che la terza sezione in cui esso è diviso, in pratica la parte finale, vale praticamente solo la metà delle prime due. Si può notare che vi sia un forte calo di ispirazione e interesse per il manga da parte del suo autore, che ha liquidato gli ultimi capitoli con un nulla di fatto.
Se invece fosse riuscito ad andare avanti con impegno e attenzione, probabilmente ne sarebbe uscito fuori il migliore fra tutti gli archi narrativi e il mio voto sarebbe aumentato di almeno due punti giungendo dunque al massimo. Purtroppo però non è stato possibile.
Il disegno di Togashi risulta parecchio semplice e immediato... in pratica perfetto per una storia del genere.
Le fasi d'azione vengono rese bene, discretamente anche gli ambienti. Non manca neanche una notevole quantità di fantasia ad ornare il tutto.
Il problema fondamentale arriva anche in questo caso verso la fine, dove il calo di cui ho precedentemente parlato si riflette anche sullo stile che diventa vago e abbozzato. Difatti le pagine dei capitoli finali sembrano quasi disegni preparatori.
E purtroppo a questo difetto non resterà esente neanche la seconda opera maggiore di Togashi, ovvero “Hunter X Hunter”.
In conclusione: consiglio a tutti la lettura di questo shonen, specie a chi interessa una storia semplice ma al tempo stesso ben costruita nella narrazione delle vicende, nei personaggi e nel disegno (a parte verso la fine).
Il manga di Yoshihiro Togashi è adrenalina pura. Azione all'annesima potenza. Diverte e intrattiene come nessun' altro.
La storia è interessante, anche se l'inizio denota una certa lentezza nello svolgimento dei fatti. La lentezza che si porta avanti almeno finché non vengono definiti tutti i personaggi principali che accompagneranno il protagonista nelle vicende, combattendo o sostenendolo moralmente.
Nonostante questo inizio non sia esattamente coinvolgente fin da subito, già dalla prima grande saga si capisce immediatamente che si sta parlando di un'opera di qualità dove l'avventura non manca e nella quale scontri e combattimenti sono resi perfettamente non solo a livello scenografico, ma anche narrativo. Ogni personaggio, nemico o comprimario che sia, viene abilmente caratterizzato e ben si sposa con il resto della vicenda.
Man mano che prosegue la storia riesce a mantenersi su un livello medio-alto, tanto che io stesso ho preferito il secondo arco narrativo rispetto al primo. La trama si fa molto più seria e per certi versi anche cruenta, indagando nella psiche dei personaggi e tirando fuori trovate geniali e originalissime.
Menzione speciale poi per i due nemici fondamentali di Yu degli Spettri: risulta addirittura difficile compararli per decidere quale sia il migliore perché entrambi sono stati resi con un'attenzione particolare e meticolosa per quanto riguarda la loro storia.
Io personalmente preferisco il secondo antagonista di Yusuke Urameshi, ma ripeto: metterli a confronto rimane comunque un'ardua impresa.
È comunque necessario dire che la trama non rimane esente da alcuni elementi incerti e controversi. Sembra essere chiaro per tutti coloro che hanno letto questo manga che la terza sezione in cui esso è diviso, in pratica la parte finale, vale praticamente solo la metà delle prime due. Si può notare che vi sia un forte calo di ispirazione e interesse per il manga da parte del suo autore, che ha liquidato gli ultimi capitoli con un nulla di fatto.
Se invece fosse riuscito ad andare avanti con impegno e attenzione, probabilmente ne sarebbe uscito fuori il migliore fra tutti gli archi narrativi e il mio voto sarebbe aumentato di almeno due punti giungendo dunque al massimo. Purtroppo però non è stato possibile.
Il disegno di Togashi risulta parecchio semplice e immediato... in pratica perfetto per una storia del genere.
Le fasi d'azione vengono rese bene, discretamente anche gli ambienti. Non manca neanche una notevole quantità di fantasia ad ornare il tutto.
Il problema fondamentale arriva anche in questo caso verso la fine, dove il calo di cui ho precedentemente parlato si riflette anche sullo stile che diventa vago e abbozzato. Difatti le pagine dei capitoli finali sembrano quasi disegni preparatori.
E purtroppo a questo difetto non resterà esente neanche la seconda opera maggiore di Togashi, ovvero “Hunter X Hunter”.
In conclusione: consiglio a tutti la lettura di questo shonen, specie a chi interessa una storia semplice ma al tempo stesso ben costruita nella narrazione delle vicende, nei personaggi e nel disegno (a parte verso la fine).
Eccomi qua a recensire un manga che ho appena finito giusto stanotte e che mi è piaciuto davvero molto. Questo manga l'ho sempre voluto avere, ma per forza di cose non sono mai riuscito a prenderlo prima di quest'anno e devo dire che ne è valsa davvero la pena di prenderlo. Sono venuto a conoscenza di quest'opera grazie all'anime trasmesso ai tempi su La7 quando ero ancora un moccioso.
La storia è incentrata su un ragazzo di nome Yusuke Urameshi, un semplice terrestre che vive una vita normale, ma subito al primo albo ha una gran bella sventura, tra l'altro quello che fa lo fa un po' inutilmente, deve così passare diverse vicissitudini prima di ritornare alla sua vita di tutti i giorni, uno studente delle medie a cui piace fare risse, marinare la scuola e fare sempre e comunque casino. Ma a poco a poco, questa sua vita tranquilla viene "disturbata" dal Re Junior del mondo degli Spettri. Dopo tante vicissitudini, arrivano finalmente i primi begli scontri e possiamo assistere a uno degli scontri iniziali più belli, quello tra Urameshi e Hiei, il mio personaggio preferito. Avanzando con la trama, i personaggi vengono svelati, la storia prende davvero un volo pazzesco e gli avvenimenti volano, ma questo non vuol dire che sia brutto, anzi è proprio questo che lo rende un manga un po' diverso dai soliti titoli shonen classici e lo diversifica un po', anche se sicuramente ha preso un bel po' di idee dal famoso Dragon Ball di Akira Toriyama.
I personaggi sono davvero ben caratterizzati e molto ben disegnati, davvero molto carismatici, solo loro valgono il prezzo di quest'opera. Anche molti dei nemici mi hanno affascinato, la trama invece, è molto semplice e la si trova nella maggioranza degli shonen, e in questo manga è solo un condimento al prossimo spettacolare incontro a suon di Reigan.
Un altro punto a favore di quest'opera sono i disegni, che per gli anni '90 sono tra i migliori che ho visto dopo Dragon Ball, e le ambientazioni davvero belle, soprattutto quando si troveranno nel mondo degli spettri, molto ben particolarizzate e ben strutturate che aiutano il lettore ad immergersi ancora meglio nell'opera di Togashi-san.
Ora passo a parlare dell'edizione della Star Comics. I volumi, per la maggior parte (quasi tutti insomma) sono le vecchie edizioni a sottiletta che superano di poco le 190 pagine. Rilegatura (dispiace dirlo per come sono ora i manga della Star) davvero penosa e poco resistente al tempo, si scollano come un nonnnulla, infatti bisogna stare molto attenti quando lo si legge. Molto belle però le copertine e il nero devo dire che sta molto bene. Un ottimo cartoncino resistente ma troppo pesante, il nero però si rovina facilmente, ma devo ammettere che resiste bene all'invecchiamento.
Consiglio questo bel manga a tutti quelli che non si fanno questi problemi e che vogliono leggere un'opera bella, con personaggi molto carismatici e stupende battaglie. Da avere per gli appassionati di shonen di scuola anni '90 soprattutto.
La storia è incentrata su un ragazzo di nome Yusuke Urameshi, un semplice terrestre che vive una vita normale, ma subito al primo albo ha una gran bella sventura, tra l'altro quello che fa lo fa un po' inutilmente, deve così passare diverse vicissitudini prima di ritornare alla sua vita di tutti i giorni, uno studente delle medie a cui piace fare risse, marinare la scuola e fare sempre e comunque casino. Ma a poco a poco, questa sua vita tranquilla viene "disturbata" dal Re Junior del mondo degli Spettri. Dopo tante vicissitudini, arrivano finalmente i primi begli scontri e possiamo assistere a uno degli scontri iniziali più belli, quello tra Urameshi e Hiei, il mio personaggio preferito. Avanzando con la trama, i personaggi vengono svelati, la storia prende davvero un volo pazzesco e gli avvenimenti volano, ma questo non vuol dire che sia brutto, anzi è proprio questo che lo rende un manga un po' diverso dai soliti titoli shonen classici e lo diversifica un po', anche se sicuramente ha preso un bel po' di idee dal famoso Dragon Ball di Akira Toriyama.
I personaggi sono davvero ben caratterizzati e molto ben disegnati, davvero molto carismatici, solo loro valgono il prezzo di quest'opera. Anche molti dei nemici mi hanno affascinato, la trama invece, è molto semplice e la si trova nella maggioranza degli shonen, e in questo manga è solo un condimento al prossimo spettacolare incontro a suon di Reigan.
Un altro punto a favore di quest'opera sono i disegni, che per gli anni '90 sono tra i migliori che ho visto dopo Dragon Ball, e le ambientazioni davvero belle, soprattutto quando si troveranno nel mondo degli spettri, molto ben particolarizzate e ben strutturate che aiutano il lettore ad immergersi ancora meglio nell'opera di Togashi-san.
Ora passo a parlare dell'edizione della Star Comics. I volumi, per la maggior parte (quasi tutti insomma) sono le vecchie edizioni a sottiletta che superano di poco le 190 pagine. Rilegatura (dispiace dirlo per come sono ora i manga della Star) davvero penosa e poco resistente al tempo, si scollano come un nonnnulla, infatti bisogna stare molto attenti quando lo si legge. Molto belle però le copertine e il nero devo dire che sta molto bene. Un ottimo cartoncino resistente ma troppo pesante, il nero però si rovina facilmente, ma devo ammettere che resiste bene all'invecchiamento.
Consiglio questo bel manga a tutti quelli che non si fanno questi problemi e che vogliono leggere un'opera bella, con personaggi molto carismatici e stupende battaglie. Da avere per gli appassionati di shonen di scuola anni '90 soprattutto.
Yu degli spettri, o meglio YU YU HAKUSHO, è il manga che ho ammirato di più del maestro Togashi. Partendo da una trama anche di base superficiale la storia si snoda e articola successivamente in qualcosa di più aperto. L'autore comincia pian piano a creare e presentare diversi personaggi e i protagonisti sono veramente ben descritti. Dopo pochi numeri la storia a mio avviso diventa molto avvincente, con combattimenti corpo a corpo e "missioni" che poi verranno riviste in salsa diversa anche nel più celebre (forse) Hunter x Hunter dello stesso autore. Mi ha leggermente deluso il finale, l'ho trovato un po' affrettato. Il disegno è un po' grezzo e specialmente nei primi numeri anche nei combattimenti poco chiaro.
L'edizione è la più classica delle classiche, Star Comics, 180 pagine, ho trovato bello il fatto di proporlo con le costine nere ma attenzione che con il leggerlo nelle pieghe il nero perde subito il colore diventando bianco. Detto questo lo promuovo, un bello shonen, consigliato a tutti.
L'edizione è la più classica delle classiche, Star Comics, 180 pagine, ho trovato bello il fatto di proporlo con le costine nere ma attenzione che con il leggerlo nelle pieghe il nero perde subito il colore diventando bianco. Detto questo lo promuovo, un bello shonen, consigliato a tutti.
Mai lettura di shounen mi fu più lieta, escluso Dragon Dai, ovviamente!
Avevo già visto la serie TV (o almeno, fino al torneo con i fratelli Toguro), e con un affarone ho comprato la serie in blocco (e letta famelicamente in circa 3 giorni).
Beh che dire? Mi è piaciuta, così come mi piace ogni genere di storia che tratta di demoni, spiriti, morti, fantasmi e compagnia cantante. Purtroppo non so quanto riuscirò ad essere obbiettiva in questa recensione!
La storia rientra nel classico genere sovrannaturale, sinceramente non me ne vengono in mente di similari, a parte un certo pezzo di Dragon Ball, dove la tematica dell'aldilà è comunque trattata in maniera superficiale.
Decisamente, a questo shounen manca la superficialità: i personaggi hanno il loro classico level up, momento di sconfitta e di "resurrezione", ma nel frattempo vivono nella loro realtà (il Giappone anni '90), affrontano tematiche reali e non (bullismo, suicidio giovanile, demoni impazziti, e per gli altri leggetevi la storia eh!), e ovviamente se c'è di mezzo Yusuke Urameshi la soluzione sarà un bel calcio nelle parti basse o un pugno pronto a spezzarti la faccia. Tranquilli, ogni singolo pugno o calcio viene sferrato con logica semplice e disarmante, nessuna scazzottata è gratuita, nessuno sputo di sangue, o budella impazzita. Ogni singolo pensiero emesso da ogni personaggio, che sia umano o non, vivo o non, è armato di logica e di senso, nulla nella storia è lasciato al caso (tralasciando i momenti di calo dell'autore e le storielle bonus dell'ultimo volume). E questo direi che è un punto di forza di questa storia, una di quelle cose che ti fa dire "cavolo, anch'io avrei voluto scrivere e disegnare una storia così tosta!", penso che riuscire a dire cose vere ed attuali parlando non necessariamente della realtà con tono lagnoso o di autocommiserazione sia un pregio di pochi autori, e, nel bene o nel male, Mr. Togashi è uno di loro (in questo caso).
Ok lo ammetto, in alto c'è scritto che è "solo" uno shounen, ma in molti altri casi si trova scritto "seinen/josei" e non si trovano contenuti o disegni decenti.
I disegni sono particolari, Togashi è uno di quei mangaka che riconosci dal segno anche a distanza, specialmente per la passione per le pieghe dei vestiti, di cui riempie i personaggi. A me personalmente piace molto, trovo che un disegno personale ed espressivo sia fondamentale per un fumettista.
La pecca di questo fumetto, che a me è comunque piaciuta e mi ha fatto decisamente ridere, è che l'autore da un certo volume in poi inizia a venir meno al disegno.
Spiego meglio: nel volume 1 i disegni sono quello che sono, mano a mano migliorano e raggiungono l'apice nella descrizione dei personaggi e degli ambienti, ma dal volume 15 si assiste alla discesa negli inferi dei retini, mentre i fondali iniziano ad essere rapiti da creature misteriose e l'inchiostrazione si sintetizza sempre più, arrivando a tavole scarne, con vignette che mi hanno lasciato il sospetto fossero addirittura matite scansionate coi toni del nero, segni sporchi e dinamici (esempio, vol. 19 pag 12, lì ho riso come una pazza lo ammetto, e le magnifiche pagg 34/35 del vol 18, per non parlare dello stesso volume a pag 21, con un mezzobusto di un personaggio così sporco da farmi pensare a un sottile delirio dato da un'unione tra Kentaro Miura e Takehiko Inoue!).
E, lo ammetto, mi sono piaciute, terribilmente! In un manga del 1990 trovare certi segni, macchie, dinamismi che si intravedono a malapena nelle tavole e negli schizzi inchiostrati in modo "fossilizzante" da Hiroshi Shiibashi nel suo "I signori dei mostri" (2008), beh, mi emoziona.
Lo so che li è mancanza di voglia di lavorare (ed è per questo che ci ho riso su), però funzionano, narrano, sono piazzati in momenti dove la storia viene a mancare per svogliatezza ma viene aiutata e sorretta solo da disegni, in una corsa finale verso l'ultima pagina che ha fatto correre pure me lettore.
I volumetti sono i classici Star Comics fine anni '90, avendoli presi usati (e probabilmente chi me li ha venduti li ha tenuti in un luogo caldo e asciutto,oltre che stretti come sardine) si erano un poco "seccati", i primi scricchiolavano ma non c'è stata nessuna scollatura grave (grazie Star Comics che hai fatto per prima i segni sulla copertina per piegare il cartone!).
Il mio voto poteva essere più alto (circa un 13 direi), ma mi terrò sul 9, sapendo che sono molto sul soggettivo e che desideravo da tanto questo fumetto, ne consiglio la lettura perché è piacevole da leggere, non annebbia troppo il cervello e ogni tanto ti dà quel colpo allo stomaco che fa sempre bene mettere in ogni storia.
Se pensate che il nostro mondo non sia come sembra, se sentite ribollire qualcosa di strano nel vostro sangue, se sentite voci e sguardi nel vuoto della vostra stanza, se volete porvi un bel po di domande, questo è il manga che fa per voi. In fondo, chi è peggio tra gli spettri e gli umani?
Avevo già visto la serie TV (o almeno, fino al torneo con i fratelli Toguro), e con un affarone ho comprato la serie in blocco (e letta famelicamente in circa 3 giorni).
Beh che dire? Mi è piaciuta, così come mi piace ogni genere di storia che tratta di demoni, spiriti, morti, fantasmi e compagnia cantante. Purtroppo non so quanto riuscirò ad essere obbiettiva in questa recensione!
La storia rientra nel classico genere sovrannaturale, sinceramente non me ne vengono in mente di similari, a parte un certo pezzo di Dragon Ball, dove la tematica dell'aldilà è comunque trattata in maniera superficiale.
Decisamente, a questo shounen manca la superficialità: i personaggi hanno il loro classico level up, momento di sconfitta e di "resurrezione", ma nel frattempo vivono nella loro realtà (il Giappone anni '90), affrontano tematiche reali e non (bullismo, suicidio giovanile, demoni impazziti, e per gli altri leggetevi la storia eh!), e ovviamente se c'è di mezzo Yusuke Urameshi la soluzione sarà un bel calcio nelle parti basse o un pugno pronto a spezzarti la faccia. Tranquilli, ogni singolo pugno o calcio viene sferrato con logica semplice e disarmante, nessuna scazzottata è gratuita, nessuno sputo di sangue, o budella impazzita. Ogni singolo pensiero emesso da ogni personaggio, che sia umano o non, vivo o non, è armato di logica e di senso, nulla nella storia è lasciato al caso (tralasciando i momenti di calo dell'autore e le storielle bonus dell'ultimo volume). E questo direi che è un punto di forza di questa storia, una di quelle cose che ti fa dire "cavolo, anch'io avrei voluto scrivere e disegnare una storia così tosta!", penso che riuscire a dire cose vere ed attuali parlando non necessariamente della realtà con tono lagnoso o di autocommiserazione sia un pregio di pochi autori, e, nel bene o nel male, Mr. Togashi è uno di loro (in questo caso).
Ok lo ammetto, in alto c'è scritto che è "solo" uno shounen, ma in molti altri casi si trova scritto "seinen/josei" e non si trovano contenuti o disegni decenti.
I disegni sono particolari, Togashi è uno di quei mangaka che riconosci dal segno anche a distanza, specialmente per la passione per le pieghe dei vestiti, di cui riempie i personaggi. A me personalmente piace molto, trovo che un disegno personale ed espressivo sia fondamentale per un fumettista.
La pecca di questo fumetto, che a me è comunque piaciuta e mi ha fatto decisamente ridere, è che l'autore da un certo volume in poi inizia a venir meno al disegno.
Spiego meglio: nel volume 1 i disegni sono quello che sono, mano a mano migliorano e raggiungono l'apice nella descrizione dei personaggi e degli ambienti, ma dal volume 15 si assiste alla discesa negli inferi dei retini, mentre i fondali iniziano ad essere rapiti da creature misteriose e l'inchiostrazione si sintetizza sempre più, arrivando a tavole scarne, con vignette che mi hanno lasciato il sospetto fossero addirittura matite scansionate coi toni del nero, segni sporchi e dinamici (esempio, vol. 19 pag 12, lì ho riso come una pazza lo ammetto, e le magnifiche pagg 34/35 del vol 18, per non parlare dello stesso volume a pag 21, con un mezzobusto di un personaggio così sporco da farmi pensare a un sottile delirio dato da un'unione tra Kentaro Miura e Takehiko Inoue!).
E, lo ammetto, mi sono piaciute, terribilmente! In un manga del 1990 trovare certi segni, macchie, dinamismi che si intravedono a malapena nelle tavole e negli schizzi inchiostrati in modo "fossilizzante" da Hiroshi Shiibashi nel suo "I signori dei mostri" (2008), beh, mi emoziona.
Lo so che li è mancanza di voglia di lavorare (ed è per questo che ci ho riso su), però funzionano, narrano, sono piazzati in momenti dove la storia viene a mancare per svogliatezza ma viene aiutata e sorretta solo da disegni, in una corsa finale verso l'ultima pagina che ha fatto correre pure me lettore.
I volumetti sono i classici Star Comics fine anni '90, avendoli presi usati (e probabilmente chi me li ha venduti li ha tenuti in un luogo caldo e asciutto,oltre che stretti come sardine) si erano un poco "seccati", i primi scricchiolavano ma non c'è stata nessuna scollatura grave (grazie Star Comics che hai fatto per prima i segni sulla copertina per piegare il cartone!).
Il mio voto poteva essere più alto (circa un 13 direi), ma mi terrò sul 9, sapendo che sono molto sul soggettivo e che desideravo da tanto questo fumetto, ne consiglio la lettura perché è piacevole da leggere, non annebbia troppo il cervello e ogni tanto ti dà quel colpo allo stomaco che fa sempre bene mettere in ogni storia.
Se pensate che il nostro mondo non sia come sembra, se sentite ribollire qualcosa di strano nel vostro sangue, se sentite voci e sguardi nel vuoto della vostra stanza, se volete porvi un bel po di domande, questo è il manga che fa per voi. In fondo, chi è peggio tra gli spettri e gli umani?
È stato il mio primo manga letto e ci sono dunque affezionato. Ad una rilettura più attenta però sono venuti fuori diversi difetti che, come evidenziato da altri, contraddistinguono principalmente la parte finale. Delle tre parti in cui si può idealmente dividere la storia (introduzione, torneo e parte finale) le prime due sono senz'altro buone: all'inizio non mancano né ironia né drammaticità utili a proiettare il lettore nel vivo della storia. La parte riguardante il torneo di arti marziali è godibile ed avvincente (la suddivisione in squadre conferisce incertezza ai singoli scontri), mentre il finale mi pare molto accartocciato e tirato via. Superficiale e sbrigativo penso siano i termini migliori per descrivere lo stile degli ultimi albi.
Punti di forza:
- Incipit originale e coinvolgente
- Molto ben fatti i personaggi vicini a Yusuke, nonostante questo risulti comunque essere il più originale.
- Il torneo, per quanto già visto in DB, risulta avvincente.
Punti di debolezza:
- La parte finale, troppo tirata via.
- Forse troppe "scopiazzature" da Dragon Ball.
Una breve divagazione sull'autore: che Togashi sia una figura bizzarra è indubbio, cosi come che funzioni a corrente alternata. L'impressione che mi dà è che quando è in preda all'ispirazione riesce a tradurre magistralmente il tutto in una storia avvincente; una volta perso l'entusiasmo scade però nella mediocrità. A leggere HXH stessa sensazione: superbo fino alla fine della saga contro Il Ragno, deludente in seguito.
Concludendo quindi su Yu degli Spettri direi che si può leggere volentieri, senza aspettarsi chissà quale capolavoro. A mio avviso imparagonabile ad alcuni must del genere (inappropriato definirlo l'erede di DB) raggiunge però la piena sufficienza, anche se globalmente Togashi riuscirà meglio in HXH (perlomeno fino a Greed Island).
Punti di forza:
- Incipit originale e coinvolgente
- Molto ben fatti i personaggi vicini a Yusuke, nonostante questo risulti comunque essere il più originale.
- Il torneo, per quanto già visto in DB, risulta avvincente.
Punti di debolezza:
- La parte finale, troppo tirata via.
- Forse troppe "scopiazzature" da Dragon Ball.
Una breve divagazione sull'autore: che Togashi sia una figura bizzarra è indubbio, cosi come che funzioni a corrente alternata. L'impressione che mi dà è che quando è in preda all'ispirazione riesce a tradurre magistralmente il tutto in una storia avvincente; una volta perso l'entusiasmo scade però nella mediocrità. A leggere HXH stessa sensazione: superbo fino alla fine della saga contro Il Ragno, deludente in seguito.
Concludendo quindi su Yu degli Spettri direi che si può leggere volentieri, senza aspettarsi chissà quale capolavoro. A mio avviso imparagonabile ad alcuni must del genere (inappropriato definirlo l'erede di DB) raggiunge però la piena sufficienza, anche se globalmente Togashi riuscirà meglio in HXH (perlomeno fino a Greed Island).
Ho iniziato a interessarmi a questa storia vedendo una puntata dell'anime; ovviamente non ci capii nulla, ma mi prese subito per le dinamiche e i disegni, e quindi mi informai su questo manga. Da qui scoprii una storia molto ben fatta, affascinante e coinvolgente. C'è stato qualcosa che non mi è piaciuto molto, ma andiamo con ordine.
La storia narra le avventure del giovane Yusuke Urameshi, piccolo teppista di 14 anni che si diverte a fare risse, a procurare casini a scuola e a scontrarsi con bande rivali. Tutti lo temono, anche i professori, ma una persona riesce a controllarlo: si tratta della sua "amica" Keiko, che più avanti nella storia diverrà la sua fidanzata. Il tutto comincia con un gesto "insolito" da parte di Yusuke, cioè durante un incidente stradale salva la vita a un bambino, al prezzo della propria. Sarà proprio questo gesto che porrà dei dubbi sul destino dell'anima di Yusuke da parte del piccolo Enma, giudice dei morti buddista, che sta sostituendo momentaneamente il padre (il grande Enma). L'anima di Yusuke si ritroverà a vagare per la Terra senza una destinazione precisa finché non si sarà presa una decisione. In questo frangente incontra Botan, una versione femminile e tenera di Caronte, il traghettatore di anime, che lo informa che dovrà per ora aiutarla nel suo lavoro. Questo punto della storia però è solo una introduzione, perché poi Yusuke si distinguerà per il buon lavoro fatto e diventerà un detective del regno dei morti. Incontrerà sulla sua strada Hiei e Kurama, due demoni inizialmente da contrastare, ma che poi saranno i suoi preziosi alleati. In più scoprirà che un suo vecchio nemico terreno, un suo compagno di scuola di nome Kuwabara, possiede le abilità necessarie per aiutarlo nelle sue missioni.
Ma tutto questo è una riduzione all'essenza della storia, che cambia fronte, non è per nulla ripetitiva, e vedrà tornei nel mondo demoniaco, giochi di intelligenza, e guerre nel mondo dei demoni per la supremazia. Yusuke scoprirà di non essere un semplice terrestre, ma molto di più...
Il finale è bruttino rispetto a tutta la storia, ed è il motivo dell'8. È un po' tagliato, sbrigativo, come se non ci fossero stati i presupposti per un gran finale (che invece c'erano tutti). È difficile spiegare senza rivelare, ma se devo trovare un difetto è senza dubbio il finale.
Nonostante ciò, è un fumetto che consiglio, molto veloce (soprattutto finita la parte iniziale introduttiva), interessante e coinvolgente.
Per alcuni questo è considerato il capolavoro di Yoshihiro Togashi, mentre io, sebbene le lodi che ho fatto fino ad ora, non lo reputo tale. A dispetto del fatto che il Hunter x Hunter non sia ancora concluso, lo reputo di un livello superiore. Amanti degli shounen, fatevi avanti: Yu degli spettri non può mancare tra le vostre letture!
La storia narra le avventure del giovane Yusuke Urameshi, piccolo teppista di 14 anni che si diverte a fare risse, a procurare casini a scuola e a scontrarsi con bande rivali. Tutti lo temono, anche i professori, ma una persona riesce a controllarlo: si tratta della sua "amica" Keiko, che più avanti nella storia diverrà la sua fidanzata. Il tutto comincia con un gesto "insolito" da parte di Yusuke, cioè durante un incidente stradale salva la vita a un bambino, al prezzo della propria. Sarà proprio questo gesto che porrà dei dubbi sul destino dell'anima di Yusuke da parte del piccolo Enma, giudice dei morti buddista, che sta sostituendo momentaneamente il padre (il grande Enma). L'anima di Yusuke si ritroverà a vagare per la Terra senza una destinazione precisa finché non si sarà presa una decisione. In questo frangente incontra Botan, una versione femminile e tenera di Caronte, il traghettatore di anime, che lo informa che dovrà per ora aiutarla nel suo lavoro. Questo punto della storia però è solo una introduzione, perché poi Yusuke si distinguerà per il buon lavoro fatto e diventerà un detective del regno dei morti. Incontrerà sulla sua strada Hiei e Kurama, due demoni inizialmente da contrastare, ma che poi saranno i suoi preziosi alleati. In più scoprirà che un suo vecchio nemico terreno, un suo compagno di scuola di nome Kuwabara, possiede le abilità necessarie per aiutarlo nelle sue missioni.
Ma tutto questo è una riduzione all'essenza della storia, che cambia fronte, non è per nulla ripetitiva, e vedrà tornei nel mondo demoniaco, giochi di intelligenza, e guerre nel mondo dei demoni per la supremazia. Yusuke scoprirà di non essere un semplice terrestre, ma molto di più...
Il finale è bruttino rispetto a tutta la storia, ed è il motivo dell'8. È un po' tagliato, sbrigativo, come se non ci fossero stati i presupposti per un gran finale (che invece c'erano tutti). È difficile spiegare senza rivelare, ma se devo trovare un difetto è senza dubbio il finale.
Nonostante ciò, è un fumetto che consiglio, molto veloce (soprattutto finita la parte iniziale introduttiva), interessante e coinvolgente.
Per alcuni questo è considerato il capolavoro di Yoshihiro Togashi, mentre io, sebbene le lodi che ho fatto fino ad ora, non lo reputo tale. A dispetto del fatto che il Hunter x Hunter non sia ancora concluso, lo reputo di un livello superiore. Amanti degli shounen, fatevi avanti: Yu degli spettri non può mancare tra le vostre letture!
<b>[Attenzione, questa recensione contiene spoiler.]</b>
Una delle mie serie preferite, nonostante sia da molti ritenuti una scopiazzata continua su tanti aspetti. Il fatto è che Togashi ha sì preso spunti, in primis Dragonball e poi JoJo, ma li ha comunque utilizzati alla sua maniera, rivisitandoli e correggendoli. Anche il cast, alla fin della fiera ha tanti personaggi che ne ricorderanno altri (Andromeda, Sakuragi, Vegeta, Josuke Hishigata, etc..) ma saranno comunque tutti molto diversi dagli originali. Togashi possiede una capacità che ormai ritengo morta a quasi tutti gli autori di shonen in circolazione: la voglia di stupire e cambiar le carte in tavola, senza mai adagiarsi su cose banali o che si sapevano già. Un esempio è la seconda serie: se nella prima Yusuke batteva il più forte demone presente sulla Terra, l'autore crea nemici che su carta sono molto più deboli dei protagonisti (a parte Sensui) ma che comunque fan correre loro dei bei rischi. Infine il personaggio di Yusuke è una cosa stupenda, capace di fare di tutto ovunque, dalle gag a un passo dalla sua morte al pentirsi di aver vinto perché non lo convinceva la vittoria. L'ultimo torneo non ci viene mostrato, sopratutto a causa della stanchezza dell'autore, ma anche perché non si rischiava nessun pericolo e in fondo nessuno dei quattro principali arriva neppure in finale. Credibile pure il personaggio di Kuwabara, praticamente la ruota bucata della squadra che, nonostante la sua scarsità, più di una volta si dimostrerà fondamentale al team. Unica pecca, Hiei, come han già detto altri, troppo simile a Vegeta, persino l'autore si stancherà di lui come personaggio, tanto che nella seconda serie farà solo pochissime cose, lasciando più sotto i riflettori perfino Enma jr.
Una delle mie serie preferite, nonostante sia da molti ritenuti una scopiazzata continua su tanti aspetti. Il fatto è che Togashi ha sì preso spunti, in primis Dragonball e poi JoJo, ma li ha comunque utilizzati alla sua maniera, rivisitandoli e correggendoli. Anche il cast, alla fin della fiera ha tanti personaggi che ne ricorderanno altri (Andromeda, Sakuragi, Vegeta, Josuke Hishigata, etc..) ma saranno comunque tutti molto diversi dagli originali. Togashi possiede una capacità che ormai ritengo morta a quasi tutti gli autori di shonen in circolazione: la voglia di stupire e cambiar le carte in tavola, senza mai adagiarsi su cose banali o che si sapevano già. Un esempio è la seconda serie: se nella prima Yusuke batteva il più forte demone presente sulla Terra, l'autore crea nemici che su carta sono molto più deboli dei protagonisti (a parte Sensui) ma che comunque fan correre loro dei bei rischi. Infine il personaggio di Yusuke è una cosa stupenda, capace di fare di tutto ovunque, dalle gag a un passo dalla sua morte al pentirsi di aver vinto perché non lo convinceva la vittoria. L'ultimo torneo non ci viene mostrato, sopratutto a causa della stanchezza dell'autore, ma anche perché non si rischiava nessun pericolo e in fondo nessuno dei quattro principali arriva neppure in finale. Credibile pure il personaggio di Kuwabara, praticamente la ruota bucata della squadra che, nonostante la sua scarsità, più di una volta si dimostrerà fondamentale al team. Unica pecca, Hiei, come han già detto altri, troppo simile a Vegeta, persino l'autore si stancherà di lui come personaggio, tanto che nella seconda serie farà solo pochissime cose, lasciando più sotto i riflettori perfino Enma jr.
Yusuke Urameshi è un giovane teppistello, in realtà dal buon cuore. Un giorno, per salvare un bambino da una macchina che stava per investirlo, muore. Arrivato nell'aldilà apprende dal re degli inferi, Koenma (o anche Enma jr.), che avrà la possibilità di tornare in vita riparando alle cattive azioni, portando aiuto agli altri spiriti. Yusuke inizierà quindi le sue missioni aiutato dalla guida degli inferi, Botan. Dopo essere riuscito a tornare in vita, Yusuke diventerà un “detective” del mondo spirituale e dovrà perciò affrontare una serie di sfide contro demoni malvagi.
Ho iniziato la lettura di Yu degli Spettri a partire dal numero 10, quindi un po' oltre la metà dell'opera, spinto dall'anime che al tempo era stato trasmesso in un paio di passaggi ma che, probabilmente per una localizzazione non ultimata completamente, si interrompeva sempre a un certo punto. Pertanto posso senz'altro dire che il titolo mi aveva preso molto se ho deciso di continuarlo senza aspettare il completamento dei lavori sulla versione italiana dell'anime.
Yu degli spettri (in originale Yu yu Hakusho o più semplicemente Yu Yu come era anche indicato nei palinsesti delle TV) ha il suo principale punto di forza nella sua varietà. Una varietà di situazioni che l'autore, Yoshihiro Togashi, riesce a proporre a cominciare dall'inizio abbastanza originale, fino a riprendere e rivisitare in modo personale diversi elementi e situazioni quali il torneo di lotta o il mondo sotto minaccia, già visti in titoli precedenti come Saint Seiya, Ken il Guerriero, Dragon Ball... In tutto ciò si muove un cast decisamente riuscito e ben assortito, non solo nel team dei protagonisti costituito da Yusuke, Kuwabara, Kurama (i miei preferiti) e Hiei, ma anche nei “supporters” tra cui Botan e Keiko (amica d'infanzia di Yusuke) fino ai vari malvagi; non si può quindi dire che troveremo una figura fuori posto.
La varietà che questo titolo propone non si limita però alla sola storia, ma si riscontra anche nello stile di disegno. Togashi riesce infatti nel giro di una o due pagine a passare a stili di disegno molto diversi fra loro e a volte a utilizzarli contemporaneamente nella stessa tavola. Vedremo quindi il classico un po' semplificato tratto da shonen cedere il passo a uno estremamente realistico, oppure all'apparire di muscolosissimi figuri degni del miglior Ken Shiro, o di grotteschi quanto minacciosi demoni, per finire magari con scontri disegnati o meglio schizzati “a mò di storyboard” che più che mostrare un'immagine fanno percepire il flusso del movimento e dello scontro. Personalmente non prediligo molto uno stile come questo e preferisco vedere tavole più pulite ma devo ammettere che il risultato finale è di indubbio effetto.
Il quadro generale va poi a impreziosirsi con numerosi richiami e riferimenti alle culture e religioni orientali e con l'inserimento di molti dettagli “tecnici” che contribuiscono a organizzare e ordinare in un modo molto completo l'universo creato dall'autore.
Un capolavoro dunque? Purtroppo no. Yu degli Spettri rimane vittima di se stesso e del suo ben oliato meccanismo. Il punto critico si ha nel finale quando nel 17° volume si gettano le premesse per l'inizio di una grandiosa saga finale. Per arcane ragioni però Togashi la sviluppa e la porta a termine nel giro di appena due volumi e, inoltre, per conservare l'organizzazione fin qui sviluppata e mantenere quindi un senso compiuto, finisce paradossalmente per snaturare tutto ciò che di buono era stato portato avanti per molti volumi, inclusi i personaggi e le meccaniche della storia. Anche la grafica in generale ne risente, causa il ricorso massiccio allo stile “schizzato” e a tavole molto più semplici e povere di dettagli. Il volume finale è riservato unicamente alla chiusura delle vicende ma con un ritmo che si è ormai abbassato e con una storia che stancamente si avvia alla conclusione.
Yu degli Spettri è una lettura interessante e a tratti molto coinvolgente che si rivolge in modo particolare agli appassionati di shonen e può essere consigliata anche a chi cerca una storia di impianto classico ma con diversi elementi di originalità. Senza dubbio anche chi ha iniziato da poco a leggere manga potrà con piacere riscoprire quest'opera, magari recuperandola gradualmente nell'attesa delle, ormai diradate, uscite dei titoli di punta più recenti.
Ho iniziato la lettura di Yu degli Spettri a partire dal numero 10, quindi un po' oltre la metà dell'opera, spinto dall'anime che al tempo era stato trasmesso in un paio di passaggi ma che, probabilmente per una localizzazione non ultimata completamente, si interrompeva sempre a un certo punto. Pertanto posso senz'altro dire che il titolo mi aveva preso molto se ho deciso di continuarlo senza aspettare il completamento dei lavori sulla versione italiana dell'anime.
Yu degli spettri (in originale Yu yu Hakusho o più semplicemente Yu Yu come era anche indicato nei palinsesti delle TV) ha il suo principale punto di forza nella sua varietà. Una varietà di situazioni che l'autore, Yoshihiro Togashi, riesce a proporre a cominciare dall'inizio abbastanza originale, fino a riprendere e rivisitare in modo personale diversi elementi e situazioni quali il torneo di lotta o il mondo sotto minaccia, già visti in titoli precedenti come Saint Seiya, Ken il Guerriero, Dragon Ball... In tutto ciò si muove un cast decisamente riuscito e ben assortito, non solo nel team dei protagonisti costituito da Yusuke, Kuwabara, Kurama (i miei preferiti) e Hiei, ma anche nei “supporters” tra cui Botan e Keiko (amica d'infanzia di Yusuke) fino ai vari malvagi; non si può quindi dire che troveremo una figura fuori posto.
La varietà che questo titolo propone non si limita però alla sola storia, ma si riscontra anche nello stile di disegno. Togashi riesce infatti nel giro di una o due pagine a passare a stili di disegno molto diversi fra loro e a volte a utilizzarli contemporaneamente nella stessa tavola. Vedremo quindi il classico un po' semplificato tratto da shonen cedere il passo a uno estremamente realistico, oppure all'apparire di muscolosissimi figuri degni del miglior Ken Shiro, o di grotteschi quanto minacciosi demoni, per finire magari con scontri disegnati o meglio schizzati “a mò di storyboard” che più che mostrare un'immagine fanno percepire il flusso del movimento e dello scontro. Personalmente non prediligo molto uno stile come questo e preferisco vedere tavole più pulite ma devo ammettere che il risultato finale è di indubbio effetto.
Il quadro generale va poi a impreziosirsi con numerosi richiami e riferimenti alle culture e religioni orientali e con l'inserimento di molti dettagli “tecnici” che contribuiscono a organizzare e ordinare in un modo molto completo l'universo creato dall'autore.
Un capolavoro dunque? Purtroppo no. Yu degli Spettri rimane vittima di se stesso e del suo ben oliato meccanismo. Il punto critico si ha nel finale quando nel 17° volume si gettano le premesse per l'inizio di una grandiosa saga finale. Per arcane ragioni però Togashi la sviluppa e la porta a termine nel giro di appena due volumi e, inoltre, per conservare l'organizzazione fin qui sviluppata e mantenere quindi un senso compiuto, finisce paradossalmente per snaturare tutto ciò che di buono era stato portato avanti per molti volumi, inclusi i personaggi e le meccaniche della storia. Anche la grafica in generale ne risente, causa il ricorso massiccio allo stile “schizzato” e a tavole molto più semplici e povere di dettagli. Il volume finale è riservato unicamente alla chiusura delle vicende ma con un ritmo che si è ormai abbassato e con una storia che stancamente si avvia alla conclusione.
Yu degli Spettri è una lettura interessante e a tratti molto coinvolgente che si rivolge in modo particolare agli appassionati di shonen e può essere consigliata anche a chi cerca una storia di impianto classico ma con diversi elementi di originalità. Senza dubbio anche chi ha iniziato da poco a leggere manga potrà con piacere riscoprire quest'opera, magari recuperandola gradualmente nell'attesa delle, ormai diradate, uscite dei titoli di punta più recenti.
Yu degli spettri (in origine Yu Yu Hakusho) è un manga di Yoshihiro Togashi noto anche per il più recente Hunter X Hunter. Il protagonista del manga è Yusuke Urameshi, è noto per il suo carattere ribelle e violento. Yusuke morira per salvare un bambino ma non potrà andare nel regno dei morti perchè il bambino non sarebbe morto nell'incidente e nessuno nell'altro mondo aveva previsto che una persona come Yusuke potesse sacrificarsi per un bambino, quindi non ci sono posti nell'aldilà.
Yusuke dovrà quindi compiere delle buone azioni sotto forma di fantasma per poter tornare in vita, questo aiutato da Botan, una traghettatrice di anime il cui compito dovrebbe essere quello di scortare le anime nel regno dei morti. Le buone azioni di Yusuke lo vedranno spesso prodigarsi per Keiko, una ragazza con cui ha un rapporto di amore non dichiarato, e per Kuwabara, un teppista suo rivale.
Detta così la trama potrebbe trarre in inganno, infatti una volta tornato in vita Yuseke diventerà un detective del mondo spirituale e acquisirà diversi poteri spirituali che gli permetteranno di affrontare demoni sempre più forti, affiancato da personaggi come Kuwabara, Kurama e Hiei, due demoni dall'aspetto simile a quello umano che, seppur in principio nemici di Yusuke finiranno per diventare suoi compagni.
Unica pecca del manga è un finale troppo improvviso che tronca in due l'ultima saga dovuto all'editore che forzò l'autore a continuare l'opera pur essendo troppo stressato dai ritmi di produzione, e che quindi ha dovuto mollare a metà l'opera. Questa non è però incompiuta, vengono chiariti tutti i dubbi, e ci sono anche di versi capitoli che fanno da epilogo, ma il tutto avviene troppo improvvisamente.
Il manga, pur essendo un po' vecchio, è indubbiamente uno migliori shonen su piazza, anche se l'edizione Star Comics risale all'epoca in cui questa usava una carta di scarsa qualità; ma proprio perchè è un manga della Star dovrebbe essere ancora reperibile.
Il Yoshihiro Togashi che all'inizio sembra molto semplice, progredirà in modo sorprendente nel giro di pochissimi volumi.
Il manga è in definitiva davvero bello e, pur avendolo letto molto tempo fa, mi evoca ancora bei ricordi e ogni tanto mi piace risfogliarlo. Quindi ritengo che non possa mancare nella vostra collezione se vi piacciono gli shonen.
Yusuke dovrà quindi compiere delle buone azioni sotto forma di fantasma per poter tornare in vita, questo aiutato da Botan, una traghettatrice di anime il cui compito dovrebbe essere quello di scortare le anime nel regno dei morti. Le buone azioni di Yusuke lo vedranno spesso prodigarsi per Keiko, una ragazza con cui ha un rapporto di amore non dichiarato, e per Kuwabara, un teppista suo rivale.
Detta così la trama potrebbe trarre in inganno, infatti una volta tornato in vita Yuseke diventerà un detective del mondo spirituale e acquisirà diversi poteri spirituali che gli permetteranno di affrontare demoni sempre più forti, affiancato da personaggi come Kuwabara, Kurama e Hiei, due demoni dall'aspetto simile a quello umano che, seppur in principio nemici di Yusuke finiranno per diventare suoi compagni.
Unica pecca del manga è un finale troppo improvviso che tronca in due l'ultima saga dovuto all'editore che forzò l'autore a continuare l'opera pur essendo troppo stressato dai ritmi di produzione, e che quindi ha dovuto mollare a metà l'opera. Questa non è però incompiuta, vengono chiariti tutti i dubbi, e ci sono anche di versi capitoli che fanno da epilogo, ma il tutto avviene troppo improvvisamente.
Il manga, pur essendo un po' vecchio, è indubbiamente uno migliori shonen su piazza, anche se l'edizione Star Comics risale all'epoca in cui questa usava una carta di scarsa qualità; ma proprio perchè è un manga della Star dovrebbe essere ancora reperibile.
Il Yoshihiro Togashi che all'inizio sembra molto semplice, progredirà in modo sorprendente nel giro di pochissimi volumi.
Il manga è in definitiva davvero bello e, pur avendolo letto molto tempo fa, mi evoca ancora bei ricordi e ogni tanto mi piace risfogliarlo. Quindi ritengo che non possa mancare nella vostra collezione se vi piacciono gli shonen.
Ho sempre sentito parlare, nel corso del mio avvicinamento ai manga, di Yu Yu Hakusho, di cui visionai solo qualche illustrazione e poster, innamorandomi del character design adottato nella serie animata. Non seppi di cosa parlava la serie ma, incuriosito, una volta che il manga uscì in Italia sotto il marchio Star Comics, non mi feci pregare e lo acquistai subito, previo Express, la famosa rivista contenitrice di Shueisha, che fra le altre cose portò in Italia serie come One Piece, Kenshin e Captain Tsubasa. Quando Express chiuse qualche mese più in là, acquistai la serie in monografico e volume dopo volume me ne innamorai perdutamente.
Yusuke Urameshi è un teppista dal buon cuore che muore disgraziatamente in un incidente stradale nel tentativo di salvare la vita ad un bimbo. Botan, segretaria del mondo degli Spiriti, inviata dal sommo Koenma, comunica a Yusuke che potrà tornare in vita solo se accetterà l'incarico di Detective del Mondo degli Spiriti, aiutando Koenma a catturare Demoni che sotto false spoglie seminano panico e terrore fra gli esseri umani. Nel corso della sua lunga e tortuosa avventura, Yusuke riuscirà nell'intento di resuscitare, rendendosi conto che quello che è accaduto fino ad ora, non era altro che l'inizio...
Togashi è sempre stato un autore noto ai più per tre caratteristiche:
1) Crea manga originali, divertenti, molto ragionati e per nulla scontati;
2) Stravolge il suo stile di disegno cambiandolo completamente a seconda delle scene e della trama;
3) Prende spesso lunghe pause per lo più dovute a motivi di salute.
Non so se almeno per quanto riguarda l'ultimo punto, Yu degli Spettri è esente da questa triade essendo arrivato in Italia quando in patria era già concluso, ma so per certo che i primi due punti figurano nella lista. La storia che parte in apparenza semplice e propensa ad un genere si rivoluziona poco dopo lasciando molto spazio al combattimento più che alla sceneggiatura in sé, e regalando un comparto di personaggi buoni, solitamente un quartetto (come Togashi sarà solito fare anche nella sua opera successiva "Hunter X Hunter"), e li farà affrontare un comparto di antagonisti per lo più suddiviso in squadre.
La serie si reinventerà nuovamente nelle due saghe successive, talvolta perdendo di vista il senso con cui l'autore aveva cominciato.
Visto che la sceneggiatura ami reinventarsi di continuo e lo stile di disegno talvolta offra tavole decisamente altalenanti, perché Yu degli Spettri merita la lettura? Perché è uno dei primissimi eredi post-Dragonball, perché non ne è stato influenzato molto, perché come serie vanta una caratterizzazione dei personaggi molto definita (almeno per quanto concerne protagonisti ed antagonisti), perché è un modo diverso e più adulto di scoprire uno Shonen, perché Togashi riesce a regalare diverse emozioni nonostante ami e continui a cambiare percorso senza tuttavia allungare il brodo più del dovuto.
Il voto che mi sentirei di dargli è un 7.5, solo in favore del fatto che l'8 pieno se l'è guadagnato con il sopra citato HXH, opera che ci fa capire quanto l'autore sia migliorato e che non gli permette un 9 solo a causa del maledettissimo punto 3, di cui fortunatamente, Yu degli Spettri, è esente.
Consigliato agli amanti degli Shonen di combattimento e a chi ora sta apprezzando Hunter X Hunter!
Yusuke Urameshi è un teppista dal buon cuore che muore disgraziatamente in un incidente stradale nel tentativo di salvare la vita ad un bimbo. Botan, segretaria del mondo degli Spiriti, inviata dal sommo Koenma, comunica a Yusuke che potrà tornare in vita solo se accetterà l'incarico di Detective del Mondo degli Spiriti, aiutando Koenma a catturare Demoni che sotto false spoglie seminano panico e terrore fra gli esseri umani. Nel corso della sua lunga e tortuosa avventura, Yusuke riuscirà nell'intento di resuscitare, rendendosi conto che quello che è accaduto fino ad ora, non era altro che l'inizio...
Togashi è sempre stato un autore noto ai più per tre caratteristiche:
1) Crea manga originali, divertenti, molto ragionati e per nulla scontati;
2) Stravolge il suo stile di disegno cambiandolo completamente a seconda delle scene e della trama;
3) Prende spesso lunghe pause per lo più dovute a motivi di salute.
Non so se almeno per quanto riguarda l'ultimo punto, Yu degli Spettri è esente da questa triade essendo arrivato in Italia quando in patria era già concluso, ma so per certo che i primi due punti figurano nella lista. La storia che parte in apparenza semplice e propensa ad un genere si rivoluziona poco dopo lasciando molto spazio al combattimento più che alla sceneggiatura in sé, e regalando un comparto di personaggi buoni, solitamente un quartetto (come Togashi sarà solito fare anche nella sua opera successiva "Hunter X Hunter"), e li farà affrontare un comparto di antagonisti per lo più suddiviso in squadre.
La serie si reinventerà nuovamente nelle due saghe successive, talvolta perdendo di vista il senso con cui l'autore aveva cominciato.
Visto che la sceneggiatura ami reinventarsi di continuo e lo stile di disegno talvolta offra tavole decisamente altalenanti, perché Yu degli Spettri merita la lettura? Perché è uno dei primissimi eredi post-Dragonball, perché non ne è stato influenzato molto, perché come serie vanta una caratterizzazione dei personaggi molto definita (almeno per quanto concerne protagonisti ed antagonisti), perché è un modo diverso e più adulto di scoprire uno Shonen, perché Togashi riesce a regalare diverse emozioni nonostante ami e continui a cambiare percorso senza tuttavia allungare il brodo più del dovuto.
Il voto che mi sentirei di dargli è un 7.5, solo in favore del fatto che l'8 pieno se l'è guadagnato con il sopra citato HXH, opera che ci fa capire quanto l'autore sia migliorato e che non gli permette un 9 solo a causa del maledettissimo punto 3, di cui fortunatamente, Yu degli Spettri, è esente.
Consigliato agli amanti degli Shonen di combattimento e a chi ora sta apprezzando Hunter X Hunter!
Premetto che mi sono avvicinato a questo manga con molto scetticismo... mio nipote lo elogiava e così dopo tanto tempo ho deciso di recuperarlo per leggerlo. Non so perchè, ma c'è sempre stato qualcosa che non mi convinceva; sarà lo stile di disegno dei personaggi (a mio parere non eccezionale), sarà il protagonista in se, ma fino ad oggi non avevo mai avuto la voglia di iniziare a leggerlo, e ora che l'ho finito devo ammettere che in parte mi sono dovuto ricredere. Sicuramente non è un capolavoro assoluto: i personaggi sono quasi tutti anonimi (si salva Kurama ma gli altri...) il protagonista non mi ha colpito più di tanto, Hiei è strastereotipato e Kuwabara orribile. Ma devo ammettere che c'è qualcosa che affascina, qualcosa di difficilmente spiegabile a dire il vero. L'inizio è molto interessante ed insolito, poi all'inizio del torneo cadiamo nel più classico degli stereotipi, fino a quando la trama si risolleva alla fine dello stesso, con l'entrata in scena dei 3 ragazzi che mettono alla prova Yusuke e l'arrivo in seguito dei sette... per poi riappiattirsi in seguito e concludersi in maniera del tutto frettolosa e pessima a mio parere. Alti e bassi insomma in questo che è un manga che tuttavia consiglio di leggere almeno una volta: non sarà il massimo in fatto di manga, ma sicuramente è un discreto passatempo.
Yu degli Spettri è stato uno dei primi principali manga shonen di combattimento (anzi credo il terzo dopo Dragon Ball e Saint Seya); nato dalla mente di Yoshihiro Togashi, stesso futuro autore di Hunter x Hunter.
Parto con questa recensione dicendo che lo ritengo molto simile a Dragon Ball, tanto che può essere definito come il suo successore o il "nuovo dragon ball", e per questo quindi molti storceranno il naso, mentre molti altri fan di shonen di combattimento puri potrebbero gradire.
Certo che questa somiglianza porta sia aspetti negativi che aspetti positivi.
Per quanto riguarda quelli positivi i combattimenti sono molto combattuti e tirati fino all'ultimo sangue, con vittorie date da eventuali risvegli interiori di energia spirituale e simili, insomma in stile Dragon Ball, come piace a molti.
Il punto debole è che però spesso è fin troppo simile a Dragon Ball, ad esempio il combattimento di Yusuke contro Toguro (seppur bellissimo, soprattutto l'espiazione, non dico altro per non fare spoiler) alla fine sembra praticamente Gohan vs Cell!
Altri difetti di questo manga sono forse un numero esagerato di combattimenti nel primo torneo, ma questo potrebbe anche piacere ad alcuni, ma lo dico proprio perchè mi sembra che siano presenti in quantità spropositata, anche rispetto a Dragon Ball.
Una vera e proprio trama di base non c'è, salvo il fatto che Yusuke viene nominato detective del mondo spirituale, ma poi gli eventi che si succedono danno vita loro stessi ad una trama che infine devo ammettere è ben articolata e spiegata fin nei dettagli, tanto che diversi aspetti di quest'opera sono stati ripresi da Bleach e altri anime/manga successivi. Quindi la storia procede abbastanza speditamente, anche se a volte può risultare di difficile digestione, o per i troppi combattimenti o per i troppi discorsi dei personaggi secondari, che potrebbero essere considerati filler, ma tutto sommato possiamo dire che ha un bel finale.
Invece il punto davvero forte di questo manga sono i personaggi: davvero originali e con una caratterizzazione psicologica sorprendente, eccezion fatta per Hiei che è abbastanza stereotipato, praticamente il Vegeta della situazione, ma è comunque molto apprezzato come personaggio. Yusuke è troppo divertente e simpatico, più si andrà avanti con la lettura più avrete conferma di ciò, anche perchè non è banale come molti protagonisti; Kuwabara idem e Kurama è praticamente la classe fatta personaggio!
I disegni partono discretamente e migliorano leggermente col tempo fino ad essere buoni, seppur diverse volte appariranno fondali bianchi e privi di dettagli; il chara design e le sfumature sono carine e pulite.
Un difetto presente nell'edizione italiana è purtroppo la traduzione: capita a volte di dover rileggere da capo il balloon per una traduzione errata o imprecisa dal giapponese all'italiano.
Per concludere consiglierei questo manga a tutti gli appassionati degli shonen di combattimento corpo a corpo e anche a chi cerca manga "tradizionalisti", che cioè hanno fatto la storia: infatti Yu degli Spettri riprende e amplia diverse tematiche affrontate in Dragon Ball, tanto che può essere ritenuto la sua parte complementare e difatti entrambi sono le colonne portanti di tutti i futuri shonen di combattimento.
Lo sconsiglio invece a chi cerca letture abbastanza articolate e profonde, insomma agli amanti dei seinen in generale.
Parto con questa recensione dicendo che lo ritengo molto simile a Dragon Ball, tanto che può essere definito come il suo successore o il "nuovo dragon ball", e per questo quindi molti storceranno il naso, mentre molti altri fan di shonen di combattimento puri potrebbero gradire.
Certo che questa somiglianza porta sia aspetti negativi che aspetti positivi.
Per quanto riguarda quelli positivi i combattimenti sono molto combattuti e tirati fino all'ultimo sangue, con vittorie date da eventuali risvegli interiori di energia spirituale e simili, insomma in stile Dragon Ball, come piace a molti.
Il punto debole è che però spesso è fin troppo simile a Dragon Ball, ad esempio il combattimento di Yusuke contro Toguro (seppur bellissimo, soprattutto l'espiazione, non dico altro per non fare spoiler) alla fine sembra praticamente Gohan vs Cell!
Altri difetti di questo manga sono forse un numero esagerato di combattimenti nel primo torneo, ma questo potrebbe anche piacere ad alcuni, ma lo dico proprio perchè mi sembra che siano presenti in quantità spropositata, anche rispetto a Dragon Ball.
Una vera e proprio trama di base non c'è, salvo il fatto che Yusuke viene nominato detective del mondo spirituale, ma poi gli eventi che si succedono danno vita loro stessi ad una trama che infine devo ammettere è ben articolata e spiegata fin nei dettagli, tanto che diversi aspetti di quest'opera sono stati ripresi da Bleach e altri anime/manga successivi. Quindi la storia procede abbastanza speditamente, anche se a volte può risultare di difficile digestione, o per i troppi combattimenti o per i troppi discorsi dei personaggi secondari, che potrebbero essere considerati filler, ma tutto sommato possiamo dire che ha un bel finale.
Invece il punto davvero forte di questo manga sono i personaggi: davvero originali e con una caratterizzazione psicologica sorprendente, eccezion fatta per Hiei che è abbastanza stereotipato, praticamente il Vegeta della situazione, ma è comunque molto apprezzato come personaggio. Yusuke è troppo divertente e simpatico, più si andrà avanti con la lettura più avrete conferma di ciò, anche perchè non è banale come molti protagonisti; Kuwabara idem e Kurama è praticamente la classe fatta personaggio!
I disegni partono discretamente e migliorano leggermente col tempo fino ad essere buoni, seppur diverse volte appariranno fondali bianchi e privi di dettagli; il chara design e le sfumature sono carine e pulite.
Un difetto presente nell'edizione italiana è purtroppo la traduzione: capita a volte di dover rileggere da capo il balloon per una traduzione errata o imprecisa dal giapponese all'italiano.
Per concludere consiglierei questo manga a tutti gli appassionati degli shonen di combattimento corpo a corpo e anche a chi cerca manga "tradizionalisti", che cioè hanno fatto la storia: infatti Yu degli Spettri riprende e amplia diverse tematiche affrontate in Dragon Ball, tanto che può essere ritenuto la sua parte complementare e difatti entrambi sono le colonne portanti di tutti i futuri shonen di combattimento.
Lo sconsiglio invece a chi cerca letture abbastanza articolate e profonde, insomma agli amanti dei seinen in generale.
Considerato uno dei pilastri dello shonen di combattimento, Yu Yu Hakusho di Yoshihiro Togashi è indubbiamente uno dei più famosi e imitati al giorno d'oggi (vedi Bleach, Shaman King o Ga-Rei).
Beh, senza dubbio l'incipit è uno dei più originali, bisogna dargliene atto: il teppistello Yusuke Urameshi, in un inaspettato slancio di bontà, compie una buona azione che lo porta a morire e si trova a dover affrontare una serie di prove che gli permetteranno di tornare in vita.
La situazione che troviamo nei primi due volumetti è originale e interessante. Ci si affeziona a questo inusuale protagonista, alla sua scapestrata madre, all'amico/rivale sensitivo Kazuma Kuwabara, alla "traghettatrice" Botan, al buffissimo Koenma, figlio del re degli inferi, ma soprattutto all'amica d'infanzia Keiko Yukimura, la protagonista femminile dal carattere forte che è da sempre innamorata (e, in fondo, ricambiata) di Yusuke.
Una volta sbrogliata questa spinosa situazione iniziale, a Yusuke verrà affidato l'inusuale incarico di detective del mondo spirituale, e assisteremo ad una serie di missioni che coinvolgeranno esseri sovrannaturali. Approfondiremo la conoscenza dei personaggi summenzionati e ne conosceremo di nuovi, tra i quali spiccheranno i due spettri Hiei e Kurama, che si uniranno a Yusuke e Kuwabara per aiutarli nelle missioni impartitegli da Koenma.
Da questo momento in poi, avremo combattimenti, allenamenti, tecniche segrete, power up e persino un torneo di arti marziali in salsa mistica, che prenderà quasi metà del fumetto e ne rappresenta la parte meglio riuscita.
I protagonisti, le loro storie personali, le loro tecniche di combattimento, i legami che intercorrono tra loro, l’universo in cui agiscono, i personaggi contro cui si battono, i sentimenti provati durante la lotta. Tutto ciò funziona liscio come l’olio e Yu Yu Hakusho coinvolge e appassiona il lettore.
Concluso il torneo, una nuova parte della storia, che vede Yusuke e compagnia contrapposti ad un ex detective del mondo spirituale ora trasformatosi in un folle schizofrenico assetato di sangue.
Il cerchio si chiude, tutti gli elementi finora visti all’interno della storia sembrano concatenarsi e arriviamo a quella che parrebbe essere la miglior conclusione possibile per la vicenda di Yusuke, ma già dalle ultime battute di questa saga il meccanismo si incrina e appare nella storia un elemento di disturbo che, ahimè, darà il “la” per altri tre volumi del fumetto, contenenti la saga finale.
Tutto quello che l’autore aveva costruito di buono nei volumi passati viene gettato al vento negli ultimi tre: la caratterizzazione e il modus operandi dei personaggi viene devastata, si hanno delle incongruenze con quanto narrato in precedenza, si dà risalto a nuovi personaggi di dubbia utilità mentre i protagonisti (o comunque i comprimari principali) vengono dimenticati, le molte parentesi sentimentali aperte nel corso della storia vengono chiuse in maniera superficialissima, i discorsi si fanno incomprensibili, la narrazione si fa velocissima, superficiale e frammentaria.
Gli ultimi tre volumi (e l’ultimissimo in particolare) spiazzano e annoiano il lettore, e nessuno lo biasimerà se questi prenderà la decisione di leggerli svogliatamente, saltando le vignette più incomprensibili e superflue in attesa di trovare qualcosa di convincente che però non arriva mai.
Dispiace davvero, che la storia abbia preso questa piega, poiché negli ultimi volumi c’erano alcuni risvolti di trama e alcuni nuovi personaggi interessanti (come il gigantesco e bonario Enki) che però sono stati sfruttati poco e male, e avrebbero potuto essere inseriti nella saga precedente evitando questo scempio.
Yoshihiro Togashi è un disegnatore bizzarro. Riesce a dipingere grandi ed espressivi occhi da shojo manga e personaggi virili e muscolosi da shonen manga old school, azzeccatissimi personaggi di ogni forma, età, sesso, razza e colore, siparietti comici in superdeformed con espressioni buffissime, personaggi umoristici di irresistibile simpatia e di stampo Toriyamesco, bellissimi personaggi femminili, scene d’azione di grande effetto (che ricordano, di tanto in tanto, lo stile di Akira Toriyama nel suo Dragon Ball Z), scene splatter di grande crudeltà e violenza, mostri spaventosi e raccapriccianti, e visi adulti e complessi in stile occidentale, quasi più adatti a un fumetto di stampo Bonelliano che a uno shonen di Jump.
Togashi cambia stile di disegno quasi a comando, riuscendo a regalarci sia tavole di irresistibile bellezza, sia tavole scarne e davvero poco ispirate.
Lo stile di disegno ricalca un po’ quella bizzarria, quell’incertezza, quel senso di non appartenenza a un genere specifico che Yu Yu Hakusho si porta dietro persino nella trama.
Yu Yu Hakusho è sicuramente abbastanza sopravvalutato ma, a ben pensarci, è in un certo senso giusto che ai tempi lo si considerasse l’erede di Dragon Ball Z, dato che vi troviamo scene d’azione di uguale intensità, capaci di farsi seguire dal lettore con immensa passione.
E’ una produzione sicuramente atipica e bizzarra, che non riesce a incastonarsi in un genere specifico e a trovare la sua strada, e cambia le carte in tavola più e più volte nel corso del suo svolgimento, senza riuscire a definirsi una volta per tutte.
Ciononostante riesce a farsi leggere con grandissima passione e, rileggendolo a freddo, si riescono a trovare alcune linee guida che possano aiutare il lettore a comprenderne la vera essenza.
Dispiace davvero avere un finale così insensato ma, ignorando quello, Yu Yu Hakusho si rivela un’opera appassionante. Ben lungi dall’essere un capolavoro, ma quantomeno meritevole di un’occhiata.
Beh, senza dubbio l'incipit è uno dei più originali, bisogna dargliene atto: il teppistello Yusuke Urameshi, in un inaspettato slancio di bontà, compie una buona azione che lo porta a morire e si trova a dover affrontare una serie di prove che gli permetteranno di tornare in vita.
La situazione che troviamo nei primi due volumetti è originale e interessante. Ci si affeziona a questo inusuale protagonista, alla sua scapestrata madre, all'amico/rivale sensitivo Kazuma Kuwabara, alla "traghettatrice" Botan, al buffissimo Koenma, figlio del re degli inferi, ma soprattutto all'amica d'infanzia Keiko Yukimura, la protagonista femminile dal carattere forte che è da sempre innamorata (e, in fondo, ricambiata) di Yusuke.
Una volta sbrogliata questa spinosa situazione iniziale, a Yusuke verrà affidato l'inusuale incarico di detective del mondo spirituale, e assisteremo ad una serie di missioni che coinvolgeranno esseri sovrannaturali. Approfondiremo la conoscenza dei personaggi summenzionati e ne conosceremo di nuovi, tra i quali spiccheranno i due spettri Hiei e Kurama, che si uniranno a Yusuke e Kuwabara per aiutarli nelle missioni impartitegli da Koenma.
Da questo momento in poi, avremo combattimenti, allenamenti, tecniche segrete, power up e persino un torneo di arti marziali in salsa mistica, che prenderà quasi metà del fumetto e ne rappresenta la parte meglio riuscita.
I protagonisti, le loro storie personali, le loro tecniche di combattimento, i legami che intercorrono tra loro, l’universo in cui agiscono, i personaggi contro cui si battono, i sentimenti provati durante la lotta. Tutto ciò funziona liscio come l’olio e Yu Yu Hakusho coinvolge e appassiona il lettore.
Concluso il torneo, una nuova parte della storia, che vede Yusuke e compagnia contrapposti ad un ex detective del mondo spirituale ora trasformatosi in un folle schizofrenico assetato di sangue.
Il cerchio si chiude, tutti gli elementi finora visti all’interno della storia sembrano concatenarsi e arriviamo a quella che parrebbe essere la miglior conclusione possibile per la vicenda di Yusuke, ma già dalle ultime battute di questa saga il meccanismo si incrina e appare nella storia un elemento di disturbo che, ahimè, darà il “la” per altri tre volumi del fumetto, contenenti la saga finale.
Tutto quello che l’autore aveva costruito di buono nei volumi passati viene gettato al vento negli ultimi tre: la caratterizzazione e il modus operandi dei personaggi viene devastata, si hanno delle incongruenze con quanto narrato in precedenza, si dà risalto a nuovi personaggi di dubbia utilità mentre i protagonisti (o comunque i comprimari principali) vengono dimenticati, le molte parentesi sentimentali aperte nel corso della storia vengono chiuse in maniera superficialissima, i discorsi si fanno incomprensibili, la narrazione si fa velocissima, superficiale e frammentaria.
Gli ultimi tre volumi (e l’ultimissimo in particolare) spiazzano e annoiano il lettore, e nessuno lo biasimerà se questi prenderà la decisione di leggerli svogliatamente, saltando le vignette più incomprensibili e superflue in attesa di trovare qualcosa di convincente che però non arriva mai.
Dispiace davvero, che la storia abbia preso questa piega, poiché negli ultimi volumi c’erano alcuni risvolti di trama e alcuni nuovi personaggi interessanti (come il gigantesco e bonario Enki) che però sono stati sfruttati poco e male, e avrebbero potuto essere inseriti nella saga precedente evitando questo scempio.
Yoshihiro Togashi è un disegnatore bizzarro. Riesce a dipingere grandi ed espressivi occhi da shojo manga e personaggi virili e muscolosi da shonen manga old school, azzeccatissimi personaggi di ogni forma, età, sesso, razza e colore, siparietti comici in superdeformed con espressioni buffissime, personaggi umoristici di irresistibile simpatia e di stampo Toriyamesco, bellissimi personaggi femminili, scene d’azione di grande effetto (che ricordano, di tanto in tanto, lo stile di Akira Toriyama nel suo Dragon Ball Z), scene splatter di grande crudeltà e violenza, mostri spaventosi e raccapriccianti, e visi adulti e complessi in stile occidentale, quasi più adatti a un fumetto di stampo Bonelliano che a uno shonen di Jump.
Togashi cambia stile di disegno quasi a comando, riuscendo a regalarci sia tavole di irresistibile bellezza, sia tavole scarne e davvero poco ispirate.
Lo stile di disegno ricalca un po’ quella bizzarria, quell’incertezza, quel senso di non appartenenza a un genere specifico che Yu Yu Hakusho si porta dietro persino nella trama.
Yu Yu Hakusho è sicuramente abbastanza sopravvalutato ma, a ben pensarci, è in un certo senso giusto che ai tempi lo si considerasse l’erede di Dragon Ball Z, dato che vi troviamo scene d’azione di uguale intensità, capaci di farsi seguire dal lettore con immensa passione.
E’ una produzione sicuramente atipica e bizzarra, che non riesce a incastonarsi in un genere specifico e a trovare la sua strada, e cambia le carte in tavola più e più volte nel corso del suo svolgimento, senza riuscire a definirsi una volta per tutte.
Ciononostante riesce a farsi leggere con grandissima passione e, rileggendolo a freddo, si riescono a trovare alcune linee guida che possano aiutare il lettore a comprenderne la vera essenza.
Dispiace davvero avere un finale così insensato ma, ignorando quello, Yu Yu Hakusho si rivela un’opera appassionante. Ben lungi dall’essere un capolavoro, ma quantomeno meritevole di un’occhiata.
Yu Yu Hakusho è uno di quei manga che, come Dragon Ball, hanno dato vita al genere degli shonen, spianando la strada ad opere più moderne come One Piece, Bleach, Rave e Naruto.
Il titolo scelto dall'editoria italiana, "Yu degli Spettri", si riferisce solo alla prima parte della storia, in cui Yusuke, il protagonista, muore a causa di un incidente e deve svolgere alcune missioni come detective spirituale per tornare in vita. Questa attività gli darà modo di formare il suo gruppo (composto dall'impulsivo Kuwabara, dal freddo Hiei e dall'affascinante Kurama) con cui, una volta tornato in vita, vivrà pericolose avventure come un torneo delle tenebre o la caccia al terribile Sensui.
A dire il vero, ho seguito più l'anime che il manga ma, a parte qualche episodio filler (inevitabile negli anime), le trame sono per lo più identiche. La narrazione è un ben dosato mix di azione, drammaticità e gag, con assurdità varie a cui gli shonen ci hanno abituato. Davvero molto interessante, soprattutto la saga di Sensui, anche se il finale, come ha detto qualcuno prima di me, è veramente ridotto.
Della versione manga bisogna notare il disegno caratteristico di Togashi, sporco, con ambientazioni abbozzate (se non assenti) e molto spesso sintetico perfino nella caratterizzazione dei personaggi in primo piano. Un difetto o una qualità interessante? Dipende dai gusti; io avrei preferito almeno le ambientazioni un po più dettagliate.
In definitiva, Yu Yu Hakusho è un shonen molto interessante, soprattutto dalla metà in poi, dato che i primi volumi sono introduttivi, e che merita assolutamente una lettura, altrimenti vi siete persi uno degli shonen più apprezzati e meritevoli.
Il titolo scelto dall'editoria italiana, "Yu degli Spettri", si riferisce solo alla prima parte della storia, in cui Yusuke, il protagonista, muore a causa di un incidente e deve svolgere alcune missioni come detective spirituale per tornare in vita. Questa attività gli darà modo di formare il suo gruppo (composto dall'impulsivo Kuwabara, dal freddo Hiei e dall'affascinante Kurama) con cui, una volta tornato in vita, vivrà pericolose avventure come un torneo delle tenebre o la caccia al terribile Sensui.
A dire il vero, ho seguito più l'anime che il manga ma, a parte qualche episodio filler (inevitabile negli anime), le trame sono per lo più identiche. La narrazione è un ben dosato mix di azione, drammaticità e gag, con assurdità varie a cui gli shonen ci hanno abituato. Davvero molto interessante, soprattutto la saga di Sensui, anche se il finale, come ha detto qualcuno prima di me, è veramente ridotto.
Della versione manga bisogna notare il disegno caratteristico di Togashi, sporco, con ambientazioni abbozzate (se non assenti) e molto spesso sintetico perfino nella caratterizzazione dei personaggi in primo piano. Un difetto o una qualità interessante? Dipende dai gusti; io avrei preferito almeno le ambientazioni un po più dettagliate.
In definitiva, Yu Yu Hakusho è un shonen molto interessante, soprattutto dalla metà in poi, dato che i primi volumi sono introduttivi, e che merita assolutamente una lettura, altrimenti vi siete persi uno degli shonen più apprezzati e meritevoli.
Manga splendido, in cui si alternano situazioni drammatiche e di pura demenza. Il protagonista è Yusuke (si legge Yuske) Urameshi, un teppistello che muore nel tentativo di salvare un bambino che stava per essere investito. Grazie a questo gesto eroico, viene fatto resuscitare dopo aver superato varie prove. i primi 2 volumi mostrano le prove affrontate da Yusuke per tornare invita; una volta resuscitato, Yusuke sarà costretto a combattere contro nemici sempre più forti. In queste battaglie sarà aiutato da vari personaggi fra cui spiccano il suo amico/rivale Kazuma KUwabara (chiamato semplicemente Kuwabara), Shuichi Minamino/Yoku Kurama (un demone volpe reincarnatosi in un umano) e Hiei un demone dalla storia drammatica,i cui atteggiamenti (e pettinatura) ricordano Vegeta.
I combattimenti si svolgono in stile "Dragon Ball", con colpi energetici, trasformazioni ecc... tuttavia sono presenti anche elementi che ricordano per certi aspetti "Le bizzarre avventure di Jojo", l'influenza di questo manga diventa palese nella penultima saga, quella di Sensui, in cui viene introdotto un nuovo potere, la zona, i cui meccanismi ricordano quelli degli Stand (introdotti nella terza serie di jojo). Questo splendido manga avrebbe meritato il massimo dei voti, se non fosse per il finale, troppo sbrigativo (ma comunque molto bello), a causa di alcune controversie sorte fra Togashi e la Shueisha
I combattimenti si svolgono in stile "Dragon Ball", con colpi energetici, trasformazioni ecc... tuttavia sono presenti anche elementi che ricordano per certi aspetti "Le bizzarre avventure di Jojo", l'influenza di questo manga diventa palese nella penultima saga, quella di Sensui, in cui viene introdotto un nuovo potere, la zona, i cui meccanismi ricordano quelli degli Stand (introdotti nella terza serie di jojo). Questo splendido manga avrebbe meritato il massimo dei voti, se non fosse per il finale, troppo sbrigativo (ma comunque molto bello), a causa di alcune controversie sorte fra Togashi e la Shueisha