Natsu e no Tobira
Visto che si parla così male del film del 1981 tratto da questa storia sono andato alla radice dell’opera il manga del 1975 dell’autrice Keiko Takemiya.
Della Takemiya ho già recensito "Terra e…" ("Verso la terra") un opera precedente che mi era molto piaciuta. E questo Natsu e no Tobira com’è?
Diciamo che è molto melodrammatico e presenta i personaggi (perlopiù ragazzini di 13/14 anni) alle prese con il problema dell’amore.
Il protagonista Marion è ancora inesperto e forse lo disprezza, forse non lo capisce fino a quando non incontrerà una donna matura che lo svezzerà.
Amore e morte, questi temi si riaffacciano nell’opera di tanti autrici: ma come lo tratta in quest’opera la Takemiya?
Troppo sbrigativamente: fa intervenire vari personaggi in una settantina di pagine, eppure se ridotti all’essenziale tutti i personaggi sono necessari nei loro piccoli, sbrigativi ruoli.
Trovo esagerato far vedere che i personaggi si sfidano a duello a colpi di pistola (13 anni!) o che facciano sfide mortali: gli unici personaggi adulti sono Sara e il suo amante, il quale si diverte nel sapere che la donna si concede qualche sfizio…
Tutto sommato l’opera è immorale, non insegna niente ed offre il nudo del protagonista in pasto alle ragazze: fan service gratuito!
L’opera tutto sommato soddisfa mi soddisfa nella lettura, ma dal punto di vista psicologico o filosofico e proprio un opera inutile se non dannosa.
Voto sei: consigliato solo ai fan sfegatati della Takemiya che qui credo non sia proprio al suo meglio.
Della Takemiya ho già recensito "Terra e…" ("Verso la terra") un opera precedente che mi era molto piaciuta. E questo Natsu e no Tobira com’è?
Diciamo che è molto melodrammatico e presenta i personaggi (perlopiù ragazzini di 13/14 anni) alle prese con il problema dell’amore.
Il protagonista Marion è ancora inesperto e forse lo disprezza, forse non lo capisce fino a quando non incontrerà una donna matura che lo svezzerà.
Amore e morte, questi temi si riaffacciano nell’opera di tanti autrici: ma come lo tratta in quest’opera la Takemiya?
Troppo sbrigativamente: fa intervenire vari personaggi in una settantina di pagine, eppure se ridotti all’essenziale tutti i personaggi sono necessari nei loro piccoli, sbrigativi ruoli.
Trovo esagerato far vedere che i personaggi si sfidano a duello a colpi di pistola (13 anni!) o che facciano sfide mortali: gli unici personaggi adulti sono Sara e il suo amante, il quale si diverte nel sapere che la donna si concede qualche sfizio…
Tutto sommato l’opera è immorale, non insegna niente ed offre il nudo del protagonista in pasto alle ragazze: fan service gratuito!
L’opera tutto sommato soddisfa mi soddisfa nella lettura, ma dal punto di vista psicologico o filosofico e proprio un opera inutile se non dannosa.
Voto sei: consigliato solo ai fan sfegatati della Takemiya che qui credo non sia proprio al suo meglio.
Opera di una delle autrici madri dello shojo, la stessa Keiko Takemiya creatrice del celebre "Kaze to Chi no Uta" ("Il Poema del vento degli alberi") ed esponente di punta del gruppo 24 che negli anni Settanta modernizzò lo shojo classico ancora tutto pizzi e lazzi, "Natsu no Tobira" viene realizzato nella fase di rodaggio antecedente alla piena realizzazione delle innovazioni portate avanti con il Poema.
Ambientato nella Francia del XIX secolo "Natsu e no Tobira" (Una finestra sull'estate) racconta il delicato, traumatico ma inevitabile passaggio da adolescenza a giovinezza di un gruppo di liceali: l'addio all'età verde avviene per loro attraverso varie modalità; dall'iniziazione sessuale, alla consapevolezza di sé, al contatto con il mondo adulto, l'amore, la morte. Alla fine della simbolica estate dell'infanzia tutti i personaggi avranno abbandonato per sempre l'innocenza e la romantica visione della vita che li sorreggeva; la loro finestra si affaccerà su un più sterile autunno, stagione in cui la vicenda si conclude.
<b>[Attenzione spoiler]</b>
Il breve manga possiede già in nuce gli elementi che si ripresenteranno in forma molto più estrema nel Poema del vento e degli alberi: la Takemiya riesce a infrangere, seppur in modo ancora tenue, alcuni tabù dello shojo anni Settanta che raramente aveva avuto il coraggio di narrare una storia d'amore fra un ragazzo e una donna matura, con espliciti riferimenti alla sessualità e addirittura all'omosessualità. Quest'ultima non trova una trattazione approfondita come avverrà in opere successive di questa autrice, anzi è solo allusa, ma è il segno che qualcosa si sta muovendo. Infatti alle classiche storie che riempivano le riviste shojo dell'epoca, caratterizzate da vicende romantiche e serene dal roseo finale, l'autrice ribatte con una delle più riuscite rappresentazioni della drammatizzazione dell'adolescenza, tema assai caro e ripreso più tardi dalla Takemiya: crescere non è mai un processo indolore, la conoscenza dell'amore obbliga alcuni personaggi a scegliere fra questo e l'amicizia, a conoscere oscure e irrivelate parti di sé, a misurarsi con la grettezza degli adulti. Così l'amore del protagonista Marion, tutto passione idealizzata e sospiri, è distrutto dalla superficialità con cui vive i rapporti la sua amante Sara; così anche Jacques e Lindt si trovano incapaci, nella loro inesperienza, a vivere situazioni più grandi di loro; così Klaus preferisce la morte nel momento della presa di coscienza del proprio essere. Questa drammatizzazione di fondo non si traduce alla fine nella tragedia di una completa assenza di speranza di salvezza, ma è ovvio che nei cuori dei protagonisti qualcosa sia morto per sempre: è morta la capacità di guardare alla vita come solo la giovinezza riesce a fare.
La parte grafica è molto classica, la Takemiya ha il tipico stile shojo di quegli anni, morbido, volutamente decorativo ed estetizzante, uno stile che può piacere o meno agli appassionati ma sicuramente riesce a conferire espressività ai personaggi. L'unico neo rintracciabile potrebbe essere quello dell'eccessiva brevità della storia, che nella parte conclusiva viene accelerata tanto da concludere la scena clou in appena una pagina; sarebbe stato necessario un maggiore approfondimento e un numero maggiore di pagine ma non per questo il racconto appare come non riuscito. In un certo modo l'immediatezza e la frettolosità finale rivela come non ci sia più nulla da dire, la Primavera è ormai definitivamente sfiorita. "Natsu e no Tobira" è un piccolo gioiello classico, una storia che sembra uscita dalle pagine di un romanzo dell'Ottocento, perfetto preludio per la completa realizzazione della letteratura shojo che farà approdare Keiko Takemiya al "lacerante e bellissimo" (cit. Matt Thorn) "Kaze to Chi no Uta".
Ambientato nella Francia del XIX secolo "Natsu e no Tobira" (Una finestra sull'estate) racconta il delicato, traumatico ma inevitabile passaggio da adolescenza a giovinezza di un gruppo di liceali: l'addio all'età verde avviene per loro attraverso varie modalità; dall'iniziazione sessuale, alla consapevolezza di sé, al contatto con il mondo adulto, l'amore, la morte. Alla fine della simbolica estate dell'infanzia tutti i personaggi avranno abbandonato per sempre l'innocenza e la romantica visione della vita che li sorreggeva; la loro finestra si affaccerà su un più sterile autunno, stagione in cui la vicenda si conclude.
<b>[Attenzione spoiler]</b>
Il breve manga possiede già in nuce gli elementi che si ripresenteranno in forma molto più estrema nel Poema del vento e degli alberi: la Takemiya riesce a infrangere, seppur in modo ancora tenue, alcuni tabù dello shojo anni Settanta che raramente aveva avuto il coraggio di narrare una storia d'amore fra un ragazzo e una donna matura, con espliciti riferimenti alla sessualità e addirittura all'omosessualità. Quest'ultima non trova una trattazione approfondita come avverrà in opere successive di questa autrice, anzi è solo allusa, ma è il segno che qualcosa si sta muovendo. Infatti alle classiche storie che riempivano le riviste shojo dell'epoca, caratterizzate da vicende romantiche e serene dal roseo finale, l'autrice ribatte con una delle più riuscite rappresentazioni della drammatizzazione dell'adolescenza, tema assai caro e ripreso più tardi dalla Takemiya: crescere non è mai un processo indolore, la conoscenza dell'amore obbliga alcuni personaggi a scegliere fra questo e l'amicizia, a conoscere oscure e irrivelate parti di sé, a misurarsi con la grettezza degli adulti. Così l'amore del protagonista Marion, tutto passione idealizzata e sospiri, è distrutto dalla superficialità con cui vive i rapporti la sua amante Sara; così anche Jacques e Lindt si trovano incapaci, nella loro inesperienza, a vivere situazioni più grandi di loro; così Klaus preferisce la morte nel momento della presa di coscienza del proprio essere. Questa drammatizzazione di fondo non si traduce alla fine nella tragedia di una completa assenza di speranza di salvezza, ma è ovvio che nei cuori dei protagonisti qualcosa sia morto per sempre: è morta la capacità di guardare alla vita come solo la giovinezza riesce a fare.
La parte grafica è molto classica, la Takemiya ha il tipico stile shojo di quegli anni, morbido, volutamente decorativo ed estetizzante, uno stile che può piacere o meno agli appassionati ma sicuramente riesce a conferire espressività ai personaggi. L'unico neo rintracciabile potrebbe essere quello dell'eccessiva brevità della storia, che nella parte conclusiva viene accelerata tanto da concludere la scena clou in appena una pagina; sarebbe stato necessario un maggiore approfondimento e un numero maggiore di pagine ma non per questo il racconto appare come non riuscito. In un certo modo l'immediatezza e la frettolosità finale rivela come non ci sia più nulla da dire, la Primavera è ormai definitivamente sfiorita. "Natsu e no Tobira" è un piccolo gioiello classico, una storia che sembra uscita dalle pagine di un romanzo dell'Ottocento, perfetto preludio per la completa realizzazione della letteratura shojo che farà approdare Keiko Takemiya al "lacerante e bellissimo" (cit. Matt Thorn) "Kaze to Chi no Uta".