Kenja no Ishi
Se esiste qualcosa di più fastidioso di un autore che non si impegna, non può essere altro che un autore che non si impegna e te lo viene pure a dire. "Perdonatemi il fatto che non seguo gli eventi storici e faccio come mi pare, inserendo personaggi e parole fuori dal loro tempo, tanto voi comprerete ancora la mia opera, vero? Vero? Vero?": la traduzione di ciò che Akino Matsuri ha cercato di spiegare al termine del terzo volume è più o meno questa. Il che è un peccato, poiché il manga presenta già di per sé un buon numero di difetti, ma anche un buon numero di buone qualità che, senza quella nota, mi avrebbero probabilmente convinto ad assegnare un sette. E invece no, l'autore ha confermato che non c'è un minimo di buona volontà nel suo operato, quindi si beccasse questo sei e ringraziasse Dio che ai miei occhi non si merita la totale insufficienza.
"Kenja no Ishi" (lett. "Pietra dei Filosofi", "Pietra Filosofale) narra la storia di Lorenzo, un principe cipriota - caduto in disgrazia e ripudiato dalla sua famiglia - divenuto alchimista, messosi alla ricerca della favoleggiata pietra filosofale e dell'elisir di lunga vita. I viaggi di Lorenzo lo condurranno per tutta l'Europa, e lo costringeranno a scontrarsi con i vari poteri, umani o soprannaturali a seconda dei casi, che regnano nel nostro continente rivisto in chiave romanzesca. Temporalmente, il manga si colloca fra il XV e il XVI secolo, uno dei periodi più intensi della storia europea, sia in termini di personaggi che di avvenimenti; tra i personaggi incontreremo figure come Cesare Borgia, Boabdil di Granada o Giovanni de' Medici (e qui ho da aggiungere che i giapponesi devono odiarlo davvero, il povero Giovanni, altrimenti non si spiega come mai in ogni manga in cui compare venga dipinto come un babbeo), mentre tra gli avvenimenti figurano la Reconquista spagnola e la scoperta dell'America.
Come ho già spiegato, l'autore ha deciso di non preoccuparsi né della verosimiglianza storica, né di quella pratica: spiriti, magie, misteri e maledizioni fanno da contorno ad una trama già di per sé accattivante, e se si può dire qualcosa di buono riguardo a questo manga è che, perlomeno, Akino Matsuri non cerca mai di razionalizzare quanto accade all'interno della storia, e ciò dona un alone di enigma e di segreto all'intero manga. La vicenda è animata dai continui colpi di scena in stile "L'Ultimo dei Templari" (quel film con Nicolas Cage e Ron Perlman, avete presente?): l'atmosfera è la stessa, e le stregonerie che le fanno da supporto causano lo stesso grado di inquietudine (per quanto mi riguarda non un granché, ma esiste gente molto più impressionabile di me). Generalmente, tuttavia, si avverte un senso di artificialità: i personaggi spesso non si comportano come dovrebbero, ma come fa comodo all'autore, mentre le motivazioni di alcuni sono poco convincenti. Questo è un vero peccato, perché il contesto e gli eventi sono sempre molto ispirati e coinvolgenti, ma il tutto viene rovinato da una sensazione di precarietà. Alcuni elementi importanti provenienti dai capitoli precedenti vengono addirittura accantonati sin da subito.
Non c'è molto bisogno di descrivere i personaggi: come ho già detto, sono spesso mezzi di cui si serve l'autore, mai fini che necessitano un'introspezione o delle motivazioni esaurienti per le loro azioni. Il protagonista fa eccezione - e meno male, almeno lui... mi è piaciuta molto la sua caratterizzazione come personaggio ambiguo e sempre mosso da secondi fini. Quello che non possiede in termini di design lo compensa con il suo sviluppo.
Parlando proprio di design dei personaggi: non è nulla di eccezionale, ho visto di meglio, ma i costumi e gli orpelli sono molto accattivanti. Molto buone, invece, sono le rappresentazioni di luoghi realmente esistenti (esempi presi dal primo volume, l'Alhambra di Granada e Venezia), e altrettanto ben realizzate sono le ambientazioni in generale, in genere ricche di dettagli, anche se si avverte una certa carenza nell'elaborazione dei fondali.
Ah, quanto potenziale aveva un'opera del genere... e invece, vuoi per sciatteria, vuoi per incapacità, il manga non riesce ad elevarsi al di sopra della sufficienza. Mi dispiace che l'autore abbia cercato di giustificarsi anziché lavorare sodo e raddrizzare quanto di storto aveva creato, ma insomma, almeno è stato onesto. Ciò non lo rende migliore ai miei occhi né mi ispira pietà, anzi, ma perlomeno è stato onesto. O codardo? Lungi da me giudicare. Quello che conta è il resoconto finale dell'opera: difettoso in termini di trama, abbastanza incisivo dal punto di vista grafico, "Kenja no Ishi" cavalca quella linea di demarcazione fra il mediocre e l'appassionante. Come opera, ambientazione e stile ispira parecchio, ma è tutta una facciata edulcorata, e alla fine dei conti offre il poco o il nulla. Potete anche leggerlo, se volete, ma seguite il mio consiglio e armatevi bene di "suspension of disbelief" prima di farlo, altrimenti rischiereste di rimanere molto delusi.
"Kenja no Ishi" (lett. "Pietra dei Filosofi", "Pietra Filosofale) narra la storia di Lorenzo, un principe cipriota - caduto in disgrazia e ripudiato dalla sua famiglia - divenuto alchimista, messosi alla ricerca della favoleggiata pietra filosofale e dell'elisir di lunga vita. I viaggi di Lorenzo lo condurranno per tutta l'Europa, e lo costringeranno a scontrarsi con i vari poteri, umani o soprannaturali a seconda dei casi, che regnano nel nostro continente rivisto in chiave romanzesca. Temporalmente, il manga si colloca fra il XV e il XVI secolo, uno dei periodi più intensi della storia europea, sia in termini di personaggi che di avvenimenti; tra i personaggi incontreremo figure come Cesare Borgia, Boabdil di Granada o Giovanni de' Medici (e qui ho da aggiungere che i giapponesi devono odiarlo davvero, il povero Giovanni, altrimenti non si spiega come mai in ogni manga in cui compare venga dipinto come un babbeo), mentre tra gli avvenimenti figurano la Reconquista spagnola e la scoperta dell'America.
Come ho già spiegato, l'autore ha deciso di non preoccuparsi né della verosimiglianza storica, né di quella pratica: spiriti, magie, misteri e maledizioni fanno da contorno ad una trama già di per sé accattivante, e se si può dire qualcosa di buono riguardo a questo manga è che, perlomeno, Akino Matsuri non cerca mai di razionalizzare quanto accade all'interno della storia, e ciò dona un alone di enigma e di segreto all'intero manga. La vicenda è animata dai continui colpi di scena in stile "L'Ultimo dei Templari" (quel film con Nicolas Cage e Ron Perlman, avete presente?): l'atmosfera è la stessa, e le stregonerie che le fanno da supporto causano lo stesso grado di inquietudine (per quanto mi riguarda non un granché, ma esiste gente molto più impressionabile di me). Generalmente, tuttavia, si avverte un senso di artificialità: i personaggi spesso non si comportano come dovrebbero, ma come fa comodo all'autore, mentre le motivazioni di alcuni sono poco convincenti. Questo è un vero peccato, perché il contesto e gli eventi sono sempre molto ispirati e coinvolgenti, ma il tutto viene rovinato da una sensazione di precarietà. Alcuni elementi importanti provenienti dai capitoli precedenti vengono addirittura accantonati sin da subito.
Non c'è molto bisogno di descrivere i personaggi: come ho già detto, sono spesso mezzi di cui si serve l'autore, mai fini che necessitano un'introspezione o delle motivazioni esaurienti per le loro azioni. Il protagonista fa eccezione - e meno male, almeno lui... mi è piaciuta molto la sua caratterizzazione come personaggio ambiguo e sempre mosso da secondi fini. Quello che non possiede in termini di design lo compensa con il suo sviluppo.
Parlando proprio di design dei personaggi: non è nulla di eccezionale, ho visto di meglio, ma i costumi e gli orpelli sono molto accattivanti. Molto buone, invece, sono le rappresentazioni di luoghi realmente esistenti (esempi presi dal primo volume, l'Alhambra di Granada e Venezia), e altrettanto ben realizzate sono le ambientazioni in generale, in genere ricche di dettagli, anche se si avverte una certa carenza nell'elaborazione dei fondali.
Ah, quanto potenziale aveva un'opera del genere... e invece, vuoi per sciatteria, vuoi per incapacità, il manga non riesce ad elevarsi al di sopra della sufficienza. Mi dispiace che l'autore abbia cercato di giustificarsi anziché lavorare sodo e raddrizzare quanto di storto aveva creato, ma insomma, almeno è stato onesto. Ciò non lo rende migliore ai miei occhi né mi ispira pietà, anzi, ma perlomeno è stato onesto. O codardo? Lungi da me giudicare. Quello che conta è il resoconto finale dell'opera: difettoso in termini di trama, abbastanza incisivo dal punto di vista grafico, "Kenja no Ishi" cavalca quella linea di demarcazione fra il mediocre e l'appassionante. Come opera, ambientazione e stile ispira parecchio, ma è tutta una facciata edulcorata, e alla fine dei conti offre il poco o il nulla. Potete anche leggerlo, se volete, ma seguite il mio consiglio e armatevi bene di "suspension of disbelief" prima di farlo, altrimenti rischiereste di rimanere molto delusi.