Racconti dal Bar Miraggio
Sarà che sono un fan delle opere di Leiji Matsumoto, essendo cresciuto con gran parte dei suoi anime, però a mio parere questo manga “i racconti dal bar miraggio” è un altro capolavoro nato dalla geniale mente del mangaka, che a mio giudizio merita almeno un 8.
Sicuramente abbiamo di fronte un opera di indubbia originalità, ricca di significati nascosti, doppi sensi, riferimenti e riflessioni su quello che è la vita umana. Nonostante i rumors che giudicano l’opera fin troppo hentai, in realtà nel manga non appaiono mai scene esplicite o volgari, ma il mangaka lascia giusto intuire ed immaginare al lettore le situazioni hot, con uno stile veramente raffinato, senza mai entrare nell’oscenita’. Le scene di nudo sono sempre accennate appositamente, per lasciar spazio all’immaginazione del Lettore. I disegni sono quelli tipici del mangaka, ma come nella maggior parte delle opere di Matsumoto ed in particolare in questo manga, si può notare che i soggetti femminili ed in particolare la protagonista nonché titolare del bar miraggio viene sempre rappresentata in maniera più dettagliata e con tratto raffinato rispetto a tutti gli altri personaggi. La storia pur essendo originale è piuttosto semplice e narra del fantomatico locale denominato bar miraggio, il quale può essere visto e trovato solo da quelle persone che hanno bisogno di essere consolati, di trovare conforto, di risollevarsi moralmente e talvolta anche fisicamente. Per questo esiste il bar miraggio, un locale dove il tempo si ferma, dove i problemi della vita quotidiana spariscono, dove si possono rivivere momenti storici, contemporanei e futuri, senza mai poterli alterare. L’altro protagonista della storia, il solito uomo in stile Matsumoto, ha la fortuna che potendo lavorare nel famoso bar miraggio insieme alla bellissima protagonista “Maya”, della quale inevitabilmente si innamora, può entrarci tutte le volte che vuole a differenza di tutte le altre persone, che ci possono entrare al massimo due volte, infatti dopo la seconda volta scopriranno loro malgrado che non potranno più entrarci.
L’edizione edita da “Hazard edizioni” è di buona fattura, con carta di media grammatura, sovra copertina lucida a colori, nonostante il manga sia composto da un unico volume di oltre 200 pagine, il costo può essere adeguato considerato il contenuto e l’originalità dell’opera.
Il manga è assolutamente consigliato ad un pubblico adulto di tutti i generi.
Sicuramente abbiamo di fronte un opera di indubbia originalità, ricca di significati nascosti, doppi sensi, riferimenti e riflessioni su quello che è la vita umana. Nonostante i rumors che giudicano l’opera fin troppo hentai, in realtà nel manga non appaiono mai scene esplicite o volgari, ma il mangaka lascia giusto intuire ed immaginare al lettore le situazioni hot, con uno stile veramente raffinato, senza mai entrare nell’oscenita’. Le scene di nudo sono sempre accennate appositamente, per lasciar spazio all’immaginazione del Lettore. I disegni sono quelli tipici del mangaka, ma come nella maggior parte delle opere di Matsumoto ed in particolare in questo manga, si può notare che i soggetti femminili ed in particolare la protagonista nonché titolare del bar miraggio viene sempre rappresentata in maniera più dettagliata e con tratto raffinato rispetto a tutti gli altri personaggi. La storia pur essendo originale è piuttosto semplice e narra del fantomatico locale denominato bar miraggio, il quale può essere visto e trovato solo da quelle persone che hanno bisogno di essere consolati, di trovare conforto, di risollevarsi moralmente e talvolta anche fisicamente. Per questo esiste il bar miraggio, un locale dove il tempo si ferma, dove i problemi della vita quotidiana spariscono, dove si possono rivivere momenti storici, contemporanei e futuri, senza mai poterli alterare. L’altro protagonista della storia, il solito uomo in stile Matsumoto, ha la fortuna che potendo lavorare nel famoso bar miraggio insieme alla bellissima protagonista “Maya”, della quale inevitabilmente si innamora, può entrarci tutte le volte che vuole a differenza di tutte le altre persone, che ci possono entrare al massimo due volte, infatti dopo la seconda volta scopriranno loro malgrado che non potranno più entrarci.
L’edizione edita da “Hazard edizioni” è di buona fattura, con carta di media grammatura, sovra copertina lucida a colori, nonostante il manga sia composto da un unico volume di oltre 200 pagine, il costo può essere adeguato considerato il contenuto e l’originalità dell’opera.
Il manga è assolutamente consigliato ad un pubblico adulto di tutti i generi.
I Racconti del Bar Miraggio sono l'espressione di un Matsumoto più maturo, sensuale e ironico del solito. Più maturo per motivi meramente anagrafici (il manga è del 1991, Matsumoto aveva 53 anni), ma anche per lo stile più astratto, simbolico e metaforico del solito, e per il ricorso esplicito a tematiche sessuali. I Racconti del Bar Miraggio sono un'opera sensuale, la protagonista Maya non è la classica donna eterea e intoccabile di Matsumoto, ma è una donna che non si fa problemi a usare la sua femminilità. I disegni, come al solito estremamente curati, si adeguano al cambio di registro e Maya è più "corposa" del solito: decisamente formosa, con un abbigliamento esotico e provocante e le caratteristiche di una mangiatrice di uomini. Letteralmente, perché andare a letto con Maya può comportare anche la morte. In quest'opera Matsumoto è più ironico del solito è non si fa problemi a fare battute, anche di carattere sessuale, sui suoi personaggi. Sono tutte tematiche inedite che mi fanno venire in mente l'anime di Gun Frontier, caratterizzato da una sensualissima Sinunora, anche si tratta di un anime a cui Matsumoto non ha messo mano direttamente.
Volendo approssimare i Racconti del Bar Miraggio a qualche opera precedente del maestro li accosterei al Galaxy Express, specialmente agli episodi più metaforici. Così come nel Galaxy Tetsuro viaggia tra i pianeti più inverosimili incontrando strani e tristi personaggi, così nel Bar Miraggio, che è in tutti i luoghi e in tutti i tempi, Tatejima viene a contatto con molte storie diverse. Ci sono comunque notevoli differenze perché Tatejima, il protagonista maschile, anche se è disegnato come Tetsuro, è un adulto e le tematiche affrontate sono tipicamente di carattere sessuale. Questo si vede in tutti i racconti, specialmente in quello in cui Maya insegna i segreti dell'amore a dei giovani provenienti da un futuro distopico in cui per fare all'amore è necessaria una patente. I conoscitori di Matsumoto troveranno delle chicche, come la storia del dispositivo di puntamento del B-21 (il mirino dell'Arcadia) che il simpaticissimo amico di Tatejima, Yukata, cerca di vendere dicendo che può essere rifilato ad un fumettista come materiale di consultazione, davanti ad una caricatura dello stesso Matsumoto.
L'edizione è buona, la carta tende però al giallo. Segnalo nelle ultime pagine un'interessante saggio di pugno di Matsumoto in cui racconta come ha appreso a bere il sakè. Personalmente preferisco il Matsumoto (apparentemente) più semplice degli anni settanta, ma non si può assegnare meno di 8 al Bar Miraggio, non fosse altro che per i disegni.
P.S. Maya e il Bar Miraggio riappariranno sulla Corazzata Mahoroba!
Volendo approssimare i Racconti del Bar Miraggio a qualche opera precedente del maestro li accosterei al Galaxy Express, specialmente agli episodi più metaforici. Così come nel Galaxy Tetsuro viaggia tra i pianeti più inverosimili incontrando strani e tristi personaggi, così nel Bar Miraggio, che è in tutti i luoghi e in tutti i tempi, Tatejima viene a contatto con molte storie diverse. Ci sono comunque notevoli differenze perché Tatejima, il protagonista maschile, anche se è disegnato come Tetsuro, è un adulto e le tematiche affrontate sono tipicamente di carattere sessuale. Questo si vede in tutti i racconti, specialmente in quello in cui Maya insegna i segreti dell'amore a dei giovani provenienti da un futuro distopico in cui per fare all'amore è necessaria una patente. I conoscitori di Matsumoto troveranno delle chicche, come la storia del dispositivo di puntamento del B-21 (il mirino dell'Arcadia) che il simpaticissimo amico di Tatejima, Yukata, cerca di vendere dicendo che può essere rifilato ad un fumettista come materiale di consultazione, davanti ad una caricatura dello stesso Matsumoto.
L'edizione è buona, la carta tende però al giallo. Segnalo nelle ultime pagine un'interessante saggio di pugno di Matsumoto in cui racconta come ha appreso a bere il sakè. Personalmente preferisco il Matsumoto (apparentemente) più semplice degli anni settanta, ma non si può assegnare meno di 8 al Bar Miraggio, non fosse altro che per i disegni.
P.S. Maya e il Bar Miraggio riappariranno sulla Corazzata Mahoroba!
<i>Miraggio</i>: parola evocativa fin dai suoni che la compongono. Su questo nome gioca un <i>Matsumoto</i> maturo, che ha già raccontato molte e molte storie e che adesso più di prima sa trastullarsi con la fantasia di un lettore che lo sappia seguire prescindendo dai piani logici di una narrazione sequenziale. <b>Racconti dal Bar Miraggio</b> possiede tutte le caratteristiche di un’opera matura, essendo spesso criptica e dominata da una vena di amara consapevolezza che è tipica di una visione della vita di lunga durata.
Il bar Miraggio non ha un’identità precisa, è simile a una nebulosa sperduta di un lontano spazio, che può apparire casualmente a chi vaga senza meta, quando meno se l’aspetta. Il tema del continuo errare, tanto caro a <i>Matsumoto</i> fin dai tempi di <i><a href="/manga/Capitan+Harlock">Harlock</a></i>, è presente anche qui. La novità sta nel topos dell’oasi in mezzo al deserto, un miraggio quasi evanescente per il vagabondo che lo avvista.
Lì c’è Maya, una donna – nel vero senso della parola – che come tale può essere madre, compagna, amante, confidente, personificazione capricciosa dell’illusione e della vanità. Maya è la rappresentazione poliedrica di ciò che è l’essere femminile. Il nome stesso di Maya nelle sue radici etimologiche è arcano, custodisce il suo segreto, il segreto della sua realtà o – se così si può dire – della sua irrealtà. A Maya <i>Matsumoto</i> è riuscito a conferire la stessa aura di Harlock quanto a fascino e a mistero. Il suo sguardo interlocutorio contiene tutta la storia e tutte le storie degli uomini. La donna è un primordiale mistero la cui rivelazione porta Tatejima, il protagonista, a perdersi. Maya contiene in sé l’amplificazione e la dilatazione di tutte le qualità delle donne, dall’essenza materna alla più cupa aspirazione vendicativa. Maya può anche essere un’allegoria, ma è quanto mai reale nel forte carattere che la contraddistingue. Maya è il mistero stesso dell’esistenza, è un’<i>esistenza ancora viscida</i>.
Il bar Miraggio compare nel bel mezzo della città al protagonista, Tatejima, un povero ragazzo in cerca di lavoro. Maya sbuca dalla penombra, un contorno non perfettamente definito, quasi mangiata dall’oscurità. Maya interroga il ragazzo, diventa la proiezione della sua coscienza, il riflesso del suo destino.
E subito ci si trova di fronte a un protagonista che conserva le caratteristiche fisiche di un Tetsuro, ma che allo stesso tempo è profondamente diverso da lui. Tatejima mostra la maturazione dell’autore nella caratterizzazione dei protagonisti: le inclinazioni vanagloriose e fanfarone lasciano il posto a un personaggio estremamente conscio dei suoi limiti, che spesso gli pregiudicano un ambìto posto in società. Tatejima si mostra alquanto riflessivo e cauto, si sofferma a rimuginare su se stesso. Egli si potrebbe considerare un Tetsuro adulto e ripulito da tutte quelle spigolosità che lo rendevano un protagonista insopportabile.
Il destino è la tematica che fa da sfondo a ogni racconto che si incastona dentro la cornice del locale. Questo grande quadro racchiuso dal bar Miraggio è un unico volume, che custodisce come un forziere pagine di storia che si susseguono al di fuori della logica del tempo e dello spazio. Un lettore profano potrebbe rimanere irretito nei fili della narrazione, intrappolato nell’illusione di trovarsi di fronte a un’opera che di unico ha solo il nome: una semplice sommatoria di racconti autoconclusivi e in sé conchiusi. Un lettore del genere fa la fine di quegli stessi personaggi che una volta usciti dal bar non lo ritroveranno mai più. D’altronde l’opera ha lo stesso effetto del Miraggio: è ingannevole, e raggira chi la minimizza, essendo uno caleidoscopio che ricompone i suoi elementi per realizzare forme incessantemente cangianti. Tutto con l’ausilio di una tecnica narrativa che si serve degli espedienti dell’esordio in medias res – non del tutto sconosciuto a <i>Matsumoto</i> – e dell’elisione.
L’insieme di racconti che costituiranno il soggetto del quadro risale al 1991, quando questi furono pubblicati in serie sulla rivista seinen <i>Big Comic Superior</i> della <b>Shogakukan</b>. Ogni storia propone un percorso interpretativo ben delineato, ma al contempo mischia ad arte sogno e realtà, cosicché ne risultano alienate tutte le razionali distinzioni tra successione logica e cronologica.
Il passato è già stato scritto e il futuro è l’unico spazio in cui si può agire, a condizione di non interrogare il destino. Il presente è da vivere, finché si può, finché l’illusione della vita non si estinguerà con una frase uguale a un verdetto finale di salvezza o condanna, sotto lo sguardo di una donna con l’abito nero, dotata di “accette di mantide” o di tenere braccia.
A spiegare in maniera simbolica l’identità di Maya interviene lo specchio. Nella prospettiva rovesciata dell’opera, lo specchio, di solito connotato come portatore di vanità e d’illusione, si trasforma nel massimo veicolo di verità. Il riflesso di Maya è simile a quello di una chimera, mostruosa e allo stesso tempo paradossalmente veritiera.
Maya, miraggio, passato, presente, futuro, sogno, realtà sono le parole chiave di un’opera che vuole essere la rappresentazione del trapasso, limen che separa la vita dalla sua fine. La soglia del bar Miraggio è la vera soglia: una volta varcata, la vita cambia, per sempre.
E il tutto si gioca sul vedere, sul non vedere, sul credere o meno a quello che si vede, stravolgendo una volta e per tutte la radice etimologica del termine “<a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Storia#Etimologia">storia</a>”. Il Miraggio è un luogo dove l’è stato e l’adesso si ricongiungono; così nell’opera non mancano episodi in cui sono visibili perfino due Maya, figurazioni simboliche di una coscienza di stampo quasi “bergsoniano”.
Luce e tenebra si alternano in maniera netta, e ciò si evince dalle precise scelte grafiche di <i>Matsumoto</i>. Non c’è un trapasso graduale dalla luce all’ombra. Le tavole del volumetto sono tutte o bianche o nere, perché la visione dell’autore è dicotomica. O si vede o non si vede, non si può vedere ciò che c’è nell’oscurità se non c’è luce. E c’è solo un posto in cui si può trovare la luce per vedere…
Il finale spiega in maniera inoppugnabile l’inevitabilità del destino denotando la prospettiva fatalista di <i>Matsumoto</i>. Ma si tratta di una visione diversa dalle precedenti produzioni dell’autore: i tempi dell’Arcadia vittoriosa e forte hanno lasciato il posto allo scavo continuo nelle pieghe dell’animo umano. È qui che sta la cesura. Un gioco di specchi e di riflessi ricorsivi si snoda sotterraneo nel messaggio dell’opera, come se la realtà di tutti i giorni fosse un’utopia, una mera corsa in cui ci affanniamo per afferrare un traguardo finale che consiste nei nostri più concreti obiettivi. I quali a conti fatti di concreto hanno solo ciò che noi crediamo essere tale.
La profonda maturazione di <i>Matsumoto</i> è testimoniata anche dai disegni, all’apparenza non molto distanti da quelli delle opere precedenti: le donne mostrano corpi sinuosi, sensuali ed eleganti. Come sempre la grazia femminile lascia spesso il posto a personaggi maschili deformi. Però sguardi come quelli di Maya non si sono mai visti nelle altre donne di <i>Matsumoto</i> e, seppure graficamente Maya sia molto simile alla Maetel di <i><a href="/manga/Ginga+Tetsudou+999">Galaxy Express 999</a></i>, il suo sguardo sornione e astuto scuote la coscienza del lettore. Maya è l’evoluzione ultima dell’essere femminino “matsumotiano”. Lacrime come quelle che solcano il suo viso sono singolari, così come unico è lo sguardo che scava in chiunque la interroghi.
La tipica vena caricaturale dell’autore qui si fa ancora più accentuata, cosicché spesso le qualità morali del personaggio sono affatto riscontrabili nei suoi tratti fisici. <b>Racconti dal Bar Miraggio</b> è dunque una sorta di galleria fisiognomica, in cui sfilano tutte le possibili varietà di caratteri e di casi umani. Allo stesso tempo lo stile figurativo dell’opera è testimone di una profonda evoluzione in quella che è la resa dei moti interiori del personaggio.
Gli sfondi sono pochi, e ciò è in linea con il significato dell’opera, ambientata in gran parte nella sala del bar, tappezzata da una lussuosa carta da parati, quasi un apparato scenico per le rappresentazioni inscenate al Miraggio. Quando sono presenti, gli sfondi emozionano, perché accorpati all’intensità linguistica dei dialoghi.
L’appassionato dell’Arcadia ricaverà dai dettagli tecnologici che percorrono il volumetto una magra soddisfazione, visto che il mecha tipico delle produzioni di <i>Matsumoto</i> qui non avrà molto spazio.
Il tratto è un altro fattore indice di piena maturità. Linee sinuose e ondulate fanno da contorno alla figura di Maya, evidenziandone il languore quasi esotico, così come linee interrotte e spezzate definiscono i personaggi dall’equilibrio precario che affollano il locale.
Lo scorrimento convulso della narrazione trova espressione in tavole dinamiche, che suddividono la pagina in un caleidoscopico succedersi di focus su volti, occhi, parti del corpo, oggetti vari, che con la semplicità della loro apparizione raccontano la complessità del genere umano. I dettagli ricorrono con insistenza nei punti di snodo di ogni storia, a imprimere nella memoria visiva del lettore l’oggetto ritrattovi, che si fa simbolo narrante.
Quest’opera è stata pubblicata in Italia da <b>Hazard Edizioni</b>, editore che già tempo fa di <i>Matsumoto</i> aveva pubblicato opere importanti e mature, non ultime <i><a href="/manga/Queen+Emeraldas">Queen Emeraldas</a></i> e <i><a href="/manga/La+corazzata+spazio+temporale+Mahoraba">La corazzata spazio-temporale Mahoroba</a></i>.
La qualità dell’edizione è alta, la stampa è buona, soprattutto nella resa del nero. Il nero costituisce una parte significativa nelle tavole delle opere di <i>Leiji Matsumoto</i>, e la sua resa è fondamentale per apprezzarle a fondo. Sono degne di nota anche la qualità della carta e della copertina.
Da segnalare la resa dei concetti nell’italiano, di non facile realizzazione data la complessità dell’opera, coerente e chiara nell’esprimere pensieri che il più delle volte condensano un nucleo composito di filosofia. Qualche piccola imperfezione nell’apparato delle note e qualche svista non inficiano dunque la bontà del lavoro svolto dalla casa editrice.
A un lettore troppo avvezzo al <i>Matsumoto</i> dei tempi di <i>Galaxy Express 999</i> o di <i>Capitan Harlock</i>, <b>Racconti dal Bar Miraggio</b> si presenta come frutto di un autore irriconoscibile. Ma non bisogna allarmarsi, questo è solo l’effetto immediato che suscita l’opera, soprattutto a colui che non ha avuto il tempo e la voglia di andare oltre la superficie, perché lo scrigno ha un fondo che può contenere ancora molto, se non molto di più. I risultati di questa lettura potrebbero essere due. Se il lettore è l’affezionato alle strategie e ai combattimenti spaziali, allora quest’opera lo sconvolgerà. Se invece il lettore appartiene alla tipologia degli estimatori della filosofia profonda e malinconica che indaga le radici del comportamento umano, presente nel <i>leijiverse</i> al di sotto delle contingenze, allora non potrà che considerare quest’opera come un prezioso testamento da custodire. Un testamento in cui l’autore ha condensato la sua visione antropologica e metafisica dell’esistenza, e se stesso.
In fondo un bancone da bar e una bottiglia di sakè ci sono sempre stati, nel <i>leijiverse</i>, e in quest’opera costituiscono la scena principale, sulla quale si narrerà l’atto conclusivo del miraggio dell’esistenza: l’autore ci aspetta lì, fuori dal teatro.
Il bar Miraggio non ha un’identità precisa, è simile a una nebulosa sperduta di un lontano spazio, che può apparire casualmente a chi vaga senza meta, quando meno se l’aspetta. Il tema del continuo errare, tanto caro a <i>Matsumoto</i> fin dai tempi di <i><a href="/manga/Capitan+Harlock">Harlock</a></i>, è presente anche qui. La novità sta nel topos dell’oasi in mezzo al deserto, un miraggio quasi evanescente per il vagabondo che lo avvista.
Lì c’è Maya, una donna – nel vero senso della parola – che come tale può essere madre, compagna, amante, confidente, personificazione capricciosa dell’illusione e della vanità. Maya è la rappresentazione poliedrica di ciò che è l’essere femminile. Il nome stesso di Maya nelle sue radici etimologiche è arcano, custodisce il suo segreto, il segreto della sua realtà o – se così si può dire – della sua irrealtà. A Maya <i>Matsumoto</i> è riuscito a conferire la stessa aura di Harlock quanto a fascino e a mistero. Il suo sguardo interlocutorio contiene tutta la storia e tutte le storie degli uomini. La donna è un primordiale mistero la cui rivelazione porta Tatejima, il protagonista, a perdersi. Maya contiene in sé l’amplificazione e la dilatazione di tutte le qualità delle donne, dall’essenza materna alla più cupa aspirazione vendicativa. Maya può anche essere un’allegoria, ma è quanto mai reale nel forte carattere che la contraddistingue. Maya è il mistero stesso dell’esistenza, è un’<i>esistenza ancora viscida</i>.
Il bar Miraggio compare nel bel mezzo della città al protagonista, Tatejima, un povero ragazzo in cerca di lavoro. Maya sbuca dalla penombra, un contorno non perfettamente definito, quasi mangiata dall’oscurità. Maya interroga il ragazzo, diventa la proiezione della sua coscienza, il riflesso del suo destino.
E subito ci si trova di fronte a un protagonista che conserva le caratteristiche fisiche di un Tetsuro, ma che allo stesso tempo è profondamente diverso da lui. Tatejima mostra la maturazione dell’autore nella caratterizzazione dei protagonisti: le inclinazioni vanagloriose e fanfarone lasciano il posto a un personaggio estremamente conscio dei suoi limiti, che spesso gli pregiudicano un ambìto posto in società. Tatejima si mostra alquanto riflessivo e cauto, si sofferma a rimuginare su se stesso. Egli si potrebbe considerare un Tetsuro adulto e ripulito da tutte quelle spigolosità che lo rendevano un protagonista insopportabile.
Il destino è la tematica che fa da sfondo a ogni racconto che si incastona dentro la cornice del locale. Questo grande quadro racchiuso dal bar Miraggio è un unico volume, che custodisce come un forziere pagine di storia che si susseguono al di fuori della logica del tempo e dello spazio. Un lettore profano potrebbe rimanere irretito nei fili della narrazione, intrappolato nell’illusione di trovarsi di fronte a un’opera che di unico ha solo il nome: una semplice sommatoria di racconti autoconclusivi e in sé conchiusi. Un lettore del genere fa la fine di quegli stessi personaggi che una volta usciti dal bar non lo ritroveranno mai più. D’altronde l’opera ha lo stesso effetto del Miraggio: è ingannevole, e raggira chi la minimizza, essendo uno caleidoscopio che ricompone i suoi elementi per realizzare forme incessantemente cangianti. Tutto con l’ausilio di una tecnica narrativa che si serve degli espedienti dell’esordio in medias res – non del tutto sconosciuto a <i>Matsumoto</i> – e dell’elisione.
L’insieme di racconti che costituiranno il soggetto del quadro risale al 1991, quando questi furono pubblicati in serie sulla rivista seinen <i>Big Comic Superior</i> della <b>Shogakukan</b>. Ogni storia propone un percorso interpretativo ben delineato, ma al contempo mischia ad arte sogno e realtà, cosicché ne risultano alienate tutte le razionali distinzioni tra successione logica e cronologica.
Il passato è già stato scritto e il futuro è l’unico spazio in cui si può agire, a condizione di non interrogare il destino. Il presente è da vivere, finché si può, finché l’illusione della vita non si estinguerà con una frase uguale a un verdetto finale di salvezza o condanna, sotto lo sguardo di una donna con l’abito nero, dotata di “accette di mantide” o di tenere braccia.
A spiegare in maniera simbolica l’identità di Maya interviene lo specchio. Nella prospettiva rovesciata dell’opera, lo specchio, di solito connotato come portatore di vanità e d’illusione, si trasforma nel massimo veicolo di verità. Il riflesso di Maya è simile a quello di una chimera, mostruosa e allo stesso tempo paradossalmente veritiera.
Maya, miraggio, passato, presente, futuro, sogno, realtà sono le parole chiave di un’opera che vuole essere la rappresentazione del trapasso, limen che separa la vita dalla sua fine. La soglia del bar Miraggio è la vera soglia: una volta varcata, la vita cambia, per sempre.
E il tutto si gioca sul vedere, sul non vedere, sul credere o meno a quello che si vede, stravolgendo una volta e per tutte la radice etimologica del termine “<a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Storia#Etimologia">storia</a>”. Il Miraggio è un luogo dove l’è stato e l’adesso si ricongiungono; così nell’opera non mancano episodi in cui sono visibili perfino due Maya, figurazioni simboliche di una coscienza di stampo quasi “bergsoniano”.
Luce e tenebra si alternano in maniera netta, e ciò si evince dalle precise scelte grafiche di <i>Matsumoto</i>. Non c’è un trapasso graduale dalla luce all’ombra. Le tavole del volumetto sono tutte o bianche o nere, perché la visione dell’autore è dicotomica. O si vede o non si vede, non si può vedere ciò che c’è nell’oscurità se non c’è luce. E c’è solo un posto in cui si può trovare la luce per vedere…
Il finale spiega in maniera inoppugnabile l’inevitabilità del destino denotando la prospettiva fatalista di <i>Matsumoto</i>. Ma si tratta di una visione diversa dalle precedenti produzioni dell’autore: i tempi dell’Arcadia vittoriosa e forte hanno lasciato il posto allo scavo continuo nelle pieghe dell’animo umano. È qui che sta la cesura. Un gioco di specchi e di riflessi ricorsivi si snoda sotterraneo nel messaggio dell’opera, come se la realtà di tutti i giorni fosse un’utopia, una mera corsa in cui ci affanniamo per afferrare un traguardo finale che consiste nei nostri più concreti obiettivi. I quali a conti fatti di concreto hanno solo ciò che noi crediamo essere tale.
La profonda maturazione di <i>Matsumoto</i> è testimoniata anche dai disegni, all’apparenza non molto distanti da quelli delle opere precedenti: le donne mostrano corpi sinuosi, sensuali ed eleganti. Come sempre la grazia femminile lascia spesso il posto a personaggi maschili deformi. Però sguardi come quelli di Maya non si sono mai visti nelle altre donne di <i>Matsumoto</i> e, seppure graficamente Maya sia molto simile alla Maetel di <i><a href="/manga/Ginga+Tetsudou+999">Galaxy Express 999</a></i>, il suo sguardo sornione e astuto scuote la coscienza del lettore. Maya è l’evoluzione ultima dell’essere femminino “matsumotiano”. Lacrime come quelle che solcano il suo viso sono singolari, così come unico è lo sguardo che scava in chiunque la interroghi.
La tipica vena caricaturale dell’autore qui si fa ancora più accentuata, cosicché spesso le qualità morali del personaggio sono affatto riscontrabili nei suoi tratti fisici. <b>Racconti dal Bar Miraggio</b> è dunque una sorta di galleria fisiognomica, in cui sfilano tutte le possibili varietà di caratteri e di casi umani. Allo stesso tempo lo stile figurativo dell’opera è testimone di una profonda evoluzione in quella che è la resa dei moti interiori del personaggio.
Gli sfondi sono pochi, e ciò è in linea con il significato dell’opera, ambientata in gran parte nella sala del bar, tappezzata da una lussuosa carta da parati, quasi un apparato scenico per le rappresentazioni inscenate al Miraggio. Quando sono presenti, gli sfondi emozionano, perché accorpati all’intensità linguistica dei dialoghi.
L’appassionato dell’Arcadia ricaverà dai dettagli tecnologici che percorrono il volumetto una magra soddisfazione, visto che il mecha tipico delle produzioni di <i>Matsumoto</i> qui non avrà molto spazio.
Il tratto è un altro fattore indice di piena maturità. Linee sinuose e ondulate fanno da contorno alla figura di Maya, evidenziandone il languore quasi esotico, così come linee interrotte e spezzate definiscono i personaggi dall’equilibrio precario che affollano il locale.
Lo scorrimento convulso della narrazione trova espressione in tavole dinamiche, che suddividono la pagina in un caleidoscopico succedersi di focus su volti, occhi, parti del corpo, oggetti vari, che con la semplicità della loro apparizione raccontano la complessità del genere umano. I dettagli ricorrono con insistenza nei punti di snodo di ogni storia, a imprimere nella memoria visiva del lettore l’oggetto ritrattovi, che si fa simbolo narrante.
Quest’opera è stata pubblicata in Italia da <b>Hazard Edizioni</b>, editore che già tempo fa di <i>Matsumoto</i> aveva pubblicato opere importanti e mature, non ultime <i><a href="/manga/Queen+Emeraldas">Queen Emeraldas</a></i> e <i><a href="/manga/La+corazzata+spazio+temporale+Mahoraba">La corazzata spazio-temporale Mahoroba</a></i>.
La qualità dell’edizione è alta, la stampa è buona, soprattutto nella resa del nero. Il nero costituisce una parte significativa nelle tavole delle opere di <i>Leiji Matsumoto</i>, e la sua resa è fondamentale per apprezzarle a fondo. Sono degne di nota anche la qualità della carta e della copertina.
Da segnalare la resa dei concetti nell’italiano, di non facile realizzazione data la complessità dell’opera, coerente e chiara nell’esprimere pensieri che il più delle volte condensano un nucleo composito di filosofia. Qualche piccola imperfezione nell’apparato delle note e qualche svista non inficiano dunque la bontà del lavoro svolto dalla casa editrice.
A un lettore troppo avvezzo al <i>Matsumoto</i> dei tempi di <i>Galaxy Express 999</i> o di <i>Capitan Harlock</i>, <b>Racconti dal Bar Miraggio</b> si presenta come frutto di un autore irriconoscibile. Ma non bisogna allarmarsi, questo è solo l’effetto immediato che suscita l’opera, soprattutto a colui che non ha avuto il tempo e la voglia di andare oltre la superficie, perché lo scrigno ha un fondo che può contenere ancora molto, se non molto di più. I risultati di questa lettura potrebbero essere due. Se il lettore è l’affezionato alle strategie e ai combattimenti spaziali, allora quest’opera lo sconvolgerà. Se invece il lettore appartiene alla tipologia degli estimatori della filosofia profonda e malinconica che indaga le radici del comportamento umano, presente nel <i>leijiverse</i> al di sotto delle contingenze, allora non potrà che considerare quest’opera come un prezioso testamento da custodire. Un testamento in cui l’autore ha condensato la sua visione antropologica e metafisica dell’esistenza, e se stesso.
In fondo un bancone da bar e una bottiglia di sakè ci sono sempre stati, nel <i>leijiverse</i>, e in quest’opera costituiscono la scena principale, sulla quale si narrerà l’atto conclusivo del miraggio dell’esistenza: l’autore ci aspetta lì, fuori dal teatro.
Questo volumetto raccoglie una serie di brevi storie aventi un’ambientazione e un tema comune, ovvero quella del Bar Miraggio. Pur essendo presente una trama e dei personaggi che le uniscono, in realtà ogni capitolo si focalizza su avventori diversi e viene raccontata la loro storia, come metafora della vita e delle contraddizioni della società attuale. Il Bar Miraggio è un locale che non ha un’ubicazione ben precisa, si muove nel tempo e nello spazio, e nessuno dei suoi clienti può tornarci, pena la loro stessa vita. Proprietaria di questo locale è una splendida e seducente donna che accoglie come collaboratore un ragazzo che, per qualche strano motivo, riesce sempre a ritrovarlo e a non subire la sua terribile maledizione.
Ogni capitolo apre con un nuovo avventore che entra e inizia ad interagire con il ragazzo e la proprietaria raccontando dettagli della propria vita e mostrando alcuni aspetti, spesso scomodi, della propria personalità. Nel locale troverà la possibilità di sfogarsi e trovare conforto e, in taluni casi, ottenere la liberazione eterna dalle proprie preoccupazioni e problemi.
Nel complesso non posso dire di avere apprezzato questo volumetto: non sempre ho trovato gli spunti proposti validi, a volte i soggetti mi sono sembrati piuttosto banali e stereotipati, e alla lunga la ripetitività delle situazioni mi ha messo in difficoltà, ho un po’ faticato ad arrivare all’ultima pagina. Pur essendoci un filo conduttore fra i vari capitoli, questo risulta piuttosto stiracchiato, e si fatica un po’ a capire cosa Matsumoto abbia in mente. Il tutto risulta confuso e un po’ pasticciato, primo di mordente, incapace di offrirmi passaggi interessanti su cui riflettere. L’ho trovato una lettura noiosa, decisamente sotto gli standard ai quali l’artista mi ha altre volte abituato.
Mi trovo quindi a sconsigliarvelo e vi scoraggio, nel caso vi approcciaste per la prima volta al mangaka, ad iniziare da questo volume. Anche l’edizione è sensibilmente sottotono rispetto alle altre, in genere molto curate, proposte da Harzard Edizioni.
Ogni capitolo apre con un nuovo avventore che entra e inizia ad interagire con il ragazzo e la proprietaria raccontando dettagli della propria vita e mostrando alcuni aspetti, spesso scomodi, della propria personalità. Nel locale troverà la possibilità di sfogarsi e trovare conforto e, in taluni casi, ottenere la liberazione eterna dalle proprie preoccupazioni e problemi.
Nel complesso non posso dire di avere apprezzato questo volumetto: non sempre ho trovato gli spunti proposti validi, a volte i soggetti mi sono sembrati piuttosto banali e stereotipati, e alla lunga la ripetitività delle situazioni mi ha messo in difficoltà, ho un po’ faticato ad arrivare all’ultima pagina. Pur essendoci un filo conduttore fra i vari capitoli, questo risulta piuttosto stiracchiato, e si fatica un po’ a capire cosa Matsumoto abbia in mente. Il tutto risulta confuso e un po’ pasticciato, primo di mordente, incapace di offrirmi passaggi interessanti su cui riflettere. L’ho trovato una lettura noiosa, decisamente sotto gli standard ai quali l’artista mi ha altre volte abituato.
Mi trovo quindi a sconsigliarvelo e vi scoraggio, nel caso vi approcciaste per la prima volta al mangaka, ad iniziare da questo volume. Anche l’edizione è sensibilmente sottotono rispetto alle altre, in genere molto curate, proposte da Harzard Edizioni.
Leiji Matsumoto non è un autore facile. Molte sue opere si apprezzano ad una seconda, terza o quarta lettura. Se ci si ferma a considerare fabula e intreccio, si può rimanere a bocca asciutta perché non è un autore dalle grandi capacità narrative. Il suo punto di forza non è saper raccontare una storia, tanto è vero che molte rimangono incompiute o vengono finite con tanta, tantissima fatica. In generale, poi, questo non è quasi mai il punto principale di opere allegoriche, che vogliono comunicare qualcosa attraverso il piano razionale, più che emotivo. Ciò non significa che non sappiano emozionare, anzi. Semplicemente, per potersi emozionare, bisogna elaborare in modo intellettuale le immagini, i personaggi e sì, anche la storia. Altrimenti, non ci si capisce niente.
"I racconti dal bar Miraggio" parlano di un locale in cui sembra vivere questa creatura, Maya, che si aggiunge al novero delle donne misteriose, divine e terribili dell'autore: Maeter ed Emeraldas, ma anche la Regina dei Mille Anni, Yuki, Mime, Raflesia. Contrariamente a queste, però, Maya ha una sensualità molto più spiccata e manca della loro purezza. A volte è dolce, a volte è terribile ma in un modo che... sembra quasi non dipenda da lei. Come dire, in fondo la vita è terribile di per sé.
Il protagonista viene arruolato da questa donna che gli fa avere un invito, e finisce per diventare il barista del locale. Qui il tempo sembra non esistere. Guardando fuori dal bar, Tatejima vede epoche e luoghi diversi in cui il bar semplicemente esiste, appare: dal Giappone di oggi a quello di ieri, dalla Russia all'Italia. Gli avventori sono persone che hanno bisogno di qualcosa: alcuni la trovano e se ne vanno felici, altri sprofondano nella disperazione e fanno una brutta fine. Maya è sempre lì, a consolarli con il suo corpo o con le sue parole.
Questa è una tra le poche opere di Matsumoto che mi hanno commosso pur lasciandomi soddisfatto fin dalla prima lettura. Prova ne sia che non sento il bisogno impellente di rileggerla per capire meglio. Preferisco dare tempo al tempo. Mi è successo solo con Danguard e Galaxy Express, fino ad oggi. Varrebbe anche per Capitan Harlock, se avesse un finale degno.
"I Racconti dal bar Miraggio" è un volume che, a dispetto di tanti pareri che ho letto, consiglierei. Se però non cercate un po' di poesia anche nei fumetti, o avete una visione naif della vita, devo suggerirvi di stare alla larga. Anzi, se non fate di continuo domande sulla vita, l'universo e tutto quanto, lasciate perdere Matsumoto: è roba troppo seria per voi. Se invece volete fare un bel salto in un mondo diverso, ecco che quest'opera vi può far passare qualche istante niente male. Alla peggio, vedetela così: potete sempre commuovervi per i 10 euro che escono dal vostro portafogli.
Finisco con una mia considerazione, che vuole essere solo un suggerimento per chi non è avvezzo a leggere opere "stratificate" come questa (ognuno interpreta come vuole). Sì perché, a mente fredda, non ho potuto fare a meno di domandarmi: ma se, secondo una tra le varie interpretazioni possibili, Harlock è l'Eroe anarchico, Toshiro il Genio, Emeraldas la Libertà senza confini, Mime la Solitudine, Maeter la Giovinezza, e così via con tante variazioni, a seconda di quello che l'autore vuole dire... Ma, allora, Maya chi è? Chi è questo personaggio così stranamente terreno, se confrontato con le altre donne matsumotiane?
Onestamente, non lo so, ci devo pensare. Provo ad azzardare.
"Maya", per diverse filosofie orientali, è il potere da cui ha origine il mondo materiale (il velo di Maya, di cui parla anche Schopenhauer, che sarebbe pura illusione). Quindi il nome stesso del personaggio richiama il concetto di illusione, di miraggio. Naturalmente non è un caso. Nemmeno in un milione di anni. Maya l'entraineuse del bar Miraggio è madre, amica, amante, ma anche nemica. Puoi andare da lei una volta, e lei ti consolerà, ti farà divertire, ti castigherà, ma poi non potrai più tornare. Maya è come la Vita. Come una donna che ti ha amato, puoi trovarti a chiederti cosa c'era prima, e cosa verrà dopo. Puoi domandarti che differenza c'è tra il non essere ancora, e il non essere più. E c'è davvero differenza?
Forse Maya è la Vita... E se fosse la Morte? Chi lo sa!
Col tempo magari ci si può rendere conto che se la vita è un miraggio, allora lo è anche la morte. E che, quindi, tutto quanto non è altro che un bel Sogno.
"I racconti dal bar Miraggio" parlano di un locale in cui sembra vivere questa creatura, Maya, che si aggiunge al novero delle donne misteriose, divine e terribili dell'autore: Maeter ed Emeraldas, ma anche la Regina dei Mille Anni, Yuki, Mime, Raflesia. Contrariamente a queste, però, Maya ha una sensualità molto più spiccata e manca della loro purezza. A volte è dolce, a volte è terribile ma in un modo che... sembra quasi non dipenda da lei. Come dire, in fondo la vita è terribile di per sé.
Il protagonista viene arruolato da questa donna che gli fa avere un invito, e finisce per diventare il barista del locale. Qui il tempo sembra non esistere. Guardando fuori dal bar, Tatejima vede epoche e luoghi diversi in cui il bar semplicemente esiste, appare: dal Giappone di oggi a quello di ieri, dalla Russia all'Italia. Gli avventori sono persone che hanno bisogno di qualcosa: alcuni la trovano e se ne vanno felici, altri sprofondano nella disperazione e fanno una brutta fine. Maya è sempre lì, a consolarli con il suo corpo o con le sue parole.
Questa è una tra le poche opere di Matsumoto che mi hanno commosso pur lasciandomi soddisfatto fin dalla prima lettura. Prova ne sia che non sento il bisogno impellente di rileggerla per capire meglio. Preferisco dare tempo al tempo. Mi è successo solo con Danguard e Galaxy Express, fino ad oggi. Varrebbe anche per Capitan Harlock, se avesse un finale degno.
"I Racconti dal bar Miraggio" è un volume che, a dispetto di tanti pareri che ho letto, consiglierei. Se però non cercate un po' di poesia anche nei fumetti, o avete una visione naif della vita, devo suggerirvi di stare alla larga. Anzi, se non fate di continuo domande sulla vita, l'universo e tutto quanto, lasciate perdere Matsumoto: è roba troppo seria per voi. Se invece volete fare un bel salto in un mondo diverso, ecco che quest'opera vi può far passare qualche istante niente male. Alla peggio, vedetela così: potete sempre commuovervi per i 10 euro che escono dal vostro portafogli.
Finisco con una mia considerazione, che vuole essere solo un suggerimento per chi non è avvezzo a leggere opere "stratificate" come questa (ognuno interpreta come vuole). Sì perché, a mente fredda, non ho potuto fare a meno di domandarmi: ma se, secondo una tra le varie interpretazioni possibili, Harlock è l'Eroe anarchico, Toshiro il Genio, Emeraldas la Libertà senza confini, Mime la Solitudine, Maeter la Giovinezza, e così via con tante variazioni, a seconda di quello che l'autore vuole dire... Ma, allora, Maya chi è? Chi è questo personaggio così stranamente terreno, se confrontato con le altre donne matsumotiane?
Onestamente, non lo so, ci devo pensare. Provo ad azzardare.
"Maya", per diverse filosofie orientali, è il potere da cui ha origine il mondo materiale (il velo di Maya, di cui parla anche Schopenhauer, che sarebbe pura illusione). Quindi il nome stesso del personaggio richiama il concetto di illusione, di miraggio. Naturalmente non è un caso. Nemmeno in un milione di anni. Maya l'entraineuse del bar Miraggio è madre, amica, amante, ma anche nemica. Puoi andare da lei una volta, e lei ti consolerà, ti farà divertire, ti castigherà, ma poi non potrai più tornare. Maya è come la Vita. Come una donna che ti ha amato, puoi trovarti a chiederti cosa c'era prima, e cosa verrà dopo. Puoi domandarti che differenza c'è tra il non essere ancora, e il non essere più. E c'è davvero differenza?
Forse Maya è la Vita... E se fosse la Morte? Chi lo sa!
Col tempo magari ci si può rendere conto che se la vita è un miraggio, allora lo è anche la morte. E che, quindi, tutto quanto non è altro che un bel Sogno.
Recensiore questo manga non è affatto facile, anche perchè non è facile nemmeno leggere e comprendere il Manga.
In una parola la recensione potrebbe chiudersi in "Miraggio", tutto in questa parolina che descrive in breve spazio quello che vuole essere questa opera e quello che il bar Miraggio vorrebbe presentare: l'ultimo rifugio per il cuore umano, indipendentemente dall'età,dal tempo,dal luogo in cui ci troviamo o si trovano i protagonisti.
L'opera in sè non è fenomenale...la trama è abbastanza banale con Tatejima e Maya come protagonisti uniti dalle "vicissitudini" di uomini (e donne) disseminati in vari luoghi e varie epoche.Il finale è, ovviamente, aperto e questo lo dico fin da subito per evitare le solite polemiche che accompagnano tutte le opere di Matsumoto.
Anche i disegni sono caratterizzati dal classico tratto anni'70 di Mastumoto che non ha mai modificato e anche i personaggi sono stereotipati sui canoni passati con Maya identica ad Emeraldas o Tatejima uguale a Daiba.
Il Matsumoto di quest'opera non è affatto "il solito Matsumoto" che tratta di navi spaziali,fantascienza,universo o guerre di libertà bensì è un Mastumoto molto più riflessivo, introspettivo che punge su un argomento solitamente molto caro ai bambini ma che si va poi a perdere durante la crscita: il proprio spazio magico, tale spazio verrà poi descritto accuratamente dallo stesso Matsumoto nella post-fazione e ci lascia aprto un'interrogativo: voi uno spazio "Miraggio" lo avete ancora?
Oltre a questo c'è poco da dire.
Una tiratina di orecchie per la Hazard invece: se da una parte traduzione e adattamento sono perfetti dall'altra pecca tantissimo sulla carta, non tanto per la tendenza al giallo quanto per l'eccessiva trasparenza, veramente fastidiosa ed...eccessiva,si lo ripeto.Solitamente non mi formalizzo ma per un'opera da 10€, ottima rilegatura, ottima stampa davvero la carta-velina non ci voleva proprio, anche perchè sono lettore della Hazard dal 1998 e una cosa del genere non era mai capitata, speriamo non diventi un vizio.
Tra la carta così così e la storia abbastanza "particolare" consiglio l'opera solo ed esclusivamente ai fanatici (come me)di Matsumoto, a tutti coloro i quali non piace il tratto e i disegni del passato o non sopportano di leggere un manga senza trama e senza finale dico subito di starci alla larga senza problemi.
In una parola la recensione potrebbe chiudersi in "Miraggio", tutto in questa parolina che descrive in breve spazio quello che vuole essere questa opera e quello che il bar Miraggio vorrebbe presentare: l'ultimo rifugio per il cuore umano, indipendentemente dall'età,dal tempo,dal luogo in cui ci troviamo o si trovano i protagonisti.
L'opera in sè non è fenomenale...la trama è abbastanza banale con Tatejima e Maya come protagonisti uniti dalle "vicissitudini" di uomini (e donne) disseminati in vari luoghi e varie epoche.Il finale è, ovviamente, aperto e questo lo dico fin da subito per evitare le solite polemiche che accompagnano tutte le opere di Matsumoto.
Anche i disegni sono caratterizzati dal classico tratto anni'70 di Mastumoto che non ha mai modificato e anche i personaggi sono stereotipati sui canoni passati con Maya identica ad Emeraldas o Tatejima uguale a Daiba.
Il Matsumoto di quest'opera non è affatto "il solito Matsumoto" che tratta di navi spaziali,fantascienza,universo o guerre di libertà bensì è un Mastumoto molto più riflessivo, introspettivo che punge su un argomento solitamente molto caro ai bambini ma che si va poi a perdere durante la crscita: il proprio spazio magico, tale spazio verrà poi descritto accuratamente dallo stesso Matsumoto nella post-fazione e ci lascia aprto un'interrogativo: voi uno spazio "Miraggio" lo avete ancora?
Oltre a questo c'è poco da dire.
Una tiratina di orecchie per la Hazard invece: se da una parte traduzione e adattamento sono perfetti dall'altra pecca tantissimo sulla carta, non tanto per la tendenza al giallo quanto per l'eccessiva trasparenza, veramente fastidiosa ed...eccessiva,si lo ripeto.Solitamente non mi formalizzo ma per un'opera da 10€, ottima rilegatura, ottima stampa davvero la carta-velina non ci voleva proprio, anche perchè sono lettore della Hazard dal 1998 e una cosa del genere non era mai capitata, speriamo non diventi un vizio.
Tra la carta così così e la storia abbastanza "particolare" consiglio l'opera solo ed esclusivamente ai fanatici (come me)di Matsumoto, a tutti coloro i quali non piace il tratto e i disegni del passato o non sopportano di leggere un manga senza trama e senza finale dico subito di starci alla larga senza problemi.