Kagemaru den - La leggenda di un ninja
La collana che ospita questa pietra miliare del fumetto giapponese è appropriatamente intitolata "Classici del fumetto giapponese". Il fumetto giapponese infatti non è composto solo di manga di consumo di massa creati applicando, in modo più o meno felice, formule fisse e immutabili dettate dalle riviste su cui i fumetti vengono pubblicati, in funzione del pubblico a cui sono rivolti.
Kagemaru Den è ambientato durante il periodo delle rivolte (Ikki) che contrapposero i contadini ai feudatari, in una fase particolarmente turbolenta del medioevo giapponese. Ma storica non è solo l'ambientazione: lo è anche l'argomento del fumetto, o meglio, lo è la metafora con cui vi si tratta di un argomento d'attualità all'epoca in cui venne pubblicato: la rivoluzione e chi ne è il soggetto (i contadini), chi la guida (il ninja Kagemaru), chi la tradisce (il clero buddista).
Se i cosiddetti shonen manga, cioè fumetti per ragazzi, applicano in fondo sempre la stessa formula pedagogica (non perdersi mai d'animo di fronte alle difficoltà e perseguire a costo di qualsiasi sacrificio il proprio scopo - il "sogno" del protagonista, che sta per il ruolo assegnato da famiglia e società al giovane lettore) è chiaro che Kagemaru Den non può essere in alcun modo paragonato ad essi. Sebbene infatti in questo bellissimo fumetto, magistralmente disegnato e sceneggiato, oltre a grandi figure della storia del Giappone e delle arti marziali troviamo ninja dalle abilità straordinarie e dai poteri sovrumani, samurai erranti in possesso di leggendarie tecniche di spada, e tante altre cose che sarebbero state riprese anche in manga di puro intrattenimento negli anni a venire; qui il "sogno" che viene perseguito non è individuale, ma collettivo, e il suo destino è di venire soffocato in un bagno di sangue. In Kagemaru Den non è narrata la storia del successo di un individuo eccezionale di fronte a tutte le difficoltà, ma della sconfitta di individui favolosi e di masse storiche, e delle fosse comuni in cui sarebbero finiti gli uni e le altre. Uno dei personaggi principali del manga, Jutaro, il giovane samurai senza un braccio, che a un lettore distratto potrebbe quasi sembrare un protagonista da shonen manga, in realtà ne è l'opposto; la sua adesione al codice tradizionale fa di lui una pedina in mano ad altri, e determina il suo amaro destino di sconfitta.
L'unica nota veramente stonata di questa meritoria edizione è la traduzione italiana, spesso non all'altezza vuoi perché troppo letterale (Italiano e Giapponese sono lingue molto diverse), vuoi per qualche errore anche grave di grammatica e sintassi. Purtroppo nel 2014 quella di leggere fumetti giapponesi ben tradotti in Italiano è una fortuna ancora abbastanza rara, ma la cosa dispiace particolarmente in una collana pensata per ospitare non l'ultima hit di Shonen Jump, ma i "Classici del fumetto giapponese".
Kagemaru Den è ambientato durante il periodo delle rivolte (Ikki) che contrapposero i contadini ai feudatari, in una fase particolarmente turbolenta del medioevo giapponese. Ma storica non è solo l'ambientazione: lo è anche l'argomento del fumetto, o meglio, lo è la metafora con cui vi si tratta di un argomento d'attualità all'epoca in cui venne pubblicato: la rivoluzione e chi ne è il soggetto (i contadini), chi la guida (il ninja Kagemaru), chi la tradisce (il clero buddista).
Se i cosiddetti shonen manga, cioè fumetti per ragazzi, applicano in fondo sempre la stessa formula pedagogica (non perdersi mai d'animo di fronte alle difficoltà e perseguire a costo di qualsiasi sacrificio il proprio scopo - il "sogno" del protagonista, che sta per il ruolo assegnato da famiglia e società al giovane lettore) è chiaro che Kagemaru Den non può essere in alcun modo paragonato ad essi. Sebbene infatti in questo bellissimo fumetto, magistralmente disegnato e sceneggiato, oltre a grandi figure della storia del Giappone e delle arti marziali troviamo ninja dalle abilità straordinarie e dai poteri sovrumani, samurai erranti in possesso di leggendarie tecniche di spada, e tante altre cose che sarebbero state riprese anche in manga di puro intrattenimento negli anni a venire; qui il "sogno" che viene perseguito non è individuale, ma collettivo, e il suo destino è di venire soffocato in un bagno di sangue. In Kagemaru Den non è narrata la storia del successo di un individuo eccezionale di fronte a tutte le difficoltà, ma della sconfitta di individui favolosi e di masse storiche, e delle fosse comuni in cui sarebbero finiti gli uni e le altre. Uno dei personaggi principali del manga, Jutaro, il giovane samurai senza un braccio, che a un lettore distratto potrebbe quasi sembrare un protagonista da shonen manga, in realtà ne è l'opposto; la sua adesione al codice tradizionale fa di lui una pedina in mano ad altri, e determina il suo amaro destino di sconfitta.
L'unica nota veramente stonata di questa meritoria edizione è la traduzione italiana, spesso non all'altezza vuoi perché troppo letterale (Italiano e Giapponese sono lingue molto diverse), vuoi per qualche errore anche grave di grammatica e sintassi. Purtroppo nel 2014 quella di leggere fumetti giapponesi ben tradotti in Italiano è una fortuna ancora abbastanza rara, ma la cosa dispiace particolarmente in una collana pensata per ospitare non l'ultima hit di Shonen Jump, ma i "Classici del fumetto giapponese".
Senza colpo ferire, Sanpei Shirato si annovera tra i mangaka del passato che più hanno suscitato il mio interesse: il suo Akame - The Red Eyes datato 1961 mi ha colpito talmente in positivo da non potermi esimere dalla lettura di una delle sue opere cardine: mi riferisco a Ninja bugeichō, scritto e disegnato tra il 1959 e il 1962. Distribuito in patria in circa otto volumi, Kagemaru Den - La leggenda di un ninja (questo il titolo della versione italiana, la prima al mondo al di fuori del Giappone) giunge nel nostro paese in quattro voluminosi tomi da circa sette-ottocento pagine ciascuno. Indubbiamente, parlare della trama di questa epopea storica intrisa di elementi fantastici è piuttosto complicato: i suoi personaggi sono così tanti e le situazioni che li mettono in relazione tra loro talmente diversificate che bisognerebbe narrare ogni cosa per filo e per segno. Dal momento che questa non è la sede adatta per farlo, mi limiterò a descrivere brevemente le premesse da cui ha inizio l'intreccio narrativo.
Nel Giappone della seconda metà del Cinquecento, in corrispondenza della celebre epoca degli stati combattenti, la famiglia del giovane principe Jutaro viene sterminata dallo spietato signorotto locale Shuzen. Naturalmente l'orfano comincia presto a cercare vendetta, seppur con l'aiuto di alcuni bizzarri individui come il potente guerriero Kagemaru e il vecchio infido Mufu, i quali agiscono all'insegna di misteriosi secondi fini. Nel dipanarsi dell'intreccio, risultano particolarmente evidenti alcuni stilemi caratteristici dell'autore, come la presenza preponderante di scene metaforiche con protagonisti gli animali (corvi famelici, lupi affamati, topi devastanti, orsi; a dir poco notevole la storia della mamma tasso, che tanto mi ha ricordato uno dei racconti di Seton, disegnato da Jiro Taniguchi) e la rappresentazione dei soprusi e le violenze perpetrate dai signori feudali e dai loro vassalli nei confronti dei contadini.
Nonostante la mole dei volumi e il genere un po' difficile da digerire, la lettura risulta sorprendentemente scorrevole: ad agevolarla sono infatti numerosi colpi di scena e i riuscitissimi capitoli che illustrano il background dei membri della famiglia Kage. Questi ultimi costituiscono uno dei pretesti fondamentali per l'inserimento di espedienti e tecniche immaginarie: la mimetizzazione del corpo con la corteccia degli alberi; la capacità di ritrarre la testa all'interno del torace come una tartaruga o di scavare profonde gallerie nel sottosuolo come le talpe; la respirazione sott'acqua prolungata alla maniera dei pesci polmonati, e via dicendo. A ricoprire una posizione centrale nella trama sono, nello specifico, la crescita fisica e interiore del protagonista Jutaro, il quale acquisisce nuove tecniche da maestri di volta in volta differenti, e le peripezie e le battaglie affrontate da tutti gli altri personaggi, in particolar modo dai già menzionati membri della famiglia Kage. Entrambi questi aspetti dimostrano come Kagemaru Den sia un palese precursore di molti battle shonen successivi, in particolare di Naruto, con tanto di addestramento e tecniche d'ombra e di moltiplicazione del corpo. La sterminata quantità di nomi presenti nell'opera potrebbe disorientare e stancare il lettore, ma il più agguerrito troverà pane per i suoi denti nelle numerose note esplicative, fornite dallo stesso Shirato, inerenti personaggi storici realmente esistiti (come ad esempio Oda Nobunaga) e luoghi del passato o ancora attuali. Al termine di quasi ogni capitolo, l'autore si rivolge personalmente ai lettori, stimolando la loro curiosità riguardo a eventi specifici relativi ai personaggi e creando, quindi, un singolare senso di aspettativa e di suspense. Lo stile retrò dei disegni di Shirato è molto affascinante, e i volti dei personaggi, spesso caricaturali, rimangono comunque efficaci e parecchio espressivi. Non mancano scene piuttosto cruente e raccapriccianti (soprattutto mutilazioni in gran quantità), ma questo è un aspetto caratteristico dell'autore, come si vede bene anche nell'unica altra opera di Shirato giunta in Italia, il sopraccitato Akame. I combattimenti e le scene d'azione sono estremamente dinamiche e, a tal proposito, è indubbio il "taglio cinematografico" di alcune sequenze: non a caso negli Anni Sessanta il grande cineasta Nagisa Oshima ha "animato" le tavole del manga in un lungometraggio di due ore, aggiungendovi effetti sonori e dialoghi vocali.
Per quanto riguarda l'edizione italiana a cura della Hazard, che inaugura così la collana dei "Grandi classici del fumetto giapponese", in generale siamo di fronte a un buon prodotto, ma si nota una certa discontinuità nei materiali utilizzati: la carta del primo volume è fin troppo trasparente, la stampa non è ottimale e la risoluzione delle vignette non si attesta su livelli eccelsi, risultando in una lieve ma fastidiosa sfocatura; il secondo volume vanta invece una carta più spessa, una stampa adeguata e, come il primo volume, una copertina lucida; il terzo e il quarto tomo mantengono la carta morbida riscontrata nel primo, una stampa decente e pagine non particolarmente trasparenti, ma stavolta la copertina è opaca. Insomma, l'unico elemento che non subisce alcuna modifica di volume in volume è la sovraccoperta lucida e a colori. Prendendo in considerazione simili caratteristiche discontinue, una collezione del genere non vale il costo di 30 € a volume: forse a 10 € di meno ciascuno il prezzo sarebbe stato un po' più onesto. Per quanto concerne le traduzioni, non c'è nulla di veramente serio da segnalare, eccezion fatta per alcune terminologie desuete (come improbabili plurali apostrofati, ad esempio, "gl'insegnamenti"). Tra alti e bassi, in definitiva, Kagemaru Den è un buon manga ricco di intrighi e colpi di scena; tuttavia, è prevalentemente indirizzato agli appassionati di opere d'epoca non proprio leggere.
Nel Giappone della seconda metà del Cinquecento, in corrispondenza della celebre epoca degli stati combattenti, la famiglia del giovane principe Jutaro viene sterminata dallo spietato signorotto locale Shuzen. Naturalmente l'orfano comincia presto a cercare vendetta, seppur con l'aiuto di alcuni bizzarri individui come il potente guerriero Kagemaru e il vecchio infido Mufu, i quali agiscono all'insegna di misteriosi secondi fini. Nel dipanarsi dell'intreccio, risultano particolarmente evidenti alcuni stilemi caratteristici dell'autore, come la presenza preponderante di scene metaforiche con protagonisti gli animali (corvi famelici, lupi affamati, topi devastanti, orsi; a dir poco notevole la storia della mamma tasso, che tanto mi ha ricordato uno dei racconti di Seton, disegnato da Jiro Taniguchi) e la rappresentazione dei soprusi e le violenze perpetrate dai signori feudali e dai loro vassalli nei confronti dei contadini.
Nonostante la mole dei volumi e il genere un po' difficile da digerire, la lettura risulta sorprendentemente scorrevole: ad agevolarla sono infatti numerosi colpi di scena e i riuscitissimi capitoli che illustrano il background dei membri della famiglia Kage. Questi ultimi costituiscono uno dei pretesti fondamentali per l'inserimento di espedienti e tecniche immaginarie: la mimetizzazione del corpo con la corteccia degli alberi; la capacità di ritrarre la testa all'interno del torace come una tartaruga o di scavare profonde gallerie nel sottosuolo come le talpe; la respirazione sott'acqua prolungata alla maniera dei pesci polmonati, e via dicendo. A ricoprire una posizione centrale nella trama sono, nello specifico, la crescita fisica e interiore del protagonista Jutaro, il quale acquisisce nuove tecniche da maestri di volta in volta differenti, e le peripezie e le battaglie affrontate da tutti gli altri personaggi, in particolar modo dai già menzionati membri della famiglia Kage. Entrambi questi aspetti dimostrano come Kagemaru Den sia un palese precursore di molti battle shonen successivi, in particolare di Naruto, con tanto di addestramento e tecniche d'ombra e di moltiplicazione del corpo. La sterminata quantità di nomi presenti nell'opera potrebbe disorientare e stancare il lettore, ma il più agguerrito troverà pane per i suoi denti nelle numerose note esplicative, fornite dallo stesso Shirato, inerenti personaggi storici realmente esistiti (come ad esempio Oda Nobunaga) e luoghi del passato o ancora attuali. Al termine di quasi ogni capitolo, l'autore si rivolge personalmente ai lettori, stimolando la loro curiosità riguardo a eventi specifici relativi ai personaggi e creando, quindi, un singolare senso di aspettativa e di suspense. Lo stile retrò dei disegni di Shirato è molto affascinante, e i volti dei personaggi, spesso caricaturali, rimangono comunque efficaci e parecchio espressivi. Non mancano scene piuttosto cruente e raccapriccianti (soprattutto mutilazioni in gran quantità), ma questo è un aspetto caratteristico dell'autore, come si vede bene anche nell'unica altra opera di Shirato giunta in Italia, il sopraccitato Akame. I combattimenti e le scene d'azione sono estremamente dinamiche e, a tal proposito, è indubbio il "taglio cinematografico" di alcune sequenze: non a caso negli Anni Sessanta il grande cineasta Nagisa Oshima ha "animato" le tavole del manga in un lungometraggio di due ore, aggiungendovi effetti sonori e dialoghi vocali.
Per quanto riguarda l'edizione italiana a cura della Hazard, che inaugura così la collana dei "Grandi classici del fumetto giapponese", in generale siamo di fronte a un buon prodotto, ma si nota una certa discontinuità nei materiali utilizzati: la carta del primo volume è fin troppo trasparente, la stampa non è ottimale e la risoluzione delle vignette non si attesta su livelli eccelsi, risultando in una lieve ma fastidiosa sfocatura; il secondo volume vanta invece una carta più spessa, una stampa adeguata e, come il primo volume, una copertina lucida; il terzo e il quarto tomo mantengono la carta morbida riscontrata nel primo, una stampa decente e pagine non particolarmente trasparenti, ma stavolta la copertina è opaca. Insomma, l'unico elemento che non subisce alcuna modifica di volume in volume è la sovraccoperta lucida e a colori. Prendendo in considerazione simili caratteristiche discontinue, una collezione del genere non vale il costo di 30 € a volume: forse a 10 € di meno ciascuno il prezzo sarebbe stato un po' più onesto. Per quanto concerne le traduzioni, non c'è nulla di veramente serio da segnalare, eccezion fatta per alcune terminologie desuete (come improbabili plurali apostrofati, ad esempio, "gl'insegnamenti"). Tra alti e bassi, in definitiva, Kagemaru Den è un buon manga ricco di intrighi e colpi di scena; tuttavia, è prevalentemente indirizzato agli appassionati di opere d'epoca non proprio leggere.