La mia Maetel
NON RESTATE CHIUSI NEL BOZZOLO
SPOILER
SI PARLA LIBERAMENTE DELL'OPERA
"La mia maetel" è un'opera straordinaria ma molto esigente perché richiede un lettore che sappia estrarre dal testo 'cose interessanti'. Se quest'opera passa sotto gli occhi di una persona con poca sensibilità finisce invece inosservata, persino infastidisce il lettore medio, tanto da ricevere reazioni violente. Forse non è un caso che un opera come questa venga bullizzata perché incompresa da un mondo violento esattamente come il suo protagonista. È non è un caso che di fronte ad un lettore di questo tipo l'opera si chiuda a riccio tenendo per se i suoi tesori.
Per apprezzare al meglio lo splendido lavoro di Hiroya Oku bisogna tenere a mente qualche aspetto socio-pragmatico del Giappone attuale, in particolare la distinzione -non poi così tanto trattata nei manga- tra "vita reale" e "vita virtuale". Sotto questo aspetto il fenomeno degli hikikomori non può dirsi esclusivamente giapponese perché sta prendendo sempre più piede in Italia nella noncuranza generale. Eppure è una questione eminentemente umana.
Quindi l'asticella posta da quest'opera è alta e non tutti riescono a saltare... ma entriamo nell'opera.
"La mia maetel" è per concezione, trama, disegni, impatto visivo e messaggio, un opera da 10 e lode!!!!!!
Di cosa parla?
Parla della costruzione di relazioni interpersonali, di quanto esse siano al contempo facili e complesse, ma soprattutto parla di come la rete virtuosa o sfilacciata di relazioni che riusciamo a tessere sia in realtà IL TERMOMETRO del nostro rapporto con la vita (sano o patologico a seconda dei casi)!!!!
Oku affronta uno dei suoi temi preferiti: "l'esser felici di stare al mondo e l'esser infelici di stare al mondo". L'autore ha creato i suoi personaggi per farli oscillare tra queste due polarità: l'amore per la vita da una parte e la mancanza di voglia di vivere (il male di vivere) dall'altra. Vi sembra poco? No affatto ovviamente, si tratta di un'opera ambiziosa, praticamente filosofica. Oku tratta di quello che Nietzsche ha chiamato il "dire si" e "il dire no" alla vita. Già perché in quanto esseri umani tutti noi abbiamo un rapporto di amore e odio con l'esistenza e Oku che lo sa bene ci gioca in modo magistrale: amiamo la vita per esempio quando ne godiamo per cose che ci fanno "sentire vivi" e di conseguenza in queste circostanze proviamo sentimenti di gratitudine per la nostra esistenza. La vita qui è un dono.
Altre volte invece proviamo disgusto, odio e distanza dal mondo e ci dissociamo dagli altri specie quando sentiamo che il mondo è ingiusto e crudele. In questi casi la vita viene percepita come un incubo. Un vero e proprio inferno. Vivere è ne più ne meno che una fatica. La vita sembra quasi una maledizione... La volontà degli altri e i piani del fato infatti talvolta "stridono" con la nostra volontà, e a noi non sta più bene... in certi casi può essere molto doloroso e si finisce sopraffatti dal dolore... e se l'orrore prende il sopravvento l'essere umano reagisce chiudendosi a riccio. In un bozzolo difensivo. Proprio come è accaduto all'hikikomori che Oku ha voluto protagonista di questo manga.
"La mia maetel" è un'opera sospesa su tutto questo, tra la gioia di vivere e il peso dell'esistere. La sua gravitas è quella di una paradossale insostenibile leggerezza.
Il protagonista dell'opera, Shintaro, è infatti un ragazzo sopraffatto da sentimenti di odio verso la vita, chiuso nel suo bozzolo, che nega la realtà e si rifugia in una vita virtuale (fatta di manga e chat online). Si chiude nella sua stanza poichè il mondo è giudicato sostanzialmente indegno di essere da lui vissuto. Secondo Hiroya Oku però Shintaro non è destinato a morire isolato nella sua stanza. L'autore ha per lui altri progetti. Shintaro potrebbe comportarsi diversamente se ci fossero le giuste circostanze, potrebbe vivere come e forse meglio degli altri. Potrebbe sbocciare... "La mia maetel" è infatti l'opera che racconta la metamorfosi di Shintaro da uomo che ha detto di "no" alla vita a uomo che finisce per dire nietzscheanamente "si" alla vita, cioè a uomo che finalmente impara ad apprezzarla nonostante le sue oggettive difficoltà e violenze. Per raccontare questa storia non servono 50 volumi e nemmeno 20. Ad Oku ne bastano 3. Una metamorfosi in 3 atti. Soluzione al contempo etica ed estetica.
Come avviene questa radicale trasformazione?
Cosa manca nella vita di Shintaro per fargli finalmente apprezzare il mondo? È solo pusillanimità? Debolezza? Mancanza di coraggio? È solo sovraesposizione al dolore? La risposta corrisponde esattamente a ciò che manca nella vita di ogni hikikomori, cioè sostanzialmente la felicità data dalla Bellezza e dall'amore. La Bellezza con la B maiuscola. Oku sembra sostenere che una vita priva di bellezza non sia degna di essere vissuta... Come dargli torto. Shintaro infatti è di per sé destinato ad una brutta fine e solo la bellezza lo potrà salvare.
Accade dunque così che la metamorfosi di Shintaro si compia grazie ad un incontro perfettamente opportuno. Shintaro incontra niente meno che la personificazione della Bellezza cioè "Maetel", la bellissima protagonista femminile dell'opera. Eccolo l'incontro. Ecco la bellezza che gli tende la mano, gentilmente, tirandolo fuori dalla sua solitudine. Se Shintaro rappresenta in modo iconico "colui che dice no alla vita", l'oppresso, la chiusura, l'incomprensione, la sofferenza ecc., Maetel invece è il suo esatto opposto: è la gioia di vivere in persona, la magnificenza, la solarità, il sesso, la forza, la vitalità, è tutte le ragioni per affermare che la vita è bella.. Maetel è semplicemente perfetta, come Mary Poppins, ma molto più sexy. È l'icona della Bellezza. È la vita e la vita è donna.
La narrazione corre veloce e Oku manda off screen molti eventi, narrando solo l'essenziale, solo ciò che davvero conta, ovvero le tappe inaggirabili di questa trasformazione.
Perciò chiedersi perché Maetel sia così bella o cercare concretezza nei suoi comportamenti è assurdo (ed è un'operazione che fa chi non ha compreso l'impostazione dell'opera). Chi sostiene per esempio che una donna come Maetel, bella e perfetta e dolce, non esiste nel mondo vero, sbaglia clamorosamente perché Maetel è la personificazione della donna perfetta sotto ogni aspetto, è un archetipo, come la venere del Botticelli, non una persona specifica raffigurata con fotorealismo. Si finisce per essere detrattori di un'opera che non si è davvero letto. Semmai sono le donne reali che dovrebbero assomigliare a Maetel, che dovrebbero avvicinarsi al modello ideale che essa rappresenta.
Ma torniamo a Shintaro.
Shintaro è un hikikomori. La realtà lo ripugna. Gli altri, tutti gli altri lo ripugnano perchè sono complici e artefici di un mondo ingiusto. Shintaro si comporta come un eremita, come un monaco che rifiuta il corpo, la vita mondana, incluse le gioie del sesso che sono secondo la psicologia postfreudiana gli impulsi più irrefrenabili dell'essere umano.
Shintaro rappresenta tutte le chiusure di cui l'essere umano è capace e a tal proposito trovo particolarmente appropriato che Oku si rivolga proprio al pubblico nerd dei lettori di manga per trasmettere questo messaggio che è molto più di un allerta e sfocia nella critica sociale. Oku ci dice, a ben vedere, che abbiamo tutti bisogno di Maetel. Proprio tutti. (E invece pioggia di fischi 🤦🏻 incomprensione, non accettazione della condizione umana)
Hiroya Oku sa bene che nel mondo dei lettori di manga, cioè nel suo potenziale pubblico, gli hikikomori abbondano (!!!!!!) allora ha deciso di fare suonare una fastidiosa sveglia denunciando ogni impulso di morte e la mancanza di solidarietà che affligge la nostra epoca.
Amore e sesso sono legati. Maetel non a caso è sexy (mentre Mary Poppins è asessuata. Nel linguaggio Disney il sesso c'è ma è sostanzialmente censurato. Con Oku per fortuna no!) ma dietro il sesso si evince come spesso capita in Oku che ciò di cui ha realmente bisogno un hikikomori è l'amore. Non il bel corpo di una prostituta. Maetel non è una prostituta, se fosse stata nella sua essenza una prostituta non sarebbe mai riuscita nel suo intento di SVEGLIARE ALLA VITA Shintaro... Perché dopo il sesso avrebbe chiesto del denaro o appagata, finiti i suoi bisogni avrebbe finito solo per amplificare il disgusto di Shintaro per la mancanza di valori nel mondo, avrebbe confermato la sua nausea... Shintaro invece, come tutti gli hikikomori italiani e giapponesi rivela un profondo bisogno d'amore perché in ultima istanza è stata proprio la mancanza d'amore a causare la sua chiusura a riccio!!!!!!!! Non si può scavare più a fondo di così. L'amore è al fondo del nostro rapporto sano o malato con la vita. Del nostro dirle di sì o di no. L'amore è quindi sia il veleno che la cura. All you Need Is love.
La mancanza d'amore fa infatti grossi danni alla vita, sia nel virtuale che nel reale. È questo il messaggio più importante di "la mia maetel".
Se non ci fosse Maetel, ovvero l'amore, la vita di Shintaro sarebbe senza alcun senso, triste e piena di isterismi, di astio, senza possibilità di redenzione, confinata nei ricordi negativi e irrimediabili di una persona che ha negato come autodifesa persino l'amore genitoriale. Pur dicendo infatti parole terribili rivolte a suo padre, Shintaro in realtà piange disperatamente la morte dei suoi cari, il suo cuore è colmo di sofferenza e ha paura di innamorarsi perché rischia di soffrire ancora, rischia di subire altri crudeli colpi dalla vita. Ma se sei chiuso nella tua stanza e l'unico interlocutore è tuo padre finisci per scaricare su di lui tutto l'astio. Eppure è suo padre che gli regala Maetel. L'amore di cui ha bisogno non è slegato dall'amore paterno e materno (non è un caso che all'occorrenza Maetel sappia fare anche da madre).
E non è nemmeno un a caso che in questo manga (e in altri di Oku) una creatura come un cane costituisca un'arma di seduzione e di risoluzione. Si tratta del cane 🐕 che maetel introduce nella vita di Shintaro. Il cane, animale capace di "amore incondizionato e interminabile". Vedi Hachiko per esempio. La cagnetta si chiama "Sakura", animaletto bisognoso di cure e portatore di amore (Ps, c'è un cane in ogni opera di Oku).
Non posso starvi a spiegare proprio tutto, ma dovreste ormai aver capito il legame tra hikikomori, il nietzscheano "dire no alla vita", l'accesso alla bellezza, la gioia di vivere, il sentirsi vivi, gli impulsi e il sesso, l'affetto.......
Shintaro dice: "le donne a tre dimensioni non vanno bene". Ma Maetel che è una donna ideale e, in quanto tale, ha "due dimensioni", per questo va benissimo. Anche se Maetel non fosse mai esistita davvero e fosse tutto frutto dell'immaginazione di Shintaro, Shintaro troverebbe comunque una soluzione per accettare la vita in Maetel, e amando qualcosa di virtuale comunque non sarebbe solo.
Maetel è per Shintaro la donna che avrebbe sempre voluto avere, è l'amore che cerca nella vita ma che non ha ottenuto e per questo shintaro non è un "vincente" come dichiara nel primo capitolo, ma un perdente, e l'incontro con la sua maetel serve a fargli realizzare questa cosa, a fargli sviluppare la consapevolezza dei suoi errori.... perché solo così, lavorando sul suo fallimento come persona, potrà in futuro diventare veramente un uomo. La sveglia è suonata, e si chiama, dicevamo, eros, amore.
HIROYA OKU non è un autore che nasconde il sesso, a lui piace disegnarlo e raccontarlo come elemento vitale. Il suo percorso artistico è segnato dal nudo e a volte dal porno. Non c'è da stupirsi se nel suo simbolismo, nel suo linguaggio artistico, il protagonista finalmente arriva a fare sesso. Non c'è da scandalizzarsi se viene raccontato con calma, attraverso tante tavole. Senza nessunissima fretta. Shintaro fa sesso perchè per la prima volta vive. Ma ciò non autorizza ovviamente a ridurre tutto a sesso. "La mia Maetel" non è un semplice Hentai. Resta il fatto che a Oku piacciano le donne, come d'altronde a Woody Allen. Sogna l'amante perfetta. Sono artisti che non ne fanno mistero. Fatevene una ragione. Se Freud ha costruito sul sesso la sua carriera perché non potrebbe farlo pure Freud?
La domanda che "la mia maetel lascia" al lettore a conclusione dell'opera non è però erotica ma poetica: si può dire di aver vissuto veramente se non si è mai amato?
E voi cosa risponderesti?
Cosa state facendo nel mondo? Della vostra vita? Vi sentite vivi o state solo sopravvivendo? Siete fonte di amore come Maetel e Sakura o cosa?
Signori, "la mia Maetel" non sarà forse il manga che tutti dovrebbero possedere ma sicuramente è il manga che tutti dovrebbero CAPIRE se vogliamo davvero avere un mondo migliore.
SPOILER
SI PARLA LIBERAMENTE DELL'OPERA
"La mia maetel" è un'opera straordinaria ma molto esigente perché richiede un lettore che sappia estrarre dal testo 'cose interessanti'. Se quest'opera passa sotto gli occhi di una persona con poca sensibilità finisce invece inosservata, persino infastidisce il lettore medio, tanto da ricevere reazioni violente. Forse non è un caso che un opera come questa venga bullizzata perché incompresa da un mondo violento esattamente come il suo protagonista. È non è un caso che di fronte ad un lettore di questo tipo l'opera si chiuda a riccio tenendo per se i suoi tesori.
Per apprezzare al meglio lo splendido lavoro di Hiroya Oku bisogna tenere a mente qualche aspetto socio-pragmatico del Giappone attuale, in particolare la distinzione -non poi così tanto trattata nei manga- tra "vita reale" e "vita virtuale". Sotto questo aspetto il fenomeno degli hikikomori non può dirsi esclusivamente giapponese perché sta prendendo sempre più piede in Italia nella noncuranza generale. Eppure è una questione eminentemente umana.
Quindi l'asticella posta da quest'opera è alta e non tutti riescono a saltare... ma entriamo nell'opera.
"La mia maetel" è per concezione, trama, disegni, impatto visivo e messaggio, un opera da 10 e lode!!!!!!
Di cosa parla?
Parla della costruzione di relazioni interpersonali, di quanto esse siano al contempo facili e complesse, ma soprattutto parla di come la rete virtuosa o sfilacciata di relazioni che riusciamo a tessere sia in realtà IL TERMOMETRO del nostro rapporto con la vita (sano o patologico a seconda dei casi)!!!!
Oku affronta uno dei suoi temi preferiti: "l'esser felici di stare al mondo e l'esser infelici di stare al mondo". L'autore ha creato i suoi personaggi per farli oscillare tra queste due polarità: l'amore per la vita da una parte e la mancanza di voglia di vivere (il male di vivere) dall'altra. Vi sembra poco? No affatto ovviamente, si tratta di un'opera ambiziosa, praticamente filosofica. Oku tratta di quello che Nietzsche ha chiamato il "dire si" e "il dire no" alla vita. Già perché in quanto esseri umani tutti noi abbiamo un rapporto di amore e odio con l'esistenza e Oku che lo sa bene ci gioca in modo magistrale: amiamo la vita per esempio quando ne godiamo per cose che ci fanno "sentire vivi" e di conseguenza in queste circostanze proviamo sentimenti di gratitudine per la nostra esistenza. La vita qui è un dono.
Altre volte invece proviamo disgusto, odio e distanza dal mondo e ci dissociamo dagli altri specie quando sentiamo che il mondo è ingiusto e crudele. In questi casi la vita viene percepita come un incubo. Un vero e proprio inferno. Vivere è ne più ne meno che una fatica. La vita sembra quasi una maledizione... La volontà degli altri e i piani del fato infatti talvolta "stridono" con la nostra volontà, e a noi non sta più bene... in certi casi può essere molto doloroso e si finisce sopraffatti dal dolore... e se l'orrore prende il sopravvento l'essere umano reagisce chiudendosi a riccio. In un bozzolo difensivo. Proprio come è accaduto all'hikikomori che Oku ha voluto protagonista di questo manga.
"La mia maetel" è un'opera sospesa su tutto questo, tra la gioia di vivere e il peso dell'esistere. La sua gravitas è quella di una paradossale insostenibile leggerezza.
Il protagonista dell'opera, Shintaro, è infatti un ragazzo sopraffatto da sentimenti di odio verso la vita, chiuso nel suo bozzolo, che nega la realtà e si rifugia in una vita virtuale (fatta di manga e chat online). Si chiude nella sua stanza poichè il mondo è giudicato sostanzialmente indegno di essere da lui vissuto. Secondo Hiroya Oku però Shintaro non è destinato a morire isolato nella sua stanza. L'autore ha per lui altri progetti. Shintaro potrebbe comportarsi diversamente se ci fossero le giuste circostanze, potrebbe vivere come e forse meglio degli altri. Potrebbe sbocciare... "La mia maetel" è infatti l'opera che racconta la metamorfosi di Shintaro da uomo che ha detto di "no" alla vita a uomo che finisce per dire nietzscheanamente "si" alla vita, cioè a uomo che finalmente impara ad apprezzarla nonostante le sue oggettive difficoltà e violenze. Per raccontare questa storia non servono 50 volumi e nemmeno 20. Ad Oku ne bastano 3. Una metamorfosi in 3 atti. Soluzione al contempo etica ed estetica.
Come avviene questa radicale trasformazione?
Cosa manca nella vita di Shintaro per fargli finalmente apprezzare il mondo? È solo pusillanimità? Debolezza? Mancanza di coraggio? È solo sovraesposizione al dolore? La risposta corrisponde esattamente a ciò che manca nella vita di ogni hikikomori, cioè sostanzialmente la felicità data dalla Bellezza e dall'amore. La Bellezza con la B maiuscola. Oku sembra sostenere che una vita priva di bellezza non sia degna di essere vissuta... Come dargli torto. Shintaro infatti è di per sé destinato ad una brutta fine e solo la bellezza lo potrà salvare.
Accade dunque così che la metamorfosi di Shintaro si compia grazie ad un incontro perfettamente opportuno. Shintaro incontra niente meno che la personificazione della Bellezza cioè "Maetel", la bellissima protagonista femminile dell'opera. Eccolo l'incontro. Ecco la bellezza che gli tende la mano, gentilmente, tirandolo fuori dalla sua solitudine. Se Shintaro rappresenta in modo iconico "colui che dice no alla vita", l'oppresso, la chiusura, l'incomprensione, la sofferenza ecc., Maetel invece è il suo esatto opposto: è la gioia di vivere in persona, la magnificenza, la solarità, il sesso, la forza, la vitalità, è tutte le ragioni per affermare che la vita è bella.. Maetel è semplicemente perfetta, come Mary Poppins, ma molto più sexy. È l'icona della Bellezza. È la vita e la vita è donna.
La narrazione corre veloce e Oku manda off screen molti eventi, narrando solo l'essenziale, solo ciò che davvero conta, ovvero le tappe inaggirabili di questa trasformazione.
Perciò chiedersi perché Maetel sia così bella o cercare concretezza nei suoi comportamenti è assurdo (ed è un'operazione che fa chi non ha compreso l'impostazione dell'opera). Chi sostiene per esempio che una donna come Maetel, bella e perfetta e dolce, non esiste nel mondo vero, sbaglia clamorosamente perché Maetel è la personificazione della donna perfetta sotto ogni aspetto, è un archetipo, come la venere del Botticelli, non una persona specifica raffigurata con fotorealismo. Si finisce per essere detrattori di un'opera che non si è davvero letto. Semmai sono le donne reali che dovrebbero assomigliare a Maetel, che dovrebbero avvicinarsi al modello ideale che essa rappresenta.
Ma torniamo a Shintaro.
Shintaro è un hikikomori. La realtà lo ripugna. Gli altri, tutti gli altri lo ripugnano perchè sono complici e artefici di un mondo ingiusto. Shintaro si comporta come un eremita, come un monaco che rifiuta il corpo, la vita mondana, incluse le gioie del sesso che sono secondo la psicologia postfreudiana gli impulsi più irrefrenabili dell'essere umano.
Shintaro rappresenta tutte le chiusure di cui l'essere umano è capace e a tal proposito trovo particolarmente appropriato che Oku si rivolga proprio al pubblico nerd dei lettori di manga per trasmettere questo messaggio che è molto più di un allerta e sfocia nella critica sociale. Oku ci dice, a ben vedere, che abbiamo tutti bisogno di Maetel. Proprio tutti. (E invece pioggia di fischi 🤦🏻 incomprensione, non accettazione della condizione umana)
Hiroya Oku sa bene che nel mondo dei lettori di manga, cioè nel suo potenziale pubblico, gli hikikomori abbondano (!!!!!!) allora ha deciso di fare suonare una fastidiosa sveglia denunciando ogni impulso di morte e la mancanza di solidarietà che affligge la nostra epoca.
Amore e sesso sono legati. Maetel non a caso è sexy (mentre Mary Poppins è asessuata. Nel linguaggio Disney il sesso c'è ma è sostanzialmente censurato. Con Oku per fortuna no!) ma dietro il sesso si evince come spesso capita in Oku che ciò di cui ha realmente bisogno un hikikomori è l'amore. Non il bel corpo di una prostituta. Maetel non è una prostituta, se fosse stata nella sua essenza una prostituta non sarebbe mai riuscita nel suo intento di SVEGLIARE ALLA VITA Shintaro... Perché dopo il sesso avrebbe chiesto del denaro o appagata, finiti i suoi bisogni avrebbe finito solo per amplificare il disgusto di Shintaro per la mancanza di valori nel mondo, avrebbe confermato la sua nausea... Shintaro invece, come tutti gli hikikomori italiani e giapponesi rivela un profondo bisogno d'amore perché in ultima istanza è stata proprio la mancanza d'amore a causare la sua chiusura a riccio!!!!!!!! Non si può scavare più a fondo di così. L'amore è al fondo del nostro rapporto sano o malato con la vita. Del nostro dirle di sì o di no. L'amore è quindi sia il veleno che la cura. All you Need Is love.
La mancanza d'amore fa infatti grossi danni alla vita, sia nel virtuale che nel reale. È questo il messaggio più importante di "la mia maetel".
Se non ci fosse Maetel, ovvero l'amore, la vita di Shintaro sarebbe senza alcun senso, triste e piena di isterismi, di astio, senza possibilità di redenzione, confinata nei ricordi negativi e irrimediabili di una persona che ha negato come autodifesa persino l'amore genitoriale. Pur dicendo infatti parole terribili rivolte a suo padre, Shintaro in realtà piange disperatamente la morte dei suoi cari, il suo cuore è colmo di sofferenza e ha paura di innamorarsi perché rischia di soffrire ancora, rischia di subire altri crudeli colpi dalla vita. Ma se sei chiuso nella tua stanza e l'unico interlocutore è tuo padre finisci per scaricare su di lui tutto l'astio. Eppure è suo padre che gli regala Maetel. L'amore di cui ha bisogno non è slegato dall'amore paterno e materno (non è un caso che all'occorrenza Maetel sappia fare anche da madre).
E non è nemmeno un a caso che in questo manga (e in altri di Oku) una creatura come un cane costituisca un'arma di seduzione e di risoluzione. Si tratta del cane 🐕 che maetel introduce nella vita di Shintaro. Il cane, animale capace di "amore incondizionato e interminabile". Vedi Hachiko per esempio. La cagnetta si chiama "Sakura", animaletto bisognoso di cure e portatore di amore (Ps, c'è un cane in ogni opera di Oku).
Non posso starvi a spiegare proprio tutto, ma dovreste ormai aver capito il legame tra hikikomori, il nietzscheano "dire no alla vita", l'accesso alla bellezza, la gioia di vivere, il sentirsi vivi, gli impulsi e il sesso, l'affetto.......
Shintaro dice: "le donne a tre dimensioni non vanno bene". Ma Maetel che è una donna ideale e, in quanto tale, ha "due dimensioni", per questo va benissimo. Anche se Maetel non fosse mai esistita davvero e fosse tutto frutto dell'immaginazione di Shintaro, Shintaro troverebbe comunque una soluzione per accettare la vita in Maetel, e amando qualcosa di virtuale comunque non sarebbe solo.
Maetel è per Shintaro la donna che avrebbe sempre voluto avere, è l'amore che cerca nella vita ma che non ha ottenuto e per questo shintaro non è un "vincente" come dichiara nel primo capitolo, ma un perdente, e l'incontro con la sua maetel serve a fargli realizzare questa cosa, a fargli sviluppare la consapevolezza dei suoi errori.... perché solo così, lavorando sul suo fallimento come persona, potrà in futuro diventare veramente un uomo. La sveglia è suonata, e si chiama, dicevamo, eros, amore.
HIROYA OKU non è un autore che nasconde il sesso, a lui piace disegnarlo e raccontarlo come elemento vitale. Il suo percorso artistico è segnato dal nudo e a volte dal porno. Non c'è da stupirsi se nel suo simbolismo, nel suo linguaggio artistico, il protagonista finalmente arriva a fare sesso. Non c'è da scandalizzarsi se viene raccontato con calma, attraverso tante tavole. Senza nessunissima fretta. Shintaro fa sesso perchè per la prima volta vive. Ma ciò non autorizza ovviamente a ridurre tutto a sesso. "La mia Maetel" non è un semplice Hentai. Resta il fatto che a Oku piacciano le donne, come d'altronde a Woody Allen. Sogna l'amante perfetta. Sono artisti che non ne fanno mistero. Fatevene una ragione. Se Freud ha costruito sul sesso la sua carriera perché non potrebbe farlo pure Freud?
La domanda che "la mia maetel lascia" al lettore a conclusione dell'opera non è però erotica ma poetica: si può dire di aver vissuto veramente se non si è mai amato?
E voi cosa risponderesti?
Cosa state facendo nel mondo? Della vostra vita? Vi sentite vivi o state solo sopravvivendo? Siete fonte di amore come Maetel e Sakura o cosa?
Signori, "la mia Maetel" non sarà forse il manga che tutti dovrebbero possedere ma sicuramente è il manga che tutti dovrebbero CAPIRE se vogliamo davvero avere un mondo migliore.
Letto unicamente perchè prestato tempo fa da un amico, ma mai avrei speso soldi per un manga che poco mi convinceva nonostante fosse prodotto da uno dei miei autori prediletti. "La mia Maetel" è uno dei primi lavori di Oku e dopo aver letto "Gantz" subito mi è stata palese l'inesperienza di Oku durante la scrittura del suddetto fumetto. Non è stata una pessima lettura, sia chiaro, anzi il problema degli hikikomori viene trattato per quanto frettolosamente in tre volumi in maniera piuttosto interessante e direi divertente. Difatti già si nota in quest'opera che quel seme ancora acerbo di Oku sarebbe diventato uno splendido fiore in futuro. Già si nota la sua fantasia malata. Tuttavia non posso assegnare più della sufficienza a quest opera che mostra tutti i suoi limiti non per la brevità, sia chiaro, ma legati principalmente all'inesperienza dell'autore, che a mio dire è più predisposto per opere fantascientifiche e folli come appunto "Gantz". Dopo questa lettura sono stato scoraggiato a leggere anche la sua precedente "Hen", che già dal solo disegno ancor più acerbo di questo non mi convince affatto.
<b>ATTENZIONE! CONTIENE SPOILER!</b>
Prima opera che leggo di Hiroya Oku.
"La mia Maetel" è una mini opera di 3 volumi pubblicata dalla Planet manga in una buona edizione, dotata di sovracopertina, buona qualità della carta e dell'inchiostro.
I disegni devo dire sono deliziosi, non sono un'amante del classico stile giapponese con gli occhi giganteschi. Questo autore ama i il tratto realistico, le figure sono ben proporzionate e gli sfondi accurati, anche se gran parte della storia si svolge all'interno di una casa come tante.
La trama è interessante: Shintaro Koizumi è un ragazzo con problemi non indifferenti, egli è infatti un hikikomori cioè una persona che non vuole più uscire dalla sua stanza e rifiuta ogni contatto con gli altri. Da 15 anni è così e ora, a 30 anni, si ritrova schiavo delle sue paure.
Dopo la morte del padre, che si era da poco risposato, e l'arrivo della giovanissima moglie, ormai vedova Haruka, Shintaro si trova nella situazione di dover affrontare questa nuova presenza a cui non è abituato.
Haruka è bellissima, e lui presto se ne innamora, nonostante sia la sua matrigna.
Lei, dopo averlo conosciuto, decide di provare ad aiutarlo a guarire, ad abbattere il muro del suo silenzio e a farlo uscire dalla sua stanza, e poi, farlo uscire da casa.
In modo che possa tornare a vivere un giorno una vita normale. E l'impresa non sarà facile.
Devo dire di essere d'accordo e in disaccordo con alcuni pareri di altri recensori.
Molti hanno espresso disappunto su Haruka, che alla fine intraprende una relazione sentimentale con lui, i due fanno sesso (e viene mostrato in maniera accurata) e finisce tutto lì.
Dissento nel dire che secondo me non è andata proprio così. L'impressione che mi ha dato questa serie è che Haruka abbia capito di piacere molto a Shintaro e abbia deciso di usare questo suo fascino per sedurre il ragazzo (fidanzarsi e fare l'amore) e, sopratutto, per influenzarlo. Per poi lasciarlo allo scopo di scuoterlo e farlo uscire di casa e trovare un modo per rendersi indipendente, altrimenti sarebbe morto da solo, in casa abbandonato.
Era tutto pianificato per lei, con un finale duro in effetti, ma che ha spronato Shintaro a trovare una soluzione al suo problema e ad affrontarlo.
E secondo alcuni non si è capito il motivo per cui lei si è spesa tanto; secondo me è perché Haruka, avendo sposato suo padre, si è sentita in dovere di aiutare il figliastro. Perché è una ragazza generosa e buona.
Sicuramente è stato un finale frettoloso: si sono spese 25 pagine per la scena di sesso, e molto di meno per il finale. Come se l'autore volesse concludere in fretta, senza perdersi in riflessioni.
E ciò non è stato un bene per la serie. Concordo con chi ha scritto che si sarebbero potute spendere più pagine e capitoli per mostrare con calma e precisione il passaggio alla maturità di Shintaro, il suo voler superare i suoi problemi, il suo volersi rendere indipendente. Poiché la trama parlava di un tema delicato dal punto di vista psicologico.
Il finale frettoloso è stato deludente, quello si.
Questo manga mi ha dato l'idea che l'autore volesse narrare più un suo sogno/desiderio erotico, che parlare della vita e dei problemi di un hikikomori.
Vengono spese molte pagine in scene sessuali e pochissime per concludere in fretta un finale che ti lascia insoddisfatta.
Nel complesso un manga discreto. Non lo consiglio a chi è amante delle letture intense, che vogliono far riflettere.
A tratti sembra una commedia romantica. In pratica è una lettura leggera (nonostante il tema delicato).
Da leggere con spensieratezza e senza troppe aspettative.
Il mio voto definitivo è 6, per la trama, che sicuramente si poteva sviluppare meglio.
Prima opera che leggo di Hiroya Oku.
"La mia Maetel" è una mini opera di 3 volumi pubblicata dalla Planet manga in una buona edizione, dotata di sovracopertina, buona qualità della carta e dell'inchiostro.
I disegni devo dire sono deliziosi, non sono un'amante del classico stile giapponese con gli occhi giganteschi. Questo autore ama i il tratto realistico, le figure sono ben proporzionate e gli sfondi accurati, anche se gran parte della storia si svolge all'interno di una casa come tante.
La trama è interessante: Shintaro Koizumi è un ragazzo con problemi non indifferenti, egli è infatti un hikikomori cioè una persona che non vuole più uscire dalla sua stanza e rifiuta ogni contatto con gli altri. Da 15 anni è così e ora, a 30 anni, si ritrova schiavo delle sue paure.
Dopo la morte del padre, che si era da poco risposato, e l'arrivo della giovanissima moglie, ormai vedova Haruka, Shintaro si trova nella situazione di dover affrontare questa nuova presenza a cui non è abituato.
Haruka è bellissima, e lui presto se ne innamora, nonostante sia la sua matrigna.
Lei, dopo averlo conosciuto, decide di provare ad aiutarlo a guarire, ad abbattere il muro del suo silenzio e a farlo uscire dalla sua stanza, e poi, farlo uscire da casa.
In modo che possa tornare a vivere un giorno una vita normale. E l'impresa non sarà facile.
Devo dire di essere d'accordo e in disaccordo con alcuni pareri di altri recensori.
Molti hanno espresso disappunto su Haruka, che alla fine intraprende una relazione sentimentale con lui, i due fanno sesso (e viene mostrato in maniera accurata) e finisce tutto lì.
Dissento nel dire che secondo me non è andata proprio così. L'impressione che mi ha dato questa serie è che Haruka abbia capito di piacere molto a Shintaro e abbia deciso di usare questo suo fascino per sedurre il ragazzo (fidanzarsi e fare l'amore) e, sopratutto, per influenzarlo. Per poi lasciarlo allo scopo di scuoterlo e farlo uscire di casa e trovare un modo per rendersi indipendente, altrimenti sarebbe morto da solo, in casa abbandonato.
Era tutto pianificato per lei, con un finale duro in effetti, ma che ha spronato Shintaro a trovare una soluzione al suo problema e ad affrontarlo.
E secondo alcuni non si è capito il motivo per cui lei si è spesa tanto; secondo me è perché Haruka, avendo sposato suo padre, si è sentita in dovere di aiutare il figliastro. Perché è una ragazza generosa e buona.
Sicuramente è stato un finale frettoloso: si sono spese 25 pagine per la scena di sesso, e molto di meno per il finale. Come se l'autore volesse concludere in fretta, senza perdersi in riflessioni.
E ciò non è stato un bene per la serie. Concordo con chi ha scritto che si sarebbero potute spendere più pagine e capitoli per mostrare con calma e precisione il passaggio alla maturità di Shintaro, il suo voler superare i suoi problemi, il suo volersi rendere indipendente. Poiché la trama parlava di un tema delicato dal punto di vista psicologico.
Il finale frettoloso è stato deludente, quello si.
Questo manga mi ha dato l'idea che l'autore volesse narrare più un suo sogno/desiderio erotico, che parlare della vita e dei problemi di un hikikomori.
Vengono spese molte pagine in scene sessuali e pochissime per concludere in fretta un finale che ti lascia insoddisfatta.
Nel complesso un manga discreto. Non lo consiglio a chi è amante delle letture intense, che vogliono far riflettere.
A tratti sembra una commedia romantica. In pratica è una lettura leggera (nonostante il tema delicato).
Da leggere con spensieratezza e senza troppe aspettative.
Il mio voto definitivo è 6, per la trama, che sicuramente si poteva sviluppare meglio.
Siamo di fronte a un manga molto particolare (trattandosi di Oku c'era da aspettarselo).
Shintaro è un NEET (cioè non lavora, non studia e non fa tirocinio) o meglio non esce dalla sua camera da ben quindici anni e il padre è costretto a portargli da mangiare e qualunque altra cosa fuori dalla porta della sua stanza. Improvvisamente però il padre di Shintaro viene a mancare e la sua neo-sposina Haruka (molto più giovane di lui) deciderà di sua volontà di sostituire il defunto marito nel prendersi cura di Shintaro. Pur non avendo nessuna esperienza con ragazzi problematici Haruka si pone l'ambizioso obiettivo di far uscire dalla sua camera Shintaro e di farlo tornare a una vita normale...
"La mia Maetel" è una commedia e in alcuni punti (mi riferisco all'ultimo volume) ci sono scene di erotismo abbastanza esplicite (come già in "HEN", dello stesso autore).
Come ho detto Maetel non è un manga semplice, sia per per tematiche che affronta (l'emarginazione sociale, i ragazzi che non riescono ad affrontare il mondo esterno e preferiscono rinchiudersi in casa, e di contro, cosa dovrebbe fare un buon genitore per aiutare il figlio? abbandonarlo a sè stesso oppure continuare ad accudirlo e assecondarlo, arrivando a lasciargli il cibo fuori dalla sua porta?) ma soprattutto per il modo via via sempre più ingenuo in cui le tratta. Infatti, nonostante il primo volume ponga queste domane in maniera seria, che spinga il lettore a riflettere su quello che in Giappone è un gravissimo problema sociale, piano piano tutto questo si sgretola, per lasciare il posto a sentimenti poco chiari e scene di erotismo molto esplicite (sto leggendo sempre lo stesso manga?) che cozzano abbastanza con la serietà di quanto detto in precedenza.
Insomma, la trama è abbastanza segmentaria, parte in un modo e va a parare da tutt'altra parte (parte che conoscendo Oku era tuttavia intuibile).
Parlando dei disegni, devo dire che ho apprezzato la singolare gestione della regia dell'autore. Le vignette sono molto regolari, e la retinatura accurata e piacevole: Oku è riuscito a dare un effetto tipico dei telefilm o delle commedie in generale, con qualcosa che ricorda una telecamera fissa, come se avesse voluto seguire l'azione nel modo più pacato e distaccato possibile, per far concentrare il lettore sui dialoghi più che sulle inquadrature.
Francamente, questo suo talento è stato l'unico motivo per cui la lettura di questo manga è stata piacevole, nonostante le innumerevoli assurdità a livello di trama!
In poche parole, consiglierei questo manga soltanto a chi ha già letto qualcosa di Oku (in particolar modo "HEN") e lo ha apprezzato -se vi piacciono le sue stranezze, sicuramente apprezzerete anche "La mia Maetel"- o a chi cerca un manga leggero, una miniserie di tre volumi, ed è pronto ad accettare una buona dose di erotismo.
Shintaro è un NEET (cioè non lavora, non studia e non fa tirocinio) o meglio non esce dalla sua camera da ben quindici anni e il padre è costretto a portargli da mangiare e qualunque altra cosa fuori dalla porta della sua stanza. Improvvisamente però il padre di Shintaro viene a mancare e la sua neo-sposina Haruka (molto più giovane di lui) deciderà di sua volontà di sostituire il defunto marito nel prendersi cura di Shintaro. Pur non avendo nessuna esperienza con ragazzi problematici Haruka si pone l'ambizioso obiettivo di far uscire dalla sua camera Shintaro e di farlo tornare a una vita normale...
"La mia Maetel" è una commedia e in alcuni punti (mi riferisco all'ultimo volume) ci sono scene di erotismo abbastanza esplicite (come già in "HEN", dello stesso autore).
Come ho detto Maetel non è un manga semplice, sia per per tematiche che affronta (l'emarginazione sociale, i ragazzi che non riescono ad affrontare il mondo esterno e preferiscono rinchiudersi in casa, e di contro, cosa dovrebbe fare un buon genitore per aiutare il figlio? abbandonarlo a sè stesso oppure continuare ad accudirlo e assecondarlo, arrivando a lasciargli il cibo fuori dalla sua porta?) ma soprattutto per il modo via via sempre più ingenuo in cui le tratta. Infatti, nonostante il primo volume ponga queste domane in maniera seria, che spinga il lettore a riflettere su quello che in Giappone è un gravissimo problema sociale, piano piano tutto questo si sgretola, per lasciare il posto a sentimenti poco chiari e scene di erotismo molto esplicite (sto leggendo sempre lo stesso manga?) che cozzano abbastanza con la serietà di quanto detto in precedenza.
Insomma, la trama è abbastanza segmentaria, parte in un modo e va a parare da tutt'altra parte (parte che conoscendo Oku era tuttavia intuibile).
Parlando dei disegni, devo dire che ho apprezzato la singolare gestione della regia dell'autore. Le vignette sono molto regolari, e la retinatura accurata e piacevole: Oku è riuscito a dare un effetto tipico dei telefilm o delle commedie in generale, con qualcosa che ricorda una telecamera fissa, come se avesse voluto seguire l'azione nel modo più pacato e distaccato possibile, per far concentrare il lettore sui dialoghi più che sulle inquadrature.
Francamente, questo suo talento è stato l'unico motivo per cui la lettura di questo manga è stata piacevole, nonostante le innumerevoli assurdità a livello di trama!
In poche parole, consiglierei questo manga soltanto a chi ha già letto qualcosa di Oku (in particolar modo "HEN") e lo ha apprezzato -se vi piacciono le sue stranezze, sicuramente apprezzerete anche "La mia Maetel"- o a chi cerca un manga leggero, una miniserie di tre volumi, ed è pronto ad accettare una buona dose di erotismo.
Attenzione, possibili spoiler
Sul fronte sentimentale le donne, già di per sé aduse a vivere una vita a compartimenti stagni, si dividono essenzialmente in due macrocategorie: da una parte le Madri, dall'altra le Amanti. Un'intersezione tra i due insiemi è possibile, naturalmente, ma difficile da ottenere in natura giacché la tendenza a far prevalere una delle due, anche soltanto a livello inconscio, è molto forte. Di certo non funziona come in "La mia Maetel - Me-teru no Kimochi", in cui in nome del fanservice, nel quale Hiroya Oku ama indulgere, è la trama a decidere per la deuteragonista, con buona pace di uno scavo introspettivo degno di questo nome. Avremo tuttavia modo di vedere che se Sparta piange Atene non ride, circostanza che rende questo manga di una pochezza a dir poco scandalosa.
Da quindici anni Shintaro Koizumi si rifiuta di uscire dalla sua stanza, con somma preoccupazione di suo padre Yasujiro che non sa più cosa inventarsi per convincerlo a prendere finalmente in mano le redini di una vita che, giorno dopo giorno, sfugge vieppiù al suo controllo. Ne consegue che a trent'anni egli sia ancora ben lontano dall'acquisire la maturità che in circostanze normali dovrebbe essergli propria già da molto tempo, come dimostrano i puerili ricatti a cui sottopone il genitore che, per ragioni non meglio specificate, ritiene responsabile della morte della madre, evento alle origini del suo profondo disagio mentale. Al colmo della disperazione Yasujiro, che pure potrebbe buttarlo fuori di casa in qualsiasi momento in quanto non più legalmente a suo carico, accetta di stringere un bizzarro e decisamente poco ortodosso patto con lui: se riuscirà a trovarsi una nuova compagna l'altro accetterà di abbandonare il suo eremo improvvisato. Ciò che Shintaro non sa, tuttavia, è che da un anno il padre si vede con una sua collega di lavoro, tale Haruka Yoshinaga, più giovane di lui di svariati anni. Preso in contropiede e segretamente invidioso di lui, in procinto di sposarsi con la giovane, il ragazzo si rifiuta però di onorare la sua parte dell'accordo, sostenendo che ci sia qualcosa sotto.
La felicità degli sposi novelli dura soltanto cinque giorni, dopodiché Yasujiro, malato da tempo, muore. Pur non avendo alcun obbligo verso il figliastro Haruka decide comunque di rimanere in casa Koizumi per occuparsene, vincendo pian piano ogni sua reticenza fino ad instaurare con lui un rapporto molto speciale.
L'argomento è complesso e certamente non alla portata di tutti gli autori, ma non è questo il punto: da parte di Oku sembra infatti mancare la voglia di andare oltre gli stereotipi che una figura potenzialmente intrigante e divisiva come Shintaro richiama alla mente, dimodoché il suo personaggio, oltre che piatto, risulta incomprensibile al lettore che, impossibilitato ad empatizzare con lui, si ritrova a provare nei suoi confronti una viscerale e quasi fiera avversione. Può il dolore per la perdita di una persona cara essere sufficiente a causare in un ragazzo tutt'altro che problematico o impopolare qual'era Shintaro prima della morte della madre una regressione psicologica tale da sfociare in quindici anni di recriminazioni a vuoto e di cattiverie gratuite ai danni di un uomo fino a prova contraria senza colpe? E nel caso che Yasujiro ne abbia, perché non ne veniamo messi a conoscenza? Come se ciò non bastasse se da una parte è comprensibile, quantunque sconfortante, che le priorità di Shintaro siano state falsate dalla sua autoindotta inettitudine sociale, rendendolo di fatto più simile a un animale che a un essere umano, dall'altra il modo in cui esse prendono il sopravvento su tutto il resto nel tentativo di regalare al pubblico un po' di romanticismo scadente con contorno di poppe porta a un'inopportuna e altresì pericolosa banalizzazione di una piaga sociale, quella degli hikikomori, che di certo non ha bisogno di essere fatta oggetto di ulteriore disinformazione o di essere tirata in ballo più o meno a sproposito come in tempi recenti è successo, ad esempio, alla psicosi-maniaco depressiva e alla Sindrome di Asperger (per quanto riguarda quest'ultima: sì, cari bronies, sto guardando proprio voi).
Anche Haruka sarebbe un personaggio promettente, se solo il suo unico scopo non fosse quello di a regalare a Shintaro un interesse sentimentale che più tirato per i capelli di così non si può. Il motivo per cui si mette con Yasujiro, del resto, è altrettanto nebuloso, invero più per come viene trattato che per la sua effettiva validità. Stiamo parlando di una ragazza di ventitré anni - che incidentalmente è anche l'età di chi scrive - alle prese non solo con la vedovanza, ma anche e soprattutto con una persona dal disperato bisogno di un adeguato supporto psicologico. E invece no, qui basta giocare ai fidanzati con il "povero piccolo" - ovviamente bruciando tutte le tappe - affinché il suddetto diventi finalmente la personcina assennata che in tutti questi anni né il padre né i vari terapeuti a cui questi si è affidato sono riusciti a far emergere. E il lutto per la madre? E la critica alla società, a cui il ragazzo ha la faccia tosta di sentirsi superiore pur rifuggendo il confronto con essa? Bella morale davvero, non c'è che dire, anche se è con la storia della scommessa che si raschia davvero il fondo del barile.
Va da sé che con un comparto psicologico così poco accurato la credibilità dell'impianto narrativo, peraltro poverissimo, è nulla, ragion per cui ho ritenuto che non valesse la pena dedicargli una sezione a sé stante come invece sono solita fare. C'è un solo motivo per cui la lettura integrale de "La mia Maetel" richiede tre quarti d'ora a tirare: a livello contenutistico non c'è assolutamente nulla su cui soffermarsi, nulla che faccia riflettere o che causi il benché minimo guizzo di partecipazione da parte di chi legge. Tante sarebbero le domande a cui rispondere, ma a quanto pare la voglia di Oku di mettercisi di buzzo buono è inversamente proporzionale al numero delle stesse.
Se invece per contenuti si intendono le grazie di Haruka, beh, il discorso cambia: il suo viso d'angelo, i suoi lunghi capelli fluenti e soprattutto i suoi novantotto centimetri di circonferenza seno nulla hanno a che vedere con l'archetipo della matrigna brutta sia fuori che dentro tanto caro a certe opere di finzione. La cosa è senza dubbio molto conveniente per Shintaro, ma è di Oku che stiamo parlando, dopotutto, inoltre a fronte di un intreccio e di una psicologia così scadenti direi che il cosiddetto "author appeal" è l'ultimo dei problemi. Personalmente come tratto non mi dispiace, anche se nel caso specifico, in assenza di alieni e di splatter, l'ho trovato ridicolmente pulito per risultare davvero incisivo. Inutile dire che la regia delle tavole, generalmente dignitosa, si fa ispirata soltanto quando c'è da mettere in mostra gli "argomenti" di Haruka, come brillantemente dimostrato nella prima parte del terzo volume.
In conclusione: non leggetelo. Il fatto che non porta via né troppo tempo né spazio non significa che non possiate fare un uso più proficuo di entrambi, per non parlare dei quasi venti euro che vi verrebbe a costare.
Sul fronte sentimentale le donne, già di per sé aduse a vivere una vita a compartimenti stagni, si dividono essenzialmente in due macrocategorie: da una parte le Madri, dall'altra le Amanti. Un'intersezione tra i due insiemi è possibile, naturalmente, ma difficile da ottenere in natura giacché la tendenza a far prevalere una delle due, anche soltanto a livello inconscio, è molto forte. Di certo non funziona come in "La mia Maetel - Me-teru no Kimochi", in cui in nome del fanservice, nel quale Hiroya Oku ama indulgere, è la trama a decidere per la deuteragonista, con buona pace di uno scavo introspettivo degno di questo nome. Avremo tuttavia modo di vedere che se Sparta piange Atene non ride, circostanza che rende questo manga di una pochezza a dir poco scandalosa.
Da quindici anni Shintaro Koizumi si rifiuta di uscire dalla sua stanza, con somma preoccupazione di suo padre Yasujiro che non sa più cosa inventarsi per convincerlo a prendere finalmente in mano le redini di una vita che, giorno dopo giorno, sfugge vieppiù al suo controllo. Ne consegue che a trent'anni egli sia ancora ben lontano dall'acquisire la maturità che in circostanze normali dovrebbe essergli propria già da molto tempo, come dimostrano i puerili ricatti a cui sottopone il genitore che, per ragioni non meglio specificate, ritiene responsabile della morte della madre, evento alle origini del suo profondo disagio mentale. Al colmo della disperazione Yasujiro, che pure potrebbe buttarlo fuori di casa in qualsiasi momento in quanto non più legalmente a suo carico, accetta di stringere un bizzarro e decisamente poco ortodosso patto con lui: se riuscirà a trovarsi una nuova compagna l'altro accetterà di abbandonare il suo eremo improvvisato. Ciò che Shintaro non sa, tuttavia, è che da un anno il padre si vede con una sua collega di lavoro, tale Haruka Yoshinaga, più giovane di lui di svariati anni. Preso in contropiede e segretamente invidioso di lui, in procinto di sposarsi con la giovane, il ragazzo si rifiuta però di onorare la sua parte dell'accordo, sostenendo che ci sia qualcosa sotto.
La felicità degli sposi novelli dura soltanto cinque giorni, dopodiché Yasujiro, malato da tempo, muore. Pur non avendo alcun obbligo verso il figliastro Haruka decide comunque di rimanere in casa Koizumi per occuparsene, vincendo pian piano ogni sua reticenza fino ad instaurare con lui un rapporto molto speciale.
L'argomento è complesso e certamente non alla portata di tutti gli autori, ma non è questo il punto: da parte di Oku sembra infatti mancare la voglia di andare oltre gli stereotipi che una figura potenzialmente intrigante e divisiva come Shintaro richiama alla mente, dimodoché il suo personaggio, oltre che piatto, risulta incomprensibile al lettore che, impossibilitato ad empatizzare con lui, si ritrova a provare nei suoi confronti una viscerale e quasi fiera avversione. Può il dolore per la perdita di una persona cara essere sufficiente a causare in un ragazzo tutt'altro che problematico o impopolare qual'era Shintaro prima della morte della madre una regressione psicologica tale da sfociare in quindici anni di recriminazioni a vuoto e di cattiverie gratuite ai danni di un uomo fino a prova contraria senza colpe? E nel caso che Yasujiro ne abbia, perché non ne veniamo messi a conoscenza? Come se ciò non bastasse se da una parte è comprensibile, quantunque sconfortante, che le priorità di Shintaro siano state falsate dalla sua autoindotta inettitudine sociale, rendendolo di fatto più simile a un animale che a un essere umano, dall'altra il modo in cui esse prendono il sopravvento su tutto il resto nel tentativo di regalare al pubblico un po' di romanticismo scadente con contorno di poppe porta a un'inopportuna e altresì pericolosa banalizzazione di una piaga sociale, quella degli hikikomori, che di certo non ha bisogno di essere fatta oggetto di ulteriore disinformazione o di essere tirata in ballo più o meno a sproposito come in tempi recenti è successo, ad esempio, alla psicosi-maniaco depressiva e alla Sindrome di Asperger (per quanto riguarda quest'ultima: sì, cari bronies, sto guardando proprio voi).
Anche Haruka sarebbe un personaggio promettente, se solo il suo unico scopo non fosse quello di a regalare a Shintaro un interesse sentimentale che più tirato per i capelli di così non si può. Il motivo per cui si mette con Yasujiro, del resto, è altrettanto nebuloso, invero più per come viene trattato che per la sua effettiva validità. Stiamo parlando di una ragazza di ventitré anni - che incidentalmente è anche l'età di chi scrive - alle prese non solo con la vedovanza, ma anche e soprattutto con una persona dal disperato bisogno di un adeguato supporto psicologico. E invece no, qui basta giocare ai fidanzati con il "povero piccolo" - ovviamente bruciando tutte le tappe - affinché il suddetto diventi finalmente la personcina assennata che in tutti questi anni né il padre né i vari terapeuti a cui questi si è affidato sono riusciti a far emergere. E il lutto per la madre? E la critica alla società, a cui il ragazzo ha la faccia tosta di sentirsi superiore pur rifuggendo il confronto con essa? Bella morale davvero, non c'è che dire, anche se è con la storia della scommessa che si raschia davvero il fondo del barile.
Va da sé che con un comparto psicologico così poco accurato la credibilità dell'impianto narrativo, peraltro poverissimo, è nulla, ragion per cui ho ritenuto che non valesse la pena dedicargli una sezione a sé stante come invece sono solita fare. C'è un solo motivo per cui la lettura integrale de "La mia Maetel" richiede tre quarti d'ora a tirare: a livello contenutistico non c'è assolutamente nulla su cui soffermarsi, nulla che faccia riflettere o che causi il benché minimo guizzo di partecipazione da parte di chi legge. Tante sarebbero le domande a cui rispondere, ma a quanto pare la voglia di Oku di mettercisi di buzzo buono è inversamente proporzionale al numero delle stesse.
Se invece per contenuti si intendono le grazie di Haruka, beh, il discorso cambia: il suo viso d'angelo, i suoi lunghi capelli fluenti e soprattutto i suoi novantotto centimetri di circonferenza seno nulla hanno a che vedere con l'archetipo della matrigna brutta sia fuori che dentro tanto caro a certe opere di finzione. La cosa è senza dubbio molto conveniente per Shintaro, ma è di Oku che stiamo parlando, dopotutto, inoltre a fronte di un intreccio e di una psicologia così scadenti direi che il cosiddetto "author appeal" è l'ultimo dei problemi. Personalmente come tratto non mi dispiace, anche se nel caso specifico, in assenza di alieni e di splatter, l'ho trovato ridicolmente pulito per risultare davvero incisivo. Inutile dire che la regia delle tavole, generalmente dignitosa, si fa ispirata soltanto quando c'è da mettere in mostra gli "argomenti" di Haruka, come brillantemente dimostrato nella prima parte del terzo volume.
In conclusione: non leggetelo. Il fatto che non porta via né troppo tempo né spazio non significa che non possiate fare un uso più proficuo di entrambi, per non parlare dei quasi venti euro che vi verrebbe a costare.
Come prendersi gioco di una patologia che in Giappone sviluppa sempre più casi ogni anno.
Sono letteralmente allibito da come Hiroya Oku, che apprezzo per "Gantz" e "Zero One", abbia potuto tematizzare una riflessione molto importante sul fenomeno degli "hikkikomori" e a tempo stesso sviluppare una storia tanto stupida e superficiale.
La trama prende le mosse da Shintaro, un trentenne che da quindici anni non esce più di casa a causa della morte improvvisa di sua madre - ma l'avvenimento non è minimamente approfondito, non sappiamo le reali motivazioni, il sovraccarico di emozioni negative che porta Shintaro a maturare la decisione di barricarsi in camera sua -. Suo padre Yasujiro tenta - parola grossa - mollemente di fare qualcosa per suo figlio ma l'unico risultato che consegue è farsi coprire di improperi, venendo definito - non si sa per quale motivo, altro spunto di analisi completamente lasciato a caso - persino causa della morte della madre.
Spunta dal nulla - come se fosse la cosa più naturale del mondo per far tornare un "hikkikomori" alla realtà - una scommessa: se Yasujiro riuscirà a trovare una donna Shintaro dovrà uscire dalla camera. Ma un uomo di mezza età pelato, con gli occhiali spessi modello Harry Potter e una situazione economica di certo non florida dove la trova una donna che regga anche solo il gioco?
E invece non solo la trova, ma è pure realmente innamorata di lui e ha deciso proprio quei giorni per dichiararsi al pelato Yasujiro: ecco arrivare sulla scena la bellissima Haruka, sua collega di lavoro, masochisticamente innamorata del modello di uomo stile Yasujiro - ma va?.
Il suo novello sposo però è malato di un mare incurabile e muore poco dopo. Haruka decide così di accettare l'eroica impresa - perché lo fa? non si riesce a capire nemmeno questo - di aiutare Shintaro a tornare ad una vita normale..
Tra equivoci, situazioni imbarazzanti - la quasi totalità della storia rimanente - e una buona dose di fanservice, si giunge ad un finale che sa di già visto innumerevoli volte. Ometto tutto ciò che accade dopo che Shintaro e Haruka si ritrovano soli alla morte di Yasujiro ma il leitmotiv dell'opera sarà sempre all'insegna della banalità, molle banalità.
Il disegno è decisamente brutto, Oku da certamente il meglio di se nel rappresentare le grazie di Haruka ma tutto il resto ne soffre - addirittura inguardabili le prime tavole dove viene rappresentato Yasujiro, mi sono chiesto quale demone mi abbia imposto l'acquisto -.
Ho scritto qualche rigo fa che è la banalità a dominare l'opera, ed è proprio così. Una storia che dovrebbe far riflettere scivola via come se nulla fosse - ho letto tutti e tre i volumi in venti minuti scarsi - e non lascia nulla alla lettura.
Perché Shintaro decide di cambiare? È attirato solo dal corpo di Haruka o anche da altro? E Haruka a cosa mira di preciso? Perchè decide di aiutarlo? Tutte domande a cui Oku non da risposta. È molto difficile continuare a evidenziare i buchi narrativi della trama senza cadere nello spoiler, ma fidatevi del recensore.. Opera dal nullo valore intrinseco, storiella divertente a cui si giunge al finale solo - e ripeto solo - per la curiosità di scoprire quanto in basso può cadere la narrazione.
Sono letteralmente allibito da come Hiroya Oku, che apprezzo per "Gantz" e "Zero One", abbia potuto tematizzare una riflessione molto importante sul fenomeno degli "hikkikomori" e a tempo stesso sviluppare una storia tanto stupida e superficiale.
La trama prende le mosse da Shintaro, un trentenne che da quindici anni non esce più di casa a causa della morte improvvisa di sua madre - ma l'avvenimento non è minimamente approfondito, non sappiamo le reali motivazioni, il sovraccarico di emozioni negative che porta Shintaro a maturare la decisione di barricarsi in camera sua -. Suo padre Yasujiro tenta - parola grossa - mollemente di fare qualcosa per suo figlio ma l'unico risultato che consegue è farsi coprire di improperi, venendo definito - non si sa per quale motivo, altro spunto di analisi completamente lasciato a caso - persino causa della morte della madre.
Spunta dal nulla - come se fosse la cosa più naturale del mondo per far tornare un "hikkikomori" alla realtà - una scommessa: se Yasujiro riuscirà a trovare una donna Shintaro dovrà uscire dalla camera. Ma un uomo di mezza età pelato, con gli occhiali spessi modello Harry Potter e una situazione economica di certo non florida dove la trova una donna che regga anche solo il gioco?
E invece non solo la trova, ma è pure realmente innamorata di lui e ha deciso proprio quei giorni per dichiararsi al pelato Yasujiro: ecco arrivare sulla scena la bellissima Haruka, sua collega di lavoro, masochisticamente innamorata del modello di uomo stile Yasujiro - ma va?.
Il suo novello sposo però è malato di un mare incurabile e muore poco dopo. Haruka decide così di accettare l'eroica impresa - perché lo fa? non si riesce a capire nemmeno questo - di aiutare Shintaro a tornare ad una vita normale..
Tra equivoci, situazioni imbarazzanti - la quasi totalità della storia rimanente - e una buona dose di fanservice, si giunge ad un finale che sa di già visto innumerevoli volte. Ometto tutto ciò che accade dopo che Shintaro e Haruka si ritrovano soli alla morte di Yasujiro ma il leitmotiv dell'opera sarà sempre all'insegna della banalità, molle banalità.
Il disegno è decisamente brutto, Oku da certamente il meglio di se nel rappresentare le grazie di Haruka ma tutto il resto ne soffre - addirittura inguardabili le prime tavole dove viene rappresentato Yasujiro, mi sono chiesto quale demone mi abbia imposto l'acquisto -.
Ho scritto qualche rigo fa che è la banalità a dominare l'opera, ed è proprio così. Una storia che dovrebbe far riflettere scivola via come se nulla fosse - ho letto tutti e tre i volumi in venti minuti scarsi - e non lascia nulla alla lettura.
Perché Shintaro decide di cambiare? È attirato solo dal corpo di Haruka o anche da altro? E Haruka a cosa mira di preciso? Perchè decide di aiutarlo? Tutte domande a cui Oku non da risposta. È molto difficile continuare a evidenziare i buchi narrativi della trama senza cadere nello spoiler, ma fidatevi del recensore.. Opera dal nullo valore intrinseco, storiella divertente a cui si giunge al finale solo - e ripeto solo - per la curiosità di scoprire quanto in basso può cadere la narrazione.
Il fenomeno degli hikikomori colpisce ormai da anni il Giappone in maniera particolare e si sta diffondendo anche nei Paesi occidentali: si tratta di individui che, in seguito a un trauma o per repulsione nei confronti della società, si chiudono in casa o addirittura in una stanza, senza più uscire, vivendo nella più completa estraneità dalla vita sociale. In Giappone gli hikikomori sembrerebbero ammontare a 700.000-1.000.000, rappresentando un fenomeno che non può essere ignorato. In "La mia Maetel" (il titolo non l'ho davvero capito...) Hiroya Oku affronta questa tematica, presentando un hikikomori, Shintaro Koizumi, che a 30 anni è da 15 che vive isolato nella sua stanza mantenendo solamente un rapporto col padre Yasujiro, al quale concede brevi chiacchierate attraverso la porta della sua stanza. Shintaro si è rifugiato nella propria stanza in seguito alla morte della madre e odia il padre al punto che neanche quando questi viene a mancare esce dalla propria stanza. Si troverà però ad avere a che fare con la giovanissima seconda moglie del papà, Haruka Yoshinaga, sposata per convincere Shintaro ad uscire dalla propria stanza in seguito a una scommessa. Inizia così una tenera, seppur paradossale, vicenda, in cui Haruka si prende a cuore la situazione di Shintaro, più grande di lei di 7 anni, cercando di sostituire Yasujiro nel tentativo di convincerlo a tornare a vivere fuori dalla sua stanza. Ne viene fuori una tenera storia d'amore dal finale non proprio convincente, ma appassionante. Struggente la disperazione di Shintaro quando si accorge della propria impotenza nel conquistare Haruka per il suo terrore di uscire dalla stanza e di avere relazioni umane.
"La mia Maetel" è un manga che si legge tutto d'un fiato nel giro di un'oretta e mezza. In questo breve arco temporale, però, riesce a catturare l'attenzione del lettore grazie alla storia originale e ai pochi personaggi che entrano facilmente nel cuore.
Un manga promosso, che non può ottenere voti altisonanti per la sua brevità, per la scarsezza di personaggi e per un finale non proprio appagante. Interessanti però il tema trattato e la bravura di Oku ai disegni. Voto 7.
"La mia Maetel" è un manga che si legge tutto d'un fiato nel giro di un'oretta e mezza. In questo breve arco temporale, però, riesce a catturare l'attenzione del lettore grazie alla storia originale e ai pochi personaggi che entrano facilmente nel cuore.
Un manga promosso, che non può ottenere voti altisonanti per la sua brevità, per la scarsezza di personaggi e per un finale non proprio appagante. Interessanti però il tema trattato e la bravura di Oku ai disegni. Voto 7.
Sarebbe sempre opportuno evitare di scrivere recensioni a caldo e lasciar passare qualche giorno dalla lettura prima di accingersi a scriverne una. Ma oggi farò un'eccezione e recensirò a caldo "La mia Maetel" di Hiroya Oku.
Truffato. Questa semplice parola esprime bene la mia reazione di fronte a quest'opera. L'ho letta con piacere nei primi due volumi, aspettandomi una conclusione di buon livello, e invece il terzo volume ha fatto precipare il tutto in un hentai mascherato. Un vero e proprio imbroglio, perché i primi due volumi lasciavano presagire un manga di sentimenti di un livello più che decente e non mi aspettavo affatto che scadesse nella situazione più scontata e banale: invece il tutto si risolve con un po' di scene di sesso. Si spendono due volumi a costruire dei personaggi abbastanza interessanti (Yasujiro, il padre del protagonista, il protagonista stesso Shintaro e infine la sua giovane matrigna Haruka) e nel terzo volume viene gettato tutto alle ortiche. Alla fine tutto il manga non è altro che un indulgere nelle fantasie dell'otaku medio: il protagonista piagnucolone, infantile, vergine a trent'anni, si trova in casa una ventitrenne bellissima e con 98 cm di seno che si occupa di lui, gli prepara da mangiare, gli lava i vestiti e addirittura, molto convenientemente, è ben disposta a iniziarlo alle gioie del sesso, senza una vera e propria ragione. Fosse stato un manga chiaramente erotico fin dall'inizio avrei probabilmente assegnato un voto più alto, ma la delusione per essere stato tratto in inganno è forte.
Anche il titolo italiano, che sembra alludere alla Maetel di Galaxy Express è ingannevole: il titolo internazionale "Maternal feelings" è più attinente alla sostanza dell'opera, per lo meno per i primi due volumi. Il terzo volume sarebbe da riscrivere completamente. Ci si potrebbe chiedere perché continuo a dare la sufficienza. I motivi sono due: in primo luogo, non credo che una conclusione pessima possa azzerare completamente quanto di buono è stato fatto nei volumi precedenti; in secondo luogo i disegni mi sono decisamente piaciuti. Sembra quasi un tratto femminile (penso alla faccia di Shintaro quando si fa la barba, sembra uscito da uno shojo, o penso anche all'assenza degli sfondi e alla morbidezza delle linee) molto delicato e adattissimo al genere sentimentale. Il testo invece è scritto da un punto di vista prettamente maschile, con ben poco spazio lasciato al punto di vista di Haruka. Chi fosse interessato a un manga erotico/sentimentale per otaku potrebbe apprezzarlo e per questo motivo non lo sconsiglio, ma io mi aspettavo un'opera più adulta e meno indulgente con le fantasie maschili. Ho scoperto a fine lettura che Hiroya Oku è anche l'autore del famoso Gantz, manga che non ho letto e che a questo punto eviterò di leggere.
Truffato. Questa semplice parola esprime bene la mia reazione di fronte a quest'opera. L'ho letta con piacere nei primi due volumi, aspettandomi una conclusione di buon livello, e invece il terzo volume ha fatto precipare il tutto in un hentai mascherato. Un vero e proprio imbroglio, perché i primi due volumi lasciavano presagire un manga di sentimenti di un livello più che decente e non mi aspettavo affatto che scadesse nella situazione più scontata e banale: invece il tutto si risolve con un po' di scene di sesso. Si spendono due volumi a costruire dei personaggi abbastanza interessanti (Yasujiro, il padre del protagonista, il protagonista stesso Shintaro e infine la sua giovane matrigna Haruka) e nel terzo volume viene gettato tutto alle ortiche. Alla fine tutto il manga non è altro che un indulgere nelle fantasie dell'otaku medio: il protagonista piagnucolone, infantile, vergine a trent'anni, si trova in casa una ventitrenne bellissima e con 98 cm di seno che si occupa di lui, gli prepara da mangiare, gli lava i vestiti e addirittura, molto convenientemente, è ben disposta a iniziarlo alle gioie del sesso, senza una vera e propria ragione. Fosse stato un manga chiaramente erotico fin dall'inizio avrei probabilmente assegnato un voto più alto, ma la delusione per essere stato tratto in inganno è forte.
Anche il titolo italiano, che sembra alludere alla Maetel di Galaxy Express è ingannevole: il titolo internazionale "Maternal feelings" è più attinente alla sostanza dell'opera, per lo meno per i primi due volumi. Il terzo volume sarebbe da riscrivere completamente. Ci si potrebbe chiedere perché continuo a dare la sufficienza. I motivi sono due: in primo luogo, non credo che una conclusione pessima possa azzerare completamente quanto di buono è stato fatto nei volumi precedenti; in secondo luogo i disegni mi sono decisamente piaciuti. Sembra quasi un tratto femminile (penso alla faccia di Shintaro quando si fa la barba, sembra uscito da uno shojo, o penso anche all'assenza degli sfondi e alla morbidezza delle linee) molto delicato e adattissimo al genere sentimentale. Il testo invece è scritto da un punto di vista prettamente maschile, con ben poco spazio lasciato al punto di vista di Haruka. Chi fosse interessato a un manga erotico/sentimentale per otaku potrebbe apprezzarlo e per questo motivo non lo sconsiglio, ma io mi aspettavo un'opera più adulta e meno indulgente con le fantasie maschili. Ho scoperto a fine lettura che Hiroya Oku è anche l'autore del famoso Gantz, manga che non ho letto e che a questo punto eviterò di leggere.