La Nuova Isola Del Tesoro
Sfatiamo un mito: la nuova isola del tesoro non è la prima opera creata da Tezuka, la prima opera pubblicata sono le strisce di “Il diario di Maa-chan”, manga che racconta le avventure di un bambino dopo la seconda guerra mondiale.
Shin Takarajima è uscito in Giappone il 1° aprile del 1947 e se a Tezuka avessero detto quel giorno il successo dell’opera e l’inizio di una carriera luminosa avrebbe pensato ad un pesce d’aprile.
Il manga riesce a creare il movimento per la prima volta nelle immagini fino allora statiche dei manga giapponesi ed ha portato una ventata di novità: da allora tutti si ispireranno all’opera del Dio dei Manga.
La storia è semplice: unisce in se elementi avventurosi a elementi fantastici. Alla fine avremo il dubbio che è stato solo un sogno. Pete è (sembrerebbe) un bambino e sta correndo all’inizio del manga al volante di un automobile… improvvisamente appare sulla strada un cagnolino, quel cane potrebbe essere un elemento importante… tenetelo d’occhio.
Pete possiede una mappa del tesoro, gli serve una nave ma inizialmente il Capitano gli fa capire che l’epoca dei tesori è finita, tutti sono stati trovati…
Perché cambia idea?
Questo non è importante per ora ma ci servirà per capire il finale.
Comunque in meno di 200 pagine Tezuka farà uno dei suoi voli d’immaginazione e ci fornirà vari colpi di scena, dove quello che sembra diventerà diverso alla fine e modificando le premesse più di una volta facendo apparire dal cappello personaggi ed idee.
Forse adesso ci può apparire un po’ infantile, ma all’epoca non esistevano ancora i fumetti per adulti, quelli sarebbero nati con il gekiga, e Tezuka si permette ancora di lasciare messaggi istruttivi espliciti. In questo caso è che una buona azione viene ricompensata ma anche che la realtà è diversa dalla fantasticheria dei bambini.
Voto sette.
Shin Takarajima è uscito in Giappone il 1° aprile del 1947 e se a Tezuka avessero detto quel giorno il successo dell’opera e l’inizio di una carriera luminosa avrebbe pensato ad un pesce d’aprile.
Il manga riesce a creare il movimento per la prima volta nelle immagini fino allora statiche dei manga giapponesi ed ha portato una ventata di novità: da allora tutti si ispireranno all’opera del Dio dei Manga.
La storia è semplice: unisce in se elementi avventurosi a elementi fantastici. Alla fine avremo il dubbio che è stato solo un sogno. Pete è (sembrerebbe) un bambino e sta correndo all’inizio del manga al volante di un automobile… improvvisamente appare sulla strada un cagnolino, quel cane potrebbe essere un elemento importante… tenetelo d’occhio.
Pete possiede una mappa del tesoro, gli serve una nave ma inizialmente il Capitano gli fa capire che l’epoca dei tesori è finita, tutti sono stati trovati…
Perché cambia idea?
Questo non è importante per ora ma ci servirà per capire il finale.
Comunque in meno di 200 pagine Tezuka farà uno dei suoi voli d’immaginazione e ci fornirà vari colpi di scena, dove quello che sembra diventerà diverso alla fine e modificando le premesse più di una volta facendo apparire dal cappello personaggi ed idee.
Forse adesso ci può apparire un po’ infantile, ma all’epoca non esistevano ancora i fumetti per adulti, quelli sarebbero nati con il gekiga, e Tezuka si permette ancora di lasciare messaggi istruttivi espliciti. In questo caso è che una buona azione viene ricompensata ma anche che la realtà è diversa dalla fantasticheria dei bambini.
Voto sette.
La Nuova Isola del Tesoro è stata pubblicata per la prima volta nel 1947. Tezuka l'aveva pensata come una storia di 250 pagine. Glie ne pubblicarono 190, con un taglio di 60 tavole e i disegni rifatti dall'editor.
L'autore ne fu molto deluso e quando ebbe l'occasione di tornarci sopra (alla fine degli anni '70) ridisegnò daccapo il manga. Il punto di partenza è però l'edizione che non gli piace, perché le tavole originali sono state smarrite, inoltre la stampa del 1947 non era priva di difetti.
La scena si apre con un bambino, o comunque un ragazzo molto giovane, incongruamente a bordo di un'automobile, che sfreccia lungo strade di campagna a velocità folle.
Pete sta per mettere sotto un cagnolino e l'occhio del ragazzo forma una enorme O, in cui la bestiola rimane paralizzata dalla paura.
Questa è la drammatizzazione.
Qualcosa non quadra in altri momenti. Ad esempio, Pete si accorge che la lampadina elettrica sulla nave è stata sostituita con una lampada a gas, tuttavia non s'è mai vista nessuna lampadina. Frutto del taglio arbitrario di pagine compiuto dall'editor, questo tipo di errori non sminuisce il valore dell'opera. La storia è un collage di personaggi delle fiabe e dei romanzi, ma l'impostazione e l'uso che si fa delle vignette merita di essere studiato da chi vorrebbe intraprendere questa strada.
La morale della storia è semplice e universale: Pete compie una buona azione e avrà una ricompensa. Ma nessun regalo può cambiare le persone. Non c'è magia che possa impedire agli uomini di essere ciò che sono.
Proprio la scena della corsa in macchina ha fatto scuola, per il dinamismo cartoonesco che Tezuka inserisce nelle storie a fumetti che per tanto tempo sono rimaste "statiche". Per mostrare che Pete corre in automobile bastavano due vignette: farcelo vedere in 19 vignette da diverse angolazioni, lontano e vicino, rende il rischio di incidente stradale più coinvolgente per il lettore.
Chi si ricorda certe puntate di Astroboy o di Jet Mars, saprà che la corsa in macchina è un "topoi" ricorrente nell'opera di Tezuka, ispirato ai cartoon americani Disney. Vedendo Pippo, Topolino o Paperino nessuno si stupiva che sapessero pilotare automobili e aerei (o che non fossero capaci, il che rende tutto più divertente).
La Nuova Isola del Tesoro, tuttavia, è l'iniziatrice di un genere che si suppone più drammatico e più aderente alla realtà.
Intorno agli anni ottanta si è cominciato a razionalizzare queste scene finché, negli ultimi film degli eredi Tezuka, non ci sono più.
La Nuova Isola del Tesoro si divide tra scene realistiche e scene di immaginazione: se bisogna ritenere la corsa in macchina di un bambino come REALE, non regge il confronto con la fantasia, molto convenzionale. Tezuka stesso tornava con frequenza ai suoi lavori giovanili e non è escluso che abbia fatto ragionamenti simili al mio. E se il mangaka fosse ancora tra noi, oggi avremmo una Nuova Nuova Isola del tesoro.
L'autore ne fu molto deluso e quando ebbe l'occasione di tornarci sopra (alla fine degli anni '70) ridisegnò daccapo il manga. Il punto di partenza è però l'edizione che non gli piace, perché le tavole originali sono state smarrite, inoltre la stampa del 1947 non era priva di difetti.
La scena si apre con un bambino, o comunque un ragazzo molto giovane, incongruamente a bordo di un'automobile, che sfreccia lungo strade di campagna a velocità folle.
Pete sta per mettere sotto un cagnolino e l'occhio del ragazzo forma una enorme O, in cui la bestiola rimane paralizzata dalla paura.
Questa è la drammatizzazione.
Qualcosa non quadra in altri momenti. Ad esempio, Pete si accorge che la lampadina elettrica sulla nave è stata sostituita con una lampada a gas, tuttavia non s'è mai vista nessuna lampadina. Frutto del taglio arbitrario di pagine compiuto dall'editor, questo tipo di errori non sminuisce il valore dell'opera. La storia è un collage di personaggi delle fiabe e dei romanzi, ma l'impostazione e l'uso che si fa delle vignette merita di essere studiato da chi vorrebbe intraprendere questa strada.
La morale della storia è semplice e universale: Pete compie una buona azione e avrà una ricompensa. Ma nessun regalo può cambiare le persone. Non c'è magia che possa impedire agli uomini di essere ciò che sono.
Proprio la scena della corsa in macchina ha fatto scuola, per il dinamismo cartoonesco che Tezuka inserisce nelle storie a fumetti che per tanto tempo sono rimaste "statiche". Per mostrare che Pete corre in automobile bastavano due vignette: farcelo vedere in 19 vignette da diverse angolazioni, lontano e vicino, rende il rischio di incidente stradale più coinvolgente per il lettore.
Chi si ricorda certe puntate di Astroboy o di Jet Mars, saprà che la corsa in macchina è un "topoi" ricorrente nell'opera di Tezuka, ispirato ai cartoon americani Disney. Vedendo Pippo, Topolino o Paperino nessuno si stupiva che sapessero pilotare automobili e aerei (o che non fossero capaci, il che rende tutto più divertente).
La Nuova Isola del Tesoro, tuttavia, è l'iniziatrice di un genere che si suppone più drammatico e più aderente alla realtà.
Intorno agli anni ottanta si è cominciato a razionalizzare queste scene finché, negli ultimi film degli eredi Tezuka, non ci sono più.
La Nuova Isola del Tesoro si divide tra scene realistiche e scene di immaginazione: se bisogna ritenere la corsa in macchina di un bambino come REALE, non regge il confronto con la fantasia, molto convenzionale. Tezuka stesso tornava con frequenza ai suoi lavori giovanili e non è escluso che abbia fatto ragionamenti simili al mio. E se il mangaka fosse ancora tra noi, oggi avremmo una Nuova Nuova Isola del tesoro.