Don't like this
“Dove stai ora c’è un posto perfetto dove andare a pescare.”
«Don't like this» è un manga ideato, scritto e disegnato da Kaori Tsurutani, autrice anche di «Metamorphose no Engawa», manga che dovrebbe essere stato annunciato da J-Pop.
I venti capitoli, più quello bonus, che compongono l’opera di «Don't like this» sono raccolti in un unico volume, edito in Giappone nel 2016, e pubblicato recentemente, a inizio 2020, anche qui in Italia nella collana Aiken di Bao Publishing, casa editrice fondata a Milano nel 2009.
Calma e sangue freddo, due utilissimi elementi per recensire uno dei peggiori manga che abbia mai letto in vita mia.
Partiamo dalla trama, una trama alla “il minimal va di moda”: Megumi Yoshida è una mediocre game designer per social network che un giorno scopre la passione per la pesca. Stop.
Beh, il minimal potrebbe anche andar di moda è vero, ed è vero anche che spesso una trama minimal può dare la possibilità all’autore di sviluppare un’opera principalmente su una linea psicologica o filosofica, però, e c’è quindi un però che è molto ma molto importante, lavorare aderendo a una “corrente” come il minimalismo è molto difficile e spesso si rischia di fare figuracce, come in questo caso.
Solitamente in questi contesti vengono presentate al lettore alcune riflessioni più o meno sviluppate dall’autore, che possono essere più o meno nascoste tra le pagine, tra i disegni e tra i dialoghi del manga.
Le riflessioni vengono effettivamente espresse dall’autrice anche se, in molti casi, si fatica a capirle, in quanto ambigue.
Queste riflessioni ruotano spesso attorno al titolo stesso “don't like this”, titolo che viene ripreso anche per i capitoli e che viene accompagnato spesso da una aggiunta che varia di capitolo in capitolo e che contraddistingue proprio il capitolo stesso.
Cosa non piace all’autrice? Cosa non piace alla protagonista? Ma soprattutto, la protagonista è l’alter ego dell’autrice o una semplice marionetta creata con uno scopo? Forse con lo scopo di far emozionare i lettori?
Il probabile tentativo di far emozionare il lettore proprio attraverso una serie di “non mi piace” che vanno a ricreare determinate sensazioni e determinate emozioni, alcune di esse molto comuni, che provano a ricreare un determinato contesto tra le pagine fallisce miseramente, a parer mio. Il lettore rischia infatti di innervosirsi a causa della negativa personalità della protagonista che, in alcuni casi risulta essere un personaggio infantile, capriccioso, svogliato e incapace. Megumi infatti non suscita tenerezza, suscita piuttosto nervosismo e noia.
Si tratta comunque di una narrazione abbastanza intima, con l’obbiettivo di riscaldarci il cuore, che presenta quindi una ragazza che tenta di uscire dalla sua bolla di sapone per tentare di “vivere”, idea niente male, da essa potrebbero uscire infatti diversi spunti che però faticano ad emergere in quanto si tratta di un’idea sviluppata male sin dal principio, che porta noia più che commozione.
Il problema in questo caso sta proprio nello sviluppo del racconto, quindi il problema non è l’obbiettivo dell’autrice, è piuttosto il suo sviluppo: una storia “pigra”, distaccata, noiosa, che non riesce a prendere il lettore e che non vuole scavare fino in fondo la figura della protagonista. Che poi tra l’altro molto manca anche dal punto di vista dell’empatia!
Dopo aver elencato i vari problemi dell’opera, relativi in particolar modo alla trama, al concetto di base, alla protagonista e allo sviluppo della storia bisognerebbe soffermarsi anche suoi disegni.
Che dire dello stile? Accettabile per l’idea di base, ma -sotto il profilo unicamente estetico- male. Esistono manga dove i dialoghi e la trama sono ridotti al minimo indispensabile, ma spesso i disegni appagano visivamente il lettore, mi viene da pensare al maestro Jiro Taniguchi per esempio. Qui proprio questo discorso legato alla bellezza estetica invece manca, e si sente eccome questa mancanza. Insomma, qui sembra che la Tsurutani abbia tentato di vestire i panni di Taniguchi ma senza riuscirci, confezionando così una magra e triste figura.
Dal punto di vista dell’edizione stendo un velo pietoso, edizione ridicola per un prezzo vergognoso.
In conclusione non posso che sconsigliarlo, un manga pessimo, senza delle solide basi, con un’idea discreta (per quanto discutibile) che viene però sviluppata male e con dei disegni che annoiano.
Insomma, con «Don't like this» ci si trova quindi davanti ad un’opera quasi impalpabile, un’opera che al massimo potrà essere ricordata per i suoi sbagli e per i suoi sviluppi eccessivamente ed inutilmente trasparenti.
Evitate questo titolo, evitatelo.
«Don't like this» è un manga ideato, scritto e disegnato da Kaori Tsurutani, autrice anche di «Metamorphose no Engawa», manga che dovrebbe essere stato annunciato da J-Pop.
I venti capitoli, più quello bonus, che compongono l’opera di «Don't like this» sono raccolti in un unico volume, edito in Giappone nel 2016, e pubblicato recentemente, a inizio 2020, anche qui in Italia nella collana Aiken di Bao Publishing, casa editrice fondata a Milano nel 2009.
Calma e sangue freddo, due utilissimi elementi per recensire uno dei peggiori manga che abbia mai letto in vita mia.
Partiamo dalla trama, una trama alla “il minimal va di moda”: Megumi Yoshida è una mediocre game designer per social network che un giorno scopre la passione per la pesca. Stop.
Beh, il minimal potrebbe anche andar di moda è vero, ed è vero anche che spesso una trama minimal può dare la possibilità all’autore di sviluppare un’opera principalmente su una linea psicologica o filosofica, però, e c’è quindi un però che è molto ma molto importante, lavorare aderendo a una “corrente” come il minimalismo è molto difficile e spesso si rischia di fare figuracce, come in questo caso.
Solitamente in questi contesti vengono presentate al lettore alcune riflessioni più o meno sviluppate dall’autore, che possono essere più o meno nascoste tra le pagine, tra i disegni e tra i dialoghi del manga.
Le riflessioni vengono effettivamente espresse dall’autrice anche se, in molti casi, si fatica a capirle, in quanto ambigue.
Queste riflessioni ruotano spesso attorno al titolo stesso “don't like this”, titolo che viene ripreso anche per i capitoli e che viene accompagnato spesso da una aggiunta che varia di capitolo in capitolo e che contraddistingue proprio il capitolo stesso.
Cosa non piace all’autrice? Cosa non piace alla protagonista? Ma soprattutto, la protagonista è l’alter ego dell’autrice o una semplice marionetta creata con uno scopo? Forse con lo scopo di far emozionare i lettori?
Il probabile tentativo di far emozionare il lettore proprio attraverso una serie di “non mi piace” che vanno a ricreare determinate sensazioni e determinate emozioni, alcune di esse molto comuni, che provano a ricreare un determinato contesto tra le pagine fallisce miseramente, a parer mio. Il lettore rischia infatti di innervosirsi a causa della negativa personalità della protagonista che, in alcuni casi risulta essere un personaggio infantile, capriccioso, svogliato e incapace. Megumi infatti non suscita tenerezza, suscita piuttosto nervosismo e noia.
Si tratta comunque di una narrazione abbastanza intima, con l’obbiettivo di riscaldarci il cuore, che presenta quindi una ragazza che tenta di uscire dalla sua bolla di sapone per tentare di “vivere”, idea niente male, da essa potrebbero uscire infatti diversi spunti che però faticano ad emergere in quanto si tratta di un’idea sviluppata male sin dal principio, che porta noia più che commozione.
Il problema in questo caso sta proprio nello sviluppo del racconto, quindi il problema non è l’obbiettivo dell’autrice, è piuttosto il suo sviluppo: una storia “pigra”, distaccata, noiosa, che non riesce a prendere il lettore e che non vuole scavare fino in fondo la figura della protagonista. Che poi tra l’altro molto manca anche dal punto di vista dell’empatia!
Dopo aver elencato i vari problemi dell’opera, relativi in particolar modo alla trama, al concetto di base, alla protagonista e allo sviluppo della storia bisognerebbe soffermarsi anche suoi disegni.
Che dire dello stile? Accettabile per l’idea di base, ma -sotto il profilo unicamente estetico- male. Esistono manga dove i dialoghi e la trama sono ridotti al minimo indispensabile, ma spesso i disegni appagano visivamente il lettore, mi viene da pensare al maestro Jiro Taniguchi per esempio. Qui proprio questo discorso legato alla bellezza estetica invece manca, e si sente eccome questa mancanza. Insomma, qui sembra che la Tsurutani abbia tentato di vestire i panni di Taniguchi ma senza riuscirci, confezionando così una magra e triste figura.
Dal punto di vista dell’edizione stendo un velo pietoso, edizione ridicola per un prezzo vergognoso.
In conclusione non posso che sconsigliarlo, un manga pessimo, senza delle solide basi, con un’idea discreta (per quanto discutibile) che viene però sviluppata male e con dei disegni che annoiano.
Insomma, con «Don't like this» ci si trova quindi davanti ad un’opera quasi impalpabile, un’opera che al massimo potrà essere ricordata per i suoi sbagli e per i suoi sviluppi eccessivamente ed inutilmente trasparenti.
Evitate questo titolo, evitatelo.