Kappa at Work
Di solito bastano poche pagine a Imiri Sakabashira per affascinare o respingere del tutto il lettore. Nel caso di “Kappa at work” è sufficiente la prima: in una città senza nome, che per commistione di stili architettonici ricorda certe capitali dell’est Europa e del Medio Oriente, una ragazza viene svegliata dal padre con le sembianze di una rana, il quale la esorta a sbrigarsi per andare a sostenere un colloquio di lavoro.
Già da queste premesse è chiaro l’eclettismo dell’autore che abbiamo di fronte: Sakabashira torna a sconvolgere il pubblico italiano con la seconda opera che Star Comics ha scelto di pubblicare. “Kappa at work” è il racconto di un’odissea sui generis, dai connotati più assimilabili al trip da allucinogeni che al racconto epico, attraverso cui seguiremo le peripezie della protagonista Anne e dei suoi amici Kappa. La prima differenza che si nota rispetto al precedente “The box man” è di sicuro la presenza di molti più dialoghi, nella maggior parte dei casi presentati come criptici, sconnessi, in puro stile surrealista, nonché accostabili a certo teatro dell’assurdo europeo.
L’esile canovaccio narrativo si frantuma e si ricompone a piacimento dell’autore, conferendo all’opera un ritmo oscillante e generando disordine nella mente del lettore, cui è richiesto uno sforzo di attenzione non indifferente. Ciò che piacevolmente sorprende è, però, la forte coerenza che questo caos dimostra, dando prova della maestria di Sakabashira; tutto quello che viene proposto non è frutto di accostamenti casuali di immagini, bensì persegue nella sua follia un obiettivo ben preciso: quello di mostrarci la maturazione psicologica del personaggio principale.
Da ragazza svogliata e timorosa, Anne finisce per diventare una donna scaltra ed operosa, capace di reinventarsi un lavoro in un momento in cui sembra che l'unico modo per trovarlo sia attraverso l'illegalità. La critica sociale, che si scorge, è qui molto esplicita, sebbene circondata da situazioni al limite del grottesco: il padre di Anne ha perso il lavoro per colpa di una riorganizzazione aziendale e la figlia è costretta quindi ad accettare le proposte più misere pur di riportare qualche soldo a casa, di fatto accettando un lavoro illegale come quello del pirata.
Forte è il contrasto fra la città in cui Anne si trova a vivere e quello invece della terra straniera dove approderà, dopo un lungo peregrinare: grigia, fredda e cupa la prima, che non da opportunità a chi vi abita; scintillante e ben più ricca di occasioni la seconda, grazie alla quale anche Anne, alla fine di peripezie al limite dello psichedelico, riuscirà a trovare il proprio posto nel mondo grazie e una rinnovata fiducia in sé stessa.
Accanto a questa componente da racconto di formazione, si affianca anche un bel discorso sull'emancipazione: dopo essere stata sempre alle dipendenze di qualcuno (il padre prima e i kappa poi), Anne sceglie alla fine di smarcarsi dalle figure che l'avevano guidata e comandata fino a quel momento, pronta per intraprendere una nuova vita ricca di sorprese.
Sakabashira accompagna la storia con il suo consueto stile di disegno grezzo e sgraziato, confermando una visionarietà suggestiva e un talento senza pari nell'inventare situazioni e personaggi sconvolgenti (dagli immancabili Kaiju al Polpo Durian, allo Yakuza Serpente), a volte comici e a volte davvero disgustosi. Chi apprezza questo tipo di arte e di narrazione ritroverà anche qui le consuete caratteristiche del genere, mentre per tutti gli altri "Kappa at work" sarà l'ulteriore conferma per stare alla larga.
L'edizione Star Comics, in questo caso, si dimostra migliorata per quanto riguarda l'artwork della copertina e per la flessibilità del volume, permane però il difetto della carta di bassa qualità e del prezzo non proprio accessibile (comprensibile, però, se si considera la particolarità del prodotto offerto). Resta comunque lodevole la volontà di continuare a divulgare opere di questo tipo, così da ampliare i confini del fumetto giapponese anche in Italia.
Già da queste premesse è chiaro l’eclettismo dell’autore che abbiamo di fronte: Sakabashira torna a sconvolgere il pubblico italiano con la seconda opera che Star Comics ha scelto di pubblicare. “Kappa at work” è il racconto di un’odissea sui generis, dai connotati più assimilabili al trip da allucinogeni che al racconto epico, attraverso cui seguiremo le peripezie della protagonista Anne e dei suoi amici Kappa. La prima differenza che si nota rispetto al precedente “The box man” è di sicuro la presenza di molti più dialoghi, nella maggior parte dei casi presentati come criptici, sconnessi, in puro stile surrealista, nonché accostabili a certo teatro dell’assurdo europeo.
L’esile canovaccio narrativo si frantuma e si ricompone a piacimento dell’autore, conferendo all’opera un ritmo oscillante e generando disordine nella mente del lettore, cui è richiesto uno sforzo di attenzione non indifferente. Ciò che piacevolmente sorprende è, però, la forte coerenza che questo caos dimostra, dando prova della maestria di Sakabashira; tutto quello che viene proposto non è frutto di accostamenti casuali di immagini, bensì persegue nella sua follia un obiettivo ben preciso: quello di mostrarci la maturazione psicologica del personaggio principale.
Da ragazza svogliata e timorosa, Anne finisce per diventare una donna scaltra ed operosa, capace di reinventarsi un lavoro in un momento in cui sembra che l'unico modo per trovarlo sia attraverso l'illegalità. La critica sociale, che si scorge, è qui molto esplicita, sebbene circondata da situazioni al limite del grottesco: il padre di Anne ha perso il lavoro per colpa di una riorganizzazione aziendale e la figlia è costretta quindi ad accettare le proposte più misere pur di riportare qualche soldo a casa, di fatto accettando un lavoro illegale come quello del pirata.
Forte è il contrasto fra la città in cui Anne si trova a vivere e quello invece della terra straniera dove approderà, dopo un lungo peregrinare: grigia, fredda e cupa la prima, che non da opportunità a chi vi abita; scintillante e ben più ricca di occasioni la seconda, grazie alla quale anche Anne, alla fine di peripezie al limite dello psichedelico, riuscirà a trovare il proprio posto nel mondo grazie e una rinnovata fiducia in sé stessa.
Accanto a questa componente da racconto di formazione, si affianca anche un bel discorso sull'emancipazione: dopo essere stata sempre alle dipendenze di qualcuno (il padre prima e i kappa poi), Anne sceglie alla fine di smarcarsi dalle figure che l'avevano guidata e comandata fino a quel momento, pronta per intraprendere una nuova vita ricca di sorprese.
Sakabashira accompagna la storia con il suo consueto stile di disegno grezzo e sgraziato, confermando una visionarietà suggestiva e un talento senza pari nell'inventare situazioni e personaggi sconvolgenti (dagli immancabili Kaiju al Polpo Durian, allo Yakuza Serpente), a volte comici e a volte davvero disgustosi. Chi apprezza questo tipo di arte e di narrazione ritroverà anche qui le consuete caratteristiche del genere, mentre per tutti gli altri "Kappa at work" sarà l'ulteriore conferma per stare alla larga.
L'edizione Star Comics, in questo caso, si dimostra migliorata per quanto riguarda l'artwork della copertina e per la flessibilità del volume, permane però il difetto della carta di bassa qualità e del prezzo non proprio accessibile (comprensibile, però, se si considera la particolarità del prodotto offerto). Resta comunque lodevole la volontà di continuare a divulgare opere di questo tipo, così da ampliare i confini del fumetto giapponese anche in Italia.