Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
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Sing "Yesterday" for Me
8.0/10
L'elegia della quotidianità. Questa è la sensazione che l'anime mi ha lasciato al termine della visione dei dodici episodi, assieme alla curiosità di reperire il manga per capire se l'anime ha realmente colto la vera essenza dell'opera di Kei Tome.
L'opera è uno slice of life all'ennesima potenza, in cui la componente sentimentale è il pretesto per dare sfoggio dell'incredibile tecnica di descrizione delle situazioni rappresentate e dei personaggi: l'apparente lentezza dei dialoghi, le lunghe pause tra una battuta e l'altra, i sospiri, il modo di incedere dei personaggi con i loro passi scanditi con lentezza e indolenza (che trasmettono tutto il travaglio interiore e le loro insicurezze su quello che stanno vivendo), la cura dell'espressività degli sguardi (fantastici quelli nell'episodio in cui le due protagoniste scoprono a casa di Rikuo la sua ex Chika o lo sguardo triste di Haru dal suo punto di vista che si annebbia progressivamente per le lacrime), un po' alla Sergio Leone, la minuziosa e ripetitiva descrizione delle azioni quotidiane più comuni e in apparenza insignificanti come i preparativi per cucinare...
Una impostazione molto buddista, contemplativa, che trae piacere dall'acquisizione della "consapevolezza" della semplicità e bellezza che caratterizza la narrazione... ma lo spettatore (con impostazione culturale "occidentale") è anche portato a focalizzarsi sulla ricerca e l'attribuzione di un significato o morale alla storia rappresentata, e in questo caso si fa un po' fatica ad immedesimarsi e comprendere i personaggi.
Rikuo e Shinako rientrano un po' nel classico cliché degli adulti incapaci di diventare tali dopo il perfezionamento del curriculum studiorum e l'ingresso nel mondo del lavoro.
L'indecisione, l'immaturità, l'insicurezza nell'esprimere i propri pensieri e sentimenti ma anche l'incapacità di capire realmente cosa si ha bisogno (anche in amore) caratterizzano con sfumature diverse Shinako e Rikuo che, sebbene siano i due i protagonisti dall'età anagrafica maggiore, contrastano con i due ragazzini Haru e Ruo (innamorati rispettivamente di Rikou e Shinako), che manifestano sia pur nella loro giovane età una decisione e una chiarezza di intenti (nonché una resilienza e una motivazione a prova di bomba) che stride con la "debosciaggine" mentale dei due presunti adulti.
Ne esce un affresco di vita delicato ma anche un po' inquietante in cui l'amore è un pretesto per un accenno di riflessione sulla vita e le sue sfaccettature, senza mai scadere nella proposizione di un giudizio o di una valutazione: il passaggio dall'adolescenza all'età adulta, il confronto ciclico con il proprio passato, l'elaborazione del lutto per la perdita di una persona molto significativa... tutte esperienze che segnano indelebilmente la vita dei protagonisti e che li rendono così fragili, disillusi ma anche così veri... fin troppo, perché l'anime sembra più concentrato ad evidenziare e sottolineare continuativamente i loro punti deboli e le loro contraddizioni rispetto alla sfrontataggine dei due protagonisti giovani e alla loro capacità di non arrendersi mai (o quasi - Haru alla fine era "scoppiata"), atteso il loro entusiasmo quasi a senso unico e la loro tipicamente giovanile non accettazione del compromesso.
Il limite dell'anime forse è l'eccessiva compressione delle disquisizioni esistenziali, la mancanza di un vero sviluppo dei personaggi e la presenza di un finale solo in apparenza "insulso", un po' alla versione manga di "Domestic Girlfriend". (Evitando di 'spoilerare' il finale, a mio avviso il significato è comunque piuttosto evidente: vivere il presente per quello che è senza paranoie e non inseguire sogni o rimpianti più o meno irrealizzabili...)
Difetti che si possono tranquillamente superare se si è amanti del genere e si approccia alla visione in modo da apprezzarne i dettagli, i particolari, senza focalizzarsi sul semplice "perché" degli eventi narrati...
Comparto tecnico e musiche di livello, per un'opera che mi ha colpito favorevolmente anche per l'ambientazione "vintage" coerente con l'anno di pubblicazione del manga (fine anni '90 del secolo scorso - mentre l'anime è del 2020!): vedere i personaggi utilizzare musicassette, macchine fotografiche analogiche a rullino, telefoni normali nelle cabine pubbliche e non trovare smartphone e tablet è stato un vero tuffo nostalgico nel passato in cui il contatto umano era il modo più utilizzato per comunicare con gli altri...
L'opera è uno slice of life all'ennesima potenza, in cui la componente sentimentale è il pretesto per dare sfoggio dell'incredibile tecnica di descrizione delle situazioni rappresentate e dei personaggi: l'apparente lentezza dei dialoghi, le lunghe pause tra una battuta e l'altra, i sospiri, il modo di incedere dei personaggi con i loro passi scanditi con lentezza e indolenza (che trasmettono tutto il travaglio interiore e le loro insicurezze su quello che stanno vivendo), la cura dell'espressività degli sguardi (fantastici quelli nell'episodio in cui le due protagoniste scoprono a casa di Rikuo la sua ex Chika o lo sguardo triste di Haru dal suo punto di vista che si annebbia progressivamente per le lacrime), un po' alla Sergio Leone, la minuziosa e ripetitiva descrizione delle azioni quotidiane più comuni e in apparenza insignificanti come i preparativi per cucinare...
Una impostazione molto buddista, contemplativa, che trae piacere dall'acquisizione della "consapevolezza" della semplicità e bellezza che caratterizza la narrazione... ma lo spettatore (con impostazione culturale "occidentale") è anche portato a focalizzarsi sulla ricerca e l'attribuzione di un significato o morale alla storia rappresentata, e in questo caso si fa un po' fatica ad immedesimarsi e comprendere i personaggi.
Rikuo e Shinako rientrano un po' nel classico cliché degli adulti incapaci di diventare tali dopo il perfezionamento del curriculum studiorum e l'ingresso nel mondo del lavoro.
L'indecisione, l'immaturità, l'insicurezza nell'esprimere i propri pensieri e sentimenti ma anche l'incapacità di capire realmente cosa si ha bisogno (anche in amore) caratterizzano con sfumature diverse Shinako e Rikuo che, sebbene siano i due i protagonisti dall'età anagrafica maggiore, contrastano con i due ragazzini Haru e Ruo (innamorati rispettivamente di Rikou e Shinako), che manifestano sia pur nella loro giovane età una decisione e una chiarezza di intenti (nonché una resilienza e una motivazione a prova di bomba) che stride con la "debosciaggine" mentale dei due presunti adulti.
Ne esce un affresco di vita delicato ma anche un po' inquietante in cui l'amore è un pretesto per un accenno di riflessione sulla vita e le sue sfaccettature, senza mai scadere nella proposizione di un giudizio o di una valutazione: il passaggio dall'adolescenza all'età adulta, il confronto ciclico con il proprio passato, l'elaborazione del lutto per la perdita di una persona molto significativa... tutte esperienze che segnano indelebilmente la vita dei protagonisti e che li rendono così fragili, disillusi ma anche così veri... fin troppo, perché l'anime sembra più concentrato ad evidenziare e sottolineare continuativamente i loro punti deboli e le loro contraddizioni rispetto alla sfrontataggine dei due protagonisti giovani e alla loro capacità di non arrendersi mai (o quasi - Haru alla fine era "scoppiata"), atteso il loro entusiasmo quasi a senso unico e la loro tipicamente giovanile non accettazione del compromesso.
Il limite dell'anime forse è l'eccessiva compressione delle disquisizioni esistenziali, la mancanza di un vero sviluppo dei personaggi e la presenza di un finale solo in apparenza "insulso", un po' alla versione manga di "Domestic Girlfriend". (Evitando di 'spoilerare' il finale, a mio avviso il significato è comunque piuttosto evidente: vivere il presente per quello che è senza paranoie e non inseguire sogni o rimpianti più o meno irrealizzabili...)
Difetti che si possono tranquillamente superare se si è amanti del genere e si approccia alla visione in modo da apprezzarne i dettagli, i particolari, senza focalizzarsi sul semplice "perché" degli eventi narrati...
Comparto tecnico e musiche di livello, per un'opera che mi ha colpito favorevolmente anche per l'ambientazione "vintage" coerente con l'anno di pubblicazione del manga (fine anni '90 del secolo scorso - mentre l'anime è del 2020!): vedere i personaggi utilizzare musicassette, macchine fotografiche analogiche a rullino, telefoni normali nelle cabine pubbliche e non trovare smartphone e tablet è stato un vero tuffo nostalgico nel passato in cui il contatto umano era il modo più utilizzato per comunicare con gli altri...
Insomniacs After School
9.0/10
“Ho questa sensazione: se non la tenessi per mano, Magari si scioglierebbe in questa bianca estate, e l’estate stessa finirebbe in quell’istante...”
Questo è il pensiero di Nakami Ganta in un giorno di una calda, assolata e indimenticabile estate della sua adolescenza. Parole suggestive e dal sapore lievemente malinconico che rispecchiano lo stile di “Insomniacs After School”, adattamento anime in tredici episodi del manga scritto e disegnato da Ojiro Makoto e tutt’ora in corso di realizzazione.
“Insomniacs After School” ci racconta una storia semplice che ha per protagonisti due adolescenti “normali”, lontani dall’immagine tipica dei protagonisti delle opere del genere rom-com scolastica. Magari Isaki e Nakami Ganta non sono i più popolari della scuola, non sono bellocci, non sono “cool” e non sono nemmeno i primi nello studio o nello sport. Sono soltanto due liceali piuttosto comuni e caratterialmente diversi tra loro, accomunati apparentemente soltanto da una cosa: soffrono entrambi di insonnia.
Sarà proprio l’insonnia la causa del loro incontro nel vecchio osservatorio della scuola e l’origine di un’amicizia che, alimentandosi della complicità per la condivisione, prima di un problema, poi di un progetto, e infine di un sogno da realizzare insieme, si trasformerà in un sentimento più profondo...
Ma allora che cos’ha di speciale questa serie e perché ne consiglio la visione?
La risposta è semplice: “Insomniacs After School” non è l’ennesima fotocopia di tante altre commedie del genere scolastico e la sua cifra stilistica sta proprio nel fare della normalità e del realismo il suo punto di forza.
E poi, a fare veramente la differenza è una produzione di grande livello tecnico: a partire da una regia elegante e raffinata (quasi cinematografica) che enfatizza inquadrature, pause e silenzi e sfrutta in pieno le potenzialità di un’animazione fluida e gradevole; per continuare con alcuni splendidi sfondi che riescono a creare sempre l'atmosfera perfetta; per finire con un ottimo comparto sonoro che ci regala anche un’interessantissima ending.
L’insieme combinato di tutti questi fattori consente allo spettatore di “immergersi” sempre dentro la scena, di immedesimarsi nelle emozioni dei personaggi, di percepire, come vissute in prima persona, sensazioni quali: lo stupore di fronte alla bellezza di un paesaggio, l’incanto di un’alba sul mare o di uno sfavillante cielo stellato, la magia di addormentarsi cullati dal battito del cuore della persona cara, l’emozione dirompente del primo bacio.
La cura del dettaglio è presente anche nella gestualità e nell’espressività estremamente naturali e realistiche dei personaggi, che contribuiscono a definirne il carattere e la personalità rendendoli “tridimensionali”.
Ad esempio, ho adorato l’irresistibile espressione tenera e “birichina” di Magari quando si diverte a stuzzicare bonariamente Nakami, oppure la sua risata improvvisa e cristallina che riesce a trascinare nell’ilarità anche il suo compagno di avventure (decisamente più serioso e meno incline a cogliere l’aspetto divertente della vita) o, ancora, lo sguardo acceso e luminoso di chi desidera vivere il presente assaporando ogni momento. Questi sono solo alcuni aspetti distintivi di questo riuscitissimo personaggio femminile dal carattere socievole, istintivo e tendenzialmente ottimista, nonostante un problema di salute che ne ha condizionato l’esistenza.
La personalità di Magari è perfettamente complementare a quella di Nakami, dal carattere più introverso, riflessivo e insicuro, ma che, rispetto a tutti gli altri personaggi, subisce l'evoluzione più profonda alla quale corrisponde un cambiamento del suo comportamento, progressivamente meno controllato e metodico e sempre più spontaneo e risoluto. Evoluzione visibile anche nel mutamento delle sue espressioni, meno spente e sfuggenti e sempre più di stupore e coinvolgimento.
Tale approfondita caratterizzazione contribuisce non solo a dare spessore e consistenza ai personaggi, ma anche a rendere più realistica e verosimile la loro interazione, che diventa sempre più confidenziale, più complice e più intima (ho amato ad esempio le scene in cui i due ragazzi utilizzano una app vocale per registrare i loro pensieri da inviare all’altro nelle notti insonni).
Il percorso di maturazione psicologica e sentimentale fatto dai protagonisti, oltre ad essere naturale e credibile, si conclude con un finale compiuto, emozionante e coerente con il tono dell’opera, non escludendo, tuttavia, un’eventuale possibile prosecuzione della storia.
Anche i personaggi secondari, nonostante non vengano particolarmente approfonditi, risultano essere ben caratterizzati ed hanno una loro precisa identità. Io, in particolare, ho adorato l’insegnante Usako Kurashiki e l’amico di Nakami, Tao Ukegawa.
In conclusione, “Insomniacs After School” non è soltanto una storia romantica, ma è fondamentalmente un racconto di formazione; una rappresentazione leggera, convincente e credibile del difficile passaggio dall’adolescenza alla maturità attraverso quell’inevitabile viaggio alla scoperta di sé, per il superamento delle proprie insicurezze e della proprie paure di affrontare il futuro.
Per raccontarci questa storia, l'opera ci risparmia i soliti cliché triti e ritriti, inutili melodrammi (nonostante siano presenti situazioni drammatiche legate al vissuto dei protagonisti), estenuanti tira e molla e personaggi forzati o surreali.
Ci regala, piuttosto, delle piccole perle: alcuni sfondi mozzafiato, delle scene registicamente magistrali, qualche tocco di poesia e, personalmente, una sensazione piacevole e un po’ nostalgica di emozioni e immagini che riaffiorano da lontano... da qualche angolo dimenticato della mente.
Questo è il pensiero di Nakami Ganta in un giorno di una calda, assolata e indimenticabile estate della sua adolescenza. Parole suggestive e dal sapore lievemente malinconico che rispecchiano lo stile di “Insomniacs After School”, adattamento anime in tredici episodi del manga scritto e disegnato da Ojiro Makoto e tutt’ora in corso di realizzazione.
“Insomniacs After School” ci racconta una storia semplice che ha per protagonisti due adolescenti “normali”, lontani dall’immagine tipica dei protagonisti delle opere del genere rom-com scolastica. Magari Isaki e Nakami Ganta non sono i più popolari della scuola, non sono bellocci, non sono “cool” e non sono nemmeno i primi nello studio o nello sport. Sono soltanto due liceali piuttosto comuni e caratterialmente diversi tra loro, accomunati apparentemente soltanto da una cosa: soffrono entrambi di insonnia.
Sarà proprio l’insonnia la causa del loro incontro nel vecchio osservatorio della scuola e l’origine di un’amicizia che, alimentandosi della complicità per la condivisione, prima di un problema, poi di un progetto, e infine di un sogno da realizzare insieme, si trasformerà in un sentimento più profondo...
Ma allora che cos’ha di speciale questa serie e perché ne consiglio la visione?
La risposta è semplice: “Insomniacs After School” non è l’ennesima fotocopia di tante altre commedie del genere scolastico e la sua cifra stilistica sta proprio nel fare della normalità e del realismo il suo punto di forza.
E poi, a fare veramente la differenza è una produzione di grande livello tecnico: a partire da una regia elegante e raffinata (quasi cinematografica) che enfatizza inquadrature, pause e silenzi e sfrutta in pieno le potenzialità di un’animazione fluida e gradevole; per continuare con alcuni splendidi sfondi che riescono a creare sempre l'atmosfera perfetta; per finire con un ottimo comparto sonoro che ci regala anche un’interessantissima ending.
L’insieme combinato di tutti questi fattori consente allo spettatore di “immergersi” sempre dentro la scena, di immedesimarsi nelle emozioni dei personaggi, di percepire, come vissute in prima persona, sensazioni quali: lo stupore di fronte alla bellezza di un paesaggio, l’incanto di un’alba sul mare o di uno sfavillante cielo stellato, la magia di addormentarsi cullati dal battito del cuore della persona cara, l’emozione dirompente del primo bacio.
La cura del dettaglio è presente anche nella gestualità e nell’espressività estremamente naturali e realistiche dei personaggi, che contribuiscono a definirne il carattere e la personalità rendendoli “tridimensionali”.
Ad esempio, ho adorato l’irresistibile espressione tenera e “birichina” di Magari quando si diverte a stuzzicare bonariamente Nakami, oppure la sua risata improvvisa e cristallina che riesce a trascinare nell’ilarità anche il suo compagno di avventure (decisamente più serioso e meno incline a cogliere l’aspetto divertente della vita) o, ancora, lo sguardo acceso e luminoso di chi desidera vivere il presente assaporando ogni momento. Questi sono solo alcuni aspetti distintivi di questo riuscitissimo personaggio femminile dal carattere socievole, istintivo e tendenzialmente ottimista, nonostante un problema di salute che ne ha condizionato l’esistenza.
La personalità di Magari è perfettamente complementare a quella di Nakami, dal carattere più introverso, riflessivo e insicuro, ma che, rispetto a tutti gli altri personaggi, subisce l'evoluzione più profonda alla quale corrisponde un cambiamento del suo comportamento, progressivamente meno controllato e metodico e sempre più spontaneo e risoluto. Evoluzione visibile anche nel mutamento delle sue espressioni, meno spente e sfuggenti e sempre più di stupore e coinvolgimento.
Tale approfondita caratterizzazione contribuisce non solo a dare spessore e consistenza ai personaggi, ma anche a rendere più realistica e verosimile la loro interazione, che diventa sempre più confidenziale, più complice e più intima (ho amato ad esempio le scene in cui i due ragazzi utilizzano una app vocale per registrare i loro pensieri da inviare all’altro nelle notti insonni).
Il percorso di maturazione psicologica e sentimentale fatto dai protagonisti, oltre ad essere naturale e credibile, si conclude con un finale compiuto, emozionante e coerente con il tono dell’opera, non escludendo, tuttavia, un’eventuale possibile prosecuzione della storia.
Anche i personaggi secondari, nonostante non vengano particolarmente approfonditi, risultano essere ben caratterizzati ed hanno una loro precisa identità. Io, in particolare, ho adorato l’insegnante Usako Kurashiki e l’amico di Nakami, Tao Ukegawa.
In conclusione, “Insomniacs After School” non è soltanto una storia romantica, ma è fondamentalmente un racconto di formazione; una rappresentazione leggera, convincente e credibile del difficile passaggio dall’adolescenza alla maturità attraverso quell’inevitabile viaggio alla scoperta di sé, per il superamento delle proprie insicurezze e della proprie paure di affrontare il futuro.
Per raccontarci questa storia, l'opera ci risparmia i soliti cliché triti e ritriti, inutili melodrammi (nonostante siano presenti situazioni drammatiche legate al vissuto dei protagonisti), estenuanti tira e molla e personaggi forzati o surreali.
Ci regala, piuttosto, delle piccole perle: alcuni sfondi mozzafiato, delle scene registicamente magistrali, qualche tocco di poesia e, personalmente, una sensazione piacevole e un po’ nostalgica di emozioni e immagini che riaffiorano da lontano... da qualche angolo dimenticato della mente.
Angel Wars
9.0/10
"Angels Wars" è una delle prime opere dell'autrice Miwa Ueda, nota in Italia per "Peach Girl". La Playpress ha editato questa serie in quattro volumi con copertine così belle da sembrare dei quadri. Le immagini pittoresche potrebbero rimandare ad un fantasy ma si tratta di una commedia sentimentale. Suggerisco la lettura di questo fumetto agli amanti delle storie con protagonisti orfani, intrecci e misteri familiari, nonché tematiche religiose narrate in modo leggero e, talvolta, divertente.
La protagonista di questa storia è Maria, una aspirante suora cresciuta sin da bambina in un convento. Questa ragazza gioviale è cresciuta circondata da suore, in un contesto totalmente femminile e protetto rispetto alle brutture del mondo esterno. La sua unica finestra sul mondo sono le lettere scritte per lei da una persona misteriosa che si firma "G" e che, sin da quando è piccola, prende in carico il pagamento delle sue rette scolastiche. Per Maria questa persona misteriosa è un po' come il papà Gambalunga di Judy Abbott. Il destino vuole che, prima della cerimonia per ricevere i voti, Maria apprenda di non essere più sola al mondo e di avere ancora un parente che frequenta una scuola maschile della stessa città. Mossa dal desiderio di scoprire chi sia questo parente, Maria decide di "evadere" dal convento e nel corso di questa fuga si scontra con il bel Seya. Lui è da subito folgorato da questa visione "angelica" quanto scombussolato dallo scoprire - in un secondo momento - che Maria frequenterà la sua stessa scuola.
Inizia in questo modo una storia vivace che a mio avviso sa offrire tante emozioni e colpi di scena. In prima fila abbiamo una Maria 'neonata' di fronte alla scoperta di un mondo esterno che non conosceva. Il personaggio di Maria accompagna il lettore svelandogli un mondo da un punto di vista diverso: quello di una suorina tanto legata al suo percorso religioso quanto innocente nell'approccio con l'altro sesso. Affiancato a Maria troviamo il personaggio maschile Seya, la cui vita si complica in maniera significativa quando incontra questa ragazza bella, ma di una purezza spropositata, che lui non può avere. Nel fumetto intervengono tanti personaggi: alcuni danno una traiettoria alla narrazione; altri sembrano inseriti soprattutto per confondere il lettore... che dopo una serie di vicende - se impaziente come me - si chiede "ma insomma CHI può essere questo benedetto parente?!".
Credo che la Ueda abbia raccontato questa storia con abilità. Nonostante fosse agli esordi è al (mio) primo posto tra le sue opere edite in Italia. Questa serie è un concentrato in quattro volumi che sfida gli stereotipi e cattura il lettore su più fronti: il paradosso dell'impegno religioso, la storia d'amore impossibile, il mistero del parente, i drammi familiari e tanto humor. La protagonista pur nel suo approccio morbido è caparbia, determinata e positiva. Se riuscite a recuperarlo non vi pentirete di averlo letto, è un piccolo gioiello che secondo me apporta un bel contributo al panorama shoujo.
La protagonista di questa storia è Maria, una aspirante suora cresciuta sin da bambina in un convento. Questa ragazza gioviale è cresciuta circondata da suore, in un contesto totalmente femminile e protetto rispetto alle brutture del mondo esterno. La sua unica finestra sul mondo sono le lettere scritte per lei da una persona misteriosa che si firma "G" e che, sin da quando è piccola, prende in carico il pagamento delle sue rette scolastiche. Per Maria questa persona misteriosa è un po' come il papà Gambalunga di Judy Abbott. Il destino vuole che, prima della cerimonia per ricevere i voti, Maria apprenda di non essere più sola al mondo e di avere ancora un parente che frequenta una scuola maschile della stessa città. Mossa dal desiderio di scoprire chi sia questo parente, Maria decide di "evadere" dal convento e nel corso di questa fuga si scontra con il bel Seya. Lui è da subito folgorato da questa visione "angelica" quanto scombussolato dallo scoprire - in un secondo momento - che Maria frequenterà la sua stessa scuola.
Inizia in questo modo una storia vivace che a mio avviso sa offrire tante emozioni e colpi di scena. In prima fila abbiamo una Maria 'neonata' di fronte alla scoperta di un mondo esterno che non conosceva. Il personaggio di Maria accompagna il lettore svelandogli un mondo da un punto di vista diverso: quello di una suorina tanto legata al suo percorso religioso quanto innocente nell'approccio con l'altro sesso. Affiancato a Maria troviamo il personaggio maschile Seya, la cui vita si complica in maniera significativa quando incontra questa ragazza bella, ma di una purezza spropositata, che lui non può avere. Nel fumetto intervengono tanti personaggi: alcuni danno una traiettoria alla narrazione; altri sembrano inseriti soprattutto per confondere il lettore... che dopo una serie di vicende - se impaziente come me - si chiede "ma insomma CHI può essere questo benedetto parente?!".
Credo che la Ueda abbia raccontato questa storia con abilità. Nonostante fosse agli esordi è al (mio) primo posto tra le sue opere edite in Italia. Questa serie è un concentrato in quattro volumi che sfida gli stereotipi e cattura il lettore su più fronti: il paradosso dell'impegno religioso, la storia d'amore impossibile, il mistero del parente, i drammi familiari e tanto humor. La protagonista pur nel suo approccio morbido è caparbia, determinata e positiva. Se riuscite a recuperarlo non vi pentirete di averlo letto, è un piccolo gioiello che secondo me apporta un bel contributo al panorama shoujo.
L'ho mollato dopo poche puntate. Non perchè fosse brutto, e non era nemmeno noioso.... ma l'ho trovato soporifero... quindi forse la lentezza non aiuta molto, a volte.
Idem. Gli ho dato 6 perchè un'insufficenza non se la merita affatto. Ma non c'era nulla che mi invogliasse a seguirlo: premesse più che buone e originali, ma poi si è rivelato essere il solito slice of life scolastico, con odor di tragedia nell'aria. Ricorda un po' troppo Bugie d'Aprile, altra serie non brutta ma deludente da cui mi aspettavo invece molto. Se fosse stata una stagione più magra probabilmente avrei terminato Insomniacs, ma c'era roba molto più interessante per me.
9 ad Angel Wars è un'esagerazione, è uno shoujo scolastico abbastanza carino e gradevole (nonchè migliore del più famoso Peach Girl) e con una protagonista inconsueta, ma più di 6 e mezzo per me non lo merita. Sia oggi che allora ci sono shojo manga molto migliori, anche a livello mainstream.
Insomniac sto leggendo il manga, molto bello… per l’anime non ho avuto ancora tempo
Che dire di “Insomnia After School”? Un piccolo capolavoro dove assistiamo alla crescita dei due protagonisti accumunati dalla voglia di scoprire quale è il loro posto nel mondo. Degna di nota anche la stupenda ending intitolata “Lapse” del gruppo Homecomings.
si arriva alla fine della storia, però, se non ricordo male, da un certo punto in poi comincia a correre tanto per adattare il finale
conosco per nome alcuni di questi titoli ma mai visti T_T
Grazie dell’informazione 👍🏻
Insomniacs After School stupendo voto 9 una storia bella di amicizia e d'amore, non lenta ma che si prende il suo tempo e ti conquista, spero arrivi presto una seconda stagione.
Concordo soprattutto per la storia della professoressa
Un scelta finale che secondo me non ha il minimo senso, soprattutto in relazione al trauma iniziale
Però come anime nel complesso l'ho apprezzato
Consiglio la visione
Insomniac molto molto dolce, forse troppo lento
E' proprio per questo motivo che esistono l'animazione (giapponese e non) e il fumetto.
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