Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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Impostosi nell’industria dell’animazione giapponese come “fenomeno globale” ancora prima di venire pubblicato in forma digitale, grazie alla discreta fortuna riscossa dall’omonima controparte cartacea, “Rent-a-Girlfriend” non ha faticato ad attirare su di sé la mia attenzione, quando fu pubblicato nel 2020. In quanto io, come alcuni di voi sapranno, grande appassionato di opere scolastico-sentimentali. Partendo da un’idea, tutto sommato, nuova, come quella delle ragazze a noleggio, fenomeno sociale ormai radicato nel Paese del Sol Levante, i presupposti per creare una serie di buon livello c’erano tutti, salvo poi essere traditi col passare delle puntate.

La storia segue le vicende di Kazuya Kinoshita, un comune studente universitario di economia aziendale, che è stato appena scaricato dalla fidanzata, la bionda Mami, per un altro ragazzo. Preso dallo sconforto, mentre si strugge per essere appena stato mollato da una delle ragazze più belle di tutto l’ateneo, capita per caso su una app chiamata Diamond, dove i ragazzi soli e tristi come lui possono assumere una fidanzata a noleggio. Il modo perfetto per dimenticare e, magari, ripartire da zero. Proprio grazie a quest’applicazione conosce Chizuru Mizuhara, una delle ragazze più in voga sul sito, che sembra riscuotere un certo successo tra i giovani in cerca di “avventure”. Sin dal primo incontro ella sembra la ragazza perfetta per lui: bella, intelligente e spigliata. Eppure, come si è soliti dire, non è tutto oro quel che luccica. Anche Mizuhara, infatti, ha delle ombre nella propria vita, di cui Kazuya verrà a conoscenza. Nonostante ciò, lei continuerà a sembrare ai suoi occhi la ragazza perfetta?

Sì. Questa la risposta alla domanda precedente, da cui partire per recensire questo anime. Sì, maledettamente e sempre sì. Mizuhara, con cui Kazuya inizia ad intrattenere un rapporto sempre più intimo, diventa per il ragazzo oggetto di venerazione. Lei è, a quanto pare, la ragazza perfetta, che possiede tutte le qualità che mancano a Kazuya, tra cui determinazione e amor proprio. Una sorta di rapporto Dio-uomo, che inizia a prendere forma, in particolar modo, a partire dalla seconda stagione, a mani basse la peggiore delle due già pubblicate. Perché, se la prima poteva piacere per la novità portata e le gag divertenti, la seconda, riproponendo gli stessi identici elementi, riesce nel solo intento di risultare stucchevole e noiosa. Non che i siparietti comici tra Kazuya e una qualsiasi delle quattro ragazze coinvolte nella storia smettano di essere divertenti dalla mattina alla sera, semplicemente non puoi sperare di piacere se sei ripetitivo. Frase vera nel 99% dei casi, e questo è uno di quelli. La storia gira sostanzialmente in tondo. In ventiquattro episodi accade poco o nulla, tranne un paio di baci, piazzati in momenti strategici delle rispettive stagioni. A movimentare leggermente la situazione ci sono Ruka e Mami, entrambe schegge impazzite, in particolar modo la prima, in grado di portare scompiglio quando meno ce lo si aspetta. Nonostante ciò, la mia preferita resta Sumi. Un poco perché, specialmente nel rapportarmi col sesso opposto, mi rivedo nella sua timidezza; un poco perché gli episodi in cui compare lei sono tranquilli, a detta di alcuni addirittura noiosi, ma si sa che il gusto è soggettivo; un poco perché quando c’è lei si parla poco, quindi, per proporzionalità diretta, si dicono meno minch**te, fatto sta che per me la sua presenza ha sempre rappresentato una boccata di aria fresca. Per il resto, mi è sembrato di rivivere lo stesso incubo già vissuto con “Shinigami Bocchan to Kuro Maid”. Gag simpatiche a iosa e trama in coma vegetativo. Spero nel risveglio nella già annunciata terza stagione.

Ma se proprio vogliamo parlare di ciò che non va nella serie, il vero elemento di disturbo che rende questo anime mediamente discreto, allora bisogna concentrarsi sul protagonista, Kazuya Kinoshita. Più volte ho pensato a quale aggettivo lo descrivesse meglio e, alla fine, credo di essere arrivato a una conclusione. Kazuya è, come direbbe il caro Italo Svevo, un inetto. Un buono a nulla, che non sa cosa fare della propria vita, capace solo di sbavare dietro a una ragazza che non se lo fila di striscio. Un classico delle romcom, direte voi. Vero, anzi verissimo. Eppure, per un motivo a me sconosciuto, nel corso degli episodi Kazuya comincia ad ottenere una certa popolarità tra le ragazze che lo circondano. Tant’è che una di loro gli si dichiara e i due si fidanzano. Ma tutte le avventure, specialmente amorose, che due ragazzi della loro età potrebbero fare vengono categoricamente escluse, perché il nostro caro Kazuya è perdutamente innamorato di una ragazza a noleggio. Insomma, la classica situazione de “il pane a chi non ha i denti”, che in questo caso diventa “il pane a chi preferisce spendere del denaro per stare con una ragazza, quando potrebbe farlo gratis”. Neanche la buona azione finale, fatta a fin di bene, riesce a redimerlo.

Abbastanza appagante la componente harem che, in alcuni frangenti, sfocia nell’ecchi. Mostrano il mostrabile e, alcune volte, anche di più. Merito della mente perversa di Kazuya. I pochi baci, che si scambiano i protagonisti nel corso della serie, sono soddisfacenti. Diciamo anche, però, che con quattro belle e avvenenti ragazze era difficile sbagliare. Ottimo il character design, semplice ma efficace, come sempre in questi casi. Buono, ma non eccelso il comparto musicale. Dimenticabili entrambe le opening, con la prima che ho trovato migliore della seconda.

Insomma, di motivi per non vedere questo anime ce ne sarebbero diversi, ma, innanzitutto, non sono nessuno per dirvi cosa dovete guardare e cosa no; in secondo luogo, è in fase di lavorazione la terza stagione, nella speranza che sia migliore delle due precedenti, la seconda in particolar modo e, quindi, nella speranza che si smuova qualcosa. Ma voci di corridoio mi riferiscono che il manga, da cui è tratto l’anime, segua questo filone di “nullità” per ancora parecchi capitoli. Quindi, a voi la scelta.

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Avete problemi di fobia sociale? Siete terrorizzati dall’idea di uscire di casa? Il giovane genio della biologia Mihari ha la soluzione per voi... un bel cambio di sesso (temporaneo)!
Pensate che sia una soluzione assurda? Probabile. Pensate che sia impossibile? Mihari vi dimostrerà il contrario. Funzionerà? Lo scoprirete guardando "Onii-chan wa Oshimai!".

Mihari è una studentessa dell’università di biologia e vive insieme al fratello maggiore Mahiro. Nonostante sia un uomo giovane e in salute, suo fratello è un hikikomori incallito e non ha alcuna intenzione né di studiare né di lavorare. Trascorre le sue giornate rinchiuso nella sua buia e disordinata camera a giocare ai videogiochi e leggere manga. Preoccupata per il futuro del fratello e sentendolo sempre più distante, Mihari stila per lui un programma di reintegro in società che prevede l’utilizzo di un farmaco da lei stessa prodotto, che lo trasforma in una ragazzina delle medie. Il suo obiettivo è costringere il fratello ad uscire dalla sua confort-zone, e tra le nuove scoperte dell’universo femminile, le avventure nel “pericoloso mondo esterno” e le nuove amicizie, Mahiro romperà gradualmente la sua routine da hikikomori.

Molti si sono avvicinati a quest’opera pensando fosse un ecchi, criticandola poi perché non rispondeva ai loro standard. Se è quello che cercate, cambiate aria. Il focus della storia è sul reintegro di Mahiru in società e, per quanto ci siano scene nebbiose ai bagni o alle terme, il fanservice è quasi inesistente.
La scelta di Mihari di trasformare il fratello in una ragazzina è una sorta di terapia d’urto, un modo per rompere con un evento shock il guscio di autoisolamento eretto dal fratello. Inoltre, questa scelta le permetterà di stargli accanto con più naturalezza e di penetrare il muro che ha eretto con più facilità.
Nonostante affronti un tema serio come l’isolamento sociale, la serie mantiene toni molto leggeri e comici. Riesce a far divertire e allo stesso tempo riflettere con estrema naturalezza.

Mahiro e sua sorella sono un ottimo duo. Mihari è sempre pronta ad architettare qualcosa di nuovo per costringere il fratello a superare le proprie paure e sgretolare gradualmente il guscio in cui si è rintanato per anni. Le reazioni di Mahiro sono sempre esilaranti, con dei tempi comici perfetti. Affrontare in una volta la sua fobia sociale, il cambio di sesso e di età non sono sfide semplici, ma con l’aiuto della sorella farà passi da gigante.

L’unica pecca di questa serie è il finale. Se fosse un finale definitivo lo giudicherei negativamente, ma, dato che il manga da cui l’opera è tratta è in corso, è lecito pensare a una seconda stagione o quantomeno a qualche tipo di seguito, quindi, visto nell’ottica di un finale di serie e non definitivo, è sicuramente accettabile.

Nel complesso, una buona serie. Diverte, intrattiene e fa riflettere su un tema molto attuale. Spero vivamente di poter vedere un seguito!

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“Gli uomini sono orribili, delle creature spaventose. Ma allora perché? Perché mi batte così forte il cuore?”

Con queste parole si apre il primo episodio di “In the Heart of Kunoichi Tsubaki”, anime della primavera 2022 che ha adattato l’omonimo manga di Sōichirō Yamamoto, lo stesso autore di “Karakai Jōzu no Takagi-san”. Dopo anni in cui gli spettatori, fan di Yamamoto, sono stati abituati ad una delle romcom più dolci in circolazione, con gag divertenti alternate a momenti da batticuore, in cui si mostra la grande innocenza dei giovani protagonisti, l’autore decide di cambiare genere mantenendo, però, tutti i suoi elementi che lo contraddistinguono. Siamo d’avanti, infatti, ad un anime ambientato in un villaggio di un’epoca passata, dove delle giovani ragazze apprendono l’arte del ninjutsu, una storia già sentita, forse, eppure l’anime si sviluppa nella maniera che meno vi possiate immaginare.

Sebbene tali premesse potrebbero far pensare ad un anime basato su combattimenti ninja in pieno stile “Naruto”, serie da cui in effetti sono estrapolate alcune delle mosse apprese dalle ragazze, la protagonista Tsubaki ci porta ad affrontare una visione dei clan ninja totalmente differente. Va, innanzitutto, chiarita la citazione iniziale, dietro la quale si nasconde una situazione più stramba di quella che possiate pensare. Tsubaki non ha paura degli uomini per via di alcune sue esperienze negative, bensì è costretta a pensarla così per via degli insegnamenti della sua maestra, che ha addestrato un intero clan di sole ninja donne, a cui è stato da sempre vietato di entrare in contatto con degli uomini, figure per loro misteriose.

È proprio davanti al mistero che si cela attorno a queste “persone del sesso opposto” che la protagonista sembra reagire in maniera totalmente in contrasto con il resto del gruppo. Con una piccola analisi, che renderebbe felici diversi sociologi, vediamo infatti l’intero gruppo di ragazze provare un interesse simile a quello che avremmo noi dietro ai racconti del mostro di Lochness, ovvero si vorrebbe scoprire di più sul mistero che attanaglia la propria mente, ma per il mero gusto di vedere qualcosa di assurdo. Infatti le giovani ninja parlano in continuazione degli uomini, ma non nella maniera romantica convenzionale, bensì citando i vari aneddoti inventati dalla maestra e dalle più burlone di loro, fino a creare dei veri e propri miti che portano ad avere un’immagine distopica della realtà. Tali miti creano grandi risate nel gruppo, tranne per Tsubaki, che non riesce a levarsi dalla testa una sua immagine di uomo ideale. Infatti i vari racconti l’hanno portata a pensare che una creatura forte e grande non è solo spaventosa, ma anche affascinante.

Così da fascino per il mistero si passa al fascino per l’oggetto del mistero. Il passaggio è molto sottile, eppure l’autore è riuscito a coglierlo perfettamente creando la figura di Tsubaki che, sentendosi battere forte il cuore per i racconti sugli uomini, pensa di essere malata. Un ragionamento dovuto al fatto che ha un pensiero diverso dal gruppo sociale in cui è cresciuta. Già da questo incipit si può capire che quest’anime ha molto da poter insegnare, infatti la protagonista nel corso della serie riuscirà a capire meglio come approcciarsi ai suoi sentimenti, anche grazie a delle rivelazioni che ha avuto sulle vere caratteristiche degli uomini.

Come avrete potuto intuire, il cast è composto da sole ragazze e, trattandosi di un intero clan, siamo di fronte ad uno degli anime con il più alto numero di personaggi secondari. Esattamente, non ho usato la parola “comparse” per un motivo ben preciso, visto che in ogni episodio scopriamo le caratteristiche e il background di diverse squadre ninja. Ogni personaggio ha una propria caratterizzazione ben strutturata e, nonostante l’alto numero di ragazze, durante la serie il rapporto tra le ninja, in squadra e non, diventa di grande importanza e ottiene il suo spazio in scena. Infatti le studentesse sono divise in gruppi di tre o quattro membri, ognuno dalle proprie caratteristiche, non solo combattive, ma soprattutto relazionali. Se da un lato abbiamo una squadra composta da ragazze più burbere e vogliose di vittoria, dall’altro vi è una squadra di dolci ninja sempre pronte ad aiutare tutti. Per non parlare delle squadre che hanno al proprio interno atteggiamenti contrastanti, le più interessanti. Nessun personaggio compare in un solo episodio per poi scomparire, infatti ciò che scopriamo delle ragazze ci tornerà utile per goderci alcune gag o momenti dolci presenti in altri punti della serie.

Se si parla di dolcezza e carineria, infatti, l’autore non è secondo a nessuno, e quest’anime lo dimostra. Lo stesso character design, con le sue tipiche fronti alte e gli occhi illuminati del colore dell’amore, ci esprimono la dolcezza delle protagoniste che anche nei momenti più “seri” non perdono occasione per ricordare allo spettatore quanto l’amicizia sia importante. Infatti la Squadra Cane, guidata da Tsubaki, è l’emblema dell’amore sorellevole (citando Carducci), con la giovane Sazanka sempre in cerca delle attenzioni della “sorellona”. Infatti in un clan composto da sole ragazze si è sviluppato un sano clima di sorellanza, dove le più grandi sono sempre pronte ad aiutare le più piccole, sia negli addestramenti che nei problemi della vita quotidiana. In attesa dell’arrivo di un ragazzo, Tsubaki, infatti, si gode la sua giovinezza attorniata da tutte le sue amiche che le vogliono molto bene, anche perché, come tendono a ricordarci loro stesse, lei ha sempre aiutato tutti, anche nei momenti più difficili, senza chiedere nulla in cambio.

Anche se ho all’inizio voluto porre l’accento sulla differenza che contraddistingue quest’anime da “Naruto”, bisogna dire che, anche se pochi, sono presenti dei combattimenti, gestiti in una maniera più che soddisfacente. Le mosse e le coreografie sono strepitose, un po’ per l’influenza del ninja del Villaggio della Foglia, ma soprattutto per un ottimo lavoro dello studio CloverWorks, che ha animato il tutto con grande destrezza. La rapidità dei movimenti, degli spostamenti sugli alberi e dei lanci degli shuriken non hanno messo in difficoltà lo studio, che ci ha regalato soprattutto meravigliosi fondali e colorazioni accese e romantiche.

Volendo trarre delle conclusioni, bisogna dire sin da subito che “In the Heart of Kunoichi Tsubaki” è un anime in grado di insegnare molto allo spettatore, mostrandoci ottimi legami tra le protagoniste e una maniera fanciullesca di affrontare la vita, nonostante i limiti sociali imposti dalla loro insegnante. Il tutto potrebbe essere trasposto metaforicamente nella nostra vita, insegnandoci a non aver paura di ciò che non conosciamo. La gestione dell’ampio cast è stata veramente incredibile, dando spazio a tutti i personaggi, di cui gli spettatori non possono fare altro che innamorarsi. Per quanto sarebbe stato considerato assurdo poter immaginare una visione così dolce e carina del mondo ninja, questa primavera ci ha permesso di essere smentiti e di garantirci la visione dell’adattamento di un altro dei delicati lavori del maestro Yamamoto.