È da poco iniziato il mese di gennaio, Aizawa Yuuichi è uno studente delle superiori appena trasferito in una innevata città dove, fino a sette anni prima, era solito passare dei brevi periodi di vacanza. Qui viene ospitato a casa di sua zia Minase Akiko e della figlia di quest’ultima, Nayuki, dello stesso anno di Yuuichi. Inspiegabilmente, il ragazzo sembra non avere più alcuna memoria delle persone che aveva conosciuto in questi luoghi, a parte brevi flashback. Ben presto, però, entrerà in contatto con diverse ragazze, che sembrano in qualche modo legate con il suo passato, interagendo con loro, forse, i ricordi dimenticati della sua infanzia riemergeranno.
In fondo, One: Kagayaku Kisetsu e ("verso la stagione radiosa"), non fu che un prototipo, seminale sotto molti aspetti, terribilmente lacunoso sotto altri. Da una parte, è giusto sottolineare l’ambizione di un manipolo di scrittori in erba, intento ad andare oltre quelli che erano i regimi di sviluppo nei videogiochi per adulti, ma dall’altra, non si può negare quanto l’impalcatura narrativa fosse fallace, acerba e oggi sotto molti aspetti vetusta. Ma non è facile, a così tanti anni di distanza e senza un’esperienza diretta, capire cosa abbiano rappresentato questi prodotti per una generazione di videogiocatori. L’economia stagnante del “decennio perduto” (Ushinawareta Jūnen) si contrappone con la vivacità di Akihabara e delle code davanti ai negozi, manifesto di un sentimento di disillusione da una realtà sempre più grigia e di un futuro incerto, caratteristico dell’epoca Heisei. C’è meno lavoro, ma i giovani consumatori spendono di più. Anche questi possono essere dei fattori che hanno contribuito ad avere un loro peso, nel contesto del mercato dei videogiochi per PC anni Novanta il quale, inevitabilmente, si interseca con quello dei bishoujo game, un genere che dal 1992 circa attraversa quella che sarà riconosciuta come la sua Golden Age.
In seguito allo scoppio della bolla economica, l’opinione pubblica ha iniziato a mettere in discussione l'impalcatura della propria stanca idea di “lavorare duro a scuola per poter lavorare in una buona azienda”, anche se lentamente. In Akihabara: Conditioning a Public Otaku, Patrick W. Galbraith descrive questo periodo come quello della nascita di “un nuovo modello di maschio consumatore, lontano dall'otaku sociopatico di fine anni ‘80/primi ‘90, un ragazzo represso che cerca di "diplomarsi" (sotsugyōsuru) dallo stile di vita otaku, che è solo una fase, il suo consumo doveva essere reindirizzato dal piacere personale alle relazioni sociali produttive”. Il racconto Densha Otoko diviene in tal senso l’opera simbolo di questo processo di “normalizzazione” dell’otaku. “Nei primi anni 2000, gli otaku furono riconosciuti come ultraconsumatori e forza creativa nel settore dei contenuti, e vengono incorporati nel marchio "cool Japan", i cui prodotti divengono attrazione turistica. Questa transizione viene registrata dalle onnipresenti telecamere e dal flusso di giornalisti e turisti che convergevano ad Akihabara”. Oggi, a oltre vent’anni di distanza, possiamo affermare con ragionevole certezza che questo mutamento ha avuto effetti positivi, ma anche negativi, sul processo creativo delle opere di finzione così come in altri aspetti, che non stiamo ad affrontare.
Scandagliando decine di blog e discussioni su X, in virtù anche del recente ventennale di Clannad, è possibile trovare diversi appassionati giapponesi definire il periodo a cavallo dell’uscita delle prime visual novel Key, come quello della “bolla moe”, poiché anche questa tipologia di prodotti, come quella finanziaria del decennio prima, ha visto il raggiungimento di un suo picco in un determinato periodo, per poi, inesorabilmente, scoppiare, ridursi o cambiare radicalmente forma dopo il primo decennio del nuovo millennio. Il 1999 sembra l’apice di questo boom, è l’anno di Comic Party, nuovo successo di Leaf dopo quello di To Heart (1997) che ha come tema principale il vivace mondo delle doujinshi, è l’anno in cui il Comiket raggiunge il suo nuovo record con 35000 circoli e 400,000 visitatori, è l’anno dell’installazione dell’enorme insegna di Dejiko, la mascotte kawaii di Broccoli protagonista di Di Gi Charat, che per anni svetterà sul panorama di Akihabara divenendone icona riconoscibile, ed è l’anno della nascita dell’influente forum 2channel, dando definitivamente il via all’era delle community di internet. Infine, ultimo ma non meno importante, nel 1999 viene pubblicato Kanon, prima fondamentale visual novel sviluppata da Key.
Il 18 e il 19 maggio 2024, si è tenuto al Tachikawa Stage Garden un ritrovo di duemila appassionati, con il cast vocale al completo, per il 30° anniversario dall’uscita di Tokimeki Memorial, altra opera fondante e fondamentale su più livelli, appartenente ad un genere, il dating sim, certamente diverso, per regole e struttura, da quelli che saranno i romanzi visivi di fine anni Novanta, ma in linea di massima si attribuisce a queste due declinazioni un’origine comune, collocabile tra Tenshi-tachi no Gogo (JAST, 1985) e soprattutto Dōkyūsei (Leaf 1992). Ora tocca a Kanon spegnere le candeline, per l’esattezza venticinque, essendo uscito originariamente il 4 giugno del 1999, anche nel suo caso ci sono state alcune iniziative in quel di Akihabara, con nuovi gadget in vendita e un cafè a tema con tayaki fuori stagione, oltre all’arrivo, finalmente, di una pubblicazione ufficiale in occidente. Vale la pena, a venticinque anni di distanza, recuperare il videogioco di debutto di Key? Kanon è davvero il capolavoro descritto da Konoha Akisato, l’appassionata e vivace protagonista di 16Bit Sensation?
Vi sono dei fattori che, inevitabilmente, frenano il consiglio spassionato di una visual novel del 1999, ma una cosa è certa, Kanon è un passo avanti enorme rispetto al prototipo One, ed è migliore di tante visual novel moderne, a patto di scendere a compromessi con quelle che sono le sue regole, i suoi limiti narrativi e la sua natura un po’ subdola acchiappa-otaku. Ma affermare, in maniera dispregiativa, che Kanon è per otaku, è un po’ come dire che FIFA è per calciofili, sottolineare l’ovvio non è interessante, è più interessante capire se prodotti come questi hanno qualcosa da dire, e da dare, anche ad altre tipologie di lettori, nonché ripercorrere l’influenza che hanno avuto anche su altri generi e media. Così come ogni quattro anni, in occasione delle Olimpiadi, ti ritrovi in quelle tre settimane a seguire sport di cui tendenzialmente in altri periodi non ti importa nulla, è possibile provare occasionalmente un bishoujo game, apprezzandolo o meno, senza per questo andare ad ordinare una action figure inerente o riempire la camera di poster ecchi. Semmai, il problema non è tanto il moe o il genere delle VN, quanto piuttosto lo stile di narrazione nakige, che per un lettore più scafato e meno incline a farsi “manipolare”, può trasmettere una sensazione di repulsione. Come scrive Jacob Chapman in un articolo di ANN del 2015: “Se una storia tocca le corde del cuore di qualcuno nel modo sbagliato, il rifiuto sarà solitamente violento. A nessuno piace sentirsi manipolato, soprattutto manipolato fino a sentirsi triste, di conseguenza le critiche ai lavori di Maeda sono spesso altrettanto feroci quanto l'affetto per essi.”[1]. Il che, è legittimo, comprensibile, cionondimeno il nakige è stato un mezzo, o comunque uno dei mezzi, di emancipazione del genere dai vincoli commerciali preimposti (introducendone di contro altri), con questo tipo di storie gli autori volevano dimostrare ai produttori che i bishoujo game per PC potevano vendere anche senza l’erotismo, e perché no, intercettare nuovo pubblico facilitando l’approdo sul remunerativo mercato console.
Il successo di To Heart del 1997 convince altri produttori ad investire in questo genere con commoventi storie d'amore e immagini moe, andando progressivamente a diminuire la componente erotica, fino ad allora ritenuta dai produttori essenziale per le vendite su PC. Tra loro c'era la coppia di Tactics formata da Naoki Hisaya e Jun Maeda, che con One introdussero la formula semplice ma efficace del nakige ("gioco del pianto"), consistente nella struttura "prima metà comica + parte centrale romantica e commovente + separazione tragica + incontro emotivo" (A History of Adult Games, Satoshi Todome). Con l'avvento di Kanon, uscito appena una settimana dopo il già menzionato Comic Party dei rivali di Leaf (azienda da cui proveniva il compositore Shinji Orito, uno “scippo” che si rivelerà fondamentale), il mercato dei giochi bishoujo per PC raggiunge un punto di svolta, con una forte tendenza a rappresentare emozioni profonde tra i personaggi, piuttosto che il semplice erotismo. D’altro canto, alcuni più cinici potrebbero chiedersi se il moe misto a dramma, utilizzato in questo modo come mezzo attrattivo, sovraesposto e suppletivo al sesso, non sia anch’esso una forma di pornografia.
“Il mercato dei cosiddetti eroge iniziò a concentrarsi sempre di più sulle storie romantiche, di conseguenza, le scene R18 furono trattate come se potessero essere assenti. A questo punto, alcuni acquistarono la versione per tutte le età, c’era la sensazione che le scene pornografiche potessero intralciare la storia [...]. Era un desiderio di auto-identificazione e di accettazione di innocenza fanciullesca”.[2]
Del resto, le scene H non erano certo un granché, anzi, sono proprio brutte, palesemente forzate e spesso fuori contesto (e neanche doppiate, dato che il doppiaggio fu aggiunto con la versione Dreamcast), tutto si può dire sul character design di Itaru Inoue, fuorché definirlo anche solo minimamente sensuale. Non stupisce se dal 2004, anno di uscita della Standard Edition per Windows XP, non siano più state riproposte, come se fossero effettivamente disconosciute dalla Key stessa, mentre nel fandom, in barba alle cinque eroine protagoniste, la più "gettonata" della Rule34 sarà Akiko-san con il suo fascino da milf.
Pur essendo stato un anno addietro un discreto successo per Tactics, One, uscito lo stesso mese di White Album, aveva perso totalmente il confronto con il gioco di Leaf, azienda più attrezzata dal punto di vista grafico e già affermata, avendo dato il via con le due visual novel horror Shizuku e Kizuato, all'era dello sviluppo su Windows, lanciato da Microsoft in grande stile, decretando la fine del PC98. Questa volta, il nuovo gioco di Hisaya e Maeda irrompe in maniera più aggressiva e farà subito parlare di sé. Ad Akihabara, il giorno dell’uscita di Kanon, molte persone sono state viste uscire dai negozi con un poster in formato A0 (84,1 x 118,9 cm) nei loro zaini, uno dei gadget che le catene erano solite consegnare agli acquirenti con la First Press Limited Edition; il tubo contenitore sembrava un cannone e la parola "Kanon Cannon" divenne un meme ante-litteram su alcune community, quasi come a rappresentare l’impatto che questo videogioco ebbe sul mercato.
Il confronto ravvicinato tra Comic Party e Kanon è interessante perché mai due opere potrebbero essere più diverse; la prima rappresenta la vivacità tipica della Akihabara del 1999, inserita in un contesto contemporaneo ben preciso, con personaggi appassionati di doujinshi plasmati per “ripulire” la figura dell’otaku e di ciò che sta intorno, mentre la seconda è malinconica, surreale, vaga nella sua collocazione rurale, con personaggi che paiono fuori dal tempo, figure astratte di un gelido gennaio che tutto ferma, andando a cementificare uno stile che sarà caratteristico del suo studio.
È bene innanzitutto sottolineare che Kanon, così come i precedenti Moon e One di Tactics, vede due scrittori, Naoki Hisaya e Jun Maeda, dividersi i cinque percorsi della novel, ma essendo questi dispari, l’attribuzione dello scenario writer chiaramente non è equivalente, dato che Hisaya ha scritto le storie di Nayuki, Shiori e Ayu, mentre Maeda si è occupato di Mai e Makoto. Questa spartizione è importante da tenere a mente, prima di tutto perché la qualità, come spesso avviene in questo genere di giochi, non è costante, e in secondo luogo perché vi sono sostanziali differenze tra i due autori, nel modo di narrare, nel modo di gestire i rapporti tra il protagonista Yuuichi e le ragazze così come nel ruolo che queste hanno nelle altre route, divergenze creative che, probabilmente, sono state tra le cause della loro separazione professionale durante la lavorazione del successivo Air (2000), periodo in cui Maeda prenderà le redini principali dello studio. In Kanon è ancora Hisaya a primeggiare come scrittore e i suoi sono i percorsi generalmente più apprezzati, con il personaggio di Ayu Tsukimiya che svetta ovviamente su tutti gli altri, contribuendo, tra le altre cose, a lanciare la fenomenale carriera di una allora debuttante Yui Horie.
Ma qual è il più indicato per iniziare? Kanon ha una struttura “a imbuto” tipica di molte visual novel, in particolare quelle più datate, la quale non prevede un percorso aggiuntivo come quello di Air, o un True Ending come chiusura complessiva. Una volta indirizzata la storia in base alle scelte collocate nei primi giorni, fase che funge da introduzione per far conoscere i personaggi, ogni route diviene indipendente dalle altre, finché non giunge alla sua naturale conclusione. Questa struttura narrativa è uno degli aspetti che contraddistingue la novel dalla comunque ben fatta trasposizione animata del 2006 (quella del 2002 non vale la pena neanche prenderla in considerazione); se prendiamo la serie animata, nella sua prima metà vediamo Yuuichi interagire la mattina con Nayuki, subire gli scherzi di Makoto, pranzare con Mai e Sayuri a scuola, incontrare in cortile Shiori e interagire con Ayu nella via commerciale. Troppo. Con il proseguire degli episodi, Yuuichi diviene la figura salvifica di tutte le ragazze che sembrano fare a gara a chi è la più strana ed enigmatica, ed è comprensibile che questa sovraesposizione possa risultare stucchevole per qualche spettatore. Nel gioco originale, invece, una volta imboccato un percorso dopo la succitata fase introduttiva, il protagonista si concentra su una e quella soltanto tra le figure femminili, lasciando alle altre il ruolo di comprimarie, con alcune più presenti di altre. Mai, in particolare, al di fuori della sua route è possibile non incontrarla neppure una volta.
Esiste, tuttavia, un ordine consigliato per fruire al meglio della storia di Kanon, la maggior parte dei giocatori indica quello di Nayuki Minase come il percorso ideale per iniziare, per vari motivi. Nayuki è la prima persona che incontri, è la cugina con cui condividi il tetto ed è al contempo il più classico cliché, già abusato all’epoca, dell’amica d’infanzia, di quella che ti viene a svegliare la mattina, anche se in questo caso, Hisaya sembra giostrare su tale stereotipo: è lei che dorme come un sasso e deve essere svegliata. Insomma, Nayuki è ciò che si definisce la prima portata servita su un piatto d’argento, ma la sua è anche la storia più semplice e lineare, per la maggior parte della sua durata si presenta con un tipico stile da slice of life, fatto di sveglie al mattino, normali lezioni a scuola e pomeriggi spensierati, salvo poi interrompere bruscamente questa routine, ciò in funzione di trasmettere così una sensazione di vuoto, una volta che la presenza di una persona, che hai dato per scontata, viene improvvisamente a mancare. C’è ovviamente sullo sfondo il mistero sul passato di Yuuichi e il suo rapporto con Nayuki, ma ai titoli di coda di questo primo percorso rimane l’impressione di aver solo scalfito la superficie di ciò che Kanon vuole mostrare.
A questo punto si riparte e decidiamo di seguire l’ordine suggerito implicitamente dall'opening stessa del gioco. Con Shiori l’asticella si alza e Hisaya ci mette di fronte al rapporto con la morte, in una vicenda di confronti, accettazione ma anche rifiuto tramite il personaggio di Kaori. La storia di Shiori, forse quella trattata peggio nell’anime di Kyoto Animation, è il primo nakige nella sua più intrinseca manifestazione, nel bene e nel male, tra momenti morti, un countdown abilmente costruito e forzature di vario genere (allucinante la scena finale nel parco), ma è anche la storia d’amore generalmente più apprezzata, forse perché la più naturale, meno sdolcinata, priva di flashback e momenti magici, con alcuni dialoghi che penetrano come un ago nella pelle per veemenza espressiva.
Con Makoto Sawatari il timone passa a Jun Maeda, che scrive una storia strana, con una protagonista a tratti insopportabile, per buona parte ci sembrerà di perdere tempo in sua compagnia con scene idiote, salvo poi decollare nella fase finale, insomma in pieno stile Maeda. Già iniziando a riflettere sul mistero dell’identità di Makoto, ma soprattutto sul suo comportamento irritante, infantile, quando non proprio privo delle più basilari regole dell’educazione, si capisce dove la storia vuole andare a parare. La ragazza si comporta esattamente come un animale, piombato in casa Minase come un gatto randagio, tra scherzi senza senso, capricci per attirare l’attenzione che nascondono il timore di essere di nuovo abbandonata.
La perdita di un animale domestico è forse il primo lutto che affrontiamo nella nostra vita, a volte già in tenera età, con i nostri genitori che ci spiegano a grandi linee cosa sta succedendo; è un passaggio comune nella crescita, e la route di Makoto sembra voler dire anche questo, lascia perplessi infatti la freddezza che mostra Nayuki nei confronti di quella che diventa quasi un membro della famiglia, che non fa letteralmente nulla per aiutare Yuuichi, mentre la zia Akiko al solito sembra sapere tutto. Vedere Makoto perdere sempre più le facoltà fisiche e cognitive, fino anche a dimenticare il suo nome (di cui andava tanto fiera) è una delle scene più strazianti del gioco, non è un personaggio memorabile né è protagonista di un percorso scritto così bene (vedasi Amano apparsa dal nulla solo per spiegare a Yuuichi chi è Makoto), ma alla fine, bene o male, qualcosa ti rimane.
Con Mai Kawasumi è difficile dire lo stesso, in questo percorso si capisce quanto sia diverso lo stile di scrittura di Maeda da quello di Hisaya. Hisaya nella narrazione è snello, lineare, ma infarcisce questa semplicità di emozioni e carattere. Maeda, al contrario, crea vicende più ingarbugliate per poi rimanere sul vago su molti aspetti, come risultato, si avverte a volte la sensazione di assistere a numerose forzature, i messaggi diventano astratti e questo rende più difficile capire le chiavi di lettura. I “demoni” contro cui combatte Mai sembrerebbero una manifestazione del suo carattere autodistruttivo e un’allegoria all’autolesionismo, un malessere interiore che finisce per schiacciarla e ferire l’unica persona a lei cara (Sayuri), In questa sua lotta, l’arrivo di Yuuichi assume chiaramente un ruolo importante, forse persino maggiore rispetto alle storie precedenti, anche se tutta la questione sul “rendere Mai più femminile”, oltre ad essere una riproposizione (non l’unica) dal personaggio Nanase Rumi di One, fa molto manga degli equivoci anni ottanta e, diciamo, non è invecchiata benissimo. Al netto di sparsi spunti interessanti e della sua atmosfera più dark, questo percorso soffre di un ritmo mal gestito, per larghi tratti soporifero, rendendolo indubbiamente il più pesante del gioco.
Errori che Naoki Hisaya non commette con Ayu Tsukimiya, ritenuta, non a torto, non solo la storia migliore del gioco ma ancora oggi tra le migliori di tutte le produzioni Key, entrando nel novero delle indimenticabili. Ti aspetti che il suo percorso sia il più lungo ma in realtà è uno dei più brevi, ma è anche questo che lo rende così speciale nel genere delle visual novel, non punta a farti perdere tempo e mantiene un ritmo relativamente buono per buona parte della sua durata. La route di Ayu è unica perché sfrutta ambientazione, musica e dialoghi per creare mistero e tensione, ma sempre con la leggerezza e la tenerezza che contraddistingue il personaggio. Ayu va lasciata per ultima perché la sua storia unisce tematicamente tutte le altre.
La relazione tra lei e Yuuichi funziona nella sua leggerezza da commedia, più che come sviluppo romantico. I dialoghi più seri, come quelli in cui Ayu inizia ad aprirsi sul balcone della tua stanza, servono a portare avanti la storia, ma anche la precedente routine, fatta di prese in giro e di uguu, è in funzione di questo tipo di narrazione. Pertanto, è uno dei percorsi più facili da leggere in Kanon, poiché il linguaggio è semplice e conciso, dove serio e faceto rimangono ben bilanciati, lasciando al lettore sempre quel retrogusto dolceamaro, fino agli ultimi due rivelanti giorni. Ayu merita la copertina di Kanon, fin dal 1999, perché ne racchiude il significato tutto.
Nello strano, e metafisico episodio 8 di 16Bit Sensation – Another Layer, ambientato nel 1985, agli albori del mercato dei bishoujo games, una misteriosa figura di nome Echo cerca di comprendere e riprodurre il potere attrattivo che hanno alcuni videogiochi, piuttosto che altri, chiedendosi come mai quelli che sviluppa lui, programmati in maniera perfetta e basati su calcoli precisi, non trasudino la stessa “magia”. “I giochi che faccio non hanno alcuna energia”, le sue parole ci sembrano quasi un monito al sempre più attuale sviluppo e utilizzo delle IA. Mamoru è confuso, lui è un programmatore smanettone di computer e non un creativo, ma prova comunque a rispondere al suo dilemma riferendosi alla copertina: “Il design della confezione non mi dà l’impressione di divertire”, in pratica, manca di immaginazione.
Ma cos’è l’immaginazione? Per gli antichi greci era l’εἰκασία, ovvero la capacità di pensare al di là di ogni precisa elaborazione logica, è quell'energia che scaturisce dalla propria forza di immaginare, anche ammirando una singola illustrazione esposta, di un libro, di un manga, di un videogioco. L'immaginazione ha il potere di alterare tempo e spazio, è ciò che definisce la realtà, e quindi, la facoltà di creare storie e mondi.
“Per coloro che conoscono la storia, l'immagine qui sopra è molto triste. La figura di Ayu in un giorno passato, seduta su un tronco d’albero che simboleggia i ricordi di loro due, sembra scomparire da un momento all'altro, ricordandoci l’addio di quel giorno”.
La protagonista di 16Bit Sensation – Another Layer, Konoha Akisato, dopo essere stata catapultata nel 1999, crea con la piccola compagnia Alcohol Soft, forte delle sue conoscenze del futuro, un bishoujo game talmente avveniristico, talmente bello, da stravolgere l’intero mercato dei videogiochi giapponese. Al suo ritorno nel 2023, scopre con suo enorme stupore che tutte le visual novel che tanto amava, sulle quali si era ispirata per creare il suo videogioco, come Steins;Gate e Fate/stay night, non esistono più, di fatto, non sono mai state sviluppate, e Akihabara è ora un ricco, ma freddo quartiere residenziale. Cosa ci dice, quell’episodio di 16Bit Sensation? Che ogni piccola innovazione, ogni tentativo di deviare dalle regole di mercato, sia esso casuale o studiato, può scatenare una serie di cambiamenti, collocandosi in un tassello temporale ben preciso, cui si lega in maniera indissolubile, lasciando un ricordo che può essere indelebile in coloro che quel periodo l'hanno vissuto.
Pur con mezzi narrativi a tratti amatoriali, quando non subdoli nel loro accalappiare un certo tipo di pubblico, Leaf, Key e altre compagnie hanno saputo emanciparsi da dettami commerciali prestabiliti, ispirando futuri autori, i quali compiranno il passo successivo, andando oltre il piccolo, deviato e disordinato mondo dei romanzi visivi per computer.
[1]Why Clannad Made You Cry - Anime News Network
[2]「萌え絵」と呼ばれるスタイルがジャポニズムを超える日 - 狐の王国 (hateblo.jp)
Akihabara: Conditioning a Public "Otaku" Image | Request PDF (researchgate.net)
Ottima disanima comunque sulla Visual novel e su quel periodo che ha portato alla nascita del Nakige!!!!
Scoprire la storia? Come se fosse un libro a bivi?
In un certo senso si, è come battere un boss di un dark souls: facendo trial and error ti avvicini sempre di più al finale "perfetto". Personalmente li ho sempre trovati giochi noiosi e inutilmente complicati (tipo che per avere un determinato finale devi raccogliere il pezzo di carta da terra in un giorno prestabilito perché così scatta un evento speciale che ti porta a mandare avanti una specifica route ecc.)
ma sugli anime niente da dire: bellissimi, nonostante buchi di trama e il tempo che è passato
Considera che devono condensare giochi da almeno 100 ore di trama in 24/48 episodi dia 25 minuti, purtroppo i buchi di trama nella trasposizione avvengono.
Ho giocato solo a Higurashi e a Steins Gate/0 (+ i vari spin off di entrambe le VN) prima di allora non ho mai avuto la pazienza di giocare a nessuna VN. Aggiungo anche Digimon Survive che però è un mix tra una VN e un gioco rpg tattico.
Higurashi è meno interattivo di Steins Gate stesso ma lo stesso Steins Gate è davvero poco interattivo.
Inizialmente anch'io ero un po' perplesso, più che altro perché presi come se fossero libri sono abbastanza pesantucci perché pur essendo scritti come libri leggeri si leggono una frase alla volta (il che è pesante).
Ma tra 07th-mod su higurashi e un po' di impegno anche da parte mia ho iniziato a capire l'appeal... più che come libri io li vedo come veri e propri anime con poche animazioni.
La maggior parte delle VN moderne (perlomeno credo visto che ne ho giocate 3 in tutto) ha una Opening che si avvia ad ogni avvio del gioco (o trascorso un tot di tempo nel menù, o richiamabile manualmente), ha un doppiaggio con gli stessi doppiatori dell'anime stesso (quando un anime esiste) quindi professionisti davvero bravi, e di fatto la maggior parte del tempo (tranne nella intro) i personaggi interagiscono in prima persona esattamente come in un anime. Ci sono ovviamente anche molte descrizioni in terza persona ma le interazioni in prima persona sono molto frequenti e riescono ad eliminare la pesantezza della VN stessa.
In pratica la VN diventa simile alla visione di un episodio sottointitolato.
C'è ovviamente anche l'elemento finali multipli, possibilità di fare scelte e similari... ma sono elementi secondari rispetto al core dell'appeal a mio parere che è più simile a quello che si ha guardando un episodio che a quello della lettura di un libro/giocare un videogioco (entrambi molto differenti da quello che si prova giocando una VN).
Ciò detto a mio parere la VN più bella che ho giocato è proprio Digimon Survive, proprio perché avendo anche un elemento di gameplay vero e proprio risulta più interattiva.
Il cellulare stesso in Steins;Gate, pur svolgendo un ruolo molto marginale, risulta comunque divertente da utilizzare e rende l'esperienza decisamente più coinvolgente (pur essendo davvero marginale).
Higurashi in questo senso pecca parecchio, senza 07th-mod poi diventa praticamente ingiocabile.
Una VN che mi ha annoiato a tal punto da averla droppata quasi subito diverse volte è stata Fate... forse mi aspettavo di più dallo stile di scrittura ma, mentre con Higurashi e Steins;Gate (e ovviamente Digimon Survive) sono stato subito preso, con Fate mi sono immediatamente annoiato anche dopo aver superato la intro (poi diamine le 2 ore per sbloccare la opening sono davvero pesanti ed il risultato è praticamente una versione peggiore della opening dell'anime a differenza di Higurashi e Steins;Gate che hanno opening decisamente più belle).
Non posso dire di essere esperto... magari Kanon che è così vecchio è molto più pesante in formato VN e non lo apprezzerei.
Posso però dire che l'appeal non è così scontato e che solo relativamente recentemente sono riuscito a capirlo (almeno in parte) e mi è quindi venuta voglia di provare con altre VN (anche se prima ho in backlog Divinity Original sin 2, Dragon's Dogma, Oblivion, Skyrim, Fallout 4, The Caligula Effect Overdose e Dragon Age Inquisition, quindi passerà un po' prima che mi metta a provarne altre).
Se non ne capisci l'appeal ti consiglio di provare Higurashi Onikakushi-hen (il primo capitolo della VN di Higurashi) applicando la 07th-mod che contiene anche la traduzione amatoriale in italiano.
Il motivo è che è gratuito su tutte le piattaforme (ed è stato appunto il motivo per cui ci ho provato anch'io):
https://www.gog.com/en/game/higurashi_when_they_cry_hou_ch1_onikakushi
https://www.mangagamer.com/detail.php?goods_type=0&product_code=132
https://store.steampowered.com/app/310360/Higurashi_When_They_Cry_Hou__Ch1_Onikakushi/
https://07th-mod.com/wiki/
https://github.com/07th-mod/python-patcher/releases/tag/v1.3.1
Scarichi da dove ti pare, installi, applichi la 07th-mod e provi. Onikakushi non è neanche così lungo quindi capirai subito se ti diverte oppure no. Nota bene: prima di giudicare aspetta almeno che la storia inizi sul serio (dopo che sblocchi la opening)... le intro nella maggior parte dei casi sono relativamente lunghe e noiosette (anche se necessarie), nel caso di Onikakushi neanche troppo.
Vedrai che se è nelle tue corde ti verrà voglia di giocare tutti gli altri capitoli.
Ho letto Kanon da cima a fondo due volte e recuperato l'ottimo anime del 2006 (che consiglio a tutti quelli che non volessero leggere la vn). Kanon ha una storia abbastanza essenziale e richiede una buona dose di sospensione dell'incredulità per essere apprezzata fino in fondo. Concordo col giudizio che vede le route di Maeda come il punto debole della storia (anche se a dirla tutta la route di Makoto è talmente iconica da essere per molti la quintessenza del Nakige).
Per chi volesse approcciarsi al genere il mio consiglio è di munirsi di una buona dose di pazienza e magari di partire da qualcosa di più scorrevole come Little Busters!
E come si capisce anche 16Bit Sensation andato in onda lo scorso inverno, è stato uno stimolo per ripercorrere, pur nei limiti, quel periodo, e non posso che consigliarne la visione.
Per i neofiti del genere, l'unico consiglio che posso dare è di provarne una breve, controllando la durata su vndb, in caso di esperienza positiva si va pian piano a salire magari con un genere che ci piace. Se sbagli un anime al massimo ti sei subìto qualche brutto episodio, ma se becchi una VN che poi scopri essere una martellata sui cosiddetti rischi di buttare ore, cosa che rende la scelta di acquisto difficile anche per i più navigati, a maggior ragione per il fatto che in Italia è quasi totalmente assente qualsiasi attività di divulgazione. Non fatevi però spaventare dalla quantità di testo, in fondo, se escludiamo certi mattonazzi da 70h+, per tante di esse in termini di "ore col pad/mouse posato sulla scrivania" non siamo poi così lontani da un Persona 5 ormai divenuto mainstream.
Guarda, siamo in due e non sei il primo che leggo che ha trovato pesante F/sn, uno dei motivi potrebbe essere proprio la sua interfaccia, più simile alle vecchie sound novel (il cui capostipite è Otogirisou di Chunsoft, del co-creatore di Dragon Quest Koichi Nakamura), così come Saya no Uta, contraddistinte dal testo a schermo intero, più simile effettivamente ad un libro (non a caso sono ispirati dai libri game) e con poca varietà di illustrazioni in proporzione alla durata (e quella di Fate è notevole). In maniera non diversa da ogni altro genere videoludico, anche per le VN ci sono quelle ad alto budget e quelle che sono praticamente degli indie, e Type-Moon (così come 07th Expansion) all'inizio era un gruppetto di sviluppatori doujin che si autofinanziava, io non conosco i retroscena di Kinoko Nasu come per altri ma lo sviluppo di Fate penso sia stato finanziato unicamente dalle vendite di Tsukihime e Melty Blood. Key invece ha avuto fin da subito un publisher dietro (Visual Art's) e quindi molte più risorse per doppiaggio, presentazione visiva e quant'altro, tutte cose che secondo me rendono Kanon, nonostante uscito cronologicamente 5 anni prima, più fruibile ad un pubblico moderno, dato che applica lo stile estetico di Leaf (con il riquadro con poche e asciutte linee di dialogo alla volta, rispetto ai wall of text di Type-Moon, e i personaggi a busto) che va per la maggiore oggi non solo nelle VN ma anche in molti jrpg, nonché sdoganato da ibridazioni come Phoenix Wright e Danganronpa.
Ah, unico rammarico è non essere riuscito a parlare della colonna sonora che pur è importante, peccato, ma stava diventando lunghetto.
Poi i luoghi reali, ripresi paro paro anche nell'anime di Kyoto Animation (una delle cose che li contraddistinguerà), ecco una piccola lista per chi volesse fare un "Kanon Tour"
Distretto Shopping > Motomachi Shopping Street (Yokohama)
Parco > Showa Memorial Park (Tachikawa)
Stazione/ponte > Moriguchishi Station (Osaka)
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