Siamo alla fine del ventesimo secolo, ma un po’ prima.
Correva l’anno 198X (X=4) e Shonen Jump vendeva oltre 4 milioni di copie, superando una fase di declino causata dalla mancanza di commedie romantiche, genere, all’epoca, più in voga.
Il merito fu (non solo, ma in maniera comunque estremamente incisiva) di Hokuto no Ken, serie completamente opposta al genere di grido, ma che avrebbe contribuito a definire il manga shonen della seconda metà degli anni ‘80 aiutando a mettere, per l’appunto, fine all’epoca del boom delle commedie romantiche (tranne che su Sunday, che ci vive quasi totalmente tutt’oggi).
 
 
Siamo alla fine del XX secolo. Il mondo intero è sconvolto dalle esplosioni atomiche. Sulla faccia della Terra gli oceani sono scomparsi, e le pianure hanno preso l'aspetto di desolati deserti. Tuttavia, la razza umana è sopravvissuta...
Kenshiro è il successore della Sacra Scuola di Hokuto, un'arte marziale letale e spietata. Egli è il salvatore della fine del mondo. Sul petto porta sette cicatrici disposte secondo la costellazione dell'Orsa Maggiore. Attraverso la pressione degli tsubo, punti segreti di pressione disseminati sul corpo umano, Kenshiro condanna i suoi avversari a una morte atroce, provocando l'esplosione dei loro corpi dall'interno.

Inevitabile, dunque, che venisse progettato un adattamento animato della serie manga del momento, incarico che venne affidato a una Toei ancora sulla cresta dell’onda grazie a Dr. Slump (non ancora persosi nel mare magnum dei filler che ne causeranno il declino negli ultimi 50 episodi della serie).
Tra alti e bassi, il monumentale adattamento dell’altrettanto monumentale manga raggiungerà un successo eccezionale, che gli permette d’essere ricordato e riverito tutt’oggi.


Già la trasmissione del primo episodio fu, però, “incerta”: Hokuto no Ken andava, infatti, in onda nel medesimo orario di molte partite di baseball, il giovedì alle 19:00, e per questa ragione l’inizio della serie ebbe due date papabili: il 4 ottobre se la partita di turno fosse stata cancellata causa pioggia, o l’11 ottobre, come effettivamente fu.

Il lavoro di adattamento in sé non fu, in generale, semplice: Fuji TV non era particolarmente entusiasta dei contenuti ultraviolenti del manga originale, che furono, notoriamente, mitigati con effetti visivi e di luce di vario tipo.
Fu, inoltre, necessario ammorbidire il linguaggio di diversi personaggi e bandire completamente l’uccisione di bambini dalla serie, per poterla mandare in prima serata, ma furono sacrifici necessari e che, come scopriremo presto, pagheranno.

Tutti questi accorgimenti non salvarono, però, Ken dall’apparire al 7° posto nella classifica dei programmi meno apprezzati dalla PTA, l’associazione genitori/insegnanti giapponese.
Così a colpo d’occhio, a far compagnia al Salvatore di Hokuto ci sono diversi programmi che indubbiamente andavano in onda in tarda serata, e spero di essere stato abbastanza chiaro; fa strano vedere un’opera indubbiamente “dura”, ma comunque ingentilita, come Hokuto no Ken in quel gruppetto di programmi perlopiù per adulti, ma d’altronde era, sicuramente, qualcosa di clamoroso, per l’epoca.
 

Con un solo anno di manga da cui attingere per la serializzazione, inevitabilmente l’anime di Ken si sarebbe dovuto trovare spesso a ricorrere ai celeberrimi filler, episodi non presenti nel manga realizzati per “prendere tempo” nell’anime.

Com’è noto, la saga di Shin (la prima) è stata rielaborata per durare più a lungo, inglobando elementi e storie che nel manga avvengono solo successivamente; proprio in questa parte d’anime appaiono i filler che più si discostano dall’immaginario del manga, arrivando a coinvolgere nei combattimenti persino un treno.
Nonostante non ci siano state lamentele da parte di nessuno, né del pubblico, né degli autori originali, il compianto Shozo Uehara, sceneggiatore della serie, si impose di non discostarsi nuovamente dall’immaginario dell’opera originale, scrivendo sceneggiature filler più “coerenti” per le saghe successive.

Discorso a parte va fatto per gli episodi riassuntivi: in Ken il Guerriero ce ne sono parecchi, persino più d’uno di fila; anche questa era una soluzione indirizzata a prendere tempo perché l’opera originale proseguisse, ed era una soluzione particolarmente apprezzata perché il riutilizzo di vecchie scene permetteva di risparmiare anche materiale.


Conosciamo la regione del Kansai come una regione sostanzialmente di gente allegra, divertente, buontempona; eppure, nonostante la natura solare di quest’area (ammesso che non si tratti solo di luoghi comuni, ma le testimonianze di chi c’è stato confermano), le cupe avventure di Ken ebbero un successo particolarmente elevato sul pubblico del Kansai.

Se su Fuji TV Hokuto no Ken si attestava sempre intorno al 15/17% di share, che non è comunque un risultato da sottovalutare, nella regione del Kansai (e le relative emittenti) la serie raggiunse il 20%, tanto da essere replicata più e più volte, e lo conferma Akira Kamiya (storica voce di Kenshiro) citando spesso questo fatto quando è ospite di eventi o conferenze in quella regione.
 

Citando Akira Kamiya, è necessario tirare in ballo almeno un altro doppiatore legato a Ken il Guerriero: Shigeru Chiba, poliedrica superstar del doppiaggio giapponese dagli anni ‘80 ai giorni nostri, di cui abbiamo già parlato anche in altri articoli legati agli anniversari anime.
In Hokuto no Ken, oltre ad altri ruoli, Shigeru Chiba era soprattutto il narratore delle anticipazioni della puntata successiva, famoso per l’enfasi crescente con cui le leggeva.

Troppa enfasi, perché arrivato all’episodio 4 della seconda serie, Chiba dovette andarci piano per paura di ripercussioni fisiche.
Per questa ragione, fino al ventesimo episodio di Hokuto no Ken 2 Chiba cambia tono, utilizzandone uno più simile a quello usato nel teatro kabuki.
Ai fan, però, mancavano le anticipazioni ricche d’enfasi di Chiba, che vennero infatti ripristinate dall’episodio 20 fino alla fine della seconda serie.


Il fascino di Ken non ha proprio limiti, e questo lo si nota anche dal gran numero di celebrità diverse che si sono dimostrate, negli anni, grandi fan della serie.
Il rapper RZA, noto membro del Wu-Tang Clan, cita il film di Ken il Guerriero come il suo anime preferito insieme a Ninja Scroll, mentre il karateka e cantante (e tanto altro) Nobuaki Kakuda ha chiamato i suoi figli Kenshiro e Yuria.

Il lottatore di sumo Kisenosato Yutaka, infine, ha citato più e più volte Ken come una delle sue opere preferite, arrivando a parafrasare l’ultima frase di Raoh nel momento in cui si è ritirato dal sumo.
 

Anche dopo tanti anni, e tanti cambiamenti nel mondo dello shonen manga, lo zoccolo duro di fan di Ken il Guerriero continua imperterrito a mostrare il suo immenso amore per quest’opera, permettendole di avere ancora grande successo ed essere estremamente popolare.

Hokuto no Ken è un’opera profondamente collegata alla sua epoca d’appartenenza, e per quanto questo possa essere, in alcuni casi, un limite, d’altro canto c’è un innegabile fascino “romantico” (nel senso più ampio del termine) nell’immaginario, e nella visione del mondo, tipici degli anni ‘80, con la loro virilità ostentata e la tendenza a radicalizzare la narrazione in un costante “io sono buono, e tu sei morto”, in un ciclo di commovente sacrificio continuo, che a volte può sembrare persino innecessario per quanto è preponderante.

Il mondo è andato avanti, dai tempi di Ken il Guerriero, come è andato avanti dai tempi de La Febbre del Sabato Sera (per citare un’opera che non c’entra assolutamente nulla, ma che come Ken è indissolubilmente figlia del suo tempo), e anche se la mentalità, la visione della vita e l’ideologia dell’opera (e di tante altre che lo hanno ispirato o che sono state ispirate da lui) possono stridere un po’ con l’immaginario e la mentalità moderni, l’indubbio fascino di un’epoca così lontana eppure così vicina, con le sue solide convinzioni e le sue tenere illusioni, autentica finestra su un mondo che (nel bene e nel male) non c’è più, proprio non ne vuol sapere di tramontare.