Riportiamo qui di seguito un'intervista fatta da Philipp Knall a Bryan Lee O'Malley, autore dell'apprezzata graphic novel Scott Pilgrim's Precious Little Life, in cui confessa l'influenza che hanno avuto i manga nella sua formazione. Prima di diventare famoso, l'autore si è imbattuto in un'opera non molto conosciuta da noi, ma che per lui ha avuto una notevole influenza: Saru demo kakeru manga kyōshitsu (Even a Monkey Can Draw Manga, da qui in poi, per comodità riporteremo il titolo in inglese, ndt) , serie del duo Kentaro Takekuma e Koji Aihara in cui venivano messe alla berlina, grazie a delle parodie, i tipici manga di successo giapponesi tra anni '80 e '90 e l'industria che ci ruota attorno.
L'intervista altro non è che la conversazione, avviata da Knall, che si è sviluppata tra O'Malley, Takekuma e Aihara dalle loro esperienze personali fino alle differenze tra fumetti americani e giapponesi, le tecniche di disegno e sul desiderio di O'Malley di cimentarsi in una serie giapponese.
Philipp Knall: Incominciamo con una breve auto-presentazione.
Bryan Lee O'Malley: Bryan Lee O'Malley, 32 anni, canadese, fumettista e creatore di Scott Pilgrim.
Kentaro Takekuma: Mi chiamo Kentaro Takekuma, sono uno dei creatori di Even a Monkey Can Draw Manga. Ho 50 anni, piacere di conoscervi.
Koji Aihara: Salve, sono Koji Aihara, 47 anni, mangaka. Sono uno dei creatori di Even a Monkey Can Draw Manga.
Knall: Bryan, raccontaci come ti sei avvicinato alla lettura di Monkey Manga.
O'Malley: Beh, penso che sia stato pubblicato in America da Viz verso la fine del 2002. il mio coinquilino gestiva un negozio di fumetti e lo portò a casa. Io stavo lavorando al mio primo libro da solo, Lost a Sea, e stavo buttando giù delle idee per Scott Pilgrim, così ho trovato il vostro libro nel momento giusto. Ricordo di aver letto il secondo capitolo sul tracciare le linee delle tavole con il righello e ho riso così tanto perché mi sono riconosciuto in quella situazione. Era la prima volta che vedevo la vita di un fumettista riflettersi su di me.
Knall: C'era qualcosa che avvertivi fosse differente dal modo in cui tu ti stavi approcciando al tuo lavoro o su come lavorano i fumettisti americani?
O'Malley: Sono stato affascinato dai fumetti giapponesi sin da quando ero alle scuole superiori ma a quel tempo, fine anni '90, non c'era davvero molto materiale in inglese. Così, sebbene stessi progettando Scott Pilgrim come un fumetto in stile “shonen”, in realtà non avevo letto molti shonen manga. Ranma 1/2 era l'unico che conoscessi bene. Anche se sapevo che Monkey Manga era satirico, ho visto che poteva essere una guida affidabile sull'industria giapponese dei fumetti. In America l'industria dei comic è caratterizzata principalmente dai supereroi, qualcosa a cui io non sono mai stato molto interessato. In generale l'ampia esplorazione dei generi in Monkey Manga è stata d'ispirazione per me, anche se voi la stavate prendendo in giro.
Takekuma: Noi abbiamo cominciato a pubblicare Monkey Manga su Big Spirit Comics di Shogakukan nel 1989. Al tempo era la terza serie più venduta tra i manga tratti da riviste settimanali in Giappone. Il Giappone aveva già 50 anni di storia dei manga e si era già sviluppata una grande industria intorno.
Aihara: Io disegnavo tutto come una gag: cercavo di emulare gli stereotipi dei manga giapponesi e li ritraevo tramite parodie. Sono sollevato che tu abbia capito lo scherzo.
Takekuma: Quando io e Aihara Koji abbiamo iniziato Monkey Manga l'industria si era già sviluppata in un grosso business e cercava manga che facessero soldi invece di nuove forme d'espressione. Così, sebbene stessero vendendo bene, io sentivo che quei volumi stavano iniziando a perdere lo spirito e la passione che caratterizzavano i manga che leggevamo da bambini. Il mio intento era quello di cogliere i “modelli” che avevano iniziato a svilupparsi nei manga che vendevano bene e riproporli sotto forma di parodia.
O'Malley: Nel 2002 tradurre i manga non era un grosso business in America, così credo che gli editori potessero tenere sott'occhio le opere che facevano riflettere. Mi ricordo di aver letto, circa nello stesso periodo di Monkey Manga, Tekkonkinkreet – Soli Contro Tutti di Taiyou Matsumoto e qualche storia di Usamaru Furuya. Se mai sembra che l'industria dei manga si sia orientata di più verso gli affari negli ultimi vent'anni. Mi piacciono ancora una gran quantità di manga sebbene tendano ad essere molto elaborati e abbiano al loro interno un insieme di stati emotivi diversi: l'opera non sembra che possa essere fatta da una sola persona. Non posso immaginare di disegnare qualcosa come Death Note o 20th Century Boys, mentre i lavori degli anni '70 e '80, per esempio di Rumiko Takahashi o Mitsuru Adachi, li sentivo più facilmente accessibili.
Takekuma: In Giappone le riviste settimanali sono state il tipo di pubblicazione standard per molto tempo. Così, per i manga che hanno una storia o un allestimento complicati, è vitale avere un aiuto dall'editore o dagli assistenti per le pubblicazioni settimanali. Anche quando Katsuhiro Otomo divenne famoso negli anni '80, un numero sempre maggiore di serie per il grande pubblico iniziarono ad avere davvero una forma di rappresentazione “rigida”. Uno dei nostri intenti con Monkey Manga era quello di sottolineare il problema rispetto ai manga delle grandi case editrici, i quali si stavano sempre più dirigendo verso il profitto perdendo in purezza. Dopotutto noi eravamo fortunati a poter pubblicare su un magazine come Big Spirit che vendeva un milione di copie a numero. Aihara è stato proprio un artista di successo prima di Monkey Manga e ciò ci ha aiutati ad avere quella possibilità.
Aihara: Bryan, tu crei i tuoi fumetti tutto da solo?
O'Malley: Ho realizzato la maggior parte di Scott Pilgrim da solo. Solo per l'ultimo volume ho potuto assumere due assistenti. Credo che, probabilmente, sia del tutto evidente per un altro artista che legge il libro: gli sfondi improvvisamente diventano molto più dettagliati. Molti fan non sembrano aver notato il cambiamento.
Aihara: Mi è piaciuto molto [in Scott Pilgrim] come l'intera pagina fosse piena del tuo stile e delle tue idee. In Giappone ci sono ancora pochi artisti che lavorano in quel modo.
O'Malley: Qui noi non abbiamo le stesse infrastrutture per i fumetti, qui l'industria si è sviluppata in maniera molto differente rispetto al Giappone. In America non abbiamo una vera organizzazione con gli editori o con assistenti che aiutino nelle storie e nessun caso di riviste di fumetti mensili e settimanali. Ho passato molto tempo sentendomi inadatto nei confronti di questo tipo di cosa. L'intera storia dei fumetti in America ha riguardato personaggi come i supereroi della Marvel e della DC. C'erano nuove storie e idee nei fumetti underground e indipendenti: sto generalizzando ma ciò è sicuramente come sento io la situazione. Non ho mai pensato che potessi avere successo con i miei libri, fino al punto di vendere milioni di copie e di avere un adattamento cinematografico. È stato totalmente inatteso. Io avrei previsto di vendere circa 1000 copie.
Takekuma: Quando ho letto Scott Pilgrim ho sentito sin dall'inizio che aveva una struttura e uno stile molto differenti rispetto ai manga giapponesi. Ma, una volta arrivati alle scene di lotta, sembra davvero simile ad un manga, specialmente nel modo in cui sono strutturate le tavole. Si sviluppa attraverso un'atmosfera molto strana, né americana né giapponese.
Aihara: Io ho colto l'ispirazione dai manga giapponesi ma non mi ha fatto pensare ad una sorta di “furto” dello stile manga, piuttosto ad un modo unico di esprimersi: l'ho trovato un lavoro davvero interessante. Ho apprezzato l'uso di un tuo stile proprio di espressione. Inoltre ho pensato che il tuo uso del “nero” era molto abile e affascinante.
O'Malley: Si, volevo davvero creare un ibrido. Volevo arrivare ai fumetti giapponesi dal mio punto di partenza. Quando ero più giovane ho copiato fedelmente il “look” dei manga e degli anime ma non ho mai pensato di sottrarre molto alla forma. Ci sono molte cose che rendono un fumetto giapponese tale: c'è un approccio del tutto differente al modo di narrare la storia. Non sono giapponese e così, ovviamente, non potrò mai fare da me stesso un “fumetto giapponese”, sebbene stia ancora imparando tanto dai manga e penso che questo insegnamento continuerà ancora per molto tempo.
Takekuma: Ho trovato la descrizione della vita degli studenti molto interessante perché è così differente dalle esperienze degli studenti giapponesi. Scott è davvero un “nerd” ma ha già esperienze romantiche e fa sesso. Le commedie romantiche dei manga giapponesi, dipingendo la vita e l'amore di un “nerd”, non rappresentano mai relazioni con delle donne. Certo, i fumetti erotici per adulti sono un'eccezione.
O'Malley: Oh, sì, ho avuto recentemente un'intervista con un reporter giapponese e lui ha parlato della stessa cosa: cioè nerd uguale vergine. Io ho pensato che fosse proprio interessante! Era una differenza culturale a cui non avevo mai fatto caso.
Takekuma: Un aggiunta a quanto detto sopra: c'è un genere tra le commedie romantiche giapponesi chiamato “harem manga”. Queste storie rappresentano un ragazzo stile nerd, avvicinato da diverse donne, che arriva a trovarsi in una situazione simile a quella di un harem. D'altro canto Scott, pur essendo il tipico nerd, ha la sua propria personalità, suona in una band e diventa serio durante gli appuntamenti. Ci sono alcune cose influenzate dalle storie giapponesi, ma io credo che la rappresentazione delle situazioni romantiche sia stata unica, in un modo che difficilmente si vede in Giappone.
O'Malley: Scott Pilgrim prende ispirazione dagli “harem manga”, come Ranma 1/2, ma credo che sia un tipo di personaggio inadatto ad essere l'eroe della storia. Da un lato io mi sono spesso trovato a disagio con gli eroi delle storie dei manga: il ragazzo è sempre timido. Io stesso sono molto timido e sono sicuro che molti disegnatori lo siano, ma credo che in America a noi piaccia vedere i nostri eroi che entrano in azione, specialmente nei confronti delle donne.
Takekuma: Nei libri e nel film Scott ha questa ragazza carina, Knives, ma la scarica alla prima occasione che ha, appena incontra Ramona: in Giappone l'editore ti avrebbe probabilmente impedito di scrivere una cosa del genere, dicendo che i lettori si schiererebbero con Knives e il tuo eroe sembrerebbe un cretino.
O'Malley: Mh, credo che per me sarebbe un brutto modo di raccontare le storie. Comunque vorrei precisare che Scott Pilgrim's Precious Little Life era inizialmente pubblicato in volumi da 160 pagine, così ai lettori erano presentate sia Knives che Ramona sin dal primo approccio alla storia. Forse se il primo capitolo fosse stato serializzato su una rivista, la rottura con Knives sarebbe stato un problema maggiore per i lettori. Durante il periodo della serializzazione l'immaginazione dei lettori viaggia senza controllo.
Takekuma: Ho trovato interessante che Scott non avesse davvero una ragione per mollare Knives. Se fosse stato pubblicato su una rivista giapponese, l'editore ti avrebbe fatto pressioni affinché egli AVESSE [maiuscolo nel testo, ndT] una ragione per rompere con lei. Per esempio, se Knives avesse avuto realmente una terribile personalità nascosta e Scott la scoprisse insieme con i lettori. In Scott Pilgrim non ci sono costruzioni come questa, così ero un po' sorpreso ma, allo stesso tempo, è stata un'esperienza totalmente nuova per me.
Aihara: Che tipo di strumenti utilizzi per i tuoi lavori? I pennelli?
O'Malley: Sì, io uso principalmente i pennelli, un numero 2 e un 3. I retini sono principalmente fatti con il computer, è difficile trovarli qui. Non so se in Giappone gli artisti usino principalmente i “veri” retini o adesso usino anche il computer.
Takekuma: Un sacco di giovani artisti oggigiorno usano il computer per rifinire i loro lavori. Monkey Manga e stato al 100% analogico. Né io né Aihara avevamo un computer al tempo. Ne ho comprato uno da quando ne siamo stati completamente circondati.
Aihara: Io sono una persona molto simile, così io uso ancora i retini adesivi, ma credo che le persone che usano il computer per far ciò siano in aumento. Ma non solo: qualche artista esegue l'intero processo sul computer, mandando all'editore solo file.
O'Malley: È un mondo totalmente diverso da qui! Ma non credo di aver mai consegnato fisicamente al mio editore una pagina! Certo, il mio editore è dall'altro lato della nazione.
Aihara: Hai mai pensato di lavorare in una serie giapponese?
O'Malley: Sai, sono sempre stato affascinato dal processo editoriale giapponese dei fumetti. Un giorno, se avessi la possibilità, sarei di sicuro curioso di lavorare con un editore nipponico. Come ho detto prima, non abbiamo niente di simile qui. Io ho avuto a mala pena qualche story editing per Scott Pilgrim. Come la storia continuava e diventava più complessa, ho iniziato a desiderare sul serio uno sceneggiatore esperto che mi aiutasse. Penso che sarebbe potuta essere una serie molto più forte in quel modo.
Takekuma: Manga Monkey è composto in origine da tre volumi e recentemente è stato raccolto in una nuova edizione in due volumi. Solo 2/3 del primo volume erano tradotti in inglese. Mi piacerebbe che i lettori americani e canadesi potessero leggere l'opera completa. Se avessimo la possibilità mi piacerebbe incontrarli e parlarci di persona.
O'Malley: Sì, mi piacerebbe venire in Giappone una volta, non ci sono mai stato.
Aihara: Grazie per la chiacchierata di oggi, è stato molto divertente.
O'Malley: Grazie a voi, è stato un onore.
Takekuma: Grazie, incontriamoci di nuovo qualche volta.
Fonte consultata: Comics Alliance
L'intervista altro non è che la conversazione, avviata da Knall, che si è sviluppata tra O'Malley, Takekuma e Aihara dalle loro esperienze personali fino alle differenze tra fumetti americani e giapponesi, le tecniche di disegno e sul desiderio di O'Malley di cimentarsi in una serie giapponese.
Philipp Knall: Incominciamo con una breve auto-presentazione.
Bryan Lee O'Malley: Bryan Lee O'Malley, 32 anni, canadese, fumettista e creatore di Scott Pilgrim.
Kentaro Takekuma: Mi chiamo Kentaro Takekuma, sono uno dei creatori di Even a Monkey Can Draw Manga. Ho 50 anni, piacere di conoscervi.
Koji Aihara: Salve, sono Koji Aihara, 47 anni, mangaka. Sono uno dei creatori di Even a Monkey Can Draw Manga.
Knall: Bryan, raccontaci come ti sei avvicinato alla lettura di Monkey Manga.
O'Malley: Beh, penso che sia stato pubblicato in America da Viz verso la fine del 2002. il mio coinquilino gestiva un negozio di fumetti e lo portò a casa. Io stavo lavorando al mio primo libro da solo, Lost a Sea, e stavo buttando giù delle idee per Scott Pilgrim, così ho trovato il vostro libro nel momento giusto. Ricordo di aver letto il secondo capitolo sul tracciare le linee delle tavole con il righello e ho riso così tanto perché mi sono riconosciuto in quella situazione. Era la prima volta che vedevo la vita di un fumettista riflettersi su di me.
Knall: C'era qualcosa che avvertivi fosse differente dal modo in cui tu ti stavi approcciando al tuo lavoro o su come lavorano i fumettisti americani?
O'Malley: Sono stato affascinato dai fumetti giapponesi sin da quando ero alle scuole superiori ma a quel tempo, fine anni '90, non c'era davvero molto materiale in inglese. Così, sebbene stessi progettando Scott Pilgrim come un fumetto in stile “shonen”, in realtà non avevo letto molti shonen manga. Ranma 1/2 era l'unico che conoscessi bene. Anche se sapevo che Monkey Manga era satirico, ho visto che poteva essere una guida affidabile sull'industria giapponese dei fumetti. In America l'industria dei comic è caratterizzata principalmente dai supereroi, qualcosa a cui io non sono mai stato molto interessato. In generale l'ampia esplorazione dei generi in Monkey Manga è stata d'ispirazione per me, anche se voi la stavate prendendo in giro.
Takekuma: Noi abbiamo cominciato a pubblicare Monkey Manga su Big Spirit Comics di Shogakukan nel 1989. Al tempo era la terza serie più venduta tra i manga tratti da riviste settimanali in Giappone. Il Giappone aveva già 50 anni di storia dei manga e si era già sviluppata una grande industria intorno.
Aihara: Io disegnavo tutto come una gag: cercavo di emulare gli stereotipi dei manga giapponesi e li ritraevo tramite parodie. Sono sollevato che tu abbia capito lo scherzo.
Takekuma: Quando io e Aihara Koji abbiamo iniziato Monkey Manga l'industria si era già sviluppata in un grosso business e cercava manga che facessero soldi invece di nuove forme d'espressione. Così, sebbene stessero vendendo bene, io sentivo che quei volumi stavano iniziando a perdere lo spirito e la passione che caratterizzavano i manga che leggevamo da bambini. Il mio intento era quello di cogliere i “modelli” che avevano iniziato a svilupparsi nei manga che vendevano bene e riproporli sotto forma di parodia.
O'Malley: Nel 2002 tradurre i manga non era un grosso business in America, così credo che gli editori potessero tenere sott'occhio le opere che facevano riflettere. Mi ricordo di aver letto, circa nello stesso periodo di Monkey Manga, Tekkonkinkreet – Soli Contro Tutti di Taiyou Matsumoto e qualche storia di Usamaru Furuya. Se mai sembra che l'industria dei manga si sia orientata di più verso gli affari negli ultimi vent'anni. Mi piacciono ancora una gran quantità di manga sebbene tendano ad essere molto elaborati e abbiano al loro interno un insieme di stati emotivi diversi: l'opera non sembra che possa essere fatta da una sola persona. Non posso immaginare di disegnare qualcosa come Death Note o 20th Century Boys, mentre i lavori degli anni '70 e '80, per esempio di Rumiko Takahashi o Mitsuru Adachi, li sentivo più facilmente accessibili.
Takekuma: In Giappone le riviste settimanali sono state il tipo di pubblicazione standard per molto tempo. Così, per i manga che hanno una storia o un allestimento complicati, è vitale avere un aiuto dall'editore o dagli assistenti per le pubblicazioni settimanali. Anche quando Katsuhiro Otomo divenne famoso negli anni '80, un numero sempre maggiore di serie per il grande pubblico iniziarono ad avere davvero una forma di rappresentazione “rigida”. Uno dei nostri intenti con Monkey Manga era quello di sottolineare il problema rispetto ai manga delle grandi case editrici, i quali si stavano sempre più dirigendo verso il profitto perdendo in purezza. Dopotutto noi eravamo fortunati a poter pubblicare su un magazine come Big Spirit che vendeva un milione di copie a numero. Aihara è stato proprio un artista di successo prima di Monkey Manga e ciò ci ha aiutati ad avere quella possibilità.
Aihara: Bryan, tu crei i tuoi fumetti tutto da solo?
O'Malley: Ho realizzato la maggior parte di Scott Pilgrim da solo. Solo per l'ultimo volume ho potuto assumere due assistenti. Credo che, probabilmente, sia del tutto evidente per un altro artista che legge il libro: gli sfondi improvvisamente diventano molto più dettagliati. Molti fan non sembrano aver notato il cambiamento.
Aihara: Mi è piaciuto molto [in Scott Pilgrim] come l'intera pagina fosse piena del tuo stile e delle tue idee. In Giappone ci sono ancora pochi artisti che lavorano in quel modo.
O'Malley: Qui noi non abbiamo le stesse infrastrutture per i fumetti, qui l'industria si è sviluppata in maniera molto differente rispetto al Giappone. In America non abbiamo una vera organizzazione con gli editori o con assistenti che aiutino nelle storie e nessun caso di riviste di fumetti mensili e settimanali. Ho passato molto tempo sentendomi inadatto nei confronti di questo tipo di cosa. L'intera storia dei fumetti in America ha riguardato personaggi come i supereroi della Marvel e della DC. C'erano nuove storie e idee nei fumetti underground e indipendenti: sto generalizzando ma ciò è sicuramente come sento io la situazione. Non ho mai pensato che potessi avere successo con i miei libri, fino al punto di vendere milioni di copie e di avere un adattamento cinematografico. È stato totalmente inatteso. Io avrei previsto di vendere circa 1000 copie.
Takekuma: Quando ho letto Scott Pilgrim ho sentito sin dall'inizio che aveva una struttura e uno stile molto differenti rispetto ai manga giapponesi. Ma, una volta arrivati alle scene di lotta, sembra davvero simile ad un manga, specialmente nel modo in cui sono strutturate le tavole. Si sviluppa attraverso un'atmosfera molto strana, né americana né giapponese.
Aihara: Io ho colto l'ispirazione dai manga giapponesi ma non mi ha fatto pensare ad una sorta di “furto” dello stile manga, piuttosto ad un modo unico di esprimersi: l'ho trovato un lavoro davvero interessante. Ho apprezzato l'uso di un tuo stile proprio di espressione. Inoltre ho pensato che il tuo uso del “nero” era molto abile e affascinante.
O'Malley: Si, volevo davvero creare un ibrido. Volevo arrivare ai fumetti giapponesi dal mio punto di partenza. Quando ero più giovane ho copiato fedelmente il “look” dei manga e degli anime ma non ho mai pensato di sottrarre molto alla forma. Ci sono molte cose che rendono un fumetto giapponese tale: c'è un approccio del tutto differente al modo di narrare la storia. Non sono giapponese e così, ovviamente, non potrò mai fare da me stesso un “fumetto giapponese”, sebbene stia ancora imparando tanto dai manga e penso che questo insegnamento continuerà ancora per molto tempo.
Takekuma: Ho trovato la descrizione della vita degli studenti molto interessante perché è così differente dalle esperienze degli studenti giapponesi. Scott è davvero un “nerd” ma ha già esperienze romantiche e fa sesso. Le commedie romantiche dei manga giapponesi, dipingendo la vita e l'amore di un “nerd”, non rappresentano mai relazioni con delle donne. Certo, i fumetti erotici per adulti sono un'eccezione.
O'Malley: Oh, sì, ho avuto recentemente un'intervista con un reporter giapponese e lui ha parlato della stessa cosa: cioè nerd uguale vergine. Io ho pensato che fosse proprio interessante! Era una differenza culturale a cui non avevo mai fatto caso.
Takekuma: Un aggiunta a quanto detto sopra: c'è un genere tra le commedie romantiche giapponesi chiamato “harem manga”. Queste storie rappresentano un ragazzo stile nerd, avvicinato da diverse donne, che arriva a trovarsi in una situazione simile a quella di un harem. D'altro canto Scott, pur essendo il tipico nerd, ha la sua propria personalità, suona in una band e diventa serio durante gli appuntamenti. Ci sono alcune cose influenzate dalle storie giapponesi, ma io credo che la rappresentazione delle situazioni romantiche sia stata unica, in un modo che difficilmente si vede in Giappone.
O'Malley: Scott Pilgrim prende ispirazione dagli “harem manga”, come Ranma 1/2, ma credo che sia un tipo di personaggio inadatto ad essere l'eroe della storia. Da un lato io mi sono spesso trovato a disagio con gli eroi delle storie dei manga: il ragazzo è sempre timido. Io stesso sono molto timido e sono sicuro che molti disegnatori lo siano, ma credo che in America a noi piaccia vedere i nostri eroi che entrano in azione, specialmente nei confronti delle donne.
Takekuma: Nei libri e nel film Scott ha questa ragazza carina, Knives, ma la scarica alla prima occasione che ha, appena incontra Ramona: in Giappone l'editore ti avrebbe probabilmente impedito di scrivere una cosa del genere, dicendo che i lettori si schiererebbero con Knives e il tuo eroe sembrerebbe un cretino.
O'Malley: Mh, credo che per me sarebbe un brutto modo di raccontare le storie. Comunque vorrei precisare che Scott Pilgrim's Precious Little Life era inizialmente pubblicato in volumi da 160 pagine, così ai lettori erano presentate sia Knives che Ramona sin dal primo approccio alla storia. Forse se il primo capitolo fosse stato serializzato su una rivista, la rottura con Knives sarebbe stato un problema maggiore per i lettori. Durante il periodo della serializzazione l'immaginazione dei lettori viaggia senza controllo.
Takekuma: Ho trovato interessante che Scott non avesse davvero una ragione per mollare Knives. Se fosse stato pubblicato su una rivista giapponese, l'editore ti avrebbe fatto pressioni affinché egli AVESSE [maiuscolo nel testo, ndT] una ragione per rompere con lei. Per esempio, se Knives avesse avuto realmente una terribile personalità nascosta e Scott la scoprisse insieme con i lettori. In Scott Pilgrim non ci sono costruzioni come questa, così ero un po' sorpreso ma, allo stesso tempo, è stata un'esperienza totalmente nuova per me.
Aihara: Che tipo di strumenti utilizzi per i tuoi lavori? I pennelli?
O'Malley: Sì, io uso principalmente i pennelli, un numero 2 e un 3. I retini sono principalmente fatti con il computer, è difficile trovarli qui. Non so se in Giappone gli artisti usino principalmente i “veri” retini o adesso usino anche il computer.
Takekuma: Un sacco di giovani artisti oggigiorno usano il computer per rifinire i loro lavori. Monkey Manga e stato al 100% analogico. Né io né Aihara avevamo un computer al tempo. Ne ho comprato uno da quando ne siamo stati completamente circondati.
Aihara: Io sono una persona molto simile, così io uso ancora i retini adesivi, ma credo che le persone che usano il computer per far ciò siano in aumento. Ma non solo: qualche artista esegue l'intero processo sul computer, mandando all'editore solo file.
O'Malley: È un mondo totalmente diverso da qui! Ma non credo di aver mai consegnato fisicamente al mio editore una pagina! Certo, il mio editore è dall'altro lato della nazione.
Aihara: Hai mai pensato di lavorare in una serie giapponese?
O'Malley: Sai, sono sempre stato affascinato dal processo editoriale giapponese dei fumetti. Un giorno, se avessi la possibilità, sarei di sicuro curioso di lavorare con un editore nipponico. Come ho detto prima, non abbiamo niente di simile qui. Io ho avuto a mala pena qualche story editing per Scott Pilgrim. Come la storia continuava e diventava più complessa, ho iniziato a desiderare sul serio uno sceneggiatore esperto che mi aiutasse. Penso che sarebbe potuta essere una serie molto più forte in quel modo.
Takekuma: Manga Monkey è composto in origine da tre volumi e recentemente è stato raccolto in una nuova edizione in due volumi. Solo 2/3 del primo volume erano tradotti in inglese. Mi piacerebbe che i lettori americani e canadesi potessero leggere l'opera completa. Se avessimo la possibilità mi piacerebbe incontrarli e parlarci di persona.
O'Malley: Sì, mi piacerebbe venire in Giappone una volta, non ci sono mai stato.
Aihara: Grazie per la chiacchierata di oggi, è stato molto divertente.
O'Malley: Grazie a voi, è stato un onore.
Takekuma: Grazie, incontriamoci di nuovo qualche volta.
Fonte consultata: Comics Alliance
Consiglio a tutti l'acquisto del primo volume di Scott Pilgrim...che poi se sarà di vostro gradimento vi porterà ad acquistare immediatametne i rimanenti 5 volumi
Mi ha colpito molto quando O'Malley dice che sia a fine anni '90 che nel 2002 non era facile procurarsi molti manga editi in lingua inglese. La cosa mi ha fatto sorridere, dato che invece in Italia in quel periodo ne pubblicavano tantissimi.
Di Scott Pilgrim al momento ho visto solo il film, che mi è piaciuto veramente da matti. Mi piacerebbe leggere i fumetti e sto aspettando di racimolare qualche soldo in più per prenderli
a proposito in big bang theory nel negozio di fumetti si vede un poster di Bleach^_^
Inoltre, è importante conoscere sempre meglio le proprie fonti di ispirazione, e O'Malley ha di certo avuto questa possibilità.
Come dicono Aihara e Takekuma, O'Malley non sarebbe mai riuscito a proporre il suo Scott Pilgrim a un pubblico giapponese a causa delle influenze degli editori. Ne sarebbe uscito un altro character, più simile a quelli già esistenti nel mondo shonen/shojo.
Il bisogno continuo d'accontentare i lettori di manga alla fine porta a una omologazione dei prodotti, in cui viene inserito ciò che si pensa il pubblico voglia, ma in piatti diversi.
Per ora ho letto solo i primi tre volumi di Scott Pilgrim e ho visto il film.
Il fumetto è qualcosa di fresco e nuovo. Ritrae un mondo a me più vicino rispetto alle realtà otaku, ma attraverso una scelta stilistica e narrativa più semplice di alcuni comics, quanto più efficace.
È un prodotto validissimo, divertente e pure profondo.
E mi sono innamorato di Ramona, lo ammetto.
Anche la pellicola cinematografica è un gioiello, purtroppo poco notato dalla critica italiana perchè, essenzialmente, indirizzato ad un pubblico "giovane", che si possa immedesimare nel protagonista e capace di cogliere i moltissimi riferimenti ai videogiochi Nintendo.
A questo punto vorrei troppo leggere anche "Monkey Manga"
Era molto interessante!
Per la cronaca io di Scott Pilgrim ho apprezzato sia la serie a fumetti che il film (Edgar Wright per me e' uno dei migliori registi di questa generazione),soprattutto la prima e' veramente interessante per come fa da punto d'incontro tra i manga d'azione nipponici e i fumetti alternativi americani sia per temi che per stile soprattutto per quanto riguarda i primi numeri.
@MastWiFi: e se ricordo bene c'era anche un poster di Porco Rosso!
Ps.: Monkey Manga sembra sfizioso...
Scott Pilgrim l'ho recuperato un paio di mesi fa per intero seguendo il mio istinto (manco ho visto il film), e son contento che ne parlino tutti bene (devo ancora leggerlo).
Questa intervista mi ha convinto ancor di più di due cose:
- I soldi rovinano tutto, pure i fumetti
- Non ha proprio più senso oggigiorno settorializzare e operare distinzioni parlando di "manga", "comics" e non so cos'altro... alla fin fine son tutti "fumetti", punto.
Amo e leggo i manga da una vita ma del fumetto di Scott Pilgrimm ho letto solo il primo numero e non mi è piaciuto per niente (secondo me il regista del film ha fatto un miracolo nel sapere trasporre in modo geniale un fumetto abbastanza caotico).
Il film invece mi è piaciuto veramente moltissimo e non posso che consigliarlo a tutti gli amanti di manga, fumetti, videogiochi e a chi come me è stato ragazzo negli anni 80.
Quoto in pieno Chiba e Oberon!
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