Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero con gli anime Tenshi no Drop, Meganebu e Sekatsuyo - Sekai de Ichiban Tsuyoku Naritai!.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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Bambine che urinano dolcetti. Vorrei che ci fosse un modo per indorare la pillola, per ammantare questi cinque minuti di nonsense a tinte pastello di un'aura di genialità alla "Nazo no Kanojo X", ma da parte mia sarebbe soltanto un capzioso e tutt'altro che gratificante esercizio di stile. Cionondimeno sarebbe troppo facile cedere all'impulso di punire "Tenshi no Drop" (o "Tenshi no Droppings", come sarebbe stato più onesto chiamarlo) col silenzio; al contrario, oserei dire che in un certo qual senso dovremmo essere grati della sua esistenza, in quanto ci costringe a misurarci con una verità talvolta difficile da accettare per noi appassionati, vale a dire che l'animazione giapponese non è tutta rose e fiori.

Botan e Shinobu, amiche d'infanzia, sono al loro primo giorno di scuola in un'accademia femminile. Dal soffitto della loro nuova camera da letto precipita l'angioletto Un-chan, che offre loro un morso della sua aureola-ciambella con la promessa che le renderà felici. E in cosa potrebbe mai consistere questa felicità se non nella capacità di espellere dolcetti dall'uretra?

Tutto qui, davvero, a fronte di un manga edito da Holp Shuppan che a tutt'oggi consta di tre volumi e che francamente non so quanti di coloro che hanno visionato questo special avranno voglia di recuperare. Se è vero che è l'eccesso di significati, e non la mancanza di significato alcuno, a decretare l'efficacia del nonsense, ebbene "Tenshi no Drop" fallisce miseramente in questo intento: siamo infatti al cospetto di una zuccherosa micro-Babele in movimento, peraltro un tantinello disgustosa data la presenza del binomio lolicon-omorashi (eccitazione sessuale derivata dall'urina). Quel che più mi sconcerta, tuttavia, non è il fatto che qualcuno (nella fattispecie tale Chizuna Nakajima) possa essersene uscito con una simile idea, bensì che quest'ultima sia stata ritenuta meritevole di essere trasposta su carta prima e su supporto audiovisivo poi. A beneficio di chi, esattamente? No, aspettate, non credo di volerlo sapere.
Non è una questione di moralismo: per quanto la prospettiva mi paia di una tristezza incommensurabile, ognuno ha il diritto di sollazzarsi con ciò che più gli aggrada, comprese le bambine dalla vescica impazzita. Ma che qualcuno ci lucri sopra, ecco, mi pare più grave di qualsiasi perversione, anche se devo dire che, se visto con lo spirito giusto, qualche risata al colmo dell'esasperazione "Tenshi no Drop" la può anche strappare.

Se vi piacciono i colori tenui, le gote imporporate e le linee morbide il comparto grafico (naturalmente privo di virtuosismi che, in ogni caso, risulterebbero quantomeno fuori luogo) non vi deluderà, anche se più che dare sfogo alla vescica pare che le protagoniste defechino. L'assurdità di quest'atto altrimenti privo di nota viene inoltre sottolineata da gridolini estatici e da una fastidiosissima onomatopea. Il doppiaggio, per quanto appropriato, risulta godibile soltanto da cani e pipistrelli; stendiamo infine un velo pietoso sulla colonna sonora, se così possiamo chiamarla, davvero irritante nella sua ripetitività.

Concludo con una nota di carattere personale: quella che è ormai in procinto di concludersi è la mia centesima recensione su questo sito. Festeggio questa ricorrenza con il mio primo, e spero ultimo, 2.



6.0/10
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Soma Akira fin da bambino è convinto che gli occhiali hanno il potere di realizzare i sogni delle persone, conferendo forza e coraggio a chi li sfoggia con ardore e fiducia. Come tributo al suo credo, una volta entrato al liceo prende in eredità dai suoi senpai il Meganebu, il club dell'istituto Hima dedicato alle lenti, assieme a Yukiya, suo amico di infanzia e ingegnere dalle molte idee (come gli occhiali coi tergicristalli!), e Hachimine, fissato degli choux creme e fratello di due vecchi membri del gruppo. Con l'obiettivo di inventare degli occhiali a raggi x capaci di guardare attraverso i vestiti delle ragazze, meta irraggiungibile per molti adolescenti ancora virgulti nel grande giardino dell'amore, Soma & Co cercano di diffondere il verbo delle lenti correttive. Oggetto della diffidenza dei loro compagni di scuola, che li vedono come una manica di spostati che compiono esperimenti pericolosi nel loro laboratorio dalle pareti di un manicomio, o della società che vuole ridimensionare le aspirazioni adolescenziali mascherandole con la consuetudine, il Meganebu diventa un baluardo di speranza nel quale possono risplendere i sogni da conquistatori dei giovani. Inconsciamente Soma finisce col divenire quasi un punto di riferimento per gli altri membri del club, come il piccolo Mitsuki e il grande escluso dagli occhiali finti Hayato, che si affidano al suo estro creativo e alla sua forza d'animo per rendere il loro mondo colorful, come da titolo recita l'ending di Sako Tomohisa.

Come cambia il mondo se lo si guarda attraverso la lente degli occhiali: ad un quasi cieco si schiude la natura che nella sua tana di talpa non riusciva a scorgere, e ad uno con 10/10 diottrie cose e persone assumono le fattezze di giganti sfocati. Basta indossare un paio di occhiali e il mondo acquisisce forme fantastiche e l'aspetto di tutti i giorni un colore nuovo. Una delle invenzioni più geniali che sia mai stata partorita dalla mente umana, ormai entrata nella quotidianità di tante famiglie, è la protagonista di questo anime, che fra montature quadrate e rotonde, pezze per la pulizia e vetri appannati, rende giustizia ad uno degli accessori più utili per l'uomo. In Giappone li chiamano megane (眼鏡 "specchio per vedere") e più di una volta nell'animazione nipponica è possibile percepire il culto che c'è dietro di essi, tanto che ormai è stata coniata una categoria a parte, quella dei "megane" appunto, i/le ragazzi/e che ne indossano un paio. In Meganebu gli occhiali sono posti sotto una luce differente rispetto al solito: mentre infatti nella maggior parte dei casi vengono citati come accessorio che rende carina una fanciulla già altamente feromonica o intellettuale un giovane uomo, saggio un anziano o topo da biblioteca una cozza, in questa serie ambientata nella città di Sabae nella prefettura di Fukui, rinomata per l'industria ottica, i megane diventano la spada di un cavaliere, l'arma che conferisce il potere di lottare contro il proprio destino.

"Un giorno creerò degli occhiali che permetteranno di vedere così lontano... Anzi no, degli occhiali che ti fanno vedere qualsiasi cosa nel mondo!"

Dal punto di vista tecnico c'è un chara design molto carino e che strizza l'occhio alle fangirl, cercando di portarle dalla propria parte anche spargendo profumo di shonen ai nell'aria. Per una volta si preferisce privilegiare i personaggi megane conferendo loro una caratterizzazione originale senza scadere nei classici cliché. Alcune scelte nell'ambientazione non sono immediatamente comprensibili, come il rendere le pareti esterne del liceo Hima e le risaie uno specchio che riflette il cielo; ma se li si inserisce in un'ottica per cui il mondo riflesso e filtrato dagli occhiali del Meganebu è fantastico, allora trova un senso la spettacolarità conferita ai luoghi.

In un anime che fa della comicità il suo punto di forza e del nonsense il suo fregio, un significato così importante viene quasi oscurato dalla dinamica degli episodi e dalla stupidità di cui a volte i protagonisti peccano. I personaggi sono infatti talmente caricaturali che spiccano fin troppo sul palcoscenico, a maggior ragione perché le persone "normali" vengono disegnate con la testa rettangolare dal volto bianco, una monotona divisa e il carattere massimizzato. Probabilmente con una struttura di corto avrebbe reso miglior giustizia all'intrattenimento; nonostante la presenza di scene esilaranti che ti strappano una risata continua dall'inizio alla fine, ci sono puntate in cui la noia sguazza beata e il desiderio di porre fine alla visione ti serpeggia dentro. Soprattutto in quegli episodi in cui si cerca di darsi un contegno ed essere più seri non sempre si riesce a raggiungere l'obiettivo. Insomma Meganebu fra alti e bassi si è lasciato guardare. C'è molto potenziale sprecato perché si poteva senz'altro fare di più, facendo compiere all'anime quel passo che lo avrebbe reso discreto. Riesce in ogni caso ad essere simpatico, divertente e pure utile con tutti quei suggerimenti e consigli sull'uso e la scelta giusti dei megane. Da portatrice di lenti non ero mai riuscita a guardare ai miei occhiali come un punto di forza, li ho sempre visti come qualcosa che mi faceva sfigurare o mi annebbiava il mondo quando era assente; con Meganebu sono riuscita a rivalutare me stessa e la mia montatura nera, acquistando un po' di fiducia quando la indosso. Difendere noi e le nostre convinzioni, ciò che ci appassiona e ci rende quelli che siamo, perché pensare che il proprio mondo possa un giorno aver fine è quanto di più triste esista. E se la nostra arma sarà un pugnale o un paio di occhiali sta a noi la scelta. Per adesso basta urlare assieme al Meganebu: NO MEGANE, NO LIFE!



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Anime dalla lunga gestazione quello di Sekai de Ichiban Tsuyoku Naritai, anche detto Sekatsuyo, il quale ha visto la luce quasi due anni, o poco meno, dopo il momento del primo annuncio. In realtà ciò si deve al fatto che il manga da cui è tratto esce solo mensilmente su una rivista online giapponese, e all'annuncio dell'anime c'era, evidentemente, anche poco materiale su cui lavorare. Ad ogni modo, e per fortuna, non è solo questa la sua peculiarità principale. Sekatsuyo infatti batte un terreno non molto frequentato dagli anime: quello del wrestling, per di più wrestling femminile.

La storia ruota attorno a Sakura Hagiwara, top idol della formazione delle Sweet Diva (una sorta di AKB48 dei poveri), la quale a un certo punto è chiamata a passare un giorno in una palestra di wrestling femminile assieme alla sua amica e rivale Elena Miyazawa. Ma siccome "chi va con lo zoppo impara a zoppicare", e poiché Elena ha forti complessi di inferiorità verso Sakura, ella non trova niente di meglio da fare che attirare l'attenzione della spocchiosa wrestler veterana Rio Kazama, con il risultato di far accorrere Sakura in sua difesa, sfidando Rio in un incontro ufficiale.
Incontro che ha la stessa storia di Spagna - Haiti all'ultima Confederation Cup, in cui Sakura ci rimette l'onore, la sua fluente chioma corvina e, posso immaginare, anche qualche articolazione. Ma per lei sarà solo un punto di partenza, dal quale deciderà inaspettatamente di ricominciare, ma stavolta come lottatrice professionista.

Un inizio movimentato e impetuoso nel susseguirsi degli eventi, magari un po' improbabile, ma certamente tipico delle opere che parlano di sport. E Sekatsuyo, a conti fatti, può rientrare a pieno titolo nei canoni del genere sportivo prima che di ogni altra tipologia.
Poco spazio dunque a frivolezze varie quali potrebbero essere una sortita alle terme o al mare. La vita della wrestler consiste nel faticare dentro e fuori dal ring tra allenamenti molto pesanti e poche soddisfazioni. Sakura però dimostrerà di avere una forza di volontà non indifferente, che le permetterà di superare le difficoltà, ma anche di conquistarsi il rispetto delle colleghe di ring, creando del sano cameratismo che le permetterà di arrivare là dove la sola volontà non basta.
Sakura è dunque una forte presenza e la storia è costruita tutta intorno a lei. Ciò però porta gli altri personaggi un po' ai margini; anche figure importanti come Rio o la veterana Misaki, che poi farà da mentore a Sakura, non sono approfondite più di tanto, vuoi perché non c'era molto tempo, vuoi perché nel manga ciò non è stato ancora previsto. Questo però permette anche l'arrivo di figure "pericolose" come la novellina Moe ('fracassa balle' da competizione) e addirittura la campionessa mondiale Jackal Tojo (biondona da paginone centrale più che da ring).

La storia vive quindi di alti e bassi che si alternano con una certa frequenza. Molto avvincenti le fasi sul ring, ma l'inizio risulta abbastanza faticoso da superare: infatti è la fase in cui una inesperta Sakura vive le maggiori difficoltà e le situazioni (sconfitte e allenamenti) si ripetono frequenti. Giunti circa a metà dell'anime, Sekatsuyo però comincia a farsi più interessante e le situazioni più coinvolgenti. Grande hype nell'ultima parte, dove alcuni colpi di scena fanno da preludio a uno scontro finale tirato e più duro, ma anche alquanto spettacolare, di quanto ci si aspettasse. Peccato però che la conclusione vera e propria lasci quanto meno interdetti e che il tutto si chiuda in modo inutilmente trash.

Due parole andrebbero spese sul chiacchierato fanservice di questa serie. Vero che le atlete siano sul ring non molto vestite, ma io direi che sono meno scoperte che con un costume da bagno. Magari qualche inquadratura indugia, ma niente di realmente eccessivo. Si potrebbe considerare "fanservice" l'insieme di tutti gli urletti e i gridolini di dolore che emettono i personaggi quando subiscono una presa o una mossa di sottomissione? Io qui dico "Mah..."
Ciò che si nota maggiormente, ahinoi, è la povera realizzazione tecnica con cui è stato confezionato l'anime. Più che malfatto, in realtà è evidente che la produzione ha lavorato con un budget molto basso, per cui gli animatori non hanno potuto che concentrarsi su alcuni punti, facendo quello che si poteva sul resto. Alcuni episodi importanti e le fasi sul ring sono realizzati discretamente, o anche più; il resto è fatto alla buona e al risparmio. Ma ciò ci regala anche un pubblico sugli "spalti" realizzato con spunti trash anche notevoli.
Un peccato, ma anche un segno che sulla produzione non ci si credeva più di tanto. Va così un po' sprecato il buon lavoro di Rin Sin (Queen's Blade) al character design, anche perché di tanto in tanto i personaggi cambiavano leggermente d'aspetto.
Meglio è andata al doppiaggio (ma non per gli urletti, neh!) dove Ayana Taketasu (Azu-nyan) ci dà una bella prova con Sakura. Il cast poi sarebbe pieno di nomi che sanno il fatto loro, come Haruka Tomatsu, Rina Satou, Hisako Kanemoto, Eri Kitamura e Kana Hanazawa, che anche qui portano a casa il match.

Quasi sicuramente Sekatsuyo non passerà alla storia come anime né nel breve, né nel lungo periodo. Ha molti difetti e neanche una buona confezione. Tuttavia esce alla distanza e coinvolge più di quanto non ci si aspettava. Starà poi al singolo spettatore assorbire la conclusione in base alla propria attitudine. Personalmente mi ha lasciato interdetto, ma per altri chissà.
E chissà se potrà piacere anche agli appassionati di wrestling. Ho letto in merito pareri sia pro che contro, ma io dico che neanche ne L'uomo tigre ricordo di aver visto una 619 a regola d'arte.