Titoli poco conosciuti, passati in sordina all'epoca dell'uscita o dimenticati col tempo... su AnimeClick.it abbiamo migliaia di schede anime e manga senza alcuna recensione, privando quindi i lettori di uno dei principali punti di forza delle stesse.
Per cui, ad ogni appuntamento di questa rubrica vi proporremo alcuni di questi titoli, con la preghiera di recensirli qualora li conosciate. Tutti gli utenti che recensiranno le opere proposte entro la scadenza assegnata riceveranno l'icona premio Scheda adottata. Per le regole da seguire nella stesura delle recensioni rimandiamo al blog apposito, che vi preghiamo di utilizzare anche per commenti, domande o tenere traccia dei premi (non commentate l'iniziativa in questa news).
I titoli al momento disponibili sono:
[ANIME] Hipira-kun (Scadenza: 16/11/2014)
[ANIME] Jinsei (Scadenza: 23/11/2014)
[MANGA] Babil Junior (Scadenza: 23/11/2014)
[MANGA] Gosick (Scadenza: 26/11/2014)
[MANGA] Ruroni Kenshin - Special Version (Scadenza: 30/11/2014)
Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Oggi appuntamento coi manga Opus, Jammin' Apollon e Racconti dal bar miraggio.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Opus
9.0/10
Recensione di Texhnolyze
-
Satoshi Kon è tornato a sfruttare la sua tanto cara tematica tra sogno e realtà?
No, purtroppo Satoshi Kon è morto. Non fatevi ingannare dalla data di pubblicazione del volume post mortem. Opus si è concluso nel 1996 o meglio è stato sospeso dal fallimento della rivista Comic Guy.
Ma aspetta, Kon è veramente morto o lui è solamente un personaggio inventato nel fumetto?
"Chi è il vero Dio?
Il Creatore."
Sembrerebbe un inizio random, ma leggendo la sua opera tutto vi sarà più chiaro.
Si può tranquillamente affermare che Opus rappresenta i semi piantati da Kon per la sua carriera da regista. Infatti la dicotomia sogno-realtà presente in gran parte delle pellicole dell'artista ha inizio con Opus, ma diversamente da come spesso accade, Opus non è una grezza coesione di idee e tematiche successivamente sviluppate meglio. Esso infatti è per me la sua opera più riuscita.
E' un manga complesso, ma facile da seguire grazie al talento innato di Kon nel raccontare storie e la sua capacità di creare un nuovo mondo che è verosimile, ma allo stesso tempo pieno di buchi e in questi buchi si dà spazio alla fantasia risultando così un mondo di mezzo. Dunque la storia viene raccontata su tre livelli: quello reale, la fantasia e nel mondo di mezzo, che è il confine tra i due precedenti. La fantasia è l'amante ideale, è ciò che tu vorresti potesse sostituire il tuo mondo. Tutto ciò accade in Opus, ma in chiave meta-fumettistica, nel senso che si tratta di un fumetto che parla di un fumetto e la realtà di Opus si mischia, tramite i buchi(mancanze che il disegnatore, Chikara Nagai, non è riuscito a colmare per via della serializzazione), a quella di Resonance.
Resonance è il fumetto su cui sta lavorando il protagonista di Opus, Chikara Nagai, che ormai giunto alla fine non vorrebbe mettere da parte per sempre quella che lui considera una parte di sé, cioè Resonance. Dunque stressato da ciò, oltre ai normali stress da fumettista, entra letteralmente nel suo fumetto da una delle sue ultime tavole. Si ritroverà dunque in un mondo che conosce come le sue tasche o quasi (non conosce tanto bene le parti create dai suoi assistenti!), incontrerà persone che ha lui stesso creato, quindi la protagonista di Resonance, Satoco. Dover spiegare a qualcuno che è stato creato da te, anzi che lui in realtà fa parte di un fumetto, presentandoti dunque come un Dio, non è certo facile, di conseguenza si instaurerà subito un rapporto atipico basato sullo stupore e la ricerca della verità oltre all'alleanza per sconfiggere l'antagonista di Resonance.
Ciò che sta accadendo al protagonista è davvero la realtà oppure è un sogno? E se questa situazione si è verificata perché è proprio il fumetto a ribellarsi, anzi e se fosse uno dei suoi personaggi che ha poteri speciali a volere ciò? Ma come fa un fumetto a mettere a rischio la carriera di un fumettista per sua volontà? Già, perché Chikara non riuscirà più a disegnare la fine di Resonance per i sensi di colpa dopo aver vissuto la sua esperienza nel fumetto. Può un umano cambiare il volere di un Dio, il suo creatore? Perché mai Dio dovrebbe aver compassione per un qualcosa su cui ha avuto la totale consapevolezza da sempre? E' ancora definibile libero arbitrio l'impossibilità di opporsi agli eventi e lasciare che il destino si compia?
Grossomodo sono queste le domande che si pongono i personaggi di Opus, Resonance e il lettore. Tematiche esistenziali, ma che non vogliono imporsi come religiose perché lo scopo principale è sempre capire quale è la realtà e fin dove si espandono i suoi confini. La realtà ci aggrada oppure stiamo vivendo di sogni e false speranze? Riusciremo a mettere da parte la fantasia per potere affrontare al meglio la dura realtà come un uomo che finalmente taglia il cordone ombelicale che lo legava ancora alla mamma/famiglia?
Opus viene giustamente etichettato come "fumetto d'intrattenimento sperimentale ", infatti è piuttosto leggero e spontaneo, qualità che dà valore aggiunto alla verisimiglianza dell'opera, ma per i restanti 45 gradi complementari Opus è meta-narrazione, rottura degli schemi tipici di un fumetto.
Kon può vantare di un disegno che fa come suo riferimento principale lo stile di Katsuhiro Otomo, con cui ha anche lavorato, soprattutto per i sfondi dettagliati(seppur non lentamente accostabili ad Akira) e un character design abbastanza realistico. Non mancano neppure somiglianze visive con altre sue opere ad esempio Mei con Sera di Seraphim, il detective con Melchior sempre di Seraphim e così via.
Ad una classica regia di disegno cinematografica non mancheranno pagine che rompono la quarta dimensione, vignette che rappresentano allo stesso tempo Resonance "cartaceo" e Resonance "reale", zoom out che svelano la finzione sulla realtà, vignette rotte come uno specchio all'interno delle vignette, turbini di tavole che rappresentano il passato che scorre davanti agli occhi di personaggi finti.
Allo stesso modo la narrazione toccherà picchi di genialità a tre strati(fumetto nel fumetto nel fumetto, Opus che parla di X? Che parla di Resonance).
Opus è il tipo di fumetto che ogni fumettista vorrebbe aver scritto se ci tiene veramente al suo lavoro.
E' una sorta di 8 e ½ felliniano e Sunset Boulevard di Wilder, ma questa è anche l'unica pecca che mi sento di criticare: la troppa "linearità" e chiarezza, che poi è da ricercare nell'intento originale, ossia il fumetto di intrattenimento. Opus non è tanto lineare per un fumetto standard, ma lo è se si vuole fare qualcosa di sperimentale, secondo me doveva avere una narrazione criptica e surreale, quindi ritornando al meta-cinema doveva essere come Talking Head di Oshii o Inland Empire. Detto questo, non mi rimangio la frase sul talento narrativo di Kon, infatti con questa impostazione lui ha ottenuto il massimo risultato ottenibile.
Come potete notare Opus è incompiuto. Errato. Tenere da parte l'ultimo capitolo non pubblicato su rivista, perlopiù fatto di schizzi, non è altro che la sua volontà. E' la rappresentazione stessa di Satoshi Kon come fumettista, è il Chikara Nagai fatto carne, è il tema portante di Opus, che Kon ha reso anche materiale lasciandolo così. Finale più adeguato non esiste, è una di quelle opere d'arte che sono compiute a modo loro anche non essendolo. Ricordiamoci che è morto nel 2010, non nel 1996, quindi poteva anche finire di inchiostrare gli schizzi se proprio non voleva pubblicarli.
Per gli amanti del meta-fumetto e non, tanto vi travolgerà sin dalle prime pagine.
No, purtroppo Satoshi Kon è morto. Non fatevi ingannare dalla data di pubblicazione del volume post mortem. Opus si è concluso nel 1996 o meglio è stato sospeso dal fallimento della rivista Comic Guy.
Ma aspetta, Kon è veramente morto o lui è solamente un personaggio inventato nel fumetto?
"Chi è il vero Dio?
Il Creatore."
Sembrerebbe un inizio random, ma leggendo la sua opera tutto vi sarà più chiaro.
Si può tranquillamente affermare che Opus rappresenta i semi piantati da Kon per la sua carriera da regista. Infatti la dicotomia sogno-realtà presente in gran parte delle pellicole dell'artista ha inizio con Opus, ma diversamente da come spesso accade, Opus non è una grezza coesione di idee e tematiche successivamente sviluppate meglio. Esso infatti è per me la sua opera più riuscita.
E' un manga complesso, ma facile da seguire grazie al talento innato di Kon nel raccontare storie e la sua capacità di creare un nuovo mondo che è verosimile, ma allo stesso tempo pieno di buchi e in questi buchi si dà spazio alla fantasia risultando così un mondo di mezzo. Dunque la storia viene raccontata su tre livelli: quello reale, la fantasia e nel mondo di mezzo, che è il confine tra i due precedenti. La fantasia è l'amante ideale, è ciò che tu vorresti potesse sostituire il tuo mondo. Tutto ciò accade in Opus, ma in chiave meta-fumettistica, nel senso che si tratta di un fumetto che parla di un fumetto e la realtà di Opus si mischia, tramite i buchi(mancanze che il disegnatore, Chikara Nagai, non è riuscito a colmare per via della serializzazione), a quella di Resonance.
Resonance è il fumetto su cui sta lavorando il protagonista di Opus, Chikara Nagai, che ormai giunto alla fine non vorrebbe mettere da parte per sempre quella che lui considera una parte di sé, cioè Resonance. Dunque stressato da ciò, oltre ai normali stress da fumettista, entra letteralmente nel suo fumetto da una delle sue ultime tavole. Si ritroverà dunque in un mondo che conosce come le sue tasche o quasi (non conosce tanto bene le parti create dai suoi assistenti!), incontrerà persone che ha lui stesso creato, quindi la protagonista di Resonance, Satoco. Dover spiegare a qualcuno che è stato creato da te, anzi che lui in realtà fa parte di un fumetto, presentandoti dunque come un Dio, non è certo facile, di conseguenza si instaurerà subito un rapporto atipico basato sullo stupore e la ricerca della verità oltre all'alleanza per sconfiggere l'antagonista di Resonance.
Ciò che sta accadendo al protagonista è davvero la realtà oppure è un sogno? E se questa situazione si è verificata perché è proprio il fumetto a ribellarsi, anzi e se fosse uno dei suoi personaggi che ha poteri speciali a volere ciò? Ma come fa un fumetto a mettere a rischio la carriera di un fumettista per sua volontà? Già, perché Chikara non riuscirà più a disegnare la fine di Resonance per i sensi di colpa dopo aver vissuto la sua esperienza nel fumetto. Può un umano cambiare il volere di un Dio, il suo creatore? Perché mai Dio dovrebbe aver compassione per un qualcosa su cui ha avuto la totale consapevolezza da sempre? E' ancora definibile libero arbitrio l'impossibilità di opporsi agli eventi e lasciare che il destino si compia?
Grossomodo sono queste le domande che si pongono i personaggi di Opus, Resonance e il lettore. Tematiche esistenziali, ma che non vogliono imporsi come religiose perché lo scopo principale è sempre capire quale è la realtà e fin dove si espandono i suoi confini. La realtà ci aggrada oppure stiamo vivendo di sogni e false speranze? Riusciremo a mettere da parte la fantasia per potere affrontare al meglio la dura realtà come un uomo che finalmente taglia il cordone ombelicale che lo legava ancora alla mamma/famiglia?
Opus viene giustamente etichettato come "fumetto d'intrattenimento sperimentale ", infatti è piuttosto leggero e spontaneo, qualità che dà valore aggiunto alla verisimiglianza dell'opera, ma per i restanti 45 gradi complementari Opus è meta-narrazione, rottura degli schemi tipici di un fumetto.
Kon può vantare di un disegno che fa come suo riferimento principale lo stile di Katsuhiro Otomo, con cui ha anche lavorato, soprattutto per i sfondi dettagliati(seppur non lentamente accostabili ad Akira) e un character design abbastanza realistico. Non mancano neppure somiglianze visive con altre sue opere ad esempio Mei con Sera di Seraphim, il detective con Melchior sempre di Seraphim e così via.
Ad una classica regia di disegno cinematografica non mancheranno pagine che rompono la quarta dimensione, vignette che rappresentano allo stesso tempo Resonance "cartaceo" e Resonance "reale", zoom out che svelano la finzione sulla realtà, vignette rotte come uno specchio all'interno delle vignette, turbini di tavole che rappresentano il passato che scorre davanti agli occhi di personaggi finti.
Allo stesso modo la narrazione toccherà picchi di genialità a tre strati(fumetto nel fumetto nel fumetto, Opus che parla di X? Che parla di Resonance).
Opus è il tipo di fumetto che ogni fumettista vorrebbe aver scritto se ci tiene veramente al suo lavoro.
E' una sorta di 8 e ½ felliniano e Sunset Boulevard di Wilder, ma questa è anche l'unica pecca che mi sento di criticare: la troppa "linearità" e chiarezza, che poi è da ricercare nell'intento originale, ossia il fumetto di intrattenimento. Opus non è tanto lineare per un fumetto standard, ma lo è se si vuole fare qualcosa di sperimentale, secondo me doveva avere una narrazione criptica e surreale, quindi ritornando al meta-cinema doveva essere come Talking Head di Oshii o Inland Empire. Detto questo, non mi rimangio la frase sul talento narrativo di Kon, infatti con questa impostazione lui ha ottenuto il massimo risultato ottenibile.
Come potete notare Opus è incompiuto. Errato. Tenere da parte l'ultimo capitolo non pubblicato su rivista, perlopiù fatto di schizzi, non è altro che la sua volontà. E' la rappresentazione stessa di Satoshi Kon come fumettista, è il Chikara Nagai fatto carne, è il tema portante di Opus, che Kon ha reso anche materiale lasciandolo così. Finale più adeguato non esiste, è una di quelle opere d'arte che sono compiute a modo loro anche non essendolo. Ricordiamoci che è morto nel 2010, non nel 1996, quindi poteva anche finire di inchiostrare gli schizzi se proprio non voleva pubblicarli.
Per gli amanti del meta-fumetto e non, tanto vi travolgerà sin dalle prime pagine.
Jammin' Apollon
9.0/10
Recensione di CrocifissionePop
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"Sakamichi no Apollon" è l'opera più lunga e ricercata di Yuki Kodama, un'autrice ed un'opera sconosciuti in Italia che vedono però guadagnarsi la propria ricca ma ben pensante fetta di ammiratori subito dopo la trasmissione dell'anime da esso tratto. Questi divenne in breve in Italia un grande successo, una novità originalissima sia nell'ambito del genere musicale che sentimentale portando con sé il desiderio di vedere prima o poi anche da noi la pubblicazione della sua controparte cartacea. Poco tempo più tardi, con la contentezza e lo sconcerto del pubblico, fu la Planet manga ad annunciare la prossima pubblicazione del manga "Sakamichi no Apollon" che prenderà il nome di "Jammin' Apollon", segnando il debutto in Italia di Yuki Kodama.
L'opera nel complesso di dieci volumi vede Kaoru Nishimi trasferirsi per l'ennesima volta in una nuova città, cambiando di nuovo scuola, evitando di fare amicizie o di interessarsi troppo all'ambiente che lo circonda. Questo perché Kaoru dovendosi sempre spostare non ha mai voluto e potuto integrarsi molto creando legami duraturi. Ormai accetta questo modo di vivere sia la scuola che le persone e cerca in tutti i modi di evitare qualsiasi coinvolgimento.
La collina che lo porta alla scuola (quella del titolo) diviene subito qualcosa che lo disgusta e lo infastidisce fino a quando non incontra Sentaro e Ritsuko. Questi sono due amici d'infanzia, il primo un ragazzaccio turbolento ed impaziente mentre la seconda timida e gentile.
In poco tempo e con poca fatica i due diventano stretti amici di Kaoru i quali gli faranno conoscere il colorato mondo del jazz. Infatti, il padre di Ritsuko gestisce un negozio di dischi e nello scantinato permette a Sentaro di suonare la sua batteria insieme a Jun'ichi o meglio Super Jun (studente universitario a Tokyo amico di Ritsuko e Sentaro). A questi viene quindi ad unirsi Kaoru con il suo pianoforte prima timido ma che ben presto comprende e si appassiona sempre più al jazz.
Ogni personaggio porta con sé le proprie malinconie, il proprio triste e doloroso passato fatto quasi sempre di sacrifici, di dolori e parole zittite, di segreti e soprattutto portano dentro amori non ricambiati e seppure ricambiati troppo timidi e premurosi per accorgersene.
Vediamo le tipiche turbolenze e sciocchezze dell'adolescenza svilupparsi in ognuno di questi personaggi ma il tema viene trattato con delicatezza, con semplicità, trasparenza, senza troppe esagerazioni tipiche delle storie sui sentimenti adolescenziali.
Da un'autrice di josei come la Kodama non ci si poteva certo aspettare uno shojo strappalacrime e poco credibile, infatti in Giappone rientra anche quest'opera nel genere josei. Questo perché le caratteristiche del suo stile sono quelle usate generalmente per una storia più matura e votata ad un pubblico non solo anch'esso più maturo ma dal gusto più raffinato.
Fattore predominante che non è assolutamente cornice della storia è la musica. Come sempre quando si parla di un manga a genere musicale, il problema si ripete: non si sente la musica. Sebbene lo si potrebbe dire anche di questa in realtà non sarebbe del tutto corretto. Si parla di jazz il quale non può che creare una determinata atmosfera, una specie di aura che manda al lettore tutte le sensazioni e le emozioni affinché questi riesca davvero a sentire qualcosa e la Kodama qualche spiffero riesce pure a mandarcelo. Sicuramente chi non ha visto l'anime e non conosce le canzoni suonate difficilmente potrà godere a pieno dell'entusiasmo e della passione che con tanta fatica le pagine cercano di trasudare e sarebbe davvero un peccato visto come l'ambientazione marittima anni trenta del manga renda unico e originale tutto l'insieme, figurarsi poi a mettervi tra le righe anche i colori della musica jazz.
Interessante anche la storia di Jun'ichi a Tokyo dove si assiste agli scontri studenteschi e all'alzata delle barricate contro le porte dell'università, rendendo così piena e storicamente esatta l'ambientazione della storia.
Il disegno, sebbene molto sintetico e privo di decorazioni superflue, è elegante e personale. Le figure sono ritratte con realismo, infatti nonostante la poca variabilità di caratteri, tutti i giapponesi hanno i capelli e gli occhi neri ed è raro vedere fantasticherie dell'autrice e anche l'ambientazione caratteristica non risente della semplicità dello stile della Kodama ma sembra invece adattarvisi bene.
Bonus track: la storia principale inizia e si conclude nell'ampiezza di nove volumi, ve ne è un decimo, importantissimo, a cui si è dato il simpatico nome di Bonus track, riallacciandosi ai capitoli del manga regolare chiamati anche questi "track".
Dico importantissimo appunto perché vengono in esso raccontate mirate storie di cui si sentiva il bisogno di sapere di più, punti della storia non spiegati o lasciati in ombra, in attesa, appunto, di avere uno spazio maggiore dove essere raccontarti.
Anime: nel 2012 viene trasposto il manga in anime ed è proprio grazie a questi che il successo e la passione per Sakamichi no Apollon esplodono in Italia, rendendosi galeotto della pubblicazione successiva del manga.
L'unico punto in favore rispetto al manga è la possibilità di ascoltare le canzoni e le session dei protagonisti. Infatti, nonostante l'anime goda di una bellezza tutta sua deve arretrare rispetto allo spessore, alla personalità e all'unicità della sua controparte di carta. L'anime taglia in molti punti, i particolari dei sentimenti, delle vicende politiche di Super Jun, dei capitoli extra ed in generale degli interstizi pieni di sentimento e malinconia che solo un disegno fermo e preciso può trasmettere.
Nonostante ciò, la sua visione esente dalla lettura del manga regala certamente quasi le stesse emozioni.
In conclusione, non posso che esprimermi positivamente in merito. Sono ormai storie rare e soprattutto mani rare quelle che riescono a raccontare dell'adolescenza e delle sue tempeste con una calma ed una trasparenza così chirurgiche, con realismo, senza esagerazioni e prepotenze fin troppo comuni, senza tralasciare quei lunghi silenzi, quelle lunghe distanze e quegli incontri negli anni che sebbene dolorosi sanno essere inevitabilmente poetici.
L'opera nel complesso di dieci volumi vede Kaoru Nishimi trasferirsi per l'ennesima volta in una nuova città, cambiando di nuovo scuola, evitando di fare amicizie o di interessarsi troppo all'ambiente che lo circonda. Questo perché Kaoru dovendosi sempre spostare non ha mai voluto e potuto integrarsi molto creando legami duraturi. Ormai accetta questo modo di vivere sia la scuola che le persone e cerca in tutti i modi di evitare qualsiasi coinvolgimento.
La collina che lo porta alla scuola (quella del titolo) diviene subito qualcosa che lo disgusta e lo infastidisce fino a quando non incontra Sentaro e Ritsuko. Questi sono due amici d'infanzia, il primo un ragazzaccio turbolento ed impaziente mentre la seconda timida e gentile.
In poco tempo e con poca fatica i due diventano stretti amici di Kaoru i quali gli faranno conoscere il colorato mondo del jazz. Infatti, il padre di Ritsuko gestisce un negozio di dischi e nello scantinato permette a Sentaro di suonare la sua batteria insieme a Jun'ichi o meglio Super Jun (studente universitario a Tokyo amico di Ritsuko e Sentaro). A questi viene quindi ad unirsi Kaoru con il suo pianoforte prima timido ma che ben presto comprende e si appassiona sempre più al jazz.
Ogni personaggio porta con sé le proprie malinconie, il proprio triste e doloroso passato fatto quasi sempre di sacrifici, di dolori e parole zittite, di segreti e soprattutto portano dentro amori non ricambiati e seppure ricambiati troppo timidi e premurosi per accorgersene.
Vediamo le tipiche turbolenze e sciocchezze dell'adolescenza svilupparsi in ognuno di questi personaggi ma il tema viene trattato con delicatezza, con semplicità, trasparenza, senza troppe esagerazioni tipiche delle storie sui sentimenti adolescenziali.
Da un'autrice di josei come la Kodama non ci si poteva certo aspettare uno shojo strappalacrime e poco credibile, infatti in Giappone rientra anche quest'opera nel genere josei. Questo perché le caratteristiche del suo stile sono quelle usate generalmente per una storia più matura e votata ad un pubblico non solo anch'esso più maturo ma dal gusto più raffinato.
Fattore predominante che non è assolutamente cornice della storia è la musica. Come sempre quando si parla di un manga a genere musicale, il problema si ripete: non si sente la musica. Sebbene lo si potrebbe dire anche di questa in realtà non sarebbe del tutto corretto. Si parla di jazz il quale non può che creare una determinata atmosfera, una specie di aura che manda al lettore tutte le sensazioni e le emozioni affinché questi riesca davvero a sentire qualcosa e la Kodama qualche spiffero riesce pure a mandarcelo. Sicuramente chi non ha visto l'anime e non conosce le canzoni suonate difficilmente potrà godere a pieno dell'entusiasmo e della passione che con tanta fatica le pagine cercano di trasudare e sarebbe davvero un peccato visto come l'ambientazione marittima anni trenta del manga renda unico e originale tutto l'insieme, figurarsi poi a mettervi tra le righe anche i colori della musica jazz.
Interessante anche la storia di Jun'ichi a Tokyo dove si assiste agli scontri studenteschi e all'alzata delle barricate contro le porte dell'università, rendendo così piena e storicamente esatta l'ambientazione della storia.
Il disegno, sebbene molto sintetico e privo di decorazioni superflue, è elegante e personale. Le figure sono ritratte con realismo, infatti nonostante la poca variabilità di caratteri, tutti i giapponesi hanno i capelli e gli occhi neri ed è raro vedere fantasticherie dell'autrice e anche l'ambientazione caratteristica non risente della semplicità dello stile della Kodama ma sembra invece adattarvisi bene.
Bonus track: la storia principale inizia e si conclude nell'ampiezza di nove volumi, ve ne è un decimo, importantissimo, a cui si è dato il simpatico nome di Bonus track, riallacciandosi ai capitoli del manga regolare chiamati anche questi "track".
Dico importantissimo appunto perché vengono in esso raccontate mirate storie di cui si sentiva il bisogno di sapere di più, punti della storia non spiegati o lasciati in ombra, in attesa, appunto, di avere uno spazio maggiore dove essere raccontarti.
Anime: nel 2012 viene trasposto il manga in anime ed è proprio grazie a questi che il successo e la passione per Sakamichi no Apollon esplodono in Italia, rendendosi galeotto della pubblicazione successiva del manga.
L'unico punto in favore rispetto al manga è la possibilità di ascoltare le canzoni e le session dei protagonisti. Infatti, nonostante l'anime goda di una bellezza tutta sua deve arretrare rispetto allo spessore, alla personalità e all'unicità della sua controparte di carta. L'anime taglia in molti punti, i particolari dei sentimenti, delle vicende politiche di Super Jun, dei capitoli extra ed in generale degli interstizi pieni di sentimento e malinconia che solo un disegno fermo e preciso può trasmettere.
Nonostante ciò, la sua visione esente dalla lettura del manga regala certamente quasi le stesse emozioni.
In conclusione, non posso che esprimermi positivamente in merito. Sono ormai storie rare e soprattutto mani rare quelle che riescono a raccontare dell'adolescenza e delle sue tempeste con una calma ed una trasparenza così chirurgiche, con realismo, senza esagerazioni e prepotenze fin troppo comuni, senza tralasciare quei lunghi silenzi, quelle lunghe distanze e quegli incontri negli anni che sebbene dolorosi sanno essere inevitabilmente poetici.
Racconti dal Bar Miraggio
9.0/10
Leiji Matsumoto non è un autore facile. Molte sue opere si apprezzano ad una seconda, terza o quarta lettura. Se ci si ferma a considerare fabula e intreccio, si può rimanere a bocca asciutta perché non è un autore dalle grandi capacità narrative. Il suo punto di forza non è saper raccontare una storia, tanto è vero che molte rimangono incompiute o vengono finite con tanta, tantissima fatica. In generale, poi, questo non è quasi mai il punto principale di opere allegoriche, che vogliono comunicare qualcosa attraverso il piano razionale, più che emotivo. Ciò non significa che non sappiano emozionare, anzi. Semplicemente, per potersi emozionare, bisogna elaborare in modo intellettuale le immagini, i personaggi e sì, anche la storia. Altrimenti, non ci si capisce niente.
"I racconti dal bar Miraggio" parlano di un locale in cui sembra vivere questa creatura, Maya, che si aggiunge al novero delle donne misteriose, divine e terribili dell'autore: Maeter ed Emeraldas, ma anche la Regina dei Mille Anni, Yuki, Mime, Raflesia. Contrariamente a queste, però, Maya ha una sensualità molto più spiccata e manca della loro purezza. A volte è dolce, a volte è terribile ma in un modo che... sembra quasi non dipenda da lei. Come dire, in fondo la vita è terribile di per sé.
Il protagonista viene arruolato da questa donna che gli fa avere un invito, e finisce per diventare il barista del locale. Qui il tempo sembra non esistere. Guardando fuori dal bar, Tatejima vede epoche e luoghi diversi in cui il bar semplicemente esiste, appare: dal Giappone di oggi a quello di ieri, dalla Russia all'Italia. Gli avventori sono persone che hanno bisogno di qualcosa: alcuni la trovano e se ne vanno felici, altri sprofondano nella disperazione e fanno una brutta fine. Maya è sempre lì, a consolarli con il suo corpo o con le sue parole.
Questa è una tra le poche opere di Matsumoto che mi hanno commosso pur lasciandomi soddisfatto fin dalla prima lettura. Prova ne sia che non sento il bisogno impellente di rileggerla per capire meglio. Preferisco dare tempo al tempo. Mi è successo solo con Danguard e Galaxy Express, fino ad oggi. Varrebbe anche per Capitan Harlock, se avesse un finale degno.
"I Racconti dal bar Miraggio" è un volume che, a dispetto di tanti pareri che ho letto, consiglierei. Se però non cercate un po' di poesia anche nei fumetti, o avete una visione naif della vita, devo suggerirvi di stare alla larga. Anzi, se non fate di continuo domande sulla vita, l'universo e tutto quanto, lasciate perdere Matsumoto: è roba troppo seria per voi. Se invece volete fare un bel salto in un mondo diverso, ecco che quest'opera vi può far passare qualche istante niente male. Alla peggio, vedetela così: potete sempre commuovervi per i 10 euro che escono dal vostro portafogli.
Finisco con una mia considerazione, che vuole essere solo un suggerimento per chi non è avvezzo a leggere opere "stratificate" come questa (ognuno interpreta come vuole). Sì perché, a mente fredda, non ho potuto fare a meno di domandarmi: ma se, secondo una tra le varie interpretazioni possibili, Harlock è l'Eroe anarchico, Toshiro il Genio, Emeraldas la Libertà senza confini, Mime la Solitudine, Maeter la Giovinezza, e così via con tante variazioni, a seconda di quello che l'autore vuole dire... Ma, allora, Maya chi è? Chi è questo personaggio così stranamente terreno, se confrontato con le altre donne matsumotiane?
Onestamente, non lo so, ci devo pensare. Provo ad azzardare.
"Maya", per diverse filosofie orientali, è il potere da cui ha origine il mondo materiale (il velo di Maya, di cui parla anche Schopenhauer, che sarebbe pura illusione). Quindi il nome stesso del personaggio richiama il concetto di illusione, di miraggio. Naturalmente non è un caso. Nemmeno in un milione di anni. Maya l'entraineuse del bar Miraggio è madre, amica, amante, ma anche nemica. Puoi andare da lei una volta, e lei ti consolerà, ti farà divertire, ti castigherà, ma poi non potrai più tornare. Maya è come la Vita. Come una donna che ti ha amato, puoi trovarti a chiederti cosa c'era prima, e cosa verrà dopo. Puoi domandarti che differenza c'è tra il non essere ancora, e il non essere più. E c'è davvero differenza?
Forse Maya è la Vita... E se fosse la Morte? Chi lo sa!
Col tempo magari ci si può rendere conto che se la vita è un miraggio, allora lo è anche la morte. E che, quindi, tutto quanto non è altro che un bel Sogno.
"I racconti dal bar Miraggio" parlano di un locale in cui sembra vivere questa creatura, Maya, che si aggiunge al novero delle donne misteriose, divine e terribili dell'autore: Maeter ed Emeraldas, ma anche la Regina dei Mille Anni, Yuki, Mime, Raflesia. Contrariamente a queste, però, Maya ha una sensualità molto più spiccata e manca della loro purezza. A volte è dolce, a volte è terribile ma in un modo che... sembra quasi non dipenda da lei. Come dire, in fondo la vita è terribile di per sé.
Il protagonista viene arruolato da questa donna che gli fa avere un invito, e finisce per diventare il barista del locale. Qui il tempo sembra non esistere. Guardando fuori dal bar, Tatejima vede epoche e luoghi diversi in cui il bar semplicemente esiste, appare: dal Giappone di oggi a quello di ieri, dalla Russia all'Italia. Gli avventori sono persone che hanno bisogno di qualcosa: alcuni la trovano e se ne vanno felici, altri sprofondano nella disperazione e fanno una brutta fine. Maya è sempre lì, a consolarli con il suo corpo o con le sue parole.
Questa è una tra le poche opere di Matsumoto che mi hanno commosso pur lasciandomi soddisfatto fin dalla prima lettura. Prova ne sia che non sento il bisogno impellente di rileggerla per capire meglio. Preferisco dare tempo al tempo. Mi è successo solo con Danguard e Galaxy Express, fino ad oggi. Varrebbe anche per Capitan Harlock, se avesse un finale degno.
"I Racconti dal bar Miraggio" è un volume che, a dispetto di tanti pareri che ho letto, consiglierei. Se però non cercate un po' di poesia anche nei fumetti, o avete una visione naif della vita, devo suggerirvi di stare alla larga. Anzi, se non fate di continuo domande sulla vita, l'universo e tutto quanto, lasciate perdere Matsumoto: è roba troppo seria per voi. Se invece volete fare un bel salto in un mondo diverso, ecco che quest'opera vi può far passare qualche istante niente male. Alla peggio, vedetela così: potete sempre commuovervi per i 10 euro che escono dal vostro portafogli.
Finisco con una mia considerazione, che vuole essere solo un suggerimento per chi non è avvezzo a leggere opere "stratificate" come questa (ognuno interpreta come vuole). Sì perché, a mente fredda, non ho potuto fare a meno di domandarmi: ma se, secondo una tra le varie interpretazioni possibili, Harlock è l'Eroe anarchico, Toshiro il Genio, Emeraldas la Libertà senza confini, Mime la Solitudine, Maeter la Giovinezza, e così via con tante variazioni, a seconda di quello che l'autore vuole dire... Ma, allora, Maya chi è? Chi è questo personaggio così stranamente terreno, se confrontato con le altre donne matsumotiane?
Onestamente, non lo so, ci devo pensare. Provo ad azzardare.
"Maya", per diverse filosofie orientali, è il potere da cui ha origine il mondo materiale (il velo di Maya, di cui parla anche Schopenhauer, che sarebbe pura illusione). Quindi il nome stesso del personaggio richiama il concetto di illusione, di miraggio. Naturalmente non è un caso. Nemmeno in un milione di anni. Maya l'entraineuse del bar Miraggio è madre, amica, amante, ma anche nemica. Puoi andare da lei una volta, e lei ti consolerà, ti farà divertire, ti castigherà, ma poi non potrai più tornare. Maya è come la Vita. Come una donna che ti ha amato, puoi trovarti a chiederti cosa c'era prima, e cosa verrà dopo. Puoi domandarti che differenza c'è tra il non essere ancora, e il non essere più. E c'è davvero differenza?
Forse Maya è la Vita... E se fosse la Morte? Chi lo sa!
Col tempo magari ci si può rendere conto che se la vita è un miraggio, allora lo è anche la morte. E che, quindi, tutto quanto non è altro che un bel Sogno.
Suggerisco a tutti di prendere visione di "Hipira-kun", sarei curioso di leggere qualche altra recensione che ne descriva le impressioni, è divertente!
Anche Opus e Bar Miraggio sembrano molto interessanti da recuperare!!
Quasi mi perdevo la pubblicazione della mia recensione per una volta che non guardo i consigli!
Per Jammin' Apollon, toh che caso ho finito il numero 9 giusto stamattina ed è una storia che mi è molto piaciuta (anche se il finale e l'ultimo volume scorrono via a valanga, come se fosse tutto in discesa), nei prossimi giorni mi dedicherò al volume "10" ovvero Bonus Track sperando mi dica di più di Sentaro, il perché delle sue azioni, ecc...
Veramente una bella opera, il prima possibile guarderò anche il relativo anime, ora che ho completato il manga (ci tenevo a seguire questo ordine)!
Complimenti ai tre recensori ^^
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