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Adotta un titolo 1Adotta un titolo 2Titoli poco conosciuti, passati in sordina all'epoca dell'uscita o dimenticati col tempo... su AnimeClick.it abbiamo migliaia di schede anime e manga senza alcuna recensione, privando quindi i lettori di uno dei principali punti di forza delle stesse.
Per cui, ad ogni appuntamento di questa rubrica vi proporremo alcuni di questi titoli, con la preghiera di recensirli qualora li conosciate. Tutti gli utenti che recensiranno le opere proposte entro la scadenza assegnata riceveranno l'icona premio Scheda adottata. Per le regole da seguire nella stesura delle recensioni rimandiamo al blog apposito, che vi preghiamo di utilizzare anche per commenti, domande o tenere traccia dei premi (non commentate l'iniziativa in questa news).

I titoli al momento disponibili sono:

[MANGA] Gosick (Scadenza: 26/11/2014)

[MANGA] Ruroni Kenshin - Special Version (Scadenza: 30/11/2014)

[ANIME] Sword Art Online: Extra Edition (Scadenza: 30/11/2014)

[ANIME] La principessa Minerva (Scadenza: 03/12/2014)

[MANGA] Echo/Zeon (Scadenza: 07/12/2014)


Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento manga, con Piece, La corda d'oro e Eyeshield 21.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.


7.0/10
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"I'm an alien, I'm a legal alien
I'm an Englishman in New York."
(Sting, "Englishman in New York")

La cosa buffa di "Piece" è che per molti versi la sua lunghezza calza alla vicenda ivi narrata come un guanto, mentre in altre circostanze si ha come l'impressione che le conferisca, a seconda delle occasioni, una "taglia" in più o in meno rispetto a quella che dovrebbe portare. Non ha molto senso, lo so. Non è previsto che ne abbia. Ma non è neppure previsto che un simile paradosso abbia luogo. Chiariamoci: a livello di intrattenimento e di scavo introspettivo non vi è nulla da rimproverare a Hinako Ashihara, che anzi denota un'innegabile avvedutezza in entrambi gli ambiti; il problema, semmai, è la dispersività di un impianto narrativo le cui propaggini, per quanto promettenti, lasciano un po' di amaro in bocca per come si amalgamano - o non - fra loro.

Fredda, anodina, sussiegosa, anaffettiva: a soli diciannove anni Mizuho Suga gode di una nomea tutt'altro che invidiabile tra amici e conoscenti, per non parlare di come anche i suoi genitori, in particolar modo la madre, non abbiano la più pallida idea di cosa le passi per la testa. La sua tendenza a razionalizzare ogni cosa non le permette di vedere il quadro d'insieme e, conseguentemente, prendere coscienza di quanto la sua inadeguatezza sociale minacci di rovinarle la vita. A riscuoterla da questo stato di torpore emotivo è la morte di Haruka Origuchi, una sua ex compagna di classe che, a dispetto della fugacità delle loro interazioni, sembrava tenerla in grande considerazione - così grande, in effetti, da spacciarla con sua madre per la sua unica amica. Mizuho sa di non meritare i ringraziamenti in cui la donna, che non ha mai saputo come prendere la figlia, si profonde per esserle stata vicino fino alla fine, ciononostante si lascia persuadere a far luce su un aspetto a dir poco sconcertante della sua breve vita, non avendo il benché minimo sentore di quanto questo viaggio nella memoria - la sua prima ancora di quella della ragazza - finirà per cambiarla.

Che il mistero di Haruka sia il motore immobile della storia e non la storia risulta lampante fin dall'inizio, che infatti non ha nulla a che vedere con lei: del resto è Mizuho che il lettore vuole vedere sbocciare, e se questa è la molla di cui ha bisogno l'innegabile comodità di siffatto espediente narrativo - che badate bene, di per sé è più che legittimo - passa tranquillamente in secondo piano. E allora qual è il problema? È presto detto: il fatto che l'interrogativo originale non sia il più importante non significa che meriti una risposta raffazzonata. E il modo in cui la Ashihara, peraltro dopo essersi presa tutto il tempo del mondo, liquida la spinosa faccenda è quantomai maldestro, neghittoso, sbrigativo, inconsistente. Spiace dirlo, e molto, perché le intenzioni erano certamente delle migliori, ma tant'è. Qualche segno premonitore, in retrospettiva, ci sarebbe, ma nessuno di questi è il tarlo da cui il lettore, pur distratto dalle varie sottotrame, dovrebbe venir roso. In altre parole non si capisce quanto la Ashihara avesse premeditato la cosa fin dall'inizio e quanto, invece, si sia risolta soltanto in seguito a fare della proverbiale mosca un elefante azzoppato.
Una grave pecca, d'accordo. Cionondimeno sarebbe disonesto da parte mia affermare di aver mai avuto la sensazione di stare perdendo il mio tempo, ed è proprio per questo che la delusione è tanta. Perché okay, magari Haruka è un pelino troppo immobile persino per gli standard dei motori immobili (il che è anche comprensibile, dato il suo status di personaggio postumo), ma quel che c'è in mezzo vale il prezzo del biglietto. E allora di nuovo: qual è il problema? Che non tutta la carne che c'è sul fuoco, per quanto succulenta, ha la medesima rilevanza. "È la vita", potrebbe obiettare qualcuno. Ma per quanto possa - e debba - assomigliarle "Piece" rimane un'opera di finzione con l'obbligo di avere delle priorità ben definite. Ciò detto, se mai la Ashihara decidesse di creare uno spin-off dedicato, poniamo, a Maruo lo sdentato, al piccolo Akito o alla signora Narumi da giovane sarei pronta a seguirla fino in capo al mondo.

Sembrerà scontato dal momento che si tratta di un manga dalla spiccata vena intimista, ma i personaggi di "Piece" sono senza ombra di dubbio il suo piatto forte. Hinako Ashihara sa come andare oltre ciò che risulta visibile e portare alla luce veri e propri tesori che gli eventi avevano costretto i proprietari a seppellire, come nel caso di Remi o di Hiro, il dolce e tormentato fratello di quello che è l'indiscusso catalizzatore per Mizuho, vale a dire Hikaru Narumi. Se avete letto "Bokura ga Ita" avrete presente il tipo: belloccio, sfuggente, manipolatore e a un tempo vittima e carnefice di se stesso, proprio come Motoharu Yano, che tuttavia ha dalla sua una voglia di migliorarsi che nel primo, il più delle volte, latita.
Personaggi come Mizuho, per quanto molto realistici, costituiscono sempre un azzardo per un autore che voglia impiegarli come protagonisti. In tal senso la Ashihara - altro paradosso - ha talvolta la tendenza a peccare di troppo zelo, trasformando le sue riflessioni, peraltro molto puntuali e interessanti, in "compiti per casa" a suo esclusivo uso e consumo: un peccato con un suo perché, ma pur sempre un peccato. In altre parole la sua splendida voce interiore, che lei per prima non è ancora avvezza a udire, rischia di stuccare nel tentativo di recuperare il tempo perduto.

Fermo restando che non saprei fare di meglio, devo confessare che il tratto della Ashihara non mi entusiasma: sa discernere con esattezza ciò che è superfluo da ciò che non lo è, dote che traspare ampiamente da come costruisce le tavole, ma a livello anatomico costringe il lettore ad assistere ad un'orgia di sguardi vacui, teste sproporzionate, nasi piatti, schiene curve e braccette scheletriche a cui può essere difficile fare l'abitudine. Per una storia come questa, che si ripropone - peraltro con successo - di elevarsi rispetto agli standard contenutistici degli shoujo odierni, ci sarebbe voluta una mano capace di combinare rigore e armonia in modo da trarre il meglio da entrambe... a meno di non trasformare questa sua legnosità in un punto di forza, un discorso, nel caso dell'autrice in questione, di assai impervia applicazione. Provate a immaginare lo stesso manga disegnato, che so, da una Fuyumi Soryo: non sarebbe stato una cannonata?

Arrivati a questo punto spero sia chiaro che nel mio 7 non c'è alcunché di punitivo e che se mi sono presa la libertà di bacchettare la Ashihara è solo perché ritengo che abbia del potenziale. Sono autori come lei che rendono lo "sporco lavoro" di chi, suo malgrado, si ritrova a dover scrivere una recensione non proprio accomodante un onore.



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La Corda d'Oro è una pietra miliare del reverse harem, un esempio a cui molte storie dovrebbero ispirarsi per non andare contro l'opinione dei fruitori del genere, i quali in molte occasioni lamentano la stupidità dei personaggi e la pochezza dei valori degli stessi. Pubblicato inizialmente come videogame dalla Koei, viene adattato in manga da Yuki Kure nel 2004 sulla rivista Lala, in un'idea che vedeva camminare pari passo la mangaka con gli autori del gioco. L'umiltà che la Kure mette nel far suo questo progetto riesce a dare al manga una marcia in più rispetto agli altri elementi multimediali che arricchiscono il mondo di Corda, ma è soprattutto con l'uscita dell'anime nel 2006 che diviene un vero e proprio fenomeno a tutto tondo.

Ispirato dal grande amore per la musica, il fondatore del liceo Seiso divide l'istituto scolastico in due macro sezioni, fra le quali nel corso del tempo inizia a scorrere cattivo sangue: la sezione tradizionale guarda diffidente quella musicale, che di rimando tratta con sufficienza gli esponenti della sorella. In un'operazione volta a smuovere la disillusa gioventù di oggi, che preferisce il risultato bell'e pronto all'impegno e al sacrificio, il folletto Lili consegna nelle mani di una confusa alunna, Kahoko Hino, un violino magico, premendo affinché la ragazza partecipi al concorso interno della sezione musicale, sebbene faccia parte della fazione opposta e di musica se ne intenda meno che zero. Spinta dall'ingenuità di aiutare la piccola fata, Hino si lancia nella titanica impresa di sfidare i valenti musicisti della Seiso, dai quali riceverà filo da torcere sotto molti punti di vista. Ammirando gli altri partecipanti al concorso, comincia a maturare il desiderio di dedicare tutta la sua vita alla musica, ma sentendosi fuori luogo e manchevole di tecnica e capacità, la raggiante Kahoko tenderà ad affidarsi al violino magico donatole, lasciando che lo strumento esprima l'amore nascente per quell'universo. In una storia d'ambientazione scolastica condita da pentagrammi, note, musicisti di fama mondiale, violini, trombe, flauti e clarinetti, si consuma l'amore per la musica in un contratto di matrimonio fra il suonatore e il suo strumento.

Hino è senz'altro una protagonista valida; a differenza di molte sue colleghe dei reverse harem, la dolce fanciulla dell'indirizzo tradizionale ha una forza di volontà e una passione tale da rigare dritta per la sua strada, senza fermarsi a sperperare tempo in lambiccamenti inutili. Mentre infatti solitamente le protagoniste di questo genere sono in balia di emozioni contrastanti verso i vari bellissimi che ronzano loro intorno e perdono di vista cos'è che erano chiamate a fare, Hino segue un sentimento provato sulle note dell'Ave Maria di Schubert dall'inizio fino alla fine del manga, lasciando quasi di stucco quando nell'ultimo volume comprende di aver percorso una via che portava a lui e a lui soltanto, lui che con la sua musica è sempre stato presente per lei, dal primo istante in cui ha sfiorato le corde di quel violino. Una protagonista femminile così forte ha bisogno di maschi dalla personalità altrettanto decisa: i ragazzi di Corda hanno tutti un carattere ben definito, che li contraddistingue l'uno dall'altro e li identifica in un prototipo di personaggio che però non viene vissuto fino in fondo, lasciando ampi margini di originalità; sebbene liceali in piena fase adolescenziale, non si lasciano influenzare in modo completo dall'amata, snaturandosi o votandosi a lei anima e corpo, ma mantengono la propria unica dignità fino alla fine. Il ragazzo più forte di Corda è Tsukimori, perché anche quando arriva a comprendere che quello che prova per Hino è amore, non si distrae dall'obiettivo prefisso nemmeno per un secondo, continua a seguire seriamente la sua strada, avendo piena fiducia nella ragazza, promuovendone le intenzioni e incoraggiandone la forza d'animo, senza però perdere di vista chi è lui e cosa vuole fare nella vita. Non si contraddice mai nelle scelte che fa e in linea col suo modo d'essere mantiene un atteggiamento deciso, ergendosi a modello per la ragazza e i suoi coetanei, conscio del fatto che la protezione più alta che può offrire a Hino è proprio quella di esprimere se stesso fino all'ultimo.
E' anche vero che tutti i personaggi di Corda sono dinamici e cambiano molto nel corso della storia, tant'è che lo stesso Tsukimori si riscopre fare cose che prima non sapeva nemmeno gli appartenessero e accusa dolcemente Hino di "mandarlo sempre fuori di testa". Altro esempio è il lunatico e bipolare Yunoki, che con la sua doppia personalità mette spesso in crisi Hino: negli ultimi volumi il suo personaggio così pieno di sé e convinto della posizione che occupa, subisce una maturazione profonda, dovuta in risposta all'istinto più recondito che gli albergava dentro da molto prima di conoscere l'onesta Kahoko, sfruttando la stessa come stimolo per venir fuori ed ergersi vittorioso sul suo casato. Quell'istinto legato all'amore viscerale per la musica e per il proprio strumento, che può essere conflittuale, come per Tsuchiura e il pianoforte; simbiotico, tipo quello di Shimizu col violoncello che lo tiene sveglio di notte a suonare fino all'alba; necessario, come è per la timida Fuyuumi che solo grazie al suo clarinetto riesce a comunicare con le persone; o divertente e piacevole, come quando Hihara impugna la sua tromba e si lancia in un allegro dalle tinte accese. Anche Hino prova un sentimento d'amore nei confronti del violino magico: pur se all'inizio è combattuta fra la consapevolezza di non essere meritevole di quei complimenti che andavano piuttosto fatti allo strumento, e la nascente passione per lo stesso, col tempo si affeziona a tal punto a quell'unico violino che alla sua scomparsa si sente smarrita, quasi avesse subito un lutto effettivo.

L'elemento sovrannaturale che impregna il titolo di questo manga di Yuki Kure, la famosa corda d'oro di quel violino magico ricevuto in regalo da un folletto che voleva instillare l'amore vero per la musica nei giovani d'oggi, si esaurisce alla fine dell'ultima selezione del concorso interno di musica del liceo Seiso, e lascia il posto ad una magia più grande intrinseca alla natura umana: la capacità di rimettersi in piedi, ricominciare a lottare per il proprio sogno, non arrendendosi dinanzi alle difficoltà e facendo sacrifici immani, continui sforzi, prove, tensioni, per avere dalla vita un coronamento e piena realizzazione di sé.

La forza de La Corda d'Oro, infatti, si concentra nell'amore per la musica, che come sottofondo alla storia, in attimi si fa più incalzante, come quando Tsukimori deciso afferma che l'unica cosa che ha nella vita è la musica e nient'altro, in cert'altri momenti mantiene un ritmo adagio e con delicatezza accompagna la quotidianità dei protagonisti. Forse il momento più alto lo si raggiunge proprio con Tsukimori bambino, che in uno dei tanti capitoli extra che costellano l'opera arricchendola di episodi inediti sull'infanzia dei personaggi e sulla loro visione delle cose, trema al solo pensiero che un suo coetaneo possa ferirlo al braccio, negandogli la possibilità di continuare a suonare il violino. La stessa Hino più e più volte nel corso della serie abbraccia lo strumento quasi fosse il suo unico amore, stesso abbraccio che riserverà al prescelto nell'ultimo volume, scegliendo definitivamente la melodia a cui il suo cuore vuole votarsi.

I suoni che si sentono echeggiare nelle aule della sezione musicale sono note di brani famosi di musica classica, che da Beethoven, Chopin, Bach, Kreisler, si concludono nel soave inno di Schubert alla Vergine, che rappresenta il legame più arcano fra i due violinisti protagonisti della serie. A volte riferendosi ai manga musicali si dice che essi perdono rispetto al corrispettivo animato, che ammalia anche l'orecchio con la colonna sonora. In parte ciò è vero anche per Corda, pur se alcuni spartiti di classica sono così famosi che non c'è nemmeno necessità di andarseli a cercare che già troneggiano nella testa con le loro note. Inoltre quando la Kure disegna un musicista riesce a dargli quell'aura di magnificenza che questi assumono insieme allo strumento sul palcoscenico, dipingedogli sul volto un'espressione di beatitudine e su quello dell'ascoltatore la meraviglia. Il tratto dell'autrice è molto pulito, bello e convincente, soprattutto nelle linee degli strumenti musicali. Altrettanto belli sono i bishonen di Corda, che in puro stile reverse harem esalta la bellezza maschile, toccando vari stereotipi, come lo shota Shimizu o lo yandere dal capello lungo Yunoki, il simpatico e sbizzarrito Hihara, il composto Tsukimori e lo sportivo Tsuchiura, per terminare nel principesco Kaji. Dall'altro lato abbiamo una Hino tratteggiata nella sua normalità di ragazza qualunque, che con il solo grande carattere riesce a smuovere il cuore di tanta beltà e ad assumere splendore etereo agli occhi dei ragazzi che la guardano.

L'edizione della J-POP è ottima, con sovraccoperta, carta lucida e buon adattamento, ma la tempistica col quale il manga è stato distribuito in Italia, soprattutto per gli ultimi tre volumetti coinvolti nel periodo della fusione tra la casa editrice milanese e la GP-Publishing, ha logorato i lettori. Per un momento mi è balenato il timore che non l'avrebbero mai concluso, perché sono passati infiniti mesi senza vedere la luce di un nuovo volume. Il prezzo di 5.90€ è alto per uno shoujo manga di 17 numeri, ma data l'edizione e gli standard della J-POP non me ne lamento più di tanto.



7.0/10
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Dato che Captain Tsubasa aveva già stravinto qualsiasi titolo immaginabile o meno, nel mondo del calcio, allo studente giapponese medio non restava altra scelta che dedicarsi ad altro sport se intendeva primeggiare. E se il football versione europea era diventato ormai impraticabile perché non provare con la sua versione americana?
Ed è così che nasce questo Eyeshield 21, che può essere considerato a tutti gli effetti come un clone di Captain Tsubasa sebbene lo sport praticato sia diverso. Perché? Per capirlo facciamo un esperimento: prendiamo la famosissima canzone/parodia dei Gem Boy e applichiamola a questo manga. Noterete che gli calza (quasi) come un guanto: anche qui giocate impossibili, partite infinite, rimonte impossibili, mosse speciali, flashback e chi più ne ha più ne metta. Se già questo potrebbe risultare un problema per chi già aveva sofferto di crisi isteriche guardando le improbabili gesta di Oliver Hutton e compagni, questo titolo potrebbe suscitare nuovi motivi di stress in quanto le regole del football americano non sono proprio chiarissime al pubblico italiano; a poco servono le pagine dedicate dall'autore alla spiegazione del gioco.

Tutto ciò dovrebbe indurmi a dare un parere decisamente negativo su questo titolo che non fa altro che riproporre gli stessi schemi di Captain Tsubasa camuffandoli con caschi, palle ovali e touchdown. Invece le avventure di Sena e compagni, per quanto inverosimili, mi hanno divertito parecchio: più di una volta mi son ritrovato a fare il tifo come un perfetto idiota per i Deimon Devil Bats anche se sapevo già benissimo come sarebbe finita. Il merito principale sta, senza ombra di dubbio, nella composizione della squadra che non è più composta da un singolo fuoriclasse con gli altri che fanno da contorno, ma da undici giocatori ognuno con la propria peculiare caratteristica di gioco e una propria personalità ben definita.
Quanto agli avversari niente di nuovo: sono circondati da un aurea di carismatica imbattibilità finché non si scontrano con Sena e compagni; dopodiché la perdono a favore di qualcun altro. Non sempre, però, vincono le partite che ci si aspetta che vincano, andando incontro a inaspettate sconfitte contro squadre fino a quel momento risultavano essere sconosciute. Questa regola, in verità, vale anche per i Deimons e ciò indubbiamente aggiunge un tocco di imprevedibilità al tutto; nei momenti decisivi, però, per questi ultimi il risultato finale è, naturalmente, sempre quello atteso.
Se la cavalcata verso il "Christmas Bowl" è risultata piuttosto gradevole, molto meno azzeccata è la parte finale in cui, così come in Captain Tsubasa, l'autore decide di strafare. Questa parte era, a mio modesto avviso, assolutamente da evitare.
In definitiva il mio giudizio è buono, anche se non esageratamente buono come nelle altre recensioni che ho letto qui. Eyeshield 21 rappresenterà un buon diversivo per tutti, un buon momento di svago per gli sportivi, un ottimo manga per gli appassionati di football americano.