Il 24 agosto 2010 si spegneva Satoshi Kon, uno dei più apprezzati registi d'animazione giapponese degli ultimi tempi. Per celebrare il quinto anniversario della sua morte, pubblicheremo nei prossimi giorni alcune notizie a lui dedicate, tra approfondimenti e recensioni. In questo appuntamento presentiamo un'intervista a Maria Roberta Novielli, docente all’università Ca’ Foscari di Venezia, ove si occupa, tra l'altro, di Storia dell’animazione giapponese e di Storia del cinema giapponese.
- Lei ha avuto il piacere di conoscere di persona Satoshi Kon. Ci può raccontare in che occasione è avvenuto tale incontro? Che tipo di persona era? Ha qualche aneddoto da raccontarci?
Sono stata moderatrice della conferenza stampa del film Paprika a Venezia nel 2006, l’ho conosciuto in quell’occasione. Come di consueto, ci si sofferma a parlare con gli autori prima dell’inizio per coordinare il taglio da dare alle interviste, quindi ho avuto modo di discutere a lungo con lui sul film e ho scoperto una persona piacevolissima, molto dolce e dall’incredibile spessore culturale. Ne ho avuto riprova nel corso della discussione con i giornalisti: si prestava totalmente a ogni domanda, anche se futile, narrando con passione e coinvolgendo con ricchezza di dettagli tutti i presenti.
- Che considerazione ha il mondo accademico (italiano e giapponese) per il cinema d'animazione giapponese, ed in particolar modo per l'opera di Satoshi Kon?
In Giappone l’animazione gode di un posto di tutto rispetto in ambito accademico, come dimostrano le molteplici e prestigiose cattedre offerte a celebri animatori come Yamamura Koji e Kurosaka Keita, quindi suppongo che anche a Kon sia dedicato molto spazio. In Italia, si sa, c’è ancora molta reticenza in questo senso. Alcune aperture di recente per fortuna ci sono state e personalmente nell’ambito di Ca’ Foscari ho avuto carta bianca per creare una serie di occasioni importanti. Per esempio, pochi anni fa abbiamo organizzato un intero festival dedicato esclusivamente all’animazione internazionale; nell’ambito del Ca’ Foscari Short Film Festival che dirigo presentiamo annualmente vari programmi speciali dedicati al mondo animato; per il prossimo ottobre sto organizzando sull’ambito un convegno internazionale che ospiterà anche il grande Barry Purves. Inoltre, da due anni uno dei miei corsi è dedicato proprio alla storia del cinema di animazione giapponese: è molto seguito e varie tesi molto interessanti sull’argomento sono state già concluse.
- Quale ritiene sia l'opera che meglio rappresenta la poetica di Satoshi Kon?
Credo che Tokyo Godfathers sia — per arguzia, passione quasi ludica, utilizzo magistrale degli ambienti, citazioni filmiche, caratterizzazione dei personaggi — quella che più si avvicina all’intelligenza dell’uomo che ho conosciuto.
- Secondo lei, cosa ha rappresentato Satoshi Kon per il cinema d'animazione giapponese?
Ha rappresentato un definitivo salto di qualità, ovviamente, ma soprattutto la sua opera ha contribuito a cancellare lo “scarto” tra cinema animato e live.
- Indubbiamente Satoshi Kon aveva ancora molto da dare al cinema d'animazione. Con la sua scomparsa, quali ritiene siano i registi d'animazione più interessanti della "nuova" generazione?
Sono molti gli autori da segnalare, ma se il riferimento è Kon, allora di sicuro citerei più di tutti Morimoto Koji, con cui tra l’altro lui stesso ha collaborato per Magnetic Rose.
- Paranoia Agent è l'unica serie TV di Satoshi Kon, nata dalla raccolta di tutte quelle idee che il regista non era riuscito a inserire nei vari film. Come ritiene che un "regista di film" come Satoshi Kon si sia adattato alle esigenze della serialità televisiva?
Penso che Paranoia Agent sia definitivamente poco televisiva come opera, ma piuttosto un’estensione di un immaginario molto peculiare su un flusso di più ampio respiro. Questa serie sta all’opera di Kon come Shukuzai (Penance) sta a quella di Kurosawa Kiyoshi: anche in quel caso si tratta solo formalmente di un insieme di episodi, che tuttavia non possono funzionare se non legati dalla stessa tensione narrativa, molto distante dalle logiche della serialità.
- Satoshi Kon lascia dietro di se un'opera incompiuta, che il produttore Masao Maruyama ha più volte detto di essere intenzionato a portare a termine. Cosa si aspetta da quest'opera?
Nel lungo messaggio con cui Kon si è congedato dalla vita ha scritto con amarezza a proposito di quel progetto che difficilmente avrebbe potuto prendere corpo senza di lui, poiché molti dettagli erano ancora solo idee che non aveva avuto tempo di organizzare su carta. Maruyama sta cercando da tempo di raccogliere fondi per portare a termine questo film, ma è un’operazione obiettivamente difficile, anche perché sarebbe stata la prima animazione concepita per un pubblico infantile del regista, quindi molto distante dalle sue abituali costruzioni narrative e immaginifiche.
- Quali sono, a suo avviso, le opere e gli artisti che maggiormente hanno influenzato Satoshi Kon nella definizione del suo stile grafico e narrativo?
Penso che le prime e più forti ispirazioni Kon le abbia tratte dal manga, più che dall’animazione. Sicuramente la lunga collaborazione con Otomo ha contribuito a definire lo sguardo caustico e irriverente. Altrimenti vedrei molta ispirazione dal cinema live, nipponica e statunitense.
- E, al contrario, c'è qualche giovane regista che ha tratto ispirazione dalle opere di Satoshi Kon?
Non posso dirlo con certezza, ma ho la sensazione che possa averne tratto una certa ispirazione in particolare Morita Shuhei, soprattutto per l’evidente amore per i dettagli di ambiente.
- Quando si parla di produzioni giapponesi, per noi occidentali è sempre presente un gap culturale non sempre facile da superare, tanto che non sono poche le opere (animate e non) il cui messaggio è stato parzialmente o completamente travisato dal pubblico straniero. Ritiene che ciò sia valso anche per Satoshi Kon, oppure che il suo successo in Occidente sia "genuino" e che pubblico e critica siano riusciti a coglierne la vera essenza, al di là della barriere culturali?
Credo che fortunatamente Kon costituisca un’eccezione in questo senso e che il suo cinema sia stato compreso più di quello di altri autori, probabilmente proprio grazie alla completezza cinematografica (live) a cui mi riferivo prima.
- Sebbene debba la sua notorietà alle sue opere animate, Satoshi Kon era anche un disegnatore di fumetti. Ha avuto modo di leggere qualcuna delle sue opere cartacea? Se sì, cosa ne pensa del mangaka Satoshi Kon?
Certo, possiedo i suoi manga e li amo, trovo che siano fratelli del suo cinema, in termini grafici e narrativi. Aggiungerei che ho molto amato anche il suo lavoro alla sceneggiatura per la trasposizione cinematografica di World Apartment Horror di Otomo, come si sa in origine una propria opera.
- Lo psicanalista Ogden ha coniato l'espressione "sognare sogni non sognati", indicando nel lavoro sui sogni un obiettivo terapeutico. Non siamo molto lontani dal mondo di Paprika e dalle sue 'incursioni oniriche'. Ci può parlare del livello di lettura psicologico delle opere di Kon?
È interessante notare che negli stessi anni di Paprika sono state realizzate varie opere (cinematografiche, letterarie e in versione manga) dedicate a questo particolare ambito, cioè al sogno esplorato dall’esterno. Basti pensare ai due film di Tsukamoto Shin’ya Nightmare Detective (1 e 2), dove il tema era comunque quello di penetrare i sogni di qualcuno svelando al contempo una propria controversa personalità. Nello specifico di Kon, è evidente che il tema del doppio sia sempre stato di suo particolare interesse, soprattutto inteso come due estremi di realtà-pseudo realtà controvertibili, slegati da una logica manicheistica di bene-male e rappresentati da figure speculari.
- Ciò che l'animazione può fare rispetto al cinema dal vero è svincolare la rappresentazione da qualsiasi limitazione di natura 'fisica', restituendo 'senza filtri' tutto ciò che di fantasmagorico può partorire l'immaginazione. Qual è il rapporto tra reale ed immaginario nelle produzioni di Satoshi Kon?
Credo che nel suo cinema tutto sia sempre e razionalmente reale e che nulla sia mai davvero immaginario. Persino in Paprika le incursioni nella mente sono giustificate da un dispositivo scientifico di cui vengono descritte le funzioni. In questo coincide la magia della sua narrazione: reggere le redini della mente perché ci si illuda che il mondo abbia altri colori.
- Qual è il rapporto di Kon con l'universo femminile? Magnetic Rose (sceneggiato da Kon), Perfect Blue e Millennium Actress sono altrettanti ritratti di donne legate al mondo dello spettacolo, dunque in qualche modo 'divinizzate'.
Penso che la donna sia assolutamente al centro di tutti i suoi titoli, e che quando vivono nella dimensione dello spettacolo rappresentino per chi hanno intorno un’astrazione, mentre sono assolutamente vulnerabili e reali. Kon riesce a offrire allo stesso tempo la loro spesso tormentata e fragile esistenza (l’immensa solitudine dell’attrice in Magnetic Rose, per esempio) e l’alterata percezione che ne hanno gli uomini che le idolatrano.
- Satoshi Kon sembra adorare il cinema, infarcendo le proprie opere di citazioni. Quali sono le 'parentele' più prossime del regista in questo senso?
Sono molte, come ho accennato prima. In ambito giapponese, vedrei il senso di azione e l’ronia di Kurosawa Akira, lo sguardo disincantato sulle tipologie umane e sulle donne di Imamura Shohei, le dinamiche della tensione e l’amore per gli ambienti (con la loro valenza politica) di Fukasaku Kinji. Ma i riferimenti sono molto più numerosi, ovviamente, includendo Billy Wilder, Hitchcock, Capra, per non citare che alcuni dei classici.
- I due barman in Paranoia Agent, i due poliziotti in Paranoia Agent, i due giornalisti in Millennium Agent sono stati paragonati ad una coppia bokè-tsukkomi, paragone ammesso anche dallo stesso regista. In che modo l'umorismo s'inserisce nelle opere di Satoshi Kon?
È lo strumento acutissimo che utilizzava come gangli della struttura drammatica: costituiscono i momenti di raccordo e di svolta narrativi allo stesso tempo, permettono di rimandare e allo stesso tempo amplificare le scene più di effetto. Sono quasi delle guide alla Virgilio all’interno delle situazioni, poiché aiutano anche a comprendere vari slittamenti di senso di cui Kon era maestro.
Ringraziamo ancora la prof.ssa Novielli per l'attenzione, la disponibilità e la cortesia.
- Lei ha avuto il piacere di conoscere di persona Satoshi Kon. Ci può raccontare in che occasione è avvenuto tale incontro? Che tipo di persona era? Ha qualche aneddoto da raccontarci?
Sono stata moderatrice della conferenza stampa del film Paprika a Venezia nel 2006, l’ho conosciuto in quell’occasione. Come di consueto, ci si sofferma a parlare con gli autori prima dell’inizio per coordinare il taglio da dare alle interviste, quindi ho avuto modo di discutere a lungo con lui sul film e ho scoperto una persona piacevolissima, molto dolce e dall’incredibile spessore culturale. Ne ho avuto riprova nel corso della discussione con i giornalisti: si prestava totalmente a ogni domanda, anche se futile, narrando con passione e coinvolgendo con ricchezza di dettagli tutti i presenti.
- Che considerazione ha il mondo accademico (italiano e giapponese) per il cinema d'animazione giapponese, ed in particolar modo per l'opera di Satoshi Kon?
In Giappone l’animazione gode di un posto di tutto rispetto in ambito accademico, come dimostrano le molteplici e prestigiose cattedre offerte a celebri animatori come Yamamura Koji e Kurosaka Keita, quindi suppongo che anche a Kon sia dedicato molto spazio. In Italia, si sa, c’è ancora molta reticenza in questo senso. Alcune aperture di recente per fortuna ci sono state e personalmente nell’ambito di Ca’ Foscari ho avuto carta bianca per creare una serie di occasioni importanti. Per esempio, pochi anni fa abbiamo organizzato un intero festival dedicato esclusivamente all’animazione internazionale; nell’ambito del Ca’ Foscari Short Film Festival che dirigo presentiamo annualmente vari programmi speciali dedicati al mondo animato; per il prossimo ottobre sto organizzando sull’ambito un convegno internazionale che ospiterà anche il grande Barry Purves. Inoltre, da due anni uno dei miei corsi è dedicato proprio alla storia del cinema di animazione giapponese: è molto seguito e varie tesi molto interessanti sull’argomento sono state già concluse.
- Quale ritiene sia l'opera che meglio rappresenta la poetica di Satoshi Kon?
Credo che Tokyo Godfathers sia — per arguzia, passione quasi ludica, utilizzo magistrale degli ambienti, citazioni filmiche, caratterizzazione dei personaggi — quella che più si avvicina all’intelligenza dell’uomo che ho conosciuto.
- Secondo lei, cosa ha rappresentato Satoshi Kon per il cinema d'animazione giapponese?
Ha rappresentato un definitivo salto di qualità, ovviamente, ma soprattutto la sua opera ha contribuito a cancellare lo “scarto” tra cinema animato e live.
- Indubbiamente Satoshi Kon aveva ancora molto da dare al cinema d'animazione. Con la sua scomparsa, quali ritiene siano i registi d'animazione più interessanti della "nuova" generazione?
Sono molti gli autori da segnalare, ma se il riferimento è Kon, allora di sicuro citerei più di tutti Morimoto Koji, con cui tra l’altro lui stesso ha collaborato per Magnetic Rose.
- Paranoia Agent è l'unica serie TV di Satoshi Kon, nata dalla raccolta di tutte quelle idee che il regista non era riuscito a inserire nei vari film. Come ritiene che un "regista di film" come Satoshi Kon si sia adattato alle esigenze della serialità televisiva?
Penso che Paranoia Agent sia definitivamente poco televisiva come opera, ma piuttosto un’estensione di un immaginario molto peculiare su un flusso di più ampio respiro. Questa serie sta all’opera di Kon come Shukuzai (Penance) sta a quella di Kurosawa Kiyoshi: anche in quel caso si tratta solo formalmente di un insieme di episodi, che tuttavia non possono funzionare se non legati dalla stessa tensione narrativa, molto distante dalle logiche della serialità.
- Satoshi Kon lascia dietro di se un'opera incompiuta, che il produttore Masao Maruyama ha più volte detto di essere intenzionato a portare a termine. Cosa si aspetta da quest'opera?
Nel lungo messaggio con cui Kon si è congedato dalla vita ha scritto con amarezza a proposito di quel progetto che difficilmente avrebbe potuto prendere corpo senza di lui, poiché molti dettagli erano ancora solo idee che non aveva avuto tempo di organizzare su carta. Maruyama sta cercando da tempo di raccogliere fondi per portare a termine questo film, ma è un’operazione obiettivamente difficile, anche perché sarebbe stata la prima animazione concepita per un pubblico infantile del regista, quindi molto distante dalle sue abituali costruzioni narrative e immaginifiche.
- Quali sono, a suo avviso, le opere e gli artisti che maggiormente hanno influenzato Satoshi Kon nella definizione del suo stile grafico e narrativo?
Penso che le prime e più forti ispirazioni Kon le abbia tratte dal manga, più che dall’animazione. Sicuramente la lunga collaborazione con Otomo ha contribuito a definire lo sguardo caustico e irriverente. Altrimenti vedrei molta ispirazione dal cinema live, nipponica e statunitense.
- E, al contrario, c'è qualche giovane regista che ha tratto ispirazione dalle opere di Satoshi Kon?
Non posso dirlo con certezza, ma ho la sensazione che possa averne tratto una certa ispirazione in particolare Morita Shuhei, soprattutto per l’evidente amore per i dettagli di ambiente.
- Quando si parla di produzioni giapponesi, per noi occidentali è sempre presente un gap culturale non sempre facile da superare, tanto che non sono poche le opere (animate e non) il cui messaggio è stato parzialmente o completamente travisato dal pubblico straniero. Ritiene che ciò sia valso anche per Satoshi Kon, oppure che il suo successo in Occidente sia "genuino" e che pubblico e critica siano riusciti a coglierne la vera essenza, al di là della barriere culturali?
Credo che fortunatamente Kon costituisca un’eccezione in questo senso e che il suo cinema sia stato compreso più di quello di altri autori, probabilmente proprio grazie alla completezza cinematografica (live) a cui mi riferivo prima.
- Sebbene debba la sua notorietà alle sue opere animate, Satoshi Kon era anche un disegnatore di fumetti. Ha avuto modo di leggere qualcuna delle sue opere cartacea? Se sì, cosa ne pensa del mangaka Satoshi Kon?
Certo, possiedo i suoi manga e li amo, trovo che siano fratelli del suo cinema, in termini grafici e narrativi. Aggiungerei che ho molto amato anche il suo lavoro alla sceneggiatura per la trasposizione cinematografica di World Apartment Horror di Otomo, come si sa in origine una propria opera.
- Lo psicanalista Ogden ha coniato l'espressione "sognare sogni non sognati", indicando nel lavoro sui sogni un obiettivo terapeutico. Non siamo molto lontani dal mondo di Paprika e dalle sue 'incursioni oniriche'. Ci può parlare del livello di lettura psicologico delle opere di Kon?
È interessante notare che negli stessi anni di Paprika sono state realizzate varie opere (cinematografiche, letterarie e in versione manga) dedicate a questo particolare ambito, cioè al sogno esplorato dall’esterno. Basti pensare ai due film di Tsukamoto Shin’ya Nightmare Detective (1 e 2), dove il tema era comunque quello di penetrare i sogni di qualcuno svelando al contempo una propria controversa personalità. Nello specifico di Kon, è evidente che il tema del doppio sia sempre stato di suo particolare interesse, soprattutto inteso come due estremi di realtà-pseudo realtà controvertibili, slegati da una logica manicheistica di bene-male e rappresentati da figure speculari.
- Ciò che l'animazione può fare rispetto al cinema dal vero è svincolare la rappresentazione da qualsiasi limitazione di natura 'fisica', restituendo 'senza filtri' tutto ciò che di fantasmagorico può partorire l'immaginazione. Qual è il rapporto tra reale ed immaginario nelle produzioni di Satoshi Kon?
Credo che nel suo cinema tutto sia sempre e razionalmente reale e che nulla sia mai davvero immaginario. Persino in Paprika le incursioni nella mente sono giustificate da un dispositivo scientifico di cui vengono descritte le funzioni. In questo coincide la magia della sua narrazione: reggere le redini della mente perché ci si illuda che il mondo abbia altri colori.
- Qual è il rapporto di Kon con l'universo femminile? Magnetic Rose (sceneggiato da Kon), Perfect Blue e Millennium Actress sono altrettanti ritratti di donne legate al mondo dello spettacolo, dunque in qualche modo 'divinizzate'.
Penso che la donna sia assolutamente al centro di tutti i suoi titoli, e che quando vivono nella dimensione dello spettacolo rappresentino per chi hanno intorno un’astrazione, mentre sono assolutamente vulnerabili e reali. Kon riesce a offrire allo stesso tempo la loro spesso tormentata e fragile esistenza (l’immensa solitudine dell’attrice in Magnetic Rose, per esempio) e l’alterata percezione che ne hanno gli uomini che le idolatrano.
- Satoshi Kon sembra adorare il cinema, infarcendo le proprie opere di citazioni. Quali sono le 'parentele' più prossime del regista in questo senso?
Sono molte, come ho accennato prima. In ambito giapponese, vedrei il senso di azione e l’ronia di Kurosawa Akira, lo sguardo disincantato sulle tipologie umane e sulle donne di Imamura Shohei, le dinamiche della tensione e l’amore per gli ambienti (con la loro valenza politica) di Fukasaku Kinji. Ma i riferimenti sono molto più numerosi, ovviamente, includendo Billy Wilder, Hitchcock, Capra, per non citare che alcuni dei classici.
- I due barman in Paranoia Agent, i due poliziotti in Paranoia Agent, i due giornalisti in Millennium Agent sono stati paragonati ad una coppia bokè-tsukkomi, paragone ammesso anche dallo stesso regista. In che modo l'umorismo s'inserisce nelle opere di Satoshi Kon?
È lo strumento acutissimo che utilizzava come gangli della struttura drammatica: costituiscono i momenti di raccordo e di svolta narrativi allo stesso tempo, permettono di rimandare e allo stesso tempo amplificare le scene più di effetto. Sono quasi delle guide alla Virgilio all’interno delle situazioni, poiché aiutano anche a comprendere vari slittamenti di senso di cui Kon era maestro.
Ringraziamo ancora la prof.ssa Novielli per l'attenzione, la disponibilità e la cortesia.
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