Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi ci dedichiamo a titoli recenti, con gli anime DanMachiShirobako e Sword Art Online II.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.



8.0/10
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"Dungeon ni Deai wo Motomeru no wa Machigatte Iru Darou ka?" ("Is It Wrong to Try to Pick Up Girls in a Dungeon?"), abbreviato per comodità in "DanMachi", è un anime del 2015 costituito da tredici episodi di durata canonica, tratto da un'omonima serie di light novel tuttora in corso, scritta da Fujino Ōmori e illustrata da Suzuhito Yasuda.

La multietnica città di Orario, popolata da umani, elfi, nani e numerose altre razze, è il luogo in cui si radunano gli avventurieri, uomini e donne di svariate età e origini che, in cerca di fama e ricchezze, si inoltrano nel Dungeon, un labirintico sistema di cunicoli, corridoi e oscure caverne, disposti su più livelli sotterranei e infestati da una miriade di creature alquanto pericolose.
Tali avventurieri sono riuniti in Famiglie, ognuna delle quali gode della benedizione di un dio o di una dea. La vicenda si concentra, in particolare, su Bell Cranel, giovanissimo avventuriero alle prime armi e unico membro, escludendo l'omonima dea, dell'indigente Famiglia Hestia. In seguito a un incidente nel Dungeon, in cui viene salvato dall'algida Aiz Wallenstein, riconosciuta all'unanimità come una dei migliori avventurieri in circolazione, Bell si innamora di quest'ultima, ripromettendosi di migliorare sempre di più e sempre più in fretta, per dimostrarsi degno del proprio interesse amoroso.

La prima cosa che colpisce in "DanMachi" è senz'altro la forte ispirazione tratta dal mondo degli RPG: equipaggiamenti e armi di diverse qualità, oggetti recuperati dopo l'uccisione di mostri nel Dungeon, membri di un party che si supportano a vicenda, abilità che progrediscono insieme alla crescita dell'avventuriero e molto altro ancora.
Si tratta di elementi fondamentali all'interno della storia, che risultano nostalgici e familiari per chiunque si sia cimentato, almeno una volta nella propria vita, con questa tipologia di giochi e che, seppur non sufficienti a descrivere in modo davvero meticoloso l'universo in cui si svolge la vicenda, riescono comunque a dipingere un mondo ricco di magia e fascino.
La trama e i personaggi mancano certamente di originalità e complessità, ma, nella loro semplicità, si rivelano poco pretenziosi e più che adatti a dar vita a una serie estremamente scorrevole e godibile, che si lascia guardare con piacere per tutta la propria durata.
Bell Cranel è quanto di più shounen sia reperibile sul mercato: ingenuo e incline al perdono a livelli quasi nauseanti, il nostro protagonista è dotato di una determinazione incrollabile, che lo spinge a infrangere qualsiasi limite, pur di raggiungere i propri obiettivi, sorprendendo coloro che lo circondano e, a volte, anche gli spettatori. In quanto figura centrale di un anime basato su azione e crescita interiore, è l'unico personaggio a subire un'autentica maturazione, che lo porterà dall'essere un puerile e abbastanza fifone sprovveduto a diventare un puerile ma ardito sprovveduto.
Il cast di supporto, sebbene non venga coinvolto nello stesso processo di sviluppo, è indubbiamente importante nell'assecondarlo e alimentarlo, fornendo a Bell nemici, amici, punti di riferimento, sostegno morale e/o economico e, non meno rilevanti, spasimanti. Le caratterizzazioni dei personaggi, principali e secondari, sono spesso banali e molto nette, utili ad evidenziare alcuni tratti distintivi. Nondimeno, alcuni di essi nascondono retroscena molto interessanti, non di rado drammatici e degni di approfondimento.
La componente romantica è probabilmente l'elemento più goffo di tutto "DanMachi": se i sentimenti della dea Hestia sono comprensibili, dati lo stretto rapporto di fiducia e il costante contatto con il protagonista, molto meno lo è l'attrazione che quest'ultimo provoca in quasi tutte le ragazze che incontra sul proprio cammino e che gli correranno dietro per svariati episodi in maniera più o meno seria, per essere ciclicamente scacciate senza pietà da Hestia stessa, esempio consolidato di loli possessiva, prosperosa, con la voce acuta, le codine e un temperamento esplosivo.

Graficamente parlando, l'anime è caratterizzato da tonalità cromatiche molto luminose e una buona attenzione per i dettagli delle ambientazioni, sufficientemente varie per un prodotto così breve e dalla natura monotona, e dei personaggi, valorizzati da un design molto piacevole. Ottimi gli effetti speciali, soprattutto per quanto riguarda la resa dei mostri presenti del Dungeon e delle loro morti, mentre la CG presente qua e là non brilla per discrezione.
Le animazioni sono fluide e ben realizzate e rendono al meglio soprattutto nei numerosi combattimenti distribuiti nel corso del vari episodi, i quali, nonostante abbiano un esito scontato, sono comunque incredibilmente avvincenti e appassionanti; ad essi, inoltre, non manca un quantitativo di brutalità e sangue notevole, considerandone l'inserimento in una serie apparentemente rivolta a un pubblico adolescenziale.
La colonna sonora, per quanto non mi sia rimasta particolarmente impressa, risulta, in ogni caso, calzante e orecchiabile, con opening ed ending allegre e gradevoli.

In conclusione, "Dungeon ni Deai wo Motomeru no wa Machigatte Iru Darou ka?" è un anime che si è rivelato una visione non impegnata ma nemmeno priva di emozioni, divertente e, sebbene abbondino i momenti di puro fanservice che esaltano personaggi femminili dalla spiccata sensualità, questi ultimi non sono così indisponenti e aggressivi da distogliere l'attenzione dal filone centrale della trama e dal percorso di crescita del protagonista. Questi tredici episodi si configurano come una accurata presentazione del cast principale, in vista di una probabile seconda stagione, poiché il cammino di Bell per diventare un vero eroe e uno stimato avventuriero si prospetta ancora lungo.
Sinceramente consigliato per svagarsi, assistendo a una storia sì prevedibile, ma anche lineare e priva di fronzoli.




7.0/10
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Pensare agli anime, solitamente, porta in superficie tante opere differenti, ma che spesso sono legate da un filo comune: il fantastico, la possibilità di viaggiare in mondi incredibili e di poter vivere esperienze sperimentabili solo nel grande universo della fantasia. Persino serie animate legate ad ambienti più comuni portano sempre un tocco al di fuori della norma, che può derivare da caratterizzazioni sopra le righe o avvenimenti surreali che difficilmente si riscontrerebbero nella realtà quotidiana.

Il pubblico abituato alle storie eccezionali degli anime potrebbe lasciarsi stupire dalle prime puntate di "Shirobako", anime uscito lo scorso anno, le quali prospettano una trama semplice e profondamente legata alla vita di tutti i giorni: Aoi Miyamori, Ema Yasuhara, Midori Himai, Shizuka Sakaki e Misa Toudou fanno parte dello stesso club di animazione delle superiori e, una volta concluso il loro primo progetto amatoriale, suggellano la promessa di rifinire, quando avranno i mezzi e l'esperienza necessari, la loro opera e renderla un prodotto completo. La trama segue le vicende delle ragazze anni dopo, ognuna di loro è alle prese con diversi aspetti della creazione di un anime, in particolare la storia ruota attorno a Miyamori e al suo lavoro di assistente di produzione e poi di produzione esecutiva durante lo sviluppo di due anime, il primo originale e il secondo tratto da un manga ancora in prosecuzione.

"Shirobako" si prospetta come un lavoro molto vicino al metaracconto, un anime che si concentra sulla sua stessa creazione e, in effetti, è possibile riconoscere nei personaggi che compongono il cast, soprattutto quelli più anziani (il presidente o l'animatore anziano dello studio d'animazione), una sottospecie di funzione di mediazione fra gli spettatori e gli autori stessi di "Shirobako", sulle amarezze e le gioie indissolubili di un settore che richiede la creatività come qualità principale. La scelta di incentrare il delinearsi della storia attraverso gli occhi di Miyamori risulta una decisione intelligente, che permette di inquadrare ampiamente i vari aspetti dello sviluppo di una serie animata, focalizzandosi su ogni punto, anche se sempre con un occhio di riguardo all'animazione e al coordinamento fra assistenti di produzione e artisti che collaborano con la Musashino Animation (lo studio in cui si svolgono le vicende principali).

L'idea iniziale che l'anime cerchi un approccio il più possibile realista viene soddisfatta dalla cura con cui vengono spiegate le fasi di lavorazione e dalle relazioni fra i vari personaggi; queste ultime sono sceneggiate in modo fluido e sfaccettato: ogni personaggio ha la sua voce, il suo modo di esprimersi e di rapportarsi con gli altri, senza che si abbia l'impressione di assistere a dialoghi o situazioni fra lo stesso tipo di persona. Miyamori è dolce, combattiva, ma ancora inesperta, mentre Yano, sua senpai, è più sicura di sé e dei suoi mezzi e funge da figura di sorella maggiore per la povera Aoi. Tarou, d'altro canto, è un collega più pigro e svogliato, dalle mire decisamente al di sopra delle sue stesse possibilità. I personaggi, insomma, godono di inquadrature a tutto tondo, grazie ai dialoghi capaci di donare veridicità sia alle loro personalità sia alle situazioni leggere o complicate che siano.

E' forse il lato più comico e frivolo dell'opera a fornire un distacco netto dall'impressione minimalista: in un settore in cui l'inventiva è fondamentale per produrre opere capaci di differenziarsi dalla concorrenza e di trasmettere sensazioni variegate agli spettatori, sembra scontato che registi, animatori e persone adibite ad altre mansioni si presentino con caratteri infantili e quasi caricaturali. Tuttavia, soprattutto in certi episodi di "Shirobako", il desiderio di omaggiare altre opere o di fornire una visione piacevole e divertente agli spettatori stridono con quelle più concrete e realistiche. Basterebbe citare le corse sfrenate in macchina per raggiungere gli animatori o consegnare i nastri delle puntate, nonché il momento in cui il regista Kinoshita cerca di incontrare il mangaka di "Dai san hikou shoujo-tai" (Terza Squadriglia Femminile nell'adattamento di Yamato Animation). Anche l'utilizzo dei due pupazzi che servono per dar voce alle riflessioni di Miyamori e come ulteriore mediazione fra il pubblico e le parti più incentrate sugli aspetti tecnici inizieranno a donare un'impronta decisamente surreale a "Shirobako", soprattutto quando, verso il finale, risulterà piuttosto ambiguo il loro ruolo come semplici fantasticherie della protagonista.

Il comparto grafico della serie, comunque, risulta ben allineato con il contesto di normalità dell'ambiente di lavoro della Musashino Animation, tramite un character design che distingue i vari personaggi, ma senza che siano eccessivamente al di fuori dal comune; il fatto che le opere in lavorazione presso lo studio d'animazione siano incentrate su avventure fantastiche permette, inoltre, di godere di attimi di grande pregio a livello artistico, come gli scenari dipinti a mano di Terza Squadriglia Femminile o la cura per l'anatomia degli animali in Exodus!

In conclusione, "Shirobako" resta un lavoro interessante e in grado di trasmettere le fatiche e la bellezza di un mondo così conosciuto, però spesso in maniera poco approfondita, come l'animazione, facendoci assistere alla crescita di Miyamori e delle sue amiche fra i dubbi di fronte agli ostacoli e fra le soddisfazioni di un lavoro ben eseguito e creato con il cuore; funge da chiave per aprire le porte del dietro le quinte della realizzazione di un anime con una piacevolissima dose di allegria e serenità, senza tralasciare momenti di tensione o di difficoltà, seppure soffermandosi poco su questi ultimi. Fanno alzare un po' il sopracciglio quei momenti che si discostano troppo dalle ambientazioni quotidiane e le caratterizzazioni macchiettistiche degli editori dei manga.

L'elevata presenza di citazioni e omaggi concedono, comunque, fitte di ilarità e nostalgia che sembrano quasi voler trasmettere il seguente messaggio: ogni opera ha un'anima e questa è costituita dalla grande passione di chi le ha dato vita.

Sette per l'intelligenza e la cura nel narrare il lavoro dietro agli anime insieme a una sceneggiatura divertente e a personaggi molto credibili, ma tramite un punto di vista troppo roseo e a eccessi che fanno perdere realismo all'opera.




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La domanda che forse tutti si fanno prima ancora di incominciare la visione di "Sword Art Online II" è: "Reggerà il confronto con la prima serie?" Personalmente sono del parere che, nonostante il sensibile mutamento di stile, la seconda stagione può essere benissimo comparata alla prima, anche in senso positivo. Uscito nel 2014 e composto da ben ventiquattro episodi, costituisce senza dubbio un buon anime d'avventura fantasy, che non nasconde le forti tendenze sentimentali e, a mio parere, psicologiche. Non si tratta soltanto di un gioco, non lo è mai stato, ma qualcosa di più, che attira e intriga.
L'unico pericolo possibile, a mio parere, è l'inevitabile confronto con il suo predecessore, perché, come ha detto lo stesso autore, con GGO ("Gun Gale Online") lo stile di "Sword Art Online" cambia sensibilmente. Un fattore positivo, se si considera il mancato effetto di ripetizione, ma che distrugge le solide basi su cui si era fondata la passata serie. Niente paura però, in quanto anche GGO possiede la forza per conquistare gli spettatori.

Ma non soffermiamoci troppo e andiamo a vedere cosa è GGO. Un gioco piuttosto comune ai giorni nostri, che allo stesso tempo si distacca anni luce dal modello di MMORPG classico di "Sword Art Online". Niente spade, incantesimi o frecce, ma pistole, fucili e proiettili. A voi la scelta, ma fate attenzione, perché un nuovo pericolo è alle porte: un giocatore, Death Gun, capace di uccidere con un colpo di pistola. Una morte tanto veloce quanto crudele, tenendo conto che non si può più tornare in vita. Questo misterioso personaggio sembra essere in grado di uccidere realmente gli altri giocatori, una notizia che potrebbe sconvolgere il mondo intero e che, di fatto, porta il governo giapponese a prendere seri provvedimenti. Seijirou Kikuoka, membro di spicco del dipartimento incaricato del controllo di questo tipo di giochi, contatta subito il miglior giocatore in circolazione: Kirito. Colui che possiede le giuste capacità e il sangue freddo di risolvere questo strano e pericoloso caso. Tuttavia, questa volta, Kirito non potrà fare affidamento sui suoi vecchi amici (che saranno comunque presenti, niente paura), bensì su Shinon, una ragazza cecchino estremamente brava. Quest'ultima sembra provare una sorta di paura perversa verso le pistole, dettata da un incidente della sua infanzia. Ha iniziato a giocare a GGO proprio per guarire, ma, fino ad ora, non c'è riuscita. Chissà dove porterà l'incontro tra lei e lo spadaccino oscuro... pardon, quasi ex-spadaccino.

Ho deciso appositamente di non rivelarvi praticamente nulla sulla trama, così che possiate gustarvela meglio. "Sword Art Online II", a mio avviso, non solo ripropone una storia all'altezza della fama di questo titolo, ma il deciso cambiamento di genere è stato premiato da una serie di miglioramenti che, per certi versi, la rendono una serie incredibilmente interessante.
Innanzi tutto il drastico calo dei personaggi rispetto a "Sword Art Online". Se prima si puntava molto sui raid e sui gruppi di gioco, ora invece tutta la storia verte sulla coppia centrale Kirito-Shinon. Il primo si ritrova a fare i conti con un vecchio scheletro lasciato troppo a lungo nell'armadio: la gilda di PK, "Laughing Coffin". Mentre la seconda avrà un avversario quasi peggiore, ovvero la sua paura per le armi da fuoco. Lo studio della psiche dei due protagonisti è il cavallo di battaglia della prima parte dell'anime e, secondo il mio modesto parere, riesce appieno nell'intento di far legare lo spettatore ai due eroi.
Per quanto riguarda il lato sentimentale, si assiste allo strano triangolo amoroso tra Kirito-Asuna-Shinon. Di fatto è alquanto inusuale, perché, dal primo all'ultimo capitolo, il nostro caro Kirito non metterà mai in dubbio il suo amore per la bella spadaccina, ma, d'altro canto, si avvicina molto, forse troppo, al cecchino dai capelli celesti. Un atteggiamento piuttosto equivoco... anzi, sospetto. Comunque devo ammettere che, nonostante il mio amore dichiarato per Asuna, in certi momenti sono stato quasi sul punto di scegliere Shinon. Insomma, un confronto a distanza che si è risolto con un nulla di fatto.
L'anime, come per la prima serie, è diviso chiaramente in due parti: la prima che si concentra su GGO, mentre nella seconda i nostri protagonisti torneranno su ALO. Alcuni potrebbero pensare che, proprio come ALO, le ultime dieci puntate non reggano il confronto con le prime quattrodici. In realtà sono del parere che, se non ci fosse la parte di ALO, la l'avventura si Kirito e Shinon perderebbe molto del suo effetto.

La grafica è ottima e, per fortuna, non si distacca molto dalla prima stagione. Ovviamente si sono scelti colori leggermente più cupi e spenti per la città di GGO, ma in fin dei conti è una scelta più che ragionevole. Le musiche sono bellissime e non posso esimermi dall'esprimere il mio personale piacere nell'ascoltare la prima opening. Anche la colonna sonora non è affatto male, capace di esaltare i momenti più adrenalinici e aumentare la suspense in quelli d'attesa.
Ottimo doppiaggio (i doppiatori di Kirito, Asuna e Shinon sono tutti e tre fantastici) e alto livello anche per la regia.

"Sword Art Online II", dunque, cambia pelle rispetto al suo caro genitore, ma possiede lo stesso sangue e la stessa carica espressiva. Fa innamorare, coinvolge e appassiona. Forse l'unica pecca può essere riscontrata nelle puntate iniziale della saga di ALO, quando i giochi sono ancora divertenti e spassionati. Tuttavia non si può che cambiare idea nel momento in cui, quasi di colpo, il nostro caro Reki Kawahara (lo scrittore della light novel) tira fuori il coniglio dal cappello, rendendo la situazione molto più drammatica del previsto.
Finale aperto (forse un pochino troppo), anche se questo potrebbe essere il sintomo di una possibile terza serie. Ci sarà? Chissà, la light novel continua ad avere un successo debordante e anche l'anime è andato discretamente bene. Vedremo...

Voto finale: 9 più