Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Oggi appuntamento libero, con i manga Imadoki, Proteggi la mia terra e Beck.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Oggi appuntamento libero, con i manga Imadoki, Proteggi la mia terra e Beck.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
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Imadoki
8.0/10
Mi ha spinta a leggere "Imadoki!" il fatto che fosse un'opera della Watase, che posso di gran lunga considerare la mia autrice preferita. Stimo profondamente la sensei come mangaka, ma soprattutto come persona. Resto sempre fortemente colpita dalla profondità dei suoi interventi nei free talk e dall'attualità delle sue storie. E "Imadoki!" rientra proprio in quella categoria di opere per cui riesci sempre a trarre un insegnamento e una morale dalla lettura.
La storia è incentrata intorno a Tanpopo Yamazaki, una ragazza dell'Hokkaido, che riesce ad entrare tramite un test nella prestigiosa scuola Meio di Tokyo. Si trasferisce in un piccolo appartamento, dove abiterà insieme alla sua volpe Poplar. (N.B. In Hokkaido le volpi sono un animale comune.) Il giorno prima del suo ingresso nella nuova classe, incontra un ragazzo dallo spiccato pollice verde, che accudisce un soffione ("tanpopo" in giapponese): Koki Kugyo crede fermamente nell'amicizia tra l'uomo e le piante. La sua gentilezza e bellezza d'animo, intravista dalla nostra protagonista tramite l'affetto che profondeva nel cresce il soffione, spinge Tanpopo a desiderare di divenire sua amica. Dovrà però fare i conti con la posizione sociale di Kugyo, figlio del fondatore della scuola nella quale si è iscritta e di un'importante famiglia di Tokyo, e con la freddezza che la accoglie. Il carattere introverso di Kugyo, come diverrà chiaro a Tanpopo non molto dopo l'inizio della loro frequentazione "assidua", è dovuto principalmente alla mancanza di autenticità nei rapporti che il ragazzo ha costruito finora: tutte le persone che gli ruotano intorno sono false e interessate al suo patrimonio e alla sua posizione, nessuno è realmente incuriosito dalla sua persona e da ciò che gli piace fare. Sarà Tanpopo a spingere Kugyo ad avere fiducia nelle persone, ad appoggiarsi all'altro, a credere in un sentimento naturale e semplice come l'amicizia.
"Ciò che serve davvero alle piante è l'affetto. […] È come per gli esseri umani... se fai loro tante coccole, crescono!" [cit. Kugyo]
"Imadoki!" è una storia d'amicizia quindi, più che d'amore. Nonostante tra Tanpopo e Kugyo sbocci un sentimento più profondo, è l'amicizia tra i membri del club di giardinaggio, fondato per invogliare Kugyo a credere nell'altro, il centro dell'intera opera. Tanpopo sarà la chiave di cambiamento per ogni personaggio che incrocerà sul suo cammino, ma al contempo ne sarà essa stessa cambiata: non un personaggio statico, ma dinamico, la ragazza dal nome dei soffioni maturerà insieme ai suoi compagni affinché sbocci il fiore della sua vita.
"Mio nonno dice che i ciliegi sono ciliegi, e i pruni sono pruni. Non importa che il loro aspetto sia diverso. Gli esseri umani, proprio come i fiori, non devono essere per forza tutti uguali. Ognuno deve sbocciare individualmente con le proprie forze! E' solo questo ciò che conta." [cit. Tanpopo]
Tanpopo è positiva. Sorride sempre, un po' perché è convinta della potenza di un semplice sorriso, un po' perché ha promesso alla sua defunta madre di sorridere in ogni occasione, sempre. Scoprirà, durante lo svolgimento della vicenda, che a volte sorridere alle avversità o all'ipocrisia della gente è dura. Ma la sua notevole fiducia nella bontà umana la porterà a credere che ognuno possa migliorare, basta concedere una possibilità.
Non sia mai che i temi trattati dalla Watase siano unici e fini a se stessi. Come la sensei ci ha abituato, all'interno delle sue opere è sempre presente una sottile critica alla società giapponese, spesso troppo classista, fredda, quasi come un robot. Attraverso il ritratto di una scuola completamente automatizzata, l'istituto Meio, emergono le figure di studenti chiusi nella loro mentalità, coi paraocchi, per niente disposti verso il prossimo e votati al potere e ai soldi.
Alle opere della Watase, dunque, va sempre applicata una doppia lettura. "Imadoki!" infatti può sembrare un semplice manga scolastico, senza nessuna particolarità vera e propria. Ma con un occhio più attento ci si accorge subito dei sentimenti nascosti nell'iride dei personaggi e dei consigli che l'autrice dispensa ai suoi fidati seguaci. Leggero, senza voler pretendere di trasmettere chissà quale verità, "Imadoki!" va dritto al cuore della gente, come i frammenti di un soffione volano via, verso l'infinito, se soffiati con dolcezza nel vento.
La storia è incentrata intorno a Tanpopo Yamazaki, una ragazza dell'Hokkaido, che riesce ad entrare tramite un test nella prestigiosa scuola Meio di Tokyo. Si trasferisce in un piccolo appartamento, dove abiterà insieme alla sua volpe Poplar. (N.B. In Hokkaido le volpi sono un animale comune.) Il giorno prima del suo ingresso nella nuova classe, incontra un ragazzo dallo spiccato pollice verde, che accudisce un soffione ("tanpopo" in giapponese): Koki Kugyo crede fermamente nell'amicizia tra l'uomo e le piante. La sua gentilezza e bellezza d'animo, intravista dalla nostra protagonista tramite l'affetto che profondeva nel cresce il soffione, spinge Tanpopo a desiderare di divenire sua amica. Dovrà però fare i conti con la posizione sociale di Kugyo, figlio del fondatore della scuola nella quale si è iscritta e di un'importante famiglia di Tokyo, e con la freddezza che la accoglie. Il carattere introverso di Kugyo, come diverrà chiaro a Tanpopo non molto dopo l'inizio della loro frequentazione "assidua", è dovuto principalmente alla mancanza di autenticità nei rapporti che il ragazzo ha costruito finora: tutte le persone che gli ruotano intorno sono false e interessate al suo patrimonio e alla sua posizione, nessuno è realmente incuriosito dalla sua persona e da ciò che gli piace fare. Sarà Tanpopo a spingere Kugyo ad avere fiducia nelle persone, ad appoggiarsi all'altro, a credere in un sentimento naturale e semplice come l'amicizia.
"Ciò che serve davvero alle piante è l'affetto. […] È come per gli esseri umani... se fai loro tante coccole, crescono!" [cit. Kugyo]
"Imadoki!" è una storia d'amicizia quindi, più che d'amore. Nonostante tra Tanpopo e Kugyo sbocci un sentimento più profondo, è l'amicizia tra i membri del club di giardinaggio, fondato per invogliare Kugyo a credere nell'altro, il centro dell'intera opera. Tanpopo sarà la chiave di cambiamento per ogni personaggio che incrocerà sul suo cammino, ma al contempo ne sarà essa stessa cambiata: non un personaggio statico, ma dinamico, la ragazza dal nome dei soffioni maturerà insieme ai suoi compagni affinché sbocci il fiore della sua vita.
"Mio nonno dice che i ciliegi sono ciliegi, e i pruni sono pruni. Non importa che il loro aspetto sia diverso. Gli esseri umani, proprio come i fiori, non devono essere per forza tutti uguali. Ognuno deve sbocciare individualmente con le proprie forze! E' solo questo ciò che conta." [cit. Tanpopo]
Tanpopo è positiva. Sorride sempre, un po' perché è convinta della potenza di un semplice sorriso, un po' perché ha promesso alla sua defunta madre di sorridere in ogni occasione, sempre. Scoprirà, durante lo svolgimento della vicenda, che a volte sorridere alle avversità o all'ipocrisia della gente è dura. Ma la sua notevole fiducia nella bontà umana la porterà a credere che ognuno possa migliorare, basta concedere una possibilità.
Non sia mai che i temi trattati dalla Watase siano unici e fini a se stessi. Come la sensei ci ha abituato, all'interno delle sue opere è sempre presente una sottile critica alla società giapponese, spesso troppo classista, fredda, quasi come un robot. Attraverso il ritratto di una scuola completamente automatizzata, l'istituto Meio, emergono le figure di studenti chiusi nella loro mentalità, coi paraocchi, per niente disposti verso il prossimo e votati al potere e ai soldi.
Alle opere della Watase, dunque, va sempre applicata una doppia lettura. "Imadoki!" infatti può sembrare un semplice manga scolastico, senza nessuna particolarità vera e propria. Ma con un occhio più attento ci si accorge subito dei sentimenti nascosti nell'iride dei personaggi e dei consigli che l'autrice dispensa ai suoi fidati seguaci. Leggero, senza voler pretendere di trasmettere chissà quale verità, "Imadoki!" va dritto al cuore della gente, come i frammenti di un soffione volano via, verso l'infinito, se soffiati con dolcezza nel vento.
Proteggi la mia Terra
6.0/10
Ho deciso di leggere "Proteggi la mia Terra" perché l'ho visto apparire nella top ten dei migliori manga degli anni ottanta secondo l'utenza di AnimeClick. Tale piazzamento si può comprendere in parte, trattandosi di un manga con una propria originalità, ben diverso dal tipico shojo scolastico, specialmente per l'introspezione psicologica dei protagonisti, assai più approfondita della media. Il tema classico della brava ragazza che si innamora del cattivo ragazzo ha sempre grande successo, ed è questo il tema portante di "Proteggi la mia Terra". Tuttavia, chi come il sottoscritto trova questo tema insopportabile - sono uno che ha droppato "Mars" di Fuyumi Soryo al primo volume - difficilmente troverà quest'opera molto appetibile. Chi è cresciuto con anime come Candy Candy, Lady Oscar, Georgie o Maya, pieni di eroine che non si facevano scoraggiare da nulla, che non avevano l'amore come unica ragione di vita, ma avevano una loro spiccata personalità e dei loro sogni, indipendentemente dal personaggio maschile di turno, difficilmente apprezzerà la protagonista di "Proteggi la mia Terra", la lagnosa Mokuren, che sembra esistere solo per salvare l'antipatico Shion.
Nel mio caso particolare, al fastidio verso i personaggi principali si somma anche una generale avversione verso le tematiche new age/mistico/religiose, che sono l'altro asse portante del manga. I molti spunti shonen-ai (come lo sfortunato ragazzo malato che piange in continuazione e viene consolato da un "fratello maggiore" virile e fascinoso, oppure il ragazzo effeminato che in una vita precedente era donna e quindi si innamora del suo migliore amico), certamente non aiutano. Saranno graditi al pubblico femminile, ma sembrano aggiunti più come fonte di fan service che come funzionali alla trama, tanto che si sarebbero potuti eliminare senza cambiamenti sostanziali al manga. Inoltre, qual è l'utilità del fratello della protagonista? A che servono Hiragi e Shusuran? Gli unici personaggi che vengono approfonditi fino allo sfinimento sono Mokuren e Shion, gli altri sono trascurati. Chi non sopporta le paranoie di Mokuren, convinta che Shion non la ami anche quando è chiarissimo che vale il contrario, chi non è soddisfatto dai comprimari, cosa può trovare di buono in "Proteggi la mia Terra"? Non molto, a dire il vero.
Il disegno non mi è piaciuto, ma questo è un elemento secondario nella mia scala di valutazione. Più grave è il finale: per tutto il manga il lettore si chiede che cosa ci sarà sulla base lunare (qualcosa che potrebbe causare la fine del mondo?) ma infine si scopre che non c'è nulla, che le password che vengono cercate con tanta fatica per decine di volumi sono inutili. Nonostante tutto il manga si legge, bene o male viene la voglia di seguire quello che succederà, non è prevedibile, anche se a volte risultano incomprensibili le reazioni dei personaggi, messe lì per il gusto del colpo di scena. È buona l'idea che non solo i protagonisti sognino le loro vite passate, ma anche che le vite passate sognino le vite future. Potrebbe essere interessante il personaggio dell'esper terrestre, M, ma è gettato lì e non viene sviluppato. Insomma c'è abbastanza per giustificare la sufficienza, ma non molto di più. Il problema è probabilmente più del lettore che del manga, e lo sconsiglio a chi è insensibile alle atmosfere di tristezza e nostalgia; incidentalmente, sconsiglio anche "Terra e..." di Keiko Takemiya, che sicuramente è un ispiratore di "Proteggi la mia Terra", permeato dalla stessa ossessiva nostalgia. Ma nostalgia di che?
Nel mio caso particolare, al fastidio verso i personaggi principali si somma anche una generale avversione verso le tematiche new age/mistico/religiose, che sono l'altro asse portante del manga. I molti spunti shonen-ai (come lo sfortunato ragazzo malato che piange in continuazione e viene consolato da un "fratello maggiore" virile e fascinoso, oppure il ragazzo effeminato che in una vita precedente era donna e quindi si innamora del suo migliore amico), certamente non aiutano. Saranno graditi al pubblico femminile, ma sembrano aggiunti più come fonte di fan service che come funzionali alla trama, tanto che si sarebbero potuti eliminare senza cambiamenti sostanziali al manga. Inoltre, qual è l'utilità del fratello della protagonista? A che servono Hiragi e Shusuran? Gli unici personaggi che vengono approfonditi fino allo sfinimento sono Mokuren e Shion, gli altri sono trascurati. Chi non sopporta le paranoie di Mokuren, convinta che Shion non la ami anche quando è chiarissimo che vale il contrario, chi non è soddisfatto dai comprimari, cosa può trovare di buono in "Proteggi la mia Terra"? Non molto, a dire il vero.
Il disegno non mi è piaciuto, ma questo è un elemento secondario nella mia scala di valutazione. Più grave è il finale: per tutto il manga il lettore si chiede che cosa ci sarà sulla base lunare (qualcosa che potrebbe causare la fine del mondo?) ma infine si scopre che non c'è nulla, che le password che vengono cercate con tanta fatica per decine di volumi sono inutili. Nonostante tutto il manga si legge, bene o male viene la voglia di seguire quello che succederà, non è prevedibile, anche se a volte risultano incomprensibili le reazioni dei personaggi, messe lì per il gusto del colpo di scena. È buona l'idea che non solo i protagonisti sognino le loro vite passate, ma anche che le vite passate sognino le vite future. Potrebbe essere interessante il personaggio dell'esper terrestre, M, ma è gettato lì e non viene sviluppato. Insomma c'è abbastanza per giustificare la sufficienza, ma non molto di più. Il problema è probabilmente più del lettore che del manga, e lo sconsiglio a chi è insensibile alle atmosfere di tristezza e nostalgia; incidentalmente, sconsiglio anche "Terra e..." di Keiko Takemiya, che sicuramente è un ispiratore di "Proteggi la mia Terra", permeato dalla stessa ossessiva nostalgia. Ma nostalgia di che?
Beck - Mongolian Chop Squad
10.0/10
Recensione di dawnraptor
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Beck MCS è un manga-fiume. Sono 34 volumi di capitoli lunghissimi, da una sessantina di pagine. Eppure, non una volta ho provato la sensazione della noia. Forse, a tratti, qualche moto di fastidio per alcune forzature che, all'interno di un racconto piuttosto realistico, stonano particolarmente, ma certo non noia.
Entusiasmante, direi, se dovessi usare una parola sola. Probabilmente una minima parte del mio gradimento deriva dal fatto che, nel mio piccolo, sono una can-tante pure io. Nel senso che sono tanta e canto da cani… Eppure, nel mio minuscolo universo di appartenente ad una band super amatoriale di cover rock, ho sperimentato molte delle dinamiche che vengono descritte qui, a livello di difficoltà di relazione nell'universo ristretto che è il gruppo musicale. Tenere insieme parecchie persone con uno scopo apparentemente comune ma con caratteri, esigenze, quotidianità e background diversi può rivelarsi quasi impossibile. Le forze centrifughe, a volte, hanno semplicemente la meglio, quando il bilancio costi-benefici pende più a favore dei primi. Forse per questo, fatti ovviamente i dovuti distinguo, mi sono particolarmente immedesimata in quest'opera.
Dopo un inizio un po' rude migliora progressivamente e i disegni ben presto diventano splendidi, una vera gioia per gli occhi, con tavole che raggiungono il sublime nella descrizione dei concerti, ma quello che veramente ho trovato appagante, più che la corsa dei nostri verso il successo, è il percorso di vita dei vari personaggi. Se lo sfigatello Koyuki, con impegno, sacrificio e dedizione, diventa uno degli assi portanti del gruppo musicale Beck, e non solo per le sue doti musicali, di Ryusuke, il chitarrista prodigio, veniamo a scoprire un passato ed un presente che definire particolari sarebbe un eufemismo. Anche gli altri membri della band hanno la loro puntata di gloria, e ben più d'una, sottolineando il fatto che, perché una band funzioni, è fondamentale l'apporto di tutti e che ciascuno, a modo suo, apporta qualcosa di unico e insostituibile alla chimica di un gruppo. Chiba docet. Ma l'accuratezza delle descrizioni dei personaggi non si ferma ai membri della band, dato che anche i comprimari e i secondari sono disegnati con pennellate indelebili. Dovessi dire quale personaggio mi è piaciuto di meno, punterei il dito sull'ex campione di nuoto/insegnante di chitarra, dipinto come un mezzo pervertito perennemente arrapato, per quanto di cuore d'oro: gli hanno fatto davvero un brutto servizio.
Ma le band musicali non agiscono nel vuoto, devono avere un pubblico per i loro concerti e degli acquirenti per i loro dischi e, prima ancora, delle case discografiche che investano su di loro per produrli. La dura legge del business dice che il mondo musicale è un sottobosco e, con rare e lodevoli eccezioni, pieno di loschi figuri che venderebbero la madre per un centesimo o di maneggioni rancorosi che metterebbero i bastoni fra le ruote a chiunque per vendicarsi di un torto subito. Chissà se è proprio così come ce lo descrivono, o magari peggio.
Quel che è certo è che, nella lettura del manga, non si sente la mancanza della musica. Ovvero: la musica non è necessaria per la riuscita della storia, tanto questa è ben raccontata e coinvolgente, ma si rimpiange di non sentirla per la curiosità che viene stuzzicata dalle descrizioni. Mi sa che l'unica soluzione è filare a cercare anche l'anime, non c'è storia!
Non sarebbe una recensione (perché, questo sproloquio lo è?) se non ci fossero anche lati negativi.
Diciamo allora che si notano, nel corso della storia, alcuni particolari piuttosto incongruenti, e a volte anche leggermente fastidiosi. Per esempio, c'è un periodo in cui Koyuki svolge talmente tanti compiti, nella giornata, che invece di ventiquattro ore ne servirebbero trentasei ad un adulto, e lui è solo un ragazzino. Il cane patchwork Beck che darà il nome alla band è un'impossibilità della natura, con o senza le spiegazioni che ad un certo punto ci danno. Punto. Ad un certo punto Ryusuke tenta di risolvere una questione spinosa con una scommessa. Benissimo, ma ripetere l'impresa alla fine del manga forse è un po' troppo. Anche la lotta continua contro Beck, portata avanti da Ran, alla fine diventa stucchevole e genera più di un moto di fastidio, tanto più che, alla fine, si tende a dimenticare perfino da cosa sia stata generata.
Si ha poi l'impressione, peraltro estendibile alla maggior parte delle opere, che dei ragazzini ampiamente minorenni abbiano un po' troppa libertà di movimento, sia che abbiano o che non abbiano i genitori… ma immagino che se non fosse così tre quarti dei manga non esisterebbero.
Sono, tutto sommato, peccati abbastanza veniali nella gestione di un'opera così magnifica e monumentale, facilmente perdonabili. Io li ho perdonati di buon cuore.
Per giungere finalmente a fine, sono rimasta catturata irrevocabilmente da quest'opera, che consiglio a tutti quanti non si lascino spaventare da una storia particolarmente lunga e senza colpi di scena sconvolgenti e battaglie epiche, ma che onestamente segue un percorso di crescita di una band nella sua scalata al successo, dove il successo non è necessariamente riferibile al solo consenso del pubblico.
Entusiasmante, direi, se dovessi usare una parola sola. Probabilmente una minima parte del mio gradimento deriva dal fatto che, nel mio piccolo, sono una can-tante pure io. Nel senso che sono tanta e canto da cani… Eppure, nel mio minuscolo universo di appartenente ad una band super amatoriale di cover rock, ho sperimentato molte delle dinamiche che vengono descritte qui, a livello di difficoltà di relazione nell'universo ristretto che è il gruppo musicale. Tenere insieme parecchie persone con uno scopo apparentemente comune ma con caratteri, esigenze, quotidianità e background diversi può rivelarsi quasi impossibile. Le forze centrifughe, a volte, hanno semplicemente la meglio, quando il bilancio costi-benefici pende più a favore dei primi. Forse per questo, fatti ovviamente i dovuti distinguo, mi sono particolarmente immedesimata in quest'opera.
Dopo un inizio un po' rude migliora progressivamente e i disegni ben presto diventano splendidi, una vera gioia per gli occhi, con tavole che raggiungono il sublime nella descrizione dei concerti, ma quello che veramente ho trovato appagante, più che la corsa dei nostri verso il successo, è il percorso di vita dei vari personaggi. Se lo sfigatello Koyuki, con impegno, sacrificio e dedizione, diventa uno degli assi portanti del gruppo musicale Beck, e non solo per le sue doti musicali, di Ryusuke, il chitarrista prodigio, veniamo a scoprire un passato ed un presente che definire particolari sarebbe un eufemismo. Anche gli altri membri della band hanno la loro puntata di gloria, e ben più d'una, sottolineando il fatto che, perché una band funzioni, è fondamentale l'apporto di tutti e che ciascuno, a modo suo, apporta qualcosa di unico e insostituibile alla chimica di un gruppo. Chiba docet. Ma l'accuratezza delle descrizioni dei personaggi non si ferma ai membri della band, dato che anche i comprimari e i secondari sono disegnati con pennellate indelebili. Dovessi dire quale personaggio mi è piaciuto di meno, punterei il dito sull'ex campione di nuoto/insegnante di chitarra, dipinto come un mezzo pervertito perennemente arrapato, per quanto di cuore d'oro: gli hanno fatto davvero un brutto servizio.
Ma le band musicali non agiscono nel vuoto, devono avere un pubblico per i loro concerti e degli acquirenti per i loro dischi e, prima ancora, delle case discografiche che investano su di loro per produrli. La dura legge del business dice che il mondo musicale è un sottobosco e, con rare e lodevoli eccezioni, pieno di loschi figuri che venderebbero la madre per un centesimo o di maneggioni rancorosi che metterebbero i bastoni fra le ruote a chiunque per vendicarsi di un torto subito. Chissà se è proprio così come ce lo descrivono, o magari peggio.
Quel che è certo è che, nella lettura del manga, non si sente la mancanza della musica. Ovvero: la musica non è necessaria per la riuscita della storia, tanto questa è ben raccontata e coinvolgente, ma si rimpiange di non sentirla per la curiosità che viene stuzzicata dalle descrizioni. Mi sa che l'unica soluzione è filare a cercare anche l'anime, non c'è storia!
Non sarebbe una recensione (perché, questo sproloquio lo è?) se non ci fossero anche lati negativi.
Diciamo allora che si notano, nel corso della storia, alcuni particolari piuttosto incongruenti, e a volte anche leggermente fastidiosi. Per esempio, c'è un periodo in cui Koyuki svolge talmente tanti compiti, nella giornata, che invece di ventiquattro ore ne servirebbero trentasei ad un adulto, e lui è solo un ragazzino. Il cane patchwork Beck che darà il nome alla band è un'impossibilità della natura, con o senza le spiegazioni che ad un certo punto ci danno. Punto. Ad un certo punto Ryusuke tenta di risolvere una questione spinosa con una scommessa. Benissimo, ma ripetere l'impresa alla fine del manga forse è un po' troppo. Anche la lotta continua contro Beck, portata avanti da Ran, alla fine diventa stucchevole e genera più di un moto di fastidio, tanto più che, alla fine, si tende a dimenticare perfino da cosa sia stata generata.
Si ha poi l'impressione, peraltro estendibile alla maggior parte delle opere, che dei ragazzini ampiamente minorenni abbiano un po' troppa libertà di movimento, sia che abbiano o che non abbiano i genitori… ma immagino che se non fosse così tre quarti dei manga non esisterebbero.
Sono, tutto sommato, peccati abbastanza veniali nella gestione di un'opera così magnifica e monumentale, facilmente perdonabili. Io li ho perdonati di buon cuore.
Per giungere finalmente a fine, sono rimasta catturata irrevocabilmente da quest'opera, che consiglio a tutti quanti non si lascino spaventare da una storia particolarmente lunga e senza colpi di scena sconvolgenti e battaglie epiche, ma che onestamente segue un percorso di crescita di una band nella sua scalata al successo, dove il successo non è necessariamente riferibile al solo consenso del pubblico.
Io l'ho trovato un bellissimo manga, anche se oggi è una sorta di Chimera, visto che è esauritissimo e la Planet proprio non vuole ristamparlo Ai tempi lo lessi in prestito, oggi lo comprerei se ne avessi la possibilità.
Beck lo leggevo ma l'ho interrotto dopo una decina di volumi perché costava troppo, all'epoca. Oggi mi piacerebbe riprenderlo, se ne avessi l'occasione. Non ne amavo molto i disegni, ma mi piacciono le storie sulle band musicali.
Imadoki l'ho trovato una delle migliori opere della Watase: scanzonato, corale, senza psicodrammi esagerati, morbose scene d'amore e protagonisti che si sparano le pose. Anzi, faceva pure morire dal ridere. Ecco, devo rileggerlo
Imadoki è una delle opere della Watase che meno mi piace, ma dato che mi piacciono tutte e molto, significa che mi piace comunque abbastanza! XD Non lo rileggo da tantissimi anni ma ricordo che non mi fece impazzire per personaggi e trama, senza contare che non lo trovai neanche particolarmente divertente. Tra i manga della Watase che pubblicò all'epoca la Play Press ho preferito di gran lunga Zettai Kareshi, quello davvero mi ha fatto ridere di gusto. Comunque dovrei rileggerlo (assieme ad Alice 19th), magari a distanza di anni lo vedrei con occhio diverso.
Quando ho visto quei tre numeri(sì, solo tre numeri, un mucchietto di volumi 11 e 12, e l'ultimo 10) mi si sono illuminati gli occhi, il proprietario(il santissimo della ia fumetteria di fiducia) l'ha guardato come a dire, ah, sì, ho qualcosa del genere ancora in lire.
Ho letto con piacere anche i contributi dei miei due colleghi di vetrina (cui chiede cortesemente di fingere di vedere lo scappellamento) anche se in nessuno dei due casi mi sento molto spinta a leggere i due manga. Beh, non è che Micheles abbia fatto di tutto per invogliare, neh? io e le lagne non andiamo molto d'accordo...
Ho letto anche Beck, uno dei manga più belli di sempre... Io l'ho amato profondamente, in ogni sua parte, non mi ha mai annoiata. Inoltre un manga musicale che riesce a trasmettere la musica come se suonasse per davvero è quanto di più meraviglioso possa esistere...
Complimenti e niente vergogna (scelta io )!
Una recensione davvero ottima. Non per il voto all'opera (che può piacere o meno) ma per come è stata scritta. Grazie per questa "melodia di parole" la cui lettura/"ascolto" si è rivelata una piacevole sorpresa.
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