Riprendiamo la rubrica in cui presentare le opere più apprezzate dai recensori di AnimeClick.it di un determinato periodo, filone o genere.
In questo appuntamento raccogliamo tutti i manga di fantascienza. Per l'inserimento in questa classifica non si è ritenuto obbligatorio che quello fantascientifico rappresentasse l'elemento principale dell'opera, bensì è stato considerato sufficiente che svolgesse un ruolo importante.
A seguire, una raccolta di recensioni di alcuni dei titoli in classifica.
Siete d'accordo con la classifica? Oppure ci sono opere sopravvalutato o manca qualche titolone imperdibile?
In questo appuntamento raccogliamo tutti i manga di fantascienza. Per l'inserimento in questa classifica non si è ritenuto obbligatorio che quello fantascientifico rappresentasse l'elemento principale dell'opera, bensì è stato considerato sufficiente che svolgesse un ruolo importante.
A seguire, una raccolta di recensioni di alcuni dei titoli in classifica.
Siete d'accordo con la classifica? Oppure ci sono opere sopravvalutato o manca qualche titolone imperdibile?
Pluto
10.0/10
Per secoli, anzi, millenni, abbiamo creduto di essere stati creati da qualche sorta di divinità e di avere un'anima. Divinità che ci indicavano cosa fosse giusto e cosa sbagliato, e dimensione attraverso la quale sentire cosa fosse buono e cosa cattivo.
E se noi stessi, esseri creati, diventassimo i creatori? Se riuscissimo noi a dar vita a degli esseri, come indicheremmo loro eventualmente la differenza tra il Bene e il Male?
Pluto, l'opera di Urasawa, si apre gettando ombre simili. È stato “ammazzato” un robot, ed è stato ammazzato un uomo. La mano sembra che sia la stessa dato che su entrambi i resti sono state conficcate delle specie di corna nel cranio. L'assassino potrebbe essere lo stesso, se non fosse per due grossi problemi di fondo: da un lato i robot sono programmati in modo tale da non poter uccidere gli esseri umani quindi l'assassino dovrebbe essere umano; dall'altro lato, il robot che è stato “ammazzato” era uno dei sette grandi robot della Terra, potenzialmente un'arma di distruzione di massa, perciò sembra improbabile che un uomo abbia potuto compiere un'azione del genere. Chi è allora il colpevole?
Urasawa rilegge la saga di Tezuka “Il più grande robot del mondo” partendo da qui, mostrandoci la vicenda attraverso gli occhi di Gesicht, il robot tedesco dell'interpol incaricato di investigare sul caso. Eppure non potremmo dire che si tratti del solo protagonista, bensì, e questa è una delle particolarità della serie, non c'è un vero e proprio protagonista, ma la vicenda è narrata anche attraverso le prospettive dei vari personaggi come Atom (Astroboy in Italia), il prof. Ochanomizu, il dott. Tenma, Epsylon, Uran, lo stesso Pluto.
Ciò è funzionale per illuminare i vari problemi della società in cui si svolgono le vicende: una società in cui i robot si possono sposare, ma solo tra di loro; in cui possono adottare figli, ma solo del loro stesso modello; in cui sono sfruttati per le loro capacità, ma a cui sono negati dei diritti fondamentali. Sembra strano affibbiare dei diritti a delle macchine, ma nel mondo di Pluto non solo i robot sono fisicamente uguali agli esseri umani, ma lo sviluppo dei loro software li sta avvicinando sempre più alle nostre facoltà, emozioni comprese: che siano l'interesse che provano per un nuovo giocattolo, l'affetto per i bambini e per i loro simili, gli ideali pacifisti. Ma nonostante queste conquiste c'è chi continua a vederli solo come un insieme di ingranaggi e niente più, individui addirittura pronti ad eliminarli.
E allora si capisce che la società illustrataci da Urasawa non è altro che la copia-carbone della nostra, in cui i robot non sono altro che i nostri “negri”, ”zingari”, ”immigrati” e via dicendo. Però sarebbe riduttivo considerare Pluto solo in base a questa chiave di lettura, sebbene sia quella che più mi ha colpito, dato che il manga è consigliabile non tanto per i vari ragionamenti che ci possono fare sopra ma, in primo luogo, per le emozioni che riesce a dare: credetemi, alcune pagine lasciano basiti e di stucco!
Se consideriamo anche la cura grafica non posso che consigliare questa miniserie e non solo agli estimatori dei manga, ma anche agli amanti del fumetto di qualsiasi genere.
E se noi stessi, esseri creati, diventassimo i creatori? Se riuscissimo noi a dar vita a degli esseri, come indicheremmo loro eventualmente la differenza tra il Bene e il Male?
Pluto, l'opera di Urasawa, si apre gettando ombre simili. È stato “ammazzato” un robot, ed è stato ammazzato un uomo. La mano sembra che sia la stessa dato che su entrambi i resti sono state conficcate delle specie di corna nel cranio. L'assassino potrebbe essere lo stesso, se non fosse per due grossi problemi di fondo: da un lato i robot sono programmati in modo tale da non poter uccidere gli esseri umani quindi l'assassino dovrebbe essere umano; dall'altro lato, il robot che è stato “ammazzato” era uno dei sette grandi robot della Terra, potenzialmente un'arma di distruzione di massa, perciò sembra improbabile che un uomo abbia potuto compiere un'azione del genere. Chi è allora il colpevole?
Urasawa rilegge la saga di Tezuka “Il più grande robot del mondo” partendo da qui, mostrandoci la vicenda attraverso gli occhi di Gesicht, il robot tedesco dell'interpol incaricato di investigare sul caso. Eppure non potremmo dire che si tratti del solo protagonista, bensì, e questa è una delle particolarità della serie, non c'è un vero e proprio protagonista, ma la vicenda è narrata anche attraverso le prospettive dei vari personaggi come Atom (Astroboy in Italia), il prof. Ochanomizu, il dott. Tenma, Epsylon, Uran, lo stesso Pluto.
Ciò è funzionale per illuminare i vari problemi della società in cui si svolgono le vicende: una società in cui i robot si possono sposare, ma solo tra di loro; in cui possono adottare figli, ma solo del loro stesso modello; in cui sono sfruttati per le loro capacità, ma a cui sono negati dei diritti fondamentali. Sembra strano affibbiare dei diritti a delle macchine, ma nel mondo di Pluto non solo i robot sono fisicamente uguali agli esseri umani, ma lo sviluppo dei loro software li sta avvicinando sempre più alle nostre facoltà, emozioni comprese: che siano l'interesse che provano per un nuovo giocattolo, l'affetto per i bambini e per i loro simili, gli ideali pacifisti. Ma nonostante queste conquiste c'è chi continua a vederli solo come un insieme di ingranaggi e niente più, individui addirittura pronti ad eliminarli.
E allora si capisce che la società illustrataci da Urasawa non è altro che la copia-carbone della nostra, in cui i robot non sono altro che i nostri “negri”, ”zingari”, ”immigrati” e via dicendo. Però sarebbe riduttivo considerare Pluto solo in base a questa chiave di lettura, sebbene sia quella che più mi ha colpito, dato che il manga è consigliabile non tanto per i vari ragionamenti che ci possono fare sopra ma, in primo luogo, per le emozioni che riesce a dare: credetemi, alcune pagine lasciano basiti e di stucco!
Se consideriamo anche la cura grafica non posso che consigliare questa miniserie e non solo agli estimatori dei manga, ma anche agli amanti del fumetto di qualsiasi genere.
Eden - It's an Endless World!
10.0/10
È difficile dire quale sia il manga più bello che si abbia mai letto dopo avere una discreta conoscenza in materia. Ogni manga stimola determinate emozioni e quello che ci riesce meglio entra nel personale alveo dei preferiti. Scegliere però, nella propria personale classifica, quale sia in assoluto il più bello è un compito a dir poco improbo.
Dopo avere letto Eden io però ho sgomberato il campo da qualsiasi dubbio in merito: è questo il mio manga preferito in assoluto.
Eden è il manga che ha consacrato in tutto il mondo il talento più unico che raro di Hiroki Endo. Un autentico narratore che con quest'opera ha messo insieme tutti gli spunti dei più famosi manga cyber punk e fantascientifici, riuscendo però a creare qualcosa di estremamente originale e, a mio avviso, inimitabile. In Eden infatti si può ritrovare la narrazione distopica e la denuncia sociale di Katsuiro Otomo, il gusto per le trame complesse e il maniacale dettaglio tecnologico di Masamune Shirow e infine la filosofia di fondo di Neon Genesis Evangelion (d'altronde è lo stesso Endo ad ammettere che questo anime ha detto tutto quello che aveva sempre voluto dire lui).
Eden è ambientato in un ipotetico futuro dove un virus, il Closer Virus, sta mietendo milioni di vittime nel mondo e tutti ormai danno per spacciato il genere umano. Tuttavia l'umanità supera anche questa prova e l'organizzazione che aveva scoperto che il male era il frutto di un laboratorio di armi chimiche, Propater, adesso detta l'ordine mondiale tramite una federazione di stati membri. In questo nuovo quadro, che vede però come sempre il perpetrarsi di guerre, ingiustizie e povertà, si muovono i protagonisti del manga e soprattutto Elia, il protagonista.
È in effetti svilente riassumere la trama di Eden. Nei suoi diciotto tankobon infatti si sviluppa una trama complessa, ramificata in mille sotto-trame una più bella e drammatica dell'altra, che dà forma ad un vero e proprio dramma corale e globalizzato. Perché è questo fondamentalmente il segreto della bellezza di Eden e il motivo per cui lo reputo il più bel manga che abbia mai letto: la ricchezza dell'esperienza. Non esiste un manga più appagante di Eden, un'opera dove si abbracciano una miriade di temi senza che niente vada ad intaccare la coerenza della storia principale e la sua atmosfera. C'è di tutto in questo manga: la mafia, la droga, la prostituzione, gli slums del Sud America, la ricchezza dell'Occidente, la pulizia etnica, la politica, l'amore, il sesso, la morte, la crescita, i sogni... tutto in un'unica storia. Tutto tenuto mirabilmente insieme dalla morale di fondo dell'opera: la ricerca della felicità.
Come detto prima, Eden ha fondamentalmente la filosofia intrinseca di Evangelion, ma se Hiroki Endo ha trovato il modo per esprimere quello che l'anime di Hideaki Anno aveva detto al suo posto è perché questa cosiddetta ricerca della felicità nel suo manga è svolta in maniera diametralmente opposta. In Eden gli ostacoli alla felicità dei protagonisti non sono i loro demoni interiori, ma cose molto più concrete come la povertà estrema, la tossicodipendenza, le discriminazioni, le guerre. E Dio non è come in Evangelion un elemento per rendere più esotica la trama. Dio e tutte le religioni sono qui descritte solo come le entità astratte a cui gli uomini chiedono consolazione dinanzi all'assurdità del dolore. Dolore che nasce dalla consapevolezza che quella felicità, quella Terra Promessa il cui raggiungimento è lo scopo ultimo della vita di tutti è ormai preclusa. Ma in un mondo dove non c'è spazio per la pace e la giustizia, dove a vincere è sempre la legge del più forte, è possibile pensare di trovare il proprio Eden o forse non è giunto il momento di andare altrove - questa la domanda ultima del manga -?
Dal punto di vista grafico Eden è disegnato in maniera splendida. Lo stile, che a detta dello stesso autore ha più di un debito con Otomo, è votato al realismo più assoluto e come la trama ha la forza di urlare e denunciare le cose come stanno, così anche i disegni non fanno niente per indorare la pillola. Le scene di violenza per esempio sono estreme e brutali, e anche quelle di sesso non la mandano a dire, ma non c'è malizia, non c'è niente di erotico o di consolatorio. Endo mostra la realtà in un caso come nell'altro per quella che è. A tutto ciò si unisce una regia delle vignette cinematografica, che sa dare il giusto ritmo ad ogni tipo di momento, che sia di azione o che sia più riflessivo. Tavole così ben orchestrate che permettono a dialoghi affilati come rasoi di far esplodere tutta la forza drammatica di quest'opera.
A mio avviso Eden è il manga che tutti dovrebbero leggere prima di affibbiare a questo o a quest'altro fumetto la targhetta di capolavoro. Solo solo per vedere come il confronto diventi impietoso a partire dalla prima tavola.
Straordinario.
Dopo avere letto Eden io però ho sgomberato il campo da qualsiasi dubbio in merito: è questo il mio manga preferito in assoluto.
Eden è il manga che ha consacrato in tutto il mondo il talento più unico che raro di Hiroki Endo. Un autentico narratore che con quest'opera ha messo insieme tutti gli spunti dei più famosi manga cyber punk e fantascientifici, riuscendo però a creare qualcosa di estremamente originale e, a mio avviso, inimitabile. In Eden infatti si può ritrovare la narrazione distopica e la denuncia sociale di Katsuiro Otomo, il gusto per le trame complesse e il maniacale dettaglio tecnologico di Masamune Shirow e infine la filosofia di fondo di Neon Genesis Evangelion (d'altronde è lo stesso Endo ad ammettere che questo anime ha detto tutto quello che aveva sempre voluto dire lui).
Eden è ambientato in un ipotetico futuro dove un virus, il Closer Virus, sta mietendo milioni di vittime nel mondo e tutti ormai danno per spacciato il genere umano. Tuttavia l'umanità supera anche questa prova e l'organizzazione che aveva scoperto che il male era il frutto di un laboratorio di armi chimiche, Propater, adesso detta l'ordine mondiale tramite una federazione di stati membri. In questo nuovo quadro, che vede però come sempre il perpetrarsi di guerre, ingiustizie e povertà, si muovono i protagonisti del manga e soprattutto Elia, il protagonista.
È in effetti svilente riassumere la trama di Eden. Nei suoi diciotto tankobon infatti si sviluppa una trama complessa, ramificata in mille sotto-trame una più bella e drammatica dell'altra, che dà forma ad un vero e proprio dramma corale e globalizzato. Perché è questo fondamentalmente il segreto della bellezza di Eden e il motivo per cui lo reputo il più bel manga che abbia mai letto: la ricchezza dell'esperienza. Non esiste un manga più appagante di Eden, un'opera dove si abbracciano una miriade di temi senza che niente vada ad intaccare la coerenza della storia principale e la sua atmosfera. C'è di tutto in questo manga: la mafia, la droga, la prostituzione, gli slums del Sud America, la ricchezza dell'Occidente, la pulizia etnica, la politica, l'amore, il sesso, la morte, la crescita, i sogni... tutto in un'unica storia. Tutto tenuto mirabilmente insieme dalla morale di fondo dell'opera: la ricerca della felicità.
Come detto prima, Eden ha fondamentalmente la filosofia intrinseca di Evangelion, ma se Hiroki Endo ha trovato il modo per esprimere quello che l'anime di Hideaki Anno aveva detto al suo posto è perché questa cosiddetta ricerca della felicità nel suo manga è svolta in maniera diametralmente opposta. In Eden gli ostacoli alla felicità dei protagonisti non sono i loro demoni interiori, ma cose molto più concrete come la povertà estrema, la tossicodipendenza, le discriminazioni, le guerre. E Dio non è come in Evangelion un elemento per rendere più esotica la trama. Dio e tutte le religioni sono qui descritte solo come le entità astratte a cui gli uomini chiedono consolazione dinanzi all'assurdità del dolore. Dolore che nasce dalla consapevolezza che quella felicità, quella Terra Promessa il cui raggiungimento è lo scopo ultimo della vita di tutti è ormai preclusa. Ma in un mondo dove non c'è spazio per la pace e la giustizia, dove a vincere è sempre la legge del più forte, è possibile pensare di trovare il proprio Eden o forse non è giunto il momento di andare altrove - questa la domanda ultima del manga -?
Dal punto di vista grafico Eden è disegnato in maniera splendida. Lo stile, che a detta dello stesso autore ha più di un debito con Otomo, è votato al realismo più assoluto e come la trama ha la forza di urlare e denunciare le cose come stanno, così anche i disegni non fanno niente per indorare la pillola. Le scene di violenza per esempio sono estreme e brutali, e anche quelle di sesso non la mandano a dire, ma non c'è malizia, non c'è niente di erotico o di consolatorio. Endo mostra la realtà in un caso come nell'altro per quella che è. A tutto ciò si unisce una regia delle vignette cinematografica, che sa dare il giusto ritmo ad ogni tipo di momento, che sia di azione o che sia più riflessivo. Tavole così ben orchestrate che permettono a dialoghi affilati come rasoi di far esplodere tutta la forza drammatica di quest'opera.
A mio avviso Eden è il manga che tutti dovrebbero leggere prima di affibbiare a questo o a quest'altro fumetto la targhetta di capolavoro. Solo solo per vedere come il confronto diventi impietoso a partire dalla prima tavola.
Straordinario.
Gunslinger Girl
9.0/10
Recensione di AkiraSakura
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In un universo alternativo in cui l'Italia dei giorni nostri è ancora dilaniata dal terrorismo, come lo era in passato negli anni di piombo, un istituto alle dirette dipendenze del governo detto "ente per il benessere sociale" utilizza come sicari delle bambine cyborg al fine di fare contro-spionaggio, contro-terrorismo e di lottare contro gli indipendentisti, un violento gruppo terroristico di estrema destra che reclama l'indipendenza dal sud Italia. Le bambine cyborg, dette "marionette" a causa del forte condizionamento mentale che subiscono dall'ente, il quale vuole far di esse delle perfette macchine per uccidere, sono tutte degli ex rifiuti umani senza possibilità di avere un futuro: alcune sono state vittime di stupro, altre impossibilitate a realizzare i propri sogni a causa di malformazioni fisiche, altre ancora vittime di gravi handicap e situazioni familiari "borderline". Tuttavia, il condizionamento sembra non funzionare alla perfezione, e le "marionette" si ritroveranno a fare i conti con il loro triste passato sepolto, con le passioni umane soppresse, con quella calorosa umanità che il mondo fatto di odio e intolleranza creato dagli adulti vuole in tutti i modi distruggere.
"Gunslinger Girl" è un thriller poliziesco di stampo psicologico che offre molti spunti di riflessione su molteplici tematiche molto difficili da affrontare, che si spingono dal razzismo e dalla vendetta fino ad arrivare al senso vero e proprio della stessa vita. Il manga è liberamente ispirato a vicende realmente accadute in Italia: non mancano riferimenti all'omicidio di Falcone e Borsellino (si pensi al cosiddetto caso Croce), allo strapotere mediatico di Silvio Berlusconi, alle Brigate Rosse, alla corruzione della classe politica, all'ideale della "Padania libera" perpetuato da un certo partito politico del quale il lettore avrà sicuramente intuito il nome in modo autonomo.
Ogni "marionetta" viene affidata ad un "fratello", ovvero un ufficiale addestrato che ha pieno potere su di lei. Alcuni "fratelli" utilizzano le loro bambine killer come se fossero solamente delle fredde armi umanoidi e nulla di più, talvolta trattandole male e offendendole, provocando in loro tormenti interiori degni di nota; altri, invece, rivedendo ad esempio nella loro piccola subordinata cyborg la sorellina defunta, si affezioneranno e la tratteranno come un vero e proprio essere umano (si pensi a Giuseppe Croce e Henrietta). Il punto chiave del rapporto tra le "marionette" ed il loro "fratello" è una questione sottile: sembra infatti che i tutori delle bambine siano anch'essi dei relitti umani dal passato triste, in quanto molti di essi erano stati vittime di atti terroristici, della malavita, di una società malata; anche i "fratelli" a loro volta sono delle "marionette" condizionate dal dolore della perdita, della crudeltà straziante della realtà dell'odio e dell'intolleranza. In questo caso non è l'ente in sé a condizionarli, ma il mondo esterno all'ente, il passato, il bisogno di vendetta.
Le sfortunate bambine killer, che incarnano il contrasto perfetto tra purezza, innocenza e perdita dell'umanità - esse sono infatti pure e innocenti, ma allo stesso tempo assassine dalla psicologia fragile -, vengono catalogate dall'ente come "marionette di prima generazione", e sono caratterizzate da una durata vitale molto breve, che rende la loro condizione ancora più tragica di quanto lo sia già. A circa metà manga comparirà una "marionetta" di seconda generazione, Petrushka, una ex ballerina di sedici anni che ha dovuto rinunciare al suo sogno a causa di un tumore maligno, successivamente resa un cyborg e condizionata in modo più leggero delle altre. Assieme al suo "fratello" Sandro è indubbiamente il personaggio meglio riuscito del manga, che firmerà assieme al suo partner dei momenti carichi di poesia, umorismo, drammaticità, ricerca del senso delle cose e della stessa identità personale; - Sandro infatti è un ex spia che ha studiato psicologia e ha inglobato in sé interessi a lui alieni, al fine di poter comprendere appieno le altre persone, in modo tale da far leva sui loro interessi per poi sfruttarle, carpendo loro informazioni importanti sul boss mafioso di turno. Questo fatto genererà non pochi problemi nell'essenza della sua vera identità di trasformista dedito unicamente all'adattamento, di essere/non essere che è tutto ma allo stesso tempo è nulla. Tuttavia, la storia d'amore tragica che avrà con Petrushka lo cambierà in modo profondo: si vedrà una vera e propria crescita e sviluppo dei due ottimi personaggi, fino al poetico e struggente epilogo del quindicesimo volume.
"Gunslinger Girl" è un manga con una buona dose d'azione, pieno di colpi di scena, che tuttavia riesce a diventare anche estremamente poetico, catartico: si pensi ad alcune bellissime tavole in cui alcuni paesaggi italiani vengono raffigurati in tutta la loro bellezza, mentre le riflessioni delle protagoniste forniscono quel valore aggiunto che rende l'opera anche filosofica, impegnata, alla ricerca di un senso delle cose, delle reminiscenze indelebili, dei ricordi e delle affezioni; - la storia del carabiniere pescatore e del suo rapporto con la rispettiva bambina cyborg, che, osservando la calma della brezza che accarezzava il lago in cui andava a pescare prima di perdere la memoria, sente quel calore umano che il condizionamento le impedisce di ricordare appieno. Cosa c'è al di là delle reminiscenze che le strutture della nostra mente, delle influenze esterne, della stessa natura, inevitabilmente fanno deperire? - Il caldo giusto sta nel calore umano - direbbe una bellissima canzone anni '70 dal sapore mediterraneo scritta da Magol e cantata da Alberto Radius, che perfettamente si adatta alle sensazioni che trasmette questo manga.
I riferimenti alla cultura italiana presenti nel manga, uniti a quelli impeccabili relativi al suo retroscena politico presente e passato sono da ammirare; tuttavia è interessante notare come i personaggi di "Gunslinger Girl" siano tutti estremamente giapponesi nonostante portino nomi italiani; lo sono nel loro modo di porsi, di concepire l'onore e il rispetto, di affrontare la vita. Gli stessi indipendentisti non sono delle persone superficiali e opportuniste, figlie della società dei consumi e della tipica mentalità italiana, ma sono assimilabili a dei samurai che combattono in ciò che credono a discapito della loro stessa vita, per quanto la loro ideologia sia palesemente sbagliata. Idem per i tormentati "fratelli", che sembrano quasi dei moderni ronin in cerca di vendetta che praticano stoicamente la via del bushido.
La struttura del manga consiste in episodi autoconclusivi incentrati ogni volta su personaggi diversi, linee che si intrecciano in modo sapiente fino a congiungersi nell'adrenalinico rush contro-terroristico del quattordicesimo volume (si parla addirittura di minaccia atomica e radiazioni infettive), dopo al quale si separano nuovamente, per poi sfociare nello splendido e commovente finale multiplo del quindicesimo volume: ogni personaggio avrà un finale a sé stante, il migliore dei quali a mio avviso è quello riguardante la storia di Sandro e Petrushka, assolutamente indelebile e sublime. Da citare sono gli episodi della saga di Pinocchio, in cui la fiaba del famoso burattino bugiardo di Collodi viene rielaborata in chiave malavitosa; anche in questo spiazzante intermezzo si nota come l'autore abbia costruito con molta cura le psicologie di tutti i personaggi: ad esempio lo spietato boss mafioso che comanda tutto da dietro le quinte viene altresì dipinto come una persona sola, vuota, in grado di provare sentimenti assai contrastanti.
Dei disegni non mi lamento affatto, sono nella media e funzionali a quanto raccontato. Il design kawaii delle protagoniste contribuisce a rafforzare quel suddetto crudele contrasto tra l'innocenza della bambina e la più completa anti-innocenza dell'assassino; inoltre globalmente la resa grafica a mio avviso migliora nel corso dei volumi. Le scene di combattimento sono comunque sempre di qualità e molto dinamiche, da puro poliziesco d'azione.
In conclusione, questa si tratta di un'ottima lettura impegnata, una di quelle poche che alla fine lasciano qualcosa. Non si tratta di intrattenimento fine a se stesso, ma di qualcosa di molto più profondo. Se togliamo i disegni e le vignette, abbiamo comunque tra le mani un'ottimo romanzo thriller psicologico, che a tratti diventa pure filosofico e carico di stimoli verso molteplici riflessioni. Insomma, una gran bella lettura.
NB: Purtroppo, l'ottima edizione d/visual di questo manga è stata interrotta al decimo volume a causa del fallimento dell'azienda. Pertanto, per conoscere il finale è necessario integrare con le scan. Ne vale veramente la pena, siccome il fumetto è stato interrotto proprio sul più bello, e migliora esponenzialmente fino alla fine. Lasciarlo a metà non avrebbe senso, in quanto nel finale tutti i nodi tornano al pettine.
"Gunslinger Girl" è un thriller poliziesco di stampo psicologico che offre molti spunti di riflessione su molteplici tematiche molto difficili da affrontare, che si spingono dal razzismo e dalla vendetta fino ad arrivare al senso vero e proprio della stessa vita. Il manga è liberamente ispirato a vicende realmente accadute in Italia: non mancano riferimenti all'omicidio di Falcone e Borsellino (si pensi al cosiddetto caso Croce), allo strapotere mediatico di Silvio Berlusconi, alle Brigate Rosse, alla corruzione della classe politica, all'ideale della "Padania libera" perpetuato da un certo partito politico del quale il lettore avrà sicuramente intuito il nome in modo autonomo.
Ogni "marionetta" viene affidata ad un "fratello", ovvero un ufficiale addestrato che ha pieno potere su di lei. Alcuni "fratelli" utilizzano le loro bambine killer come se fossero solamente delle fredde armi umanoidi e nulla di più, talvolta trattandole male e offendendole, provocando in loro tormenti interiori degni di nota; altri, invece, rivedendo ad esempio nella loro piccola subordinata cyborg la sorellina defunta, si affezioneranno e la tratteranno come un vero e proprio essere umano (si pensi a Giuseppe Croce e Henrietta). Il punto chiave del rapporto tra le "marionette" ed il loro "fratello" è una questione sottile: sembra infatti che i tutori delle bambine siano anch'essi dei relitti umani dal passato triste, in quanto molti di essi erano stati vittime di atti terroristici, della malavita, di una società malata; anche i "fratelli" a loro volta sono delle "marionette" condizionate dal dolore della perdita, della crudeltà straziante della realtà dell'odio e dell'intolleranza. In questo caso non è l'ente in sé a condizionarli, ma il mondo esterno all'ente, il passato, il bisogno di vendetta.
Le sfortunate bambine killer, che incarnano il contrasto perfetto tra purezza, innocenza e perdita dell'umanità - esse sono infatti pure e innocenti, ma allo stesso tempo assassine dalla psicologia fragile -, vengono catalogate dall'ente come "marionette di prima generazione", e sono caratterizzate da una durata vitale molto breve, che rende la loro condizione ancora più tragica di quanto lo sia già. A circa metà manga comparirà una "marionetta" di seconda generazione, Petrushka, una ex ballerina di sedici anni che ha dovuto rinunciare al suo sogno a causa di un tumore maligno, successivamente resa un cyborg e condizionata in modo più leggero delle altre. Assieme al suo "fratello" Sandro è indubbiamente il personaggio meglio riuscito del manga, che firmerà assieme al suo partner dei momenti carichi di poesia, umorismo, drammaticità, ricerca del senso delle cose e della stessa identità personale; - Sandro infatti è un ex spia che ha studiato psicologia e ha inglobato in sé interessi a lui alieni, al fine di poter comprendere appieno le altre persone, in modo tale da far leva sui loro interessi per poi sfruttarle, carpendo loro informazioni importanti sul boss mafioso di turno. Questo fatto genererà non pochi problemi nell'essenza della sua vera identità di trasformista dedito unicamente all'adattamento, di essere/non essere che è tutto ma allo stesso tempo è nulla. Tuttavia, la storia d'amore tragica che avrà con Petrushka lo cambierà in modo profondo: si vedrà una vera e propria crescita e sviluppo dei due ottimi personaggi, fino al poetico e struggente epilogo del quindicesimo volume.
"Gunslinger Girl" è un manga con una buona dose d'azione, pieno di colpi di scena, che tuttavia riesce a diventare anche estremamente poetico, catartico: si pensi ad alcune bellissime tavole in cui alcuni paesaggi italiani vengono raffigurati in tutta la loro bellezza, mentre le riflessioni delle protagoniste forniscono quel valore aggiunto che rende l'opera anche filosofica, impegnata, alla ricerca di un senso delle cose, delle reminiscenze indelebili, dei ricordi e delle affezioni; - la storia del carabiniere pescatore e del suo rapporto con la rispettiva bambina cyborg, che, osservando la calma della brezza che accarezzava il lago in cui andava a pescare prima di perdere la memoria, sente quel calore umano che il condizionamento le impedisce di ricordare appieno. Cosa c'è al di là delle reminiscenze che le strutture della nostra mente, delle influenze esterne, della stessa natura, inevitabilmente fanno deperire? - Il caldo giusto sta nel calore umano - direbbe una bellissima canzone anni '70 dal sapore mediterraneo scritta da Magol e cantata da Alberto Radius, che perfettamente si adatta alle sensazioni che trasmette questo manga.
I riferimenti alla cultura italiana presenti nel manga, uniti a quelli impeccabili relativi al suo retroscena politico presente e passato sono da ammirare; tuttavia è interessante notare come i personaggi di "Gunslinger Girl" siano tutti estremamente giapponesi nonostante portino nomi italiani; lo sono nel loro modo di porsi, di concepire l'onore e il rispetto, di affrontare la vita. Gli stessi indipendentisti non sono delle persone superficiali e opportuniste, figlie della società dei consumi e della tipica mentalità italiana, ma sono assimilabili a dei samurai che combattono in ciò che credono a discapito della loro stessa vita, per quanto la loro ideologia sia palesemente sbagliata. Idem per i tormentati "fratelli", che sembrano quasi dei moderni ronin in cerca di vendetta che praticano stoicamente la via del bushido.
La struttura del manga consiste in episodi autoconclusivi incentrati ogni volta su personaggi diversi, linee che si intrecciano in modo sapiente fino a congiungersi nell'adrenalinico rush contro-terroristico del quattordicesimo volume (si parla addirittura di minaccia atomica e radiazioni infettive), dopo al quale si separano nuovamente, per poi sfociare nello splendido e commovente finale multiplo del quindicesimo volume: ogni personaggio avrà un finale a sé stante, il migliore dei quali a mio avviso è quello riguardante la storia di Sandro e Petrushka, assolutamente indelebile e sublime. Da citare sono gli episodi della saga di Pinocchio, in cui la fiaba del famoso burattino bugiardo di Collodi viene rielaborata in chiave malavitosa; anche in questo spiazzante intermezzo si nota come l'autore abbia costruito con molta cura le psicologie di tutti i personaggi: ad esempio lo spietato boss mafioso che comanda tutto da dietro le quinte viene altresì dipinto come una persona sola, vuota, in grado di provare sentimenti assai contrastanti.
Dei disegni non mi lamento affatto, sono nella media e funzionali a quanto raccontato. Il design kawaii delle protagoniste contribuisce a rafforzare quel suddetto crudele contrasto tra l'innocenza della bambina e la più completa anti-innocenza dell'assassino; inoltre globalmente la resa grafica a mio avviso migliora nel corso dei volumi. Le scene di combattimento sono comunque sempre di qualità e molto dinamiche, da puro poliziesco d'azione.
In conclusione, questa si tratta di un'ottima lettura impegnata, una di quelle poche che alla fine lasciano qualcosa. Non si tratta di intrattenimento fine a se stesso, ma di qualcosa di molto più profondo. Se togliamo i disegni e le vignette, abbiamo comunque tra le mani un'ottimo romanzo thriller psicologico, che a tratti diventa pure filosofico e carico di stimoli verso molteplici riflessioni. Insomma, una gran bella lettura.
NB: Purtroppo, l'ottima edizione d/visual di questo manga è stata interrotta al decimo volume a causa del fallimento dell'azienda. Pertanto, per conoscere il finale è necessario integrare con le scan. Ne vale veramente la pena, siccome il fumetto è stato interrotto proprio sul più bello, e migliora esponenzialmente fino alla fine. Lasciarlo a metà non avrebbe senso, in quanto nel finale tutti i nodi tornano al pettine.
La Fenice
10.0/10
Recensione di Caniderrimo
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"La saga <i>La Fenice</i> parla della persistenza della vita in ogni momento, ma racconta anche la storia del suo creatore, e del Giappone moderno. È una storia di scoperta, sviluppo, distruzione, reinvenzione, e della determinazione a vivere al massimo ogni singolo minuto."
(Helen McCarthy, da Icon: Osamu Tezuka, il dio del manga)
<b>Storia</b>
Nel 1954 su <i>Manga Shonen</i> apparve un fumetto a puntate chiamato <i>Hi no Tori</i>, ispirato alla leggenda della Fenice ed al cartone animato russo del 1947 <i>Il cavallo matto</i> di Ivan Ivanov-Vano. A causa della chiusura della rivista venne però interrotto dopo soli otto episodi.
Nondimeno a Tezuka questa idea piaceva molto e quando nel 1956 la rivista <i>Shojo Club</i> lo contattò perché scrivesse una nuova storia sulla scia del successo ottenuto dalla <i>Principessa Zaffiro</i>, pensò di riutilizzare il medesimo soggetto.
I tre racconti che furono prodotti parlano di un principe egiziano e di una schiava che bevendo il sangue dell'Uccello di fuoco ottengono tremila anni di vita e che attraverso una serie di reincarnazioni vengono destinati ad incontrarsi ed innamorarsi continuamente l'un l'altra.
Per nostra fortuna la cosa non terminò qui e Tezuka decise di utilizzare la Fenice per creare un'opera che coprisse l'intera storia dell'umanità. Iniziò così a riorganizzare quel suo primo racconto a puntate e lo pubblicò su <i>COM</i>, rivista da lui stesso fondata, nel 1967.
L'<i>Alba</i> divenne così il primo capitolo ufficiale di quella che Tezuka disse poi di considerare il lavoro della sua vita e venne seguito negli anni successivi da altre storie. Nel 1973 però <i>COM</i> fallì e a Tezuka venne proposto di continuare a pubblicare <i>La Fenice</i> su <i>Kibo-no-Tomo</i>, ma lui ritenne che i temi trattati in quest'opera fossero troppo complicati per essere pienamente compresi dai suoi giovani lettori, così al suo posto propose <i>Budda</i>, una biografia romanzata della vita di Siddharta.
Nonostante questo, e pur essendo sempre oberato da numerosissimi incarichi, continuerà a scrivere nuovi episodi di <i>Hi no Tori</i> fino alla morte, testimoniando quanto per lui fosse importante questa saga.
<b>Trama</b>
Le diverse storie di cui si compone la Fenice si possono distinguere in due filoni fondamentali: quello storico e quello fantascientifico.
Tezuka le scrisse alternandole l'una all'altra e facendole avvicinare temporalmente sempre più tra loro. Se infatti l'<i>Alba</i> (i primi due volumi) ci parla delle origini preistoriche del Giappone ed il <i>Futuro</i> (il terzo volume) dell'ultimo giorno della specie umana, i racconti storici successivi avanzano cronologicamente rispetto ai precedenti, mentre quelli fantascientifici retrocedono sempre più nel tempo. In questo modo l'autore aveva intenzione di arrivare a parlare del presente, chiudendo il ciclo di quest'epica cosmica con ciò che gli stava più a cuore, ovvero i problemi della sua epoca.
La morte gli impedì di portare a termine questo progetto e tuttavia il <i>Sole</i>, pubblicato postumo, rappresenta nondimeno un finale ideale. In questo infatti ci viene presentata una storia in cui il protagonista nel 663 d.C. sogna il suo alter ego che agisce nel futuro, e quindi un racconto che unisce i due filoni chiudendo a modo suo il ciclo.
Questo libro ha poi anche un'ulteriore particolarità rispetto agli altri: qui non è presente quella de-mitizzazione che si ritrova in quelli precedenti. Gli esseri mitologici e gli dei della tradizione Giapponese, che in precedenza venivano interpretati da esseri umani, nel <i>Sole</i> si manifestano in un numero e in una quantità di forme infinite, a cominciare dallo stesso protagonista, un uomo-lupo molto sui generis.
A dire il vero già negli <i>Esseri Fantastici</i> le creature mitiche erano stati rappresentate nella forma che imponeva loro la tradizione, ma per farlo Tezuka era ricorso ad un escamotage che in qualche modo giustificava la loro presenza. Al contrario nel <i>Sole</i> non è data alcuna spiegazione per la loro esistenza se non il fatto stesso che esistono.
<b>Temi principali</b>
I temi che tratta <i>La Fenice</i> sono davvero numerosi, ma il principale è senza dubbio il rispetto e la dignità della vita di tutte le creature del cosmo. Certo molti altri fanno la loro comparsa tra le sue pagine, eppure tutti (il pacifismo, il problema della vita artificiale, rappresentato da vari robot ed esperimenti genetici, la vanità degli uomini, l'amore, l'odio, la redenzione e molti ancora) derivano essenzialmente da questo.
Innegabile è poi la forte influenza che il pensiero buddista ha avuto su tutta l'opera, tanto che alcuni libri sono in larga parte dedicati all'analisi della trasformazione del buddismo dal punto di vista storico. Palese è la critica contro la decadenza dilagante tra i monaci ed i templi che si fanno invischiare negli affari mondani e desiderano acquisire un potere temporale tradendo così la loro vocazione spirituale. Il culmine di tutta questa invettiva è forse la scelta del bonzo Rôben di diventare un budda vivente (Sokushinbutsu) nel <i>Mito</i> (volumi 5 e 6).
<b>Personaggi</b>
Nonostante l'elevatissimo numero di personaggi, tutti ottimamente caratterizzati, che popolano i mondi della <i>Fenice</i> nessuno riesce ad elevarsi al di sopra degli altri e questo, a dispetto di ciò che potrebbe sembrare, è un grandissimo pregio. Il vero protagonista di <i>Hi no Tori</i> è infatti quello che ognuno di questi attori lascia con la propria storia a chi legge, un tema su cui Tezuka ha sempre insistito e che ho già ricordato poc'anzi: il rispetto e la dignità di ogni vita.
Nonostante quanto ho scritto ci sono però due personaggi che nella visione d'insieme dell'opera riescono a distinguersi dagli altri, se non altro perché compaiono entrambi in quasi tutti i libri. I due a cui mi sto riferendo sono Saruta e, ovviamente, l'Uccello di fuoco.
Per quanto riguarda la Fenice i ruoli che assume sono molteplici (può anche cambiare forma), a volte addirittura non appare che per poche vignette nell'intero racconto, eppure ogni sua manifestazione resta estremamente significativa ed il messaggio che lanciano le sue parole chiaro ed incisivo. Ma questo non significa che l'incontro con questa creatura sia necessariamente un fatto positivo, anzi, spesso si rivela essere una maledizione.
La Fenice sa essere estremamente gentile così come tremendamente crudele, ma non è un dio, non interferisce negli affari del modo se non strettamente necessario, è piuttosto la rappresentazione della volontà dell'universo, l'animale cosmico, Cosmozoon, come viene chiamato nel film del 1980 a lei dedicato.
L'Uccello di fuoco resta un personaggio dannatamente ambiguo, e forse per questo così affascinante.
Dall'altra parte della barricata c'è Saruta, forse colui che meglio rappresenta l'umanità: intrappolato in un tragico destino è costretto a scontare le colpe commesse in un'altra vita (o in un altro libro) con una serie di sofferenze apparentemente senza senso. Saruta è in balia del suo karma che, pur con molte fluttuazioni, resta in linea di massima negativo.
Nonostante il lettore sia molte volte portato a parteggiare per lui ci si deve rendere conto che la pesante ombra che Saruta si porta dietro e di cui non riesce a liberarsi è la stessa che l'umanità, con i suoi ripetuti sciocchi errori, guarda indolente proiettarsi sul suo futuro.
Il pessimismo sulle sorti dell'umanità incarnato da questo personaggio è davvero sconfortante, l'altra faccia della medaglia della speranza di cui è portatrice la Fenice.
<b>Disegni</b>
Per i disegni della <i>Fenice</i> Tezuka utilizza il suo classico tratto morbido e disneyano, gag incluse, che si adatta perfettamente a questo tipo di opera. A dire il vero in alcuni racconti è leggermente più realistico che in altri (penso al <i>Libro della Vita</i>, che tra l'altro rielabora una storia scritta nel 1967, <i>Uomini, riunitevi!</i>), ma in linea di massima resta sempre sugli stessi livelli.
Ma la cosa fondamentale da notare è il magistrale utilizzo di tecniche cinematografiche di cui Tezuka fa uso lungo tutta l'opera e la presenza di un gran numero di invenzioni grafiche. Molte sono notevoli, ma in particolare una mi ha colpito: dei soldati nel <i>Libro della Guerra civile</i> che uccidendo degli innocenti fanno a pezzi assieme a loro anche la vignetta in cui si trovano. Detta così pare una stupidaggine, ma pensandoci un po' su ci si accorge che è la stessa identica cosa che ha fatto Lucio Fontana con i suoi tagli sulla tela. Ma a differenza delle opere di quest'ultimo, che non sono che una provocazione fine a se stessa (efficace certo, ma puramente intellettualistica), il gioco visivo di Tezuka è inserito in un contesto ed assume un significato importante.
La vignetta che si spacca, il mondo del manga che di fronte ad una così assurda crudeltà si lacera e si unisce al nostro, sottolineano ed amplificano enormemente un'ingiustizia sostanziale, quasi rivolgendo al lettore una precisa domanda: ti sembra giusta una cosa del genere? Sta ben attento perché questo non accade solo qui dentro ma anche fuori lì da te.
<b>Edizione</b>
L'edizione con cui Hazard ci porta in Italia <i>La Fenice</i> è abbastanza buona e rientra negli standard di questa casa editrice: sovracopertina, carta gialla con leggera trasparenza, numero di pagine per volume elevato, così come il prezzo che oscilla tra i 9.00 e 13.50 euro in ragione dell'ampiezza del libro in questione. Non che costi più delle altre opere di Tezuka nel catalogo di questo editore, tuttavia l'elevato numero di volumi la rende una spesa considerevole.
D'altro canto la Hazard commette una discreta quantità di errori questa volta: alcuni di adattamento, come il classico punto esclamativo al posto di quello interrogativo, la pagina 139 del volume otto stampata due volte (quella mancante,la 138, fortunatamente non essenziale ai fini della storia, è stata aggiunta al termine del nono volume), ma soprattutto la cosa più grave è che mancano delle note esplicative. O meglio nei ballon viene aggiunto un rimando che non rimanda a niente perché la relativa nota non si trova da nessuna parte.
Comunque una buona edizione in quanto queste sviste non intaccano il piacere della lettura, ma si poteva fare di meglio.
<b>Conclusioni</b>
Una volta c'era una parola, non proprio bellissima a dire il vero ma molto espressiva, che credo si adatti perfettamente alla <i>Fenice</i>: weltanschauung.
Già perché <i>La Fenice</i> è una di quelle opere che hanno la capacità di modificare la visione del mondo di una persona e questa, io credo, è una qualità rara. In campo letterario solo tre libri sono riusciti a farlo nel mio caso e <i>La Fenice</i> è uno di questi.
Ovviamente che questo accada a tutti quelli che decidano di leggerla è a dir poco improbabile, ma se anche non succedesse (e per molti sarà così) nondimeno vi troverete tra le mani un capolavoro della letteratura mondiale che, in un modo o nell'altro, vi lascerà sicuramente qualcosa.
<i>La Fenice</i> è davvero una lettura che consiglio senza remore a chiunque, soprattutto a chi ancora crede che il fumetto sia solo e necessariamente una maniera per farsi quattro risate. Il fumetto è un'arte non inferiore in alcun aspetto alle altre forme di letteratura, e di questo si era ben reso conto lo stesso Tezuka agli inizi della sua carriera, quando sulla copertina di Lost Word (1948) aveva scritto: <i>Questo non è un fumetto, è un romanzo.</i>
(Helen McCarthy, da Icon: Osamu Tezuka, il dio del manga)
<b>Storia</b>
Nel 1954 su <i>Manga Shonen</i> apparve un fumetto a puntate chiamato <i>Hi no Tori</i>, ispirato alla leggenda della Fenice ed al cartone animato russo del 1947 <i>Il cavallo matto</i> di Ivan Ivanov-Vano. A causa della chiusura della rivista venne però interrotto dopo soli otto episodi.
Nondimeno a Tezuka questa idea piaceva molto e quando nel 1956 la rivista <i>Shojo Club</i> lo contattò perché scrivesse una nuova storia sulla scia del successo ottenuto dalla <i>Principessa Zaffiro</i>, pensò di riutilizzare il medesimo soggetto.
I tre racconti che furono prodotti parlano di un principe egiziano e di una schiava che bevendo il sangue dell'Uccello di fuoco ottengono tremila anni di vita e che attraverso una serie di reincarnazioni vengono destinati ad incontrarsi ed innamorarsi continuamente l'un l'altra.
Per nostra fortuna la cosa non terminò qui e Tezuka decise di utilizzare la Fenice per creare un'opera che coprisse l'intera storia dell'umanità. Iniziò così a riorganizzare quel suo primo racconto a puntate e lo pubblicò su <i>COM</i>, rivista da lui stesso fondata, nel 1967.
L'<i>Alba</i> divenne così il primo capitolo ufficiale di quella che Tezuka disse poi di considerare il lavoro della sua vita e venne seguito negli anni successivi da altre storie. Nel 1973 però <i>COM</i> fallì e a Tezuka venne proposto di continuare a pubblicare <i>La Fenice</i> su <i>Kibo-no-Tomo</i>, ma lui ritenne che i temi trattati in quest'opera fossero troppo complicati per essere pienamente compresi dai suoi giovani lettori, così al suo posto propose <i>Budda</i>, una biografia romanzata della vita di Siddharta.
Nonostante questo, e pur essendo sempre oberato da numerosissimi incarichi, continuerà a scrivere nuovi episodi di <i>Hi no Tori</i> fino alla morte, testimoniando quanto per lui fosse importante questa saga.
<b>Trama</b>
Le diverse storie di cui si compone la Fenice si possono distinguere in due filoni fondamentali: quello storico e quello fantascientifico.
Tezuka le scrisse alternandole l'una all'altra e facendole avvicinare temporalmente sempre più tra loro. Se infatti l'<i>Alba</i> (i primi due volumi) ci parla delle origini preistoriche del Giappone ed il <i>Futuro</i> (il terzo volume) dell'ultimo giorno della specie umana, i racconti storici successivi avanzano cronologicamente rispetto ai precedenti, mentre quelli fantascientifici retrocedono sempre più nel tempo. In questo modo l'autore aveva intenzione di arrivare a parlare del presente, chiudendo il ciclo di quest'epica cosmica con ciò che gli stava più a cuore, ovvero i problemi della sua epoca.
La morte gli impedì di portare a termine questo progetto e tuttavia il <i>Sole</i>, pubblicato postumo, rappresenta nondimeno un finale ideale. In questo infatti ci viene presentata una storia in cui il protagonista nel 663 d.C. sogna il suo alter ego che agisce nel futuro, e quindi un racconto che unisce i due filoni chiudendo a modo suo il ciclo.
Questo libro ha poi anche un'ulteriore particolarità rispetto agli altri: qui non è presente quella de-mitizzazione che si ritrova in quelli precedenti. Gli esseri mitologici e gli dei della tradizione Giapponese, che in precedenza venivano interpretati da esseri umani, nel <i>Sole</i> si manifestano in un numero e in una quantità di forme infinite, a cominciare dallo stesso protagonista, un uomo-lupo molto sui generis.
A dire il vero già negli <i>Esseri Fantastici</i> le creature mitiche erano stati rappresentate nella forma che imponeva loro la tradizione, ma per farlo Tezuka era ricorso ad un escamotage che in qualche modo giustificava la loro presenza. Al contrario nel <i>Sole</i> non è data alcuna spiegazione per la loro esistenza se non il fatto stesso che esistono.
<b>Temi principali</b>
I temi che tratta <i>La Fenice</i> sono davvero numerosi, ma il principale è senza dubbio il rispetto e la dignità della vita di tutte le creature del cosmo. Certo molti altri fanno la loro comparsa tra le sue pagine, eppure tutti (il pacifismo, il problema della vita artificiale, rappresentato da vari robot ed esperimenti genetici, la vanità degli uomini, l'amore, l'odio, la redenzione e molti ancora) derivano essenzialmente da questo.
Innegabile è poi la forte influenza che il pensiero buddista ha avuto su tutta l'opera, tanto che alcuni libri sono in larga parte dedicati all'analisi della trasformazione del buddismo dal punto di vista storico. Palese è la critica contro la decadenza dilagante tra i monaci ed i templi che si fanno invischiare negli affari mondani e desiderano acquisire un potere temporale tradendo così la loro vocazione spirituale. Il culmine di tutta questa invettiva è forse la scelta del bonzo Rôben di diventare un budda vivente (Sokushinbutsu) nel <i>Mito</i> (volumi 5 e 6).
<b>Personaggi</b>
Nonostante l'elevatissimo numero di personaggi, tutti ottimamente caratterizzati, che popolano i mondi della <i>Fenice</i> nessuno riesce ad elevarsi al di sopra degli altri e questo, a dispetto di ciò che potrebbe sembrare, è un grandissimo pregio. Il vero protagonista di <i>Hi no Tori</i> è infatti quello che ognuno di questi attori lascia con la propria storia a chi legge, un tema su cui Tezuka ha sempre insistito e che ho già ricordato poc'anzi: il rispetto e la dignità di ogni vita.
Nonostante quanto ho scritto ci sono però due personaggi che nella visione d'insieme dell'opera riescono a distinguersi dagli altri, se non altro perché compaiono entrambi in quasi tutti i libri. I due a cui mi sto riferendo sono Saruta e, ovviamente, l'Uccello di fuoco.
Per quanto riguarda la Fenice i ruoli che assume sono molteplici (può anche cambiare forma), a volte addirittura non appare che per poche vignette nell'intero racconto, eppure ogni sua manifestazione resta estremamente significativa ed il messaggio che lanciano le sue parole chiaro ed incisivo. Ma questo non significa che l'incontro con questa creatura sia necessariamente un fatto positivo, anzi, spesso si rivela essere una maledizione.
La Fenice sa essere estremamente gentile così come tremendamente crudele, ma non è un dio, non interferisce negli affari del modo se non strettamente necessario, è piuttosto la rappresentazione della volontà dell'universo, l'animale cosmico, Cosmozoon, come viene chiamato nel film del 1980 a lei dedicato.
L'Uccello di fuoco resta un personaggio dannatamente ambiguo, e forse per questo così affascinante.
Dall'altra parte della barricata c'è Saruta, forse colui che meglio rappresenta l'umanità: intrappolato in un tragico destino è costretto a scontare le colpe commesse in un'altra vita (o in un altro libro) con una serie di sofferenze apparentemente senza senso. Saruta è in balia del suo karma che, pur con molte fluttuazioni, resta in linea di massima negativo.
Nonostante il lettore sia molte volte portato a parteggiare per lui ci si deve rendere conto che la pesante ombra che Saruta si porta dietro e di cui non riesce a liberarsi è la stessa che l'umanità, con i suoi ripetuti sciocchi errori, guarda indolente proiettarsi sul suo futuro.
Il pessimismo sulle sorti dell'umanità incarnato da questo personaggio è davvero sconfortante, l'altra faccia della medaglia della speranza di cui è portatrice la Fenice.
<b>Disegni</b>
Per i disegni della <i>Fenice</i> Tezuka utilizza il suo classico tratto morbido e disneyano, gag incluse, che si adatta perfettamente a questo tipo di opera. A dire il vero in alcuni racconti è leggermente più realistico che in altri (penso al <i>Libro della Vita</i>, che tra l'altro rielabora una storia scritta nel 1967, <i>Uomini, riunitevi!</i>), ma in linea di massima resta sempre sugli stessi livelli.
Ma la cosa fondamentale da notare è il magistrale utilizzo di tecniche cinematografiche di cui Tezuka fa uso lungo tutta l'opera e la presenza di un gran numero di invenzioni grafiche. Molte sono notevoli, ma in particolare una mi ha colpito: dei soldati nel <i>Libro della Guerra civile</i> che uccidendo degli innocenti fanno a pezzi assieme a loro anche la vignetta in cui si trovano. Detta così pare una stupidaggine, ma pensandoci un po' su ci si accorge che è la stessa identica cosa che ha fatto Lucio Fontana con i suoi tagli sulla tela. Ma a differenza delle opere di quest'ultimo, che non sono che una provocazione fine a se stessa (efficace certo, ma puramente intellettualistica), il gioco visivo di Tezuka è inserito in un contesto ed assume un significato importante.
La vignetta che si spacca, il mondo del manga che di fronte ad una così assurda crudeltà si lacera e si unisce al nostro, sottolineano ed amplificano enormemente un'ingiustizia sostanziale, quasi rivolgendo al lettore una precisa domanda: ti sembra giusta una cosa del genere? Sta ben attento perché questo non accade solo qui dentro ma anche fuori lì da te.
<b>Edizione</b>
L'edizione con cui Hazard ci porta in Italia <i>La Fenice</i> è abbastanza buona e rientra negli standard di questa casa editrice: sovracopertina, carta gialla con leggera trasparenza, numero di pagine per volume elevato, così come il prezzo che oscilla tra i 9.00 e 13.50 euro in ragione dell'ampiezza del libro in questione. Non che costi più delle altre opere di Tezuka nel catalogo di questo editore, tuttavia l'elevato numero di volumi la rende una spesa considerevole.
D'altro canto la Hazard commette una discreta quantità di errori questa volta: alcuni di adattamento, come il classico punto esclamativo al posto di quello interrogativo, la pagina 139 del volume otto stampata due volte (quella mancante,la 138, fortunatamente non essenziale ai fini della storia, è stata aggiunta al termine del nono volume), ma soprattutto la cosa più grave è che mancano delle note esplicative. O meglio nei ballon viene aggiunto un rimando che non rimanda a niente perché la relativa nota non si trova da nessuna parte.
Comunque una buona edizione in quanto queste sviste non intaccano il piacere della lettura, ma si poteva fare di meglio.
<b>Conclusioni</b>
Una volta c'era una parola, non proprio bellissima a dire il vero ma molto espressiva, che credo si adatti perfettamente alla <i>Fenice</i>: weltanschauung.
Già perché <i>La Fenice</i> è una di quelle opere che hanno la capacità di modificare la visione del mondo di una persona e questa, io credo, è una qualità rara. In campo letterario solo tre libri sono riusciti a farlo nel mio caso e <i>La Fenice</i> è uno di questi.
Ovviamente che questo accada a tutti quelli che decidano di leggerla è a dir poco improbabile, ma se anche non succedesse (e per molti sarà così) nondimeno vi troverete tra le mani un capolavoro della letteratura mondiale che, in un modo o nell'altro, vi lascerà sicuramente qualcosa.
<i>La Fenice</i> è davvero una lettura che consiglio senza remore a chiunque, soprattutto a chi ancora crede che il fumetto sia solo e necessariamente una maniera per farsi quattro risate. Il fumetto è un'arte non inferiore in alcun aspetto alle altre forme di letteratura, e di questo si era ben reso conto lo stesso Tezuka agli inizi della sua carriera, quando sulla copertina di Lost Word (1948) aveva scritto: <i>Questo non è un fumetto, è un romanzo.</i>
ES - Eternal Sabbath
10.0/10
Può la scienza dell'uomo superare la natura? E se questo fosse possibile, non ci sarebbe poi il rischio che la gestione di una simile responsabilità ci si ritorca contro? Sono questi alcuni degli importanti interrogativi posti in questo interessante manga della Soryo.
La storia narra le vicende di Ryosuke Akiba, un ragazzo fuori dal comune. Il suo vero nome è ES00 o "Shuro" ed è nato dalle numerose sperimentazioni genetiche di un team di scienziati. L'obiettivo del team era quello di creare un essere "superiore", protetto dall'attacco di qualsiasi virus e con una vita media di 200 anni. Il risultato è appunto Shuro (prende il nome dalle foglie di palma menzionate nella Bibbia poiché, per la religione cattolica, l'applicare una croce sulla fronte con le ceneri di shuro lascia un segno di pentimento; in questo caso gli scienziati volevano rappresentare simbolicamente il loro pentimento per aver osato creare un essere umano, compito che solitamente spetta a Dio), l'unico essere umano geneticamente modificato ad essere sopravvissuto durante gli esperimenti realizzati dal Laboratorio Nazionale di Igiene. Ci sono, però, degli aspetti di Shuro che gli scienziati non avevano calcolato. Il ragazzo è in grado di leggere nella psicologia delle persone, di entrare direttamente dentro di loro, di percepire i sentimenti ed i pensieri più reconditi di ognuno e di manovrare i soggetti a suo piacimento. Dieci anni dopo la creazione di Shuro, gli scienziati, non ancora del tutto soddifatti, decisero di creare un suo clone, sviluppandolo in un utero artificiale. Il clone sarebbe stato utilizzato come cavia, per scoprire perché, su tutti gli embrioni, solo Shuro fosse riuscito a sopravvivere. Il clone ha il nome ES01 o Izak (come Isacco, figlio che Abramo voleva sacrificare a Dio, così come ES01 dovrebbe essere sacrificato per la scienza, per conoscere i punti di forza ed i punti deboli di Shuro). Tutto sembra procedere bene finché Shuro ed il suo clone Isak non decideranno di ribellarsi al volere degli uomini di scienza che li hanno creati. Entrambi reputano, infatti, le sperimentazioni degli uomini come un qualcosa di davvero insopportabile, come un comportamento troppo egoistico nei loro confronti. Decidono così di liberarsi dalle catene e di lasciare il laboratorio. Shuro e Izak sono, però, profondamente diversi caratterialmente: Shuro è vissuto in società con gli scienziati ed ha acquisito una minima percentuale di moralità e buon senso. Izak invece è totalmente slegato dai legami societari, è cresciuto in un utero artificiale isolato, avendo come unico canale di comunicazione telepatica il suo clone Shuro. È iracondo, potente e avventato e decide di distruggere sia il laboratorio sia gli scienziati aguzzini che volevano utilizzarlo semplicemente come "corpo di prova". I due ES entrano così a contatto con il mondo. Shuro si limiterà a vivere in società, sostituendosi con l'identità di una persona morta e vivendo all'interno della sua famiglia in maniera piuttosto pacifica. Avrà modo di incontrare Mine Kujo, ricercatrice di fisiologia cerebrale, con la quale riuscirà ad istaurare un rapporto diverso dal solito, non basato sull'azione manipolatoria. Mine, infatti, è una delle poche persone immuni al potere degli ES, in quanto la sua mente è difficilmente penetrabile. Sarà proprio lei che, insieme all'unico scienziato sopravvissuto dalla distruzione dell'Istituto di igiene da parte dei due ES, Shinichiro Sakaki, tenterà di fermare la furia omicida di Izak. Quest'ultimo, infatti, vive tra gli uomini covando un profondo rancore verso di loro, verso queste creature che hanno tentato solo di utilizzarlo come fosse un qualcosa di inanimato. Shuro, Mine e Sakaki riusciranno a salvare il genere umano dalla furia di Izak? Il prezzo da pagare sarà altissimo in ogni caso.
Ho apprezzato molto questo manga sia per la tematica trattata in modo complesso e innovativo, sia per la caratterizzazione davvero accurata dei personaggi. Shuro e Mine hanno più risalto rispetto ad altre figure, ma nel complesso tutti i personaggi sono analizzati nel profondo ed emergono i loro lati psicologici più nascosti e reconditi di ognuno. I disegni sono, come al solito, magnifici, molto geometrici e anatomicamente puliti. Le ambientazioni sono spesso oniriche, deliranti e particolari. In alcune parti del manga vengono addirittura raffigurati i pensieri di alcuni personaggi. La fantasia e l'originalità con cui la mangaka rappresenta e vivifica l'inconsistenza e la poca palpabilità dei pensieri umani mi è sembrato davvero un elemento apprezzabile ed innovativo. Come avrete capito, non è un manga da leggere per svago.
Questo manga tratta dei temi profondi, che dall'alba dei tempi smuovono le coscienze dell'animo umano. Perché veniamo alla luce? E perché dobbiamo morire? Non sarebbe possibile renderci immortali? Questa spasmodica ricerca di risposte in merito alla nostra esistenza porta spesso la scienza a tentare soluzioni azzardare. La manipolazione scientifica ha portato l'uomo a migliorare davvero tanto la qualità della propria vita, ma fin dove può spingersi questa sete di conoscenza? Qual è il limite che dobbiamo raggiungere oltre il quale è meglio non spingersi? I principi più basilari della bioetica possono essere del tutto ignorati? La morale è palese: non si può giocare con la vita delle persone a proprio piacimento; non si può manipolare una vita semplicemente perché siamo avidi di conoscenza o totalmente catturati dal nostro delirio di onnipotenza. La vita umana esige rispetto e superare il limite potrebbe essere rischioso. Il mio voto è 10.
La storia narra le vicende di Ryosuke Akiba, un ragazzo fuori dal comune. Il suo vero nome è ES00 o "Shuro" ed è nato dalle numerose sperimentazioni genetiche di un team di scienziati. L'obiettivo del team era quello di creare un essere "superiore", protetto dall'attacco di qualsiasi virus e con una vita media di 200 anni. Il risultato è appunto Shuro (prende il nome dalle foglie di palma menzionate nella Bibbia poiché, per la religione cattolica, l'applicare una croce sulla fronte con le ceneri di shuro lascia un segno di pentimento; in questo caso gli scienziati volevano rappresentare simbolicamente il loro pentimento per aver osato creare un essere umano, compito che solitamente spetta a Dio), l'unico essere umano geneticamente modificato ad essere sopravvissuto durante gli esperimenti realizzati dal Laboratorio Nazionale di Igiene. Ci sono, però, degli aspetti di Shuro che gli scienziati non avevano calcolato. Il ragazzo è in grado di leggere nella psicologia delle persone, di entrare direttamente dentro di loro, di percepire i sentimenti ed i pensieri più reconditi di ognuno e di manovrare i soggetti a suo piacimento. Dieci anni dopo la creazione di Shuro, gli scienziati, non ancora del tutto soddifatti, decisero di creare un suo clone, sviluppandolo in un utero artificiale. Il clone sarebbe stato utilizzato come cavia, per scoprire perché, su tutti gli embrioni, solo Shuro fosse riuscito a sopravvivere. Il clone ha il nome ES01 o Izak (come Isacco, figlio che Abramo voleva sacrificare a Dio, così come ES01 dovrebbe essere sacrificato per la scienza, per conoscere i punti di forza ed i punti deboli di Shuro). Tutto sembra procedere bene finché Shuro ed il suo clone Isak non decideranno di ribellarsi al volere degli uomini di scienza che li hanno creati. Entrambi reputano, infatti, le sperimentazioni degli uomini come un qualcosa di davvero insopportabile, come un comportamento troppo egoistico nei loro confronti. Decidono così di liberarsi dalle catene e di lasciare il laboratorio. Shuro e Izak sono, però, profondamente diversi caratterialmente: Shuro è vissuto in società con gli scienziati ed ha acquisito una minima percentuale di moralità e buon senso. Izak invece è totalmente slegato dai legami societari, è cresciuto in un utero artificiale isolato, avendo come unico canale di comunicazione telepatica il suo clone Shuro. È iracondo, potente e avventato e decide di distruggere sia il laboratorio sia gli scienziati aguzzini che volevano utilizzarlo semplicemente come "corpo di prova". I due ES entrano così a contatto con il mondo. Shuro si limiterà a vivere in società, sostituendosi con l'identità di una persona morta e vivendo all'interno della sua famiglia in maniera piuttosto pacifica. Avrà modo di incontrare Mine Kujo, ricercatrice di fisiologia cerebrale, con la quale riuscirà ad istaurare un rapporto diverso dal solito, non basato sull'azione manipolatoria. Mine, infatti, è una delle poche persone immuni al potere degli ES, in quanto la sua mente è difficilmente penetrabile. Sarà proprio lei che, insieme all'unico scienziato sopravvissuto dalla distruzione dell'Istituto di igiene da parte dei due ES, Shinichiro Sakaki, tenterà di fermare la furia omicida di Izak. Quest'ultimo, infatti, vive tra gli uomini covando un profondo rancore verso di loro, verso queste creature che hanno tentato solo di utilizzarlo come fosse un qualcosa di inanimato. Shuro, Mine e Sakaki riusciranno a salvare il genere umano dalla furia di Izak? Il prezzo da pagare sarà altissimo in ogni caso.
Ho apprezzato molto questo manga sia per la tematica trattata in modo complesso e innovativo, sia per la caratterizzazione davvero accurata dei personaggi. Shuro e Mine hanno più risalto rispetto ad altre figure, ma nel complesso tutti i personaggi sono analizzati nel profondo ed emergono i loro lati psicologici più nascosti e reconditi di ognuno. I disegni sono, come al solito, magnifici, molto geometrici e anatomicamente puliti. Le ambientazioni sono spesso oniriche, deliranti e particolari. In alcune parti del manga vengono addirittura raffigurati i pensieri di alcuni personaggi. La fantasia e l'originalità con cui la mangaka rappresenta e vivifica l'inconsistenza e la poca palpabilità dei pensieri umani mi è sembrato davvero un elemento apprezzabile ed innovativo. Come avrete capito, non è un manga da leggere per svago.
Questo manga tratta dei temi profondi, che dall'alba dei tempi smuovono le coscienze dell'animo umano. Perché veniamo alla luce? E perché dobbiamo morire? Non sarebbe possibile renderci immortali? Questa spasmodica ricerca di risposte in merito alla nostra esistenza porta spesso la scienza a tentare soluzioni azzardare. La manipolazione scientifica ha portato l'uomo a migliorare davvero tanto la qualità della propria vita, ma fin dove può spingersi questa sete di conoscenza? Qual è il limite che dobbiamo raggiungere oltre il quale è meglio non spingersi? I principi più basilari della bioetica possono essere del tutto ignorati? La morale è palese: non si può giocare con la vita delle persone a proprio piacimento; non si può manipolare una vita semplicemente perché siamo avidi di conoscenza o totalmente catturati dal nostro delirio di onnipotenza. La vita umana esige rispetto e superare il limite potrebbe essere rischioso. Il mio voto è 10.
Le Memorie di Emanon
10.0/10
«Non Dio ha creato l'uomo, quanto piuttosto l'uomo ha creato Dio.»
Un peccato che nel XIX secolo, periodo in cui visse Ludwig Feuerbach, le memorie di Emanon fossero in Giappone, negandogli così la possibilità di incontrarla e confermare quest'affermazione. Una ragazza, anzi, più che una ragazza: l'incarnazione della storia della vita, la portatrice di un fardello tanto pesante quanti sono gli anni che è stata costretta a reggerlo sulle spalle. Bella e misteriosa, incarna il sogno di una notte dell'autore, che l'ha immaginata con tanta forza, con tanto impegno e così a lungo, che alla fine ha preso vita sotto la matita del Sensei Kenji Tsuruta. Non credo di volerne leggere lo spin-off, "Sasurai Emanon", perché ho paura che distrugga l'incanto causatomi dal suo predecessore. "Omoide Emanon" è veramente una di quelle storie stravaganti, misteriose e inconcluse, ma capaci di farti riflettere, e dotate di una forza così viva da farti quasi credere che sia tutto vero, che Emanon sia un personaggio reale, proprio come le sue memorie.
Il protagonista della storia è lo stesso autore, il quale ci spiega al termine del manga che Emanon non è altro che un prodotto delle sue fantasie, creato durante un viaggio sul traghetto fra Nagoya e Kagoshima, durante il quale si è immaginato di trascorrere tutto il tempo assieme a questa ragazza frutto delle sue visioni. Solo anni più tardi Emanon avrebbe assunto i caratteri che costituiscono oggi il suo personaggio, notabilmente i suoi ricordi: la ragazza è, infatti, detentrice di un dono ereditario, quello di tenere a mente la storia della vita sulla Terra. E' colmo di significato il fatto che, nonostante ciò dovrebbe renderla una creatura arcana e irragiungibile, Emanon sia esattamente come noi mortali: un'anima sperduta, incapace di figurarsi né lo scopo della sua esistenza, né il motivo del dono che ha ricevuto, e costretta ad abbassarsi a quel gioco delle distrazioni, del "divertissement", che Blaise Pascal riteneva permeasse l'intera permanenza dell'uomo sulla Terra. La nostra protagonista, "Senza-nome" ("Emanon" è il rovesciamento dell'inglese "No-name") ha tutti i piccoli vizi e le piccole passioni che potrebbero caratterizzare chiunque, fra di noi: beve, fuma una sigaretta dopo l'altra, ne sa un milione sull'arte del cinema... e sa innamorarsi, anzi, è stata innamorata tante volte quante le vite che le è toccato subire. Cosa ha visto con i suoi occhi, Emanon? Ogni cosa, ma questo non le ha tolto nulla di ciò che definisce un essere vivente: la lotta per la sopravvivenza, per cercare il motivo che la spinge a vivere... tutto questo è presente in lei, il che significa che non si è arresa, né è ancora giunta ad una risposta, come se l'autore volesse dimostrare che non importa quanto lunghe siano le nostre vite, né quanto profonde siano le nostre esperienze, siamo solo noi a decidere qual è il senso della nostra esistenza, anche se probabilmente non giungeremo mai alla verità assoluta. E il tenero rapporto che si instaura fra il protagonista sognatore e l'imperscrutabile compagna è quasi una celebrazione dell'attimo che può significare l'adempimento di tutta una vita. L'autore uscirà profondamente segnato dall'incontro con Emanon, e nonostante cerchi di procurarsi una vita normale, dopo tale incontro, si accorgerà che quell'attimo ha significato tutto, per lui: ha significato il suo passaggio, effimero ma indelebile, nella grande memoria della Storia.
Una vera favola in stile realismo magico, densa di significati nascosti, e con un finale davvero sorprendente. Il viaggio... non si poteva trovare un contesto migliore, per ambientare una vicenda del genere, ed è molto espressivo il fatto che l'ultimo atto sia ambientato in una stazione ferroviaria. Il viaggio non è, in fondo, la metafora della vita, quel grande sentiero dal quale si deve ripartire ogni volta dal via? Come si concluderanno i vagabondaggi di Emanon? Cosa sta cercando, che ancora non ha trovato? O forse è tutto un muoversi a vuoto? E se Emanon fosse fine a sé stessa, se non avesse bisogno di trovare uno scopo nella vita, perché è la vita stessa ad avere uno scopo in lei? Solo il lettore potrà decidere che senso dare alla storia di Emanon, se sentirsene coinvolto, se ignorarla, o finirne cambiato un pochino. Dove ci conduce la via? Se Emanon non ha ancora trovato la risposta, che speranze abbiamo noi miseri mortali? Michelangelo Buonarroti credeva che fosse proprio questa consapevolezza, la certezza di non essere in grado di trovare una risposta, a denotare la natura eroica dell'umanità: per questo motivo, nei suoi dipinti, i personaggi sono tutti raffigurati come persone bellissime, radiose e muscolose. Emanon non ha rifiutato l'umanità, segno che, nonostante l'evidente disprezzo (memorabile una sua frase con cui descrive l'evoluzione della civiltà), ha ancora la volontà di venire a contatto con il lato "eroico" della vita. Con le creature che, nonostante la natura abbia dato loro la consapevolezza di sé stesse, si sforzano ancora di sopravvivere nei loro fragili gusci mortali. Con noi, insomma. Finché non raggiungeremo uno stato spirituale superiore, l'apice della vita, l'apice della Storia.
Non so se dovrei pronunciarmi sui disegni: dovrebbero necessariamente essere elaborati, dato che stiamo parlando di un manga da un unico volume, ma nonostante tale sottinteso che dovrebbe essere la regola, la grafica colpisce ancora per l'accuratezza e la moltitudine di dettagli di cui è composta. Gli sfondi bianchi servono solo ad evidenziare momenti di profonda intensità, e i personaggi sono resi splendidamente: perfino l'autore della trama, Shinji Kajio, ha elogiato l'artista Kenji Tsuruta per il merito di aver dato una vera forma e una vera consistenza alla sua ragazza immaginaria, ed ha aggiunto che l'immagine di Emanon per come compare nel fumetto è stata, dal momento in cui Tsuruta l'ha tracciata per la prima volta, la sola e unica a dominare i suoi pensieri riguardo lei. Memorabile, davvero memorabile: se c'è un personaggio che resta impresso per il suo impatto visivo, questa non può che essere Emanon.
Poche opere sono riuscite a strapparmi un voto così pieno, e non sono neanche sicuro che fumetto e riflessione spirituale/intellettuale costituiscano un connubio particolarmente felice, ma "Omoide Emanon" sembra smentire tutto quello in cui ho creduto finora. Se avete avuto la pazienza di leggere fino in fondo, forse avrete colto il mio entusiasmo nei confronti di quest'opera, e non posso che confermarvi che, se aprirete la mente e l'anima, anche voi vi innamorerete di Emanon, che siate uomini o donne, bambini o vecchi, nobili o miserabili. E tutto questo non può non lasciarci che una speranza: la speranza che anche noi, un giorno, non grazie ad imprese mirabolanti o atti eroici, ma semplicemente con il nostro essere noi stessi, incontreremo Emanon e lasceremo la nostra firma nel libro infinito della vita.
Un peccato che nel XIX secolo, periodo in cui visse Ludwig Feuerbach, le memorie di Emanon fossero in Giappone, negandogli così la possibilità di incontrarla e confermare quest'affermazione. Una ragazza, anzi, più che una ragazza: l'incarnazione della storia della vita, la portatrice di un fardello tanto pesante quanti sono gli anni che è stata costretta a reggerlo sulle spalle. Bella e misteriosa, incarna il sogno di una notte dell'autore, che l'ha immaginata con tanta forza, con tanto impegno e così a lungo, che alla fine ha preso vita sotto la matita del Sensei Kenji Tsuruta. Non credo di volerne leggere lo spin-off, "Sasurai Emanon", perché ho paura che distrugga l'incanto causatomi dal suo predecessore. "Omoide Emanon" è veramente una di quelle storie stravaganti, misteriose e inconcluse, ma capaci di farti riflettere, e dotate di una forza così viva da farti quasi credere che sia tutto vero, che Emanon sia un personaggio reale, proprio come le sue memorie.
Il protagonista della storia è lo stesso autore, il quale ci spiega al termine del manga che Emanon non è altro che un prodotto delle sue fantasie, creato durante un viaggio sul traghetto fra Nagoya e Kagoshima, durante il quale si è immaginato di trascorrere tutto il tempo assieme a questa ragazza frutto delle sue visioni. Solo anni più tardi Emanon avrebbe assunto i caratteri che costituiscono oggi il suo personaggio, notabilmente i suoi ricordi: la ragazza è, infatti, detentrice di un dono ereditario, quello di tenere a mente la storia della vita sulla Terra. E' colmo di significato il fatto che, nonostante ciò dovrebbe renderla una creatura arcana e irragiungibile, Emanon sia esattamente come noi mortali: un'anima sperduta, incapace di figurarsi né lo scopo della sua esistenza, né il motivo del dono che ha ricevuto, e costretta ad abbassarsi a quel gioco delle distrazioni, del "divertissement", che Blaise Pascal riteneva permeasse l'intera permanenza dell'uomo sulla Terra. La nostra protagonista, "Senza-nome" ("Emanon" è il rovesciamento dell'inglese "No-name") ha tutti i piccoli vizi e le piccole passioni che potrebbero caratterizzare chiunque, fra di noi: beve, fuma una sigaretta dopo l'altra, ne sa un milione sull'arte del cinema... e sa innamorarsi, anzi, è stata innamorata tante volte quante le vite che le è toccato subire. Cosa ha visto con i suoi occhi, Emanon? Ogni cosa, ma questo non le ha tolto nulla di ciò che definisce un essere vivente: la lotta per la sopravvivenza, per cercare il motivo che la spinge a vivere... tutto questo è presente in lei, il che significa che non si è arresa, né è ancora giunta ad una risposta, come se l'autore volesse dimostrare che non importa quanto lunghe siano le nostre vite, né quanto profonde siano le nostre esperienze, siamo solo noi a decidere qual è il senso della nostra esistenza, anche se probabilmente non giungeremo mai alla verità assoluta. E il tenero rapporto che si instaura fra il protagonista sognatore e l'imperscrutabile compagna è quasi una celebrazione dell'attimo che può significare l'adempimento di tutta una vita. L'autore uscirà profondamente segnato dall'incontro con Emanon, e nonostante cerchi di procurarsi una vita normale, dopo tale incontro, si accorgerà che quell'attimo ha significato tutto, per lui: ha significato il suo passaggio, effimero ma indelebile, nella grande memoria della Storia.
Una vera favola in stile realismo magico, densa di significati nascosti, e con un finale davvero sorprendente. Il viaggio... non si poteva trovare un contesto migliore, per ambientare una vicenda del genere, ed è molto espressivo il fatto che l'ultimo atto sia ambientato in una stazione ferroviaria. Il viaggio non è, in fondo, la metafora della vita, quel grande sentiero dal quale si deve ripartire ogni volta dal via? Come si concluderanno i vagabondaggi di Emanon? Cosa sta cercando, che ancora non ha trovato? O forse è tutto un muoversi a vuoto? E se Emanon fosse fine a sé stessa, se non avesse bisogno di trovare uno scopo nella vita, perché è la vita stessa ad avere uno scopo in lei? Solo il lettore potrà decidere che senso dare alla storia di Emanon, se sentirsene coinvolto, se ignorarla, o finirne cambiato un pochino. Dove ci conduce la via? Se Emanon non ha ancora trovato la risposta, che speranze abbiamo noi miseri mortali? Michelangelo Buonarroti credeva che fosse proprio questa consapevolezza, la certezza di non essere in grado di trovare una risposta, a denotare la natura eroica dell'umanità: per questo motivo, nei suoi dipinti, i personaggi sono tutti raffigurati come persone bellissime, radiose e muscolose. Emanon non ha rifiutato l'umanità, segno che, nonostante l'evidente disprezzo (memorabile una sua frase con cui descrive l'evoluzione della civiltà), ha ancora la volontà di venire a contatto con il lato "eroico" della vita. Con le creature che, nonostante la natura abbia dato loro la consapevolezza di sé stesse, si sforzano ancora di sopravvivere nei loro fragili gusci mortali. Con noi, insomma. Finché non raggiungeremo uno stato spirituale superiore, l'apice della vita, l'apice della Storia.
Non so se dovrei pronunciarmi sui disegni: dovrebbero necessariamente essere elaborati, dato che stiamo parlando di un manga da un unico volume, ma nonostante tale sottinteso che dovrebbe essere la regola, la grafica colpisce ancora per l'accuratezza e la moltitudine di dettagli di cui è composta. Gli sfondi bianchi servono solo ad evidenziare momenti di profonda intensità, e i personaggi sono resi splendidamente: perfino l'autore della trama, Shinji Kajio, ha elogiato l'artista Kenji Tsuruta per il merito di aver dato una vera forma e una vera consistenza alla sua ragazza immaginaria, ed ha aggiunto che l'immagine di Emanon per come compare nel fumetto è stata, dal momento in cui Tsuruta l'ha tracciata per la prima volta, la sola e unica a dominare i suoi pensieri riguardo lei. Memorabile, davvero memorabile: se c'è un personaggio che resta impresso per il suo impatto visivo, questa non può che essere Emanon.
Poche opere sono riuscite a strapparmi un voto così pieno, e non sono neanche sicuro che fumetto e riflessione spirituale/intellettuale costituiscano un connubio particolarmente felice, ma "Omoide Emanon" sembra smentire tutto quello in cui ho creduto finora. Se avete avuto la pazienza di leggere fino in fondo, forse avrete colto il mio entusiasmo nei confronti di quest'opera, e non posso che confermarvi che, se aprirete la mente e l'anima, anche voi vi innamorerete di Emanon, che siate uomini o donne, bambini o vecchi, nobili o miserabili. E tutto questo non può non lasciarci che una speranza: la speranza che anche noi, un giorno, non grazie ad imprese mirabolanti o atti eroici, ma semplicemente con il nostro essere noi stessi, incontreremo Emanon e lasceremo la nostra firma nel libro infinito della vita.
The Legend of Mother Sarah
10.0/10
Recensione di Turboo Stefo
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Nel 1990 dal desiderio di due autori nasce la voglia di creare un’opera fantascientifica. Si tratta di Katsuhiro Otomo, già acclamato autore di opere quali Akira, e Takumi Nagayasu. Quest’ultimo è l’artefice principale della nascita di questa immensa opera che ha richiesto numerosi anni per essere scritta, soprattutto per colpa dei numerosi impegni di Otomo, perché in un periodo nel quale amava particolarmente la fantascienza si disse desideroso di disegnare una storia del genere, e la fortuna volle che tale desiderio arrivasse alle orecchie di Otomo che iniziò subito a gettare su carta le sue idee. Così Nagayasu emerge dalle torbide acque dell’anonimato disegnando con superba maestria, nonostante si lamenti della sua “incapacità” nel curare design futuristici, un lavoro durato circa quindici anni e destinato a rimanere negli annali dei manga.
Dopo una devastante guerra nucleare il mondo è sconvolto da terribili cambiamenti e l’umanità è costretta ad evacuare il pianeta su colonie spaziali. Per far tornare la Terra vivibile il governo decide di lanciare un ultimo epocale ordigno nucleare, ma la resistenza incontrata da buona parte del popolo è più numerosa del previsto. Nascono così due fazioni divise, gli Epoch e i Mother Earth, che cominciano una guerra intestina alle colonie. Ed è proprio per queste rivolte che Sarah vede la sua famiglia sconvolta: il marito viene inseguito perché un membro di ME e un’esplosione costringe alla fuga i coloni che si preparavano allo sbarco e nella ressa Sarah vede separarsi da lei anche i tre figli, rimanendo sola con il neonato. Dopo anni ritroviamo così sulla Terra desertificata una Sarah più vecchia e dai lineamenti del viso adombrati dalle pesanti sofferenze vissute, ma nello sguardo si percepisce la forza vitale e l’orgoglio della madre che cerca i suoi figli, senza mai perdere la speranza. Dopo aver visto questo volto ricco di sentimenti per il lettore sarà impossibile staccarsi dalla lettura, è già iniziato l’incredibile viaggio in compagnia di Sarah.
La storia è strutturata in maniera molto semplice ma incredibilmente intrigante; nei primi volumi il viaggio di Sarah porta il lettore attraverso paesi in sviluppo che arrancano a sopravvivere ma mostrano i più venali peccati umani, dalla sete di oro e soldi a ben più intricati problemi riguardo alla prostituzione minorile e alla religione. Si tratta di argomenti pesanti e maturi che vengono intrecciati in modo intelligente, creando così più di un’occasione nel quale riflettere. Non mancheranno situazioni dure anche a livello psicologico che, anche se prive di particolari argomenti, potrebbero disturbare non poco il lettore più sensibile.
Il viaggio di Sarah sembra destinato a concludersi prima del previsto ed è in quel momento che nella trama trova posto in maniera decisamente più corposa anche il lato politico di questo nuovo mondo, difatti l’argomento della guerra tra Epoch e ME era solo lievemente accennato nei passati volumi. Così la tragedia personale di Sarah finisce per intrecciarsi con il destino della Terra in più occasioni e per diversi motivi, andando così a creare un intricato intreccio narrativo che valorizza ancora di più l’abilità di Otomo. Si arriva così ad un finale ricco di emozioni, colpi di scena, rivelazioni e tantissimo stupore, il cui unico difetto è forse la conclusione abbastanza aperta e dispersiva, anche se ricalca perfettamente l’ideologia dell’opera.
Le caratterizzazioni, per quanto ben fatte, risultano abbastanza semplicistiche e neanche troppo profonde, anche se risultano ottime ai fini narrativi. Il fiore all’occhiello sarà comunque Sarah, che da sola riesce a tenere in piedi l’intera opera. Una Sarah che senza dubbio si può definire un'Amazzone, in ogni senso. Tra le varie etimologie si può trovare quella che indica le Amazzoni come guerriere “senza seno” e il modo in cui venivano dipinte è congruo a questa nomea, e quando si vedrà il primo grande e sofferente segreto che porta in grembo la coraggiosa eroina sarà impossibile non definirla tale, difatti il corpo di Sarah è come una macchina scolpita dagli scontri: cicatrici, lividi, mani rovinate e soprattutto uno sguardo pesante e duro che mostra tutta la sofferenza alla quale è stata sottoposta, ma sotto quel lembo di cuoio che protegge il cuore e in fondo al profondo sguardo si evince tutta la forte personalità della donna e della madre, e basterà quello a scaldare il cuore del lettore.
I disegni del misconosciuto Takumi Nagayasu si rivelano perfetti in più di un’occasione, non solo nel profondo sguardo di Sarah. Il tratto pulito e deciso e coronato da uno stile sobrio e naturale, in se è facilmente confondibile con molti altri autori tipici della generazioni, ma riesce a donare giusta personalità all’opera. Nonostante questa scarsa originalità riesce lo stesso a donare un character design vario e ben curato, una minuziosa cura che va dai singoli ciuffi di capelli a una scarmigliata barba troppo cresciuta, passando anche per l’abbigliamento di fortuna perennemente macchiato da sabbia e sangue, rovinato dalle intemperie e dagli scontri.
Le scene d’azione sono dinamiche e ricche di movimento, ma senza dubbio la parte più riuscita sono gli sfondi e le cittadine distrutte e diroccate. Gli edifici, come i rari automezzi, sono formati perlopiù da detriti e da pezzi di fortuna ricavati dalle rovine precedenti, creando così un’atmosfera unica che ben incarna il mondo alla deriva che cerca una rinascita, ma il fiore all’occhiello sono senza dubbio le panoramiche e le prospettive su vasta scala, i lunghi deserti che si perdono fino all’orizzonte spesso richiedono due pagine per incredibili illustrazioni che lasceranno a bocca aperta.
In ogni situazione l’illustratore si fa notare per il sapiente uso dei neri e dei toni grigi che vengono dosati con cura senza mai eccedere, aumentando così al profondità delle immagini e soprattutto arricchendo le tavole con ombreggiature e sfumature che mai una volta risultano pesanti o invasive.
L’edizione italiana della Panini offre alti e bassi. I materiali sono discreti, offrono sovraccoperte con effetto lucido, pagine a colori su carta satinata, una rilegatura resistente e flessibile, mentre la stampa, pulita e incredibilmente perfetta senza il minimo difetto, è effettuata su carta dall’elevata grammatura dai toni giallastri che magari ben incornicia il sapore retrò e malinconico dell’opera, quasi fosse una leggenda antica, però rischia di far perdere l’effetto di alcuni leggeri retini.
Il prezzo, anche se leggermente elevato, si rivela congruo al numero di pagine: nei volumi più sottili se ne contano almeno 230, arrivando persino a volumi da 350 pagine, lasciando il prezzo invariato.
Una fiaba, una leggenda, una storia di un mondo che cerca nuova vita sottolineando la stupidità umana e una dramma tragico di una famiglia divisa che cerca nuovamente la serenità, il tutto rappresentato da una sola donna che entrerà nel cuore del lettore e non lo lascerà più. Un’opera unica, avvincente ed emozionante che si farà ricordare a lungo, da tramandare ai posteri, come monito e come classico del fumetto mondiale.
Dopo una devastante guerra nucleare il mondo è sconvolto da terribili cambiamenti e l’umanità è costretta ad evacuare il pianeta su colonie spaziali. Per far tornare la Terra vivibile il governo decide di lanciare un ultimo epocale ordigno nucleare, ma la resistenza incontrata da buona parte del popolo è più numerosa del previsto. Nascono così due fazioni divise, gli Epoch e i Mother Earth, che cominciano una guerra intestina alle colonie. Ed è proprio per queste rivolte che Sarah vede la sua famiglia sconvolta: il marito viene inseguito perché un membro di ME e un’esplosione costringe alla fuga i coloni che si preparavano allo sbarco e nella ressa Sarah vede separarsi da lei anche i tre figli, rimanendo sola con il neonato. Dopo anni ritroviamo così sulla Terra desertificata una Sarah più vecchia e dai lineamenti del viso adombrati dalle pesanti sofferenze vissute, ma nello sguardo si percepisce la forza vitale e l’orgoglio della madre che cerca i suoi figli, senza mai perdere la speranza. Dopo aver visto questo volto ricco di sentimenti per il lettore sarà impossibile staccarsi dalla lettura, è già iniziato l’incredibile viaggio in compagnia di Sarah.
La storia è strutturata in maniera molto semplice ma incredibilmente intrigante; nei primi volumi il viaggio di Sarah porta il lettore attraverso paesi in sviluppo che arrancano a sopravvivere ma mostrano i più venali peccati umani, dalla sete di oro e soldi a ben più intricati problemi riguardo alla prostituzione minorile e alla religione. Si tratta di argomenti pesanti e maturi che vengono intrecciati in modo intelligente, creando così più di un’occasione nel quale riflettere. Non mancheranno situazioni dure anche a livello psicologico che, anche se prive di particolari argomenti, potrebbero disturbare non poco il lettore più sensibile.
Il viaggio di Sarah sembra destinato a concludersi prima del previsto ed è in quel momento che nella trama trova posto in maniera decisamente più corposa anche il lato politico di questo nuovo mondo, difatti l’argomento della guerra tra Epoch e ME era solo lievemente accennato nei passati volumi. Così la tragedia personale di Sarah finisce per intrecciarsi con il destino della Terra in più occasioni e per diversi motivi, andando così a creare un intricato intreccio narrativo che valorizza ancora di più l’abilità di Otomo. Si arriva così ad un finale ricco di emozioni, colpi di scena, rivelazioni e tantissimo stupore, il cui unico difetto è forse la conclusione abbastanza aperta e dispersiva, anche se ricalca perfettamente l’ideologia dell’opera.
Le caratterizzazioni, per quanto ben fatte, risultano abbastanza semplicistiche e neanche troppo profonde, anche se risultano ottime ai fini narrativi. Il fiore all’occhiello sarà comunque Sarah, che da sola riesce a tenere in piedi l’intera opera. Una Sarah che senza dubbio si può definire un'Amazzone, in ogni senso. Tra le varie etimologie si può trovare quella che indica le Amazzoni come guerriere “senza seno” e il modo in cui venivano dipinte è congruo a questa nomea, e quando si vedrà il primo grande e sofferente segreto che porta in grembo la coraggiosa eroina sarà impossibile non definirla tale, difatti il corpo di Sarah è come una macchina scolpita dagli scontri: cicatrici, lividi, mani rovinate e soprattutto uno sguardo pesante e duro che mostra tutta la sofferenza alla quale è stata sottoposta, ma sotto quel lembo di cuoio che protegge il cuore e in fondo al profondo sguardo si evince tutta la forte personalità della donna e della madre, e basterà quello a scaldare il cuore del lettore.
I disegni del misconosciuto Takumi Nagayasu si rivelano perfetti in più di un’occasione, non solo nel profondo sguardo di Sarah. Il tratto pulito e deciso e coronato da uno stile sobrio e naturale, in se è facilmente confondibile con molti altri autori tipici della generazioni, ma riesce a donare giusta personalità all’opera. Nonostante questa scarsa originalità riesce lo stesso a donare un character design vario e ben curato, una minuziosa cura che va dai singoli ciuffi di capelli a una scarmigliata barba troppo cresciuta, passando anche per l’abbigliamento di fortuna perennemente macchiato da sabbia e sangue, rovinato dalle intemperie e dagli scontri.
Le scene d’azione sono dinamiche e ricche di movimento, ma senza dubbio la parte più riuscita sono gli sfondi e le cittadine distrutte e diroccate. Gli edifici, come i rari automezzi, sono formati perlopiù da detriti e da pezzi di fortuna ricavati dalle rovine precedenti, creando così un’atmosfera unica che ben incarna il mondo alla deriva che cerca una rinascita, ma il fiore all’occhiello sono senza dubbio le panoramiche e le prospettive su vasta scala, i lunghi deserti che si perdono fino all’orizzonte spesso richiedono due pagine per incredibili illustrazioni che lasceranno a bocca aperta.
In ogni situazione l’illustratore si fa notare per il sapiente uso dei neri e dei toni grigi che vengono dosati con cura senza mai eccedere, aumentando così al profondità delle immagini e soprattutto arricchendo le tavole con ombreggiature e sfumature che mai una volta risultano pesanti o invasive.
L’edizione italiana della Panini offre alti e bassi. I materiali sono discreti, offrono sovraccoperte con effetto lucido, pagine a colori su carta satinata, una rilegatura resistente e flessibile, mentre la stampa, pulita e incredibilmente perfetta senza il minimo difetto, è effettuata su carta dall’elevata grammatura dai toni giallastri che magari ben incornicia il sapore retrò e malinconico dell’opera, quasi fosse una leggenda antica, però rischia di far perdere l’effetto di alcuni leggeri retini.
Il prezzo, anche se leggermente elevato, si rivela congruo al numero di pagine: nei volumi più sottili se ne contano almeno 230, arrivando persino a volumi da 350 pagine, lasciando il prezzo invariato.
Una fiaba, una leggenda, una storia di un mondo che cerca nuova vita sottolineando la stupidità umana e una dramma tragico di una famiglia divisa che cerca nuovamente la serenità, il tutto rappresentato da una sola donna che entrerà nel cuore del lettore e non lo lascerà più. Un’opera unica, avvincente ed emozionante che si farà ricordare a lungo, da tramandare ai posteri, come monito e come classico del fumetto mondiale.
Alita
8.0/10
Recensione di Evangelion0189
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Credo che qualunque buon appassionato di fantascienza dovrebbe leggere la breve serie Alita - L'angelo della battaglia scritta e disegnata da Yukito Kishiro agli inizi degli Anni Novanta ed edita in Italia in differenti versioni: la prima, pubblicata in parte dall'allora Marvel Manga nel lontano 1997 e poi dalla neonata Planet Manga, in diciotto "sottilette" ognuna da un centinaio di pagine (ciascuno dei nove volumi giapponesi veniva in pratica diviso in due parti); la seconda in versione "Collection" composta da undici tankōbon, sempre per la Planet, e al cui finale, che non prende in considerazione i capitoli conclusivi della prima versione, si ricollega direttamente il sequel ancora in corso, dal titolo Alita Last Order. Dopo aver sentito tanti pareri negativi su tale seguito ufficiale, mi sono sentito praticamente obbligato a recuperare la versione di cui ho parlato sopra, quella insomma il cui epilogo conclude la storia in modo ben definito e senza allungamenti di alcun tipo. Come si può leggere nella postfazione contenuta nell'ultimo volumetto, l'autore è riuscito perfettamente nel suo intento: creare un mondo fantascientifico che fosse "tutto suo", con elementi personali che attingono ad alcuni stilemi classici del genere che senza dubbio, però, hanno influenzato altrettante opere successive. Alita, il cui ostico ma ciò nondimeno eloquente titolo originale è Gunm (una sorta di contrazione per A Gun's Dream, "il sogno di una pistola") non è la solita storia di cyborg contro umani o cose simili, piuttosto è un coacervo di velati riferimenti biblici, scene d'azione dinamiche e d'effetto, dettagli macabri e cruenti, strutture fatiscenti, personaggi di tutti i tipi, ambigui, bizzarri, voltafaccia, mostruosi, umani, insomma, il mondo di Alita è pulsante e "vissuto", ben lontano da quello della fantascienza classica colma di edifici perfettamente puliti e di figure eteree sempre in ordine. Qui troviamo tutto l'opposto: è un mondo sporco e crudele, ma anche straordinariamente fantasioso e movimentato. A questo punto accenniamo brevemente all'intreccio narrativo piuttosto elaborato e sempre imprevedibile (non a caso Kishiro stesso riferisce di aver improvvisato più e più volte, eppure effettivamente non ha mai sbagliato un colpo).
Tutto ha inizio in una lurida discarica: l'hunter-warrior dal cuore d'oro Daisuke Ido (il cui design sarà forse fonte di ispirazione per il Vash The Stampede di TRIGUN?) scova tra i rifiuti l'esoscheletro di una splendida ragazza a metà tra l'umano e il robotico e decide di metterci mano, dandole nuova vita; al suo risveglio la ragazza, ricostruita quasi da zero grazie alle straordinarie abilità tecniche di Ido, non ricorda nulla di come sia giunta in quel luogo sporco e pieno di immondizia, né tanto meno il suo vero nome. Ha inizio così per Alita, questo il nome datole da Ido, un viaggio lungo diversi anni nella cosiddetta "discarica" e nei territori limitrofi sottostanti Salem, struttura in parte situata nell'atmosfera e su cui si dice abitino persone "superiori" per tenore di vita e chances di successo. La nostra protagonista, la cui straordinaria abilità in combattimento è denominata panzer kunst ("arte armata"), affronterà esseri spaventosi (Makaku sempre alla ricerca di cervelli da divorare, Zapan da un occhio solo e dall'esoscheletro vagamente ispirato ad Alien), nemici forti e temibili (il "centauro" armato di katana Den) ma anche avversari leali e valorosi (il corridore Jashugan), così come si imbatterà nella miseria e le difficoltà degli amici che riuscirà a farsi lungo il suo cammino alla ricerca di se stessa e del suo misterioso passato; il tutto condito con trovate fresche e, in generale, sempre riuscite (la gara di Motorball è davvero un classico e la questione relativa alle verità su Salem e i suoi abitanti riserva piacevoli sorprese).
Il tratto di Kishiro, a volte grezzo e sporco, è in realtà incredibilmente curato: il design dei personaggi a primo acchito sembra quasi "brutto" e spigoloso, ma ci si abitua rapidamente ed è perfettamente congeniale ai loschi figuri che agitano i bassifondi della discarica e guardano con brama o odio profondo, a seconda dei casi, a Salem e alle infinite possibilità di una vita migliore che la sua struttura perfetta sembra promettere. Lo stile narrativo non incontra quasi mai battute d'arresto: tranne alcune fastidiose ellissi temporali che spesso e volentieri vengono riferite di punto in bianco dalle parole dei protagonisti ("sono passati due anni da quel giorno", "dieci anni sono trascorsi", "cinque anni fa", etc.), un paio di personaggi non particolarmente brillanti (il fotografo deviato su tutti) e un'eccessiva densità di rivelazioni importanti nelle duecento pagine conclusive (fatto questo comunque in linea di massima trascurabile), per il resto non ho davvero altre critiche da avanzare a Kishiro e alla sua opera cardine. La trama è originale, i personaggi sono coinvolgenti e Alita è una protagonista coi fiocchi, piena di dubbi umanissimi ma anche di grinta e tanto coraggio; nel finale è riuscita a farmi venire un brivido lungo la schiena. Insomma, Alita è davvero un ottimo manga, da leggere però assolutamente nella sua prima versione in diciotto volumetti ormai soltanto reperibili nel mercato dell'usato.
Tutto ha inizio in una lurida discarica: l'hunter-warrior dal cuore d'oro Daisuke Ido (il cui design sarà forse fonte di ispirazione per il Vash The Stampede di TRIGUN?) scova tra i rifiuti l'esoscheletro di una splendida ragazza a metà tra l'umano e il robotico e decide di metterci mano, dandole nuova vita; al suo risveglio la ragazza, ricostruita quasi da zero grazie alle straordinarie abilità tecniche di Ido, non ricorda nulla di come sia giunta in quel luogo sporco e pieno di immondizia, né tanto meno il suo vero nome. Ha inizio così per Alita, questo il nome datole da Ido, un viaggio lungo diversi anni nella cosiddetta "discarica" e nei territori limitrofi sottostanti Salem, struttura in parte situata nell'atmosfera e su cui si dice abitino persone "superiori" per tenore di vita e chances di successo. La nostra protagonista, la cui straordinaria abilità in combattimento è denominata panzer kunst ("arte armata"), affronterà esseri spaventosi (Makaku sempre alla ricerca di cervelli da divorare, Zapan da un occhio solo e dall'esoscheletro vagamente ispirato ad Alien), nemici forti e temibili (il "centauro" armato di katana Den) ma anche avversari leali e valorosi (il corridore Jashugan), così come si imbatterà nella miseria e le difficoltà degli amici che riuscirà a farsi lungo il suo cammino alla ricerca di se stessa e del suo misterioso passato; il tutto condito con trovate fresche e, in generale, sempre riuscite (la gara di Motorball è davvero un classico e la questione relativa alle verità su Salem e i suoi abitanti riserva piacevoli sorprese).
Il tratto di Kishiro, a volte grezzo e sporco, è in realtà incredibilmente curato: il design dei personaggi a primo acchito sembra quasi "brutto" e spigoloso, ma ci si abitua rapidamente ed è perfettamente congeniale ai loschi figuri che agitano i bassifondi della discarica e guardano con brama o odio profondo, a seconda dei casi, a Salem e alle infinite possibilità di una vita migliore che la sua struttura perfetta sembra promettere. Lo stile narrativo non incontra quasi mai battute d'arresto: tranne alcune fastidiose ellissi temporali che spesso e volentieri vengono riferite di punto in bianco dalle parole dei protagonisti ("sono passati due anni da quel giorno", "dieci anni sono trascorsi", "cinque anni fa", etc.), un paio di personaggi non particolarmente brillanti (il fotografo deviato su tutti) e un'eccessiva densità di rivelazioni importanti nelle duecento pagine conclusive (fatto questo comunque in linea di massima trascurabile), per il resto non ho davvero altre critiche da avanzare a Kishiro e alla sua opera cardine. La trama è originale, i personaggi sono coinvolgenti e Alita è una protagonista coi fiocchi, piena di dubbi umanissimi ma anche di grinta e tanto coraggio; nel finale è riuscita a farmi venire un brivido lungo la schiena. Insomma, Alita è davvero un ottimo manga, da leggere però assolutamente nella sua prima versione in diciotto volumetti ormai soltanto reperibili nel mercato dell'usato.
Gunslinger Girl era bello, bellissimo... se solo ci avessero dato la possibilità di completare almeno un'edizione.... due volte lo acquistai e due volte venne droppato dalla casa editrice! Speriamo che prima o poi qualcuno decida di riproporcelo
Cooomunque, uno dei miei preferiti in questa classifica (o per lo meno a cui son particolarmente affezionato) è ES - Eternal Sabbath. Certo la componente thriller/psicologico è importante qua.
La Fenice prima o poi devo decidermi a recuperarlo.
Chissà come Ultra Heaven sia arrivato così in alto ( perché ovviamente chi lo legge non può non chinarsi ed accettare la genialità. Il problema é che non lo conosce nessuno ed è estremamente di nicchia). Comunque non é proprio fantascienza, non ha veramente un genere e al massimo e' un "dreampunk". Vabbuo' che molti di questinon possono essere considerati fantascienza.
Dragon Ball così come tanti altri è completamente estraneo alla fantascienza. Non sono dinosauri draghi i e macchine volanti a fare la fantascienza, quella è semplicemente sovrastruttura, per far sì che un'opera possa essere considerata fantascienza deve avere i due punti cardini del genere, scienza ma soprattutto nostalgia per un mondo ormai perduto che è la base di qualunque fantasy. Tanti titoli in lista sono sci -fi ( categoria, quella della science fiction, assente nella lingua italiana per cui tutte le opere legate a questa vengono erroneamente inserite nella fantascienza a causa di un errore di traduzione alla base delle due lingue )
Va bene che ci sono degli elementi futuristici, ma credo che l'indirizzo sia completamente diverso, e penso che lo stesso possa valere per Doraemon...
Strana invece l'assenza di Code Geass
Questo è lo sci-fi
"Un action rimane un action anche se ambientato nel futuro e se ci sono le astronavi."
Action è una categoria che può inserirsi in moltissime altre categorie vista la generalità del termine. Eden è un manga di fantascienza ma è anche un action così come il Signore degli Anelli è un fantasy action e così via.
Riguardo a Dragonball, pur sì avendo elementi futuristici, non so quanto possa essere incluso nella classifica. Stesso discorso per Slump e Arale.
Non mi aspettavo invece di trovare Uchu Kyodai al primo posto.
Una domanda, ma Trigun ? visto i criteri utilizzati anche quello meriterebbe un posto
Io tra quelli nelle prime posizioni ho letto Eden, che è veramente bello e lo consiglio agli amanti del genere.
Sulle posizioni della classifica non c'è molto da discutere tra le altre posizioni in quanto lo scarto di voto è davvero minimo. Basta una recensione per cambiare la classifica quindi non me la sento di dire cose del tipo: E' troppo in su, è troppo in giù.
Detto questo, non ci vedo alcuna discontinuità tra i termini Science Fiction e Fantascienza, al di là di presunti errori di traduzione di fondo, il concetto è abbastanza identico e a meno di non essere anglofoni a tutti i costi il termine Fantascienza è ormai storicamente accettato.
La discontinuità sta nel fatto che sci-fi implica solamente che nell'opera vi è una preponderante presenza di elementi scientifici, fantascienza implica che nell'opera ci saranno elementi scientifici su una base fantasy. Eden è fantascienza perchè pone la base sul cardine delle opere fantasy ovvero come ho scritto prima, una nostalgia verso qualcosa di passato che ormai non c'è più. Eden è un manga fantascientifico con elementi sci-fi ( ovvero la scienza la fa da padrona ) Pluto invece è semplicemente uno sci-fi ( action/investigativo ) in quanto questo elemento di nostalgia di un tempo passato ( che quasi sempre ha delle ritorsioni nel futuro/presente ) non è presente. Non vi è nulla di identico nei due termini hanno solamente elementi in comune ( così come il thriller e l'action e tanti altri. )
Non si parla di etimologia ma di significato di un termine. Se guardiamo all'etimologia ogni opera è d'azione visto che succedono azioni ma così non è. Ogni genere ha determinate caratteristiche e quelle sono. Il fantasy sin dagli albori ha la nostalgia come cardine principale ( così come il thriller ha la suspance, lo sci-fi la tecnologia preponderante, la favola la morale finale e così via ). Un' opera che pecca della presenza della nostalgia verso il passato ( che può essere mostrata oppure semplicemente fatta percepire come nel caso della maggior parte dei fantasy a tema medioevale ) semplicemente non è fantasy. Mondo fantastico, senso del non reale, sono tutte cose che non hanno a che fare con la categoria ma con lo stile ( Eden ha un mondo reale trattato in maniera realistica eppure è un fantasy, Il Re Leone ha solo animali come personaggi ma non è di certo una favola etc. )
Sinceramente non capisco dove questa discussione potrà mai portare. L'etimologia è una scienza e serve appunto a indagare l'origine e il significato di un termine da un punto di vista morfologico, fonetico e semantico, ed è quello che cercavo di fare con la parola Fantascienza, al di là delle tue arbitrarie e fantasiose interpretazioni. Se poi mi dici che Eden è un Fantasy e non Fantascienza, allora temo di essere ancora più confuso di prima...
"lo sci-fi la tecnologia preponderante"
Ma anche no, la scienza non è sempre sinonimo di tecnologia
"Il fantasy sin dagli albori ha la nostalgia come cardine principale (...) Un' opera che pecca della presenza della nostalgia verso il passato (...) semplicemente non è fantasy"
Visto che praticamente ti contraddici da solo, forse è meglio che prima risolvi la questione fra te e te.
ES è molto bello, ma sono rimasta malissimo per il finale, il che mi fa ridimensionare molto la sua valutazione. Però voglio precisarlo: la mia è una lamentela in stile Annie Wilkes by Stephen King che nulla a che vedere con l'effettiva qualità dell'opera!
Un altro manga di fantascienza che mi è piaciuto non c'è in questa classifica. Si tratta di Siamo in 11! di Moto Hagio, che richiama un po' Dieci piccoli indiani di Agatha Christie, ma va ben oltre, racchiudendo oltre l'elemento mystery la componente shoujo, il tutto in un unico godibilissimo volume.
Purtroppo non ho letto Akira, ma mi piacerebbe. Come pure vorrei leggere Nausicaa di Hayao Miyazaki.
Cmq i grandi assenti in questa classifica sono i manga di Yukinobu Hoshino; titoli come 2001 Nights o Star Dust Memories credo incarnino perfettamente l'ideale fantascientifico "classico".
Li ho letti quasi tutti e per la maggior parte di loro condivido per la loro presenza in questa classifica.
Tra tutti secondo me spiccano Akira, Proteggi la mia Terra, Battle Angel Alita, 20th Century Boys, ES - Eternal Sabbath e Uchuu Kyodai,e mi fermo qui con l'elenco perché altrimenti li citerei davvero quasi tutti
Sinceramente non capisco dove questa discussione potrà mai portare. L'etimologia è una scienza e serve appunto a indagare l'origine e il significato di un termine da un punto di vista morfologico fonetico e semantico, ed è quello che cercavo di fare con la parola Fantascienza, al di là delle tue arbitrarie e fantasiose interpretazioni
Non c'è nulla di arbitrario o fantasioso nelle mia interpretazione ho scritto ciò che si insegna in qualunque corso di sceneggiatura. Quando qualcuno vuole iniziare a scrivere di un genere deve ben sapere come questo funzioni ( non la sua etimologia, ma quello che racchiude ). Come ho già detto, draghi, elfi, mondo fantastico sono elementi comuni al fantasy ma non la sua peculiarità, quello che lo rende tale così come i poliziotti, detective e crimini sono elementi dei gialli ma non ciò ciò che lo rendono un genere. Posso anche sottostare a titoli come Evangelion, Proteggi la mia terra, Ken il guerriero in cui la catalogazione nel fantascientifico può essere discussa e accettata secondo le visioni di varie persone ma Dragon Ball, Pluto, Level E e tantissimi altri ( la maggioranza ) non hanno motivo di essere presenti ( Dragon Ball poi che non è neanche uno sci-fi non ha proprio la base per essere confuso e messo in classifica )
"Se poi mi dici che Eden è un Fantasy e non Fantascienza, allora temo di essere ancora più confuso di prima..."
Sì, qui ho sbagliato, volevo scrivere fantascienza
La fantascienza è l'espressione massima del nerd, ergo non mi piace. Al massimo l'unico tipo di fantascienza valida è quella di tipo esistenzialista-filosofico. Quindi quelli meritevoli qua sono ad esempio sono Alita, Eden e Planetes. Non disdegno la fantascienza distopica purchè tocchi il sociale, quindi 20th CB tra quelli in lista.
Il resto è roba che non incontra i miei gusti, ergo è trascurabile, anche se ho trovato dei fumetti carini come Arms per esempio che trovo sia molto sottovalutato o Blame che è un capolavoro sperimentale.
Il problema non è l'8 ad Alita, che è più o meno giusto, ma il fatto che sia sotto ad altri che, per genere o meno, sono assolutamente inferiori. Per non parlare dell'assoluta mancanza di 2001 Nights, ma qui sono le poche recensioni e la poca notorietà ad escluderlo dalla lista, purtroppo... Dunque è giusto lamentarsi anzi, sono il primo, ma fino ad un certo punto. Invece su Gits non ci sono scuse, l'utenza ha cannato.
P.S. anche Appleseed, G di Koike(ma qui mi rendo conto che sarebbe impossibile) e Sabel Tiger dovrebbero entrare in lista.
No, infatti non si sta discutendo su questo. Ken in guerriero è un manga fantascientifico post-apocalittico, The Walking Dead è un horror post-apocalittico. Eden è un manga fantascientifico sci-fi, Level è è un manga comico sci-fi. La fantascienza racchiude sotto di sè moltissimi sottogeneri ma non è automatico che questi siano fantascienza e questa classifica lo dimostra perfettamente.
E' come dire che il miglior anime di combattimento sia Maison Ikkoku, giusto perché in una puntata si tirano due cazzotti.
Ma stiamo scherzando?
Uchu kyodai è bellissimo ma mi sembra poco fantascientifico, manca la parte "fanta" (a meno che la mia definizione non sia diversa dalla solita) mi sembra solo uno slice of life. è stato bello vedere su fb le foto di un'amica allo space center in texas e trovarle uguali uguali in bianco e nero sul fumetto.
Invece sì, stavi dicendo che molti di questi non sono fantascienza, ma sci-fi, no? Ebbene, prendi il termine come macrogenere e non quello inteso come science fiction così che anche gli sci-fi possono essere presenti in questa lista, anche senza 'una nostalgia verso qualcosa di passato che ormai non c'è più.'
Altrimenti nemmeno la si fa la classifica con così pochi titoli puramente fantascientifici.
Quali cyberpunk mancano ancora?
Hai vinto! XD
"Invece sì, stavi dicendo che molti di questi non sono fantascienza, ma sci-fi, no? Ebbene, prendi il termine come macrogenere e non quello inteso come science fiction così che anche gli sci-fi possono essere presenti in questa lista, anche senza 'una nostalgia verso qualcosa di passato che ormai non c'è più.' "
Il macrogenere può contenere come anche no. Non tutte le opere sci-fi sono fantascienza. Minority report? Action-sci fi. Pluto? Poliziesco sci fi. Indipendence day? Action-sci fi e così si può andare avanti all'infinito. Lo sci-fi è la categoria che più si accoppia con la fantascienza semplicemente perchè questa necessita della presenza dello sci-fi per esistere, lo sci-fi però può abbinarsi a tantissime altre categorie senza essere necessariamente fantasy. Ecco più di macrogenere, insiemi et. simila questo concetto funziona meglio, la fantascienza è formata da fantasy e sci-fi ed entrambi i generi possono esistere come generi indipendenti e non legati tra loro ed è questo il caso di molti manga-sci-fi messi in classifica.
"Altrimenti nemmeno la si fa la classifica con così pochi titoli puramente fantascientifici."
Come no. Sono anche stati detti dei titoli inspiegabilmente non presenti e potrei aggiungere Capitan Harlock, La regina dei mille anni, La principessa splendente ( nonostante non sia il genere principale ) e sicuramente molti altri. E poi, anche se fosse?Per quale motivo bisognerebbe mutare un genere per poterci ficcare tutto il possibile per fare una classifica?
Concordo con la posizione di Pluto(che in relazione al discorso qui sopra dovrebbe prendersi il secondo posto o perlomeno il terzo dato che Akira ha un'importanza tale da prendersi la medaglia d'argento nonostante non l'apprezzi)e La Fenice che è davvero bello nonostante sia in parte incompiuto; mi dispiace invece che Biorg Trinity abbia una posizione condivisa ma non tutti lo possono apprezzare e per l'ultimo posto di Battle Angel Alita perché non se lo merita dato che come il succitato Akira ha una certa importanza nel genere della fantascienza...
Ma drogonball non lo definirei di fantascienza
"King of Thorn" ha una media dell'otto.
Accidenti pensare che io il manga l'ho catalogato come una delle tante storie che finisce a ramengo. E' pure uno dei manga che mi è piaciuto di meno della Flashbook. ( ne ho parecchi..)
Ha solo pollici verdi perchè non gli ho mai dato i gialli e i rossi che si merita.
Non si è mutato o preso nulla nello specifico, ma fantascienza generale. E l'action sci-fi rientra in questa categoria. Tanto per dire, su MAL(loro non dovrebbero avere il problema di traduzione italiana) nemmeno esiste il genere fantascienza, ma solo sci-fi, mecha e space mi sembra.
Vabbuò, onestamente etimologia giusta o sbagliata non cambia il fulcro; gits e 2001 nights fuori lista è una bestemmia.
è proprio una categoria che amo ma che non ho ancora approfondito in versione manga
Però poi bisogna fare attenzione quando si espongono questi risultati: come fanno notare molti diverse serie sono solo marginalmente di fantascienza.
Si dovrebbero etichettare così: Fantascienza 75%, sentimentale 12%, comico 8%, ecc.. Forse esagero ? ^^;
Non è che basta ambientare una cosa nel futuro e metterci qualche tecnologia un pelo futuristica per fare fantascienza.
Se prendo il signore degli anelli, lo ambiento nel futuro, sostituisco le razze con alieni e i cavalli con astronavi diventa fantascienza? Ma anche No.
Quoto pesantemente il tuo commento
1. AKIRA
2. ALITA: BATTLE ANGEL e LAST ORDER
3. NEON GENESIS EVANGELION
Tutti gli altri sono molto belli ma niente in confronto a questi tre (molto serie ce le ho complete nella mia collezzione)
si va da planetes a doraemon passando per dr. slump e ken il guerriero
e poi mi piange il cuore quando non vedo Air Gear che la cultura che ha mostrato Oh Great soprattutto nell'arco finale se la sogna perfino Evangelion la quale contiene un sacco di fisica quantistica
manca poi Trigun che mostra nuove tecnologie poco spiegate ma disegnate in modo impeccabile tanto da essere credibili
per non parlare di Gantz poi che nell'arco finale mette in mostra una tecnologia in grado di creare essere umani semplicemente unendo a livello molecolare il necessario per fare un corpo umano dandogli poi impulsi nervosi al cervello per dargli i ricordi pre-morte, che poi tra tute potenziate, esoscheletri, il Gantz stesso che riporta in vita la gente usando la stessa tecnologia di cui sopra...
insomma in questa classifica manca il mondo e quei pochi titoli meritevoli presenti sono troppo in basso per i miei gusti
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