Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con gli anime UN-GO Yamada-kun to 7 nin no majo e il manga Cuore di menta.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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7.0/10
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Sembrerebbe semplice inquadrare "UN-GO" come un esperimento fallito: un tentativo blando di costruire una serie a base di casi risolvibili solo grazie all'intuito del detective, fallito in partenza per via della banalità di certe soluzioni e per via dello scarso numero di sospettati in ogni puntata; una strana congiunzione di elementi tecnologici e sovrannaturali senza basi precise, troppo confusionaria per lasciare l'immagine di un mondo credibile nella mente dello spettatore. Il dipinto illustrato è chiaro, non ci sono dubbi né sulla trama insulsa, né sull'aspetto grafico insignificante, con ben poche sorprese.

Eppure c'è qualche ombra nel disegno, aspetti dai contorni fumosi che vengono percepiti a stento durante la prima visione: un'atmosfera di desolante fatalismo che impregna l'opera, affascinando irrimediabilmente lo spettatore; la consapevolezza disincantata del detective che cammina, cercando ad ogni passo uno sprazzo di luce invisibile. A una seconda visione la nebbia si dipana e apre il sipario su "UN-GO", nella sua interezza: una serie animata che denuncia e critica l'ipocrisia e i segreti perpetuati dalle persone che fanno parte della società, corrotta e meschina.

Una contrapposizione fra verità e menzogna che si palesa tramite gli stessi protagonisti dell'anime: Shinjuurou Yuuki è il "Detective Sconfitto", destinato a restare sempre secondo rispetto al consulente del governo Rinroku Kaishou, mente brillante capace di trovare le soluzioni di ogni caso grazie all'utilizzo delle nuove tecnologie; Shinjuurou usa solo il classico metodo deduttivo, considerato ormai inefficiente rispetto ai mezzi a disposizione dell'eterno rivale, ma come la serie inganna nel corso della sua visione, così i ruoli preimpostati nei primi minuti si dimostrano creati a regola d'arte. Il "Detective Sconfitto" è in realtà colui che porta a galla la soluzione di ogni caso, per poi vederla insabbiata e sostituita da Kaishou e gli altri agenti del governo con una più consona alla situazione politica attuale. L'unico sistema con cui Shinjuurou può conservare la verità è quello di darla in pasto a Inga, sua assistente sotto le cui sembianze si nasconde un demone goloso di anime che nascondono dei segreti e di cui lei può nutrirsi dopo aver sottoposto l'essere umano prescelto a una sola domanda, a cui è impossibile mentire.

Una magra consolazione che pare bastare al giovane detective, costantemente in cammino con Inga per cercare la tanto agognata verità, in un Giappone che da mero sfondo si eleva ad elemento fondamentale della serie, forse perfino più incisivo dei suoi stessi abitanti. Sgargiante ma al tempo stesso grigiastro, il Paese rivela le ferite subite dalla guerra e il disperato desiderio di celarle: palazzi e case di lusso si scontrano con edifici distrutti dai bombardamenti, uomini ricchi e potenti cozzano con i poveri a cui il conflitto ha tolto ogni cosa. Una confusione da cui nasce un mondo distopico, il quale cattura e infastidisce in un'instancabile dicotomia fra realtà e verità "sicure", approvate dal governo.

Gli occhi mediante cui si assiste allo spettacolo sono quelli di Shinjuurou, ancora una volta in opposizione rispetto alla visione di Kaishou: il Detective Sconfitto illumina ogni caso di una luce pessimistica, in cui le sfaccettature sono scure e crudeli; l'umanità non riserva nulla di buono per il mondo, i colpevoli e i sospettati occultano i loro misfatti per orgoglio e per apparire immacolati, vittime quanto le medesime persone che uccidono per il loro tornaconto. Shinjuurou rappresenta la faccia della medaglia che non sopporta la ragnatela di bugie tessuta per coprire i misfatti della guerra, trovandola esasperante.

Una discesa vertiginosa che non accenna ad arrestarsi, fino a quando la seconda metà dell'anime non inizia a bilanciare l'opinione scoraggiata di Shinjuurou con il diverso punto di vista di Kaishou; la serie analizza l'altra faccia della medaglia: la bugia realizzata per proteggere al posto di una realtà che ferirebbe. Un'idea in completa antitesi con la visione del giovane protagonista, per questo destinate a scontrarsi eternamente, senza mai riuscire a giungere a un compromesso. La serie presenta la disputa in un modo che sembra quasi chiedere allo spettatore: da che parte starebbe in una situazione del genere? Sarebbe meglio far emergere la verità sempre e comunque? O forse sarebbe meglio accettare qualche piccola menzogna, per il bene comune?

Interrogativi importanti su cui l'anime concentra gran parte delle energie, ma spesso utilizzando metafore ed elementi fin troppo articolati per raggiungere il suo scopo: i vari casi presenti gettano fumo negli occhi del pubblico, soprattutto quando verso la conclusione si mostrano trame più complesse, le quali tendono ad offuscare il messaggio di fondo dell'anime. La volontà di voler costruire una serie animata ricca di contenuti si dimostra probabilmente troppo ambiziosa, considerato l'esiguo numero di puntate a disposizione per esplorare i temi della serie, fornendo anche una serie di vicende a tinte gialle il più possibile appassionante.

In compenso, "UN-GO" si manifesta come una piacevole riscoperta, capace di attrarre lo spettatore con la forza dei suoi contenuti, di metterlo regolarmente alla prova con domande a cui diventa sempre più difficile fornire una risposta, mano a mano che la serie procede verso il finale. Il dualismo concernente le diverse maniere di porre la verità rappresenta la colonna portante che calamita attorno a sé ogni elemento, anche se questi ultimi non vengono tratteggiati spesso approfonditamente, come nel caso di molti personaggi secondari poco interessanti o della strana fusione degli aspetti tecnologici e sovrannaturali, abbastanza bislacca e inefficace.

Sette, per la seconda visione che eleva la serie animata al rango di prodotto maturo e intelligente, ma forse fin troppo "ingegnoso" per il suo stesso bene.




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Lo shojo scolastico per pre-adolescenti è un genere con un canone molto stringente. Gli elementi su cui può contare sono pochi e sempre gli stessi: romanticismo, amicizia, umorismo. La struttura narrativa è fissa: le coppie che si incontrano nel primo capitolo saranno quelle che diventeranno definitive nell'ultimo e pur tra mille vicissitudini il lieto fine è d'obbligo. Il sesso è assolutamente escluso, il massimo a cui si può aspirare è un bacio; ogni tipo di trauma eccessivo va censurato e le storie si svolgono in un mondo ideale in cui tutti sono buoni (se c'è qualche personaggio negativo è sicuro che alla fine rimarrà battuto e scornato). Dati questi fortissimi vincoli è estremamente difficile riuscire a realizzare qualcosa che si stacchi dalla media e vanno considerate degne della massima ammirazione le autrici che ci riescono. Wataru Yoshizumi in 'Cuore di menta' ci riesce.

Il segreto per riuscire a sfondare è quello di riuscire a instaurare una certa alchimia tra l'autore e il lettore, alchimia che si realizza tramite l'uso di personaggi interessanti e un modo di narrare in grado di colpire la sensibilità di chi legge. Questo è vero in generale ma è particolarmente vero per il genere sentimentale. Nel caso della Yoshizumi colpiscono molto i dialoghi (non ho mai visto dei personaggi più onesti e sinceri in un manga giapponese in cui di solito i personaggi si tengono tutto dentro e le poche volte che parlano vengono sempre fraintesi), ma anche i silenzi (ci sono pagine spese a mostrare gli sguardi dei personaggi che dicono molto di più di quanto si potrebbe esprimere con le parole). I disegni sono certamente di ottima qualità grafica, ma quello che rimane impresso è la loro abilità di comunicare l'emozione richiesta dalla storia, sia di tipo romantico, sia di tipo umoristico. Lo stile super-deformed è molto usato e la simpatia dei personaggi è irresistibile, ma quando c'è bisogno di essere seri i disegni si adattano allo scopo e non sono da meno. È notevole vedere il grande progresso grafico dell'autrice dai tempi di 'Marmalade Boy', a 'Cuori di menta', a 'Cappuccino', opera recentissima che però è stata la prima che lo letto. Si vede la stessa mano in tutte queste opere, pur nella diversità dei generi e del target di pubblico: le stesse tematiche ritornano ovunque (l'ex fidanzata, gli amici d'infanzia segretamente innamorati dei protagonisti, il triangolo sentimentale, l'indecisione amorosa). Del resto gli ingredienti a disposizione sono quelli.

Anche 'Cuore di menta' contiene tutti i luoghi comuni del genere e nessuna innovazione, eppure è scritto bene e in mezzo a mille shojo scolastici svetta per la sua simpatia, per il suo ritmo e per la sua comicità. Si tratta di una classica commedia degli equivoci con premesse un pò surreali (Noel si traveste da ragazza per seguire la sorella in collegio e lì troverà l'amicizia e l'amore) ma consistenti per un manga che sa di esserlo: in più di una scena i protagonisti fanno capire di sapere di essere personaggi di un manga, parlano del sondaggio dei lettori, leggono la loro stessa storia, con un umorismo demenziale degno di Osamu Tezuka o di Yattaman. Il ritmo e' uno dei punti di forza principali di 'Cuore di menta' che diverte e intrattiene come sapevano fare i manga di un tempo (in effetti sembra più un manga anni ottanta che anni novanta). L'umorismo fa veramente ridere, il romanticismo è veramente romantico e i personaggi sono simpatici. Dopo un lungo periodo in cui non riuscivo a trovare uno shojo decente (basta con le ragazze zerbino innamorate del solito belloccio odioso!) 'Cuore di Menta' è stato una ventata di freschezza e di allegria. Per una volta non ci sono siscon, lolicon, o perversioni strane ma solo un innocuo e umoristico cross dressing che fa parte della tradizione dello shojo fin dai tempi della Principessa Zaffiro. Consigliato a tutti quelli che non pensano di essere troppo grandi per leggere cose da ragazzine. Voto: 8,5.




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"Yamada-kun to 7-nin no Majo" era una serie che attendevo da tanto tempo. Non solo i precedenti OAV mi avevano invogliato a guardarla, ma, leggendo il manga e adorando la storia, il desiderio di ammirarne una trasposizione animata era grandissimo.
Ebbene, finalmente è arrivata e, con gioia, posso dire che è all'altezza delle aspettative. Dodici episodi estremamente divertenti e commoventi, in cui il gusto della commedia scolastica si mescola con il sentimentalismo e quel pizzico di ecchi in grado di renderla ancor più emozionante. Un'avventura fresca e originale, abbastanza fedele al manga, anche se non si è riusciti a evitare qualche taglio (anche consistente).

Ma procediamo a piccoli passi e incominciamo a raccontare come è iniziata questa storia tanto stramba quanto divertente. Yamada è un ragazzo del secondo anno di una rinomata scuola superiore. Tuttavia, al di là delle aspettative, viene evitato da tutti a causa di un avvenimento drammatico dell'anno passato. In seguito a una rissa è stato sospeso per una settimana. Dopo ciò, nessuno ha più voluto rivolgergli la parola, in parte impauriti dalla sua aria intimidatoria, in parte indifferenti a quel giovane tanto buono, ma poco intelligente per una scuola di quel livello.
Un giorno, però, le cose cambiano. Scivola dalle scale e precipita addosso a Urara Shiraishi, una delle ragazze più dotate della scuola, sia per il proprio cervello che per la sua bellezza mozzafiato. Un bacio accidentale durante la caduta e un avvenimento inaspettato: i due si scambiano i corpi. Quella scoperta inaspettata sconvolge il mondo di Yamada, che non solo diventerà sempre più amico (e non solo) della silenziosa Shiraishi, ma si addentrerà nei segreti della scuola. Sette streghe, dotate di poteri sensazionali, che si aggirano per i corridoi dell'istituto.

Se all'apparenza può apparire una commedia semplice e divertente, in realtà cela esperienze drammatiche e profonde. Tutte le streghe posseggono tali poteri perché la loro vita scolastica non è proprio delle migliori. L'aspirazione a ottenere qualcosa di più ha permesso loro di acquisire queste sorprendenti abilità. Ma, in fin dei conti, non sono affatto felici. Sarà Yamada a cambiare il loro animo e permetter loro di migliorare la propria esistenza? Chissà. Una cosa è certa: a ogni nuova fanciulla, si aprono prospettive diverse e sempre più emozionanti. I personaggi sono descritti in maniera precisa e accurata, non solo dal punto di vista fisico, ma soprattutto da quello sentimentale.
L'apparenza semplice e chiara nasconde emozioni ben più profonde, che lasceranno lo spettatore ammaliato. Shiraishi, in particolare, è una protagonista in continua crescita. L'iniziale indifferenza al mondo circostante si trasforma in un tiepido calore verso i propri amici e verso il ragazzo che più di tutti gli altri le starà accanto: Yamada.
Non ci sono personaggi "antipatici", e tutti offrono qualcosa alla realizzazione di una storia perfetta. Anche la tsundere Odagiri, che all'inizio sembra tutt'altro che simpatica, in realtà mostrerà un cuore d'oro. I suoi atteggiamenti scostanti e il rifiuto dei propri sentimenti non potranno durare a lungo, e la scoperta di questi è forse una delle cose che più mi ha colpito in "Yamada-kun to 7-nin no Majo". L'unico difetto, a mio avviso, è che nella serie non ha il tempo necessario per acquistare quell'importanza che tiene nel manga. Nel cartaceo, soprattutto in futuro, il suo ruolo diventerà ancor più essenziale e, proprio per questo, credo di poterla definire uno dei miei personaggi preferiti.

La grafica è molto bella. Colori accesi, ma non brillanti, e toni piuttosto rilassati. Ottima la fedeltà ai disegni del manga, sia per le fattezze fisiche sia per l'espressività dei personaggi durante tutta la vicenda.
Le musiche sono interessanti, e riescono a catturare subito l'attenzione. Tuttavia, ho riscontrato alcune piccole imperfezioni nella gestione del sottofondo musicale e delle voci. Alle volte, infatti, l'OST supera in volume il doppiaggio, oscurando almeno in parte la bellezza e la bravura dei doppiatori.
Per quanto riguarda la regia, però, ho alcune importanti considerazioni. Nonostante la loro bravura nel trasformare quasi cento capitoli del manga in un'opera di appena dodici episodi, non ho potuto evitare di notare i tempi ben più veloci rispetto all'originale cartaceo. Se nel manga la storia si evolve più lentamente, dando così l'opportunità di conoscere meglio i personaggi principali e non, qui invece le vicende si susseguono quasi con frenesia. Bello per il contesto generale, ma un pochino deludente per chi conosce il manga.

"Yamada-kun to 7-nin no Majo", in ogni caso, è un'opera veramente fantastica. Originale, divertente ed emozionante. Riesce a unire tutte le qualità della commedia sentimentale e il brivido del fantasy. L'idea di poteri che si trasmettono con un bacio è incredibile; esilarante fino a un certo punto, ma anche capace di diventare drammatica quando la situazione lo richiede.
Il finale è molto bello, ma, leggendo il manga, posso assicurare che le avventure di Yamada e compagni non finiscono qui. Anzi, in futuro le cose diventeranno ancor più emozionanti. Molte domande sono rimaste irrisolte, prime fra tutte il motivo per cui il nostro giovane protagonista possiede questo strano potere di "copia".
E, dunque, spero di riuscire a vedere un giorno anche una seconda stagione animata. Per il momento, gustiamoci queste dodici puntate, tanto divertenti quanto "strappalacrime".

Voto finale: 8 e mezzo