Settembre 2016, Paramount Pictures pubblica i primi teaser trailer del tanto chiacchierato Ghost in the Shell, dando finalmente un corpus delicti ai rumors e alle voci che circolavano per la rete circa il nuovo lungometraggio americano che si propone di riportare in auge il noto brand marchiato Masamune Shirow (il manga originale) prima, e Mamoru Oshii poi (il film del '95 e Innocence)1. Si tratta di un annuncio di una forza dirompente che letteralmente spacca a metà la comunità degli internauti: all'istante si levano i cori indignati dei fan che gridano allo scandalo, profetizzando l'imminente sciagura di una corruzione e distruzione di ciò che fu oggetto di culto, simbolo, nonché masterpiece del cyberpunk nipponico degli anni '90. Non assenti, tuttavia, anche voci contrarie alla generale mancanza di fiducia2 che si è poi rivelata, purtroppo, parzialmente veritiera e preconizzante, ma andiamo con ordine.
L'universo di Ghost in the Shell (in modo peculiare il film di Mamoru Oshii), radica i suoi topoi su un apparato concettuale che capta i propri semi nella corrente letteraria e artistica del Cyberpunk, nata negli anni '80 grazie al contributo di autori tra i quali spiccano William Gibson3 e Bruce Sterling. La tematica cardine è quella che ruota attorno ai concetti di coscienza e identità che la progressiva meccanizzazione dell'uomo e lo sviluppo tecnologico mettono inevitabilmente in crisi e la cui certezza cominciano ad incrinare: si concretizza una interessante inversione di prospettiva per la quale l'uomo perde parte della sua umanità, avvicinandosi alle macchine, mentre le macchine (in specie le I.A.) subiscono il processo inverso, acquisendo una loro coscienza e imparando ad affermare la propria personalità, auto-riconoscendosi come enti senzienti ed autonomi, possiamo dire: umanizzandosi. "La domanda fondamentale è: cosa è coscienza? La coscienza è programmazione, oppure libertà? Indeterminatezza?" E da questa intuizione emerge il senso del titolo del film: Ghost in the Shell, lo spirito nel guscio, l'anima nel corpo, dicotomia di matrice cartesiana che viene però messa in dubbio. Nel momento in cui anche un androide si afferma Essere senziente, cosa distingue realmente l'uomo dalla macchina? Non è forse anche l'uomo una macchina biologico-organica programmata dai suoi stessi geni? L'uomo è conscio di questo dubbio ed è per questo motivo che costruisce gli androidi, è un gioco di specchi: cerca di costruire qualcosa di simile a sé non per il progresso della scienza ma, in ultima analisi, per vedere se stesso e soprattutto capire se stesso. La domanda attorno a cui tutto ruota è se esista effettivamente un Ghost separato dal suo Shell o, piuttosto e al contrario, un'unione dei due, una “Mente” di spinoziana memoria4. Invero, non c'è nessuna autentica differenza tra uomo e macchina, tra organico e inorganico, poiché nessuno dei due è da solo in grado di stabilire l'origine della propria coscienza e se questa sia determinata da un “Dio” o meno. Il film del '95 incarna brillantemente tutte queste tematiche grazie anche ad una raffinatissima regia, che si destreggia attraverso momenti di intenso lirismo visivo, tanto che il film stesso diviene un continuo susseguirsi di simboli e metafore di grande suggestione.
Ora, prendete tale identikit di Ghost in the Shell, così come prospettato dall'estensore di questa recensione, e spogliatelo di quasi tutto compiendo un'operazione di mera sottrazione: togliete il lirismo e il simbolismo, togliete i dialoghi penetranti e profondi, togliete l'intero apparato concettuale riducendolo sostanzialmente all'osso, un feticcio, un giocattolo per le masse, ed otterrete con buona approssimazione un'idea di cosa aspettarvi dall'ultima fatica di Rupert Sanders. L'operazione che è stata compiuta è infatti quella di rendere mainstream e abbordabile per il grande pubblico quella che era in origine una storia molto complicata e per un pubblico fondamentalmente di nicchia. Il film in questione infatti mantiene formalmente la medesima struttura di fondo del suo progenitore, costruendo una vicenda dal sapore poliziesco decisamente interessante e ricca di tensione. La Sezione 9 torna di nuovo in azione, ritroviamo il Maggiore, interpretato da una bravissima Scarlett Johansson, che ritengo particolarmente indicata per questo ruolo5, Batou, Togusa, il saggio Aramaki e altri vecchi e nuovi personaggi. Ritroviamo anche le tematiche fondamentali, ma queste assumono, sostanzialmente, una veste maggiormente semplificata e lineare ed incompleta, non vengono portate alle estreme ed elevate conseguenze e conclusioni che ci si aspetterebbe, optando anzi per una soluzione diametralmente opposta.
La protagonista si trasforma in un'eroina che vuole scoprire la verità piuttosto che essere la figura profonda e dilemmatica che conosciamo. Il baricentro si sposta da un piano concettuale a quello fattuale della storia. A fare da padrone è un passato rubato da riconquistare, un sopruso compiuto che va punito e corretto per la completa riappropriazione della personale individualità. E sono queste innovazioni, da una parte, e certe mancanze, dall'altra, a mutare profondamente sia il senso che la portata del film, ponendo accenti diversi. L'attenzione si sposta sulla falsificazione dei ricordi, la costruzione di un passato fasullo in un'ottica strumentale alla storia, ma ci si ferma lì, senza compiere passi ulteriori. Manca l'essere totalmente artificiale che dà quel quid pluris al tono del film, perchè qui la figura maggiormente ambigua rimane il maggiore, che però è comunque di matrice umana. Anche i numerosissimi riferimenti e citazioni al film del '95 sono in realtà per lo più mere strizzate d'occhio: un esempio su tutti la scena dell'immersione, che perde molto della suggestività e del senso originario.
Rimane purtuttavia un filo conduttore omogeneo, trattandosi di un soggetto comunque interessante da mettere in scena, e molto bella è per esempio la trovata del “consenso”: non serve avere il consenso di un androide, essi sono meri oggetti sottoposti al dominio umano. Ed è così anche per il maggiore, finché qualcuno non la riconosce come al proprio livello, come umana, chiedendo il suo consenso; ed è così che si pone l'accento sul fatto che ciò che ci rende umani è anche il modo in cui gli altri ci considerano.
Passando al lato tecnico, ci si para innanzi un film diretto piuttosto bene. Ciò che colpisce maggiormente però è il modo in cui è stata costruita l'ambientazione, che riprende in modo fedele l'estetica del film originale, mostrandoci paesaggi urbani molto suggestivi, decorati da proiezioni e ologrammi pubblicitari, che stridono con i sobborghi poveri caratterizzati da palazzoni decadenti che sfidano il cielo nella loro incredibile altezza e grigia monotonia. Si tratta di una tipica ambientazione cyberpunk, dove decadenza sociale, politica e tecnologia si compenetrano, in un mondo sotto il giogo di forti multinazionali e aziende tecnologiche.
Note:
1 Senza tuttavia dimenticare le serie animate dirette da Kenji Kamiyama.
2 Lo stesso Mamuru Oshii si è espresso in modo favorevole al film
3 Neuromante
4 Per un approfondimento consiglio di andare a vedere i video di Rick DuFer in proposito su YT e FB.
5 Inutili e faziose le accuse di witewashing mosse al film, la Johansson anzi ricalca fedelmente l'estetica del Maggiore.
L'universo di Ghost in the Shell (in modo peculiare il film di Mamoru Oshii), radica i suoi topoi su un apparato concettuale che capta i propri semi nella corrente letteraria e artistica del Cyberpunk, nata negli anni '80 grazie al contributo di autori tra i quali spiccano William Gibson3 e Bruce Sterling. La tematica cardine è quella che ruota attorno ai concetti di coscienza e identità che la progressiva meccanizzazione dell'uomo e lo sviluppo tecnologico mettono inevitabilmente in crisi e la cui certezza cominciano ad incrinare: si concretizza una interessante inversione di prospettiva per la quale l'uomo perde parte della sua umanità, avvicinandosi alle macchine, mentre le macchine (in specie le I.A.) subiscono il processo inverso, acquisendo una loro coscienza e imparando ad affermare la propria personalità, auto-riconoscendosi come enti senzienti ed autonomi, possiamo dire: umanizzandosi. "La domanda fondamentale è: cosa è coscienza? La coscienza è programmazione, oppure libertà? Indeterminatezza?" E da questa intuizione emerge il senso del titolo del film: Ghost in the Shell, lo spirito nel guscio, l'anima nel corpo, dicotomia di matrice cartesiana che viene però messa in dubbio. Nel momento in cui anche un androide si afferma Essere senziente, cosa distingue realmente l'uomo dalla macchina? Non è forse anche l'uomo una macchina biologico-organica programmata dai suoi stessi geni? L'uomo è conscio di questo dubbio ed è per questo motivo che costruisce gli androidi, è un gioco di specchi: cerca di costruire qualcosa di simile a sé non per il progresso della scienza ma, in ultima analisi, per vedere se stesso e soprattutto capire se stesso. La domanda attorno a cui tutto ruota è se esista effettivamente un Ghost separato dal suo Shell o, piuttosto e al contrario, un'unione dei due, una “Mente” di spinoziana memoria4. Invero, non c'è nessuna autentica differenza tra uomo e macchina, tra organico e inorganico, poiché nessuno dei due è da solo in grado di stabilire l'origine della propria coscienza e se questa sia determinata da un “Dio” o meno. Il film del '95 incarna brillantemente tutte queste tematiche grazie anche ad una raffinatissima regia, che si destreggia attraverso momenti di intenso lirismo visivo, tanto che il film stesso diviene un continuo susseguirsi di simboli e metafore di grande suggestione.
Ora, prendete tale identikit di Ghost in the Shell, così come prospettato dall'estensore di questa recensione, e spogliatelo di quasi tutto compiendo un'operazione di mera sottrazione: togliete il lirismo e il simbolismo, togliete i dialoghi penetranti e profondi, togliete l'intero apparato concettuale riducendolo sostanzialmente all'osso, un feticcio, un giocattolo per le masse, ed otterrete con buona approssimazione un'idea di cosa aspettarvi dall'ultima fatica di Rupert Sanders. L'operazione che è stata compiuta è infatti quella di rendere mainstream e abbordabile per il grande pubblico quella che era in origine una storia molto complicata e per un pubblico fondamentalmente di nicchia. Il film in questione infatti mantiene formalmente la medesima struttura di fondo del suo progenitore, costruendo una vicenda dal sapore poliziesco decisamente interessante e ricca di tensione. La Sezione 9 torna di nuovo in azione, ritroviamo il Maggiore, interpretato da una bravissima Scarlett Johansson, che ritengo particolarmente indicata per questo ruolo5, Batou, Togusa, il saggio Aramaki e altri vecchi e nuovi personaggi. Ritroviamo anche le tematiche fondamentali, ma queste assumono, sostanzialmente, una veste maggiormente semplificata e lineare ed incompleta, non vengono portate alle estreme ed elevate conseguenze e conclusioni che ci si aspetterebbe, optando anzi per una soluzione diametralmente opposta.
La protagonista si trasforma in un'eroina che vuole scoprire la verità piuttosto che essere la figura profonda e dilemmatica che conosciamo. Il baricentro si sposta da un piano concettuale a quello fattuale della storia. A fare da padrone è un passato rubato da riconquistare, un sopruso compiuto che va punito e corretto per la completa riappropriazione della personale individualità. E sono queste innovazioni, da una parte, e certe mancanze, dall'altra, a mutare profondamente sia il senso che la portata del film, ponendo accenti diversi. L'attenzione si sposta sulla falsificazione dei ricordi, la costruzione di un passato fasullo in un'ottica strumentale alla storia, ma ci si ferma lì, senza compiere passi ulteriori. Manca l'essere totalmente artificiale che dà quel quid pluris al tono del film, perchè qui la figura maggiormente ambigua rimane il maggiore, che però è comunque di matrice umana. Anche i numerosissimi riferimenti e citazioni al film del '95 sono in realtà per lo più mere strizzate d'occhio: un esempio su tutti la scena dell'immersione, che perde molto della suggestività e del senso originario.
Rimane purtuttavia un filo conduttore omogeneo, trattandosi di un soggetto comunque interessante da mettere in scena, e molto bella è per esempio la trovata del “consenso”: non serve avere il consenso di un androide, essi sono meri oggetti sottoposti al dominio umano. Ed è così anche per il maggiore, finché qualcuno non la riconosce come al proprio livello, come umana, chiedendo il suo consenso; ed è così che si pone l'accento sul fatto che ciò che ci rende umani è anche il modo in cui gli altri ci considerano.
Passando al lato tecnico, ci si para innanzi un film diretto piuttosto bene. Ciò che colpisce maggiormente però è il modo in cui è stata costruita l'ambientazione, che riprende in modo fedele l'estetica del film originale, mostrandoci paesaggi urbani molto suggestivi, decorati da proiezioni e ologrammi pubblicitari, che stridono con i sobborghi poveri caratterizzati da palazzoni decadenti che sfidano il cielo nella loro incredibile altezza e grigia monotonia. Si tratta di una tipica ambientazione cyberpunk, dove decadenza sociale, politica e tecnologia si compenetrano, in un mondo sotto il giogo di forti multinazionali e aziende tecnologiche.
In conclusione, si tratta di un bel film d'azione/poliziesco che consiglio di andare a vedere perchè preso a sé rimane un prodotto godibile. Si parla di un'incarnazione di GITS che io definirei più disimpegnata, e con ciò non si vuole per forza attribuirle una connotazione negativa, ma riconoscere semplicemente che si tratta di un prodotto adatto ad un pubblico più ampio e generalista, e che vi lascerà sulle spine sino alla fine, grazie anche alle adrenaliniche scene d'azione.
Buona visione.
Buona visione.
Note:
1 Senza tuttavia dimenticare le serie animate dirette da Kenji Kamiyama.
2 Lo stesso Mamuru Oshii si è espresso in modo favorevole al film
3 Neuromante
4 Per un approfondimento consiglio di andare a vedere i video di Rick DuFer in proposito su YT e FB.
5 Inutili e faziose le accuse di witewashing mosse al film, la Johansson anzi ricalca fedelmente l'estetica del Maggiore.
Pro
- Ambientazione, fotografia e CG
- Scene d'azione
- Florilegio di citazioni per i fan
- Ritmo narrativo
Contro
- Storia fin troppo lineare
- Tematiche trattate in modo superficiale e semplicistico
- Appiattimento dei personaggi
Se avete voglia di passare una bella serata in compagnia, fatelo un salto al cinema, ma se siete fan sfegatati e tenevate particolarmente a una trasposizione fedele, meglio che non andiate
La versione soft del GITS di Oiishi piu' semplificato per chi non conosce o solo sentito dire l'opera originale, magari recuperato dopo averlo visto.
L'estetica è sbalorditiva, una cura maniacale per ogni dettaglio presente. Una bellissima colonna sonora. Solo per questi prevedo due nomination.
Di contro, i personaggi sia per la durata o per altro non si riesce a ben utilizzarsi tutti.
L'atto finale abbastanza meh.
Con un Rated R alcune scene avrebbero dato di piu' senza i limiti del PG-13, ma si rischiava meno pubblico. Ci spero davvero un Rated R extended version in home video.
A saperlo (e sotto sotto lo sapevo) mi sarei risparmiato i soldi del biglietto.
Credi che abbia messo tutto se stesso nella direzione di questa opera, o avrà di nuovo impiegato la maggior parte delle sue energie nel tentativo di portarsi a letto l'attrice protagonista del film?
(secondo me con esito peggiore, perché la Johansson mi sa da una cede meno facilmente rispetto alla Stewart).
Ha omaggiato tantissimo il film di Oshii (rivisto ieri sera), raccontando comunque un' altra storia.
A mio cugino invece stranamente è piaciuto. Dice che l'ha apprezzato molto più del film di Oshii che invece trovava lento nel ritmo e soporifero. Inoltre loda il fatto che tale film semplifichi e veicoli in modo migliore le tematiche... mah... sempre pensato che capisse poco di cinema.
il manga di Masamune Shirow e` un casino gigantesco con tanta roba R-18 XD
per dire in un certo senso il film mi e` piaciuto, in 109 minuti si puo` fare ben poca cosa, vediamo se uscira` versione direct cut?????
in fondo e` stato un salto nel buio per tutti con questo film
per finire oggigiorno sul grande schermo non avrebbe potuto essere altrimenti no?
Va beh....
Complimenti per la rece.
Tuttavia, a me il film non è piaciuto, nemmeno a prescindere dalla questione adattamento. Mi aspettavo un film magari più improntato sull'azione e ovviamente meno complesso dal punto di vista tematico, ma mi sono ritrovato di fronte una pellicola i cui punti più brillanti, anche stilisticamente, erano quasi esclusivamente quelli ripresi in maniera piuttosto fedele dal primo lungometraggio di Oshii. Tutto il materiale originale, sebbene non privo di spunti interessanti, è generalmente confuso o già visto e rivisto.
Il montaggio non rende chiari alcuni passaggi, alcune interpretazioni le ho trovate sottotono (Takeshi Kitano mi è parso piuttosto stanco e addirittura annoiato), ma la parte peggiore è probabilmente costituita dalle relazioni tra i vari personaggi: ad eccezione di quella tra il Maggiore e Batou, tutti le altre mi sono sembrate affrettate, infondate e, di conseguenza, incapaci di creare il giusto impatto emotivo.
Ho apprezzato molto la veste grafica, la stragrande maggior parte degli effetti speciali, una regia che spesso esalta le ottime scenografie, ricche di dettagli e maestose, e, di nuovo, tutte quelle sequenze "omaggianti" le altre opere facenti parte dell'universo di "Ghost in the Shell".
In conclusione, mi è sembrato un film generalmente povero di idee creative che ha sfruttato quanto di buono fatto dai predecessori per ingraziarsi i fan e aumentare furbescamente la qualità del prodotto finale. Carino riutilizzare uno dei miei brani preferiti, però.
Mi spiacerebbe vedere stravolto uno dei miei film preferiti.
Con il film hanno messo in atto una serie di "furbate" che mi hanno profondamente schifato, parlo delle scene prese pari pari con quelle dell'anime del 1995, richiamo fortissimo per i fan ma che lasciano il tempo che trovano e fungono da semplice fanservice, e anche per il film del 2004. Il punto allora è questo: volete creare qualcosa di nuovo nel contesto di GITS o volete mettere in scena una pellicola contenutisticamente povera con qualche richiamo all'opera che fu? Per me, già mentre uscivo dalla sala cinematografica, è la seconda.
Siamo nel 2017 e con la trasposizione live action di Ghost in the Shell posso affermare in tutta sicurezza che ci sono delle opere, d'animazione, videogame o altro, che devono rimanere nella forma in cui sono nate. Max Payne, Bloodrayne, Assassin's Creed, Dragon Ball, Gantz, DOA, Hitman... e sono solo quelli che mi vengono in mente al momento. Ho visto tante di quelle trasposizioni imbarazzanti che oramai credo le eviterò a prescindere da tutto.
Personalmente sconsiglio la visione se ci si aspetta un'attinenza alle opere originali. Questo film è solo un minestrone di scene d'azione con qualche richiamo per accontentare i fan, non si fosse chiamato Ghost in the Shell non se lo sarebbe filato nessuno.
Gli avrei dato anche un punto in più, non è stato un brutto film se preso a sé
La cosa migliore? Gli attori - e lo scenario - la peggiore, discreta confusione su cosa sia GTS o forse poco coraggio nel proporre temi "troppo complicati".
P.SA se stante - corretto- non è un cattivo film. Direi un 6 e mezzo rivedibile.
Editata. quanti terribili errori/orrori di ortografia!
Devo dire che fin'ora è la critica in assoluto più indulgente che abbia letto. Di solito mi fido dei consigli del buon vecchio Oni, e dal momento che neanche troppo velatamente sembra sconsigliarlo agli ultras del film di Oshii (come il sottoscritto), penso che andrò comunque a vederlo, fosse per pura curiosità o anche solo per il gusto di stroncarlo
Ahahah grazie Franz
@God ?? il manga e il film del '95 sono profondamente diversi come opere, non si può parlare di semplificazione. Mentre qui sì perché il live action è chiaramente improntato sul film di oshii.
Ahahahah xD beh anche io tenterei di portarmi a letto scarlett quindi immagina la mia risposta.
Con 60 non è che sia proprio un gran film... cosa che tra l'altro era abbastanza palese, ma i commenti in tal senso ricevettero molti pollici in giù.
Se nei contro ci sono i punti caratterizzanti di GITS, ovvero:
[X] Tematiche trattate in modo superficiale e semplicistico
[X] Appiattimento dei personaggi
allora di che stiamo parlando? Un po' di azione ben fatta e un paio di strizzate d'occhio ai fan non bastano di certo a farne una buona trasposizione.
L'operazione di rendere mainstream GITS è stata un successo? Benissimo. Però consiglio a chi vuole vederlo di preferire l'originale.
Uscito dal cinema sono rimasto perplesso ed ancora adesso sospendo il giudizio.
Se devo giudicare il film a sé (con l'occhio di chi non conosce l'universo GITS) direi che è un buon film d'azione, con degli spunti interessanti ed intriganti.
Vedendolo con l'occhio dell'amante del Maggiore e compagni, invece, non posso negare un senso di delusione.
Quantomeno visivamente l'ho trovato una goduria per gli occhi.
Peccato per la opening, avrei riproposto l'imponente bellezza del brano originale di Kawaii, citato invece solo in chiusura di film
Considerati gli incassi, mica tanto.
Warcraft e Pacific Rim sono i primi esempi che mi vengono in mente di film salvati dai cinesi. GITS a un costo di produzione inferiore a questi due.
Era una domanda ipotetica (e retorica)
Si vede tra l'altro che non hanno nemmeno pensato di pagare un intern per leggersi e guardarsi le serie e fare loro un sunto, giusto per capire davvero com'era la faccenda, se l'avessero fatto alcuni dettagli di trauma violentati gratuitamente se li sarebbero evitati, tipo da quanto il Maggiore ha un corpo cibernetico o gli occhi di Batou. Spero non ci sia un seguito a questo obbrobrio.
Beh ti ricordo che Oshii è quello che ha devastato il suo stesso film con quel crimine contro l'umanità che è Ghost in the Shell 2.0. In confronto le modifiche di Lucas alla saga di Guerre stellari sono una manna.
Gits 2.0 non esiste
http://www.animeclick.it/anime/1802/ghost-in-the-shell-2.0
Qualcuno qui non ha il senso dell'umorismo?
Però devi ammettere che è difficile cogliere l'umorismo da una frase senza punteggiatura nè espressioni facciali o intonazione vocale ad accompagnarla ^^ Rimarrebbe il contesto, ma in questo caso era perfettamente plausibile l'ignoranza di una cosa del genere.
Mah.
Di quelli che ho visto io, l'unico film riuscito tratto da un anime è lo Yattaman di Miike, che mi ha veramente divertito.
Questo GITS non l'ho ancora visto (magari lo recupererò in home video) ma da quel che leggo dubito possa piacermi.
Si può anche pensare che i commenti di Oshii siano per mantenere le apparenze. Io non mi fiderei ciecamente di dichiarazioni che possono benissimo essere interessate.
Beh, succede anche nelle migliori famiglie...
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