È notizia recente l'arrivo in streaming su Netflix dei film dello Studio Ghibli, l'apprezzato studio d'animazione fondato da Hayao Miyazaki e Isao Takahata e diventato col tempo uno dei fiori all'occhiello dell'industria animata giapponese. Ma se per più di una generazione di appassionati i film di Miyazaki e Takahata sono ormai classici intramontabili, da vedere e rivedere, ci siamo resi conto col recente annuncio di quanti siano gli spettatori, specialmente tra i più giovani, che ancora non hanno avuto occasione di vedere uno o più di questi titoli.
Abbiamo quindi deciso di portarvi una panoramica di alcuni dei titoli più famosi e apprezzati dello studio in concomitanza alla graduale distribuzione dei film su Netflix. Oggi torniamo a trattare di Isao Takahata, con uno dei suoi titoli più affascinanti.
Gli anni '80 sono un periodo di boom economico in Giappone e la città di Tokyo è segnata da un galoppante e inesorabile sviluppo urbanistico. Le foreste vengono abbattute e le colline vengono spianate per fare spazio a grigi 'quartieri dormitorio' che si estendono a oltranza, glorificando l'ingegno degli esseri umani. Ma cosa direbbero gli animali che quelle colline hanno abitato sin dall'inizio dei tempi? La risposta è affidata ai tanuki, una specie di cani-procioni tipici delle campagne giapponesi, che prendono vita grazie all'estro e alla fantasia di Isao Takahata in questo piccolo prodigio di animazione, vincitore come miglior lungometraggio al festival di Annecy nel 1994.
Circondati da un'aura di leggenda, i tanuki sono degli yōkai, animali totemici dello scintoismo. Nelle antiche credenze si dice che siano vivaci e oziosi, furbi e ingenui, ma soprattutto dotati di capacità magiche, in particolare sono esperti nell'arte della metamorfosi. Ma cosa potranno queste piccole e inermi creature quando la loro terra verrà stuprata dalle ruspe per mano di una razza che, nella frenesia del suo sviluppo, ha dimenticato persino il significato della parola 'meraviglia'?
Guidati da un consiglio di anziani il piccolo esercito di animaletti dovrà imparare l'antica arte della trasformazione per fronteggiare l'avanzata della città e nelle varie strategie di resistenza emergeranno due correnti di pensiero: i moderati applicheranno una tattica volta a spaventare gli umani nel tentativo di convincerli a desistere; i radicali invece sosterranno la linea 'dura e pura', basata sullo scontro frontale anche a costo dell'estremo sacrificio…
La pellicola, a prima vista leggera e spensierata, è in realtà un'operazione complessa e sfaccettata che si presta a svariate chiavi di lettura. In primo luogo abbiamo un film giocoso e divertente che ci mostra tutta la gioia di vivere dei simpatici protagonisti: un'infinità di personaggi caratterizzati in modo millimetrico che, pur fra tante vicissitudini, non perdono la loro indole bonaria e colgono ogni occasione per fare baldoria trincando sakè e inscenando danze e canti popolari. Pom Poko è un'apoteosi di riferimenti e omaggi al folklore e alla cultura millenaria del Sol Levante, con particolare attenzione alla storia del buddismo e dello scintoismo. Ma sotto questa superficie festosa e colorata si cela l'anima profonda e riflessiva del film in cui gli autori lanciano il loro amaro messaggio di critica animalista che raggiunge l'apice nel triste e malinconico epilogo. Vi è anche un risvolto esplicitamente politico che rimanda direttamente ai piani quinquennali di ispirazione sovietica e alle proteste studentesche del '68, sfociate nelle agitazioni sociali e nella lotta armata. Si può leggere come una metafora sui fallimenti di quelle contestazioni quando i buffi tanuki, nel tentativo di frenare l'urbanizzazione selvaggia che minaccia il loro habitat e la loro stessa sopravvivenza, vengono repressi dalla polizia in tenuta antisommossa.
Sul lato tecnico assistiamo a una prova stupefacente da parte dello Studio Ghibli, che ci regala sequenze sbalorditive per inventiva e creatività. Un discorso a parte lo merita il design dei tanuki, destinati a mutare forma di continuo nel corso del film: li vediamo nel loro aspetto realistico (in presenza degli umani); in una versione disneyana antropomorfa (più empatica e familiare per lo spettatore); in una raffinata rappresentazione stilizzata (nei momenti di scanzonata ebbrezza), che omaggia lo storico mangaka Sugiura Shigeru; e infine nella loro leggendaria arte metamorfica che li porta a prodursi in infinite trasformazioni a seconda delle esigenze di lotta.
Abbiamo quindi deciso di portarvi una panoramica di alcuni dei titoli più famosi e apprezzati dello studio in concomitanza alla graduale distribuzione dei film su Netflix. Oggi torniamo a trattare di Isao Takahata, con uno dei suoi titoli più affascinanti.
Gli anni '80 sono un periodo di boom economico in Giappone e la città di Tokyo è segnata da un galoppante e inesorabile sviluppo urbanistico. Le foreste vengono abbattute e le colline vengono spianate per fare spazio a grigi 'quartieri dormitorio' che si estendono a oltranza, glorificando l'ingegno degli esseri umani. Ma cosa direbbero gli animali che quelle colline hanno abitato sin dall'inizio dei tempi? La risposta è affidata ai tanuki, una specie di cani-procioni tipici delle campagne giapponesi, che prendono vita grazie all'estro e alla fantasia di Isao Takahata in questo piccolo prodigio di animazione, vincitore come miglior lungometraggio al festival di Annecy nel 1994.
Circondati da un'aura di leggenda, i tanuki sono degli yōkai, animali totemici dello scintoismo. Nelle antiche credenze si dice che siano vivaci e oziosi, furbi e ingenui, ma soprattutto dotati di capacità magiche, in particolare sono esperti nell'arte della metamorfosi. Ma cosa potranno queste piccole e inermi creature quando la loro terra verrà stuprata dalle ruspe per mano di una razza che, nella frenesia del suo sviluppo, ha dimenticato persino il significato della parola 'meraviglia'?
Guidati da un consiglio di anziani il piccolo esercito di animaletti dovrà imparare l'antica arte della trasformazione per fronteggiare l'avanzata della città e nelle varie strategie di resistenza emergeranno due correnti di pensiero: i moderati applicheranno una tattica volta a spaventare gli umani nel tentativo di convincerli a desistere; i radicali invece sosterranno la linea 'dura e pura', basata sullo scontro frontale anche a costo dell'estremo sacrificio…
La pellicola, a prima vista leggera e spensierata, è in realtà un'operazione complessa e sfaccettata che si presta a svariate chiavi di lettura. In primo luogo abbiamo un film giocoso e divertente che ci mostra tutta la gioia di vivere dei simpatici protagonisti: un'infinità di personaggi caratterizzati in modo millimetrico che, pur fra tante vicissitudini, non perdono la loro indole bonaria e colgono ogni occasione per fare baldoria trincando sakè e inscenando danze e canti popolari. Pom Poko è un'apoteosi di riferimenti e omaggi al folklore e alla cultura millenaria del Sol Levante, con particolare attenzione alla storia del buddismo e dello scintoismo. Ma sotto questa superficie festosa e colorata si cela l'anima profonda e riflessiva del film in cui gli autori lanciano il loro amaro messaggio di critica animalista che raggiunge l'apice nel triste e malinconico epilogo. Vi è anche un risvolto esplicitamente politico che rimanda direttamente ai piani quinquennali di ispirazione sovietica e alle proteste studentesche del '68, sfociate nelle agitazioni sociali e nella lotta armata. Si può leggere come una metafora sui fallimenti di quelle contestazioni quando i buffi tanuki, nel tentativo di frenare l'urbanizzazione selvaggia che minaccia il loro habitat e la loro stessa sopravvivenza, vengono repressi dalla polizia in tenuta antisommossa.
Sul lato tecnico assistiamo a una prova stupefacente da parte dello Studio Ghibli, che ci regala sequenze sbalorditive per inventiva e creatività. Un discorso a parte lo merita il design dei tanuki, destinati a mutare forma di continuo nel corso del film: li vediamo nel loro aspetto realistico (in presenza degli umani); in una versione disneyana antropomorfa (più empatica e familiare per lo spettatore); in una raffinata rappresentazione stilizzata (nei momenti di scanzonata ebbrezza), che omaggia lo storico mangaka Sugiura Shigeru; e infine nella loro leggendaria arte metamorfica che li porta a prodursi in infinite trasformazioni a seconda delle esigenze di lotta.
Pom Poko è una piccola epopea che si esprime per metafore ed espliciti messaggi di strettissima attualità, soprattutto nel nostro 'bel paese' disastrato dall'abusivismo edilizio. Un altro capolavoro targato Studio Ghibli patrimonio dell'umanità, che meriterebbe di essere condiviso da tutti e in tutte le culture perché, anche se si parla solo di Giappone, il suo significato universale può essere applicato all'intero pianeta 'globalizzato'.
Io ho visto un paio di film che mi mancavano e i sottotitoli sono molto diversi dal doppiaggio. Non ho trovato nulla di strano. Quindi puoi vederli in originale e goderteli senza problemi
Penso che in assoluto sia il film Ghibli più inguardabile da questo punto di vista. Se per la maggior parte di film adattati da Cannarsi basta tentare di abituarsi o ignorare le castronerie, qui si fa fatica a trovare dei dialoghi che non siano supercazzole.
Il suo messaggio è evidente, ma è molto particolare il modo in cui viene raccontato. Non c'è nessuna esagerazione nella rappresentazione della minaccia contro cui i tanuki combattono. Siamo semplicemente noi, nella nostra più banale quotidianità.
Eppure dallo scontro con questa quotidianità i tanuki si agitano, si incuriosiscono, discutono tra loro, reagiscono, cambiano. Li vediamo ridere, scherzare, spaventarsi, lottare. E nel frattempo ci mostrano tante cose con occhi diversi.
E poi il finale, nella sua malinconica pacatezza. E' quello che ti aspetti ma che non vorresti, e proprio per questo fa male.
Io spesso esito un po' a consigliare questo film, perché dura due ore e ha certi momenti di puro folklore giapponese che possono risultare pesantucci e stranianti per chi non è abituato. Però è una delle opere Ghibli che ha saputo parlarmi più profondamente. Per quanto mi riguarda ha veramente lasciato il segno.
Davvero? Io ho provato "Si sente il mare" e stavo per impazzire... Ora ci riprovo con questo! Grazie!
Però mi interessa approfondire la visione.
Senza ombra di dubbio c'entra la verbosità amministrativa dei dialoghi e soprattutto la sua resa nel doppiaggio italiano curato da "Egli" che mi ha fatto addormentare in più punti.
Mai dormito tanto davanti ad un film Ghibli.
Se sia colpa dei testi del film in sé o del vate non saprei dire. Vero è che in un modo o nell'altro sono rimasto molto perplesso.
In realtà a una manciata di film hanno corretto i sottotitoli, Pom Poko è tra questi.
Non so perché si siano degnati di riadattare solo pochi film (tralasciando molti degli scempi peggiori, tra l'altro), però.
Purtroppo sei stata fortunata, la maggior parte dei film su Netflix ha i sottotitoli in cannarsiano spinto (tutti quelli di Takahata tranne questo, ad esempio).
Da quanto ho visto, quelli che hanno subito correzioni sostanziali sono i seguenti:
Principessa Mononoke (e vorrei ben vedere)
I sospiri del mio cuore
La ricompensa del gatto
Il castello nel cielo
Pom Poko
Quando c'era Marnie
La collina dei papaveri
La città incantata (anche se c'è sempre il "boyfriend drago", che secondo me era comunque una delle cose meno gravi di quel disastro)
È stata modificata anche qualche piccola frase in Kiki e Porco Rosso, ma nulla di sostanziale e quindi comunque da evitare.
Dimenticavo, anche i sottotitoli di Ponyo sono stati modificati.
È interessante notare che i sottotitoli corretti sono spuntati soprattutto nei film aggiunti più di recente (purtroppo non in tutti, ma c'è stato un aumento di correzioni di mese in mese), forse aver protestato è servito a qualcosa.
Mi piacerebbe rivederlo, anche perché il tema, purtroppo, è ancora molto attuale.
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