Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Steins;Gate
9.0/10
Per anni diverse persone a me vicine (chi più, chi meno) mi hanno ripetuto quanto avrei dovuto guardare “Steins;Gate” e quanto mi sarebbe piaciuto, perché è esattamente il genere di opera che apprezzo. Alla fine mi hanno presa quasi per sfinimento, la curiosità ha prevalso sul procrastinare ancora, e, devo dirlo, sono quasi sorpresa di quanto io abbia apprezzato questa opera.
Il protagonista della vicenda è Rintaro Okabe, un autoproclamato “scienziato pazzo” che insiste nel farsi chiamare Kyoma Hooin. Okabe ha fondato un laboratorio quanto mai bizzarro per lo studio e la realizzazione di “gadget futuristici”, di cui fanno parte altri due membri: un’amica d’infanzia di Okabe, Mayuri “Mayushii” Shiina, e un suo collega universitario, Itaru “Daru” Ashida.
Il primo episodio, che apre in maniera magistrale questa serie, vede Okabe e Mayuri recarsi al Radio Kaikan di Akihabara per assistere a una conferenza sullo sviluppo della macchina del tempo. A causa di alcune circostanze, Okabe si troverà a vagare in solitudine nel palazzo, dove farà una macabra scoperta: in una stanza dell’ottavo piano, una persona è morta accoltellata. Si tratta di Kurisu Makise, una nota scienziata giapponese che, grazie al suo genio, pur ancora diciottenne lavora per un centro di ricerca americano.
Turbato dalla scoperta, Okabe invia una e-mail a Daru per avvisarlo dell’accaduto, e proprio in quel momento prova una sensazione a lui sconosciuta. Non capendo cosa succede, rintraccia Mayuri, e parlando con lei constata che i suoi ricordi della mattinata non combaciano con quanto la ragazza gli racconta.
Un elemento che ho avuto il piacere di constatare con una seconda visione, e che è un pregio riscontrabile per tutta la durata dell’anime, è che sin dal primo episodio si mettono parecchie carte in tavola per porre le basi per situazioni ed eventi che accadranno molto più avanti nella storia. Lo spettatore è introdotto alla trama in maniera energica e naturale non solo attraverso il particolare comportamento di Okabe, ma anche grazie alle interazioni dei personaggi, fra di loro e con l’ambiente. Soprattutto riguardando l’episodio a posteriori, è possibile rendersi conto di quanto molti scambi di battute siano da un lato un modo efficace per stabilire le personalità del cast e i loro rapporti interni, e dall’altro anche una strizzata d’occhio a eventi futuri che, se si è attenti, possono costituire dei notevoli indizi per chi guarda.
In generale, uno dei più grandi pregi di questa serie è che non nasconde niente allo spettatore, anzi gli fornisce tutti gli strumenti per potersi creare delle teorie sui suoi sviluppi futuri: se costui è attento e riesce a mettere insieme i pezzi, a teorizzare, è molto probabile che gli sforzi verranno ripagati, e le ipotesi si riveleranno corrette. “Steins;Gate” non è assolutamente un anime che ricerca il colpo di scena ad ogni costo, anzi, benché ve ne siano anche di grossi, si tratta di eventi che seguono una logica precisa, e che sono in ultima analisi coerenti con tutto il resto della trama. Questo non perché si tratti di cliché, ma proprio perché ogni cosa ha una spiegazione logica, che si incastra alla perfezione con tutto il resto.
Tutto questo, ovviamente, richiede del tempo per essere costruito, ed è per questo che alcuni potrebbero trovare alcune parti lente: non mi sento di negare questa possibilità (anche se io, personalmente, non mi sono mai annoiata durante la visione), ma ci tengo a precisare che si tratta di passaggi necessari. In primo luogo, perché lo spettatore deve essere messo nelle condizioni di poter seguire la trama, e si rendono quindi necessarie alcune spiegazioni anche a livello scientifico o di funzionamento del mondo di ambientazione della storia. In secondo luogo perché, per l’appunto, attraverso tanti piccoli momenti di interazione, studio, introspezione ed esplorazione dell’ambiente da parte dei vari personaggi, si tessono le premesse per eventi futuri che, quando arrivano, deve essere possibile ricollegare al resto senza bisogno di ulteriori, innaturali momenti di spiegazione. I cosiddetti “spiegoni” sono proprio quel che "Steins;Gate" non fa e non ha necessità di fare, fatte salve le parti (non troppe) in cui vengono esposte teorie scientifiche.
Ritengo quindi che, nel complesso, l’anime abbia delle tempistiche molto ben gestite, vista anche la complessità di certi argomenti che ne fanno parte, e questo non vale solamente per quanto riguarda la trama, ma anche i dialoghi. Si trova per tutto il corso degli episodi un buon bilanciamento di situazioni comiche e situazioni drammatiche, e nessuna di queste risulta forzata, proprio perché la storia non ha bisogno di utilizzare espedienti artefatti per scatenare una reazione nello spettatore, ma si avvale di ciò che l’anime stesso costruisce e sviluppa. Quando Okabe si trova di fronte a una scelta drastica, ne sentiamo il peso emotivo non solo perché razionalmente possiamo immaginare tale peso, ma perché abbiamo avuto modo nel corso degli episodi di conoscere il mondo in cui Okabe vive e le persone che lo circondano, e pertanto, al suo pari, anche noi ci troveremo investiti dalla situazione. Allo stesso modo i momenti di comicità nascono spontanei come naturali interazioni che si verificano all’interno di un gruppo affiatato e variegato, fra battibecchi, battute, prese in giro.
Non posso quindi che lodare l’estrema cura con cui la trama e i suoi sviluppi sono stati costruiti in maniera estremamente coerente e convincente, pur dovendo sottolineare come ci siano un paio di particolari che non vengono spiegati, oppure ‘hint’ che non vengono poi approfonditi a dovere. Si tratta perlopiù di dettagli secondari, ma proprio a causa dell’alto livello complessivo della serie, questi dettagli risaltano maggiormente rispetto al resto.
C’è poi anche la questione dell’episodio finale. Tale episodio non è problematico di per sé (in realtà io l’ho trovato un’ottima conclusione della storia), però mi rendo conto che lo sviluppo conclusivo possa essere percepito come un po’ affrettato, specie senza il bagaglio di conoscenze che porta “Steins;Gate 0”, una sorta di spin-off che segue le vicende della linea di universo beta, e che però è posteriore di parecchi anni rispetto a “Steins;Gate”.
Guardando poi al cast dei personaggi, c’è da dire che, pur non essendo questa la punta di diamante della serie, esso si difende comunque molto bene: al suo interno è possibile trovare alcuni “archetipi” che chi è sufficientemente navigato in ambito di opere giapponesi non farà fatica a riconoscere.
La menzione d’onore va sicuramente ad Okabe, non solo in quanto protagonista: la sua caratterizzazione è riuscita ad avere nello scienziato pazzo e sciroccato Kyoma Hooin uno dei suoi punti distintivi, ma non l’unico, e sicuramente Okabe non viene ridotto a una macchietta, a un mero espediente da utilizzare per creare gag e situazioni comiche. Si tratta anzi di un suo modo peculiare di vivere e affrontare le situazioni, di interagire con gli altri, che, pur risultando comico (magari anche fastidioso), alla fine diventa quasi naturale da seguire. Ed è proprio per questo che hanno ancora maggiore forza i momenti - sempre più frequenti con il procedere degli episodi - in cui questo lato della sua personalità viene messo da parte, portando alla luce aspetti più drammatici, seri, profondi. Sarà sorpreso lo spettatore, al pari dei personaggi che hanno a che fare con lui, e personalmente la trovo una sorpresa più che gradita.
Nei comprimari si ritrovano altri degli archetipi precedentemente citati: l’otaku, l’amica d’infanzia, la tsundere, la idol, e così via. Pur riconoscendo che, come costruzione e approfondimento, tali personaggi non vadano troppo oltre il loro archetipo, mi sento anche di affermare in loro difesa che essi non risultano mai eccessivamente pesanti, forzati o non credibili. L’anime fa, nel complesso, un buon lavoro di caratterizzazione, donando a ciascuno il suo momento di luce sotto i riflettori, consentendo a tutti (chi in maniera più riuscita, chi meno) di dimostrare che hanno senza dubbio qualcos’altro da comunicare oltre al loro archetipo di appartenenza. C’è inoltre da dire che questo cast così archetipico è, per quanto mi riguarda, parte integrante della riuscita di questo anime, aggiungendo quella componente un po’ demenziale che riesce ad alleggerire nei momenti giusti una serie piena di temi molto seri e costellata di avvenimenti e scene, dal punto di vista sia visivo che emotivo, anche molto pesanti.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, la valutazione non è propriamente omogenea. Dal punto di vista registico e di montaggio, si trovano alcuni espedienti veramente d’impatto, che comunicano bene il messaggio, il mood, il carico emotivo di momenti importanti, ma che anche nella quotidianità riescono a partecipare con successo a quella costruzione del mondo e della storia attraverso i piccoli dettagli portata avanti dalla scrittura e dalla sceneggiatura. Intriganti la opening e la ending, che verranno più volte coinvolte nella narrazione e collegate agli avvenimenti all’interno della serie, risultando più che dei meri stacchi, delle sequenze isolate di inizio e fine.
C’è però anche da dire che in termini di pure animazioni e realizzazione tecnica, l’anime non è invecchiato molto bene, e questo aspetto è probabilmente il suo punto a sfavore più grande. Per quanto la qualità non cali in termini di framerate, questo va spesso a scapito delle proporzioni e in generale dei fisici dei personaggi in azione, che tendono a risultare un po’ sgraziati (se non proprio “derp”), anche quando la scena in corso è tutto sommato tranquilla.
Nota di merito molto positiva invece per quanto riguarda la colonna sonora, memorabile, che accompagna perfettamente le vicende narrate, accentuando i momenti drammatici oppure creando un senso di straniamento in alcune circostanze. Alcuni pezzi sono un piacere da ascoltare anche al di fuori del contesto dell'anime, e personalmente non è sempre facile, specie nelle opere di animazione, trovare dei brani strumentali che siano così belli da sentire anche tolti dall'opera di appartenenza.
Tutto sommato sono quindi molto felice di aver recuperato quest’opera, anche se con anni di ritardo, e in effetti ha moltissimi degli elementi che di solito ricerco e apprezzo negli anime. L’unico lato negativo veramente grosso che comporta, suppongo, è che da questo momento in poi sarò ancora più esigente nei confronti di opere con un elemento di time travel importante al loro interno. È un ‘trope’ veramente difficile da utilizzare bene, dal momento che basta la minima disattenzione per creare delle voragini nella trama. “Steins;Gate” riesce a farlo in maniera magistrale, riuscendo al contempo a gestire i viaggi nel tempo, una trama avvincente, un rapporto fra dramma e comicità bilanciato, e un buono (seppur non eccezionale) sviluppo dei personaggi.
Il protagonista della vicenda è Rintaro Okabe, un autoproclamato “scienziato pazzo” che insiste nel farsi chiamare Kyoma Hooin. Okabe ha fondato un laboratorio quanto mai bizzarro per lo studio e la realizzazione di “gadget futuristici”, di cui fanno parte altri due membri: un’amica d’infanzia di Okabe, Mayuri “Mayushii” Shiina, e un suo collega universitario, Itaru “Daru” Ashida.
Il primo episodio, che apre in maniera magistrale questa serie, vede Okabe e Mayuri recarsi al Radio Kaikan di Akihabara per assistere a una conferenza sullo sviluppo della macchina del tempo. A causa di alcune circostanze, Okabe si troverà a vagare in solitudine nel palazzo, dove farà una macabra scoperta: in una stanza dell’ottavo piano, una persona è morta accoltellata. Si tratta di Kurisu Makise, una nota scienziata giapponese che, grazie al suo genio, pur ancora diciottenne lavora per un centro di ricerca americano.
Turbato dalla scoperta, Okabe invia una e-mail a Daru per avvisarlo dell’accaduto, e proprio in quel momento prova una sensazione a lui sconosciuta. Non capendo cosa succede, rintraccia Mayuri, e parlando con lei constata che i suoi ricordi della mattinata non combaciano con quanto la ragazza gli racconta.
Un elemento che ho avuto il piacere di constatare con una seconda visione, e che è un pregio riscontrabile per tutta la durata dell’anime, è che sin dal primo episodio si mettono parecchie carte in tavola per porre le basi per situazioni ed eventi che accadranno molto più avanti nella storia. Lo spettatore è introdotto alla trama in maniera energica e naturale non solo attraverso il particolare comportamento di Okabe, ma anche grazie alle interazioni dei personaggi, fra di loro e con l’ambiente. Soprattutto riguardando l’episodio a posteriori, è possibile rendersi conto di quanto molti scambi di battute siano da un lato un modo efficace per stabilire le personalità del cast e i loro rapporti interni, e dall’altro anche una strizzata d’occhio a eventi futuri che, se si è attenti, possono costituire dei notevoli indizi per chi guarda.
In generale, uno dei più grandi pregi di questa serie è che non nasconde niente allo spettatore, anzi gli fornisce tutti gli strumenti per potersi creare delle teorie sui suoi sviluppi futuri: se costui è attento e riesce a mettere insieme i pezzi, a teorizzare, è molto probabile che gli sforzi verranno ripagati, e le ipotesi si riveleranno corrette. “Steins;Gate” non è assolutamente un anime che ricerca il colpo di scena ad ogni costo, anzi, benché ve ne siano anche di grossi, si tratta di eventi che seguono una logica precisa, e che sono in ultima analisi coerenti con tutto il resto della trama. Questo non perché si tratti di cliché, ma proprio perché ogni cosa ha una spiegazione logica, che si incastra alla perfezione con tutto il resto.
Tutto questo, ovviamente, richiede del tempo per essere costruito, ed è per questo che alcuni potrebbero trovare alcune parti lente: non mi sento di negare questa possibilità (anche se io, personalmente, non mi sono mai annoiata durante la visione), ma ci tengo a precisare che si tratta di passaggi necessari. In primo luogo, perché lo spettatore deve essere messo nelle condizioni di poter seguire la trama, e si rendono quindi necessarie alcune spiegazioni anche a livello scientifico o di funzionamento del mondo di ambientazione della storia. In secondo luogo perché, per l’appunto, attraverso tanti piccoli momenti di interazione, studio, introspezione ed esplorazione dell’ambiente da parte dei vari personaggi, si tessono le premesse per eventi futuri che, quando arrivano, deve essere possibile ricollegare al resto senza bisogno di ulteriori, innaturali momenti di spiegazione. I cosiddetti “spiegoni” sono proprio quel che "Steins;Gate" non fa e non ha necessità di fare, fatte salve le parti (non troppe) in cui vengono esposte teorie scientifiche.
Ritengo quindi che, nel complesso, l’anime abbia delle tempistiche molto ben gestite, vista anche la complessità di certi argomenti che ne fanno parte, e questo non vale solamente per quanto riguarda la trama, ma anche i dialoghi. Si trova per tutto il corso degli episodi un buon bilanciamento di situazioni comiche e situazioni drammatiche, e nessuna di queste risulta forzata, proprio perché la storia non ha bisogno di utilizzare espedienti artefatti per scatenare una reazione nello spettatore, ma si avvale di ciò che l’anime stesso costruisce e sviluppa. Quando Okabe si trova di fronte a una scelta drastica, ne sentiamo il peso emotivo non solo perché razionalmente possiamo immaginare tale peso, ma perché abbiamo avuto modo nel corso degli episodi di conoscere il mondo in cui Okabe vive e le persone che lo circondano, e pertanto, al suo pari, anche noi ci troveremo investiti dalla situazione. Allo stesso modo i momenti di comicità nascono spontanei come naturali interazioni che si verificano all’interno di un gruppo affiatato e variegato, fra battibecchi, battute, prese in giro.
Non posso quindi che lodare l’estrema cura con cui la trama e i suoi sviluppi sono stati costruiti in maniera estremamente coerente e convincente, pur dovendo sottolineare come ci siano un paio di particolari che non vengono spiegati, oppure ‘hint’ che non vengono poi approfonditi a dovere. Si tratta perlopiù di dettagli secondari, ma proprio a causa dell’alto livello complessivo della serie, questi dettagli risaltano maggiormente rispetto al resto.
C’è poi anche la questione dell’episodio finale. Tale episodio non è problematico di per sé (in realtà io l’ho trovato un’ottima conclusione della storia), però mi rendo conto che lo sviluppo conclusivo possa essere percepito come un po’ affrettato, specie senza il bagaglio di conoscenze che porta “Steins;Gate 0”, una sorta di spin-off che segue le vicende della linea di universo beta, e che però è posteriore di parecchi anni rispetto a “Steins;Gate”.
Guardando poi al cast dei personaggi, c’è da dire che, pur non essendo questa la punta di diamante della serie, esso si difende comunque molto bene: al suo interno è possibile trovare alcuni “archetipi” che chi è sufficientemente navigato in ambito di opere giapponesi non farà fatica a riconoscere.
La menzione d’onore va sicuramente ad Okabe, non solo in quanto protagonista: la sua caratterizzazione è riuscita ad avere nello scienziato pazzo e sciroccato Kyoma Hooin uno dei suoi punti distintivi, ma non l’unico, e sicuramente Okabe non viene ridotto a una macchietta, a un mero espediente da utilizzare per creare gag e situazioni comiche. Si tratta anzi di un suo modo peculiare di vivere e affrontare le situazioni, di interagire con gli altri, che, pur risultando comico (magari anche fastidioso), alla fine diventa quasi naturale da seguire. Ed è proprio per questo che hanno ancora maggiore forza i momenti - sempre più frequenti con il procedere degli episodi - in cui questo lato della sua personalità viene messo da parte, portando alla luce aspetti più drammatici, seri, profondi. Sarà sorpreso lo spettatore, al pari dei personaggi che hanno a che fare con lui, e personalmente la trovo una sorpresa più che gradita.
Nei comprimari si ritrovano altri degli archetipi precedentemente citati: l’otaku, l’amica d’infanzia, la tsundere, la idol, e così via. Pur riconoscendo che, come costruzione e approfondimento, tali personaggi non vadano troppo oltre il loro archetipo, mi sento anche di affermare in loro difesa che essi non risultano mai eccessivamente pesanti, forzati o non credibili. L’anime fa, nel complesso, un buon lavoro di caratterizzazione, donando a ciascuno il suo momento di luce sotto i riflettori, consentendo a tutti (chi in maniera più riuscita, chi meno) di dimostrare che hanno senza dubbio qualcos’altro da comunicare oltre al loro archetipo di appartenenza. C’è inoltre da dire che questo cast così archetipico è, per quanto mi riguarda, parte integrante della riuscita di questo anime, aggiungendo quella componente un po’ demenziale che riesce ad alleggerire nei momenti giusti una serie piena di temi molto seri e costellata di avvenimenti e scene, dal punto di vista sia visivo che emotivo, anche molto pesanti.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, la valutazione non è propriamente omogenea. Dal punto di vista registico e di montaggio, si trovano alcuni espedienti veramente d’impatto, che comunicano bene il messaggio, il mood, il carico emotivo di momenti importanti, ma che anche nella quotidianità riescono a partecipare con successo a quella costruzione del mondo e della storia attraverso i piccoli dettagli portata avanti dalla scrittura e dalla sceneggiatura. Intriganti la opening e la ending, che verranno più volte coinvolte nella narrazione e collegate agli avvenimenti all’interno della serie, risultando più che dei meri stacchi, delle sequenze isolate di inizio e fine.
C’è però anche da dire che in termini di pure animazioni e realizzazione tecnica, l’anime non è invecchiato molto bene, e questo aspetto è probabilmente il suo punto a sfavore più grande. Per quanto la qualità non cali in termini di framerate, questo va spesso a scapito delle proporzioni e in generale dei fisici dei personaggi in azione, che tendono a risultare un po’ sgraziati (se non proprio “derp”), anche quando la scena in corso è tutto sommato tranquilla.
Nota di merito molto positiva invece per quanto riguarda la colonna sonora, memorabile, che accompagna perfettamente le vicende narrate, accentuando i momenti drammatici oppure creando un senso di straniamento in alcune circostanze. Alcuni pezzi sono un piacere da ascoltare anche al di fuori del contesto dell'anime, e personalmente non è sempre facile, specie nelle opere di animazione, trovare dei brani strumentali che siano così belli da sentire anche tolti dall'opera di appartenenza.
Tutto sommato sono quindi molto felice di aver recuperato quest’opera, anche se con anni di ritardo, e in effetti ha moltissimi degli elementi che di solito ricerco e apprezzo negli anime. L’unico lato negativo veramente grosso che comporta, suppongo, è che da questo momento in poi sarò ancora più esigente nei confronti di opere con un elemento di time travel importante al loro interno. È un ‘trope’ veramente difficile da utilizzare bene, dal momento che basta la minima disattenzione per creare delle voragini nella trama. “Steins;Gate” riesce a farlo in maniera magistrale, riuscendo al contempo a gestire i viaggi nel tempo, una trama avvincente, un rapporto fra dramma e comicità bilanciato, e un buono (seppur non eccezionale) sviluppo dei personaggi.
Pioggia di ricordi
8.0/10
“Pioggia di ricordi” (titolo originale “Omohide Poro Poro") è un film d’animazione scritto e diretto da Isao Takahata e tratto dall'omonimo manga di Hotaru Okamoto e Yūko Tone. Uscito nelle sale nipponiche nel 1991, è stato distribuito in Italia direttamente per il mercato home video dalla Lucky Red solo nel 2015.
Trama: Taeko Okajima è un’impiegata ventisettenne residente a Tokyo che si concede dieci giorni di vacanza, da trascorrere a Yamagata da alcuni parenti agricoltori, per partecipare alla raccolta dei cartami. Il viaggio in treno verso la sua meta e l’incontro con Toshio, fervente sostenitore della coltivazione biologica, le forniranno l’occasione perfetta per rievocare i ricordi di alcuni momenti salienti della sua infanzia e per riflettere sulla sua vita attuale e le sue aspirazioni.
Il lungometraggio si sviluppa intrecciando due linee temporali strettamente connesse: quella della Taeko decenne e quella della Taeko adulta, destreggiandosi tra memorie, sogni, vecchi racconti.
Ci viene mostrato come ogni significativo evento della vita di una bambina di scuola elementare si sia poi ripercosso nel modo in cui una persona matura affronta la vita di ogni giorno: la pubertà, la prima confessione romantica, i capricci, le delusioni, i rimproveri, sono tutti elementi imprescindibili per la comprensione accurata della personalità dell’adulta di oggi.
La Taeko che frequenta le elementari è una bambina a volte insincera e volubile, viziata e capricciosa. Eppure, emerge in svariate occasioni la sua sofferenza per la rigidezza dell’ambiente famigliare, per il continuo confronto con le due sorelle maggiori, brillanti e realizzate, per un padre che le impedisce di seguire le sue fantasie (per quanto infantili), per una madre combattuta tra la considerazione sociale, il rispetto delle decisioni del marito e il desiderio di rendere felice la propria bambina. Taeko, il cui valore è dunque costantemente messo in dubbio, ha, al contrario, difficoltà ad approcciarsi al mondo esterno e alle sue regole in maniera acritica, ponendosi mille problemi esistenziali persino affrontando banali esercizi di matematica. Non mancano nemmeno alcune situazioni piuttosto traumatiche su cui, a mio parere, si glissa con troppa spensieratezza.
Il risultato di una simile infanzia è una donna in parte insoddisfatta, che sfugge dai ritmi frenetici della città e da un lavoro non orrendo ma probabilmente tediante, per immergersi nel microcosmo del Giappone rurale, fatto di calorosa accoglienza e sane tradizioni, un mondo di cui sa relativamente poco, ma che da tempo esercita su di lei una considerevole forza attrattiva.
Il ripercorrere le tappe fondamentali del suo passato le permette di meditare su sé stessa, sulle menzogne (vecchie e attuali) che si racconta, su ciò che realmente desidera, sul modo in cui costruisce rapporti affettivi con gli altri.
Qui sta la grandezza di questo film: nella sua semplicità e nel suo realismo, la storia è applicabile a chiunque. Taeko è una ragazzina di buona famiglia, a scuola è mediocre, non eccezionalmente brava ma nemmeno eccezionalmente incompetente, non ha un temperamento particolarmente ribelle, è una bambina come tantissime altre. Lo stesso vale per la sua controparte matura, che conduce la propria esistenza come decine di migliaia di altri Giapponesi suoi coetanei, rendendo la possibilità di immedesimarsi con la protagonista più che concreta.
Se la Taeko studentessa può sembrare a tratti antipatica per le sue bizze, la Taeko ventisettenne è straordinariamente realistica e semplice: adorabilmente impacciata nelle sue relazioni interpersonali, è una giovane donna che non si può non prendere in simpatia.
Le tribolazioni interiori del personaggio principale, poi, costituiscono un parallelismo con il progressivo spopolamento delle campagne nipponiche, da cui i giovani fuggono in cerca di quel modello di successo personale proposto da una società materialistica e consumistica. Le idee dell’autore al riguardo sono probabilmente espresse dalle determinate ed entusiastiche parole di Toshio, che esalta il ritorno alla terra, ai prodotti naturali e alle salutari tradizioni del passato.
La componente tecnica è superlativa, come sempre. Le animazioni sono fluide e molto curate, specialmente per quanto riguarda le espressioni facciali dei personaggi: impossibile non apprezzare la resa dei connotati della protagonista, di come solleva gli zigomi e arriccia il naso quando sorride goffamente. Il character design è decisamente variegato e piuttosto semplice, non sempre proporzionato, ma gradevole nel complesso. Una particolarità, rispetto ai precedenti lavori dello Studio Ghibli, è il ricorso a tratti e segni associabili a un quasi-deformed, oltre al diverso stile grafico utilizzato nelle sequenze oniriche e fantasiose. Le ambientazioni sono meravigliose e iper-dettagliate, sia in relazione agli scenari urbani e antropizzati che a quelli naturali, e sono dipinte con pregevole maestria, ricorrendo a colori morbidi e poco aggressivi.
La colonna sonora è orecchiabile e piacevole e conta brani di provenienza non solo giapponese, ma anche dell’Est Europa e persino uno nostrano. Tralasciando le interpretazioni vocali di alcuni dei compagni di classe della Taeko piccina, il doppiaggio e l’adattamento italiani si rivelano molto espressivi e di ottimo livello.
Il titolo “Pioggia di ricordi” suggerisce alla perfezione la spontaneità con cui le numerose memorie di Taeko riaffiorano, sfruttando ogni minimo stimolo esterno per spingerla a riflettere su cosa sia davvero importante per lei, costringendola ad affrontare i traumi dell’infanzia e a rimuovere la maschera di ipocrisia dietro la quale, per anni, si è adeguata a ciò che la società odierna si aspettava da lei, autoconvincendosi che si trattasse della cosa giusta da fare.
Il film si configura come un magistrale e coinvolgente racconto di profonda introspezione che suggerisce al pubblico di porsi delle domande, di cercare la vera felicità nei propri desideri e nelle proprie aspirazioni, puntando a una sincera realizzazione personale e non alla soddisfazione dei requisiti imposti dal mondo contemporaneo. Solo così potremo ricevere la benedizione del nostro io passato, il quale, anziché perseguitarci accompagnato dai nostri sogni e sentimenti repressi, ci osserverà con un sorriso mentre ci incamminiamo sulla nostra strada, verso un futuro forse non necessariamente radioso, ma quantomeno autenticamente nostro.
Trama: Taeko Okajima è un’impiegata ventisettenne residente a Tokyo che si concede dieci giorni di vacanza, da trascorrere a Yamagata da alcuni parenti agricoltori, per partecipare alla raccolta dei cartami. Il viaggio in treno verso la sua meta e l’incontro con Toshio, fervente sostenitore della coltivazione biologica, le forniranno l’occasione perfetta per rievocare i ricordi di alcuni momenti salienti della sua infanzia e per riflettere sulla sua vita attuale e le sue aspirazioni.
Il lungometraggio si sviluppa intrecciando due linee temporali strettamente connesse: quella della Taeko decenne e quella della Taeko adulta, destreggiandosi tra memorie, sogni, vecchi racconti.
Ci viene mostrato come ogni significativo evento della vita di una bambina di scuola elementare si sia poi ripercosso nel modo in cui una persona matura affronta la vita di ogni giorno: la pubertà, la prima confessione romantica, i capricci, le delusioni, i rimproveri, sono tutti elementi imprescindibili per la comprensione accurata della personalità dell’adulta di oggi.
La Taeko che frequenta le elementari è una bambina a volte insincera e volubile, viziata e capricciosa. Eppure, emerge in svariate occasioni la sua sofferenza per la rigidezza dell’ambiente famigliare, per il continuo confronto con le due sorelle maggiori, brillanti e realizzate, per un padre che le impedisce di seguire le sue fantasie (per quanto infantili), per una madre combattuta tra la considerazione sociale, il rispetto delle decisioni del marito e il desiderio di rendere felice la propria bambina. Taeko, il cui valore è dunque costantemente messo in dubbio, ha, al contrario, difficoltà ad approcciarsi al mondo esterno e alle sue regole in maniera acritica, ponendosi mille problemi esistenziali persino affrontando banali esercizi di matematica. Non mancano nemmeno alcune situazioni piuttosto traumatiche su cui, a mio parere, si glissa con troppa spensieratezza.
Il risultato di una simile infanzia è una donna in parte insoddisfatta, che sfugge dai ritmi frenetici della città e da un lavoro non orrendo ma probabilmente tediante, per immergersi nel microcosmo del Giappone rurale, fatto di calorosa accoglienza e sane tradizioni, un mondo di cui sa relativamente poco, ma che da tempo esercita su di lei una considerevole forza attrattiva.
Il ripercorrere le tappe fondamentali del suo passato le permette di meditare su sé stessa, sulle menzogne (vecchie e attuali) che si racconta, su ciò che realmente desidera, sul modo in cui costruisce rapporti affettivi con gli altri.
Qui sta la grandezza di questo film: nella sua semplicità e nel suo realismo, la storia è applicabile a chiunque. Taeko è una ragazzina di buona famiglia, a scuola è mediocre, non eccezionalmente brava ma nemmeno eccezionalmente incompetente, non ha un temperamento particolarmente ribelle, è una bambina come tantissime altre. Lo stesso vale per la sua controparte matura, che conduce la propria esistenza come decine di migliaia di altri Giapponesi suoi coetanei, rendendo la possibilità di immedesimarsi con la protagonista più che concreta.
Se la Taeko studentessa può sembrare a tratti antipatica per le sue bizze, la Taeko ventisettenne è straordinariamente realistica e semplice: adorabilmente impacciata nelle sue relazioni interpersonali, è una giovane donna che non si può non prendere in simpatia.
Le tribolazioni interiori del personaggio principale, poi, costituiscono un parallelismo con il progressivo spopolamento delle campagne nipponiche, da cui i giovani fuggono in cerca di quel modello di successo personale proposto da una società materialistica e consumistica. Le idee dell’autore al riguardo sono probabilmente espresse dalle determinate ed entusiastiche parole di Toshio, che esalta il ritorno alla terra, ai prodotti naturali e alle salutari tradizioni del passato.
La componente tecnica è superlativa, come sempre. Le animazioni sono fluide e molto curate, specialmente per quanto riguarda le espressioni facciali dei personaggi: impossibile non apprezzare la resa dei connotati della protagonista, di come solleva gli zigomi e arriccia il naso quando sorride goffamente. Il character design è decisamente variegato e piuttosto semplice, non sempre proporzionato, ma gradevole nel complesso. Una particolarità, rispetto ai precedenti lavori dello Studio Ghibli, è il ricorso a tratti e segni associabili a un quasi-deformed, oltre al diverso stile grafico utilizzato nelle sequenze oniriche e fantasiose. Le ambientazioni sono meravigliose e iper-dettagliate, sia in relazione agli scenari urbani e antropizzati che a quelli naturali, e sono dipinte con pregevole maestria, ricorrendo a colori morbidi e poco aggressivi.
La colonna sonora è orecchiabile e piacevole e conta brani di provenienza non solo giapponese, ma anche dell’Est Europa e persino uno nostrano. Tralasciando le interpretazioni vocali di alcuni dei compagni di classe della Taeko piccina, il doppiaggio e l’adattamento italiani si rivelano molto espressivi e di ottimo livello.
Il titolo “Pioggia di ricordi” suggerisce alla perfezione la spontaneità con cui le numerose memorie di Taeko riaffiorano, sfruttando ogni minimo stimolo esterno per spingerla a riflettere su cosa sia davvero importante per lei, costringendola ad affrontare i traumi dell’infanzia e a rimuovere la maschera di ipocrisia dietro la quale, per anni, si è adeguata a ciò che la società odierna si aspettava da lei, autoconvincendosi che si trattasse della cosa giusta da fare.
Il film si configura come un magistrale e coinvolgente racconto di profonda introspezione che suggerisce al pubblico di porsi delle domande, di cercare la vera felicità nei propri desideri e nelle proprie aspirazioni, puntando a una sincera realizzazione personale e non alla soddisfazione dei requisiti imposti dal mondo contemporaneo. Solo così potremo ricevere la benedizione del nostro io passato, il quale, anziché perseguitarci accompagnato dai nostri sogni e sentimenti repressi, ci osserverà con un sorriso mentre ci incamminiamo sulla nostra strada, verso un futuro forse non necessariamente radioso, ma quantomeno autenticamente nostro.
Orange (Ichigo Takano)
7.5/10
Utente72087
-
"Orange" è un manga del 2012 scritto ed illustrato da "Ichigo Takano"; edito in Italia da "Flashbook Edizioni", della durata di 5 volumi + extra.
L'opera comincia introducendo il personaggio di Naho Takamiya, giovane ed ingenua studentessa di 16 anni, alle prese con gli ultimi spensierati anni di liceo. A spezzare l'ordinaria routine ci penserà però una singolare lettera destinata alla protagonista, spedita proprio da quest'ultima, dove all'interno vi sono indicate delle richieste da parte di quella che sembra essere niente di meno che la sé stessa del futuro. La lettera si presenta come una sorta di ultimo tentativo per rimediare agli errori commessi della Naho di 10 anni nel futuro, la quale spiega che quello stesso giorno si aggiungerà alla sua classe un ragazzo nuovo appena trasferito da Tokyo, tale Kakeru Naruse, e prega la nostra protagonista di prendersi cura di lui e di salvarlo, in quanto nel futuro in cui vive lei quel ragazzo, così importante, non c'è più. Da questa premessa la protagonista, partita con giustificato scetticismo riguardo la veridicità della lettera, dovrà constatare come i fatti riportati sulla stessa corrispondano sempre a realtà, finendo così per convincersi che quella lettera arrivi davvero dal futuro, e che sarà appunto lei con le sue scelte a doverlo cambiare. Il tempo passa e facciamo la conoscenza anche degli amici della protagonista, Suwa, Takako, Azu e Hagita; ed è appunto grazie a loro che la storia potrà finalmente cominciare, quando al termine della prima giornata di lezione decidono di invitare il nuovo studente a tornare a casa con loro, decisione che in seguito li tormenterà, costringendoli a chiedersi se avessero effettivamente fatto bene quel giorno a prendere quella decisione. Intraprenderanno così, tra apparenti giorni sereni e problemi di cuore, una silenziosa lotta per salvare l'anima del loro nuovo amico.
Nota di merito va senz'altro alla capacità dell'autrice di trasmettere così tante emozioni partendo da un semplice supporto cartaceo e da una storia ben scritta. L'opera nonostante il suo carattere quasi fantascientifico, riguardo il tema dei viaggi nel tempo, si dimostra capace di tenersi bene ancorata a quella che è la realtà, ciò ci viene dimostrato dall'estrema attenzione riservata a dettagli quali le fantastiche espressioni facciali dei protagonisti, o la ricostruzione di scenari di vita che immagino prendano pienamente spunto che quelli realmente caratterizzanti il paesino di Matsumoto. Spezzo inoltre una lancia a favore del fatto che i protagonisti, anche quelli non proprio principali, non siano solo dei gusci vuoti riempitivi, ma ognuno abbia una propria profondità e personalità davvero convincenti.
La storia si difende bene, vantando profondità che mai mi sarei aspettato da uno shoujo. Lodevole è la volontà di creare qualcosa che resti il più fedele possibile a quella che potrebbe essere anche vista come una vera realtà alternativa, senza stravolgere troppo la formula con eventi poco credibili o situazioni al limite della normalità; ciò nonostante forse per colpa della troppa prevedibilità non sempre riesce a tenere alto l'interesse del lettore.
I volumi sono caratterizzati da una narrazione a tratti discontinua, che risalta mostrandoci in contemporanea ciò che accade nel nostro universo ed in quello ambientato 10 anni nel futuro, fatto che non solo aiuta a capire meglio il cambiamento di mentalità dei protagonisti, ma rende anche più facile capire il perché questa storia ha avuto inizio, grazie una sapiente integrazione di ciò che riusciamo a capire dalle situazione dei protagonisti nel futuro e dagli eventi invece vissuti dagli stessi nel presente. Discorso differente va, invece, fatto per i disegni, caratterizzati da un tratto tondeggiante tipico degli shoujo, che da il suo meglio nella rappresentazione dei protagonisti in generale, ma si concede qualche dimenticanza per quanto riguarda gli sfondi e gli scenari, lasciando diverse vignette vuote o condite da retini.
Quanto appena affermato potrà sicuramente riguardare solamente il mio soggettivo giudizio, pertanto di seguito vorrei elencare i pregi, e ciò che invece si potrebbe migliorare dell'opera:
-PREGI-
Nonostante la storia sia breve, riesce a raccontare tutto senza lasciare nulla in sospeso.
Disegni molto realistici, sia per quanto riguarda i personaggi, che gli scenari, quando presenti.
La grande cura del contesto la farebbe quasi sembrare una storia vera.
Il linguaggio del corpo e le espressioni dei protagonisti sono parte essenziale della narrazione.
Pochi personaggi e nomi facili da ricordare.
I sentimenti e le emozioni sembrano quasi uscire dalla carta stampata, coinvolgendo il lettore.
-DA MIGLIORARE-
Scene e situazioni ripetitive.
La protagonista spesso ricade nei soliti errori.
La protagonista è davvero troppo emotiva ed ingenua, fatto che causa frustrazione nel lettore.
Alcuni personaggi non hanno lo spazio che meriterebbero.
Alcune parti di trama sono visibilmente sottotono rispetto alle parti focali della narrazione.
L'edizione ha un costo di 6,90 euro cad., abbastanza caro a mio parere per dei volumi abbastanza sottili e senza pagine a colori, ma con sovracopertina. Apprezzata invece la morbidezza delle pagine, che consente senza fatica la lettura dell'opera anche impugnandola con una mano sola. Voglio inoltre precisare che, nonostante la storia si concluda ufficialmente con il volume 5, l'autore continua a rilasciare altri volumi dedicati ad approfondimenti, chiamati extra. Al momento siamo arrivati al n.6 .
Consiglio l'acquisto a tutti coloro che apprezzano delle storie di vita "vere", fortemente incentrate sui sentimenti.
Questo era il mio piccolo e soggettivo pensiero riguardo a quest'opera, che a mio parere è un buon prodotto da non sottovalutare, nonostante la spesa forse un po' eccessiva. In conclusione posso affermare che chi deciderà di addentrarsi in questa lettura si troverà davanti una storia carica di emozioni, positive e negative, drammi familiari, problemi di cuore e tanta volontà di rimediare agli errori del passato.
L'opera comincia introducendo il personaggio di Naho Takamiya, giovane ed ingenua studentessa di 16 anni, alle prese con gli ultimi spensierati anni di liceo. A spezzare l'ordinaria routine ci penserà però una singolare lettera destinata alla protagonista, spedita proprio da quest'ultima, dove all'interno vi sono indicate delle richieste da parte di quella che sembra essere niente di meno che la sé stessa del futuro. La lettera si presenta come una sorta di ultimo tentativo per rimediare agli errori commessi della Naho di 10 anni nel futuro, la quale spiega che quello stesso giorno si aggiungerà alla sua classe un ragazzo nuovo appena trasferito da Tokyo, tale Kakeru Naruse, e prega la nostra protagonista di prendersi cura di lui e di salvarlo, in quanto nel futuro in cui vive lei quel ragazzo, così importante, non c'è più. Da questa premessa la protagonista, partita con giustificato scetticismo riguardo la veridicità della lettera, dovrà constatare come i fatti riportati sulla stessa corrispondano sempre a realtà, finendo così per convincersi che quella lettera arrivi davvero dal futuro, e che sarà appunto lei con le sue scelte a doverlo cambiare. Il tempo passa e facciamo la conoscenza anche degli amici della protagonista, Suwa, Takako, Azu e Hagita; ed è appunto grazie a loro che la storia potrà finalmente cominciare, quando al termine della prima giornata di lezione decidono di invitare il nuovo studente a tornare a casa con loro, decisione che in seguito li tormenterà, costringendoli a chiedersi se avessero effettivamente fatto bene quel giorno a prendere quella decisione. Intraprenderanno così, tra apparenti giorni sereni e problemi di cuore, una silenziosa lotta per salvare l'anima del loro nuovo amico.
Nota di merito va senz'altro alla capacità dell'autrice di trasmettere così tante emozioni partendo da un semplice supporto cartaceo e da una storia ben scritta. L'opera nonostante il suo carattere quasi fantascientifico, riguardo il tema dei viaggi nel tempo, si dimostra capace di tenersi bene ancorata a quella che è la realtà, ciò ci viene dimostrato dall'estrema attenzione riservata a dettagli quali le fantastiche espressioni facciali dei protagonisti, o la ricostruzione di scenari di vita che immagino prendano pienamente spunto che quelli realmente caratterizzanti il paesino di Matsumoto. Spezzo inoltre una lancia a favore del fatto che i protagonisti, anche quelli non proprio principali, non siano solo dei gusci vuoti riempitivi, ma ognuno abbia una propria profondità e personalità davvero convincenti.
La storia si difende bene, vantando profondità che mai mi sarei aspettato da uno shoujo. Lodevole è la volontà di creare qualcosa che resti il più fedele possibile a quella che potrebbe essere anche vista come una vera realtà alternativa, senza stravolgere troppo la formula con eventi poco credibili o situazioni al limite della normalità; ciò nonostante forse per colpa della troppa prevedibilità non sempre riesce a tenere alto l'interesse del lettore.
I volumi sono caratterizzati da una narrazione a tratti discontinua, che risalta mostrandoci in contemporanea ciò che accade nel nostro universo ed in quello ambientato 10 anni nel futuro, fatto che non solo aiuta a capire meglio il cambiamento di mentalità dei protagonisti, ma rende anche più facile capire il perché questa storia ha avuto inizio, grazie una sapiente integrazione di ciò che riusciamo a capire dalle situazione dei protagonisti nel futuro e dagli eventi invece vissuti dagli stessi nel presente. Discorso differente va, invece, fatto per i disegni, caratterizzati da un tratto tondeggiante tipico degli shoujo, che da il suo meglio nella rappresentazione dei protagonisti in generale, ma si concede qualche dimenticanza per quanto riguarda gli sfondi e gli scenari, lasciando diverse vignette vuote o condite da retini.
Quanto appena affermato potrà sicuramente riguardare solamente il mio soggettivo giudizio, pertanto di seguito vorrei elencare i pregi, e ciò che invece si potrebbe migliorare dell'opera:
-PREGI-
Nonostante la storia sia breve, riesce a raccontare tutto senza lasciare nulla in sospeso.
Disegni molto realistici, sia per quanto riguarda i personaggi, che gli scenari, quando presenti.
La grande cura del contesto la farebbe quasi sembrare una storia vera.
Il linguaggio del corpo e le espressioni dei protagonisti sono parte essenziale della narrazione.
Pochi personaggi e nomi facili da ricordare.
I sentimenti e le emozioni sembrano quasi uscire dalla carta stampata, coinvolgendo il lettore.
-DA MIGLIORARE-
Scene e situazioni ripetitive.
La protagonista spesso ricade nei soliti errori.
La protagonista è davvero troppo emotiva ed ingenua, fatto che causa frustrazione nel lettore.
Alcuni personaggi non hanno lo spazio che meriterebbero.
Alcune parti di trama sono visibilmente sottotono rispetto alle parti focali della narrazione.
L'edizione ha un costo di 6,90 euro cad., abbastanza caro a mio parere per dei volumi abbastanza sottili e senza pagine a colori, ma con sovracopertina. Apprezzata invece la morbidezza delle pagine, che consente senza fatica la lettura dell'opera anche impugnandola con una mano sola. Voglio inoltre precisare che, nonostante la storia si concluda ufficialmente con il volume 5, l'autore continua a rilasciare altri volumi dedicati ad approfondimenti, chiamati extra. Al momento siamo arrivati al n.6 .
Consiglio l'acquisto a tutti coloro che apprezzano delle storie di vita "vere", fortemente incentrate sui sentimenti.
Questo era il mio piccolo e soggettivo pensiero riguardo a quest'opera, che a mio parere è un buon prodotto da non sottovalutare, nonostante la spesa forse un po' eccessiva. In conclusione posso affermare che chi deciderà di addentrarsi in questa lettura si troverà davanti una storia carica di emozioni, positive e negative, drammi familiari, problemi di cuore e tanta volontà di rimediare agli errori del passato.
Carino anche Orange, Steins;Gate vabbè, che lo diciamo a fare, è sempre una bellezza.
per il resto, da questa pandemia ci ho guadagnato.... FATE/STAY NIGHT, adesso mi mangio le mani per aver perso l'occasione di vedere i 2 film di Heaven's Feel al cinema...
Avessi detto 20 episodi XD, secondo me dovresti ricominciare, lo zero parte dal presupposto che si conoscano tutti i personaggi dell'originale e i loro rapporti, cioè cosa hai pensato quando Okarin scopre l'interfaccia di Amadeus nel primo episodio non conoscendo il personaggio? E poi, detto onestamente, la prima serie è decisamente più riuscita, non si può 'vivere' allo stesso modo guardandola dopo...
pioggia di ricordi stavo per recensirlo...ma Cannarsi.....
Pioggia di ricordi aspetto perché devo trovare la perfetta psicodomia per poter "correre per acciuffare chi corre in corridoio, e fargli fare il rifarlo daccapo".
È umiliante anche solo scriverle queste...queste...ma che ca...----
ho controllato e di puntate ne ho viste 8, qualcosa ho capito e quello che mi manca non mi ha disturbato la visione perchè molte volte le cose si spiegano più in là.... detto questo ho troppo fresca la serie in mente per guardare "il prima", tra qualche mese ci riproverò
Sì meglio così, droppa tutto e fai passare qualche tempo (anche un anno o due) per pulirti la memoria e poi parti con la serie corretta.
C'è troppo da perdere a vedere le cose invertite.
Orange ho visto l’anime e mi è piaciuto molto, toccante, il manga non l’ho mai letto ma se riesco a trovarlo lo prendo
Grazie mille
Massimo rispetto per i tuoi gusti, ma di quella lista salverei giusto un paio di anime (ad essere precisi, soltanto Fate/Zero che è comunque godibile ma non un capolavoro, e HxH che potrebbe essere messo sullo stesso piano di Steins;Gate, mentre Ikoku meiro no Croisee non l'ho proprio visto quindi non posso giudicarlo.).
Penso che, se anche fosse vero che venga sopravvalutato da molti (ed, in effetti, lo è), tu stia facendo lo stesso errore (non capisco se sottovalutandolo o semplicemente sopravvalutando gli altri anime, ma è comunque un po' "poco oggettivo" il tutto).
Oh, che vi devo di', a me piace parlarne male, perdonatemi se potete.
E accostarlo a Pioggia di ricordi, dal canto mio, è una vera e propria provocazione cari admin. Io poi sono un pesciolone perchè abbocco, ma lo faccio per i lulz.
Mentre Orange, che inizialmente mi aveva convinta, è stato alla fine una delusione sia per il finale che per la ripetitività infinita. Hanno voluto allungare un po' il brodo e lo hanno fatto pure male.
io mi reputo fortunato: ho visto tutti i ghibli sub ita, quando ancora non venivano adattati da cannarsi
Premetto che ho scelto generi e gusti molto vari, adatti a pubblici differenti. per quanto riguarda gli altri Horizon è l'adattamento di una delle serie novel più prolifere in giappone, anche Haganai è molto amato, Dog Days rappresenta un famoso brand in Giappone per i più giovani, guilty crown e gundam invece affrontano temi molto spinosi ancora oggi (come posizione sociale e razzismo).
Steins:gate : Anime click =
Cowboybebop: Watch Mojo
A chi si deve dar ragione?
Guardalo così ti fai un'idea tua, no?
Comunque dai quel commento che cita dog days e guilty coso ha quantomeno 17-18 layers ironici non posso credere che venga preso sul serio.
Io non posso dare torto a chi non è piaciuto perchè è una cosa legittima ma ad uno sguardo oggettivo per me è innegabile che Steins Gate sia un buon anime, non voglio dire capolavoro, imperdibile, ma buono sì. Su quasi cento recensioni che ha nella scheda il voto più basso che ha preso è un 6, cioè almeno la sufficienza, cosa non riuscita a serie celeberrime e iconiche come Evangelion o Cowboy Bebop, neanche a Lady Oscar che su questo sito è l'anime che ha la valutazione migliore ma che ha pure una recensione che lo valuta da 3....sì da TRE....
Poi c'è il successo raccolto che non sarà indice di qualità ma quantomeno è abbastanza da permettere di avvicinarsi alla serie con fiducia, l'utenza del sito (più o meno mille votanti) l'ha votato serie anime del decennio appena trascorso, con quasi un quarto delle preferenze totali.
https://www.animeclick.it/news/83932-il-sondaggione-steinsgate-e-la-serie-anime-del-decennio-per-lutenza-di-animeclickit
Per cui, morale della favola, è una serie che merita un tentativo di essere vista, poi ognuno può giudicarla come preferisce.
Ad ogni modo, ognuno può apprezzare quello che vuole, in barba ai "poliziotti del gusto". Infatti nella mia risposta ho volutamente glissato su Dog Days. XD Guilty Crown è tutt'altro che un "arrosto", ma almeno il "fumo" (grafica e colonna sonora) c'è.
Quello che voglio dire: a cosa servono le recensioni?
In teoria servirebbero a capire se una cosa può piacere o meno: in questo caso un anime/manga che ha un punteggio medio 7,78 è migliore di uno con punteggio 7,75? Non è detto e non avrebbe senso.
Se un anime/manga m'incuriosisce, prendo qualche recensione (senza leggerla) con voti alti e bassi e poi mi vado a guardare le serie preferite di quei utenti che le hanno scritte.
Se i suoi preferiti sono simili ai miei è molto probabile che l'anime/manga piaccia anche a me.
Tutto questo per dire che secondo me le recensioni hanno poco senso - sarebbe più utile una classificazione del tipo "non mi è piaciuto", "nulla di che", "bello" e "uno dei miei preferiti" - poi basarsi su questi dati.
Però quando ci si trova davanti ad una trafila di 8, di 9 e di 10 senza o quasi senza pareri negativi, o al contrario una sfilza di voti dal 5 in giù con recensioni positive scarse o nulle, direi che i dubbi in merito sono pochi.
Per quanto riguarda Orange mi pare sia ancora in corso..
Innanzitutto grazie allo staff che ha messo in vetrina una mia recensione (per la cronaca, ricordo che prima di questa misero in vetrina quella di Zero, a cui io ho dato 6, e lì la gente disse che era un voto troppo basso, lol).
Non ho sicuramente visto /tutto/ quel che si può vedere in termini di opere che trattano il time travel ma è un trope che a me piace molto e tra manga, anime, videogiochi, serie tv e altro ne ho viste un po'. A mio parere S;G è una delle meglio riuscite: worldbuilding solidissimo (c'è un articolo sul sito in merito) e interessante, trama che parte un po' lenta ma pone le basi per il rest, spiegoni quasi completamente assenti e plot twist che si spiegano da soli perché coerenti con quanto costruito fin lì senza che un narratore onniscente debba prenderti per mano e imboccarti di informazioni. S;G secondo me eccelle non tanto per l'originalità, ma per la tecnica: narrativa, di worldbuilding, di costruzione e gestione della trama e dei personaggi. Come scritto in recensione, i personaggi di S;G sono quanto di più archetipico si possa trovare, ma li si segue volentieri perché le interazioni che creano sono molto vivide e si basano spesso sul parodiare lo stereotipo che detti personaggi ricalcano.
Lato animazioni, l'ho scritto, non ci siamo molto, anche per essere un anime del 2011, ma trovo che sia regia che colonna sonora compensino questa mancanza.
Per me continua ad essere un anime da 9 per i motivi che ho illustrato - e no, non sono d'accordo con chi dice che le recensioni siano inutili. Sempre meglio leggere le argomentazioni che fermarsi al voto o a quali altri titoli la persona ha apprezzato in passato.
Non mi piacciono le recensioni - specie quelle troppo lunghe che per non fare spoiler vanno a finire che si parla del nulla - di conto mi piacciono gli approfondimenti.
Esempio: ho letto la recensione scritta dallo staff del sito di Clannad/Clannad AF prima della visione e dopo la visione. Nel primo caso non si è capito nulla nel senso che era tutto abbastanza vago - appunto per non fare spoiler, nel secondo solo una perdita di tempo perché non avendo approfondito nulla non ha aggiunto nulla.
Per dire: se il sito facesse un bel approfondimento di Clannad sarei il primo a leggerlo e a ringraziarli.
https://www.animeclick.it/news/24993-clannad-recensione
Devi eseguire l'accesso per lasciare un commento.