Alden Mitchell Budill, la responsabile di Crunchyroll per le Global Partnerships e il Content Strategy, ha rivelato alcune delle ricerche di mercato effettuate dall’azienda durante l’evento di Acceleration Japan (A-JAPAN). In base ai sondaggi solamente il 6% della Generazione Z, composta dalle persone nate fra il 1995 e il 2010, non conosce gli anime. Il risultato è davvero sorprendente considerando che la Gen Z compone circa il 27% della popolazione mondiale.
Davanti a questi dati Budill ha affermato di vedere un grande potenziale nell’espansione dei prodotti animati per adulti, descrivendo gli anime come un mezzo eccellente per presentare visivamente contenuti di ogni genere. Infatti ha continuato il discorso dicendo: “È come se con gli anime si riuniscano i vari generi mediatici sotto un’unica forma d’arte. Le persone riescono a trovare negli anime dei messaggi e dei dettagli legati alla propria personalità. I più giovani hanno capito il nostro lavoro e gli sta piacendo”.
Budill ha concluso spiegando il suo ruolo nell’azienda e di come aiuti Crunchyroll nella scelta dell’acquisizione delle licenze dei titoli da portare sulla piattaforma. Ma tra i suoi compiti vi è anche la gestione dei prodotti originali che, negli ultimi anni, stanno avendo sempre più importanza per l’azienda. Ovviamente Budill lavora a stretto contatto con i produttori di anime giapponesi ma anche con aziende come Apple, Google, Sony e Xbox per gestire la distribuzione dei prodotti di Crunchyroll.
L’evento di A-JAPAN ha messo in risalto sei prodotti dell’azienda d’intrattenimento Amuse Group per il mercato estero. La compagnia si augura di poter vendere i diritti per l’adattamento e/o la rivisitazione dei suoi prodotti, tra i titoli possiamo trovare i manga I am a Hero di Kengo Hanazawa, Shinazu no Ryouken di Ryō Yasohachi e Itazura na Kiss di Kaoru Tada.
Fonte Consultata:
Anime News Network
Davanti a questi dati Budill ha affermato di vedere un grande potenziale nell’espansione dei prodotti animati per adulti, descrivendo gli anime come un mezzo eccellente per presentare visivamente contenuti di ogni genere. Infatti ha continuato il discorso dicendo: “È come se con gli anime si riuniscano i vari generi mediatici sotto un’unica forma d’arte. Le persone riescono a trovare negli anime dei messaggi e dei dettagli legati alla propria personalità. I più giovani hanno capito il nostro lavoro e gli sta piacendo”.
Budill ha concluso spiegando il suo ruolo nell’azienda e di come aiuti Crunchyroll nella scelta dell’acquisizione delle licenze dei titoli da portare sulla piattaforma. Ma tra i suoi compiti vi è anche la gestione dei prodotti originali che, negli ultimi anni, stanno avendo sempre più importanza per l’azienda. Ovviamente Budill lavora a stretto contatto con i produttori di anime giapponesi ma anche con aziende come Apple, Google, Sony e Xbox per gestire la distribuzione dei prodotti di Crunchyroll.
L’evento di A-JAPAN ha messo in risalto sei prodotti dell’azienda d’intrattenimento Amuse Group per il mercato estero. La compagnia si augura di poter vendere i diritti per l’adattamento e/o la rivisitazione dei suoi prodotti, tra i titoli possiamo trovare i manga I am a Hero di Kengo Hanazawa, Shinazu no Ryouken di Ryō Yasohachi e Itazura na Kiss di Kaoru Tada.
Fonte Consultata:
Anime News Network
Internet riesce a diffondere a macchia d’olio qualsiasi tipo di argomento verso qualunque persona nel mondo (e già questa cosa da sola come premessa sarebbe sufficiente), a maggior ragione questo succede per gli anime che sono dei prodotti trasversali che abbracciano qualunque tipologia di genere e di target.
Se poi consideriamo che la Generazione Z è statisticamente quella con la maggior mole di ore di navigazione su internet ne deduciamo che è ovvio che i prodotti giapponesi siano conosciuti (metti anche che uno ci si imbatte solo “per sbaglio”: una video recensione su Youtube, un tweet che pubblicizza una piattaforma di streaming o un film in uscita……banalmente anche un meme “stupido” può accendere l’interesse verso gli anime, se l’utente vuole risalirne all’origine).
E anzi, secondo me col passare del tempo la percentuale di chi non conosce gli anime è destinata a decrescere ancora di più con la Generazione Alpha (la successiva alla Z).
In tutto questo però………mi spiace ma io proprio non riesco ad esserne pienamente contento.
Ovvio, mi fa piacere se la mia passione venga condivisa da più persone possibili evitando qualunque esempio di ghettizzazione negativa………ma la mia preoccupazione è che, purtroppo, troppa “attenzione mediatica” a lungo andare rischia sul serio di diventare deleteria.
Detto banalmente: tante persone richiamano fama, tanta fama richiama investimenti, investimenti richiamano soldi, tanti soldi richiamano attenzione………e troppa attenzione richiama edulcorazione, censura, banalizzazione dei contenuti, frammentazione eccessiva dei target, scarsa creatività, sovrapproduzione eccessiva che causa un’elevata offerta a fronte di una domanda più scarsa………
Insomma in poche parole questo secondo me per gli anime (parzialmente i manga) rischia di portare (ed in realtà è già così da qualche anno ormai) ad una “industrializzazione culturale” con decine e decine di prodotti che escono a raffica ma che salvo rari casi non portano nulla di nuovo artisticamente parlando……e il fatto che ad oggi ci siano anche aziende occidentali disposte ad investire in questo mercato non significa nemmeno questo di per sé un maggior apporto di qualità (anzi).
Quindi sì, anime sempre più conosciuti e apprezzati in tutto il mondo………ma non è detto che sia a tutti i costi una cosa positiva, almeno non in senso assoluto……
Da appassionato, senza dubbio mi fa piacere. Se ciò può portare a un mondo dove non ti discriminano se leggi un manga invece di giocare a calcio, ben venga.
Quello che dici tu succede però già da anni visto che in Giappone è un'industria che fa fare discreti soldi
Come detto da altri, questo già succede da moltissimi anni. Forse da sempre, se andiamo a vedere. Succede come per i film: tra tanti prodotti fatti con lo stampino, ci saranno sempre quelle 3-4 serie all'anno che ti lasceranno qualcosa.
Io la vedo cosi: con la crescita del bacino di utenza aumenta anche la possibilità di più investimenti o di futuri registi/animatori/creatori bravi
Per quanto riguarda i discorsi di massimazione degli anime e manga, penso che (come tutte le industrie di intrattenimento) ci saranno fasi alterne e poi ci sarà una stabilizzazione.
Ma il problema è che la cosa sta peggiorando sempre di più con il passare degli anni ed è sotto gli occhi di tutti, giapponesi compresi (saprei nominare minimo 3-4 articoli che avete scritto negli ultimi 5 anni di produttori/registi/appassionati giapponesi che se ne lamentano, oppure di animatori che scappano in Cina per avere condizioni lavorative migliori).
E comunque attenzione solo ad una cosa: il mio discorso sul "decadimento" non è riferito al fattore economico (lo so che gli anime macinano introiti mostruosi nel mondo e in particolar modo in Giappone........e grazie al cavolo, mi verrebbe da dire ), bensì CULTURALE.
Che valore può avere un prodotto d'intrattenimento creato a tavolino solo per intercettare i gusti della massa (giapponese o internazionale che sia) puntando unicamente al fattore economico immediato (tradotto: serie che vende un botto subito, per il futuro chi s'è visto s'è visto) senza considerare il valore intrinseco dell'opera in sé, l'innovazione (tecnica o di sceneggiatura) che può portare al “movimento artistico” tutto?
E ripeto, questa è una cosa che da anni sanno benissimo gli stessi giapponesi, addetti ai lavori e non: d’accordo il guadagno, va bene il successo crescente riscosso all’estero e la stipulazione di accordi con investimenti di capitale da parte di aziende straniere……ma se non cominciano a ripensare completamente daccapo il loro meccanismo di produzione e fruizione degli anime (ma in fondo anche dei manga) prima o poi la corda finirà per spezzarsi.
Mettiamola così, il mio discorso è vagamente simile alla bolla speculativa che il Giappone ha attraversato negli anni ’90: adesso gli studi d’animazione stanno facendo affari, adesso i loro investimenti stanno fruttando, adesso il pubblico giovane e/o occidentale si sta rivelando una nuova potenziale fonte di guadagno a cui attingere……… “per adesso” però, un pensierino sul futuro dovrebbero comunque farlo.
Non sono d’accordo, o meglio non completamente.
“E’ sempre stato così” è un’affermazione fallace, perché è innegabile che al giorno d’oggi in Giappone gli studi d'animazione spuntano come funghi e producono in media molte più serie anime rispetto a 30/40/50 anni fa.
Non sto dicendo che allora fosse “tutto bello” e nessuno pensava ai guadagni (anzi), ma che oggi abbiamo una bulimia eccessiva di serie che finiscono per saturare il mercato (e a lungo andare rischiano di soffocarlo, a mio parere).
E comunque no, considero la frase “per 100 anime schifosi all’anno almeno 1 sarà un capolavoro” anch’essa fallace, perché non è minimamente detto che sia così, possono essercene anche 2-3 come nessuno……e anzi, trovo pure deleterio pensare che ci possa essere sempre “almeno” un capolavoro l’anno (questo discorso lo faccio senza tenere in considerazione i gusti personali, ovviamente).
Io invece vedo solo l’aumento progressivo di anime stagionali “riempitivi” da 12 episodi, tutti uguali fra loro, buoni giusto da guardare con disimpegno tanto per, e pochissime serie che DAVVERO cambiano il peso specifico nell’industria degli anime……e prima o poi anche il pubblico finirà per stufarsene.
Comunque alla fine tutto questo discorso è leggermente fuori tema, visto che il topic della news è il fatto che sempre più giovani (anche occidentali) conoscono gli anime……cosa che però a mio parere, come ho già detto, di per sé non è né positiva né negativa.
Dico solo che per il futuro c’è da stare molto attenti: nel giro di poco tempo gli anime potrebbero non essere più quelli che conosciamo e ci appassionano oggi, per i motivi che ho già detto nel primo messaggio.
Il rischio che diventino qualcosa di banale, omologato e preconfezionato c’è, ed è dietro l’angolo……
Sei proprio l'inizio dei millennials
Purtroppo quello che continua a mancare è la consapevolezza di quello che si sta guardando, come nel caso di chi non capisce che aspettare 8 mesi per la seconda parte de L'Attacco dei Giganti è nulla e così non si ha nenache il tempo di farlo. Se l'industria diventa troppo consumistica dovremo dire addio all'animazione tradizionale anche in Giappone, che dovrà passare al 3D per accontentare le aziende occidentali che non hanno ancora capito che un cartone animato richiede più tempo e soldi rispetto ad un live-action.
È giusto che vengano conosciuti, ma è necessario che l'occidente rimanga spettatore passivo.
Edit. Ovviamente si, gli anime hanno sempre avuto questi problemi, ma purtroppo i soldi di cui si dispone in Giappone sono limitati. Ora ci sono di mezzo le multinazionali americane e cosa fanno? Danno budget e tempi addirittura inferiori a quelli già disumami che conosciamo...ok.
PS Sono del 96 e non mi sento per nulla parte della stessa generazione di mia sorella del 2002 o mia cugina del 2008
Cerchiamo di guardarlo mezzo pieno questo bicchiere, dai
Non è questo il problema...
(Si questo forse è un po' OT)
Detto questo esisterà spero sempre un kon o un Oshii che eleveranno ogni tanto quel prodotto a qualcosa di più...ma resteranno sempre eccezioni perche cmq un anime nasce con lo scopo di vendere.
Il discorso animatori purtroppo anche qui esiste da sempre con un peggioramento negli ultimi anni dovuto sicuramente alla maggiore richiesta...ed è li la sfida da vincere dell'industria anime giapponese, altrimenti collasserà e/o verra superata da quella cinese o cmq estera
spesso i giovani hanno paura di passare per ignoranti in qualunque cosa dicono sempre di conoscerla anche a se a livello dei kibbutz di fantozzi
Vorrei farlo, dico sul serio, ma vedendo come si sta sviluppando l’animazione giapponese negli ultimi 10 anni non me la sento di dire che il futuro sia particolarmente roseo……
Economicamente forse sì, ma come contenuti
Ecco, su queste affermazioni sono perfettamente d’accordo anch’io, soprattutto con l’ultima frase.
Non so invece se col post successivo (“Se fossimo negli anni ’80…”) ti riferissi a quello che ho detto io, ma comunque penso che il paragone coi decenni precedenti non regga: la mole di anime prodotti all’epoca era decisamente più bassa rispetto ad oggi, e le serie che venivano importate in Occidente erano ancora meno.
E non è nemmeno un discorso di genere: se per 1 anime mecha di successo c’erano 4 copie di medio livello, oggi per 1 isekai ce ne sono 5 medi e 10 scadenti (e lo dico da non-amante del genere mecha e indifferente/neutrale sugli isekai).
Secondo me poi c’è anche un’ulteriore differenza nella percezione degli anime stessi e dell’impatto che hanno sul pubblico di oggi (dato che, per l’appunto, è un discorso che cambia continuamente di generazione in generazione), ma in sostanza il principio resta comunque lo stesso: non è tanto un discorso di cosa si produce ma di QUANTO si produce.
Per come la vedo io il pubblico di oggi è spietato e conosce molto di più queste dinamiche rispetto ad un tempo: se il prodotto non ingrana subito è destinato a cadere presto nell’oblio……o così, o chi lo produce rinuncia fin dall’inizio a creare un prodotto solido ma si affida solo al guadagno immediato (e ritorniamo al problema iniziale).
Scusa Ironic, con tutto il rispetto, ma l’hai letto il mio secondo messaggio? Non lo dico per rompere le scatole, ma da come mi rispondi qui non sembra proprio.
Certo che gli anime guardano (anche) al fattore economico, chi ha mai detto il contrario?
Ma il punto è che c’è un bel po’ di differenza tra dire “la mia opera deve almeno guadagnare” e “la mia opera deve SOLO guadagnare”: il secondo caso implica che stai creando un prodotto di consumo e niente più, il primo invece che comunque cerchi di proporre qualcosa che rimanga nel tempo, cosa che ormai i giapponesi rinunciano a fare in partenza……e non serve neanche scomodare Satoshi Kon o Mamoru Oshii (anzi pure troppo abusati come esempi in questi casi, a dirla tutta), basterebbe semplicemente che chi realizza gli anime oggi abbia la volontà di andare un attimo “oltre” il guadagno immediato, cercando di puntare a qualcosa che sappia innovare il linguaggio e, magari, creare nuovi modelli (narrativi, tecnici ecc.) che siano poi da ispirazione per gli autori a venire.
E il bello è che……la cosa si può tranquillamente fare anche tramite anime mainstream, perché no?
Ne abbiamo fior fior di esempi del genere, dagli albori in poi (Astroboy, Gundam, Ken il Guerriero, Dragon Ball, Sailor Moon, Evangelion, Fullmetal Alchemist, Death Note, i Giganti ecc.), e la cosa può funzionare benissimo anche con uno dei tanti vituperati isekai di oggi.
Tutto sta nel coraggio degli studi d’animazione giapponesi di voler provare a realizzare qualcosa “di più” invece che adagiarsi sugli allori producendo l’ennesima serietta-fotocopia da 12 episodi piena di fanservice buona a farti pagare a malapena la bolletta di questo mese.
E pure qui, cosa c’è di diverso da quello che ho scritto io appena sopra? Boh, eppure a me fin qui pare di essere stato chiaro, poi non so
L’ho già scritto cento volte, ma l’estrema sintesi del mio pensiero è: a me il futuro degli anime preoccupa (non dal punto di vista economico ma qualitativo/culturale, lo ribadisco se non fosse chiaro), penso che l’attuale pruduzione sia eccessiva e che vada profondamente rinnovata (ma su questo i giapponesi sono sordi) e infine non credo che l’approccio delle nuove generazioni occidentali di per sé possa giovare granché, anzi…la mia convinzione è questa.
Poi ognuno trarrà le proprie conclusioni in merito oppure rimarrà della sua idea, amen e così sia.
A chi parla di serie di livello inferiore rispetto al passato consiglio di vedere Odd Taxi. Certo se escono 100, 500, o 1000 manga/anime all'anno non mi cambia nulla sino a quando escono certi capolavori. D'altro canto ai vecchi problemi è vero che si affacciano nuovi problemi, come nel caso di Wonder Egg Priority.
Ma davvero era meglio quando bisognava nascondersi di essere appassionati di anime e manga al liceo se no si veniva giudicati strani se non peggio?
Per quanto riguarda la qualità: in ogni decade per 4-5 capolavori che uscivano c'erano sempre un centinaio di schifezze in giro, il fatto è che i capolavori ce li continuiamo a ricordare mentre le schifezze tendenzialmente no... da qui pensiamo erroneamente che in passato uscissero solo ottimi prodotti.
Un aumento del mercato dei consumatori dà più possibilità a nuovi creativi di emergere e di farsi conoscere perché è esigenza delle case editrici avere più prodotti. Vediamo la differenza tra i fumetti in Italia che vendono poco e che quindi non riescono a dare una buona remunerazione agli autori (e quindi quanti devono mollare o non riescono neanche a farsi notare) con il Giappone in cui ci sono continuamente nuove proposte proprio perché è un mercato florido con tanti acquirenti...
Sì alcune di queste proposte magari sono copia incolla di altre (e si nota spesso di più negli isekai) ma questo succede anche nei mercati più piccoli.
E' un discorso che esce per ogni forma di intrattenimento che acquista popolarità, ma da anni. Puntualmente spuntano sempre quelle due o tre serie buone
In questo senso spero che Sony, acquisito Crunchyroll, possa portare a qualcosa di buono. Dopotutto già ora in Giappone ci si sta spostando da Netflix a Prime, che da quel che mi è sembrato di capire pone condizioni già più favorevoli (senza fonte ).
È Z perché viene dopo la X e la Y, e la X (quell post boomer veri quindi quella degli anni 60/70) era tale perché X era un incognita. Infatti ora sono costretti a usare le lettere greche
(gli Stati più religiosi sono quelli più scuri)
Infatti tu fai parte della generazione Y, mentre tua sorella e tua cugina sono della generazione Z. Siete tutti e tre millennials comunque, perchè millennial è una definizione-ombrello che comprende sia la Y che la Z.
A me non pare e anche leggendo in giro la Y sono i millennial ma la Z è diversa
Quoto in pieno, ma aggiungo che tuttora si fanno serie per vendere modellini, magari in modo meno evidente, ma comunque l'idea di partenza è quella e può persino capitare che, in corso d'opera, il prodotto finale abbia una trama ed uno sviluppo eccezionale.
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