Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

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E posso così scrivere di aver finalmente visto il mio primo anime di genere "isekai"... e che "Mushoku Tensei: Isekai Ittara Honki Dasu" mi ha favorevolmente colpito. La trama, da quanto ho potuto apprendere sul genere, sembra essere piuttosto "standard": il protagonista, un hikikomori ultra-trentenne ormai sull'orlo del baratro, si ritrova catapultato ("reincarnato" a seguito di un evento "traumatico") in un nuovo universo sconosciuto, mantenendo i ricordi della sua vita precedente. E questo rappresenta l'unico vero potere che mantiene e che lo rende speciale nel nuovo universo in cui è stato spedito: si reincarna in un neonato in un mondo di fantasia simil-medievale in cui, grazie alla sua maturità sviluppata nella vita precedente, brucia tutte le tappe della crescita, aspirando a diventare un mago dai superpoteri che lo renderanno in grado di poter sfidare gli dei più potenti del nuovo mondo.

Tralasciando la trama, per evitare spoiler, uno degli aspetti che mi hanno più intrigato è il parallelismo tra la vita passata del protagonista e quella nuova in cui cerca di sfruttare al massimo la cosiddetta "seconda occasione" concessagli per superare i traumi subiti e gli errori commessi nella vita precedente. L'evoluzione di Rudeus Greyat è lenta ma progressiva: la nuova vita lo pone di fronte a scelte, difficoltà e novità che lo costringeranno da un lato a mettere in pratica quanto già maturato dalla precedente esperienza di vita, nel bene e nel male, e dall'altro a rimettersi in gioco per rivedere le sue convinzioni sulla famiglia, sulla giustizia, sui valori e gli ideali, sulla tolleranza delle diversità, sui pregiudizi e in generale sulle avversità che l'esistenza ci pone davanti e che devono essere comunque affrontate, senza rinchiudersi nel rifiuto totale di qualsiasi forma di interazione con la vita e con gli altri.

Sebbene la serie di ventitré episodi non sia conclusiva della trama (credo che sia in cantiere una ulteriore serie di episodi), già questa sembra una metafora del percorso di redenzione dell'hikikomori che alberga in Rudeus, attraverso una nuova esistenza di cui l'anime di racconta, in modo talvolta dettagliato anche attraverso la quotidianità più intima e scontata, le vicende di un bambino e poi ragazzino che affronta: i drammi familiari tipici quali l'infedeltà, le difficoltà di interazione con i propri genitori (in questo caso il padre Paul); la conquista con il sacrificio dei propri obiettivi (per andare a studiare all'accademia della magia e per far studiare l'amica Sylphie, Rudeus va a lavorare come precettore, nonostante la evidente forzatura della scelta da parte del padre Paul); gli imprevisti e le difficoltà di trovarsi ad approcciare situazioni impreviste e pericolose; l'interazione con persone che prima facie sembrano ostili e pericolose e che poi si rivelano significative e preziose per il protagonista (dimostrando che non bisogna fermarsi alla prima apparenza e alle dicerie riportate da altri); i sentimenti umani nella loro pienezza, quali l'amicizia e l'amore, il sacrificio, l'altruismo, ecc.; il dolore per l'allontanamento o la perdita delle persone più care; la forza di andare avanti nonostante le avversità e trovare una soluzione non solo per sé ma anche e soprattutto per gli altri; fare i conti con le proprie esperienze negative passate (e non sono poche...), le proprie manie e perversioni (e da questo punto di vista le situazioni "ecchi" fanno chiaramente capire che Rudeus è comunque un adulto con le sue fissazioni in materia di sesso, sebbene queste si riversino su ragazzine, tanto da farlo sembrare a prima vista un po' - tanto - "sopra le righe").

Il tutto attraverso un "metaforico" e "allegorico" viaggio in un'ambientazione fantasy in cui non mancano i momenti di riflessione per un NEET che già in questi primi ventitré episodi sembra evolvere di pari grado con la crescita del bambino Rudeus, e sembra non fermarsi alla disillusione "distruttiva" e alienante di un hikikomori che non crede più a nulla e a cui la vita sembra aver tolto e negato qualsiasi forma di felicità...

E anche gli altri personaggi, a dire il vero molti, sono tutti bene o male trattati e gestiti in modo che non rappresentino delle meteore, ma ricevano un trattamento che ne evidenzi una evoluzione.

Dal punto di vista tecnico l'anime presenta un comparto grafico di tutto rispetto: il worldbuilding è molto bello, l'ambientazione molto curata e le animazioni tutto sommato fluide. Il comparto musicale è gestito con altrettanta cura, tanto da inglobare le opening nella trama stessa e non come clip a sé stanti.

Sebbene il genere fantasy non sia proprio uno dei miei preferiti, consiglio la visione dell'anime, non nascondendo di attendere con curiosità il rilascio dei nuovi episodi per vedere come andrà a finire la storia... e chissà che non vada a riprendere la novel o il manga per soddisfare le mie attese.

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Siamo onesti, questo non è certo un anime che vi farà esplodere il cervello, quindi non mi dilungherò troppo: non servono molte righe per capire se "In the Land of Leadale" faccia per voi o meno.

"In the Land of Leadale" è un isekai da manuale: la protagonista non aveva una vita soddisfacente, muore, si reincarna nel videogioco in cui 'nerdava', diventa fortissima e tutti la amano. Di solito qui arriva la "glimmick", tipo "Il protagonista è uno scheletro!" o "Il protagonista è un NPC!" e altri cambiamenti superficiali per rendere un minimo interessante la solita solfa. In questo caso però ciò che separa "In the Land of Leadale" dal resto è semplicemente il fatto che è... vecchio. Ma tanto vecchio. Tipo vecchio di dodici anni: la light novel è del 2010. È una cosa più importante di quel che potrebbe sembrare.

Ormai la trama degli isekai è un percorso già tracciato: tutti seguono la strada maestra e nessuno osa cambiare nulla. Tuttavia, non è sempre stato così: nel 2010, far reincarnare il protagonista in un videogioco non era ancora un'idea così banale. Ne consegue che, mentre la stragrande maggioranza degli isekai moderni manca totalmente di qualcosa che li identifichi come uno sforzo creativo, di un tocco d'autore, "In the Land of Leadale" appare stracolmo di personalità, in confronto. Questo anime è pieno di personaggi, interazioni, situazioni e luoghi semplici e non particolarmente articolati. Tuttavia, sono tutti originali e, in un certo senso, sinceri. Mi ha ricordato che cosa mi piaceva degli isekai in origine, ed è stato nostalgico. E credo che lo studio, Maho Film, lo sapesse: i character design e le animazioni, specie quelle delle espressioni facciali, mi ricordano un sacco anime dei primi anni 2000. Canya in particolare, col suo design elfico semplicissimo, mi piace un sacco.

Non è un capolavoro, il budget a sua disposizione non è altissimo e probabilmente non riceverà mai una seconda stagione, ma posso dire di essermi goduto appieno questo anime. Non c'è bisogno sempre di vedere roba da 10/10: ogni tanto è bello ritornare nella propria comfort zone e guardare qualcosa di non troppo complesso, ma che si addice ai tuoi gusti. Quindi, penso che custodirò i due pomeriggi spensierati che "In the Land of Leadale" mi ha regalato. Se vi piacciono gli isekai, ve lo consiglio molto.

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“Kenja no Deshi o Nanoru Kenja” è una serie composta da dodici episodi, di genere fantasy.

Iniziamo categorizzando l’anime come un isekai, quindi con un protagonista che viene catapultato in un altro mondo, per un “x motivo”; in questo caso specifico il protagonista si reincarnerà nel personaggio che aveva creato all’interno di un videogioco, in cui impersonava un grandissimo mago, famoso per le sue abilità nel campo delle evocazioni.
La peculiarità principale sarà che il protagonista non diventerà precisamente il suo avatar, immaginato inizialmente come un grande anziano, con barba bianca incolta, vestito/equipaggiato con una tunica bianca, ma si ritroverà nel corpo di una loli, quindi minuta e in età puberale.

La storia seguirà a grandi linee i principali topos narrativi di tante altre serie di questo genere, quindi il dover scoprire le differenze fra la realtà di gioco che conosceva in precedenza e quelle dell’effettiva realtà che sta attualmente vivendo, il cercare e ritrovare eventuali altri player nella sua medesima situazione, etc.
Purtroppo, tutta la struttura narrativa risulterà blanda, molto semplice e poco accattivante, passando a una mera sequenza di quest/missioni, per poter ricostruire la realtà di gioco di un tempo, perdendo fin da subito quasi totalmente il contatto con la realtà d’origine, immedesimandosi completamente con quella del gioco, senza sentimenti o particolari preoccupazioni da parte del protagonista in merito, facendo sì che tale transizione risulti poco d’impatto, sbrigativa, e facendo scivolare di dosso l’interesse e l’eventuale curiosità che lo spettatore aveva, nel capire le motivazioni o le cause di tale avvenimento. Quindi, man mano non sembrerà più nemmeno un anime isekai, ma una generica serie fantasy, con ambientazione medievale.

Ho apprezzato che almeno inizialmente abbiano delineato un minimo la realtà di gioco, concentrandosi sulla struttura con cui era stato ideato e come successivamente si sia evoluto storicamente, purtroppo tale costruzione andrà velocemente a scemare rispetto all’economia dell’opera, per concentrarsi su tante altre sotto-questioni, poco chiare e/o di poco interesse, anche perché faranno perdere il bandolo della matassa della trama principale, ingarbugliandola ulteriormente senza restituire indietro niente per poterla eventualmente sbrogliare e/o portare avanti.

I personaggi principali saranno veramente pochi, essendo per la maggior parte delle mere comparse legate alla missione/arco narrativo di competenza, e tra i principali non si denota nessuna caratterizzazione particolare che possa farli spiccare, essendo delle mere marionette senza sentimento, utilizzate solamente per poter far procedere l’azione di turno, senza riflessioni o emozioni; le uniche cose degne di nota saranno quelle briciole di personalità che si è cercato di dare alle varie evocazioni che vedremo nel corso della storia, che le renderanno vive e un minimo più concrete, non essendo dei meri fantocci per vincere lo scontro di turno, rilevanti solamente per la loro forza o la loro estetica, ma anche dei compagni e delle spalle comiche, per alleggerire la visione generale della serie.

Per l’aspetto tecnico, partendo da quello grafico, inizio subito dicendo che sarà presente della computer grafica, che, per quel che me ne intenda, non mi è sembrata particolarmente male, anzi, in generale l’ho potuta apprezzare presa a sé, specialmente rispetto ad alcune evocazioni o mostri. Il vero problema è che non risulterà minimamente amalgamata con il resto della grafica, in stile “classico”, quindi potrebbe dare abbastanza fastidio vedere tale discrasia su schermo. Per il resto, ho apprezzato l’aspetto grafico dei vari personaggi, essendo almeno esteticamente molto belli e ben definiti, ognuno con dei propri particolari caratteristici, però in generale non sarà raro vedere delle brutture e dei cali qualitativi mediamente vistosi, come personaggi abbozzati o sfondi poco curati.
Per il lato sonoro, ho riscontrato un po’ un ossimoro: nello specifico, entrambe le sigle, non rientrando nei miei gusti, non le ho particolarmente apprezzate, al contrario molte delle OST le ho trovate molto ispirate e azzeccate al clima generale dell’opera, riuscendo a risaltare e dando rilevanza ai fatti presentati, quindi facendo egregiamente il loro lavoro.
Altra nota positiva la devo imputare alla seiyuu che ha prestato la voce alla protagonista, cioè a Oomori Nichika, che è riuscita a dare spessore e caratterizzare, modulando il suo tono di voce e con delle cadenze precise, l’idea principale su cui si basa tale serie, cioè che dentro a una dolce e carina ragazzina in verità ci sia un uomo reale, che vorrebbe atteggiarsi a grande saggio, nonostante abbia una voce molto dolce, acuta e squillante.

In definitiva, la serie perde gran parte del proprio appeal rispetto ai fatti narrati, non riuscendo a dare nulla di particolare al di fuori dell’aspetto estetico del proprio protagonista, presentando una trama confusa e episodica; si salvano principalmente fattori più di contorno, quali una grafica ammiccante e un lato sonoro accattivante.