Ripensando alla connotazione che il mese di giugno riveste nell'ambito della comunità LGBTQIA+, AnimeClick.it ha optato per proporre una panoramica di alcuni dei titoli più famosi e apprezzati che trattano tematiche ad essa inerenti: possiamo così apprezzare e scoprire -o, perché no, ri-scoprire appieno- opere che hanno contribuito ad avvicinare universi che sembravano inconciliabili.
Per tendersi la mano, verso un mondo che possa essere contraddistinto dal rispetto nei confronti dei sentimenti di ogni possibile colore.
Nel Giappone di eterne contraddizioni e persistenti rigidità, l'inizio del mese di giugno 2023 vede la pubblicazione della classifica annuale Nikkei Entertainment Talent Power e con essa l'assegnazione del secondo posto generale al cinquantenne opinionista, saggista, presentatore e drag queen nipponico Matsuko Deluxe: la classifica determina le posizioni in base a quanto ogni sua figura di spicco sia riconosciuta e a quanto la società vi rivesta interesse e Matsuko, paladino dei diritti LGBTQIA+ dalla lingua tagliente, vi è da tempo presente nelle primissime posizioni grazie a una ventennale carriera che ha ribaltato i suoi anni vissuti da hikikomori.
Benché la società nipponica sia dunque ben più esposta e sollecitata oggi rispetto al passato su questioni legate ai diritti, alla dignità e al quieto vivere delle minoranze sessuali, questo non significa che ad esempio la cinematografia vi si cimenti con scioltezza ed agilità, e il dibattito rimane in generale più aperto che mai.
Se è vero che la ghettizzazione in tali ambiti pare essere meno apertamente severa che in Occidente, il pregiudizio rimane comunque profondamente radicato e la discriminazione si fa ben più implicita e sottile, come ben intuisce l'apprezzato e virile attore Ryohei Suzuki di cui, nell'estate 2022, viene annunciato un ruolo a tema LGBTQIA+ nella trasposizione cinematografica del romanzo Egoist.
Suzuki non è la prima celebrità nel mondo dello spettacolo nipponico a suscitare la curiosità dei più per il ruolo, ma è fuor di dubbio che anch'egli contribuisca così a segnare uno di quei piccoli ma tangibili passi verso un cambiamento nella percezione dell'universo LGBTQIA+ all'interno della società giapponese.
All'inizio degli anni 2000 già si ravvisano alcuni esperimenti cinematografici legati a produzioni con protagonisti e storie d'amore omosessuale, ma si tratta di live action tratti da Boys' Love, un filone di storie romantiche più o meno esplicite in ambito sessuale che si declina in manga, doujinshi e sparuti progetti animati. I boys' love ricevono la costante attenzione di un enorme numero di fan perlopiù al femminile cosiddette fujoshi che nulla hanno a che vedere con l'universo arcobaleno, ed essendo perlopiù mera fiction, essi vengono relegati a cinematografia di terz'ordine, con impieghi di staff tecnico, budget e cast di bassissimo profilo.
Tra il 2006 e il 2011 escono infatti una coppia di film dedicati al celebre titolo Boys Love, un'opera in origine tanto amata dal fandom quanto mal trasposta in lungometraggio. Vi fanno seguito ben cinque film dell'ugualmente famosa Takumi-kun Series, altrettanto carenti sia a livello di produzione e realizzazione, che di recitazione. Giunge poi la versione cinematografica di Doushitemo furetakunai (Non mi farò coinvolgere) nel 2014: poco o nulla cambia relativamente agli scarsi mezzi impiegati, tuttavia sia nella scelta degli attori che nella riuscita della trasposizione s'intuiscono margini di apprezzabile miglioramento.
In tale ottica vanno anche ricordati i due film Seven Days nel 2015, una versione curata, fedele e ben riuscita del manga omonimo di Rihito Takarai, quindi il dolce Hidamari ga kikoeru del 2017. Nessuno dei tre può ambire a sfondare il circoscritto pubblico delle fujoshi cui tali titoli sono dedicati, ma è evidente al tempo stesso che si assiste alla nascita di un positivo trend di miglioramento: i titoli che giungono al cinema sono sempre più numerosi, non soltanto tratti da opere molto famose, ma divengono anche oggetto di una sempre maggior cura nella lavorazione, poiché d'altronde non più esclusivamente di patemi d'amore si narra e vi si ravvisano ad esempio cenni d'introspezione psicologica, la presa di coscienza personale, l'allargarsi al tema della sordità.
Emblematico è in tal senso anche il caso di Double Mints, una storia cruda ed oscura tratta dal manga di Asumiko Nakamura (Dokyuusei - Compagni di classe), che diviene un film egregiamente realizzato anche per tramite di un'opera di crowdfunding in rete; si tratta forse del primo caso di lungometraggio che detiene tutte le potenzialità per carpire l'attenzione di un pubblico ben più ampio di quello cui il manga è dedicato.
E' tuttavia solo con le serie TV Ossan's Love, Kinou nani tabeta? tratto dall'omonimo manga di Fumi Yoshinaga (Ohoku), Cherry magic! Thirty years of virginity can make you a wizard?! e Kieta Hatsukoi (My Love mix-up) che si riesce infine a calamitare l'attenzione dell'intero Giappone, oltre che dei trend sui social media. La presenza di star mature e affermate come Kei Tanaka, Kotaro Yoshida, Hidetoshi Nishijima (Drive my car) e Seiyo Uchino nei panni di uomini adulti, virili e dichiaratamente omosessuali testimonia un cambio di passo nel target di pubblico che poi con la freschezza dei giovani emergenti Keita Machida, Eiji Akaso, Shunsuke Michieda e Ren Meguro si rafforza ulteriormente, affiancandosi ad opere realizzate con risorse tecniche palesemente di altro livello.
Da spartiacque funge anche la delicata, didattica e struggente versione televisiva che NHK cura per Otouto no Otto (Il marito di mio fratello), dalla trasversale opera omonima di Gengoroh Tagame, mangaka autore di storie bara perlopiù destinate a un pubblico omosessuale adulto.
Il cinema, a questo punto, riprende a parlare di figure LGBTQIA+ con storie che scuotono e solleticano intensità e tenerezza, scene audaci ed esplicite e nomi decisamente celebri: ne sono emblemi i protagonisti transgender e le famiglie atipiche della brava regista Naoko Ogigami nel suo Close-knit con Tōma Ikuta e Kenta Kiritani che trionfa al Far East Film Festival di Udine nel 2017, seguite da Midnight Swan di Eiji Uchida con l'ex idol Tsuyoshi Kusanagi che sui medesimi temi bissa il premio nel 2021, dopo aver ricevuto nove nomination e ottenuto tre statuette ai Japan Academy Prize, oltre a diversi altri riconoscimenti tra il 2020 e il 2021.
Nello stesso tempo non vanno dimenticati i registi Ryuichi Hiroki con il rocambolesco amore saffico di Ride or Die delle versatili Kiko Mizuhara e Honami Satō, quest'ultima presente anche nella trasposizione di Kyuso wa Chizu no Yume wo Miru dall'acclamato manga Il gioco del gatto e del topo di Setona Mizushiro, sul feroce e tormentato amore omosessuale portato sullo schermo dal regista Isao Yukisada con l'idol Tadayoshi Ohkura e il camaleontico attore Ryo Narita.
Il già citato drama Cherry Magic!, peraltro, ottiene un sequel cinematografico che spinge implicitamente sui temi dei diritti civili delle coppie omosessuali, tanto da indurre l'autrice dell'opera cartacea originale Yū Toyota a donare una parte delle royalties a lei spettanti alla Marriage For All Japan, un'organizzazione che fornisce il proprio sostegno ai matrimoni tra persone dello stesso sesso in Giappone.
Per quanto si permanga su un mondo di finzione che non rispecchia la realtà delle coppie LGBTQIA+ nipponiche, ancora rare a palesarsi e praticamente nulle in fattispecie nel mondo dello spettacolo, è evidente che nell'ultimo ventennio molto è mutato in senso positivo: da una nicchia di storie sentimentali boys' love scritte e pensate per un pubblico femminile, il panorama si è esteso a racconti capaci di toccare tematiche ben più complesse, afferenti all'universo LGBTQIA+, al quotidiano e soprattutto in grado di arrivare a un target assai più eterogeneo.
Sia il cinema che la TV, oggi, col fiorire di una lunga serie di racconti tratti da boys' love e non solo, in parte diffusi anche in Occidente attraverso le piattaforme di streaming, quali Netflix, Amazon Prime Video, Crunchyroll ed altre, ci narrano di come sia possibile, nel Paese del Sol Levante, poter raccontare con intensità, intelligenza e talora ironia tutte le diverse sfumature dell'amore e la loro normalità, oltre a sfiorare con leggerezza ed acume temi importanti come la presa di coscienza di sé stessi nei confronti degli altri, la discriminazione sessuale, la genitorialità, la convivenza e molto altro.
Come già accade in Occidente, inoltre, proprio per ambire al massimo del realismo, anche sui set nipponici sono ora presenti professionisti e specialisti LGBTQIA+ legati ai temi dell'inclusione e coordinatori per le scene più intime.
La pellicola Egoist, in particolare, fa un ulteriore passo in avanti, essendo tratta dal romanzo di Makoto Takayama sulla base di un'esperienza sostanzialmente autobiografica; vi si racconta la storia di Kosuke, che dopo aver perso la madre a soli quattordici anni, trascorre quanto gli rimane dell'adolescenza a nascondere il proprio orientamento omosessuale alla famiglia. Divenuto adulto, l'uomo incontra il giovane Ryuta, ragazzo dalla natura genuina, cui apre con sua stessa sorpresa il proprio cuore; il travolgente amore della coppia sembra far perdere la lucidità a entrambi, ma le difficoltà del vivere quotidiano insistono sui due giovani, insinuandosi di prepotenza sul futuro che li attende.
Lo scrittore e saggista Takayama, tuttavia, amico di lunga data del compianto maestro Kentaro Miura, non può vedere sul grande schermo i frutti della propria opera, a causa di una lunga lotta contro il cancro che ne determina la scomparsa nel 2020, nel bel mezzo della pandemia globale da Coronavirus. Proprio a causa di quest'ultima, nemmeno Miura riesce a prendere parte ai funerali dell'amico, come da lui citato in un personale sfogo di solitudine in calce al capitolo 362 di Berserk.
In assenza di un confronto diretto, Ryohei Suzuki modella così la sua figura di Kosuke, il protagonista del film, anche grazie alle testimonianze lasciate dagli amici di Takayama; nel film è presente l'attore e drag queen Durian Lollobrigida in un ruolo altrettanto autobiografico, data la sincera amicizia che lo ha legato a Takayama.
Diversamente dal suo partner di scena Hio Miyazawa, che già era stato co-protagonista nel film LGBTQIA+ HIS nel 2020, per Suzuki è invece la prima volta in un ruolo di questo tipo sul grande schermo.
Data la sua grande popolarità e la stima di cui gode in patria, Suzuki ha ricevuto molte domande curiose dai giornalisti, e quando interpellato su com'è stato per lui recitare in una storia d'amore tra due uomini ha compiutamente risposto: "mentre mi approcciavo a questo ruolo e mi interrogavo sull'omosessualità mi sono reso conto di quanto ignorante io comunque fossi in merito. Ho imparato molte cose. Le persone LGBTQIA+ sono sempre esistite, e statisticamente parlando diciamo che a scuola, in classe con ciascuno di noi, ce ne saranno sempre state almeno una o due, senza che lo sapessimo. E' una minoranza, ma è anche qualcosa di molto naturale. E tuttavia, la ragione per cui io non abbia compreso all'epoca questo assunto così semplice è probabilmente data dal fatto che la società ha trattato questa minoranza come se non esistesse. La domanda che mi è stata posta è uno standard normale per film che hanno personaggi gay per protagonisti. Ma se ci rifletto, la domanda presuppone che io sia eterosessuale. Certo, è normale poiché sono sposato, ma al tempo stesso esiste comunque la possibilità che io sia bisessuale, anziché eterosessuale; così come esistono omosessuali che scelgono di unirsi in matrimonio a persone del sesso opposto a causa delle pressioni indotte dalla società. Spero che la quantità di opere come questa aumentino al punto che l'esistenza dell'universo LGBTQIA+ sia data per scontata nella società. Credo che i film giochino un ruolo importante nel determinare i cambiamenti nella società, e che il mondo dello spettacolo abbia il potere di farlo."
L'uscita sui grandi schermi giapponesi di Egoist riporta dunque l'attenzione su alcuni dei temi che di recente salgono spesso alla ribalta, in tutto il globo, quando il cinema si focalizza sul racconto di storie di personaggi afferenti all'universo LGBTQIA+.
Il film è stato presentato tra le pellicole in concorso anche alla 25° edizione del Far East Film Festival, la kermesse udinese dedicata al cinema asiatico a tutto tondo, che ne ha ospitato il regista Daishi Matsunaga: abbiamo avuto l'occasione di intervistarlo e di approfondire direttamente con lui alcuni degli aspetti più peculiari del film e del relativo dietro le quinte.
Signor Matsunaga, a riguardo della relazione tra film e cast, per lei quanto è importante, per rappresentare personaggi queer, avere anche un cast dichiaratamente queer?
Daishi Matsunaga: Quella che mi ha fatto è una domanda estremamente difficile. Adesso, soprattutto in territorio americano, quello che viene dibattuto è che non bisognerebbe far recitare determinati ruoli a chi non fa parte della categoria di appartenenza del personaggio che viene ritratto, e ovviamente ciò è visto in chiave negativa, quindi se c’è qualcuno di esterno che interpreta e recita quel ruolo, non viene ben visto.
Mi rendo conto perfettamente che c’è stata un’epoca in cui in determinati frangenti chi era classificato in un certo modo ha sofferto perché un ruolo poteva essere dato o non dato in base alla classificazione che gli veniva affibbiata, questo è innegabile. Tuttavia va anche presa in considerazione la situazione specifica dell’Asia e del Giappone, dove scegliere un cast di persone queer per un film queer renderebbe la scelta - essendoci pochissimi attori ad aver fatto coming out - troppo limitata. Questo perché, appunto, le società asiatiche ed in particolare quella giapponese non sono società in cui è facile fare coming out. Quindi cosa si poteva fare?
Volevo che questo film fosse visto da quante più persone possibili, che fosse conosciuto il più possibile, per questo era necessario utilizzare attori che avessero un nome, che fossero famosi. In questo caso avere un cast non queer, che però dimostra il mio rispetto personale verso l’ambito queer, è stato l'aspetto più importante.
Per come la penso io, si può anche utilizzare un cast queer, però se non si rispetta la tematica queer, alla fine comunque il risultato non sarà per niente positivo. Invece, se io rispetto la tematica e quell’ambiente, riuscirò comunque a creare qualcosa di importante, qualcosa di comunicativo, che sarà compreso e che sarà possibile far vedere a quanta più gente possibile. Proprio per questo, sottolineo, è importante avere degli attori "forti" e conosciuti, perché in questo modo molte più persone saranno attratte e verranno a conoscenza di queste tematiche.
Senza dubbio comunque è una problematica che va ancora discussa e dibattuta, però questa è la mia percezione del problema al momento.
Molte delle conferenze stampa e interviste tenutesi in Giappone per l'uscita di Egoist hanno visto l'attore protagonista Ryohei Suzuki oggetto di parecchie domande curiose circa l'aver interpretato una figura appartenente al mondo LGBTQIA+. Che cosa ci può raccontare lei al riguardo?
D. M.: preciso che Ryohei Suzuki non ha ricevuto alcuna critica in merito, anzi è stato proprio lui a dire che "ci siano critiche, fatele liberamente, questo film avrà degli elementi positivi e degli elementi negativi, non abbiate paura ad esporli, va bene". Questo perché lui ha fatto un lavoro così certosino nella ricerca del suo personaggio che era anche pronto a ricevere critiche qualora ce ne fossero state.
L’attore ha avuto un grande rispetto nei confronti dell’approccio al film e al personaggio, e in generale tutti siamo stati attenti ai momenti di ricerca per questo film. I protagonisti hanno avuto varie espressioni che riguardavano questo film, ma il pubblico giapponese non ha avuto rimostranze, non ci sono state accezioni negative a quelle che sono state le reazioni del pubblico, questo perché - come accennavo prima - a partire dagli attori, tutta la produzione è stata davvero molto attenta e ha rispettato fortemente l’elemento LGBTQIA+. Tutto ciò è avvenuto anche grazie all’inclusive director - responsabile dell’inclusione LGBTQIA+ - che è stato con noi durante il periodo di ricerca. Abbiamo parlato con lui, cercando di spiegargli cosa volevamo trasmettere, ed è stato possibile essere realistici grazie a lui: abbiamo avuto la possibilità di riproporre quello che sarebbe stato realmente quel tipo di rapporto. Proprio grazie a questo non ci sono state particolari critiche a riguardo.
Le chiediamo inoltre come è stato invece per lei il lavoro necessario per approcciarsi all'opera originale di Makoto Takayama per lavorare a questo film.
D. M.: per quello che riguarda l’approccio al film stesso e alla sua struttura, molto ha avuto a che fare al modo in cui lo spettatore si approcciasse al film. Si è cercato di dare un’accezione visiva che ricordasse quella del documentario, con questi elementi dove c’era un solo take, quindi una ripresa ininterrotta per una scena intera che ricordasse gli elementi del documentario. Questo era per far sì che anche gli spettatori non omosessuali riuscissero comunque a ritrovarsi all’interno di una scena in cui potessero cominciare ad avere una loro prospettiva/visione. L’obiettivo era fare in modo che percepissero le scene come qualcosa di vicino, in modo che anche alla conclusione del film rimanesse loro la percezione di aver visto qualcosa che in qualche modo può essere vicino alla loro vita quotidiana.
Comunque questo, più che essere un film visto in chiave totalmente oggettiva, il modo in cui ho girato le varie scene è per poter proporre un film che dia l'opportunità allo spettatore di trovarsi in questa situazione e vederla per com’è.
Kosuke ha un rapporto estremamente spontaneo e naturale con gli amici, e ben più complesso con il passato e sua madre da un lato, ed il presente e suo padre dall'altro. Nel film uno dei messaggi sembra essere l’importanza di costruire dei rapporti solidi con il gruppo, con la famiglia e gli amici, anche per poter sopportare meglio le difficoltà che possa trovare la persona queer in un contesto etero-normativo. Qual è la sua opinione a riguardo?
D. M.: É esattamente così, questo perché chiunque si trovi nel mondo queer - ma non solo - cambia modo di parlare e di esprimersi a seconda della persona che ha davanti. E anche per Kosuke, in ognuna delle diverse occasioni e persone che gli si presentavano davanti (es. amici, il suo innamorato, la madre di lui, suo padre, etc.) c’erano delle nuance diverse nel suo modo di esprimersi, a seconda di chi aveva davanti, anche se forse questo è qualcosa che può essere percepito solo da chi conosce la lingua giapponese. In questo caso il fatto di avere degli amici faceva sì che questa sua espressività verbale potesse raggiungere il massimo della sua spontaneità e naturalezza, che poi appunto l’aiutava, diventava la sua ancora. Quindi sì, concordo.
Quali aspetti della storia in particolare ha desiderato mettere in luce nel film, dal romanzo?
D. M.: Nell’opera originale Kosuke parla alla madre di Ryuta e le dice "Io non so cosa sia l’amore" e la donna gli risponde "Cosa importa? Non importa il fatto che tu non lo sappia. Importa il fatto che ciò che noi abbiamo ricevuto da te, NOI l’abbiamo percepito come amore". Questo è un messaggio molto importante perché al giorno d’oggi, nella società, spesso e volentieri, si ignorano quelle che sono le realtà di molti queer e si commenta con un "Ah, è fortunato! Ah, è sfortunato! Ah, è felice! Ah, è infelice!". Ma non è la società o chi ti sta accanto che ha il diritto di decidere se sei felice o meno, dipende dalle persone con cui interagisci e come queste persone percepiscono qualcosa da te. Questo è ciò che poi porta alla felicità o all’infelicità delle due controparti.
Nel ringraziare il regista Matsunaga per la disponibilità e per la sua franchezza nell'esporci le sue impressioni e i suoi pensieri in merito a tali tematiche, confidiamo che come da auspicio dell'attore Ryohei Suzuki, opere come Egoist ed altre affini per temi ed opportunità possano per davvero divenire sempre più numerose e sensibilizzare pian piano tanto il pubblico giapponese quanto quello occidentale. Lo spazio sia fisico che in streaming per farle approdare si sta allargando, parallelamente alla ricettività di una società che muta e si evolve, che può così predisporsi a coglierle in tutto il loro straordinario respiro di normalità.
Fonti consultate:
Twitter I, II, III
Si ringrazia mxcol per la trascrizione dell'intervista
Per tendersi la mano, verso un mondo che possa essere contraddistinto dal rispetto nei confronti dei sentimenti di ogni possibile colore.
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Nel Giappone di eterne contraddizioni e persistenti rigidità, l'inizio del mese di giugno 2023 vede la pubblicazione della classifica annuale Nikkei Entertainment Talent Power e con essa l'assegnazione del secondo posto generale al cinquantenne opinionista, saggista, presentatore e drag queen nipponico Matsuko Deluxe: la classifica determina le posizioni in base a quanto ogni sua figura di spicco sia riconosciuta e a quanto la società vi rivesta interesse e Matsuko, paladino dei diritti LGBTQIA+ dalla lingua tagliente, vi è da tempo presente nelle primissime posizioni grazie a una ventennale carriera che ha ribaltato i suoi anni vissuti da hikikomori.
Benché la società nipponica sia dunque ben più esposta e sollecitata oggi rispetto al passato su questioni legate ai diritti, alla dignità e al quieto vivere delle minoranze sessuali, questo non significa che ad esempio la cinematografia vi si cimenti con scioltezza ed agilità, e il dibattito rimane in generale più aperto che mai.
Se è vero che la ghettizzazione in tali ambiti pare essere meno apertamente severa che in Occidente, il pregiudizio rimane comunque profondamente radicato e la discriminazione si fa ben più implicita e sottile, come ben intuisce l'apprezzato e virile attore Ryohei Suzuki di cui, nell'estate 2022, viene annunciato un ruolo a tema LGBTQIA+ nella trasposizione cinematografica del romanzo Egoist.
Suzuki non è la prima celebrità nel mondo dello spettacolo nipponico a suscitare la curiosità dei più per il ruolo, ma è fuor di dubbio che anch'egli contribuisca così a segnare uno di quei piccoli ma tangibili passi verso un cambiamento nella percezione dell'universo LGBTQIA+ all'interno della società giapponese.
All'inizio degli anni 2000 già si ravvisano alcuni esperimenti cinematografici legati a produzioni con protagonisti e storie d'amore omosessuale, ma si tratta di live action tratti da Boys' Love, un filone di storie romantiche più o meno esplicite in ambito sessuale che si declina in manga, doujinshi e sparuti progetti animati. I boys' love ricevono la costante attenzione di un enorme numero di fan perlopiù al femminile cosiddette fujoshi che nulla hanno a che vedere con l'universo arcobaleno, ed essendo perlopiù mera fiction, essi vengono relegati a cinematografia di terz'ordine, con impieghi di staff tecnico, budget e cast di bassissimo profilo.
Tra il 2006 e il 2011 escono infatti una coppia di film dedicati al celebre titolo Boys Love, un'opera in origine tanto amata dal fandom quanto mal trasposta in lungometraggio. Vi fanno seguito ben cinque film dell'ugualmente famosa Takumi-kun Series, altrettanto carenti sia a livello di produzione e realizzazione, che di recitazione. Giunge poi la versione cinematografica di Doushitemo furetakunai (Non mi farò coinvolgere) nel 2014: poco o nulla cambia relativamente agli scarsi mezzi impiegati, tuttavia sia nella scelta degli attori che nella riuscita della trasposizione s'intuiscono margini di apprezzabile miglioramento.
In tale ottica vanno anche ricordati i due film Seven Days nel 2015, una versione curata, fedele e ben riuscita del manga omonimo di Rihito Takarai, quindi il dolce Hidamari ga kikoeru del 2017. Nessuno dei tre può ambire a sfondare il circoscritto pubblico delle fujoshi cui tali titoli sono dedicati, ma è evidente al tempo stesso che si assiste alla nascita di un positivo trend di miglioramento: i titoli che giungono al cinema sono sempre più numerosi, non soltanto tratti da opere molto famose, ma divengono anche oggetto di una sempre maggior cura nella lavorazione, poiché d'altronde non più esclusivamente di patemi d'amore si narra e vi si ravvisano ad esempio cenni d'introspezione psicologica, la presa di coscienza personale, l'allargarsi al tema della sordità.
Emblematico è in tal senso anche il caso di Double Mints, una storia cruda ed oscura tratta dal manga di Asumiko Nakamura (Dokyuusei - Compagni di classe), che diviene un film egregiamente realizzato anche per tramite di un'opera di crowdfunding in rete; si tratta forse del primo caso di lungometraggio che detiene tutte le potenzialità per carpire l'attenzione di un pubblico ben più ampio di quello cui il manga è dedicato.
E' tuttavia solo con le serie TV Ossan's Love, Kinou nani tabeta? tratto dall'omonimo manga di Fumi Yoshinaga (Ohoku), Cherry magic! Thirty years of virginity can make you a wizard?! e Kieta Hatsukoi (My Love mix-up) che si riesce infine a calamitare l'attenzione dell'intero Giappone, oltre che dei trend sui social media. La presenza di star mature e affermate come Kei Tanaka, Kotaro Yoshida, Hidetoshi Nishijima (Drive my car) e Seiyo Uchino nei panni di uomini adulti, virili e dichiaratamente omosessuali testimonia un cambio di passo nel target di pubblico che poi con la freschezza dei giovani emergenti Keita Machida, Eiji Akaso, Shunsuke Michieda e Ren Meguro si rafforza ulteriormente, affiancandosi ad opere realizzate con risorse tecniche palesemente di altro livello.
Da spartiacque funge anche la delicata, didattica e struggente versione televisiva che NHK cura per Otouto no Otto (Il marito di mio fratello), dalla trasversale opera omonima di Gengoroh Tagame, mangaka autore di storie bara perlopiù destinate a un pubblico omosessuale adulto.
Il cinema, a questo punto, riprende a parlare di figure LGBTQIA+ con storie che scuotono e solleticano intensità e tenerezza, scene audaci ed esplicite e nomi decisamente celebri: ne sono emblemi i protagonisti transgender e le famiglie atipiche della brava regista Naoko Ogigami nel suo Close-knit con Tōma Ikuta e Kenta Kiritani che trionfa al Far East Film Festival di Udine nel 2017, seguite da Midnight Swan di Eiji Uchida con l'ex idol Tsuyoshi Kusanagi che sui medesimi temi bissa il premio nel 2021, dopo aver ricevuto nove nomination e ottenuto tre statuette ai Japan Academy Prize, oltre a diversi altri riconoscimenti tra il 2020 e il 2021.
Nello stesso tempo non vanno dimenticati i registi Ryuichi Hiroki con il rocambolesco amore saffico di Ride or Die delle versatili Kiko Mizuhara e Honami Satō, quest'ultima presente anche nella trasposizione di Kyuso wa Chizu no Yume wo Miru dall'acclamato manga Il gioco del gatto e del topo di Setona Mizushiro, sul feroce e tormentato amore omosessuale portato sullo schermo dal regista Isao Yukisada con l'idol Tadayoshi Ohkura e il camaleontico attore Ryo Narita.
Il già citato drama Cherry Magic!, peraltro, ottiene un sequel cinematografico che spinge implicitamente sui temi dei diritti civili delle coppie omosessuali, tanto da indurre l'autrice dell'opera cartacea originale Yū Toyota a donare una parte delle royalties a lei spettanti alla Marriage For All Japan, un'organizzazione che fornisce il proprio sostegno ai matrimoni tra persone dello stesso sesso in Giappone.
Per quanto si permanga su un mondo di finzione che non rispecchia la realtà delle coppie LGBTQIA+ nipponiche, ancora rare a palesarsi e praticamente nulle in fattispecie nel mondo dello spettacolo, è evidente che nell'ultimo ventennio molto è mutato in senso positivo: da una nicchia di storie sentimentali boys' love scritte e pensate per un pubblico femminile, il panorama si è esteso a racconti capaci di toccare tematiche ben più complesse, afferenti all'universo LGBTQIA+, al quotidiano e soprattutto in grado di arrivare a un target assai più eterogeneo.
Sia il cinema che la TV, oggi, col fiorire di una lunga serie di racconti tratti da boys' love e non solo, in parte diffusi anche in Occidente attraverso le piattaforme di streaming, quali Netflix, Amazon Prime Video, Crunchyroll ed altre, ci narrano di come sia possibile, nel Paese del Sol Levante, poter raccontare con intensità, intelligenza e talora ironia tutte le diverse sfumature dell'amore e la loro normalità, oltre a sfiorare con leggerezza ed acume temi importanti come la presa di coscienza di sé stessi nei confronti degli altri, la discriminazione sessuale, la genitorialità, la convivenza e molto altro.
Come già accade in Occidente, inoltre, proprio per ambire al massimo del realismo, anche sui set nipponici sono ora presenti professionisti e specialisti LGBTQIA+ legati ai temi dell'inclusione e coordinatori per le scene più intime.
La pellicola Egoist, in particolare, fa un ulteriore passo in avanti, essendo tratta dal romanzo di Makoto Takayama sulla base di un'esperienza sostanzialmente autobiografica; vi si racconta la storia di Kosuke, che dopo aver perso la madre a soli quattordici anni, trascorre quanto gli rimane dell'adolescenza a nascondere il proprio orientamento omosessuale alla famiglia. Divenuto adulto, l'uomo incontra il giovane Ryuta, ragazzo dalla natura genuina, cui apre con sua stessa sorpresa il proprio cuore; il travolgente amore della coppia sembra far perdere la lucidità a entrambi, ma le difficoltà del vivere quotidiano insistono sui due giovani, insinuandosi di prepotenza sul futuro che li attende.
Lo scrittore e saggista Takayama, tuttavia, amico di lunga data del compianto maestro Kentaro Miura, non può vedere sul grande schermo i frutti della propria opera, a causa di una lunga lotta contro il cancro che ne determina la scomparsa nel 2020, nel bel mezzo della pandemia globale da Coronavirus. Proprio a causa di quest'ultima, nemmeno Miura riesce a prendere parte ai funerali dell'amico, come da lui citato in un personale sfogo di solitudine in calce al capitolo 362 di Berserk.
In assenza di un confronto diretto, Ryohei Suzuki modella così la sua figura di Kosuke, il protagonista del film, anche grazie alle testimonianze lasciate dagli amici di Takayama; nel film è presente l'attore e drag queen Durian Lollobrigida in un ruolo altrettanto autobiografico, data la sincera amicizia che lo ha legato a Takayama.
Diversamente dal suo partner di scena Hio Miyazawa, che già era stato co-protagonista nel film LGBTQIA+ HIS nel 2020, per Suzuki è invece la prima volta in un ruolo di questo tipo sul grande schermo.
Data la sua grande popolarità e la stima di cui gode in patria, Suzuki ha ricevuto molte domande curiose dai giornalisti, e quando interpellato su com'è stato per lui recitare in una storia d'amore tra due uomini ha compiutamente risposto: "mentre mi approcciavo a questo ruolo e mi interrogavo sull'omosessualità mi sono reso conto di quanto ignorante io comunque fossi in merito. Ho imparato molte cose. Le persone LGBTQIA+ sono sempre esistite, e statisticamente parlando diciamo che a scuola, in classe con ciascuno di noi, ce ne saranno sempre state almeno una o due, senza che lo sapessimo. E' una minoranza, ma è anche qualcosa di molto naturale. E tuttavia, la ragione per cui io non abbia compreso all'epoca questo assunto così semplice è probabilmente data dal fatto che la società ha trattato questa minoranza come se non esistesse. La domanda che mi è stata posta è uno standard normale per film che hanno personaggi gay per protagonisti. Ma se ci rifletto, la domanda presuppone che io sia eterosessuale. Certo, è normale poiché sono sposato, ma al tempo stesso esiste comunque la possibilità che io sia bisessuale, anziché eterosessuale; così come esistono omosessuali che scelgono di unirsi in matrimonio a persone del sesso opposto a causa delle pressioni indotte dalla società. Spero che la quantità di opere come questa aumentino al punto che l'esistenza dell'universo LGBTQIA+ sia data per scontata nella società. Credo che i film giochino un ruolo importante nel determinare i cambiamenti nella società, e che il mondo dello spettacolo abbia il potere di farlo."
L'uscita sui grandi schermi giapponesi di Egoist riporta dunque l'attenzione su alcuni dei temi che di recente salgono spesso alla ribalta, in tutto il globo, quando il cinema si focalizza sul racconto di storie di personaggi afferenti all'universo LGBTQIA+.
Il film è stato presentato tra le pellicole in concorso anche alla 25° edizione del Far East Film Festival, la kermesse udinese dedicata al cinema asiatico a tutto tondo, che ne ha ospitato il regista Daishi Matsunaga: abbiamo avuto l'occasione di intervistarlo e di approfondire direttamente con lui alcuni degli aspetti più peculiari del film e del relativo dietro le quinte.
Signor Matsunaga, a riguardo della relazione tra film e cast, per lei quanto è importante, per rappresentare personaggi queer, avere anche un cast dichiaratamente queer?
Daishi Matsunaga: Quella che mi ha fatto è una domanda estremamente difficile. Adesso, soprattutto in territorio americano, quello che viene dibattuto è che non bisognerebbe far recitare determinati ruoli a chi non fa parte della categoria di appartenenza del personaggio che viene ritratto, e ovviamente ciò è visto in chiave negativa, quindi se c’è qualcuno di esterno che interpreta e recita quel ruolo, non viene ben visto.
Mi rendo conto perfettamente che c’è stata un’epoca in cui in determinati frangenti chi era classificato in un certo modo ha sofferto perché un ruolo poteva essere dato o non dato in base alla classificazione che gli veniva affibbiata, questo è innegabile. Tuttavia va anche presa in considerazione la situazione specifica dell’Asia e del Giappone, dove scegliere un cast di persone queer per un film queer renderebbe la scelta - essendoci pochissimi attori ad aver fatto coming out - troppo limitata. Questo perché, appunto, le società asiatiche ed in particolare quella giapponese non sono società in cui è facile fare coming out. Quindi cosa si poteva fare?
Volevo che questo film fosse visto da quante più persone possibili, che fosse conosciuto il più possibile, per questo era necessario utilizzare attori che avessero un nome, che fossero famosi. In questo caso avere un cast non queer, che però dimostra il mio rispetto personale verso l’ambito queer, è stato l'aspetto più importante.
Per come la penso io, si può anche utilizzare un cast queer, però se non si rispetta la tematica queer, alla fine comunque il risultato non sarà per niente positivo. Invece, se io rispetto la tematica e quell’ambiente, riuscirò comunque a creare qualcosa di importante, qualcosa di comunicativo, che sarà compreso e che sarà possibile far vedere a quanta più gente possibile. Proprio per questo, sottolineo, è importante avere degli attori "forti" e conosciuti, perché in questo modo molte più persone saranno attratte e verranno a conoscenza di queste tematiche.
Senza dubbio comunque è una problematica che va ancora discussa e dibattuta, però questa è la mia percezione del problema al momento.
Molte delle conferenze stampa e interviste tenutesi in Giappone per l'uscita di Egoist hanno visto l'attore protagonista Ryohei Suzuki oggetto di parecchie domande curiose circa l'aver interpretato una figura appartenente al mondo LGBTQIA+. Che cosa ci può raccontare lei al riguardo?
D. M.: preciso che Ryohei Suzuki non ha ricevuto alcuna critica in merito, anzi è stato proprio lui a dire che "ci siano critiche, fatele liberamente, questo film avrà degli elementi positivi e degli elementi negativi, non abbiate paura ad esporli, va bene". Questo perché lui ha fatto un lavoro così certosino nella ricerca del suo personaggio che era anche pronto a ricevere critiche qualora ce ne fossero state.
L’attore ha avuto un grande rispetto nei confronti dell’approccio al film e al personaggio, e in generale tutti siamo stati attenti ai momenti di ricerca per questo film. I protagonisti hanno avuto varie espressioni che riguardavano questo film, ma il pubblico giapponese non ha avuto rimostranze, non ci sono state accezioni negative a quelle che sono state le reazioni del pubblico, questo perché - come accennavo prima - a partire dagli attori, tutta la produzione è stata davvero molto attenta e ha rispettato fortemente l’elemento LGBTQIA+. Tutto ciò è avvenuto anche grazie all’inclusive director - responsabile dell’inclusione LGBTQIA+ - che è stato con noi durante il periodo di ricerca. Abbiamo parlato con lui, cercando di spiegargli cosa volevamo trasmettere, ed è stato possibile essere realistici grazie a lui: abbiamo avuto la possibilità di riproporre quello che sarebbe stato realmente quel tipo di rapporto. Proprio grazie a questo non ci sono state particolari critiche a riguardo.
Le chiediamo inoltre come è stato invece per lei il lavoro necessario per approcciarsi all'opera originale di Makoto Takayama per lavorare a questo film.
D. M.: per quello che riguarda l’approccio al film stesso e alla sua struttura, molto ha avuto a che fare al modo in cui lo spettatore si approcciasse al film. Si è cercato di dare un’accezione visiva che ricordasse quella del documentario, con questi elementi dove c’era un solo take, quindi una ripresa ininterrotta per una scena intera che ricordasse gli elementi del documentario. Questo era per far sì che anche gli spettatori non omosessuali riuscissero comunque a ritrovarsi all’interno di una scena in cui potessero cominciare ad avere una loro prospettiva/visione. L’obiettivo era fare in modo che percepissero le scene come qualcosa di vicino, in modo che anche alla conclusione del film rimanesse loro la percezione di aver visto qualcosa che in qualche modo può essere vicino alla loro vita quotidiana.
Comunque questo, più che essere un film visto in chiave totalmente oggettiva, il modo in cui ho girato le varie scene è per poter proporre un film che dia l'opportunità allo spettatore di trovarsi in questa situazione e vederla per com’è.
Kosuke ha un rapporto estremamente spontaneo e naturale con gli amici, e ben più complesso con il passato e sua madre da un lato, ed il presente e suo padre dall'altro. Nel film uno dei messaggi sembra essere l’importanza di costruire dei rapporti solidi con il gruppo, con la famiglia e gli amici, anche per poter sopportare meglio le difficoltà che possa trovare la persona queer in un contesto etero-normativo. Qual è la sua opinione a riguardo?
D. M.: É esattamente così, questo perché chiunque si trovi nel mondo queer - ma non solo - cambia modo di parlare e di esprimersi a seconda della persona che ha davanti. E anche per Kosuke, in ognuna delle diverse occasioni e persone che gli si presentavano davanti (es. amici, il suo innamorato, la madre di lui, suo padre, etc.) c’erano delle nuance diverse nel suo modo di esprimersi, a seconda di chi aveva davanti, anche se forse questo è qualcosa che può essere percepito solo da chi conosce la lingua giapponese. In questo caso il fatto di avere degli amici faceva sì che questa sua espressività verbale potesse raggiungere il massimo della sua spontaneità e naturalezza, che poi appunto l’aiutava, diventava la sua ancora. Quindi sì, concordo.
Quali aspetti della storia in particolare ha desiderato mettere in luce nel film, dal romanzo?
D. M.: Nell’opera originale Kosuke parla alla madre di Ryuta e le dice "Io non so cosa sia l’amore" e la donna gli risponde "Cosa importa? Non importa il fatto che tu non lo sappia. Importa il fatto che ciò che noi abbiamo ricevuto da te, NOI l’abbiamo percepito come amore". Questo è un messaggio molto importante perché al giorno d’oggi, nella società, spesso e volentieri, si ignorano quelle che sono le realtà di molti queer e si commenta con un "Ah, è fortunato! Ah, è sfortunato! Ah, è felice! Ah, è infelice!". Ma non è la società o chi ti sta accanto che ha il diritto di decidere se sei felice o meno, dipende dalle persone con cui interagisci e come queste persone percepiscono qualcosa da te. Questo è ciò che poi porta alla felicità o all’infelicità delle due controparti.
Egoist ~ Trailer completo
Nel ringraziare il regista Matsunaga per la disponibilità e per la sua franchezza nell'esporci le sue impressioni e i suoi pensieri in merito a tali tematiche, confidiamo che come da auspicio dell'attore Ryohei Suzuki, opere come Egoist ed altre affini per temi ed opportunità possano per davvero divenire sempre più numerose e sensibilizzare pian piano tanto il pubblico giapponese quanto quello occidentale. Lo spazio sia fisico che in streaming per farle approdare si sta allargando, parallelamente alla ricettività di una società che muta e si evolve, che può così predisporsi a coglierle in tutto il loro straordinario respiro di normalità.
Fonti consultate:
Twitter I, II, III
Si ringrazia mxcol per la trascrizione dell'intervista
Non come lo schifo di un certo Oda in OP che con Iva e company ha mischiato orientamento sessuale, identità di genere e drag in modo imbarazzante e ignorante
I manga, ma in generale qualsiasi opera come quelle qui prese in esame, esistono per coinvolgere e divertire i potenziali utenti fruitori delle storie, non per diventare propaganda politica parziale e pamphlet di questa o quella dottrina.
Peraltro le tematiche che citi sono sempre erroneamente spiegate senza alcuna base scientifica e reale ed in assenza di qualsiasi volontà di confronto dai medesimi promotori delle stesse.
Questa latente volontà di piegare forzatamente, con prepotenza e supponenza, ogni nicchia della società ad illogiche visioni sicuramente non può far bene al mercato editoriale e cinematografico. E' pertanto consigliabile apprezzare le storie, come quella presa in esame ed One Piece medesimo, come tante altre, invece di cercare la politica in ogni frangente.
Tanto è chiaro che il mercato commercia prodotti a tema 2SLGBTQIA+ solo per cercare soldi e senza alcun interesse all'illogicità delle questioni.
Attento a criticare One Piece, qui è pieno di bambinetti che ti affosseranno di dislike perché hai parlato male dell'autore del loro fumetto per ragazzini preferito, benché quello che hai detto sia vero e il personaggio da te citato è uno stereotipo ambulante e imbarazzante.
Forse un giorno succederà quello che ti sei auspicato, ma solo quando qualcuno ci proverà, avrà successo commerciale e diventerà una moda da emulare perché commercialmente valida, non perché ci sia voglia di esplorare o rispettare il tema LGBTQ.
Specie in una rivista come Shonen Jump, che è votata solo a tirare fuori successi commerciali da continuare e spremere fino allo schifo.
Grazie mille per questo articolo: per le interviste e per la disamina iniziale che mi ha ricordato quanto lunga sia la mia lista!
Perchè sarebbe da fascisti omofobi e transfobi il negare l'opportuna rappresentazione di questa o quella nicchia di auto-proclamatosi individui rispetto alle altre. Partendo da LGB, tutte le restanti lettere sono state addossate forzatamente e la stessa bandiera si è ingigantita a dismisura. Ognuno vuole la propria, ultra-personalizzata identità per distinguersi e potersi appropriare indebitamente di questa o quell'altra cultura.
Ad esempio, il nuovo 2S non si accetta nell'identità Q. A questo punto si possono aggiungere anche P, S, N ed altre, tanto per completare lo spettro che nulla ha a che fare con la propria identità o la libertà di amare.
Se si avesse maggior rispetto ed accettazione di sé stessi quale prodotto della natura, cosa che peraltro viene ripetuta incessantemente alle ragazze adolescenti nei temi anoressia o sovrappeso, ovvero anche nelle tematiche ambientali e di contrasto al cambiamento climatico, trattando sempre dell'aberrazione dell'essere umano che si sente in grado di piegare la natura biologica alla propria volontà, non ci sarebbe alcuna necessità di declamare con tanta violenza ideologie prive di fondamenti scientifici ed appropriarsi di una bandiera, di parole e di lettere dell'alfabeto.
Per chi apprezza il tema 2SLGBTQIA+, oltre all'opera descritta nell'articolo, tanto vale guardarsi anche il documentario del 2022 "What is a Woman".
Anch'io preferirei che i prodotti in tema dipingessero la realtà della situazione e non personaggi basati su stereotipi di una determinata parte politica; a titolo di esempio, One Piece, tralasciando i poteri shounen, ripropone senza errori in forma di manga la realtà tangibile delle situazioni proprio per coinvolgere maggiormente i lettori.
ammetto dia verti dato un dislike ma non perchè hai criticate onepiece che nemmeno seguo, ma perchè il tuo commento esclude tutte le opere lgbt e considera "degne" di considerazione, almeno così l'ho interpretato io, solo "lo shonen del momento" e onepiece. Mi sembra una cosa estremamente riduttiva e, in un certo senso "cieca".
Concordo che il giappone sia un paese iper conservatore, su mille mila aspetti e quant'altro, però paragoniamolo un attimo all'italia. siamo davvero più tolleranti? Mi spiego in italia numericamente, quante sono le opere lgbt italiane? Non intendo importate/tradotte, ma realizzate in italia?
Hai definito che le opere in giappone sono macchiette estereotipate... bhè da noi +è anche peggio.
Opere di nicchia.. onestamente mi sembra una nicchia alquanto vasta considerato il numero di opere che vengono offerte su tutti i media: manga, anime, cinema, e televisione.
Non commettiamo l'errore di pensare che quello che arriva qui, sia tutto quello che viene prodotto là.
Permettimi di tornare un attimo sul concetto di "manga shonen del momento".
Domanda perchè dovrebbe avere come protagonista un esponente lgbt?, o meglio perchè quello dovrebbe essere il punto distintivo e caratterizzante. Sarà perchè per me l'orientamento e i gusti di una persona non sono poi così diversi dal colore degli occhi o dei capelli, per cui inserire forzatamente una tematica perchè sì un po' mi infastidisce, ma non per la tematica, ma perchè spesso al vera finalità è "vedete come siamo bravi e aperti?". Ma se la tematica vi entra (se non perchè è il punto focale dell'opera) in modo naturale l'apprezzo infinitamente di più
@Isshino E' vero che prendendo solo shonen il campo si restringe parecchio, ma comunque da una veloce ricerca ci sarebbero Ymir in Attack on Titan, Tooru Mutsuki in Tokyo Ghoul (sicuramente fuori di testa, ma almeno non stereotipata), Ryo Asuka in Devilman Crybaby, Dio Brando in Jojo, Laurent Thierry in The Great Pretender, Yoruichi Shihoin e Soi Fon in Bleach, Quanxy in Chainsaw Man (che è anche l'unico personaggio che mi piace dell'opera) e Aru Akise in Mirai Nikki
Persone che esistono e che dovrebbero essere sicure di potere vivere liberamente non sono "politics", ma minima decenza umana
Vi rendete conto che mi avete cancellato un commento in cui facevo solo notare che l'argomento di quest'articolo fosse politico dicendomi che il mio commento è contro le regole della community perché parla di politica e non si può parlare di politica su Animeclick? Non ho insultato nessuno, né affermato che il fumetto sia SOLO intrattenimento. Quello che hai descritto è un'azione politica: utilizzare il giornalismo culturale per influenzare le opinioni dei lettori. Potrete anche bannarci e censurarci tutti, ma continueremo a pensare e dire che non vogliamo propaganda politica nelle nostre news sul fumetto. Arrivederci, da un utente iscritto da 15 anni.
Fare approfondimento culturale approfittando di una ricorrenza quale il mese del pride ti da fastidio? Non aprire questi articoli. E' da anni che noi parliamo di questi argomenti in abito fumetto, animazione e notizie sul Giappone e non smetteremo. Non siamo solo "un sito che parla di cartoni e fumetti" come ci hai descritto, siamo da anni in prima fila su molte tematiche
E io ho scritto che da persona BI gli unici contenuti che riesco ancora a leggere sono quelli Giapponesi perché non inzeppano qualsiasi storia con certe tematiche. Ti ha dato fastidio il mio pensiero? Devo evitare di leggere e commentare? Viviamo in democrazia l'ultima volta che ho controllato.
Ma che fastidio ti da un'intervista a un regista giapponese? Se non ti interessa non lo aprire e basta, ad altri interessa. Proprio perchè viviamo in democrazia si da la possibilità di scelta di contenuti.
Ben vengano articoli del genere, a chi interessa sarà felice di leggerli e magari commentare. A chi non interessa ovviamente c’è tanto altro.
I vostri pareri generali sull’argomento, per quanto sicuramente interessanti, sarebbero più attinenti alle notizie più generiche. So quanto sia facile andare fuori contesto in questi casi. Cerchiamo di attenerci semplicemente all'articolo, grazie.
Ok, basta essere coerenti. Vi definite attivisti, tutto lecito. Ma allora non mi cancellate un commento perché "Parlare di argomenti politici è vietato dalle regole della community Staff Moderazione". Dite piuttosto: "si può parlare di politica ma solo seguendo l'impostazione ideologica della redazione". Se lo aveste detto apertamente, non avrei detto nulla e me ne sarei andato su un altro sito. Invece avete mentito sulla giustificazione della censura del mio commento.
Qui siamo tutti amanti di cartoni animati e/o fumetti, perché hai preso la mia descrizione del sito come un insulto? Parlare di cartoni animati e di fumetti significa condividere una forma di arte e intrattenimento con altre persone con gli stessi interessi, non c'è nulla di male. Questo certo, lo credevo finché tu, in quanto moderatore, non hai ammesso che la linea editoriale del sito non è (più) parlare e fare informazione a riguardo di questa forma d'arte, ma principalmente fare attivismo politico. A quanto pare, oggigiorno, è più importante dividere con l'attivismo politico una comunità variegata che si sarebbe altrimenti unita per un interesse culturale condiviso. E la chiamano inclusività.
Ma sei serio? Non mi ha dato nessun fastidio. Ho letto l'articolo, ho letto i commenti e ho commentato a mia volta. Praticamente mi stai dicendo che devo leggere e commentare solo se non propongo una opinione in contrasto con l'articolo. Ti rendi conto che è censura?
Non sono un moderatore, sono io direttore editoriale del sito cmq
Questo dovrebbe portare rapidamente al prendere atto che la libera condivisione di idee anche contrastanti, su qualsiasi piattaforma, può solo far bene e valorizzare i punti di forza e debolezza delle idee di ciascun utente.
Restando proprio nel tema dell'articolo, è ben noto che la stessa comunità 2SLGBTQIA+ pecca di un'eccessiva tendenza a rinchiudersi in sé stessa e divenire una camera stagna d'eco, non per timore di rappresaglie ma per timore di confronto con idee differenti.
Questo aggrava ulteriormente la fisiologica condizione di isolamento geo-politico e culturale che pervade in Italia le tematiche, come questa, fomentate o alimentate dal mondo aglosassone; non tanto a causa di un'arretratezza mentale o culturale dell'italiano medio, quanto in base al dilagante pressapochismo ed ignoranza dei mass media e dei politici italiani che fin troppo spesso cercano di tradurre forzatamente o imporre le novità anglosassoni in modo totalmente decontestualizzato, illogico e privo di qualsiasi riferimento utile alla cittadinanza, solo in base ad un'idea glorificata delle nazioni estere.
Questa tendenza all'imitazione non ragionata, al copia/incolla ed all'importazione senza controlli di tematiche e dibattiti da parte dei mass media, chiaramente si ripercuote anche sul settore editoriale o cinematografico locali in assenza di filtri o confronto. Anche il Giappone ne soffre identicamente, celebrando tematiche estere totalmente decontestualizzate che alla fine dei conti, come già è visibile, possono unicamente portare a squilibri sociali inattesi e non voluti.
Limitare la visione, le discussioni o le produzioni, anche di articoli informativi, ad una sola visione unificata ed in assenza di confronto, chiaramente ne atrofizza qualsiasi possibilità di crescita e valorizzazione. Tutto finisce in una camera d'eco auto-generante, in cui persone tendezialmente affini si trovano momentaneamente per ripetersi le medesime prese di posizione e punti di vista, in assenza di approfondimenti o contestualizzazione.
A questo punto non dovrebbero neanche esistere le recensioni, potendo anche questo sovvertire l'ordine imposto dei dibattiti.
L'assenza di spazi dedicati per parlare apertamente di tematiche più ampie, permettendo agli utenti di condividere le proprie opinioni in modo civile, chiaramente limita qualsiasi piattaforma, forum o sito che dir si voglia.
Come è possibile anelare a non essere identificati solo come "un sito che parla di cartoni e fumetti", se le ulteriori tematiche di maggiore rilevanza sociale e culturale sono trattate solo sfiorando in modo tangenziale o tra le righe negli articoli, in riferimento a qualche prodotto quale anime e manga, "cartoni e fumetti", oppure in annunci condivisi dalla medesima redazione senza alcun confronto libero con l'utenza esterna?
Volendo trattare tematiche più ampie e rilevanti a livello socio-culturale e di diritti civili, è chiaramente necessario aprirsi all'esterno in modo ampio e libero; altrimenti si resta in una camera d'eco a farsi i complimenti in una traiettoria decrescente di coinvolgimento e disinteresse complessivo non condivisa dal mondo reale.
Ritengo sia sempre utile riflettere su questo; il restare a parlarsi a vicenda tra persone sempre allineate non è mai proficuo ed alla fine porta solo a convincersi di concetti e posizioni totalmente errati per cui la Storia stessa ne dimostrerà l'illogicità.
Personalmente mi sono avvicinata pian piano alle tematiche lgbt in generale attraverso un BL "atipico", che inconsapevolmente mi ha aperto gli occhi su un universo di cui ero totalmente all'oscuro e ignorante, e di cui dal mio Paese Italia non avevo appreso praticamente nulla. Sempre a livello personale, mi spiace vedere come in Giappone il mondo della politica sembri non avere a cuore per nulla (se non a livello più locale) la progressione dei diritti civili in quest'ambito), ma nello stesso tempo mi rasserena vedere invece come la realtà nella società sia diversa e sia molto mutata, grazie a manga, anime, cinema, attivisti e compagnia bella.
Quando, un po' di tempo fa, avevo letto queste frasi così forti, così semplici e così belle da parte di Ryohei Suzuki sul tema, ho pensato che sarebbe stato importante farle riecheggiare fin dall'altra parte del mondo; e quando poi dunque il film è stato scelto nel programma del Far East ospitandone a Udine persino il regista, ho ritenuto che fosse un'occasione unica, davvero da non perdere.
Da attore e uomo sensibile qual è, vedere Suzuki in Egoist è stato davvero appagante (per il mio cuoricino di fujoshi ma non solo), e poter vedere quale sia oggi la realtà "ben più arcobaleno" anche in certi manga o prodotti cinematografici credo sia una bella conquista.
Non perché si debba elevare in qualche modo la cultura queer, ma perché solo una maggiore conoscenza genera comprensione e abbatte una discriminazione che non ha davvero senso di essere.
Poi, rimane indubbio che anche quando pubblicate in Italia, o diffuse in streaming nel caso di drama o film, opere strettamente LGBT rimangono la nicchia della nicchia della nicchia, con pochissime eccezioni spesso borderline. E dunque, a maggior ragione, quando c'è la possibilità di raccontarne più diffusamente, ci piace farlo e dibatterne qui
Le persone LGBT+ sono "politica".
Quindi inserirle in un manga è "inculcare la propria ideologia", parlarne in un articolo è "parlare di politica". Ora non so se qualcuno leggerà questo commento, ma vorrei fare notare un paio di cose.
Punto 1) ma se non volete la ""politica"" nei vostri manga, perché mai leggete cose come Attack on Titan? Fullmetal Alchemist? Persino My Hero Academia tratta temi politici. È che a voi piace la politica solo quando riguarda quello che volete. Povertà? Ok. Guerra? Intrigante. Minoranze oppresse? Va bene, ma solo minoranze "inventate" tipo gente con poteri vs gente senza poteri. Personaggi LGBT+? Ah no, questo è troppo! È inculcare un'ideologia!
Punto 2) il punto 1 sarebbe da portare in campo se qualcuno chiedesse che uno shonen abbandonasse tutte le sue tematiche per parlare delle leggi sull'omofobia, per esempio. Quando mai è stato chiesto questo? Chiedere l'integrazione di personaggi queer è perché le persone queer esistono in questo mondo. Non è "politica" se un gruppo di persone vuole che gli sia concesso di esistere. E se avere un personaggio queer è fare politica, allora Sailor Moon tratta di politica e One Piece al confronto ha lo spessore di Baby Shark. Un qualsiasi yaoi o yuri sarebbe più profondo di un Berserk o un Monster perché lì sì che si tratta di vera ""politica"".
Smettete di dire che l'esistenza delle persone è un affare politico. Ci fate solo brutta figura.
(Ho paura che sto commento violi il regolamento perché mi sono infervorata, scusate staff di animeclick 😭)
Grazie, innanzitutto. E per quanto riguarda la cinematografia giapponese siamo qui, quando vuoi. Non esitare a contattarmi in privato, al bisogno, per qualsiasi cosa (e premetto già: nessuna domanda è sciocca). Ti anticipo inoltre che nelle prossime settimane faremo una live a tema su Twitch "titoli LGBT" nell'ambito della cine/TV giapponese, pertanto se la cosa potesse essere di tuo interesse, ti prego di rimanere sintonizzata (oppure, di nuovo, in caso ci sentiamo via messaggio privato) ^^
Il tuo post non viola nessun regolamento, quindi nessun problema. Anzi, grazie per aver offerto anche il tuo punto di vista sulla questione ^^
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