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Esiste un limite tra quello che possiamo definire libera interpretazione e quello che possiamo, invece, tranquillamente chiamare ridicolo. Dante’s Inferno tende decisamente verso il secondo giudizio, ma andiamo per ordine.
La trama in pillole: Dante è un cavaliere crociato che, tornando dalla terra santa, trova la sua amata Beatrice in punto di morte per mano di qualche sconosciuto. Dopo un melenso e scontato addio, l’anima pia della pulzella viene rapita da un fumoso satanasso il quale la trascina nel calderone dell’inferno, nel quale il nostro eroe ovviamente si tuffa all’inseguimento della donna che ama. Spada in mano, in groppa al cavallo e con un reliquia magica pronta all’uso, utile per ogni evenienza, anche come arma.

Il Dante proposto è quindi una sorta di Rambo, un eroe americano, che impugna la sua spada e, guidato da un quanto mai taciturno Virgilio, varca le porte degli inferi per sgominare orde di demoni. Chi ha letto e apprezzato l’opera del Sommo Poeta, ma anche chi l’ha solo leggiucchiata per contratto scolastico, noterà immediatamente l’incongruenza tra il Dante riflessivo, sarcastico, pungente, e quanto mai pavido descritto nella Divina Commedia, e questo suo omonimo orientale, eroico, ginnico e dallo spiccato senso pratico, che sembra una brutta copia di un eroe da telefilm e che liquida Farinata Degli Uberti con un colpo ben assestato e una frase degna di Arnold Schwarzenegger: “Non mi sei mai piaciuto”. Questa vergognosa caduta di stile trasforma l’incontro del Poeta con l’avversario politico, che egli definisce come uno tra “gli uomini degni del tempo passato” e con il quale scambierà battute cariche di tensione politica, in uno scontro da videogioco, sbagliando perfino la collocazione dell’incontro! (Dante incontra Farinata tra gli eretici nel X canto).

L’esempio qui riportato è un estratto della lontananza tra la trama e quella che è la Divina Commedia dal punto di vista degli incontri e delle reazioni di Dante. La cosa più sconvolgente resta tuttavia il modo di porsi del protagonista animato con i suoi “nemici”: da Minosse al Minotauro, da Caronte allo stesso Lucifero. Ridicola la scena in cui Gerione conduce Dante alle Malebolge, chiamato con un fischio texano, manco fosse Furia il cavallo del West, e salutato con entusiasmo dal Poeta e da Virgilio, alla maniera di un Meisaku classico.
In sostanza questa è una trama che, per questi esempi di basso profilo, non può neppure vagamente accostarsi a quella originale, quindi, “libera interpretazione” accostato a questo titolo è un ossimoro palese. Dante’s Inferno è una produzione originale, con una sua trama che si ispira alla commedia Dantesca, ma che non ne mantiene nulla, se non il nome di certi personaggi, e neppure tutti! Per intenderci, sarebbe come fare un film su Heidi che va in Germania a fermare Hitler con un revolver magico e con Clara che spara shuriken dalla sedia a rotelle. Inammissibile.

La produzione è affidata a parecchi studi e lo stile cambia a ogni cerchio disceso da questo Dante tutto particolare. Si passa così da un buon livello grafico, a un penoso stile che ricorda da vicino i comics americani (senza riuscire a centrarli però), con una key animation di quart’ordine. I colori sono scuri e si alternano dal fumoso e vago, all’accesso fosforescente. Buona la colonna sonora che accompagna, come un requiem, una dopo l’altra le bassezze di questo film.
Nutro in seno una speranza particolare, quella che il pubblico orientale, pensando a Dante, a uno dei maggiori esponenti della letteratura occidentale, non lo associ a questo sottoprodotto da botteghino fiacco, travisando così l’opera che l’ha reso celebre e che io ho tanto apprezzato nella lettura.
Patetico. Quattro.