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10.0/10
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<b>Attenzione! Contiene spoiler!</b>

Partiamo dall'inizio. La storia: "Ichi the killer" è tratto dall'omonimo manga di Hideo Yamamoto. Hideo Yamamoto, per me, è già sinonimo di Dio. E il suo lavoro con "Ichi The Killer" non fa eccezione.
La storia è profonda, mai scontata, in grado di scendere a fondo nella mente e nell'anima dei personaggi, di sondare i loro più nascosti pensieri e desideri, senza censura, senza freni. La trama parte da una situazione relativamente normale: la sparizione di un capo Yakuza. Ma i personaggi, le relazioni, le azioni e i pensieri che questo va a innescare, sono tanti e complessi, tanto intricati quanto affascinanti.

Ora, passiamo alla resa cinematografica: Takashi Miike è riconosciuto universalmente come uno dei migliori registi d'oriente. E, di sicuro, non a caso. La forza, la crudeltà, a volte l'assoluto nonsense dei suoi film sono qualcosa che, a suo modo, risulta tremendamente elegante.
La prima volta che ho visto Ichi (rigorosamente in giapponese, visto che il doppiaggio italiano è assolutamente orribile) ho dovuto interrompere dopo 20 minuti. A certa violenza esplicita, lo ammetto, non ci si abitua mai.
E' forte, terribilmente forte. Un pugno nello stomaco. E a guardarlo più volte, la cosa non cambia.
La cosa più interessante, però, è vedere come la violenza del film segua la degenerazione psichica del protagonista, Kakihara. All'inizio così forte, disturbante, per poi cadere, lentamente, nella più totale assurdità. Proprio quando la mente di Kakihara vacilla fino a cadere, senza più supporti, nella follia, così il film cade sempre di più in un nonsense estremo, da un certo lato sconcertante, ripensando all'inizio del film. Il lavoro di Miike è stato veramente stupendo, completo, profondo, e molto disturbante. Senza parlare poi di Tadanobu Asano e della sua interpretazione, così terribilmente perfetta da far diventare Kakihara un'icona del suo genere.

Per ultimo, darei un angolo importante ai personaggi: i personaggi, la loro psicologia, il loro mondo interiore così squisitamente disturbato sono probabilmente il punto di forza del film (e del manga).
Ichi è il classico ragazzo buono e gentile che ogni tanto diventa una macchina assassina. Una cosa già vista, almeno in parte. Ma i pianti di Ichi, il suo pentimento, e al tempo stesso la sua eccitazione quasi frenetica, e poi il suo modo di pensare, di agire e di interpretare il mondo, sono qualcosa di molto affascinante.
In ultimo, sopra tutti, Kakihara. Lo ammetto, ho un debole viscerale per quel personaggio. Un personaggio spietato, elegante, terribile. Tutto, finché Anjo non scompare. Si intuisce perfettamente cosa Kakihara fosse prima. Il terrore dei suoi sottoposti, e anche dei suoi superiori, e la sua espressione di divertimento durante una delle sue fantasiose torture lo lasciano intendere perfettamente. Ma si intende anche come ora sia spezzato, piegato, ossessionato dalla ricerca di una persona che sa essere morta. Il film cambia radicalmente tono, comincia a precipitare dal momento in cui la verità gli si para davanti agli occhi, inevitabile. E così la sua mente, che scende sempre più giù. Il suo animo masochista in cerca di qualcuno che gli tenga testa, qualcuno da amare nello stesso modo terribilmente malato in cui amava Anjo. E dopo la delusione subita da Ichi, il suicidio, di una persona che ha perso tutto, a cui rimane solo l'immaginazione, così vivida proprio a causa della sua instabilità mentale. Insomma, un personaggio poetico, magistrale, ispirante.

"Ichi the Killer" è un film che, a conti fatti, merita una visione attenta, anche resistendo osticamente nelle scene più violente. Il suo spessore vale, se si va oltre la scorza di sangue.