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Sgomberiamo innanzitutto il campo da un equivoco: molti paragonano questa serie a "Neon Genesis Evangelion". Niente di più errato, Evangelion e Madoka Magica non hanno nulla in comune né dal punto vista tematico né da quello narrativo. Quindi se avete amato Evangelion potete odiare tranquillamente Madoka Magica e viceversa.
Se c'è qualcosa che accomuna queste due serie è la loro capacità di avere stravolto la formula dei rispettivi generi di appartenenza, il robotico per Evangelion, il majokko sentai nel caso di Madoka Magica. Il majokko sentai è il genere nato ufficialmente con l'anime e il manga di "Sailor Moon" (anche se degli echi si possono già ritrovare in "Cutie Honey" di Go Nagai) e si basa sull'unione di due generi, ovvero quello delle maghette in stile Creamy con i telefilm in salsa Power Rangers. Letteralmente è il genere delle maghette combattenti. Tuttavia, nonostante l'exploit di "Sailor Moon", nessun altro anime di questo tipo è riuscito ad avere lo stesso impatto a livello mondiale o a reinventare la formula in maniera drastica - cosa in cui è parzialmente riuscita la serie "Pretty Cure".

Poi nel 2011 arriva Puella Madoka Magica e di nuovo si parla di quattordicenni dotate di magici poteri impegnate a combattere i cattivi. Realizzato dallo Studio Shaft e dalla Aniplex, ha una storia apparentemente semplicissima: Madoka è una ragazzina delle medie che in una giornata come tante altre incontra un folletto, Kyubey, il quale promette a lei e alla sua migliore amica Sayaka di potere realizzare qualsiasi loro desiderio. In cambio diventeranno delle "maghe" e dovranno lottare contro le "streghe". La proposta sembra allettante, ma un'altra maga, Homura, farà di tutto per dissuaderle dal fare una scelta simile.
Come già anticipato, Puella Madoka Magica ha dato nuova linfa a un genere che sembrava non avesse già più niente da dire, ha meritatamente avuto un successo enorme e ha ricevuto persino gli elogi da parte di Mamoru Oshii, il regista di "Ghost in the Shell". Non è affatto un caso che tutto questo sia avvenuto, a mio avviso. Madoka Magica ha preso tutti gli stereotipi narrativi del genere e li ha completamente rovesciati, macchiando uno dei generi più innocenti dell'animazione giapponese con il rosso del sangue e il nero dell'angoscia. Puella Madoka Magica infatti, nonostante l'aspetto bamboleggiante, non è per niente un anime per ragazzine.

Prendiamo per esempio il famiglio, Kyubey. Da Creamy a Card Captor Sakura, fino alla parodia più cattiva del genere, Dai Mahou Togue, questo genere di creature è una presenza stabile in questo tipo di anime. E' una sorta di Virgilio che accompagna lo spettatore nella dimensione magica della storia, dando il potere alla protagonista di turno e fungendo per lei da grillo parlante, da voce saggia che già conosce le cose e quindi le esplica anche a noi tutti che leggiamo o guardiamo. Insomma è una figura positiva, direi genitoriale nella trama. Kyubey invece è un essere mefistofelico e già il suo stesso design presuppone questo drastico cambio di direzione narrativa. Nonostante l'aspetto tenero e inoffensivo di un gatto, il suo volto è inquietante e completamente inespressivo. E' assolutamente incapace di provare empatia per le guerriere che ha creato, non le consiglia nel loro percorso di battaglia, ma le tradisce ripetutamente tacendo loro le verità più scomode.

Per non parlare poi della trasformazione in super eroine da parte dei personaggi. Solitamente nei majokko sentai, ma anche in tanti altri anime e manga, l'eroe o l'eroina è un predestinato. Ha un potere recondito che viene casualmente scoperto. In Puella Madoka Magica no: si acquisisce il super potere per cupidigia. Nessuna delle guerriere è una santa votata in maniera disinteressata alla causa, sono tutte lì per tornaconto personale alla fin fine, cosa che già rovescia completamente il concetto tipico di "eroe" dei cartoni animati. Tale visione viene anche ribadita tramite lo svolgimento della trama stessa: chiunque usa o crede di usare il proprio desiderio per gli altri vedrà ogni volta questa sua scelta ritorcersi tragicamente contro di lei, come se il tentativo di ammantare di altruismo la propria scelta venisse implicitamente tacciato di ingenuità.

Diventare una maga non è quindi come per tanti super eroi dei cartoni animati e dei fumetti in generale il riscatto da una vita da perdente, come per Usagi Tsukino o Clark Kent: è un salato prezzo da pagare per vedere realizzato un sogno. In questa serie infatti diventare una guerriera non significa affatto come in "Wedding Peach" vivere esaltanti avventure assieme alle proprie migliori amiche per poi vedere il bene trionfare sul male. Essere un super eroe in quest'anime è una condanna, significa attraversare un percorso di inaudita violenza e solitudine che alla fine inaridisce e devasta psicologicamente i personaggi. Non c'è infatti una goccia del romanticismo e dei valori di amicizia propagandati dagli altri majokko sentai: qui le guerriere arrivano a ostacolarsi, a cercare di uccidersi a vicenda, a odiare sé stesse e cosa hanno scelto di fare. Nessuna infatti dopo infinite battaglie contro il mostro di turno guarderà più con orgoglio ai valori di giustizia e amore che crede di rappresentare. L'orrenda routine renderà le più forti ciniche, le più deboli pazze e alla fine tutte saranno unite da un unico funesto destino a cui non potranno opporsi.

A questo innovativo quadro generale si unisce poi uno sviluppo della trama coinvolgente e originale, che puntata dopo puntata non finisce mai di spiazzare lo spettatore con colpi di scena uno più brillante dell'altro.
La domanda però a questo punto sorge spontanea: perché un anime così tetro ha un aspetto così infantile? Ovvio: perché è paradossale. Cosa c'è infatti di più disturbante che vedere delle ragazzine dall'aspetto angelico e innocente, vestite di frappe e pizzi, districarsi in un contesto simile di violenza psicologica? Insomma, l'infantilismo e l'innocenza del character design è il tassello fondamentale per la creazione dell'atmosfera che permea tutta la serie, perennemente in sospeso tra l'onirico e il grottesco. E' impossibile non solo riconoscere la città in cui Puella Madoka Magica è ambientato, ma anche l'epoca in si muovono le protagoniste, in quanto a scenari futuristici si susseguono paesaggi facilmente riconducibili alla nostra epoca. Il momento però in cui graficamente questa serie dà prova di quest'idea sono le scene di battaglia. Scordatevi le pose al limite dell'imbarazzante di Sailor Moon, le trasformazioni infinite nel bel mezzo della battaglia e i mostri dal design ridicolo. Ogni volta che una maga entra in contatto con una strega questa precipita in un'altra dimensione, dove la realtà viene completamente stravolta e la gioia per gli occhi di fronte a un simile sfoggio di bizzaria visiva si unisce allo sgomento per il crudele svolgimento della battaglia.

Meritoria di applausi è anche la colonna sonora: il tema di Puella Madoka Magica è maestoso, solenne, quasi un coro gregoriano che sottolinea con ancora più forza l'aura d'inquietudine e dramma in cui questa serie sguazza.
A costo di dire un'eresia agli occhi di chi detesta quest'anime, io penso che Puella Madoka Magica, se fosse una serie americana e fossimo negli anni Ottanta, si intitolerebbe "Watchmen".
Strabiliante. Da vedere senza se e senza ma, per me è già una pietra miliare.