Recensione
Mawaru Penguindrum
9.0/10
A ben dodici anni dal suo ultimo lavoro Kunihiro Ikuhara torna alla regia con un'opera originale, e già questo è un evento dalla portata epocale per gli animofili. "Ikuni" è infatti uno dei pochi autori giapponesi noti in Occidente dai tempi di "Sailor moon" e ancora in attività, nonché uno dei più riservati.
Di cosa parla, Mawaru Penguin Drum? Questa è una delle molte domande cui l'anime non offre una chiara risposta. In origine è la storia di una fanciulla malata e dei disperati tentativi dei suoi amati fratelli per salvarla; di bambini sperduti nella discarica del mondo, di genitori le cui colpe ricadono sui figli, di percorsi di crescita "deviati", del fato e della morte; di principesse del cristallo, di pinguini surgelati, di biblioteche oniriche, di mele, di conigli, di fionde sparacaramelle; dell'eterno conflitto tra altruismo e solipsismo. Personalmente ritengo che non ci sia miglior riassunto dell'"Arigatou. Aishiteru" finale; la scelta della chiave di lettura ricade comunque come una spada di Damocle sulla testa dello spettatore.
Mawaru Penguin Drum è da intendersi come un'esperienza visiva, un viaggio sul treno della via lattea (e qui tornano utili i "cartelli" sparsi per la metropolitana come la conoscenza del racconto di Kenji Miyazawa): l'autore colloca lo spettatore su una platea virtuale da dove può osservare alcuni personaggi pescati dall'anonima folla, accompagnarli nel corso di 24 densissimi episodi e trarne uno le conclusioni. Fra un'allegoria e l'altra sono individuabili degli indizi, dei puntini; a chi guarda spetta l'onere di unirli per dar vita a un disegno compiuto. Non si corra l'errore di sottovalutare un simile agire, di tacciare l'anime come sciocco e vuoto; nel metodo di Ikuhara non si cela la codardia, bensì un' appassionata fiducia nelle potenzialità intellettive e umane del suo pubblico. Come ne "La rivoluzione di Utena" (cui l'anime si relaziona spesso e volentieri, a suon di gustose citazioni per chi le sa cogliere) operazioni diverse portano allo stesso risultato.
Il carico di informazioni ottenute alla fine di ciascuna "stazione" è notevole, oserei dire estenuante: la narrazione è meno che lineare, perennemente interrotta da flashback fagocitanti interi episodi e discutibili colpi di scena piazzati ad arte per far proseguire la visione. A tratti, semplicemente, si avverte l'esigenza di un racconto più esplicito, di un minor affollamento di piani, simboli e personaggi. Non tutti gli spettatori arriveranno alla fine, ma chi avrà il coraggio di buttarsi a pesce nel pazzo mondo di Mawaru Penguin Drum, senza la pretesa di capire tutto subito, raggiungerà il capolinea con le lacrime agli occhi e un tuffo al cuore. Perché il significato ultimo dell'anime è attualissimo e esposto con grande sensibilità, non può lasciare indifferenti.
Cosa ricorderanno gli altri, negli anni a venire, di Mawaru Penguin Drum? Di certo gli spassosi siparietti con protagonisti i pinguini, l'eclettismo e il patetismo della messa in scena ; l'uso intelligente della segnaletica stradale, uno dei pochi linguaggi universali esistenti al mondo; la vitalità di Himari e i teatrini di Ringo. Qualcuno infine apprezzerà il lavoro di Brain's Base alle animazioni e quello di Yukari Hashinoto alle musiche, rigettando il resto. Dal canto mio sento di ringraziare Ikuhara per il divertimento e la bella lezione; spero che non debbano passare altri dodici anni prima che le nostre strade si incrocino di nuovo.
Di cosa parla, Mawaru Penguin Drum? Questa è una delle molte domande cui l'anime non offre una chiara risposta. In origine è la storia di una fanciulla malata e dei disperati tentativi dei suoi amati fratelli per salvarla; di bambini sperduti nella discarica del mondo, di genitori le cui colpe ricadono sui figli, di percorsi di crescita "deviati", del fato e della morte; di principesse del cristallo, di pinguini surgelati, di biblioteche oniriche, di mele, di conigli, di fionde sparacaramelle; dell'eterno conflitto tra altruismo e solipsismo. Personalmente ritengo che non ci sia miglior riassunto dell'"Arigatou. Aishiteru" finale; la scelta della chiave di lettura ricade comunque come una spada di Damocle sulla testa dello spettatore.
Mawaru Penguin Drum è da intendersi come un'esperienza visiva, un viaggio sul treno della via lattea (e qui tornano utili i "cartelli" sparsi per la metropolitana come la conoscenza del racconto di Kenji Miyazawa): l'autore colloca lo spettatore su una platea virtuale da dove può osservare alcuni personaggi pescati dall'anonima folla, accompagnarli nel corso di 24 densissimi episodi e trarne uno le conclusioni. Fra un'allegoria e l'altra sono individuabili degli indizi, dei puntini; a chi guarda spetta l'onere di unirli per dar vita a un disegno compiuto. Non si corra l'errore di sottovalutare un simile agire, di tacciare l'anime come sciocco e vuoto; nel metodo di Ikuhara non si cela la codardia, bensì un' appassionata fiducia nelle potenzialità intellettive e umane del suo pubblico. Come ne "La rivoluzione di Utena" (cui l'anime si relaziona spesso e volentieri, a suon di gustose citazioni per chi le sa cogliere) operazioni diverse portano allo stesso risultato.
Il carico di informazioni ottenute alla fine di ciascuna "stazione" è notevole, oserei dire estenuante: la narrazione è meno che lineare, perennemente interrotta da flashback fagocitanti interi episodi e discutibili colpi di scena piazzati ad arte per far proseguire la visione. A tratti, semplicemente, si avverte l'esigenza di un racconto più esplicito, di un minor affollamento di piani, simboli e personaggi. Non tutti gli spettatori arriveranno alla fine, ma chi avrà il coraggio di buttarsi a pesce nel pazzo mondo di Mawaru Penguin Drum, senza la pretesa di capire tutto subito, raggiungerà il capolinea con le lacrime agli occhi e un tuffo al cuore. Perché il significato ultimo dell'anime è attualissimo e esposto con grande sensibilità, non può lasciare indifferenti.
Cosa ricorderanno gli altri, negli anni a venire, di Mawaru Penguin Drum? Di certo gli spassosi siparietti con protagonisti i pinguini, l'eclettismo e il patetismo della messa in scena ; l'uso intelligente della segnaletica stradale, uno dei pochi linguaggi universali esistenti al mondo; la vitalità di Himari e i teatrini di Ringo. Qualcuno infine apprezzerà il lavoro di Brain's Base alle animazioni e quello di Yukari Hashinoto alle musiche, rigettando il resto. Dal canto mio sento di ringraziare Ikuhara per il divertimento e la bella lezione; spero che non debbano passare altri dodici anni prima che le nostre strade si incrocino di nuovo.