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Il film "Space Battleship Yamato", kolossal fantascientifico giapponese uscito di recente anche nei cinema italiani, è un rifacimento in chiave più moderna e con attori in carne ed ossa di un vecchio classico dell'animazione nipponica, la serie "Corazzata spaziale Yamato", firmata negli anni '70 dal maestro Leiji Matsumoto.
Non ho mai avuto l'occasione di approcciarmi alla serie originale, né in formato manga né a cartoni animati, quindi lascerò agli esperti i confronti fra il film e l'anime, concentrando la mia analisi soltanto sul lungometraggio.

E' un film di ampio respiro e di gran fascino, che fonde perfettamente il classico e il moderno per creare una storia epica e toccante, e che lascia decisamente il segno.
Il viaggio della nave spaziale Yamato alla ricerca di una flebile speranza di salvezza per la Terra del futuro, fra "warp" interstellari e battaglie a colpi di cannoni futuristici contro orde di astronavi aliene, affascina e colpisce, dimostrandosi una buona base per creare una storia avvincente e spettacolare, ricca di effetti speciali, sparatorie e combattimenti spaziali degni del miglior "Guerre Stellari". Dietro la sua apparenza da spettacolare film d'azione e fantascienza,"Space Battleship Yamato" nasconde, però, diversi, interessantissimi, spunti di riflessione che ne tradiscono le origini nipponiche, differenziandolo dai blockbuster hollywoodiani che cerca di imitare (peraltro, riuscendoci perfettamente).
Già il nome della nave spaziale del titolo parla chiaro. "Yamato". Come il nome dell'antichissimo regno dal quale si sarebbe poi, gradualmente, sviluppato il Giappone. Ma anche come la più grande nave da guerra mai realizzata, che, fra il 1941 e il 1945, solcò i tumultuosi mari della Seconda Guerra Mondiale. Una corazzata enorme, possente, dal tragico destino (fu affondata nel 1945 da un attacco aereo americano), che sin dalla sua costruzione è stata ammantata da un carisma quasi mitologico. Del resto, nei suoi primi anni di servizio fu la nave dell'ammiraglio Yamamoto Isoroku, eroe di guerra divenuto leggenda al pari della sua splendida imbarcazione, al punto da far credere ai Giapponesi che non avrebbero mai potuto perdere la guerra fintanto che la Yamato avesse solcato il mare.
Non stupisce, dunque, che la potente corazzata Yamato abbia continuato ad accendere le fantasie dei Giapponesi ben oltre la fine della guerra, al punto che Leiji Matsumoto le ha dedicato un'epica storia diventata un caposaldo del fumetto e dell'animazione giapponese, e che rivive dopo un trentennio in questo bel film. La corazzata spaziale Yamato è, infatti, la Yamato stessa, il cui relitto è stato recuperato e trasformato in astronave. Se, durante la guerra, quella enorme e potente nave era la più grande speranza di una nazione che voleva primeggiare e trovare il proprio posto nell'equilibrio mondiale, non stupisce che allo stesso modo, millenni dopo, nell'universo fittizio esplorato dal film, sia il Giappone, con la versione futuristica di quella stessa nave, a rappresentare l'ultima speranza di salvezza della Terra tutta.

C'è molto della Seconda Guerra Mondiale dietro "Space Battleship Yamato", che, in più aspetti, ricorda i classici film di guerra giapponesi, qui ripresi in una versione più moderna e d'ambientazione spaziale.
Tema centrale della storia è la crescita personale del protagonista Susumu Kodai e il dualismo che lo contrappone a Okita, il capitano della Yamato. Il rapporto fra i due personaggi è uno degli elementi più tipicamente giapponesi del film, nonché, forse, uno di quelli di maggior fascino. Pochissime parole, pochi ma significativi gesti, molti saluti militari e molti tormenti compongono il toccante racconto del legame fra un capitano e il suo secondo. Un rapporto fatto di iniziale ostilità (Susumu accusa Okita di aver lasciato morire suo fratello Mamoru, sacrificando la sua nave in una precedente battaglia) che si fa via via sempre più profondo e sentito.
Malinconica, nostalgica, tormentata, carismatica, sofferta, dotata di fascino, potenza, una misteriosa saggezza e una sorta di paterno calore nascosto dietro un'apparenza fredda e insensibile, la figura di Okita, con la lunga barba bianca e il cappello da capitano calcato sugli occhi, torreggia su tutti gli altri personaggi nonostante venga mostrato relativamente poco. Inflessibile, severo e impenetrabile, ma dall'animo nobile e sofferto, Okita è il non plus ultra degli eroi di guerra giapponesi di un tempo, quelli che addestravano con durezza i propri sottoposti ed erano pronti a morire per la patria, quelli che si mostravano sempre fieri e impeccabili e si concedevano di essere sentimentali e versare lacrime, aprendo un piccolo spiraglio di emotività, unicamente davanti a un bel paesaggio e con un bicchierino di saké in mano. La sua storia personale e i suoi tormenti, svelati poco a poco, contribuiscono a dipingere un affresco di un uomo d'altri tempi dal fascino straordinario.
Se Okita incarna tutto il fascino dei classici eroi di un tempo, il protagonista Susumu è solo apparentemente più moderno. Al di là del bel faccino, degli addominali scolpiti e dell'atteggiamento sfrontato e guascone, infatti, Susumu è un personaggio complesso e in continua evoluzione, che si trova a dover mettere da parte il suo spirito ribelle e si scoprirà essere più simile di quanto pensi al capitano barbuto da lui odiato in un primo momento, tanto da riuscire a comprenderne le ragioni e a compiere egli stesso scelte drastiche, sofferte e inevitabili, mettendo la sua missione persino al di sopra della sua stessa vita.

"Space Battleship Yamato" è tragico e passionale come un vecchio film di guerra, ma anche frenetico e spettacolare come un moderno film hollywoodiano. Non si risparmia effetti speciali di grande bellezza, combattimenti adrenalinici, alieni e astronavi, non gli manca nemmeno l'inevitabile sottotrama romantica, che vede come protagonista Susumu e la sua compagna Yuki, bellissima (ad un certo punto della storia, posseduta temporaneamente dagli alieni, cambia colore di occhi e capelli, e diventa stupenda), dura in apparenza ma in realtà fragile, dolce e bisognosa del suo amore.
Ha un gran bel cast, "Space Battleship Yamato". Susumu e Okita sono chiaramente i personaggi che spiccano maggiormente, ma vengono affiancati da una nutrita schiera di azzeccatissimi comprimari a cui si riesce ad affezionarsi con inaspettata facilità, nonostante alcuni di loro vengano dipinti con pochissimi, ma efficaci, tratti.
Un destino, quello della corazzata spaziale Yamato e del suo equipaggio, epico, solenne, tragico. Un viaggio straordinario fatto di cameratismo, emozioni, battaglie, amori, rivelazioni, incontri e, inevitabilmente, addii. Del resto, quella dei Terrestri contro l'ambigua razza aliena Gamilas è una guerra e, come disse tempo fa un carismatico personaggio giapponese a cartoni animati, "a volte i guerrieri perdono"...
Unico neo in un affresco che rimane comunque splendido e toccante è proprio la caratterizzazione dei cattivi, gli enigmatici alieni Gamilas, che finisce un po' buttata in una spiegazione non molto chiara e dalla deriva pseudo-filosofica come piace tanto ai Giapponesi. Non importa, però, granché, di loro, perché la scena è tutta per i Terrestri, gli umani, deboli, complessi, tormentati, splendidi eroi a bordo della Yamato, che affascinano con la loro storia e la loro missione carica di speranze ed emozioni, fra goliardiche bevute nel bar della nave e i solenni saluti militari con cui, a testa alta, vanno incontro al loro incontrovertibile destino.

Un grande spettacolo di azione e di emozioni, quello di "Space Battleship Yamato", che non sfigura affatto in confronto ai grandi blockbuster di fantascienza a stelle e strisce, a cui fa il verso con una spettacolarità degna di "Guerre Stellari" e una colonna sonora eroica ed esaltante in stile "Armageddon". Del resto, il microfono per accompagnare i titoli di coda l'han dato proprio a Steven Tyler, che regala al film giapponese "Love lives", un pezzo intenso e coinvolgente, una canzone che celebra l'amore allacciandosi perfettamente alla trama del film e al suo finale e in cui risuonano echi di quella splendida "I don't wanna miss a thing" che Tyler cantava nel 1998, un po' colonna sonora simbolo dei grandi blockbuster spaziali di Hollywood.
La recitazione è seria e convincente, e anche il giovane Takuya Kimura, idol molto popolare in Giappone che interpreta il protagonista Susumu, si rivela essere serio e preparato, capace di offrire ben più di un bel faccino al suo personaggio.
Molto buono il doppiaggio italiano, come quasi sempre accade quando ci sono di mezzo gli studi milanesi e grandi voci come quelle di Ivo De Palma (anche direttore del doppiaggio), Elisabetta Spinelli e Tony Fuochi (la cui voce seria e possente è quanto di più azzeccato possa esistere per un personaggio di gran peso come Okita).

"Space Battleship Yamato" è un film commovente, epico e avvincente, che potrà far felici sia i fan della fantascienza, delle astronavi e delle esplosioni/sparatorie, sia i fan del Giappone, che possono ritrovare qui molti aspetti della cultura del loro amato Paese, siano essi la solenne tragicità dei classici film di guerra o la riproposizione in carne ed ossa di uno dei cartoni animati nipponici più amati.